Sul “made in Italy”
P
er conoscere come il design italiano negli anni Sessanta riuscì ad affermarsi nel mondo intero, diventando un riferimento qualitativo internazionale di creatività e progettazione, occorre risalire agli anni Cinquanta, quando alcuni architetti, per lo più milanesi, cominciarono a capire che occorreva arricchire di contenuti etici ed estetici molti prodotti che l’industria italiana stava proponendo al mercato nazionale solo in termini di prestazioni funzionali e materiali. Il Paese era reduce da una guerra tragica e i consumatori, dopo anni di astinenza, chiedevano di poter usare e dotarsi di prodotti nuovi, possibilmente adeguati al confronto prestazionale di quelli esibiti dai “vincitori”. Un viaggio di Gio Ponti negli Stati Uniti, fatto per confrontarsi con i grandi studi dei designer americani, lo portò a fondare l’ ADI, Associazione italiana del design, e mediante “Domus”, la rivista da lui diretta, e i suoi colleghi più appassionati come Zanuso, Frattini, Albini, Caccia Dominioni, i Castiglioni, e tanti altri, si rivolse alle nuove industrie di materie plastiche, ai famosi artigiani del legno della Brianza, e alle grandi industrie di prodotti di consumo, proponendo una serie di progetti innovativi che cominciavano ad affermare sul mercato nuovi parametri estetici, talmente vincenti nel confronto con i prodotti tradizionali da far nascere nuovi sistemi distributivi e unità produttive che impostavano la loro produzione evidenziando perfino le firme dei designer nei rispettivi prodotti. Si cominciò a parlare delle sedie disegnate da Gio Ponti, delle lampade di Achille e Piergiacomo Castiglioni, delle automobili Zagato, di radio, macchine da caffè, macchine per cucire e di tutti quei prodotti che, per la prima volta, indicavano nei cataloghi, oltre alle prestazioni, il nome dello stesso progettista. Sullo slancio di questa situazione positiva e vincente, caratterizzante gli anni Sessanta (e di cui anche chi scrive faceva parte) e interessata a trovare immediatamente un proprio spazio progettuale, con molta aggressività e impulsi creativi, ci si rivolse in particolare a quelle nuove e piccole industrie capaci di sviluppare nuove tecnologie per la lavorazione di materiali allora inediti, come fiberglas, plexiglas, PVC e altri, per creare oggetti del tutto innovativi, non solo nell’aspetto, ma nelle prestazioni. Così, per la prima volta, si ebbe la risposta più adeguata alle nuove esigenze di una società che iniziava a scoprire il benessere esistenziale, oggi deprecato e condannato come consumismo. I prodotti italiani iniziarono a essere talmente “belli, identificabili e innovativi” da richiamare l’attenzione degli operatori commerciali europei, americani e giapponesi. In quegli anni, pur giovanissimo, oltre all’impegno progettuale, ero membro della redazione di “Domus”, con il compito di occuparmi giornalisticamente e comunicare queste nuove proposte italiane a livello mondiale; e poiché la rivista era a quel tempo l’unica al mondo in grado di veicolare idee e progetti, convinsi Gio Ponti, l’editore e la redazione, a impegnare i nostri sforzi anche all’esterno della testata stessa, mediante iniziative concrete ed espositive. Avvicinammo prima le industrie con cui collaboravamo, come Kartell, Cassina, Flos, Arflex, Fiat, Lamborghini, Piaggio, Olivetti, Montedison e molte altre, segnalandone le produzioni; e, con il loro consenso e sostegno, disponemmo di prodotti avanzati e prototipi esclusivi. A quel punto, proprio agli inizi dell’impegno alla divulgazione del design italiano, contattammo l’allora ministro del Commercio Estero (mi pare fosse Matteotti), che ci indirizzò agli uffici dell’ICE. Trovammo funzionari preparati, con i quali progettammo le mostre “Domus Design”, realizzate in diverse città d’Europa, con particolare visibilità all’interno di grandi magazzini, allora unici centri di acquisto a diretto contatto con una clientela in grado di verificare immediatamente il giudizio e l’approvazione dei consumatori nei confronti del prodotto italiano. Con una selezione accurata, scegliemmo alcune centinaia di prodotti capaci di rappresentare la realtà produttiva italiana: non solo prodotti industriali di grande qualità, ma oggetti con un valore aggiunto di proposta e di immagine estetica adeguata al prossimo futuro. E queste proposte entusiasmarono il pubblico di Zurigo, di Parigi, di Londra, di New York, di Bruxelles e di Tokio, creando solide basi al “made in Italy”. A Parigi, alle Galeries Lafayette, a
Londra dagli Harrod’s, a New York dagli Abram and Straus, a Bruxelles da Innovation, eravamo presenti nelle diverse aree di vendita con numerose tipologie di manufatti in migliaia di esemplari in vendita. Erano inoltre esposti altri prodotti, come automobili, torni multipli, macchine utensili, prototipi e altro, che contribuivano a creare un nuovo e insperato consenso presso la vasta clientela, con una formula che, per la prima volta, li metteva in vendita in concorrenza con i prodotti statunitensi, giapponesi o tedeschi. Nei mesi successivi, in tutte le città dove riuscimmo a esporre si aprirono negozi di prodotti italiani, e la stampa locale cominciò a occuparsi del design italiano, registrandolo non più come espressione di tipica genialità occasionale italica, ma come un nuovo e vero processo produttivo e progettuale. Infatti è alla fine degli anni Sessanta e all’inizio degli anni Settanta che iniziò ad affermarsi il “made in Italy”, che con il suo abbrivio internazionale, iniziato negli anni Cinquanta, ha trascinato anche il mondo della moda, che prese così a essere industria e punto di riferimento per i mercati esteri, tradizionalmente appannaggio di altre nazioni. Oggi è necessario prendere coscienza dei nostri successi del passato, non per continuare a celebrarne i fasti, ma perché, nel quarto di secolo trascorso, molti Paesi europei hanno compreso la strada da noi percorsa e, disponendo oggi di risorse maggiori delle nostre, iniziano a sovrapporre le loro proposte alle italiane, non solo con imitazioni, ma, non disponendo di una creatività competitiva, richiamandosi soprattutto ai valori utilitari ed economici da noi distrattamente abbandonati. Basti pensare al fenomeno Ikea, che propone nel mondo intero arredi economici, ma sempre di buona qualità nel design, o quanto avviene nei mercati dell’elettronica dove, nonostante il nostro passato con Olivetti, siamo stati completamente estromessi. Possiamo recuperare posizioni riconoscendo che la piccola industria italiana e alcuni laboratori artigianali rappresentano ancora e sempre di più un record mondiale di qualità tecnologica e innovativa. Penso soprattutto alle industrie di trasformazione del vetro, ai produttori di componenti edilizi di altissima tecnologia, all’industria della ceramica e del marmo, alla lavorazione di acciai speciali e di strumenti di misura, alla “Formula Uno”, ai fabbricanti di freni e ai tanti altri settori che vanno dal software alla stampa, dai tessuti tecnologici speciali alla moda e cosi via. Settori dove occorre solo recuperare la nostra mai sopita attitudine a progettare e creare processi innovativi che, come avvenne mezzo secolo fa, sappiano ancora esprimersi al meglio nelle situazioni di emergenza e di forte competizione. Allora, quando eravamo conosciuti solo come pizza e mandolini, riuscimmo a inventarci il “made in Italy”. Oggi dobbiamo creare nuovi strumenti adatti a ripresentarci nel mondo come promotori di processi costruttivi e industriali, e di soluzioni estetiche e progettuali adeguate ai tempi che viviamo, abbandonando nostalgie di un passato eroico che ormai appartiene solo alla storia. Dobbiamo affermare “l’Italia che costruisce la qualità della vita, del benessere, del rispetto della natura e dell’ambiente”. Credo si debbano cercare consensi facendo conoscere quanto stiamo producendo e progettando oggi, non più per un mercato ipotetico, ma per tutte le esigenze che nei diversi Paesi determinano i mercati di oggi e di domani. Immobiliaristi, industriali, ricercatori universitari, uomini di marketing, leader di opinione dovranno a mio parere diventare i nostri interlocutori diretti nei vari Paesi. Dobbiamo raggiungerli con mostre reali e concrete, corredate da immagini elaborate straordinariamente, proprio nei luoghi opportuni, presentando progettisti italiani che sappiano, con il loro carisma scientifico, manageriale o creativo, ottenere consenso e produrre strumenti in tempo reale e virtuale anche in rete, capaci di diventare strumenti formativi importanti. Anche il libro e le mostre “Italy builds” sono un’idea concreta alla quale l’Arca ha entusiasticamente collaborato, e che rappresenta un indirizzo utile per sviluppare un programma di confronto e di promozione con molti Paesi esteri dove, certamente, alcune eccellenze italiane non sono conosciute e dove è necessario recuperare una stima che forse si è scolorita nel tempo.
About “Made in Italy”
I
n order to really grasp how Italian design managed to gain such a reputation for itself in the 1960s, turning into an international benchmark in terms of creativity and artistry, we need to go back to the 1950s, when a number of architects, mainly from Milan, began to realise the need to enhance the ethical-aesthetic features and traits of lots of the products, which Italian industry was then launching on the domestic market solely for their practical purposes and material contents. The country was just coming out of a disastrous war and, after years of abstinence, consumers were looking for new products, possibly capable of vying with those flaunted by the “winners”. After Gio Ponti made a trip to America to study the great American design firms, he decided to set up the ADI, Italian Design Association and, with the help of “Domus”, the magazine he edited, and his most enthusiastic colleagues like Zanuso, Frattini, Albini, Caccia Dominioni, the Castiglioni brothers and many others, he turned to the new plastics industry, the famous wood craftsmen from the Brianza region, and the major manufacturers of consumer products and proposes, in order to launch a number of innovative projects starting to assert new aesthetic parameters on the market, which were so successful in relation to traditional products that new distribution systems and production units had to be set up to manufacture them, even emphasising the signatures of the product designers. There began to be talk of chairs designed by Gio Ponti, Achille and Piergiacomo Castiglioni’s lamps, Zagato cars, radios, coffee machines, sewing machines and all those products which, for the first time, had the names of their designers appearing in catalogues alongside a description of their functions. Driven along by this positive and highly successful situation in the 1960s (which the writer of this article was also involved in) and keen to immediately find its own design niche, working with great determination and creativity, attention was mainly focused on those small and newly founded industries capable of developing new technology for working with what were then brand new materials, such as fibreglass, Plexiglas, PVC etc., in order to create totally innovative objects in terms not just of their appearance but also their performance. So, for the first time, the ideal solution was found to the emerging needs of a society which was beginning to enjoy life, something which is now deprecated and condemned as consumerism. Italian products started being so “beautiful, identifiable and innovative” that they caught the eye of European, American and German commercial agents. Back in those days, although I was very young, in addition to design work; I was also a member of the “Domus” editorial staff with the journalistic task of informing the world about these new Italian ideas; and since, in those days, this was the only magazine in the world capable of conveying projects and ideas, I managed to persuade Gio Ponti, the chief editor and the rest of the staff, to pool our efforts even outside the magazine in the form of exhibitions and other concrete enterprises. To begin with we approached those industries with which we already had a working relationship, such as Kartell, Cassina, Flos, Arflex, Fiat, Lamborghini, Piaggio, Olivetti, Montedison and many others, publicising their products; and, with their agreement and support, we got hold of cutting-edge exclusive prototypes. At that point, right at the start of our work on publicising Italian design, we got in touch with the Foreign Secretary at the time (I think it was Matteotti), who suggested we contact the offices of the ICE (National Institute for Foreign Trade). We found ourselves dealing with highly competent officials, with whom we organised the “Domus Design” exhibitions, which travelled around various European cities, notably displaying inside big department stores, at the time the only purchasing agents in direct contact with customers and capable of instantly gauging what customers thought of Italian products. We carefully chose hundreds of products representing Italian production: not just high-quality industrial products but also objects with value added in terms of the idea they embodied and their aesthetic image projected into the near future. And these products really excited people in Zurich, Paris, London, New York, Brussels and Tokyo, laying solid
Cesare Maria Casati
foundations for so-called “made in Italy”. We had various sales areas, featuring all kinds of different types of products on sale in their thousands, at Galeries Lafayette in Paris, Harrod’s in London, Abram and Straus’s in New York and Innovation in Brussels. Other products were also on display, like cars, multiple lathes, machine tools and prototypes etc., which helped win over (unexpectedly) a whole new range of customers, thanks to a formula, which, for the first time, launched them on the market in competition with American, Japanese and German products. Over subsequent months, shops selling Italian products opened up in all the cities where we displayed our goods, and the local press started showing an interest in Italian design, no longer treating it as the occasional flash of Italian genius but as a brand new process of manufacturing and design. It was in the late-1960s and early 1970s that “made in Italy” started to make a name for itself, and as it made headway on the international scene from the 1950s onwards, it took the fashion world with it, which soon developed into a cutting-edge industry for foreign markets, traditionally dominated by other countries. We now need to take stock of our past achievements, not just to celebrate their pomp and splendour, but because in the quarter of a century that has passed since then, lots of European countries have followed our example and have much greater resources at their disposal, so they are inevitably starting to create their own rival products, not just copies. But since they are not really competitive in terms of creativity, they rely more on utilitarian and economic factors which we have absentmindedly rather overlooked. Take, for instance, a phenomenon like Ikea, which manufactures cheap furniture worldwide that is always up to good design standards, or what is happening on the electronics markets, where, despite our past success through Olivetti, we have been pushed right off the market. We can regain ground by acknowledging that smallsale Italian industry and certain craft workshops are still world leaders in terms of technology and innovation. I am mainly thinking about industries like glass processing, manufacturers of high-tech building components, the ceramics and marble industry, the manufacture of special steels and measuring instruments, Formula 1 motor racing, brakes manufacturers, and plenty of other sectors ranging from software to printing, special high-tech fashion fabrics and so on. Sectors where we need only rediscover our talent for designing and creating innovative processes, which, as was the case fifty years ago, are still capable of doing their best in emergencies or highly competitive conditions. Back then, when we were only famous for our pizzas and mandolins, we managed to invent “made in Italy”. Now we must create new tools designed to represent us around the globe as a driving force behind construction-industrial processes and aesthetic-design solutions in tune with the age in which we live, getting over our nostalgia for an heroic past which is now just part of history. We must project an “Italy which constructs quality of life, well-being, respect for nature and the environment”. I think we need to try and enhance our reputation by informing people about our current products and designs, not aimed at some hypothetical market but serving all kinds of needs in various countries, creating the markets of today and tomorrow. Real-estate agents, industrialists, university researchers, marketing people and opinion leaders will, in my opinion, have to be the people we interact with in the various countries where we operate. We must reach them through real, concrete exhibitions backed up by carefully constructed images out in the right places, presenting Italian designers whose scientific, managerial or creative charisma catches the eye and creating design tools in both real and virtual time on the web, which will be extremely important training instruments. The book and exhibitions on “Italy builds” are another concrete idea which l’Arca has contributed to with great enthusiasm, and it provides a useful means of promoting and comparing our products with plenty of foreign countries, where certain aspects of Italian skill and expertise are certainly still unfamiliar and where we need to make up some of the ground we have lost down the years.
212 l’ARCA 1
William Alsop
La teatralità dello spazio Fawood Children’s Centre
2 l’ARCA 212
Credits Project: Alsop Design Project Artist and Lighting Design: Joanna Turner Design and Build Contractor: Durkan Construction Employer’s Agent: Caldford Seaden Partnership Structural Engineers: Adams Kara Taylor Mechanical & Electrical Engineers: Fulcrum Consulting (pre-construction),
Pinnacle Building Services (post-construction) External Cladding: Midas Technologies Stainless Steel Mesh Suppliers: Amron Associates Roof Cladding: Clearcut Mongolian Yurt: Bruton Yurt Company Reconstitued Sea Containers: Urban Space Management Structural Steel: D.A. Green & Sons
Willow Tunnel: Hanna Sida Play Equipment: Andy Frost Sculptor Landscaping: Acacia Gardening Electrical Contractor: East West Electrics Client: Stonebridge Housing Action Trust
Rendering del Fawood Children’s Centre realizzato ad Harlesden, località a nord di Londra. L’edificio accoglie una scuola materna destinata a bambini dai tre ai cinque anni. Rendering of Fawood Children’s Centre in Harlesden in north London. The building holds a nursery school for children aged 3-5.
212 l’ARCA 3
Particolare di uno dei tamponamenti configurati con elementi tridimensionali ispirati a foglie arboree. Detail of one of the curtain walls featuring three-dimensional elements inspired by tree foliage.
N
William Alsop
Roderick Coyne
el grande mare dell’architettura contemporanea i progetti di Alsop formano un arcipelago variegato: frammenti di linguaggi eterogenei e immaginifici, comunque riconducibili a un’unica matrice creativa. Il progetto per il Fawood Children’s Centre non nasce solamente come configurazione razionale di un contenitore destinato ad accogliere una serie di funzioni. È prima di tutto uno studio a sfondo antropologico che individua sistemi comportamentali, in parte predefiniti, in parte in continuo divenire. William Alsop indaga relazioni fra persone e cose, ordisce una trama spaziale aperta, caotica, dissonante, a volte persino chiassosa. Ma si tratta di trash creativo che produce immaginazione allo stato puro: varcata la soglia di una sorta di specchio di Alice pop, si galleggia in un acquario in cui il perdersi fra mille suggestioni fa parte di un gioco che, escludendo omologate banalità didattiche, fa esplodere tutta l’energia immaginativa dei bambini e stimola quella latente degli adulti. La particolare conformazione dell’involucro architettonico – estremamente aperto e arioso, permeabile alla natura circostante del parco in cui è inserito – è un vero e proprio manifesto di architettura non invasiva, sia per l’intorno sia per chi vive negli spazi interni. L’universo alsopiano è fantasmagorico ma anche ricco di spunti culturali: la presenza di elementi etnici, come per esempio lo Yurt (tenda di origine mongola) inserito in un contesto denso di citazioni all’immaginario industriale (alcuni spazi sono realizzati con elementi che richiamano i container) dà la misura di come si possano creare universi eterogenei, mix spericolati in cui le differenze non generano interferenze ma interessanti occasioni per meglio interpretare un clima multiculturale sempre più presente nell’ambiente metropolitano occidentale. Anche in questo recente progetto destinato al mondo dei bambini, Alsop è riuscito a destreggiarsi, navigando a vista fra due opposte polarità disciplinari, dimostrando di saper gestire complesse relazioni fra il lavoro dell’architetto e le facoltà medianiche del regista visionario che annulla le coordinate spaziotemporali creando visioni simultanee di persone e cose in movimento poste a diverse quote altimetriche. Ballatoi e soppalchi come straordinari palcoscenici tridimensionali rappresentano spazi in cui ogni movimento è frazione di una storia e tutte le storie frame in assoluta libertà. Un’organizzazione spaziale dunque aperta all’immaginazione ma anche importante opzione di flessibilità funzionale rispetto le attività quotidiane di un centro destinato ad accogliere bambini di età compresa fra tre e cinque anni. Il rifiuto dell’opera conclusa, il linguaggio sempre in bilico fra installazione e spazio teatrale che caratterizzano i progetti di Alsop delineano una figura creativa orientata verso una sorta di dignitosa e volontaria marginalità. La professione, seppure negli ultimi anni alleggerita da vischiosità passatiste, è tuttavia ancora materia in divenire che aspetta grandi segnali per rifondarsi radicalmente. Norberg-Schulz, in Architettura: presenza, linguaggio e luogo (Milano 1996), a proposito degli architetti attivi fra gli anni Sessanta e Settanta (come nel caso di Alsop), li definisce vittime del disfacimento della professione a causa del proliferare dei nuovi “ismi” apparsi sulla scena internazionale (Strutturalismo, Hightech, Post-modernismo ecc.) In realtà, le ricerche di Alsop prendono spunto, oltreché dalla propria identità di architetto-artista formatosi nel clima della beat generation, anche dalle riflessioni di Guy Debord, che sfociarono nel libro La civiltà dello spettacolo, edito nella seconda metà degli anni Sessanta. Se dunque lo spettacolo è uno degli elementi identitari della società contemporanea, Alsop, attraverso un’architettura di forte impatto mediatico, pone la questione – oggi più che mai di attualità – dell’architetto grande comunicatore in grado di gestire i linguaggi di una cultura di massa in costante trasformazione. Carlo Paganelli
Planimetria generale e, dal basso, piante dei piani terra, primo e secondo e sezione.
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20.
Ingresso/Entrance Deck Atrio/Reception Lobby Ufficio amministrazione-Vice Direttore/Admin.-Deputy Head Teacher Office Ufficio Direttore/Head Teacher Office Ufficio-Riunioni/Meeting-Office Cucina/Kitchen Guardaroba-Bagni Bambini/Cloakroom-Children WC Bagni per disabili/Unisex Disabled WC Dormitorio Asilo Nido/Nursery Accommodation Magazzino/Store Locale pattumiere/Bin Store Dormitorio Asilo Nido/Nursery Accommodation: Yurt Server informatico-Ludoteca/IT Server-Toy Library Bagno Bambini-Lavanderia/Children WC-Laundry Bagno Adulti/Adult WC Centro Infanzia: Stanza Staff/Children’s Centre-Nursery Staff Room Centro Infanzia: Amministrazione/Children’s Centre: Administration Centro Infanzia: Reception/Children’s Centre: Reception Centro Infanzia: Ufficio Coordinatore/Children’s Centre: Coordinator Office Centro Infanzia: Sala Riunioni-Unità Informatica Children’s Centre: Conference Room-ICT Unit 21. Balcone/Balcony 22. Circolazione esterna/External Circulation Deck
Alan Lai
4 l’ARCA 212
Site plan and, from the bottom, plans of the ground, first and second floors and section.
A. B. C. D. E. F. G. H. I. J. K. L. M. N.
Piazza Tunnel Salice e Nocciolo/Willow and Hazel Tunnel Rotonda del Salice e Nocciolo/Willow and Hazel Enclosure Magnolia/Magnolia Tree Betulla Argentea/Silver Birch Tree Parete per arrampicata/Climbing Platform Solchi piantumati con rampicanti/Planting Troughs with climbers Palcoscenico/Stage Giochi Soft/Soft Play Casetta Gioco/Play house Pista Bici/Cycle Track Fossa Sabbia/Sandpit Giardino d’Acqua/Water Garden Ripostiglio/Store
212 l’ARCA 5
Policarbonato, lamiera ondulata e altri materiali diversi rimandano al concetto ecologico del recupero e della sostenibilità.
Multi-coloured with a transient, changing appearance, the school is designed to be a non-constructive container where children can play out in the natural park setting.
Polycarbonate, corrugated metal and various other materials evoke the ecological idea of regeneration and sustainability.
Alan Lai
Variopinta, dall’aspetto effimero e mutante, la scuola vuole essere un contenitore non costrittivo ma un luogo ludico immerso nella natura del parco.
6 l’ARCA 212
212 l’ARCA 7
Trasparenza e richiami etnici (per esempio, in basso, lo Yurt, tenda di origine mongola) vogliono essere elementi simbolici del mondo multiculturale presente in ogni grande metropoli.
Roderick Coyne
Transparency and ethic touches (e.g. the Mongolian-style Yurt curtain shown at the bottom) are supposed to symbolise the multicultural society found in all big cities.
O
Roderick Coyne Alan Lai
ut on the high seas of modern-day architecture, Alsop’s projects form their own multi-faceted archipelago: fragments of visionary languages of the widest variety, although they can all be traced back to one single creative matrix. The project for Fawood Children’s Centre is not just a rational configuration of a container designed for holding a range of functions. Above all it is a study with an anthropological background into behavioural patterns, partly predetermined, partly in a state of constant development. William Alsop investigates relations between people and things, setting out an open, chaotic and dissonant spatial layout that is, at times, even bursting with noise. But this is the kind of creative trash that generates pure imagination: having crossed the threshold of something like Alice’s looking glass, you float through an aquarium in which getting lost in all the stimuli is part of a game, which, steering clear of the usual teaching blurb, sparks off children’s creative energy and activates adult’s latent imagination. The unusual design of the architectural shell – extremely open and airy, permeable to the surrounding nature of the park in which it is located – is an authentic manifesto for non-invasive architecture, both for its setting and the people who live inside it. Alsop’s world is phantasmagoric but also full of cultural connotations: the presence of ethnic features, like for instance the Yurt (Mongolian-style curtain) incorporated in a setting evoking the world of industry (some of the spaces are made of elements calling to mind containers), provide an idea of how heterogeneous realms may be created, bold mixes in which the differences do not create interferences just interesting opportunities for best interpreting the sort of multi-cultural climate increasingly characterising western cities. Once again in this recent work designed for children, Alsop has managed to weave his way between two quite contrasting approaches, proving he can handle the intricate relations between the work of an architect and the media-oriented powers of a visionary director wiping out space and time by creating simultaneous visions of people and things in motion set a different heights. Galleries and intermediate levels like striking threedimensional stages represent spaces in which every movement is a fraction of a story and all the stories are framed with complete freedom. A spatial layout which is, therefore, open to the imagination, but also an important option of functional flexibility in relation to the daily activities of a centre catering for children aged between 3-5. The rejection of the idea of a finished work and the idiom constantly teetering between installation and theatrical set characterising Alsop’s projects depict a creative artist striving to be a dignified outsider of his own choosing. Although the profession has been injected with a healthy dose of fresh life over recent times, it is still a developing discipline waiting for some new signs capable of truly re-founding it. In his book entitled Architettura: presenza, linguaggio e luogo (Milan, 1996), Norberg-Schulz describes the architects working in the 1960s-70s (such as Alsop) as victims of the collapse of the profession and cause of the proliferation of new “isms” that suddenly appeared on the international scene (Structuralism, High-Tech, Postmodernism etc.). In truth, Alsop’s experimentation draws both on his own architectural-artistic identity shaped at the time of the beat generation and also the thoughts set down by Guy Debord in his book The Entertainment Society, published in the late-1960s. If entertainment is one of the codifying features of modern-day society, then Alsop uses his architectural design of great media impact to raise the issue – more pertinent than ever – of the architect as a leading communicator, capable of handling the idioms of mass culture forever in a state of constant change. Carlo Paganelli
Alan Lai
Alan Lai
8 l’ARCA 212
212 l’ARCA 9
Hérault Arnod Architectes
Una trina in larice
Hérault Arnod Architectes
Cultural-Sports Centre, Mont-de-Lans Credits Project: Hérault et Arnod Architectes Principal in charge: Eric Alfiéri Associates: François Deslaugiers Fluid and Acoustic plants: Thermibel Structures: Batiserf Economist: Michel Forgue Scenography: Fred Du Cheyla Client: Marie Mont-de-Lans, DDE Isère
U
poetica. Gli elementi patogeni, kitsch e decorazione della costruzione contemporanea in montagna, si sono tradotti in stimoli per avventurarsi in una nuova esperienza giocata sul ribaltamento del linguaggio e dell’archetipo dello chalet. La compresenza di due funzioni così diverse, come una palestra e un teatro, unita ai vincoli normativi, hanno determinato lo sviluppo compositivo dell’edificio. Lo schema è quello tipico delle case di montagna, pianta quadrata e tetto e falda, che nel progetto di Hérault e Arnod assume però una nuova dinamica, declinata in un volume telescopico interamente rivestito in legno. Tre elementi inscatolati uno nell’altro organizzano la palestra, l’atrio e gli spazi comuni, e il teatro, individuati dal diverso linguaggio con cui sono trattate le superfici in larice. E’ questo, per certi versi, l’aspetto più interessante del progetto, il campo su cui gli autori si sono confrontati con più coraggio e libertà con la tradizione, mettendone a fuoco le componenti positive per poi metabolizzarle in una grammatica contemporanea. Il legno, utilizzato come riferimento culturale all’immagine della montagna non diviene una scelta banale, ma il momento di dialogo con le tecnologie attuali, nello specifico i sistemi informatizzati di intaglio del legno che hanno sostituito la sega a nastro. Dalle possibilità offerte da questa nuova tecnica, prende quindi forma l’idea di rivestire il volume della palestra con un pizzo in legno intarsiato. Non è tutto, la composizione astratta e ripetitiva dell’involucro non è altro che la manipolazione, piacevolmente “baroccheggiante”, di un motivo di ringhiera di un vecchio chalet, ingigantito e moltiplicato secondo una trama regolare. Sempre larice per il rivestimento del teatro, qui trattato con il linguaggio essenziale dei listelli, tagliati in obliquo per evitare la stagnazione dell’acqua, e che offrono la superficie ideale per pirografare il nome del complesso, riattualizzando, anche qui, un’antica tecnica. Un “chinage” disegnato dall’alternanza tra legno grezzo e legno colorato individua gli ambienti della palestra e degli spazi comuni mentre a ravvivare la sala del teatro, dalle pareti e soffitto in cemento dipinto di nero, un grande fiocco di neve rosso che scende dall’alto assicura l’illuminazione delle gradinate e una corretta acustica. Elena Cardani
nblemished nature and concrete madness, a combination that is actually quite a common sight in certain well-known ski resorts, where, in the 1960s in particular, huge buildings complexes “blossomed” without any logical relation to their context, just isolated episodes, blind hymns to modernity paying no heed to their surroundings. But this is not the only kind of perverse blot on these mountain landscapes. Another less evident but no less annoying tendency involves an abuse of the so-called regional style, which has resulted in an equally objectionable marauding spread of buildings constructed with nothing else in mind other than a reference to local architecture. So what is the trick to carefully weighing up relations between a modern-day idiom and the highly characteristic surrounding landscape found in the mountains, adopting a critical approach that respects tradition while bearing in mind the often misleading charm of technological lyricism as an end in itself? This was the issue that the two French architects Hérault and Arnod tackled head-on in their project for a cultural-sports centre in Mont-de-Lans up in the exclusive French ski resorts close to Les Deux Alpes. The competition brief was not particularly enticing: “the client’s demands left no room for ambiguity, since the project had to be designed along ‘traditional’ lines and, considering how traditional Alpine architecture is currently interpreted as a a kitsch compilation of the most miscellaneous regional styles, we hesitated for a long time before deciding to accept the client’s conditions.” Then there is the contradictory and chaotic situation in Les Deux Alpes, radically altered by the building ravages of the 1960s and still struggling to find a new identity capable of counterbalancing the irreparable damage that “has been done.” Such genuine perplexity gave way to a desire to take up the challenge on the part of two “stubborn independents”, Isabelle (SpanishFrench) and Yves (Italian-French) describe themselves due to their “mixed” descent. A flexible approach to varying situations and contexts, a fine touch in balancing different tastes by revamping traditional stylistic forms, and a passion for experimentation with new combinations of materials, all allowed the designers to create a con-
vincing and poetic work of architecture. The pathogenic agents (the kitsch and decoration associated with modern-day mountain buildings) were turned into input for venturing onto fresh experimental terrain playing on an attempt to turn the style and archetype of the mountain chalet on its head. The simultaneous presence of two quite distinct functions like a gym and theatre, combined with the regulations governing them, was what dictated the stylistic composition of the new building. The square building plan and pitched roof are typical of mountain homes, but in the project designed by Hérault and Arnod they have been injected with dynamism and transformed into a telescopic structure clad entirely with wood. The elements boxed inside each other provide the layout for the gymnasium, lobby and communal spaces, and the theatre, whose larch-wood surfaces are all designed in different styles. In some respects this is the most interesting feature of the project, where the architects boldly took on tradition with a great sense of creative freedom, focusing on its strong points and then arranging them in a very cutting-edge syntax. Wood, taken as a cultural reference to the mountainscape, is not just a bland option but a way of interacting with the latest technology, more specifically with computerised wood-cutting systems that have replaced the ribbon saw. The possibilities opened up by this new piece of technology have given shape to the idea of cladding the gymnasium structure with a trimming of inset wood. But that is not all, the abstract and reiterated shell design is just a pleasantly “Baroque-style” manipulating of an old-fashioned chalet railing design, blown up and multiplied in a regular pattern. Larch is again used to clad the theatre, here rendered through the stylistic simplicity of slanting planks designed to prevent water from stagnating, while providing an ideal surface for being pyrographed with the complex’s name drawing once again on an upgraded oldfashioned technique. A “chinage” designed around a combination of rough wood and coloured wood marks the gymnasium and communal spaces, while a huge red snowflake descending from above livens up the theatre hall with its black-painted concrete walls and ceiling, lighting up the stalls and guaranteeing proper acoustics.
Il rivestimento interno della palestra è risolto con un “chinage” di assi in larice grezzo alternati ad assi in larice colorato composti in maniera aleatoria. The gym’s inner cladding features a “chinage” of rough larch-wood planks alternating with coloured larch-wood planks with a random design.
André Morin
Particolare della facciata in larice della palestra del centro sportivo e culturale Amphibia, realizzato a Mont-de-Lans, alle porte di Les Deux Alpes. L’insieme occupa una superficie di circa 3.000 mq ed è costituito da una sala per spettacoli e congressi (380 posti), una palestra (1.200 mq) attrezzata di gradinate (280 posti) e locali comuni (ingresso, foyer, sale riunioni, spogliatoi).
N
atura incontaminata e follie del cemento, un binomio che non è così difficile incontrare in alcune rinomate località sciistiche, dove soprattutto gli anni Sessanta hanno visto il “fiorire” di imponenti complessi edilizi senza una logica di contesto, ma come episodi isolati, inni a una modernità cieca e incurante della dimensione dell’intorno. Non è però l’unica perversione che caratterizza i paesaggi di montagna. Un’altra, meno evidente ma non per questo meno insidiosa, fa riferimento al cosiddetto stile regionale che vede un non meno criticabile diffondersi di edifici costruiti come mero e banale componimento di riferimenti all’architettura locale. Come intervenire calibrando i rapporti tra linguaggio contemporaneo e dimensione paesaggistica fortemente connotata, come quella della montagna, con atteggiamento critico sia rispetto alla tradizione, sia al fascino fuorviante di lirismi tecnologici fine a se stessi? Su questo interrogativo si è confrontato con atteggiamento schietto e diretto il duo francese Hérault et Arnod nel progetto di un centro culturale e sportivo a Mont-de-Lans alle porte di Les Deux Alpes, tra le esclusive stazioni sciistiche francesi. Non particolarmente allettanti i presupposti del programma concorsuale, “la richiesta del committente non ammetteva ambiguità: il progetto doveva attenersi a un registro ‘tradizionale’ e, considerando quello che attualmente è ascrivibile ad architettura tradizionale delle Alpi, non è altro che una compilazione kitsch dei più diversi stili regionali, abbiamo parecchio esitato ad accettare le condizioni del committente”. In più, una situazione contraddittoria e caotica come quella di Les Deux Alpes, mortificata dagli scempi edilizi anni Sessanta e faticosamente alla ricerca di una nuova identità in grado di riequilibrare l’irrimediabile “già fatto”. Perplessità certo, su cui però ha prevalso l’atteggiamento di sfida e la natura da “autonomisti testardi” come si definiscono per le origini “miste”, Isabelle spagnola/francese e Yves italo/francese. Flessibilità ad adeguarsi a situazioni e contesti diversi, sensibilità nel calibrare i giusti accenti rinnovando forme linguistiche tradizionali, e amore per la ricerca di nuove sintonie coi materiali, hanno permesso ai progettisti di definire un’architettura convincente e
Detail of the larchwood façade of the gym in the Amphibia Sports and Culture Centre in Mont-deLans, near Les Deux Alpes. The overall construction covers an area of approximately 3,000 square metres and is composed of a concert-conference hall (380 seats), a gym (1,200 sq.m) with stands (280 seats) and communal rooms (entrance, foyer, meeting rooms, locker rooms).
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In queste pagine, in alto in sequenza da sinistra a destra, sezione longitudinale, prospetto nord, prospetto ovest e vista del volume che contiene la sala per spettacoli e conferenze individuato
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dal rivestimento in listelli in larice naturale; sotto, piante del piano terreno, del primo e del secondo piano e pianta delle coperture; in basso viste del complesso pensato come un volume telescopico
formato da tra corpi inscatolati uno nell’atro a formare le tre parti costituenti: palestra, locali comuni e teatro. These pages, top in sequence from left to right, longitudinal
sections, north elevation, west elevation and view of the structure holding the concertconference hall with a characteristic cladding made of planks of natural larch wood; below, plans of
the ground floor, first and second floors, and plan of the roofs; bottom, views of the complex designed like a telescopic structure composed of three constructions boxed inside each other to form the three
constituent parts: gym, communal rooms and theatre.
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In alto, il volume della palestra individuato dalla superficie in legno forata ottenuta dalla ripetizione regolare di un motivo ripreso da un’antica ringhiera di uno chalet. Sotto, il foyer illuminato dai giochi di
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luce riflessi dal ricamo della facciata esterna. Top, the gym facility with its perforated wooden surface featuring a reiterated pattern of a design taken from the oldfashioned railings of a
chalet. Below, the foyer lit by an interplay of light reflected off the outside façade.
La sala del teatro rivestita in cemento verniciato di nero e vivacizzata dal grande lampadario che risolve oltre all’illuminazione, una corretta qualità acustica.
The theatre hall clad with cement painted black and livened up by the large skylight providing both lighting and fine acoustics.
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Hans Moor
Il limbo della realtà
Viste della nuova Nesselande Metro Station, realizzata alla periferia nord di Rotterdam come terminale dell’estensione della linea ovest-nord della metropolitana.
Nesselande Metro Station, Rotterdam Credits Project: Hans Moor Architects (Metro Station), Maarten Struijs/Gemeentewerken Rotterdam (Metro Line) Project Manager: Johan Dolman Urban Planning: DS+V Rotterdam Stadtsdeel Oost: Arjen Knoester, Albert van Eer Engineering: Gemeentewerken Rotterdam: Jan van Gelder, Iz van es, Victor Dongelmans, Cees Portengen, Chris van Willigen Building Contractor: Dura/Vermeer Rotterdam Technical Installations: Homij Rotterdam Client: RET Nesselandelijn
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I
n un’estensione della linea metropolitana che unisce il westside-center e il northside di Rotterdam nei Paesi Bassi con il nuovo borgo di Nesselande, sta per essere completato un aggregato urbano di grande sviluppo che fa parte della stessa municipalità, con l’edificazione di circa 4.500 nuove abitazioni, che saranno realizzate, secondo i recenti programmi di pianificazione, entro l’anno 2010. Per queste ragioni la RET–Rotterdam Electric Tramcompany ha previsto la realizzazione di nuove stazioni metropolitane nella periferia della Città. La decisione di costruire una stazione a Nesselande nasce da questo programma concordato, fra l’altro, con la stessa municipalità e sfociato in un Concorso riservato solo a giovani architetti olandesi. Il Concorso è stato vinto dall’architetto Hans Moor (www. hansmoor.nl). Il progettista ha chiamato la stazione de hapering, il cui significato, in lingua olandese, è interruzione. In effetti, essendo stazione di collegamento fra due linee metropolitane, l’appellativo ha un preciso significato. La parte più spettacolare che, fra l’altro, è stato il motivo ispiratore del progetto e dell’organizzazione dell’intorno, è il racconto su un ipotetico passeggero che, perdendo la coincidenza per il collegamento è costretto a fermarsi in attesa del prossimo convoglio. Il contorno della stazione, allora, è pensato come luogo d’attesa e di coinvolgimento con l’ambiente circostante. Ecco la vista sul
lago di Zevenhuizen, col parco e gli arredi urbani destinati al riposo e via dicendo. Rotterdam, è situata nel bacino del Reno e della Mosa: per questo, è centro commerciale e fluviale di comunicazione, di trasporti, e di mercato di merci. Dominano i barconi che trasportano il carbone della Ruhur. Paesaggio meta/industriale, quindi lento perché i suoi tempi sono dati dai tempi di movimenti sull’acqua, ma convulso per la frenesia dell’industrializzazione. Insomma, un luogo dal quale saltuariamente è piacevole sottrarsi. Ecco ricomparire la ragione del racconto che descrive le motivazioni progettuali tese a rendere l’attesa come una pausa, come un distacco dalla realtà, come una sorta di tempo speso in un limbo. In effetti, l’eternità senza tempo del limbo mal si concilia con l’accelerazione spazio/temporale che domina la nostra società. E’ proprio Marc Augé che sostiene come il non luogo inteso come limbo è il negativo, in senso fotografico, della realtà in cui viviamo. E’ come se fosse un presente senza immagini, in un mondo dominato dalla spettacolarizzazione. E’ un momento di sospensione che, se temporaneo, può anche essere paradossalmente giusto. L’intento di Hans Moor è di generare nel viaggiatore il senso di libertà, proprio perché è pensato come un limbo provvisorio, una parentesi nel flusso continuo della vita del passeggero. In altre parole, fare in modo che ci si senta bene, in un isolamento, lontani dal mondo e dalle relazioni umane. E’ pensare di riposarsi dalla
Views of the new Nesselande Metro Station built in the northern suburbs of Rotterdam as the terminal for the extension to the westnorth Metro line.
Hans Moor
fatica della nostra identità sociale, sensazione piacevole proprio perché provvisoria. Diventa l’ozio creativo di Domenico De Masi, è quello che accade al protagonista del film Terminal di Steven Spilberg, bloccato all’aeroporto di Parigi. In questo modo il treno si trasforma in un ponte, in altre parole, in un fatto che, forse più degli altri, determinano l’essere stazionario del passeggero, alla fine di un tratto del percorso. E’ per questo che diventa tema architettonico, d’ambiente, di riferimento, insomma di luogo che produce un salto nel vuoto, è un’azione, questa che diventa drammatica per l’uomo e, anche, denso di significati ideologici e metaforici. Più delle trattazioni ormai classiche di Georg Simmel, Martin Heidegger, Manfredo Tafuri, si propone una sorta di fenomenologia, un certo numero d’attraversamento di ponti, di punti di vista riferiti al viaggiatore dal treno. In ogni caso, il territorio tende a reagire drammaticamente e la vista dell’acqua è costretta a cedere ad altro le sue virtù di paesaggio, perché gli uomini, alla fine, sono capaci di distruggere ciò che fisicamente hanno costruito. Hans Moore, da giovane architetto, è pervaso da intuiti virtuali, a volte difficili da rendere concreti. Ciò che più importa è la tenacia ad alimentare la creatività e la costanza a credere che, come lo è sempre stato, l’architettura è destinata a soddisfare delle necessità, ma è anche in grado di determinare nuovi bisogni. Mario Antonio Arnaboldi
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Hans Moor
Viste delle scale di accesso alle piattaforme e dei tornelli di ingresso alla stazione. Views of the steps leading to the platforms and turnstiles for entering the station.
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A
s part of an extension to the Metro line connecting the west-side-centre and north side of Rotterdam in the Netherlands to the new town of Nesselande, work is being completed on a rapidly developing innercity neighbourhood in the same borough involving the construction of about 4500 new houses, which, in accordance with recent urban planning guidelines, are planned to be built by the year 2010. This is why the RET–Rotterdam Electric Tram Company plans to build some new Metro stations in the city suburbs. The decision to build a station in Nesselande is part of a programme arranged in conjunction with the city council, resulting in a competition reserved only for young Dutch architects. The competition was won by the architect Hans Moor (www.hansmoor.nl). The designer decided to call the station de hapering, which is Dutch for interruption. In actual fact, since the station is a connection between two Metro lines, the name has a specific meaning. The most spectacular part, which, amongst other things, inspired the project and layout of the surroundings, is the story of a hypothetical passenger which, having missed his connection, is forced to stop and wait for the next train. The station surroundings are designed like a waiting place knitted into the neighbouring environment. There is a view across Lake Zevenhuizen, with a park and urban furbishing serving relaxation purposes etc. Rotterdam is situated in the basin of the rivers Rhine and Meuse: this makes it a commercialriver centre for communication, transport, and goods trading. The big boats carrying coal from the Ruhr are a familiar sight. This is a meta-industrial landscape and hence slow, due to the fact that its rhythms are dictated by the motion of water, yet turbulent due to the frenetic pace of industrialisation. In other words, it is somewhere it is nice to escape from occasionally. So we are back to the story which explains the reasons behind the design, aimed at making the wait a sort of pause, a break from reality, a suspension in time spent in limbo. Indeed eternity with no time in limbo can hardly be reconciled with the spatio-temporal acceleration dominating our society. It was Marc Augé who claimed that a non-place seen as a kind of limbo is a negative (in the photographic sense) of the reality in which we live. It is almost like the present with no images in a world ruled by spectacle. It is a moment’s suspension which, although temporary, may also (paradoxically) be appropriate. Hans Moor wanted travellers to experience a sense of freedom, due to the way it is designed like a temporary state of limbo, a parenthesis in the constant flow of passenger life. In other words, passengers are supposed to feel good, cut off from the rest of the world and human relations. And the very idea of relaxing from the fatigue of the life we have created for ourselves is a pleasant sensation just because it is transient. This is like Domenico De Masi’s “creative idleness”, and it is what happens to the main character in Steven Spielberg’s film The Terminal, who is stuck in Paris Airport. This turns the train into a bridge or, it might be said, into a fact which, more than many others, causes the passenger to be stationary at the end of a stretch of journey. This is why it becomes an issue involving architecture and the environment, in other words a place resulting in a leap in the dark, it is an action with dramatic consequences for people and it is also full of ideological and metaphorical undertones. More than even those classic treatises written by Georg Simmel, Martin Heidegger and Manfredi Tafuri, it puts forward its own sort of phenomenology, a certain number of bridge-crossings, points of view related to train passengers. In any case, the land tends to react dramatically and the view of water is forced to relinquish its landscape virtues, since in the end men are capable of destroying what they have physically built. As a young architect, Hans Moore is bursting with virtual insights, sometimes difficult to be given concrete shape. The most important this is the determination to be creative and the will power to believe that, as has always been the case, architecture is destined to meet needs, but it can also bring about fresh needs. Mario Antonio Arnaboldi
Pianta della piattaforma, sezione longitudinale, prospetto e particolari costruttivi degli agganci delle pensiline.
Plan of the platform, longitudinal section, elevation and construction details of the hooks onto the cantilever roofs.
Hans Moor
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Hans Moor
Nella pagina a fianco, vista dall’alto del parcheggio delle biciclette sotto il viadotto su cui poggia la piattaforma della stazione. Sotto, vista dell’ingresso della stazione.
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In alto, prospetto della facciata di ingresso e sezioni trasversali. Sopra, sezione assonometria della scala e sezione longitudinale parziale.
Opposite page, view from above of the bike stands under the viaduct on which the station platform has been built. Below, view of the station entrance. Top, elevation of the entrance façade and
cross sections. Above, axonometric section of the steps and partial longitudinal section.
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Najjar & Najjar
Involucro avvolgente
Semperit R&D Centre, Wimpassing Nella pagina a fianco, particolare della facciata dell’edificio per la Ricerca e lo Sviluppo Semperit a Wimpassing, Austria. Denominato Tube, l’edificio contiene gli uffici e i laboratori tecnici della Semperit, azienda austriaca produttrice di materiali sintetici e gomme per uso industriale. Opposite page, detail of the façade of the Semperit Research & Development building in Wimpassing, Austria. Called “Tube”, the building holds Semperit’s offices and technical laboratories, an Austrian manufacturer of synthetic-rubber materials for industry.
Credits Project: Najjar & Najjar Architekten Structural Engineer: Boll und Partner, Beratende Ingenieure Project Manager: Proche un Partner KGE Site Supervision Services Engineers: Scholze Ingenieursgesellschaft Building Physics: Walter Prause Client: Semperit Technische Produkte
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U
n laboratorio di ricerca e sviluppo per prodotti industriali dovrebbe essere un luogo di lavoro piacevole e stimolante per i dipendenti, dove la luce naturale possa integrare e contrastare il più possibile la stanchezza visiva e l’appiattimento causato dall’inevitabile utilizzo di quella artificiale e dove le forme, i colori e i materiali possano rappresentare un confortevole diversivo nella routine del lavoro quotidiano. Anche dal punto di vista del marketing verso il mondo esterno, è indubbio che lo spirito di innovazione e la visione imprenditoriale possono essere meglio veicolati da un contenitore iconico ben disegnato piuttosto che da una anonima “scatola” prefabbricata. Eppure la realtà del panorama edilizio industriale smentisce continuamente quelle che potrebbero sembrare ovvie considerazioni. Grande interesse suscita quindi il progetto di concorso vinto da Najjar & Najjar per il centro di ricerca e sviluppo di una grossa azienda austriaca. Sarà per la forma armonica e ammiccante che riecheggia quella di un’astronave o di un animale fantastico appena uscito dalla cortina del bosco e intento a osservare cautamente la radura circostante; sarà per la curvatura delle superfici dell’involucro che alludono tacitamente alla duttilità e alla fluidità della gomma, principale materiale dal quale derivano i prodotti dell’azienda; sarà per la giusta proporzione e l’astuto piedistallo su cui siede per alleggerirsi e mascherare alla vista la parte meno nobile dei magazzini. Fatto sta che questo oggetto apparentemente decontestualizzato rivela una ricerca molto marcata. La grande vetrata ottenuta tagliando a 45° l’estremità dell’involucro tubolare funziona come un diaframma tra interno ed esterno. L’accesso avviene da un percorso nel giardino sul fronte opposto, che immette longitudinalmente all’interno del “tubo” in un grande atrio dove la luce scende zenitalmente. Ai due lati, oltre la reception, sono disposti i laboratori. Proseguendo si è invitati a salire da una scala scenografica, di navale memoria per i materiali e i dettagli utilizzati, che conduce al livello superiore, dove gli uffici e le sale riunione sono disimpegnati attorno al luminoso vuoto centrale. Un setto tagliafuoco divide l’edificio a circa due terzi delle sua lunghezza e segna il passaggio verso il nucleo servizi e l’open space di testa. In corrispondenza di questo punto la curvatura dell’involucro esterno, che aveva subito una leggera inflessione e concavità in corrispondenza dell’atrio centrale, si impenna verso l’alto. Nella parte bassa, i fianchi sfilano lungo la facciata risvoltati parzialmente su loro stessi prima di incontrare il muro vetrato perimetrale del piano terra, per enfatizzare il senso di distacco dal suolo con cui è disegnato il “tubo”. Al piano inferiore, l’accesso delle merci è pensato perpendicolarmente alla facciata in modo da non interferire con il resto dei percorsi interni. Dal punto di vista strutturale è stato fatto uno sforzo per limitare la complessità della carpenteria di supporto al rivestimento esterno, che si appoggia a una struttura tradizionale orizzontale e verticale in cemento armato. Gli archi trasversali in acciaio si appoggiano sui cordoli laterali e si congiungono tramite la struttura tubolare di sostegno dell’atrio centrale. Il rivestimento esterno è ottenuto per mezzo di lunghi pannelli rettangolari di alluminio estruso, appoggiati su una doppia sottostruttura incrociata in lamiera di acciaio coibentata, con lo strato più esterno steso longitudinalmente e piegato a ottenere la forma voluta. All’interno la superficie è ottenuta con lastre di cartongesso curvato che rispecchiano e rimandano la luce che filtra dell’alto e dalle generose aperture laterali. Un gioco di linee, alettoni e cordolature sulla superficie in alluminio, degno della carrozzeria di un’auto sportiva, completa la carenatura dell’involucro e ce lo consegna pronto per la spedizione nell’immaginario bolidistico. Jacopo della Fontana
A
research and development laboratory for industrial products ought to be a pleasant and stimulating work place for staff, where, as far as possible, natural light integrates and combats visual tiredness and the flatness caused by the inevitable use of artificial light. The forms and colours should also provide a pleasant distraction from the routine of daily work. Even as regards the point of view of marketing towards the outside world, there can be no doubt that a spirit of innovation and entrepreneurial vision can be more effectively conveyed by a well-designed iconic container than a bland prefabricated “box”. Nevertheless, the industrial builtscape still seems to contradict these apparently obvious remarks. So Najjar & Najjar’s winning competition design for the research and development centre of a major Austrian company has caused quite a stir. Perhaps it is because of its smooth and harmonious form evoking a spaceship or fantastic animal that has just come out of the woods and is carefully gazing at the surrounding clearing; perhaps it is due to the curvature of the surfaces of its shell, which tacitly allude to the flexibility and ductility of rubber, the main product the firm uses to manufacture its products; or perhaps it is just its right proportions and the cleverly designed pedestal on which it is built in order to lighten up the rather less visually gratifying warehouses and conceal them from view. The fact is that this apparently decontextualised object shows signs of extensive in-depth research. The large glass window, obtained by cutting the end of the tubular shell at an angle of 45°, acts like a diaphragm between inside and outside. This reveals the double-height space with a mezzanine level that is constantly injected with life by the research workers’ movements. Access is along a path through the garden over on the opposite side, which leads longitudinally inside the “tube” into a large lobby where light descends from above. The laboratories and reception area are situated along the two sides. Further on into the building there is a striking stairway, reminiscent of a ship in terms of its materials and features, that leads up to the top level, where the offices and meeting rooms are set around a brightly lit central space. A fire wall divides up the building along about two-thirds of its length and marks the transition into the services core and open space at the end. The curvature of the outside shell, which gently inflects in a concave form near the central lobby, rises up at this point. In the lower section, the building flanks run along the façade and are partly turned in on themselves before coming to a glass ground-floor perimeter wall designed to emphasise the sense of detachment from the ground enhanced by the “tube” design. The goods entrance on the lower level is set perpendicular to the façade, so as not to interfere with the rest of the inner corridors. From a structural viewpoint, efforts have been made to constrain the complexity of the scaffolding holding up the outside cladding, which rests on a conventional longitudinal and vertical structure made of reinforced concrete. The steel cross arches rest on lateral stringcourses and converge through the tubular structure supporting the central lobby. The outside cladding is made of long rectangular panels made of extruded aluminium resting on a twin criss-cross sub-structure made of non-conducting sheet steel, with the most external layer extended longitudinally and folded to create the desired form. The surface on the inside is made of curved plasterboard sheets reflecting and deflecting the light flowing in from above and through the wide side apertures. An interplay of lines, flaps and stringcourses on the aluminium surface, worthy of the chassis of a sports car, completes the shell fairing and leaves it ready to be transported into the realms of high-speed vehicles. 212 l’ARCA 23
Najjar & Najjar
Dal basso in alto, pianta del piano terra, pianta del primo piano, sezione longitudinale, assonometria della struttura. Nella pagina a fianco, viste dell’edificio, caratterizzato all’esterno dal “tubo” di acciaio e cemento con archi strutturali di
acciaio a sostegno del guscio esterno che incrociano la struttura di piastre di acciaio trapezoidali posate sulla piastra di rinforzo tra gli elementi strutturali primari. La struttura secondaria consiste di lastre trapezoidali di acciaio fissate alla struttura
primaria e rivestite da una membrana isolante. Il guscio di rivestimento è costituito da pannelli di alluminio estruso lunghi 6,40 cm e larghi 7 cm. All’interno, l’organizzazione della circolazione è regolata da un grande atrio
centrale a tutta altezza illuminato dalla copertura vetrata. La facciata di ingresso si presenta come un “taglio” a 45° della struttura principale e consente, grazie alla totale trasparenza, l’individuazione delle attività interne.
From bottom up, plans of the ground floor and first floor, longitudinal section, and axonometry of the structure. Opposite page, views of the building with a steel and concrete “tube” on the outside with steel structural arches holding up the outside shell criss-crossing with the frame of trapezoid-shaped steel plates placed on the reinforcement platform between the main structural elements. The secondary structure is made of trapezoidshaped steel sheets attached to the main structure and covered with an insulating membrane. The cladding shell is made of extruded aluminium panels, which are 6.40 cm long and 70 mm wide. The interior layout is set around a large fullheight central lobby lit through the glass roof. The entrance façade features a 45° cut across the main structure and, thanks to its total transparency, reveals what is happening inside.
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L
a partita con le tecnologie digitali che sono sempre un poco più in là, condannando irrimediabilmente a una obsolescenza rapida l’hardware e il software ordinato proprio ieri via internet (meglio farsene una ragione, dopo tutto non è nulla di grave), è per l’architettura, ma non soltanto, ben lungi dal potersi chiudere. Anzi: forse si è appena aperta; né si vede quando, come e soprattutto perché un qualche arbitro dovrebbe fischiarne un giorno la fine. Lo si può per esempio vedere bene da questi lavori di Andreas Angelidakis (http://angelidakis.com), giovane architetto appunto, ateniese ma di certo nell’Ellade non stanziale, già almeno a partire dagli studi universitari e dai perfezionamenti vari compiuti tutti oltreoceano, un po’ sulla costa del Pacifico alla Sci-ARC di Santa Monica, un po’ su quella dell’Atlantico alla Columbia University, e con seguenti attività piuttosto torrenziali e inquiete, disseminate qua e là per il mondo ma sempre comunque dove sta accadendo qualcosa, da vero globetrotter curiosissimo e dotato di antenne quanto mai sensibili: condizioni d’altra parte imprescindibili, volendo far parte del gioco. Per quanto in realtà sia sempre stato così: sono i ritmi a essere cambiati, e le densità; la mobilità e i tempi. Ci vuole un bel coraggio, forse non più grande di una volta ma diverso, nel rasentare, costi quel che costi, i confini. Il grado di instabilità tende a crescere, e contemporaneamente la fragilità delle condizioni di chi si trova ad affrontarla. Viviamo un momento delicato. Se ci fosse, ma purtroppo non l’abbiamo, un Oliver Sacks a occuparsi di queste ricerche al limite, ne risulterebbe un bel resoconto il cui titolo sarebbe, verosimilmente: ‘Premonizioni’. Troverebbe in Angelidakis una perfetta case history. Per di più ottimamente ripercorribile in un personale (e abilmente raffinato nella sua candida semplicità) website aggiornato un giorno dopo l’altro. Una autobiografia con foto, al momento se ne vede una di Angelo Plessas, compagno di strada nell’avventura di Neen, gruppo molto trasversale e anche transnazionale di esploratori delle varie forme espressive via via possibili (qualcuno ne ha parlato come dei “futuristi del XXI secolo”), che lo ritrae, teso all’azione ma tutt’altro che maudit, sullo sfondo di un campo per le corse dei cavalli ora non più in funzione ad Atene, mentre in didascalia spiega di essere poi ossessionato dalle rovine e dagli edifici abbandonati, e di avere l’intenzione anche di mettere insieme un libro sulle Rovine Elettroniche. E per questo chiede idee e collaborazione. Più nitida di così una dichiarazione d’intenti e anche di poetica (momentanea?) non la si potrebbe fare. Non altrettanto agevole ne risulterebbe una lettura stratigrafica, tentazione cui per altro potrebbe riuscire non facile sottrarsi dato che vengono subito alla mente gli sterminati débris della classicità che in un modo o nell’altro devono pur aver segnato gli anni di una formazione giovanile. (A questo proposito viene anche in mente Frampton che anni fa, preso in contropiede nelle sue note e assai poco innovative predilezioni ticinesi, dovendo far fronte, noblesse oblige, all’irruzione inaspettata dell’architettura dirompente progettata per il Peak di Hong Kong da Zaha Hadid, non aveva trovato di meglio che definirla come “suprematismo kufico”: una sorta di classificazione difensiva, tranquillizzante. Insomma: ogni eventuale radice va maneggiata con cura, per evitare di cadere in determinismi affrettati, qualche volta un po’ ridicoli). D’altra parte, almeno all’apparenza e stando alle dichiarazioni, Angelidakis non sembra certamente porsi questioni di questo genere, preferendo farsi interamente coinvolgere, forse a ragione e comunque comprensibilmente, dai fascini up-to-date e sicuramente molto jetsetting dei mondi virtuali e delle loro tecniche, o meglio ancora forse da un loro possibile immaginario originale (anche se destinato, almeno per molto tempo ancora, a rimanere soltanto una supposizione, o un desiderio).
Andreas Angelidakis Ecco allora succedersi una dopo l’altra figurazioni di realtà impossibili fisicamente, e invece normali, anche se non proprio sempre di ordinaria amministrazione, nell’universo digitale del web. Con uno spettro di oscillazione dei gradi di plausibilità molto ampio, com’è logico una volta imboccato questo modo di procedere. Si va da Tetris Mountain, per esempio, esercizio di coniugazione elementare di software corrente nella direzione di una sua trasmutazione in aggregazioni eventuali atte a interfacciare efficacemente il Soft Cinema di Lev Manovic, fino all’Hotel Blue Wave, più complesso ma in fondo analogo montaggio di un habitat all’inseguimento di una compresenza della massima funzionalità con l’aspetto fantastico di una allucinazione (ma sempre su base modulare). Per illustrare quest’ultimo sono necessarie due animazioni della durata di dodici minuti ciascuna: un tempo già consistente, come se si volesse acchiappare per questa via una sorta di palpabilità. Percorsi di ricerca non dissimili informano Neen World, tentativo di affrontare, sempre in collegamento con reti trasversali, la possibile raffigurazione di edifici con mentalità il più possibile internet, comunicato con la produzione di un demo DVD (curiosamente affiancato dal supporto cartaceo di un libro): una iniziativa totalmente transnazionale, di qua e di là dall’oceano. Car buiding è invece un amusement provocatorio, una premonizione paradossale resa possibile dalla maestria d’uso del software, una sorta di edificio che si autoalimenta di automobili, come potrebbe non dispiacere a molti in questi tempi occlusi da grandi varietà di polveri sottili e ahimé immemori e privi dell’intelligenza fulleriana. Uno spiraglio interessante e molto significativo, e trattato in termini propri, verso il cuore dell’attuale poetica di Angelidakis lo schiude Mirrorsite, una microserie di DVD pensati come sequenze (tre, di durata breve, prodotti in tiratura limitata di tre: voluto bisticcio molto en artiste con la travolgente e inevitabile riproducibilità del medium così prediletto). Specchi mobili nello spazio attorno a edifici per ufficio fatti di specchi, e viceversa, dal dentro al fuori e dal fuori al dentro: scenari affascinanti e instabili, possibilità sfuggenti. L’animazione proposta come spazio reale. Difficile in effetti per raggiungere questo obiettivo trovare un dispositivo più adatto degli specchi: come ben si dimostra in Pause, installazione effettuata a Stoccolma per Jean Pierre Khazem, spazio obliquo di specchi, illusione ottica ma spazio, in bilico fra corpi, immagini fotografiche, artista, spettatori/visitatori. Viceversa, ma nel medesimo tempo e senza contraddizione alcuna, Mavala, progetto ginevrino di riconversione di una vecchia fabbrica di smalto per le unghie del diciannovesimo secolo in galleria di arte contemporanea, persegue, non senza il ricorso alle predilette riflessioni in questo caso delegate a speciali vetri per le finestre e le aperture, il fine di raggiungere un realismo almeno pari a quello del rendering di un computer. E così via: in Chelsea, esperimento risalente al 1998, si potrebbe dire la madre di tutti quelli seguenti, Angelidakis ragionava su come trasformare internet da specchio del mondo reale a copia del medesimo: dopo vari passaggi e vicissitudini, e aver progressivamente constatato che gli edifici di internet sono differenti da quelli normali e che ci sono cose che si possono trasferire dal virtuale al reale e viceversa, e dopo aver intessuto una trama fittissima di rapporti e collaborazioni come sempre trasversali, il risultato è divenuto, per motivi tecnici, la prima città perduta di internet. Il che è un risultato di tutto riguardo. I percorsi dell’intelligenza danno luogo a labirinti, anche molto affascinanti. Uscirne non è facile, specie quando sono di specchi; oppure si può anche decidere di non desiderarlo proprio. Non c’è motivo di dar consigli. Di certo, anche per questa via l’architettura non smette mai di imparare qualcosa. Maurizio Vogliazzo
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he challenge thrown down by digital technology, which, as we now know, progresses from day to day (or even more quickly), soon rendering any hardware or software order on the Internet irrevocably obsolete (we ought to resign ourselves to all this, after all it is not as serious as all that), is for architecture and other disciplines anything but a closed affair. On the contrary, perhaps it has only really just come to the fore, and it is hard to see when, how and, above all, why some metaphorical referee ought to blow the final whistle. For instance, it clearly emerges in these works by Andreas Angelidakis (http://angelidakis.com), a young architect from Athens, who left his homeland to complete his university studies and further education courses overseas, part of the time at the SciARC in Santa Monica on the Pacific coast and partly at Columbia University on the Atlantic coast, before continuing his academic escapades here and there all over the world, but always at the heart of the action where things happen, like a real curious globetrotter with an instinctive feel for anything new: a necessary prerequisite for anybody working at the cutting-edge. In actual fact this is the way things have always been; it is just the rate of change that is no longer the same; as well as its intensity, mobility and speed. Staying at home has never been the way forward. Nevertheless, you need to be brave enough (in a different way from in the past) to reach out for the limits, whatever the cost. The instability and, at the same time, fragility of the conditions in which all this is being tackled is tending to increase. We are living at a delicate moment in time. If somebody like Oliver Sacks happened to study this experiment into probing the limits (but unfortunately it is not the case), then it would probably make a nice little story, most likely entitled: “Premonitions”. Angelidakis would provide him with a perfect case history, really well backed-up by a personal (and neatly elegant thanks to its candid simplicity) website updated on a daily basis. An autobiography complete with photos, at the moment there is one of Angelo Plessas, a fellow traveller on the Neen trip, a cross-the-board group of trans-national explorers into various expressive forms as they gradually open up (somebody referred to them as the “Futurists of the 21st century”), which depicts him ready for action, although anything but threatening, against the backdrop of a racecourse for horses (no longer operational) in Athens, while the caption tells us that he is obsessed by ruins and abandoned buildings and plans to compile a book about “Electronic Ruins”. So he is looking for ideas and help. It is hard to imagine a more blatant statement of intents and (momentary?) poetics. It would not be quite so easy to read it stratigraphically, a temptation it might actually be difficult to avoid, considering that what instantly comes to mind is all the endless debris of the classical age which, in some way or other, must have left their mark on his education as a young man. (This also brings to mind Frampton, who, years ago, caught rather off-guard in his well-known and not exactly innovative predilections for the Ticino region and having to deal with the sudden impact of Zaha Hadid’s striking architecture designed for The Peak in Hong Kong, could not come up with anything better than to describe it as “Kufic Suprematism”: a sort of defensive, tranquillising definition. In other words: all roots needs to be handled with care, to avoid lapsing into over-hasty decisions that might sometimes turn out to be a bit ridiculous). Anyway, it would seem (also judging by what he has said) that Angelidakis does not worry over issues like this, preferring instead to get completely taken up, perhaps rightly and understandably at least, by the cutting-edge and very “jet-set” charms of virtual worlds and the technology they involve, or rather the original image they had (destined, at least for plenty of time to come, to remain
just an assumption or pipedream). So here we have a succession of depictions of physically impossible situations, although quite normal (if not exactly run-of-the-mill) in the digital world of the web. The extent of their plausibility covers a wide spectrum, as is logical once you have set off along a path like this. The projects range from Tetris Mountain, for instance, an exercise in the simple conjugating of current software with a view to transmuting it into combinations designed to interface effectively with Lev Manovic’s Soft Cinema (note the inevitable – although inadvertent – affinities with what is now a rather passé and overkilled yearning for the kind of absolute modularity, which has been characterising three-dimensional architecture for at least the last hundred years) to the Blue Wave Hotel, more elaborate but actually a similar assembly of a habitat searching for the simultaneous presence of maximum functionality and the fabulous appearance of a hallucination (again based on modularity). It takes two animated film clips, each lasting twelve minutes, to illustrate the latter: a considerable length of time, as if striving in this way to achieve a certain tangibility. Similar lines of research also inform Neen World, an attempt to use all-encompassing networks to design buildings geared as closely as possible to the Internet, using a demo DVD to present them (as well as, strangely enough, an explanatory book): a truly trans-national experiment encompassing both sides of the Atlantic. The Car Building is a sort of jibe, a paradoxical premonition made possible by the masterly use of software, a sort of building that feeds off cars, something which might appeal to plenty of people at the moment, still so stuffy and dusty, and alas, forgetful and lacking in Fuller-style intelligence. An interesting and highly significant spin-off, embodying the very heart of Angelidakis’s poetics, is Mirrorsite, a micro-series of DVDs designed like sequences (three short sequences produced in a limited edition of three: a deliberate pun playing on the fact that his favourite medium is obviously so readily and overwhelmingly reproducible). Mirrors moving through space around office buildings made of mirrors and, vice-versa, from the inside out and the outside in: intriguing and unstable scenarios, fleeting opportunities. Animation presented as real space. Mirrors are, of course, a fine way of achieving this target: as can clearly be seen in Pause, an installation in Stockholm designed for Jean Pierre Khazem, an oblique space of mirrors, an optical illusion but also a space wavering between bodies, photographs, artist, and onlookers/visitors. In contrast but without any contradiction, Mavala, a project in Geneva for reconverting an old nail varnish manufacturing plant from the 19th century into a contemporary art gallery, sets out – again resorting to his predilection for special panes of glass for windows and apertures – to achieve the same kind of realism as a computer rendering. And so on and so forth: in Chelsea, an experiment dating back to 1998 which might be described as the mother of all those coming later, Angelidakis worked on turning the Internet into a mirror of real life, a copy of it: after various ups and downs and after gradually noting that Internet buildings are different from ordinary ones and that some things can be transferred from the virtual to the real world and vice-versa and also weaving a tight web of relations and interactions (cross-the-board as usual), the result has, for technical reasons, turned into the first lost city of the Internet. Which is quite a result. Intelligent thinking creates labyrinths, some extremely intriguing. It is not easy to get out of all this, particularly when dealing with mirrors; or you can decide not to. There is no reason for advice to be forthcoming. Of course, even when working along these lines, architecture still has something to learn.
Agora Dreams and Visions
Agora Dreams and Visions
Andreas Angelidakis
212 l’ARCA 27
Neen World
Per Neen World sono stati realizzati un libro e un DVD demo nel 2005 dalle edizioni One Star Press Artists’ di Parigi (www. onestarpress.com, www.neen.org). La versione originale di Neen World è stata prodotta con l’aiuto di Casco Projects, Utrecht, e del Electronic Orphanage, Los Angeles (www. cascoprojects.org and www.electronicorphana ge.com). I film Neen World sono prodotti con l’aiuto di MU Eindhoven (www.mu.nl). La colonna sonora del primo DVD è un segmento tratto da “EO Loop” di Gnac www.marktranmer.com. Grazie a Angelo Plessas, Miltos Manetas, Mai Ueda, Yi Zhou, Mark Tranmer, Nikola Tosic, Rafael Rozendaal, Roya Jacoby, John White C, Joel Fox, Jonathan Maghen + Textfield, Aki Tsuyuko, Essetesse, Ryan Francesconi, Sawaco.
28 l’ARCA 212
Neen World was released as a book and “demo DVD” in 2005 by One Star Press Artists’ editions in Paris (www. onestarpress.com, www.neen.org). The original version of Neen World was produced with help from Casco Projects, Utrecht and Electronic Orphanage, Los Angeles (www. cascoprojects.org and www.electronicorphana ge.com). The Neen World movies produced with help from MU Eindhoven (www.mu.nl). The soundtrack for the first DVD is a segment from “EO Loop” by Gnac, www. marktranmer.com. Thanks to Angelo Plessas, Miltos Manetas, Mai Ueda, Yi Zhou, Mark Tranmer, Nikola Tosic, Rafael Rozendaal, Roya Jacoby, John White C, Joel Fox, Jonathan Maghen + Textfield, Aki Tsuyuko, Essetesse, Ryan Francesconi, Sawaco.
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Neen World
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Neen World è un esperimento architettonico aperto. E’ iniziato nell’ambito della comunità online ActiveWorld per i membri del movimento della Neen Art (ndt. Neen è la parola che si riferisce a l’arte online: bizzarra, imprevista e spesso inutile – da www.neural.it/nnews/neen.htm), come momento di incontro e scambio di idee in rete: una chat room con 25 neenster che ospita incontri pubblici. Alcuni dei progetti presentati di seguito sono ispirati da “neen website”, mentre altri, come Blue Wave, sono ispirati dalla natura. Insieme costituiscono una collezione di schizzi per edifici progettati tenendo in mente internet: sono immediatamente riconoscibili, hanno una geometria semplice per un download veloce, e creano un nuovo ambiente naturale per idee “neen”. Mentre la comunità originaria è ormai persa in un server internet, da qualche parte in California, gli schizzi per edifici vengono tuttora sviluppati in progetti quali il Blue Wave o la Cloud House (http://angelidakis.com/_PAGES/CloudHouse.htm). Il Neen World rappresenta un nuovo approccio al pensiero e al progetto.
Neen World is an open-ended architectural experiment. It started as an ActiveWorld, an online community for members of the Neen art movement to meet (neen refers to online art defined as bizarre, unpredictable, often unuseful, from www.neural.it/nnews/neen.html), take walks and talk online: a chat room with 25 neenster houses and public meeting points. Some of these buildings were inspired by neen websites while others such as Blue Wave were inspired by nature. Together they comprised a collection of sketches for buildings designed with the internet in mind: they are immediately recognizable, they have a simple geometry for fast downloads, and they create a new natural environment for neen ideas. While the original community is now lost on an internet server somewhere in California, the building-sketches are still being developed further into projects such as Blue Wave and Cloud House (http://angelidakis.com/_PAGES/CloudHouse.htm). Neen World signified a new approach to thinking and designing.
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Blue Wave Hotel Credits Project: Andreas Angelidakis Client: Invisible Hotel exhibition, Invisiblehotel.com
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Il Blue Wave è un sistema abitativo “da spiaggia” da realizzare con un metodo costruttivo modulare in cemento. E’ un edificio per passeggiare e parlare, un luogo per trascorrere pochi momenti o alcuni giorni. Il Blue Wave è una chat room, una spiaggia urbana, una casa, un albergo. Indaga l’esperienza controllata della vita in un albergo come una casa artificiale versus la libertà del realizzare la propria residenza temporanea in un ambiente naturale. Il progetto è basato sull’idea romantica di una spiaggia abbandonata, una destinazione onirica, un luogo che si sogna stando di fronte a un computer magari cercando compagnia in una chat room, mentre fuori la città è bruciata dalla canicola estiva, e la spiaggia diventa un miraggio che sfuma dallo screensaver alla scrivania. Negli anni Sessanta questo miraggio era effettivamente pubblicizzato come una risorsa sociale, un luogo dove andare a godersi la spiaggia e immergersi nella natura. Oggi, l’idea di una struttura multipiano è svanita ed è stata rimpiazzata dalla spiaggia deserta come destinazione assolutamente lussuosa e molte delle strutture degli anni Sessanta sono state abbandonate. E’ interessante confrontare la spiaggia deserta con l’edificio abbandonato, in quanto sono luoghi cui reagiamo nello stesso modo: scegliamo il posto che preferiamo, stendiamo il nostro asciugamano e proclamiamo quel posto nostra casa temporanea. Su una spiaggia, ciò costitui-
sce, di solito, la “casa” per un giorno, che chiamiamo vacanza, mentre in un edificio abbandonato può durare di più e si chiama abitazione abusiva (squat). In entrambi i casi ne deriva un senso di libertà e di distanza, perché tanto la spiaggia sia lontana dal centro città, così lo squat è distante dallo stile del design alberghiero e quindi lo si può descrivere come una destinazione socialmente esotica. Il progetto indaga le diverse possibilità con cui una struttura modulare, multipiano curvilinea può diventare un albergo funzionale mantenendo il suo fantastico aspetto allucinatorio. Il progetto è presentato in due filmati di 12 minuti: nel primo, l’albergo è presentato come un normale hotel abitato con arredi di design che assomigliano ad accessori da spiaggia insieme a graffiti di ispirazione squat. Nel secondo filmato, l’albergo passa attraverso una trasformazione graduale da struttura vuota di cemento a luogo dove la gente pian piano arriva, sceglie l’arredo e anche pezzi di stanze da alcuni mucchi appositamente preparati e lo abita in un’esperienza socialmente ed esteticamente arricchita, una un mare di cemento creato dalla fantasia in mezzo a un deserto surreale. Hotel Blue Wave è stato esposto alla MU Foundation di Eindhoven e alla mostra “Invisible Hotel” alla Fondazione Deste di Atene (l’Arca 211). Andreas Angelidakis, 2005
The Blue Wave is a concrete beach, a modular construction method, a system for habitation. A building made for walking and talking, a place to spend a few moments or a few days. The Blue Wave is a chatroom, an urban beach, a home and a hotel. The Hotel Blue Wave examines the controlled experience of life in a hotel as an artificial home versus the freedom of making your temporary home in the natural environment. The Blue Wave project was already based on the romantic idea of the abandoned beach as the dream destination, the place that you dream of when you are in front of your computer maybe looking for company in a chat-room and out side the city is burning in the summer heat, and the beach becomes a fata morgana that blurs into the screensaver on your desktop. In the 60s this fata morgana was actually advertised as a society resort, a building where you would go in order to enjoy the beach, to be in nature. Today the idea of the multistory resort is faded and replaced by the deserted beach as the total luxury destination, while a lot of these 60s resorts have been themselves abandoned. It is interesting to compare the deserted beach and the abandoned building because they are spaces where we react in the same way: we choose our favorite spot, put down a blanket and claim it as our temporary home.
On the beach this usually is a home for 1 day and we call it vacation where in an abandoned building it could last longer and it's called a squat. In both cases we get a sense of freedom and a sense of distance because as far as the beach is from the city center, so far is the squat to the world of lifestyle design hotels, so much so that we could describe the squat as a socially exotic destination. The project investigates different possibilities of how this multistory modular curvilinear structure could become a functional hotel while retaining the fantastical aspect of a hallucination. The project is presented in two 12 minute movies; in the first movie the hotel is presented as a regularly inhabited hotel with custom designed furniture that resemble beach accessories together with squat-inspired graffiti. In the second movie the hotel goes through a gradual transformation from an empty concrete frame to a place where people slowly arrive, choose furniture and even room pieces from prepared piles and inhabit the hotel in a socially and aesthetically enriched experience, a fantasy concrete sea in the middle of a surrealist desert. Hotel Blue wave was exhibited in the exhibition of Andreas Angelidakis at MU foundation in Endhoven, as well as Invisible Hotel (l’Arca 211) at the Deste foundation in Athens.
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Uno studio allucinatorio su automobili ed edifici Car Building-A hallucinatory study on cars and buildings
Car Building tratta il tema della città piena di automobili in cui non si riesce a fotografare un edificio senza che vi siano auto davanti. Talvolta, le auto sono accatastate in cima a edifici abbandonati per salvare spazio. Più avanti, le auto saranno rottamate e vendute a pezzi. In questo progetto l’edificio assume forme diverse per contenere le auto, dapprima come una pelle, poi come rimpiazzo della struttura stessa. Andreas Angelidakis 2005
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Car Building is about a city full of cars, where a building cannot be photographed without cars at its feet. Sometimes cars are stacked on top of abandoned buildings to save space. Later on, these cars will be dismantled and sold as parts. In this project the building takes on different forms to digest the cars, first as a new skin, then as a replaced structure.
212 l’ARCA 35
Animated Ricerca sulle possibilità di un edificio animato A research into the possibility of an animated building
Animated è un iper-edificio ibrido derivato concettualmente da una fabbrica degli anni Cinquanta nel centro di Atene che sta per essere convertita nel Museo Nazionale di Arte Contemporanea. Oggigiorno questa è una procedura standard, ma è iniziata negli anni Settanta quando gli artisti che vivevano nei loft cominciarono a realizzare installazioni artistiche di grande scala che necessitavano gli spazi offerti dalle fabbriche. I musei seguirono tale pratica e iniziarono a collocare le loro collezioni in spazi industriali ristrutturati a tale scopo, che erano simili ai loft degli artisti, ma più grandi. Da questa similitudine è nato il Centro d’Arte, un incrocio tra i loft degli artisti e il museo, un luogo dove gli artisti potevano anche produrre le loro opere. Se la generazione degli artisti contemporanei utilizza il computer come studio, dove va a finire lo spazio artistico industriale? Il tipico spazio museale seguirà ancora una volta la pratica artistica trasformandosi in un laptop? Diventerà un sito web dove ogni opera è presentata in riproduzione? O forse la città ha bisogno di una nuova tipologia di museo? Attraverso un processo di trasformazione, proponiamo un edificio che all’inizio è formalmente animato, un nuovo museo digitale fatto di dati che fluiscono nell’aria, una nube di programmi costantemente in movimento. Nel tentare di restringere questa nube di dati nel luogo specifico della Fabbrica Fix, l’edificio inizia a sviluppare una forma. Sebbene si sia già deciso che il museo sarà realizzato in un luogo esatto, all’ingresso meridionale di Atene, tra due viali, il sito stesso sembra suggerire la necessità di un enorme parcheggio che serva anche l’adiacente stazione della metropolitana e il deposito degli autobus. Scambiando il museo col parcheggio, l’intera infrastruttura di Atene beneficerebbe di una riduzione del traffico, ma il luogo sembra suggerire la necessità di un gesto più ardito, che riesca a echeggiare il modo con cui la Fabbrica Fix invase Atene negli anni Sessanta. Allo stesso tempo, se si immagina di rimuovere completamente la fabbrica dal suo sito, lo spazio risulterebbe ideale per un grande parco urbano, poiché l’area avrebbe veramente bisogno di spazi aperti. La proposta diventa dunque la seguente: i tre programmi sono combinati in un iper-edificio ibrido che si svilupperà per incorporare molte diverse funzioni. L’edificio diventerà un museo, animato da un parcheggio, combinato con un parco urbano multilivello: un multiplex in movimento. Andreas Angelidakis, 2005
36 l’ARCA 212
Animated is a hybrid hyper building conceptually derived from an existing 1950s factory in downtown Athens about to be converted into a National Museum of Contemporary Art. Converting a factory into a museum is today a standard procedure. It started in the 1970s when artists living in lofts started making large scale installation art that needed the kinds of spaces factories could provide. The museums followed the practice of the artists and started housing their collection in refurbished industrial spaces similar to the artists' lofts, only bigger. Out of this similarity grew the art center, a crossbreed between the artists loft and the museum, a place where artists produced works as if it where their loft. If today's new generation of artists use their computer as their studio, where does that leave the post industrial art space? Will the typical museum space once again follow the artistic practice and become a laptop? Will it become a website where everything is presented in reproduction? Or does the city need a new typology for the museum? Through a process of transformation we propose a building that is at first formally animated, a new digital museum made of data that flows through the air, a constantly moving cloud of programs. As we attempt to restrict this cloud of data to the specific site of the Fix factory, the building starts to develop a form. Though it has already been decided that the museum will be located on this site located exactly on the southern entrance to Athens between two avenues, the site itself seems to suggest the need for a giant parking lot that would service the underlying metro station and the bus depot that the museum has to share space with. By exchanging the museum with a parking space, the entire infrastructure of Athens would benefit from a reduction of traffic, yet the site seems to suggest that a more heroic gesture is required, one that perhaps echoes the way the Fix factory invaded Athens in the 1960s. At the same time, if one imagined the factory completely removed from the site, the space would be ideal for an urban park, as the area is very much in need of open space. The proposal is transformed thus: the three programs are combined into a hybrid hyper building that will develop further to include many more adjunct functions. The building will become a museum, animated by a parking garage combined with a multistory urban park, a multiplex in motion.
212 l’ARCA 37
Alberto Rizzi
Credits Project: Alberto Rizzi Collaborators and Models: Luca Gibello, Filippo Chiocchetti, Mara Grisoglio, Alessandro Vespa, Francesca Frigato, Paolo Strobino, Felice Soragna Consultants:
Revival a Palazzo
Orio Delpiano (structures), Lorenzo Barbera foreproofing systems), Astec (metal structures and cladding - Dosson di Casier-TV), Targetti/Piergiorgio Cane (Lighting) General Contractors: Valleverde, Lasimon Metal Works: Officina Claudio Sola,
Officina Bellini Exterior Cladding: Verdi Alpi (marble walls), Gario Giorgio (copper sheets supplied by Unimetal), Schüco (facade systems), Alcoa (frameworks), Azzimonti (glasses), Mottura (shading), Primat (special adobes), Ponti Alberto (wall painting)
Lighting Systems: Simes (exterior), Belux, Kreon (interiors) External Floors: Morina (Lucerna Stone), Uglietti (Porfido), M.E.G.A. (Carrara Marble) Internal Floors: Fussboden, Uglietti False Ceilings: Grimaldi Simone (with Rigips systems)
Doors: R.E. di BOF Paolo Lifts: Dama Ascensori Climatisation: Autotecnica (Daikin systems) Security and Electrical Plants: Faiella Massimo (Bentel, Aritec, BTicino) Furniture Systems: Caimi, Max Design
Roofing: S.A.L.L. Stampaggio Lamiere Waterproofing and Insulation: Ediltecna (with Polyglas and Firestone products) Radiant Heating Floor Panels: Giacomini Client: Lasimon
Alberto Rizzi
Palazzo Boglietti, Biella Nelle pagine successive, a sinistra dal basso, piante del primo e secondo piano e planimetria generale; a destra dal basso, piante del terzo e quarto piano e sezione longitudinale; vista esterna di Palazzo Boglietti a Biella, che ospiterà attività culturali, multimediali e per la promozione e la riqualificazione turistica della città.
38 l’ARCA 212
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li adepti attardatisi come statue di sale a riflettere l’architettura nella tipologia inorridiranno forse a sentir definire palazzo un edificio simile, eppure di palazzo si tratta – per quanto de-strutturato possa essere o sembrare – proprio a conferma di quelle nozioni per l’appunto tipologico-morfologiche, un tempo onnipotenti, al cui cospetto, eventualmente eretico, Palazzo Boglietti sta. Espressione edificatoria delle legittime ambizioni di una famiglia capace di investire nel patrimonio edilizio, fino a desiderare di iscriversi nella toponomastica urbana, sullo stesso terreno aziendale – teatro di giochi d’infanzia e progressive fortune–, per offrire alla comunità una sede appropriata alla necessaria auto-coscienza culturale. In frangenti che vedono Biella, una delle capitali italiane del settore tessile, assediata dall’export colossale di Cina e India, bisognosa di un rilancio produttivo che raccolga l’improba sfida. Dunque a questo Palazzo non mancherebbero né il mecenatismo della committenza né farebbero difetto i nobili intenti. Sembianze e fattezze sono ottenute col piglio di un trans-genetista, applicatosi risolutamente sul corpo dell’opera wrightiana per riesumarne delle parti in vista di un nuovo assemblaggio e un’esistenza ulteriore. Quasi che le opere corrispondenti a queste stesse parti fossero da considerarsi cellule staminali o invenzioni assolute, comunque vitali, fuori dal tempo e dallo spazio, aliene in un certo senso – come in effetti risultano –. Per Bruno Zevi il circolo di vacanze Huntington Hartford a Hollywood – “fantastica struttura a calotte plurime erta sulla sommità di una collina” – progettato da Frank Lloyd Wright nel 1947, era profeticamente mezzo secolo più avanti; nell’assumerne, ormai trascorso il 2000, l’impeto costruttivo si darebbe prova dell’altrui lungimiranza ma, ancora più sorprendentemente, di una propria libertà di ispirazione. L’originalità dei contemporanei sarebbe tenuta in serbo dalle pieghe più recenti della storia. Divaghiamo: Wright per Gio Ponti è un genio barbaro (1957); ad ammetterne il giudizio temerario non sembra di poter riconoscere qualcosa di barbarico anche in questo edificio?
Come si fosse davvero alle prese con un carattere ereditario? Il lavoro del maestro usoniano emana forza prodigiosa e corrispondente coraggio; sarà stata la grazia a far difetto? Barbaro si oppone a civiltà, forse a quei disegni intesi come manifestazione delle buone maniere, dispensati sontuosamente da Ponti per una vita; sarebbe prerogativa pertinente alla brutalità costitutiva che spetta alle opere predestinate per volontà o ingegno, apparse alla mente ex-abrupto, create ex-nhilo; in cui un’ineludibile autenticità dei gesti – magari clamorosi – non può che imporsi a qualsivoglia politesse. Il progetto di Alberto Rizzi che vede ora la luce risale ai primi anni Novanta e propende per una composizione d’insieme concitata, intenzionalmente sopra le righe: i grandi vassoi di cemento armato sono sostenuti da pilastri obliqui, l’articolazione degli elementi si compie per intersezioni macroscopiche, in modo che dal reciproco contrapporsi delle parti l’edificio possa trarre il pathos figurativo auspicato. Considerato che Palazzo deve essere, il corredo materiale impiegato è significante di per sé, contempla la potenziale magnificenza di pietre e metalli: i vassoi in cemento armato si incastrano nelle pareti di uno zoccolo idealmente roccioso, rivestito in un marmo brecciato come il verde Alpi, la scala è a monoliti di bianco Carrara, i principali muri interni sono foderati con lastre di quarzite norvegese, i pavimenti di rappresentanza legano con l’ottone dei marmi policromi; alluminio in rosso per i serramenti, acciaio inox per il corrimano, rame trattato perché non ossidi su cupole e torre dell’ascensore. Per l’atrio di ingresso si è voluto ricorrere a un impianto funghiforme memore della grande sala degli edifici della S. C. Johnson & Son Administration, costruiti da Wright a Racine nel Wisconsin tra il 1936 e il 1939, qui riflesso nelle volute dei mosaici nei marmi anche esotici. Il giudizio si scopre imbarazzato a constatare come possano rivelarsi simultanei singolarità dell’edificio e revival. Decio Guardigli
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he experts, stuck like pillars of salt left reflecting on architecture as typology, will most likely be horrified at hearing this kind of building described as a palazzo, but a “palazzo” it is – however de-structured it might be or seem – confirming those notions (typological-morphological is indeed the right expression), once so omnipotent, in whose possibly heretical sight Palazzo Boglietti stands. A structural embodiment of the legitimate aspirations of a family capable of investing in property (to such an extent as to strive to be inscribed in the urban toponymy) on the same corporate terrain, where they used to play as children and then made their fortune, so as to provide the community with a fitting home for its necessary cultural self-consciousness. At a time when Biella, one of Italy’s leading cities in the textiles industry, is under siege from China’s and India’s colossal exports. The city is badly in need of fresh production impetus capable of taking on this rather unlikely challenge. So this Palazzo would be both noble in intent and under the safe patronage of its clients. Its traits and features seem to be the work of a trans-geneticist, applying himself with great decision to analysing Wright’s body of work, ready to use some of its parts to create a fresh assemblage and new existence. Almost as if the works corresponding to these very parts were to be treated like staminal cells or absolute inventions, vital in nature and out of space and time, in some sense even alien – as they indeed turn out to be. For Bruno Zevi the Huntington Harford Holiday Club in Hollywood – “fantastic structure with multiple caps set on the top of a hill” – designed by Frank Lloyd Wright in 1947 was half-a-century ahead of its time; taking on its structural impetus, now in the third millennium, is proof of somebody else’s farsightedness and, more surprisingly, of their own free aspirations. The originality of our contemporaries is allegedly stored away in the more recent folds of history. Let’s digress: according to Gio Ponti, Wright is a barbaric genius (1957); if we accept this rather bold view might not we be able to see something barbaric in this building, too?
As if we were really coming to grips with some sort of hereditary characteristic? The master’s work gives off a sense of prodigious strength and corresponding bravery; but was it lacking in grace, perhaps? A barbarian is opposed to civility and perhaps to those designs which were supposed to display the good manners that Ponti so sumptuously doled out for a lifetime; this would be the quite pertinent prerogative of that constitutive brutality inevitably characterising works which are predestined (either by will or sheer genius), that suddenly come to mind or are just created from nothing, where the inescapable authenticity of the (possibly striking) gestures involved is bound to overwhelm any politeness. Alberto Rizzi’s project, which is now seeing the light of day, actually dates back to the early-1990s and tends to be rather wild in its overall composition, deliberately overstated: the huge reinforced concrete tanks are held up by slanting columns, the layout of elements takes the form of macroscopic intersections, so that the building can draw the desired figurative pathos from the way the parts are reciprocally opposed to each other. Considering that it is indeed a Palazzo, the materials used are significant in their own right, drawing for instance on the potential majesty of stones and metals: the reinforce concrete trays slot into the walls of some ideally rocky block, clad with breached marble like the greenery of the Alps, the stairs are made of blocks of white Carrara marble, the main inner walls are padded with sheets of Norwegian quartzite, the floors in the reception area match the brass of the polychrome marbles; then there is the red aluminium for the fixtures, stainless steel for the banisters, and copper specially treated so that it does not oxidise on the domes and lift shafts. It was decided to design the hall in a mushroom shape reminiscent of the grand hall in the S. C. Johnson & Son Administration buildings that Wright built in Racine between 1936-1939, here reflected in the volutes of the mosaics (some exotic) on the marble work. It is interesting to note that the building simultaneously shows signs of revival in distinctly singular forms.
Following pages, left from bottom, plans of first and second floor and site plan; right from bottom, plans of third and fourth floor and longitudinal section; outside view of Palazzo Boglietti in Biella, which will host cultural and multimedia events for promoting and redeveloping the city for tourist purposes.
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Costantino Merlini
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212 l’ARCA 43
Nelle pagine precedenti e in queste, viste di Palazzo Boglietti, la cui insolita articolazione di volumi, distribuiti su tre livelli fuori terra, un mezzanino, un terrazzo belvedere in
44 l’ARCA 212
copertura e un piano interrato, è giocata sulla concatenazione di tre catini in cemento armato sorretti da un sistema di pilastri obliqui. L’edificio sintetizza gli elementi della natura – terra, acqua, aria e
luce – coniugandoli alle forme dell’ingegno umano come la piramide rovesciata e la torre assimilata al cassero di una nave o al fuso simbolo delle filature, caratteristiche di Biella.
Previous pages and these pages, views of Palazzo Boglietti, whose unusual structural layout set over three over-ground levels, a mezzanine, an observation deck on the roof and an underground level,
plays on a sequence of three reinforced concrete chains held up by a system of slanting columns. The building embodies the natural elements – earth, water, air and light – matching them with the forms of
human ingenuity, such as the inverted pyramid and tower reminiscent of the quarterdeck of a ship or the forged symbol of Biella’s characteristic spinning industry.
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Brenac Gonzalez
Edificio 270
In Aubervilliers
A
Credits Project: Brenac et Gonzalez Project Manager: Jean Pierre Lévêque Work Site Manager: Meunier, C2L/Philippe Boitelet Environmental Quality: Thor Ingenierie Structure: Scyna 4 Facades: Van Santen et Associés Fluids: Ingeni Lighting: Grandeur Nature/François Migeon Graphics: Grapheine Economist: Cabinet Pigeon Quantity Surveyor: Veritas Sanitation: Acquarism Main Contractors: Sprimoglass Alcan MB France Polyuréthane+Isoklincker Halton Philips Savio Amstrong Targetti Granitifiandre Franke/Duravit Zucchetti/Franke Granito Macaranduba Echame Oberflex/Print St Gobain/Vanceva Optectron Forum Diffusion Client: ICADE EMGP/Frank Hovorka Assistant: ICADE TERTIAL/Caroline Delgado
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rchitettura quotidiana, di tutti i giorni. Qualcosa che ha a che fare con la libertà di essere semplici. Amare il mestiere senza formule precostituite. Tanti dubbi, tanta riflessione in venti anni di lavoro. Olivier Brenac e Xavier Gonzalez ci mostrano architetture pensate ogni volta ex-novo, senza ricette pronte. La loro dichiarazione di indipendenza è fatta innanzitutto di distacco. Distacco dal dogmatismo per riscoprire l’emozione, il piacere, la sorpresa dell’architettura. Distacco dallo star system mediatico, che impone di comunicare una calligrafia, più che un progetto. Tutto questo si vede scorrendo il curriculum, fatto soprattutto di tante opere realizzate. Un continuum di buon lavoro, senza picchi espressivi fini a se stessi, ma un coscienzioso, serio lavoro sull’architettura. Il linguaggio del Moderno perde la sua arroganza e cerca la sua quotidianità. “Everyday Architecture”, la chiamano loro. Così come si indossa il vestito da sera per una speciale occasione, così c’è il vestito di buon taglio per tutti i giorni, l’abito feriale. Architetture che vogliono essere abitate per confrontarsi con le persone. Smantellare l’apparato delle certezze teoriche e lavorare sul concreto della costruzione: questo è un lavoro molto duro, fatto di autoanalisi e di volontario riduzionismo. Nel caso dell’edificio 270 a Aubervilliers lo sforzo progettuale è diretto in una duplice direzione: dare qualità all’immagine architettonica (senza per questo dare inutile spettacolo), ma, sopratutto creare un ambiente di elevata qualità ecologica. Partiamo da questo ultimo punto. L’edificio 270 ha ottenuto una certificazione di qualità ambientale che riguarda tutte le sfaccettature possibili e immaginabili del confort edilizio: si va dall’armonia della costruzione con l’ambiente circostante, fino alla scelta di tutti i materiali da costruzione che devono rispettare le norme di qualità più restrittive. La costruzione è garantita dal punto di vista della
gestione corretta dell’acqua, dell’energia, della riduzione del rumore di cantiere, del confort igrotermico, acustico, visivo, olfattivo; insomma non c’è aspetto che non venga considerato per rendere l’architettura “ecologically correct”! Oltretutto il budget è stato controllato, con un costo al metro quadrato di 1.500 euro. Tutti questi fattori rendono l’edificio un prototipo di buona cura del costruire. Inoltre tutti i materiali hanno un loro “quaderno sanitario”, che garantisce l’assenza di tossicità per l’uomo e gli utilizzatori possono in qualunque momento regolare luce, calore, ventilazione con un telecomando. Sembrerebbe un elenco burocratico di virtù questo progetto, mentre invece l’aspetto esteriore è quello di freschezza, leggerezza, ritmo e movimento. Il corpo trapezoidale dell’edificio in mattoni si inserisce perfettamente nell’ambiente dei Magazzini Generali di Aubervilliers, depositi parigini del XIX secolo, ma con una nota in più. La tessitura delle finestrature vibra in sintonia con la luce, giocando sullo spessore delle sporgenze. Sembrano i tasti di un pianoforte durante una sonata: alcuni premuti, alcuni no, sembra che tutto si muova sul fronte del prisma. L’interno delle finestrature è colorato in tinte primarie, che sdrammatizzano la facciata giocando con la luce colorata. Questo effetto lo rende spettacolare nelle ore notturne, ma è anche ben percepibile all’interno. L’immagine risultante è sicuramente spiazzante rispetto a quella dei seriosi depositi circostanti. Brenac e Gonzalez dimostrano come la forza di una semplice idea ben sviluppata, una facciata ritmata, possa dare vita a un progetto: 8.400 metri quadrati di uffici, più varie attività al piano terra per 1.000 metri quadrati comunicano una immagine efficace senza essere pretenziosa. L’arte della discrezione, senza grandeur intellettuale. Un nuovo pragmatismo francese? Stefano Pavarini
Nella pagina a fianco, schema di sviluppo delle facciate, pianta con la distribuzione dei colori per facciata e, qui sopra e a fianco, tavole sinottiche delle combinazioni cromatiche studiate per l’involucro dell’edificio per uffici 270 a Aubervilliers, comune a nord-est di Parigi. Le facciate in mattoni isolanti sono infatti vivacizzate dalle forature a dimensione variabile delle finestre disposte in modo aleatorio, valorizzate dall’uso di 12 colori in relazione all’orientamento. I cambiamenti di percezione sono favoriti dall’irregolarità degli aggetti che con gli effetti cromatici danno origine a una sorta di architettura cinetica.
Opposite page, diagram of how the facades have been developed, plan showing colour scheme in relation to the facade above and right, synoptic tables of the colour schemes studied for the 270 office building in Aubervilliers, a borough to the northeast of Paris. The facades made of insulating bricks are livened up by the holes of varying size in the windows set out randomly and enhanced by the use of 12 colours depending on the direction they face. The changes in perception are accentuated by the irregular pattern of overhangs, as the colour effects give rise to a sort of kinetic architecture.
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Planimetria generale e particolari costruttivi del sistema di facciata. Nella pagina a fianco, la scenografica immagine dell’edificio che di notte acquista una particolare dimensione poetica. Il progetto dell’edificio è stato concepito in risposta alle esigenze di sviluppo sostenibile.
Luc Boegly
Site plan and construction details of the façade system. Opposite page, the building’s striking image is particularly effective at nighttime. The building project is designed to cater for sustainable development requirements.
E
veryday architecture. Something connected with the freedom involved in keeping it simple. Loving the trade free from pre-concocted formulas. Lots of doubts and all the experience coming from a twenty-year career. Olivier Brenac and Xavier Gonzalez always design original architecture, created from scratch with no set recipes. They avow their independency, first and foremost, through their detachment. Detachment from dogmatism in order to rediscover the pleasure, emotion and surprise in architecture. Detachment from the media star system, which calls for signature names more than fine design. All this can be seen by casting an eye at their curriculum and the long list of works they have actually built. A curriculum of fine works without any stylistic heights achieved for their own sake, just conscientious serious architectural design. The language of the Modern Movement loses its arrogance and strives to express itself through “Everyday Architecture”, as they call it. Just as it garbs itself in evening dress for a special occasion, it likewise puts on a well-fitting suit for everyday life or causal attire for the weekends and holidays. And of course casual does not mean shabby. Works of architecture to be inhabited, ready for confronting people. Breaking down the apparatus of theoretical certainties to work on the concrete business of building: that means a lot of hard work based around self-analysis and deliberate reductionism. In the case of building 270 in Aubervilliers, the design works in two directions: enhancing the architectural image (without, however, putting on a meaningless show), but, above all, creating a high-quality eco-friendly environment. Let’s begin with this final point. Building 270 has received ecocertification for every imaginable and possible aspect of building comfort: ranging from the harmonious way it is constructed in its setting to the choice of all the building materials, which comply to the most stringent quality standards. The building is guaranteed in terms of the proper management of water, energy, constrained build-site noise levels, and hygrothermal/sound/visual/olfactory comfort; in other words, every single aspect has been taken into account to make the architecture “ecologically correct”! Most significantly, the budget has been kept down to 1500 Euros per square metre. All these factors make the building a prototype for careful building. Further still, all the materials have undergone a “health check” to guarantee they are non-toxic to people, so that users can adjust the lighting, heating and air-conditioning whenever they want using a remote control. The project looks like a bureaucratic list of virtues, while, on the other hand, the outside appearance is fresh, light, rhythm and motion. The trapezoid-shaped main brick construction knits perfectly into all the 19th-century warehouses in this neighbourhood of Aubervilliers, but with an added touch. The pattern of windows vibrates in harmony with the light, playing on the scale of the projections. They look like the keys on a piano during a sonata: some pressed down, others left up. It seems as if everything is moving across the front of the prism. The inside of the windows is made of primary colours, which tone down the façade by drawing on the coloured light. This effect make sit look spectacular at night, but also clearly visible on the inside. The effect is certainly disconcerting in relation to the rather straight-laced surrounding warehouses, which look at the new building like elderly housewives might study a young girl in a miniskirt. Brenac and Gonzalez show how a simple but well developed idea like a carefully patterned façade can liven up an entire project: 8400 square metres of office space, plus various other facilities on the 1000-square-metre ground floor area, convey a striking but unpretentious image. The art of being discrete without resorting to intellectual grandeur. Might this be a new brand of French pragmatism? Stefano Pavarini
48 l’ARCA 212
212 l’ARCA 49
Xavier Testelin Gaston
Luc Boegly
Gaston
Luc Boegly
Luc Boegly
Luc Boegly
50 l’ARCA 212
Xavier Testelin
Above, detail of the north façade; left, from bottom, plan of the ground floor and of a standard floor; right, section and southwest elevation. Opposite page, details of the façade design and layout of windows and interior spaces, which gain their originality from a random system of fixtures in the façade.
Xavier Testelin
Sopra, particolare della facciata nord; a sinistra dal basso pianta del piano terreno e del piano tipo, a destra sezione e facciata sud-ovest. Nella pagina a fianco, particolari della soluzione di facciata e con il sistema di finestrature, e degli spazi interni che acquistano una loro particolare individuazione grazie allo sviluppo aleatorio dei serramenti in facciata.
212 l’ARCA 51
Antonio Pio Saracino, Steve E. Blatz architetti, ArchLAB
Antonio Pio Saracino, Steve E. Blatz architetti, ArchLAB
Il volto
Cocoon House / NYC
G
iustamente Antonio Pio Saracino e Steve E. Blatz – il primo italiano, laureato all’Università di Valle Giulia, autore di numerosi progetti di concorso degni di attenzione, il secondo statunitense – attivi entrambi non solo in architettura, ma nel design di arredi avvolti da un’aurea di sensibilità, hanno chiamato l’opera in questione “bozzolo”. Ovvero involucro protettivo che evoca l’attività prodotta dal baco da seta, ma anche il nodo, l’ammasso che si forma nei filati. Infatti l’immagine del prospetto affacciato sulla strada di questa sorta di cellula abitativa compressa tra edifici preesistenti, quasi una casa a torre con i due lati incollati all’esistente, sembra un guscio morbido, sensibile, pronto a captare gli umori dei residenti e a trasmetterli all’esterno in un gioco di scambio e comunicazione tra la strada, la città e l’abitazione. I progettisti constatano, come scrivono nella nota di presentazione, che “lo spazio privato, tradizionalmente filtrato dagli spazi pubblici attraverso caratteristiche fisiche e materiali, oggi, sembra essere filtrato da qualità immateriali”. In questo modo “la tecnologia diviene il filtro tra la vita privata e quella sociale. Le relazioni tra il paesaggio della casa e quello della città sono diventate interattive. La dimensione privata della casa contemporanea, filtrate dalla tecnologia, si apre verso la ‘città globale’”. Indubbiamente il sistema dei media e le tecnologie legate all’informatica ci hanno permesso di connettere l’abitazione alla città, o meglio al mondo intero e ci comunicano quindi una diversa percezione del tempo e dello spazio che è distante anni luce da quella che potevano avere le generazioni che ci hanno preceduto. Ciò che è avvenuto con l’avvento della società post-industriale e i suoi effetti sulla vita di tutti i giorni non può essere ignorato o sottovalutato dall’architettura e dal design. Ed è proprio in questa logica che la casa diviene un organismo vivente che si dischiude come da un “bozzolo”, scaturito da una tensione interna che si impatta con quelle esterne della città. Agli albori del Movimento Moderno l’abitazione viene pensata da Le Corbusier come una “macchina per abitare”. Cocoon House testimonia il desiderio – espresso dal cinema prima di altri media – di rendere sensibili le macchine che caratterizzano il mondo contemporaneo. A riprova di ciò è proprio la facciata, il volto dell’abitazione, stimolato dall’applicazione degli effetti che si stabiliscono grazie a pressioni e depressioni su tutta la superficie. La pelle dell’edificio è stata da sempre interpretata come una membrana, un filtro, una soglia che definisce i confini tra gli spazi pubblici e quelli privati. Qui la pelle è composta da una rete metallica elastica, con flessibilità articolate in tre dimensioni nello spazio, che si impatta e aderisce ad alcune parti in vetro. Questa sorta di schermo flessibile media gli spazi interni e quelli esterni e soprattutto crea una tensione dinamica e una consapevolezza critica simile a quella che scaturisce da una nuova vita che emerge dal “bozzolo”. Il progetto in questione testimonia quindi come l’architettura del tempo presente sia alla ricerca di una nuova estetica capace di interagire sui diversi sensi e indurre chi abita questi luoghi a ripensare se stesso in rapporto al tempo, allo spazio e all’informazione. Mario Pisani
52 l’ARCA 212
A
ntonio Pio Saracino and Steve E. Blatz – the former an Italian graduate from Valle Giulia with a thesis published in L’Arca, who has already designed plenty of interesting competition projects, the latter an American architect – both working not only on architecture but also furniture design with a really conscientious aura to it, have rightly opted to call their project a cocoon. Or, in other words, a protective shell evoking the work carried out by a silk worm, but also the nodule or mass formed by the threads themselves. In actual fact, the image of the elevation of this sort of living shell facing onto the road, set between old buildings, almost a tower-house with either side stuck onto the existing buildings, is like a soft, sensitive shell ready to capture the inhabitants’ moods and convey them to the outside in an interplay of exchange and communication between the road, city and house. As they have written in the introductory notes, the architects claim that “private space is traditionally filtered through public spaces by means of physical-material features, nowadays it seems to be filtered by immaterial properties”. In this way “technology becomes the filter between private and social life. Relations between the housescape and cityscape have turned interactive. The private domain of the modern-day home, filtered through technology, opens up to the ‘global city’”. The media system and computer-related technology have enabled us to link the house to the city or, more accurately, the entire world, so that we are now conveyed a different sense of space and time, which is light years away from how previous generations perceived them. Architecture and design cannot ignore what has happened through the advent of post-industrial society and its effects on everyday life. And it is in this respect that the house turns into a living organism, which opens up like a “cocoon”, triggered off by internal tension impacting with external tension from the city. At the dawning of the Modern Movement, Le Corbusier designed the home to be “machine for living in”. Cocoon House is evidence of a desire – first expressed by the film industry before other media – to make the machines characterising the modern-day world more sensitive. This is further underlined by the façade, the house’s face, which is enhanced by applying effects stabilised by pressure and depressions all over its surface. A building’s skin has always be treated like a membrane or filter, a threshold marking the boundaries between public and private spaces. Here the skin is composed of an elastic metal mesh, flexibly articulated through three dimensions in space, which impacts with and adheres to some glass sections. This sort of flexible screen mediates between the interior and exterior spaces and, most significantly, creates a kind of dynamic tension and critical awareness similar to that triggered off by new life emerging from its cocoon. The project in question shows how present-day architecture is searching for new aesthetics capable of interacting with the various senses and encouraging its inhabitants to rethink themselves in relation to space, time and information.
Prospetto principale della Cocoon House a New York. Nelle pagine successive, rendering degli ambienti interni, sezione longitudinale e pianta di un appartamento tipo. Nella Cocoon House ogni appartamento proietta se stesso nella città in modo da influenzare l’intera superficie della pelle dell’edificio, creando una tensione visuale sull’intera facciata. Ogni punto della facciata è stimolato dalla moltiplicazione degli effetti e relazioni delle pressioni e depressioni su tutta la superficie. La pelle usata in questo progetto è composta di una rete metallica elastica con flessibilità in 3D nello spazio, che si giustappone contro una facciata rigida in vetro. Main facade of the Cocoon House in New York. Following pages, renderings of the interiors, longitudinal section and floor plan of a typical apartment. In the Cocoon House each apartment projects itself into the city in a manner that affects the entire surface of the building skin creating a visual tension upon the building façade. Each point of the façade is stimulated by the multiplying effects of surface projections and indentations and their relation to one another. The skin used in this project is comprised of an elastic metal mesh with 3D flexibility in space that is juxtaposed against a rigid glass façade.
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54 l’ARCA 212
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Samyn and Partners Studio Valle Buro Happold
Credits Project Team: Samyn and Partners, Studio Valle Progettazioni – architects, Buro Happold/Nick Nelson - engineers Principal Team Members: Piera Bisignani (director), Alessandro Amoroso, Massimiliano Celani, Marco Garofalo, Carlo Marani, Marta Scuncio, Paolo Vacatello, (Studio Valle Progettazioni), Benedetto Calcagno (partner in charge), Federica de Costanzo, Ronny Fichant, Hayriye Öztürk, Anne Remue, Ruben Van Colenberghe, Kay Verkaik, (Samyn and Partners). Bo Ascot (project leader), Hazel Dalton, Neil Fletcher, Neil Francis, Mick Green, Bob Holmwood, Gavin Jones, (Buro Happold)
56 l’ARCA 212
Segno e contrasto
Council of Europe HQ, Brussels
F
arà bella mostra di sé in rue de la Loi, a Bruxelles, a partire dal 2012. È un’immensa “giara” ingabbiata, di pirandelliana memoria, e rappresenta l’elemento significante, il segno forte, del progetto per l’ampliamento della sede del Consiglio Europeo ideato da Samyn and Partners con l’inglese Buro Happold e con Studio Valle Progettazioni. L’architetto romano Tommaso Valle e i suoi soci di cordata, infatti, si sono aggiudicati il concorso internazionale indetto nel 2004 dal Consiglio dell’Unione Europea. La progettazione, il coordinamento e l’assistenza alla realizzazione dell’opera vengono definite da un contratto fra il team vincente e la Régie des bâtiments de l’État belge ovvero l’ente belga per l’edilizia. Un’opera che dovrebbe essere ultimata nel giro di sei anni. Scopo dell’intervento: ampliare un complesso realizzato negli Anni Venti dall’architetto svizzero Michel Polak con lo scopo di sviluppare un’area confinante con il centro città. Dopo un breve utilizzo commerciale, gli edifici vennero adibiti a uffici e, alla fine degli Anni Sessanta, fu inserita una nuova sezione. Ci si trovava dunque di fronte a un complesso agglomerato di rifusioni edilizie, ma anche a facciate storiche e a un corridoio centrale di distribuzione, vincolati e dunque da tutelare. Il Residence Palace, questo il nome del complesso presistente, comprende circa 40.000 metri quadrati fuori terra e 30.000 interrati mentre il nuovo intervento avrà un superficie di 46.900 metri quadrati e un interrato di 15.900 (12 piani), per un budget di circa
160 milioni di euro. Il progetto è organizzato, visivamente, su tre blocchi: due estremamente materici, pesanti, uno in primo piano sul fronte strada principale e il secondo, emergente, alle sue spalle, che ricorda un po’ la torre del Teatro Carlo Felice di Genova, quella di Aldo Rossi e Ignazio Gardella, realizzato nel 1983 da Mario Valle Engineering. Il terzo elemento è collocato in contrapposizione ai primi due: trasparente, reticolare, leggero, quello contenente “la giara”, o “la pera” come qualcuno l’ha già scherzosamente definita (anche se forse i progettisti hanno pensato più a una sorta di cuore pulsante) che conterrà le nuove sale per le conferenze: un volume – spiegano gli ideatori - “generato dalla rotazione progessiva di una serie di ellissi concentriche” che “brillerà nella notte come un oggetto prezioso all’interno della sua scatola, esaltando, in un gioco di contrasti, il rapporto tra rigore delle facciate esterne e maestosità dell’interno”. L’insieme è guidato da un approccio progettuale conservativo e, al contempo, di valorizzazione dell’esistente, con l’idea di trasmettere un idea “non retorica” dell’Europa in quanto istituzione, un’idea, purtroppo, piuttosto difficile da far digerire all’immaginario collettivo. È proprio per sottolineare questo concetto che i progettisti hanno puntato molto sull’idea di una doppia facciata di finestre “riciclate”, in legno, provenienti da 25 Paesi europei. Come dire: differenti culture saldate, metaforicamente ma anche praticamente, da comuni valori. Michele Bazan Giordano
I
t will be able to show itself off in Rue de la Loi in Brussels as of 2012. It is a huge encaged jar calling to mind Pirandello, but it is also the most distinctive feature, the most striking sign in the project for an extension to the headquarters of the Council of Europe designed by Samyn and Partners in conjunction with the English architect Buro Happold and Studio Valle. The architect Tommaso Valle and his partners won the international competition launched in 2004 by the Council of Europe. The design work, co-ordination operations, and help in constructing the building are all set down in a contract between the winning team and the Beligan Régie des bâtiments de l’État, viz. the Belgian Building Association. A work which ought to be completed within six years. The aim of the project is to extend a complex built in the 1920s by the Swiss architect Michel Polak with a view to developing an area bordering on the city centre. After being used for commercial purposes for a short period, the buildings were converted into offices and a new section was added on in the 1960s. Hence what was left was an intricate agglomeration of adapted buildings and historical facades, and a central corridor protected by special constraints. The Residence Palace, the name of the old complex, encompasses about 40,000 square metres above ground level and 30,000 underground, while the new project will cover 46,900 square metres plus 15,900 below grade (12 floors) for an overall budget of approxi-
mately 160 million Euros. The project is visually organised around three blocks: two of which are very material and heavy, one to the fore along the main road and the second emerging behind it rather reminiscent of the tower of Carlo Felice Theatre in Genoa designed by Aldo Rossi and Ignazio Gardella, built in 1983 by Mario Valle Engineering. The third element counterbalances the first two: transparent, reticular and light, it holds “the jar” or “pear” as somebody jokingly referred to it (although the architectural designers were, perhaps, thinking more of a sort of heart), which will hold the new conference halls: a structure – so the designers have pointed out – “generated by gradually rotating a series of concentric ellipses”, which “shine in the night like a precious object inside a box, drawing on contrasting effects to bring out how the precision of the outside facades relates to the majestic interiors”. The overall composition is guided by a conservative approach to design and, at the same time, an exalting of what is already there, so as to convey a “non-rhetorical” sense of Europe as an institution, an idea which, unfortunately, is rather difficult to pass on to the general public. The architects have focused heavily on the idea of a twin façade of “recycled” windows made of wood from 25 European countries to underline this idea. As if to say: different cultures welded together both metaphorically and practically by shared values.
Nella pagina a fianco, a sinistra, piante del piano terra e del secondo; a destra, piante del quinto e settimo livello della Sede del Consiglio dell’Unione Europea a Bruxelles. Sotto, rendering dell’ampliamento che si aggancia al lato nord-est dell’esistente Residence Palace, realizzato tra il 1922 e il 1927 dallo svizzero Michel Polak. Il nuovo volume è un cubo vetrato dove si inserisce un volume tondeggiante che ospiterà le nuove sale conferenze. Opposite page, left, plans of the ground floor and second level; right, plans of the fifth and seven levels of the project for the Headquarters of the Council of Europe in Brussels. Below, rendering of the extension hooked onto the north-east side of the old Residence Palace built between 1922-1927 by the Swiss architect Michel Polak. The new structure is a glass cube incorporating a roundish structure which will hold the new conference halls.
212 l’ARCA 57
Sopra, esplosi assonometrici e studi per la sicurezza. Nella pagina a fianco, sezioni e particolari costruttivi per la definizione della
struttura. In basso, rendering degli interni del nuovo edificio. La nuova doppia facciata è costituita da un armonico
patchwork di finestre di legno a vetro singolo riciclate (provenienti dalle diverse nazioni europee).
Above, axonometric explosion and safety studies. Opposite page, sections and construction details for determining the
structure. Bottom, renderings of the interiors of the new building. The new double façade is composed of a smooth patchwork
of recycled wooden windows with single sheets of glass (coming from various European nations).
Marco Petreschi, Jean Marc Schivo
Dal 1987 a oggi
Valle Giulia Faculty of Architecture, Rome
Q
uesto progetto ha una lunga e tormentata storia. Vede la luce nel 1987 in occasione del concorso per l’ampliamento della facoltà di Valle Giulia. Per l’occasione il gruppo di cui Petreschi fa parte presenta un lavoro che risolve finalmente il problema di inserimento della Facoltà di architettura nel contesto circostante, aprendola, oltre che verso la Valle delle Accademie, anche verso via Bruno Buozzi, una importante strada con la quale non si capisce perché l’esistente complesso non dialoga. Ispirato all’architettura inglese degli anni Settanta – penso soprattutto a Lasdum – ma non privo di altri puntuali riferimenti, il progetto evita la realizzazione di un edificio contrapposto agli esistenti per proporre invece una opera di landscape-architecture con una riuscita sequenza di terrazzamenti in cui si alternano robuste masse murarie con zone destinate a verde, garantendo in questo modo agli studenti, oltre che le superfici utili – parcheggi interrati compresi – previste dal bando, anche un riuscito spazio all’aperto. Siamo però in tempi di post-modern e il progetto è troppo asciutto per vincere: il primo premio va al gruppo capitanato da Francesco Cellini che presenta un lavoro a mio parere funzionalmente meno interessante, ma formalmente più vicino al gusto del momento. Come succede per molti, troppi, concorsi in Italia, la competizione non ha un concreto seguito, e i problemi di crescita della facoltà vengono rimandati sine die. E’ con gli anni 2000 che il problema dell’inadeguatezza della struttura si presenta in una nuova luce: la vecchia e, per certi versi, gloriosa facoltà si divide in due e la prima, Valle Giulia, deve cedere alla seconda, la Ludovico Quaroni, gli edifici aggiuntivi acquisiti nel tempo e localizzati, senza apparente logica, in varie zone centrali della città. Per non scoppiare, anche a seguito del successo di alcuni nuovi corsi di studio, tra cui quello particolarmente frequentato di Architettura degli Interni, la nuova facoltà deve ripensare alla propria espansione. Da qui l’urgenza di riproporre, aggiornandolo, un progetto che oltre a essere rispettoso dei luoghi, possa risolvere l’impellente esigenza di spazi. Sempre con la speranza che la committenza, invece che orientarsi verso una demenziale pratica di acquisizione di immobili dispersi nel territorio, nati per altre esigenze e quindi inadatti all’uso didattico, voglia finalmente porsi il problema di una degna facoltà di architettura. E’ da decenni, infatti, che l’edilizia universitaria è latitante. E se anche qualche opera dignitosa negli ultimi tempi è stata realizzata, siamo lontani dai livelli di eccellenza di un passato che ha visto impegnati architetti del calibro di Gio Ponti, Vittoriano Viganò, Giancarlo De Carlo. E’ nel luglio del 2004, che interviene l’architetto Jean Marc Schivo, che si affianca a Petreschi riprendendo e aggiornando con lui l’ancora valido progetto del 1987, rendendolo ulteriormente complesso con due stecche tra loro ortogonali. L’una, contenente aule, si dirige coraggiosamente verso Viale Bruno Bozzi e l’altra, con servizi quali il ristorante, gli spazi dedicati a internet e alle nuove tecnologie, letteralmente vola verso la Valle delle Accademie. Il risultato dell’intera operazione è, a mio avviso, più che convincente. All’elegante, massiccia ma rispettosa opera di landscapearchitecture di Petreschi si sommano, integrandolo, coraggiosi e vibranti nuovi corpi edilizi. Se consideriamo, infine, che nel terrazzamento è previsto un teatro all’aperto liberamente ispirato al celeberrimo del Palazzo dei Congressi di Libera e che in un punto, e cioè davanti a un albero preesistente, il muraglione si incurva richiamando le forme organiche di Alvar Aalto, avremo una stratificazione di forme che costituiscono quasi un repertorio dell’immaginario architettonico contemporaneo. Il tutto però senza nostalgie o revival stilistici, anzi una lezione di metodo sul come intervenire in complessi delicati e stratificati, evitando gli opposti pericoli dell’acontestuale astronave zombie o del contestualmente disgustoso falso storico. Luigi Prestinenza Puglisi
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here is a long and tortuous story behind this project. It first came to light in 1987 for the competition to extend the Valle Giulia Faculty of Architecture. On that occasion the team including Petreschi presented a work finally capable of solving the issue of incorporating the faculty in its setting, opening it up to both the rest of the Academies and also Via Bruno Buozzi, an important road which, for some unknown reason, the existing complex failed completely to interact with. Inspired by 1970s British architecture – I am thinking of Lasdum in particular – but not lacking in other specific references, instead of counteracting with existing buildings the project offered a work of landscape-architecture featuring a striking sequence of terraces, in which strong walls alternated with areas of greenery, so that students could enjoy a nice open space, as well as the various facilities – parking space, including room underground – referred to in the tender. But we were living in postmodern times and the project was not fancy enough to win: first prize was awarded to the team headed by Francesco Cellini, whose project was, in my view, functionally less interesting but stylistically closer to tastes at the time. As with so many (too many) competitions in Italy, this one eventually led to nothing, and the problems related to extending the faculty were left unresolved. Problems related to the inadequacy of the existing structure emerged in a fresh life in the new millennium: the old and in certain respects glorious faculty split in two, and the first part (Valle Giulia) had to let the second part (Ludovico Quaroni) have the buildings which had been added on later and set, for no obvious logical reason, in various central parts of the city. So as not explode, partly due to the success of certain new study courses (notable the very popular course in Interior Architecture), the new faculty had to rethink its own expansion. Hence the urgent need to take another look at a revamped version of a project which, as well as respecting its surroundings, also solves the pressing need for spaces. In the hope, of course, that, instead of resorting to the crazy practice of purchasing real estate all over the territory, designed for other purposes and hence unsuitable for teaching, the client will finally face the problem of creating a faculty of architecture worthy of that name. For decades now new university teaching facilities have been few and far between, and even though the odd dignified work has been constructed recently, we are a far cry from the standards of excellence of the past, thanks to the involvement of architects of the calibre of Gio Ponti, Vittoriano Viganò, and Giancarlo De Carlo. In July 2004 the architect Jean Marc Schivo joined forces with Petreschi to re-examine and upgrade the old but still valid project from 1987, elaborating on it by adding on two blocks set at right angles to each other. The first block, holding the teaching facilities, is boldly directed towards Viale Bruno Bozzi and the other, featuring facilities like a restaurant and spaces for the Internet and other new forms of technology, literally takes off towards the rest of the Academies. In my opinion, the resulting design is more than convincing. Petreschi’s elegant, massive but respectful work of landscape-architecture combines with some brave and vibrant new buildings. Finally, bearing in mind that the terracing is planned to host an outdoor theatre freely inspired by the famous Libera Conference Hall and that, at a certain point in front of an old tree, the big wall curves elegantly to evoke Alvar Aalto’s organic forms, there will be a layering of forms virtually constituting a repertoire of modern-day architectural design. All this is designed without any sense of nostalgia or stylistic revivals, providing a lesson in how to work on intricate, layered complexes, avoiding the opposing dangers of constructing out-of-context zombie spaceships or disgusting lapses into false historicism.
Sotto, assonometria e sviluppo delle diverse funzioni nei cinque piani del progetto proposto per l’ampliamento della Facoltà di Architettura dell’Università Valle Giulia a Roma.
A sinistra, piante del piano terra e del quarto piano e particolare della sezione di una delle due nuove stecche vetrate. In alto, prospetto e sezioni longitudinale e trasversale.
Below, axonometry and development of the various functions on the five levels of the project proposed for the extension of the Faculty of Architecture at Valle Giulia University in Rome.
Left, plan of the ground floor, plan of the fourth floor and detail of the section of one of the new glazed bars. Top, elevation, longitudinal and cross sections.
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Marco Petreschi, Jean Marc Schivo
Rendering della proposta di Marco Petreschi e Jean Marc Schivo con le due stecche vetrate che si allungano verso Viale Buozzi e, in basso a destra, la grande piazza multilivello che segna
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l’ingresso alla nuova ala della facoltà. Renderings of Marco Petreschi’s and Jean Marc Schivo’s with the two glazed bars reaching towards Viale Buozzi and, bottom right, the large multi-
Marco Petreschi, Jean Marc Schivo
level square in front of the entrance to the new Faculty wing.
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Fantasia gropiussiana: dall’ilôt alla barre Evolutions
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1. Cfr. Walter Gropius, Architektur, Wege zu einer optischen Kultur, Frankfurt am Main und Hamburg, 1927; Siegfried Giedion, Befreites Wohnen, Zürich, 1929. 2. Le Corbusier, Manière de penser l’urbanisme, Paris, 1946, pag. 86-88. II caso qui presentato è ancora più esplicito poiché è evidente che si tratta di una “evoluzione” che insiste esattamente nel medesimo luogo urbano. In questo caso il quartiere interessato “metamorfosa” continuamente fino a far dimenticare totalmente la sua origine. In altri autori questo schema è ripreso integralmente: cfr. Pietro Bottoni, Urbanistica, “Quaderni della Triennale”, Milano, 1938, pag. 61, e molti altri.
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urante l’epoca che ci ha preceduto, per l’esattezza gli anni Venti-Trenta del XX secolo, la cultura degli architetti europei, ma non solo la loro, ha evidenziato una sorta di rigetto per una delle sue componenti essenziali: la Storia. Sembrò addirittura che molti volessero “cancellarla” perché imputata di essere portatrice di lentezza, di tradizionalismo oscurantista e ovviamente di conservatorismo, ma soprattutto come l’avversario principale del “Movimento Moderno”. Ora, come sappiamo, la Storia non è né per, né contro qualcuno o qualcosa; ma soprattutto la Storia, in quanto esegesi di avvenimenti “scelti” e perciò risaputi, non è che la forma assunta dalla creatività collettiva per la rimembranza di fatti onde evitare così i rischi diretti e indotti dalla più grande delle catastrofi: la perdita della memoria comune. Probabilmente il rischio è banale, quando dall’ordine del collettivo, o comune, si passa a quello del sociale, che inevitabilmente diviene un frammento, per quanto grande, del più generale e comune collettivo. Esaminiamo ora un caso urbano qualunque, uno di tutti i giorni, importante ma anche banale perché contemporaneo e quotidiano: nell’insieme urbano questo è il risultato dell’applicazione di una famosa “equazione” e di un clamoroso fraintendimento. Con una sua dimostrazione del 19271, divenuta poi una celeberrima icona imitata da molti altri, Walter Gropius presenta lo sviluppo dell’ilôt urbano medievale che nei secoli si metamorfosa spontaneamente in “stecca” (barre, Streifenbau), attraverso un ciclo “evoluzionistico” ovvero “naturale”, che si compone di tre fasi. 1. L’azione apparentemente si svolge sempre sulla medesima dimensione parcellare, dunque sulla stessa trama urbana; nella prima fase si mostra l’isolato medievale (l’ilôt) con i suoi caratteri “tradizionali”: infatti questo è completamente chiuso su una corte ingombra di costruzioni minori, e resti di orti estremamente frastagliati. 2. Nella seconda fase, l’ilôt, che insiste sulla stessa superficie parcellare, è presentato con una corte interna completamente libera da costruzioni; l’epoca di riferimento è il XVIII-XIX secolo con le relative Hoffe. 3. Infine, nella terza fase, ma sempre sulla medesima superficie parcellare, appaiono tre stecche edilizie (barre) parallele, orientate sul lato lungo della parcella: queste equivalgono alle costruzioni esistenti sui due lati lunghi dell’ilôt alle quali sono aggiunte le costruzioni dei due lati corti unificati in una sola “stecca”. Con questa “equazione” Gropius intende dimostrare che la “stecca” edilizia (barre) è il risultato evoluto, ma spontaneo e razionale, dell’antica struttura urbana medievale: l’isolato (ilôt). Vi perviene adottando sostanzialmente un criterio principale. Egli prende le mosse da un’analogia morfologica, a partire da un’icona largamente diffusa e comunemente assorbita dall’immaginario collettivo, dove si mostra l’evoluzione dell’uomo nella celebre interpretazione darwiniana che mostra il passaggio dalla scimmia all’homo faber; ossia, dall’umanoide all’umano, qui, al posto degli esseri, troviamo: l’isolato medievale, poi la grande casa operaia (caserne ouvrière) del diciannovesimo secolo, e infine, la stecca (barre) contemporanea. Quella che vediamo è l’applicazione del metodo della continuità storica evolutiva, che parte dal modello urbano erede dell’Alto Medio Evo, passa attraverso la rivoluzione industriale e infine approda “naturalmente” su quello che diverrà il modello urbano contemporaneo. Questa ricostruzione evoluzionista dell’ilôt appare molto efficace e suggestiva, tuttavia è terribilmente ambigua e addirittura fantasiosa. Essa porta a considerare che la barre sia una soluzione meccanica, biologica e quindi geneticamente obbligata dunque oggettiva; essa appare come un’immagine corretta perché tutti, darwinisti convinti o meno, sono visivamente legati all’altra immagine precedente e ben più nota, quella appunto in cui si espone la scala
dell’evoluzione umana dal primitivo stadio del “quadrupede” fino all’homo sapiens sapiens contemporaneo. Se questo è un tentativo volto a dimostrare l’esistenza di un fenomeno di evoluzione urbana, così come è stata universalmente accettata, e come Le Corbusier stesso la rappresenterà in modo ancora più esplicito su un vecchio quartiere parigino per giungere a una conclusione analoga2, è l’ora di precisare alcuni dati essenziali, ma non per confutare Darwin, quella è un’altra storia. Il primo viene dalla constatazione del fatto che Gropius concepisce il progetto come un avvenimento legittimato da qualcosa di oggettivo (scientifico) e lo cerca dunque tra i derivati “inconfutabili” della storia; ossia, egli affida alla storia stessa della città il compito di fornire il modello edilizio urbano contemporaneo. Questa prima affermazione, a prima vista è apparentemente legittima e responsabile, o quanto meno plausibile, ma non giustifica tuttavia l’uso specifico e scientificamente disinvolto che egli ne fa, soprattutto quando se ne serve per forzare la “direzione” del moto storico sostenendo l’evidenza meccanica e assoluta della sua equazione; che invece si basa su tutt’altri presupposti. Gropius, insomma, ci propone la storia come base del progetto urbano per assecondare la sua specifica idea di “progresso”; paradossalmente però, non “amando” la storia, finisce per attribuirle tempi, ruoli e poteri decisamente forzati e di fatto estranei alla sua esistenza. Le analogie evoluzioniste apparenti che introducono il modello architettonico contemporaneo implicherebbero l’esistenza di un determinismo morfologico nel divenire della città che invece è ben lungi dall’essere dimostrato. Se, al contrario, l’equazione di Gropius fosse esatta, a partire dall’esistenza della barre potremmo già fin d’ora prefigurare il modello edilizio urbano che sarà realizzato nell’avvenire immediato. Dal punto di vista storico, nell’equazione gropiusiana, i dati morfologici e geometrici di base presentati sono “fissi”; l’ilôt, ossia l’oggetto che costituisce la base della dimostrazione, mantiene sempre le stesse dimensioni geometriche nelle tre epoche diverse, fatto, questo, che nella realtà urbana europea non si presenta mai, salvo nel caso di una totale distruzione e ricostruzione ripetuta dell’ilôt nello stesso sito e nello stesso stile del tempo, come accadde dopo il 1945 a Varsavia e, in dimensioni diverse, in molte altre città europee. D’altra parte, poiché la connessione con il resto della città non è evocata, tanto che l’“oggetto” appare come il prodotto di se stesso, si è autorizzati a immaginare che, tecnica permettendo, la barre potesse prendere il posto dell’ilôt già molto tempo prima, ovvero prendere il posto di tutta la città esistente. La successione degli eventi e la pretesa evoluzione dell’oggettoilôt di fatto avviene in modi assolutamente diversi da quelli qui rappresentati, proprio in virtù delle forti connessioni che questi intrattengono con i cambiamenti avvenuti nelle nuove corone urbane sempre più proiettate verso la campagna: il tutto nella prospettiva di macroscopiche variazioni della trama urbana stessa. Ora, se esaminiamo anche sommariamente le fasi che distinguono il divenire della città troviamo che: - l’ilôt medievale nasce dalla dimensione di un insieme di parcelle comprese tra due vie di comunicazione con ruoli diversi (una via di sopra e una via di sotto); le dimensioni delle parcelle e quindi dell’intero ilôt, sono determinate dalla qualità e dalla redditività agricola del suolo sul quale si stanzia l’insediamento umano e quindi dalle specifiche composizioni geo-morfologiche delle parcelle stesse. Esiste dunque una dimensione media delle parcelle e dell’ilôt stabilita secondo le caratteristiche regionali deI suolo, della sua acidità della sua struttura chimica, dalla sua umidità, etc. L’embrione dell’isolato (ilôt) si chiuderà infine su ognuno dei suoi quattro lati col progressivo trasferimento di molte attività agricole verso l’esterno del nucleo originario della città: cioè con la nuova
definizione e organizzazione della campagna, ovvero con le imposizioni del “Buon governo”. - Le fortificazioni barocche chiuderanno tutta la città, obbligandola a una maggiore densità degli edifici che si verticalizzano, mentre gli antichi orti e i giardini diverranno le corti interne del nuovo edificio urbano. - Demolite infine le fortificazioni, gli edifici si situano e si dimensionano sulle nuove espansioni urbane, verso la campagna, dove le parcelle di terreno edificabile hanno moduli ben diversi di quelli della città medievale: soprattutto questi sono inseriti in una trama urbana assai diversa e più regolare della precedente. I nuovi edifici, a corte interna (“kaserne”), occuperanno infatti una superficie più importante di quella coperta dall’isolato medievale, mentre saranno meno sviluppati in altezza; il loro piano terra sarà occupato da attività commerciali, artigianali e dai vani scala d’accesso agli alloggi, mentre la nuova corte interna ospiterà giardini e servizi collettivi per l’intero complesso residenziale e talvolta anche per il quartiere. In altri termini, se questi edifici sono osservati rispetto alla loro reale posizione topografica, cioè quella che effettivamente occupano nel tempo nelle varie parti della città, non esistono tuttavia quegli automatismi nè quella sorta di evoluzione urbana della città evocate da Gropius e dagli altri; al più, ma a costo di una forzatura, si potrebbe citare a posteriori una qualche evoluzione tipologica dell’alloggio. D’altra parte, la caratteristica di base della barre è di essere composta da appartamenti traversanti che richiedono un orientamento specifico ma non necessariamente quello proposto dall’ilôt medievale. Questa evoluzione, alla quale Gropius ci rinvia, comunque la si consideri, è una marcia verso qualcosa di definito dalla natura in modo inderogabile, tanto che tra le due esistenze solo la più debole o la più politica evolve rispetto alla immutabilità delle circostanze ambientali. Conoscendo la genesi dei due fattori, il quadro della natura e la città, potremmo conoscere il risultato finale dell’evoluzione se effettivamente la città fosse comparabile a un fenomeno biologico, come accade per le varie componenti della natura. Di fatto, tutto ciò che è realmente dimostrato fin qui, è che la città sembrerebbe tendere a un unico fine: quello della sua organizzazione armonica; dunque, apparentemente essa cercherebbe un unico archetipo, geneticamente in linea con la sua origine. Ma un solo archetipo, unico per tutte le società urbane, può essere soltanto il frutto di una straordinaria mediazione, un universale compromesso “politico” che soltanto un ordine universale potrà proporre; come potrebbe fare, per esempio, un’unica Repubblica globale. In attesa di questa “rivelazione”, e se questo è il vero fine ricercato, gli archetipi saranno tanti quanti sono gli orientamenti culturali e ideologici di ciascuno: l’archetipo della città liberale, della città comunista, della città corporativa, etc. Le pretese valenze biologiche della città sono dunque un maldestro mascheramento di questi archetipi che fanno dell’urbanista il loro mitico demiurgo. Invero, alla fine deI nostro lavoro di ricerca troveremo soltanto una “logica” ma non un’immagine della città futura. Potremo infatti ricostruire le fasi del mutamento di ogni aspetto della vita, vegetale, animale e umana, sotto la forma del loro sistema grammaticale e quindi delle relative tipologie, ma non potremo mai ricostruire la specifica identità della “cosa” analizzata. Cercando, troveremo la matrice delle regole, ma non la vera espressione della forma eletta, questa sta al di là del sistema che stiamo leggendo. Il progetto della stecca (barre), del quale abbiamo una ricca serie di prototipi negli anni Venti-Trenta, troverà una larghissima applicazione dopo la Ricostruzione europea del Secondo Dopoguerra, con qualche variante e molte banalizzazioni. Di fatto, quale è la vera genesi della stessa (barre) se escludiamo le presunte fasi evolutive dell’isolato (ilôt) medievale? Riccardo Mariani
Dall’alto: disegno che mostra da sinistra l’Homo Erectus, l’Homo Sapiens e l’Homo Sapiens Sapiens; disegno dello sviluppo dallo schema urbano dell’ilôt
medievale, alla corte dalla barre; planimetrie parziali di quartieri di Parigi, New York e Buenos Aires.
From top: drawing showing from the left Homo Erectus, Homo Sapiens and Homo Sapiens Sapiens; drawing of the development of an urban master plan of a
medieval urban ilôt, from the courtyard to the barre; partial plans of neighbourhoods in Paris, New York and Buenos Aires.
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1. Cfr. Walter Gropius, Architektur, Wege zu einer optischen Kultur, Frankfurt am Main und Hamburg, 1927; Siegfried Giedion, Befreites Wohnen, Zürich, 1929. 2. Le Corbusier, Manière de penser l’urbanisme, Paris, 1946, pp. 86-88. In the case outlined here it is even more explicit, since it is clearly a process of “evolution” focused on precisely the same urban setting. In this case the neighbourhood in question is being constantly “metamorphosed” until its origin is totally forgotten. In other writings this scheme is taken up in exactly the same way: cfr. Pietro Bottoni, Urbanistica, “Quaderni della Triennale”, Milan, 1938, pg. 61, and many others.
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uring the age that preceded ours, more precisely the 1920s-30s, architecture in Europe (and elsewhere) seemed to reject one of its most vital components: History. A lot of architects seemed to actually want to “wipe it out” because it was accused of carrying with it slowness, obscurantist traditionalism and, of course, conservatism, but first and foremost it was the main enemy of the “Modern Movement”. Now, as we know, History is neither for nor against anybody or anything; most significantly, as an exegesis of “selected” and hence familiar events, History is just the shape that collective creativity has taken, in order to recollect facts so as to avoid the direct and induced effects of the greatest of all catastrophes: the loss of our collective memory of the past. The risk is probably rather insignificant when we move on from the collective or communal to the social, which inevitably turns into a fragment (big though it may be) of our more general and communal collective psyche. So now let’s take a look at random case of urban planning, important but also bland because it is everyday and modern-day: this particular urban setting is the result of applying a famous “equation” and terrible misunderstanding. In a demonstration dating back to 19271, which became a famous icon copied by so many others, Walter Gropius presented his development on a medieval inner-city ilôt, which spontaneously metamorphosed down the centuries into a “block” (barre, Steifenbau) through an “evolutionary” or, rather, natural cycle composed of three stages. 1. Action seemingly unfolds on the same parcel of land or, in other words, urban plot; during the first stage the medieval plot (ilôt) reveals its “traditional” features: it is completely enclosed around a courtyard full of minor constructions and the remains of completely staggered gardens. 2. During the second phase the ilôt, which stands on the same surface area, features an internal courtyard totally free from buildings; the reference period is the 18th-19th century and its Hoffe. 3. Finally, during the third stage, three parallel buildings (barre) appear along the long side of the parcel of land: these constructions are equivalent to the old buildings along the two long sides of the ilôt, to which are added the constructions along the short sides combined into one single “block”. Gropius intended this “equation” to show that the building “bar” (barre) is a spontaneous, rational development on the ancient medieval urban layout: the ilôt. This is arrived at working along one main guideline: It draws on a morphological analogy based on widely known icon, generally absorbed by the collective psyche, showing how man has evolved, as famously pointed out by Darwin, from an ape into the homo faber; or, in other words, from a humanoid into a human, only here in place of human beings we have: the medieval block, followed by the great 19th-centiry worker’s house (caserne ouvrière) and, finally, the modern-day barre. What we can see is an application of the method of evolutionary historical continuity, which starts in the early middle ages, moves through the industrial revolution and, finally, “naturally” develops into what was destined to become the modern-day urban master plan. This evolutionary reconstruction of the ilôt appears to be strikingly effective, but it is terribly ambiguous and downright fanciful. It takes the barre to be a mechanical, biological and hence genetically constrained, therefore objective solution; it looks like a proper image because everybody, not just those who believe Darwin’s theory, are visually tied to another earlier and much better known image, that showing the ladder of human evolution from the primitive stage of the “quadruped” down to the modern-day homo sapiens sapiens.
If this is an attempt to prove the existence of a process of urban evolution, as it is generally accepted, and as Le Corbusier himself represented it even more explicitly in an old Parisian neighbourhood, which led to a similar conclusion2, then it is time to point out a few vital bits of information, not to disprove Darwin, which is an entirely different matter. It is first worth noting the fact that Gropius saw design as an event justified by something objective (scientific), and so he believed it could be found in the “undeniable” products of history; in other words, he gave the history of the city itself the job of providing the blueprint for modern-day urban building. This initial observation at first appears to be quite legitimate and responsible (or, at least, plausible), but it does not account for the specific and scientifically lax use he makes of it, particularly when he draws on it to “guide” the movement of history, claiming his equation is mechanically self-evident in the most absolute sense, although in actual fact it is based on quite different assumptions. In a word, Gropius takes history as the basis of urban design, in order to back up the specific idea of “progress”; paradoxically, however, bearing in mind he never really liked history, he ended up forcing upon it rhythms, roles and powers quite alien to its own existence. What are apparently evolutionary analogies introducing modernday guidelines to architecture merely imply the existence of morphological determinism in the development of the city, something which is quite far from being proven. If, on the other hand, Gropius’s equation happened to be correct, we should be able to use the barre to envisage the urban master plan of the immediate future. From an historical viewpoint, the basic morphological-geometric figures in Gropius’s equation are “set”; the ilôt, or object on which the proof is grounded keeps the same geometric dimensions over three different periods, something which never actually occurs in the European city, except in the case of the total destruction and repeated reconstruction of the ilôt in the same site at the same style of time, as happened in the wake of 1945 in Warsaw and, on a different dimension, in a number of other European cities. After all, seeing as there is no mention of connections with the rest of the city, so that the “object” looks like the product of itself, we are entitled to assume that, technology permitting, the barre could have taken the place of the ilôt much earlier, or even have replaced the entire city as it was. The sequence of events and supposed evolution of the object-ilôt actually happens in a quite different way from that outlined here, due to the tight bonds it enjoys with the changes that have taken place in the latest urban crowns, increasingly projected into the countryside: all with a view to macroscopic variations in the urban layout itself. Now, if we take even a brief look at the various stages in the development of the city, we find that: - the medieval ilôt derives from a set of parcels set between two communication routes serving different purposes (a high road and low road); the size of the particles (and hence entire ilôt) depends on the quality and farm yield of the ground on which the human settlement is located and, consequently, of the specific geo-morphological compositions of the particles themselves. This means there is an average particle and ilôt size worked out based on the regional characteristics of the soil, its acidity, chemical structure and humidity level etc. The block’s embryo is closed on each of its four sides by a gradual transfer of a number of farm operations to outside the original hub of the city: i.e. by redefining and reorganising the countryside or, in other words, by imposing “Proper Administration”. - Baroque fortifications enclose the entire city, forcing its buildings
to be cramped more closely together as they rise upwards, while the old allotments and gardens turn into the inner courtyards of the new urban building. - Finally, having knocked down the fortifications, the buildings are set on and scaled around new urban expansion out into the countryside, where the parcels of land for building on have quite different modules from the medieval city: most significantly, they are incorporated in an urban fabric quite different and more regular than its predecessor. - The new buildings with their inner courtyard (“ kaserne”) take up more surface area than the covered buildings in medieval blocks, although they are lower; their ground floor is taken up by commercial-craft offices and stairwells serving the lodgings, while the new internal courtyard now accommodates gardens and communal facilities for the entire housing complex and, sometimes, the entire neighbourhood. In other words, although these buildings are respected in terms of their authentic topographical location (i.e. their actual location in time in various parts of the city), there is none of those automatisms or sort of urban evolution of the city referred to by Gropius and others; at most (rather forcing the issue), we might quote (with hindsight) some sort of typological evolution in housing. After all, the distinctive feature of the barre is the fact that it is composed of apartments running crossways, which need to be set in a specific direction, although not necessarily the position suggested by the medieval ilôt. However we look at it, this evolution, which Gropius refers to, is just a step in the direction of something imposed by nature, so much so that it is the weakest and most political of the two existences which evolves in relation to the unchanging nature of the surrounding environment. Knowing the origins of these two factors ( the framework of nature and the city), we ought to be able to see the final outcome of this evolution, if the city were in fact comparable to a biological phenomenon, as occurs in the case of the various components of nature. In actual fact, all that has so far been demonstrated is that the city would seem to tend towards one single end: settling into a smooth layout; so it would appear to be looking for one single archetype, genetically in line with its origin. But one single archetype, shared by all urban societies, can only be the fruit of extraordinary mediation, a universal “political” compromise, which only universal order can provide; like, for instance, the kind possibly deriving from one single united Republic. While awaiting this “revelation”, and if this is in fact the end being sought, there will be as many archetypes as there are cultural and ideological tendencies: the archetype of the liberal city, the communist city, the corporate city etc. The alleged biological traits of the city are, therefore, an ungainly way of concealing these archetypes, which take the town-planner as their mythical demiurge. Indeed, at the end of our research project we will find only a certain “logic” but not an image of the city of the future . We might be able to reconstruct the various stages in changes in every aspect of vegetable, animal and human life in the form of their grammar and hence relative typologies, but we will never be able to reconstruct the specific identity of the “thing” being analysed. If we look, we will find the blueprint of rules but not the genuine expression of the chosen form, this lies beyond the system we are analysing. The block (barre) project, of which we have a vast series of prototypes in the 1920s-30s, ended up being widely applied after the reconstruction of Europe in the wake of the 2nd World War, with the odd variation and a lot of blandness. So what is in fact the true origin of the barre, if we exclude certain alleged evolutionary stages in the medieval ilôt? Riccardo Mariani
Nel 1931 Proponiamo l’esecuzione immediata: LA PARIGI DELL’EPOCA MACCHINISTA (La Città degli Affari, per cominciare) “Piano di Quartiere di Parigi”
In 1931 We propose the immediate implementation: PARIS IN THE MACHINE AGE (The Business City, to start with) “Plan of a Paris Neighbourhood”
Questo modello è stato realizzato gratuitamente (poiché non abbiamo un soldo di credito) da quattro giovani parigini che hanno lavorato di notte per guadagnare la loro vita di giorno. Le costruzioni più alte rappresentano grattacieli di 220 metri e misurano 12,5 centimetri. Ma abbiamo dimostrato chiaramente con una visualizzazione eloquente i problemi angoscianti del presente: circolazione, densità, aria, luce, natura… e splendore architettonico.
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Massimo Iosa Ghini
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diventato difficile, ormai, parlare di “design” riferendosi esclusivamente alla progettazione formale degli oggetti d’uso quotidiano. Svanita la sua rigida identificazione nel “disegno industriale”, tipica di una modernità divenuta obsoleta, nella prassi professionale contemporanea il “design” va dilatando a dismisura il proprio campo semantico, fino a occupare progressivamente per un verso i settori d’origine dell’artigianato e delle arti applicate, e per un altro i contigui territori dell’architettura d’interni, dell’architettura propriamente detta e perfino quello, in apparenza assai più remoto, della progettazione urbana. Si direbbe che questo vecchio vocabolo stia ormai recuperando la sua più vasta accezione d’origine anglosassone, fino a indicare semplicemente il “progetto”, inteso in tutte le sue manifestazioni, articolazioni e possibilità. Questo trapasso da una competenza all’altra non va però addebitato a una sorta di espansione imperialistica della figura del designer. Certo, la commistione con gli aspetti più sfrenatamente mondani del marketing ha prodotto effetti di protagonismo da giudicare deleteri. Ma al di là dello spettacolo, quello che è mutato è il rapporto tra progetto e oggetto, che il lungo tramonto della pura strumentalità come fine esclusivo del “design” ha reso più complesso e vitale. Questa situazione risulta esemplare nel lavoro di Massimo Iosa Ghini, che fin dall’inizio ha scandagliato la complessa natura fenomenica della progettualità. Ciò che subito ha caratterizzato il suo lavoro è stata infatti la capacità di configurare il prodotto della sua analisi non tanto come presenza statica e indifferente in uno spazio neutro, ispirata unicamente ai criteri della produzione, quanto come attore in un modello narrativo che ne dispiega interamente le capacità espressive e comunicative. A contare in tale prospettiva – sempre più definita da un curriculum ascendente che ha visto nel 2000, nel ridisegno di una stazione della metropolitana di Düsseldorf, un nodo cruciale – non è la struttura tecnica dell’oggetto né, in certa misura, la sua immediata funzione d’uso, bensì la situazione che esso è in grado di generare, la catena di eventi estetici, comunicativi, affettivi di cui è capace di farsi origine e garante. La matrice di questo atteggiamento va individuata nel clima di generale revisione degli schemi progettuali reclamata dalla crisi della modernità. Ma è la stessa cultura di partenza di Iosa Ghini, le sue radici insieme grafiche e letterarie, a fissarne le modalità di sviluppo. Ciò che più interessa, insomma, è la maturazione e la messa a punto di precise coordinate progettuali all’interno di una tendenza più vasta, che mette in risalto, come qualcuno ha osservato, le qualità “fictionali” dei prodotti, tracciando così del “design” un panorama nuovo e variegato, ma soprattutto onnicomprensivo. E’ per l’appunto su questo scenario che va collocata l’espansione dell’attività progettuale di Iosa Ghini, ormai indirizzata verso un “design” capace di inglobare anche l’architettura. Inutile ricordare che proprio la cultura architettonica ha guardato con attenzione, negli ultimi decenni, alle modalità concettuali del “design” postmoderno. L’idea dell’edificio-oggetto, autoreferenziale, eloquente e rigorosamente individualizzato si aggira tuttora, con esiti variabili, sulla scena. Iosa Ghini ha però compiuto il tragitto inverso. Egli è partito dall’oggetto, già presente in nuce nel “bolidismo” originario, che non è mai scomparso dal suo lavoro, ed è approdato all’edificio. Il passaggio non è privo di problemi. Non si tratta soltanto di una variazione di scala: a modificarsi è la stessa ottica progettuale, il rapporto con tecnologie diverse, l’immissione dell’artefatto in un ambito storico e percettivo differente. Ciò significa che l’insieme degli assunti estetici e concettuali che hanno guidato fin qui il designer, la sua vena narrativa, la sua capacità di fare della “cosa” e del suo spazio un attrattore di tensioni sensoriali e psicologiche, non può essere trasposto di peso nella piena dimensione architettonica. L’espansione del “design” deve di necessità implicare un mutamento del “design” stesso. Siamo, come si vede, sulla frontiera estrema della cultura progettuale, sulla incerta linea di un cambiamento in atto, ancora indefinito, ma pulsante di tutte le sue problematiche. E’ il momento degli entusiasmi trattenuti e della massima vigilanza: un minimo passo falso potrebbe compromettere tutto. Maurizio Vitta
AERO CAFFE’
Soggetti alle nuove necessità spaziali e ai nuovi rituali sociali del viaggio e dell’ubiquità, i prodotti dedicati al ristoro mutano di segno. “Aero Caffè” è caratterizzato da un concetto di lusso legato all’unicità di un design d’autore. E’ un prodotto pensato per il modo di vivere contemporaneo, per clienti sempre più esigenti verso la cura e la caratterizzazione architettonica. Il risultato è un sistema “spazio caffè” collocabile in qualsiasi contesto di qualità, senza limiti di confini culturali. La continuità delle sue linee plasma materiali puri e lucidi che materializzano ed esaltano atmosfere suggestive. Il bancone, con fronte retroilluminato, irradia una luce modulabile per ottenere diverse atmosfere: da luce fredda e dinamica, fino a luce avvolgente e confortevole che invita alla distensione, al relax, al colloquio. Nel retrobanco, l’armonizzazione di forme fluide risolve con soluzioni funzionali l’uso dello spazio che nell’insieme completa l’idea di un nuovo concetto d’eleganza contemporanea. Massimo Iosa Ghini
Subject to new spatial requirements and new social habits in travel and moving around, refreshment products are changing nature. “Aero Caffè” is luxuriously unique in terms of its custom design. This product is designed for the modern-day life style, for clients increasingly interested about architecture detail and design. The result is a “spazio caffè” system which can be incorporated in any kind of context with no cultural bounds. The seamless nature of its plasma lines, pure and shiny materials help create striking effects. The counter with its rear-lit front gives of light which can be shaped to create either cool and dynamic light or warm and enveloping light encouraging rest, relaxation and interaction. The smooth forms of the back-counter create practical space which, overall, complete the idea of a new concept of modern-day elegance.
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FERRARI STORE MILANO
Il Ferrari Store di Milano, in Piazza del Liberty, è distribuito su cinque livelli, su cui sono stati operati ampli sfondamenti per rendere i piani visivamente comunicanti creando una percezione unitaria dello spazio. La superficie totale è di 845 mq, di cui 600 dedicati alla vendita. Metaforicamente il percorso diviene un viaggio attraverso la storia dell’azienda, in cui è possibile seguire le evoluzioni delle auto storiche fino al mondo della Formula 1. Parte integrante del progetto architettonico è il rivestimento grafico, in termini di immagini sia dinamiche che statiche, che accompagna il visitatore lungo i percorsi, introducendolo alle diverse aree. The Ferrari Store in Milan, in Piazza del Liberty, is set over five levels, which have all undergone extension reconstruction work to make the various floors visually interrelated to create a unitary vision of space. The total surface area is 845 sq.m, 600 of which serving sales purposes. The pathway turns into a trip through the firm’s corporate history, tracing through from the historical cars to the world of Formula 1 racing. The design includes a graphic cladding in terms of both dynamic-static images, which accompanies visitors through the various areas.
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t is obvious that it is hard nowadays to talk about “design” solely with reference to the stylistic creation of everyday objects. Now that it can no longer be simply equated with the kind of “industrial design” characterising modernity, which is now obsolete, modern-day professional design is gradually spreading its semantic field to progressively encompass, on one hand, sectors related to craft and the applied arts and, on the other, neighbouring fields like interior architecture, architecture proper and even the seemingly remote domain of town-planning. This old word seems to be regaining its wider Anglo-Saxon meaning simply referring to “planning” in its shapes, possibilities and forms. This transition from one field of expertise to another should not, however, be put down to some sort of imperialistic tendency on the part of designers. Of course their involvement with the more distinctly mundane aspects of marketing has resulted in a certain desire to be at the focus of attention, which is to be frowned upon. But showing off aside, what has really changed is how design is related to its objects, which the lengthy descent of pure instrumentality as the only purpose of design has made more complex and dynamic. This situation is perfectly embodied in Massimo Iosa Ghini’s work, which has always investigated the complex phenomenal nature of design. The thing which immediately characterised this designer from Bologna’s work was his skill at designing products based on an analysis not so much of their static, indifferent presence in a neutral space (developed along solely production lines), as their role in a narrative model bringing out all their expressivecommunicative properties. What counts in this context – becoming clearer and clearer as his career progressed until in 2000 he was commissioned to redesign Düsseldorf Underground Station, a crucial point – is not the technical structure of the object in question, nor in some respects its immediate functional use, but rather the situation it generates, the chain of aesthetic-communicational-affective events it originates and vindicates. The matrix for this approach can, of course, be found in the general revision of design schemes resulting from the crisis in modernity. But it is Iosa Ghini’s cultural starting point, his graphic-literary roots that clearly dictates how his work develops. So the most interesting thing is the gradual perfecting and setting down of design guidelines within a broader context which, as somebody has pointed out, highlights a product’s functional properties, creating a new, more varied and, most significantly, all-encompassing scenario for design. This is the setting in which we need assess Iosa Ghini’s expanding design work, now focusing on the kind of design capable of encompassing architecture. There is not need to point out that it is actually architecture which, over recent decades, has turned to the conceptual workings of postmodern design. The idea of the self-referential, eloquent and rigorously conceived building-object is still in vogue, producing varying results. Iosa Ghini has, in fact, taken the opposite route. He began with the object, already present in embryonic form in his original “bolidismo”, which has never really left his work and has made its way into buildings. The transition is not, however, without its problems. It is not just a matter of shifting scale: it is the very viewpoint of design that changes, relations with different forms of technology, the projecting of an artefact into a different historical setting and perspective. This means that the aesthetic-conceptual groundings which have always guided the designer’s work until now, his narrative vein, his ability to make a “thing” and its space a magnet for sensorial-psychological tensions, cannot just simply be carried over into architecture. The expansion of design must, necessarily, imply a change in design itself. As can be seen, we are at the very cutting-edge of design, the uncertain borderline of a change under way, still indistinct but pulsating with all its inherent problems. This is when enthusiasm needs to be curbed and care is the watchword: the slightest mistake could jeopardise everything. Maurizio Vitta 72 l’ARCA 212
NEW YORK PALACE BOSCOLO HOTELS BUDAPEST
Costruito nel centro della città, il New York Palace, della catena Boscolo Hotels, è una delle più famose strutture di Budapest. Il progetto riguarda l’ampliamento dell’edificio a quattro piani, che verrà affiancato da un nuovo edificio di sette piani destinato a hotel di lusso. Built in the city centre, the New York Palace belonging to the Boscolo Hotels chain is one of the most famous structures in Budapest. The project concerns the extension of the building to four levels, which will be flanked by a new seven-storey building designed to be a luxury hotel.
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Per l’intervento è previsto l’utilizzo di materiali confortevoli e capaci di buone prestazioni: legno, ceramica, pelle, capaci di evocare un’atmosfera intensa. Superfici luminose inserite nei soffitti, installazioni luminose con vari utilizzi e un nuovo arredo sottolineano le qualità dello spazio.
The project plans to use comfortable high-performance materials: wood, ceramics and leathers, capable of creating a powerful atmosphere. Luminous surfaces set in the ceilings, luminous installations serving various purposes and new furnishing underline the quality of the space.
La parte principale del progetto concerne l’interior design delle zone dedicate a riunioni e conferenze, che saranno collocate sia nella struttura storica che in quella nuova, per una superficie totale di 1900 mq. Il progetto prevede sei aree meeting, un auditorium da 500 posti, una saletta vip, un ristorante-sala colazione e un’area commerciale. The main part of the project concerns the interior design of the meeting and conference areas, which will be located both in the old and new structures, covering an overall area of 1900 square metres. The project encompasses six meeting areas, a 500-seat auditorium, a Vip lounge, a restaurant-breakfast room, and a retail area.
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MIAMI TOWER La prima fase di questo progetto di torri comprenderà un design totale di un complesso residenziale a tipologia mista per un totale di 56 piani. La prima torre verrà costruita in un terreno front-water e avrà una larga base di 12 piani che ospiterà i servizi e appartamenti a doppio volume. La torre di 44 piani conterrà l’Hotel e gli appartamenti in tagli da 100/200 mq. La nervatura in acciaio sarà sagomata in maniera da contenere l’andamento mutevole dei piani. Attraverso un sistema di ancoraggi la superficie esterna della torre sarà realizzata con balaustre in lastre sagomate di ceramica. Il rivestimento adotta un sistema avanzato di materiale ceramico su struttura metallica e cristallo pensato dallo studio Iosa Ghini appositamente per edifici di altezza elevata. Altamente omogenea e resistente, spessa solo 3 mm, di grandi dimensioni (1000x3000 mm), la porcellana laminata, ottenuta a partire da materie prime naturali quali argille e feldspati e colorata con pigmenti inorganici, è, grazie al particolare processo produttivo, riciclabile al 100%. The first stage in this towers project will include the overall design of a mixed-use residential complex built over 56 levels. The first tower will be built on a waterfront site and have a wide 12-storey base holding the utilities and double-size apartments. The 44-storey tower will hold the Hotel and apartments (measuring between 100-200 square metres). The steel ribbing will be shaped to cater for the changing layout of the floors. Drawing on a system of external anchoring, the outside surface of the tower will be built with balustrades made of moulded ceramic plates. The cladding draws on a cutting-edge system made of a ceramic material on a glass and metal structure specially designed for tall buildings by the Iosa Ghini firm. The ceramic plates, which are smooth and hardwearing, only 3 mm thick and quite big (1000x3000 mm), are obtained from natural raw materials like clay and feldspars and coloured using inorganic pigments. They are also 100% recyclable thanks to a special manufacturing process.
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Electroland
Arte ambientale
Electroland
Environmental Art
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i sa, Los Angeles è città spettacolare. Ma non solo lì il gruppo americano Electroland (http://electroland.net/ flash.php) ha lasciato il proprio segno creativo. Anche New York, ad esempio, offre scampoli della sobria esuberanza tipica degli ambienti creati dal gruppo. Un duo e un collaboratore per il suono, in verità. Quest’ultimo, Dane Davis, è infatti un designer del suono, attento alla psicoacustica in relazione alle installazioni ambientali. I protagonisti sono Cameron McNall e Damon Seeley, entrambi con esperienze formative in Italia. Quest’ultimo laureato alla Ucla, designer, artista votato alle installazioni nella città nelle quali emerge l’interesse per il rapporto tra tecnologia e cultura. McNall insiste nell’animazione al computer, rapporto arte e architettura, forme e movimento. Anch’egli dedito, a partire dalla sua formazione di architetto, alle installazioni urbane. Durante la sua permanenza romana ha prodotto anche due film: Luce,
City National Plaza Tower, Los Angeles, 2005 Questa installazione progettata da Electroland ha vinto un concorso tra quattro studi per un’opera che riaffermasse la prominenza delle City National Plaza Towers nello skyline di Los Angeles. In queste pagine sono presentate alcune delle configurazioni proposte. La Sky Mesh è sospesa tra le sommità delle due torri gemelle. E’ costituita da una griglia di LED distanziati 1,5 m uno dall’altro montati su una rete di cavi di acciaio. Di notte i LED creano figure che come apparizioni si stagliano nel cielo. L’Anello Interattivo posizionato nella piazza tra le due torri che di notte si innalza fino a 150 m di altezza e cambia di intensità e colore in risposta all’attività alla base della piazza.
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tempo, Roma (il titolo italiano è originale) e The Last Drawing of Canaletto. Electroland è un esempio avanzato di arte nella città o pubblica. Ciò in virtù delle idee formali e anche delle tecnologie usate e del coraggio con cui viene stravolto in modo fortemente spettacolare lo spaccato urbano chiaramente all’insegna della multidisciplinarità. Essi sono infatti per operare dove “gli impulsi elettronici e gli scambi simbolici diventano tangibili”. Va da sé che pubblico e privato spesso si conciliano nelle loro opere. Ben cosciente e convinto di queste basi ideologiche, il duo gioca puntualmente la sua audacia scenografica determinando spettacoli urbani. Vediamone alcuni. A New York, hanno operato nel rinnovato Rockefeller Center. Nell’autunno scorso hanno completato il lavoro intitolato Target Interactive Breezeway. L’intervento riguarda i ponti di osservazione
dell’ultimo piano. Le pareti e il soffitto del camminamento sono costellati di forme che sembrano ispirate dal cinetismo ma che in realtà costituiscono soltanto dei forti pattern di luce. Forme rettilinee, cerchi concentrici, rettangoli: la geometria diventa pura luce ora verde, ora rossa, blu. Luci come apparizioni, come reincarnazioni di antiche forme pitagoriche in vibrazione tecnologica dove il senso dell’effimero, che spesso accompagna le installazioni di Electroland, pare solidificarsi in modo elastico e cangiante. Difatti i passanti o visitatori, in quest’opera al Rockefeller, in virtù dell’interattività, producono, col loro movimento, varie esperienze di colore ed effetti di luce. La luce ambientale entra in gioco ovviamente la sera quando, appunto, le installazioni fisse diventano dinamiche e cangianti in virtù dei pixel interattivi. Se non è optical, non è neanche luce meditativa. E’ esperienza fenomenica e dinamica della luce.
Nel 2001 Electroland realizza Hollywood Shadow Project. Istallazione giocata sulla proiezione delle ombre sulle facciate degli edifici. Sono grandi figure prese a prestito da scene di film, come I Magnifici Sette, Easy Rider. Nel caso del film Warlock, di Ed Dymitryck, le ombre sono state disegnate da Gail Swanlund. L’esperienza può essere vissuta per circa novanta minuti dal tramonto. Anche se si tratta di installazioni effimere alcune sopravvivono tuttora. Se in Interactive Media (Los Angeles, 2002) sotto i piedi dei visitatori si vanno formando pattern di luce, in Big Time (stessa città, stesso anno) il duo progetta un complesso e articolato intervento di forme luminose e di urbana “imagery” con fluorescenze, intermittenze. C’è una 24-hour Gallery, una Pixel Image Wall dalla cui facciata con incessante dinamismo fuoriescono e si ritraggono come delle rosse maniche di gomma. L’opera comunica fortemenAn installation design by Electroland won a competition between four firms for an installation that would reassert the prominence of the City National Plaza Towers on the Los Angeles skyline. Here are shown two of the three schemes we presented. The Sky Mesh is suspended between the tops of the twin towers. It features a grid of LED lights space 1.5 meters apart on a steel cable grid. At night the LED lights create patterns that will appear as apparitions in the sky. The Interactive Ring sits in the plaza between the twin towers. At night it rises slowly and takes its place 150 meters in the sky. It changes colour and intensity in response to activity along a circular paving in the plaza below.
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Electroland
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te il senso dell’evento, dell’inaspettato, proprio come in un palcoscenico dove si giochino improvvisi cambiamenti di scena. C’è un’altra opera che è interessante ricordare ed è Terra Metallum realizzata a New York nel 1991. Una costruzione (ben oltre la scultura o l’installazione) elaborata a mo’ di paesaggio e prodotta con materiali artificiali. Il lato della collina preesistente (fatto saltare con la dinamite) viene per così dire mimato dalle forme dell’opera dove degli schermi offrono un susseguirsi di immagini all’insegna della riflessione e della trasparenza. L’opera, anche se chiusa, è veramente ambientale. Infatti il pubblico può attraversarla fino alla parte più alta. Bisogna dire che la storia dell’arte ambientale è breve. Arte ambientale nel senso di arte pubblica o urbana o nel senso, teoricamente definito da chi scrive nel 1983, di tipologia espressiva a metà strada tra architettura (funzionalità, committente, ecc.) e arte
(arbitrio espressivo). Sotto questo riguardo il lavoro di Electroland segna una pietra miliare. Non soltanto per la forza della sua spettacolarità, ma anche per la coraggiosa interferenza nel contesto urbano. Un’interferenza non pesante, che altera la fruizione dell’intorno o degli edifici ma senza stravolgerli. Interessante soprattutto il modo in cui è giocato l’effimero: non è mera festa postmoderna, ma senso scenografico raccordato a una visione aggiornata delle società di oggi, quella visione che, a mio avviso, considera superato sia il modernismo, sia il postmodernismo. Si tratta delle società, come ho proposto anni fa, caratterizzate dalle tendenze nuovoclassiche (nulla a che fare coi neoclassicismi vecchi e nuovi) o non-implosive (elasticità, al di là della ferrea implosione o della ferrea esplosione). Carmelo Strano
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f course, Los Angeles is such a spectacular city. But the American group Electroland (http://electroland.net) has left its creative mark in other cities, as well. New York for instance, offers examples of the sober exuberance that is typical of the environments the group creates. In actual fact, we’re dealing with a duo and a sound engineer; the latter, Dane Davis, is responsible for the psychoacoustics related to the environmental installations. The protagonists are Cameron McNall And Damon Seeley, and both of them have had training experience in Italy. The latter graduated from Ucla; a designer and an artist committed to creating installations for the city, his works reveal an interest in the relationship between technology and culture. McNall focuses on computer animation, the relationship between art and architecture, shapes and movement. Due to his education as an architect, he, too, is committed to urban
installations. During his stay in Rome, he also produced two Hollywood motion pictures: Luce, tempo, Roma (Light, Time, Rome – the origi- Shadow Project, 2001-200 nal title is in Italian) and The last drawing of Canaletto. Electroland is an advanced example of public art, or art in the Grandi sculture scene city, in accordance with the formal ideas – as well as the technolo- raffiguranti mitiche di film sono gies – used and the courage with which the group upsets the collocate per cityscape in an absolutely spectacular way, clearly under banner strategicamente gettare le loro ombre of a multidisciplinary philosophy. The two artists are interested in sulle facciate degli vicini che works in which “electronic impulses and symbolic exchanges edifici ospitano attività become tangible”. Thus, both public and private elements are com- legate al mondo del le ombre bined in their works. Well aware and convinced of these ideolo- cinema: tornano dove sono gies, the duo always utilizes its scenographic boldness to create state create. Le ombre sono visibili per circa urban spectacles. Following are a few examples of their work… 90 minuti al tramonto. In New York, the duo has worked on the renovated Rockefeller Tra le “ombre” tuttora “The End” Center. Last Autumn, they completed their “Target Interactive visibili: credit di Casablanca
all’angolo tra Wilcox e Santa Monica Boulevard; The Wild Bunch sulla facciata della Laser Pacific Media Corporation all’angolo tra Chauenga e Waring Street; I Magnifici Sette sulla facciata del Rocky Mountain Motion Pictures, tra Citrus Street e Romaine Street. Il progetto è sostenuto dal Hollywood Media District B.I.D.
Big Time, Main Street Los Angeles, 2002 Big Time è una proposta realizzata con Gilmore Associates che comporta la creazione di una nuova Galleria per il Design e I Media, una nuova facciata sul fronte strada, uffici, parcheggi sulla copertura e installazioni/evento sulla superficie esterna dell’edificio. Una facciata unificata integra porte, accessi auto e lo spazio della galleria visibile 24 ore al giorno dalla porzione interamente vetrata a livello strada. Sulla facciata emergono a ore determinate dei “viticci robotizzati”
che si muovono in risposta alle attività che si svolgono sulla strada e a fianco, uno schermo a bassa risoluzione proietta immagini grafiche “pixelate”. Big Time is a comprehensive proposal with Gilmore Associates that includes the creation of a new Design and Media gallery, a newly designed street facade, new office and parking spaces above, and event-based installations on the building face. A unified facade integrates doorways, driveways, and a new gallery space viewable
Terra Metallum, Art Park New York, 1991 Una grande costruzione/paesaggio di materiali artificiali imita l’aspetto della collina preesistente ora saltata in aria. Schermi forati montati su uno scheletro strutturale di legno consentono un’ampia varietà di effetti di trasparenze e riflessioni in risposta ai cambiamenti delle condizioni di luce. L’ingegneria è stata curata dallo studio di New York Superstructures.
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A large landscape-like construction of patently artificial materials mimics the face of the previously dynamited hillside. Perforated screens mounted on a wooden skeletal frame allow for a wide range of reflective and transparent states in response to the changing light conditions. Engineering was furnished by the New York firm Superstructures.
through the storefront glass at all hours from the sidewalk. A robotic building display on one side features tendrils that emerge at hourly intervals and move in response to street activities; a large lowresolution “pixel” screen displays graphic images.
Large-scale sculptures of iconic movie scenes are strategically situated to cast shadows onto the walls of nearby buildings, all of which house movie-making activities, resulting in shadows returning to the site of their production. All shadows are viewable approximately 90 minutes from sunset. Most of the projects are still extant and may be found: “The End” credit of Casablanca at the corner between Wilcox and Santa Monica Boulevard; The Wild Bunch on the façade of Laser Pacific Media Corporation Chauenga and Waring Street corner; The Magnificent Seven on the façade of Rocky Mountain Motion Pictures, between Citrus Street and Romaine Street. This project is currently supported by the Hollywood Media District B.I.D.
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Breezeway”, which concerns the observation decks on the last floor. The walls and ceiling of the breezeway are studded with shapes that seem to draw from kineticism, but that are actually only strong light patterns. Rectilinear shapes, concentric circles, rectangles: geometry becomes pure light… first green, then red, then blue. Lights like apparitions, like reincarnations of ancient Pythagorean shapes in a sort of technological vibration, where the ephemeral feel that often characterizes Electroland’s installations seems to turn solid, but is still elastic and changing. In actual fact, due to an interactive play, passersby and visitors themselves produce various color experiences and light effects in this work at Rockefeller. Environmental light obviously comes into play at night: this, of course, is when the fixed installations turn dynamic, and change thanks to the interactive pixels. Although the light is not optical, it is not meditative, either. It is a phenomenal, dynamEnterActive, 11th &Flower, Los Angeles, 2005 Questo progetto consiste in una campo di LED incastonati sotto il pavimento dell’ingresso dell’edificio che rispondono in tempo reale alla presenza dei visitatori, da uno schermo di luci sulla facciata che riprendono le figure create all’ingresso e da video che le ripropongono nell’atrio. Le luci dell’edificio sono integrate con la struttura e i pannelli di vetro a completamento della stratificazione della facciata. Al momento sono in corso esperimenti per creare nuove combinazioni di luci LED attraverso strati variabili di materiali opachi. This project consists of a luminous field of LED lights embedded into the entry walkway that respond instantaneously to the presence of visitors; a massive display of lights on the building face that mirror the patterns of the entry; and video displays in the lobby and entry areas. The building lights integrate with existing railings and glass structures, complementing the facade's layered appearance. Experiments are underway to create provocative combinations of LED lights as seen through varying layers of translucent materials.
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ic way of experiencing light. In 2001, Elecroland created “Hollywood Shadow Project”, an installation based on the projection of shadows on building faces. Great figures borrowed from film scenes are shown, such as The Magnificent Seven and Easy Rider. In the case of Ed Dymitryck’s film Warlock, the shadows were designed by Gail Swanlund. The work can be experienced for about 90 minutes, starting from sunset. Even though these are transitory installations, some of them have survived. While in “Interactive Media” (Los Angeles, 2002) light patterns are formed under visitors’ feet, in “Big Time” (same city, same year) the duo planned a complex, well-structured installation of bright shapes and urban “imagery” with fluorescent blinking lights. There’s a 24 hours Gallery, a Pixel Image Wall: from the latter’s face, large rubber sleeves burst out and draw back incessant-
ly. This work strongly communicates the sense of the event, of the unexpected, just like on a stage where the scenes suddenly change. Another work worth recalling is “Terra Metallum”, created in New York in 1991. A structure (well beyond sculptures and installations) shaped like a landscape and produced with artificial materials. We might say that the side of the preexisting hill (which was blown up by dynamite) is mimed by the shapes of the work, where the screens offer image after image… transparent images that lead to reflection. Although the work is closed, in actual fact it is environmental, as the public can cross through it, reaching its highest point. It ought to be pointed out that the history of environmental art is quite short. This refers to environmental art in the sense of public or urban art, or in the sense of an expressive typology which I gave a theoretical definition to in 1983, and which lies in between
architecture (functionality, clients) and art (expressive freedom). Urban Nomad From this point of view, Electroland marks out a milestone, not Shelter only due to the strength of its spectacularity, but also thanks to the L’Urban Nomad è group’s courageous interference with the urban context. A non- pensato come riparo gonfiabile per scopi oppressive interference that alters the feel of our surroundings and sia sociali sia the buildings around us without distorting it. What is especially umanitari. Dal punto di vista sociale, interesting is the way the ephemeral is treated: we are not dealing l’intenzione è di with a mere Postmodern celebration, but with a scenographic distribuire migliaia di queste strutture dai sense related to an updated vision of today’s societies; a vision colori brillanti come that, in my opinion, considers both Modernism and Postmod- mezzo per promuovere il dialogo e ernism outdated. As I said years ago, the new societies feature new l’avvicinamento con la classical trends (that have nothing to do with old and new neo- comunità invisibile e marginalizzata dei classicisms) or non-implosive tendencies (elasticity, beyond rigid senzatetto. Come gesto implosion or rigid explosion). umanitario, questo Carmelo Strano riparo facilmente trasportabile ed economico può offrire protezione dal freddo, dalla pioggia, dalla durezza dei marciapiedi, risultando anche esteticamente piacevole sia per chi lo occupa che per chi vi passa accanto.
The Urban Nomad inflatable shelter is conceived as both a social and humanitarian act. As a social act, the intention is to distribute thousands of these brightly coloured structures in order to foster a dialog about the invisibility and marginalization of the homeless. As a humanitarian act, the shelter provides a highly portable and inexpensive shelter to protect from cold, rain, and hard sidewalks, and is aesthetically pleasing to both occupants and passersby.
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Giuria/Jury: Giovanni Fuzio, Vincenzo Sinisi, Anna Maria Curcuruto Committente/Client: A.M.GAS S.p.a.
1°
Italia/Italy - Milano Concorso di Design Internazionale Welcome Concorso di design per il progetto di “Nuovi Spazi e Oggetti per Non-Luoghi Ospitali” Design competition for “New Spaces and Objects for Hospitable Non-Places” Giuria/Jury: Piero Lissoni, Giorgio Tartaro, Alberto Bassi, Fabio Maiocchi 1°
1° Marco Valerio Agretti, Masini Elisa, Andrea Ricciatti 2° Elisabetta Cenci, Paolo Morucci 3° Alessandro Pacetti, Elena Bellusci Segnalazioni/Mentions - Giovanna Camporese, Loreggia - Francesco Castiglione Morelli, Corrado Aroldi - Sergio Mazzoli, Rami Alchaar - Paolo Cesaretti, Donatella Caruso, Franco Pisani, Matteo Fioravanti, Annette Wolf - Fabio Vinella, Marcella Genco
COMPETITIONS
Riqualificazione area aziendale in disuso Il concorso d’idee si prefigge di riqualificare l’area aziendale ove insistono alcuni fabbricati che necessitano di ristrutturazione. La proposta ideativa ha il fine di individuare un intervento di riorganizzazione funzionale e strutturale, per la realizzazione di aree e fabbricati da adibire alle seguenti funzioni: 1. archivio; 2. magazzino; 3. mensa aziendale/sala C.R.A.L.; 4. centro congressi/sala formazione; 5. asilo con annessa ludoteca; 6. museo per archeologia industriale Requalification of a former industrial complex Competition aimed to requalifying and functionally reorganizing a former industrial complex realizing: 1. archive; 2. storage buildings; 3. CRAL meeting room and restaurant; 4. conference centre/classroom; 5. nursery/playroom; 6. museum of industrial archaeology
1° Michele Fatigato, Chiarastella Fatigato, Sebastiano Manta 2° Alfonso Rossignoli, Leopoldo Gigliobianco, Enrico Mola, Giuseppe Berardi 3° Mauro Saito, Lorenzo Gerardi, Michele Liuzzi, Vitantonio Mongelli, Maria Tiziana Pagone 4° Alfonso Rossignoli, Leopoldo Gigliobianco, Enrico Mola, Giuseppe Berardi 5° Maurantonio La Notte, Giampaolo Bianco, Antonio De Palma, Maria Teresa La Notte, Donato Stefanelli 6° Giovanni Leone 7° Vincenzo Sassanelli, Biagio De Marco, Francesco Pansini, Giuseppina Pauluzzo, Raffaella Coronelli 8° Giuseppe Dell’Aquila 9° Francesco Saverio Silletti
+ europaconcorsi
COMPETITIONS + europaconcorsi
Italia/Italy - Bari
2° 3°
Italia/Italy - Brescia
Vincitori/Winners Fabio Zapellini e Sergio Sala – Drink, Narciso
Bonomi Fluid 2005 Il progetto “Fluid Bonomi” è stato ideato dall’azienda del bresciano Luigi Bonomi insieme alla Libera Accademia di Belle Arti di Brescia (L.A.B.A.) per offrire agli studenti di design l’opportunità di interagire con un’azienda mettendo a punto strumenti più efficaci e concreti per l’inserimento nel mondo del lavoro Bonomi Fluid 2005 The “Fluid Bonomi” project has been starter by Luigi Bonomi’s company together with the Brescia Academy of Fine Arts (LABA) and it’s aimed to offer to young design students the opportunity to work with the company in a professional environment
Italia/Italy Motta di San Bonifacio (Verona) Ponte mobile sul Torrente Alpone Il concorso di idee ha come obiettivo l’acquisizione di idee progettuali inerenti alla sostituzione dell’attuale ponte fisso della Motta, di luce netta pari a 27 metri circa, con un ponte mobile, sollevabile in caso di piena del torrente Alpone Mobile Bridge on Alpone River Ideas competition for a mobile bridge substituting the old one with a width of 27 m
1°
1° Paolo Castagnola NBS Architetti Associati (Paolo Castagnola, Danila Campo, Cristina Cassanello), Elio Montaldo, Ranieri Costa, Cecilia Seronello 2° Hubert Verheyen, Atelier 2 - Gallotti e Imperadori Associati, Gian Pietro Imperadori, Marco Clozza 3° Giorgio De Ferrari, Studio De Ferrari Architetti (Giorgio De Ferrari, Vittorio Jacomussi, Claudio Germak, Osvaldo Laurini, Agostino De Ferrari)
Giuria/Jury: Damiano Puntello, Claudio Modena, Mario Lonardi, Renzo Macaccaro Committente/Client: Comune di San Bonifacio
Committente/Client: Bonomi Rubinetterie
2°
Italia/Italy - Mompiano (Brescia) Nuovo impianto natatorio Concorso internazionale di progettazione. Oggetto: progettazione preliminare di un nuovo centro natatorio costituito da impianto coperto dotato di vasche interne, tribuna spettatori da 1000 posti e servizi accessori, nonché da lido estivo con vasche esterne e attrezzature di carattere ludico e di svago New Swimming Pool Complex International competition for the preliminary design of a new Swimming Pool Complex with indoor pool, 1000seats tribune, facilities, and a summer outdoor area with swimming pools and leisure equipment
1°
2°
Giuria/Jury: Aurelio Galfetti, Claudio Marianini, Roberto Nalli, Enzo Ragni, Giovanni Ziletti Committente/Client: Comune di Brescia
1° Studio Montanari & Partners, Francesco Craca, Arianna Foresti, Nicola Martinoli 2° Klaus Schuwerk, Jan Kleihues, Giampiero Lagnese, SM Ingegneria (Claudio Modena), Itaca (Roberto Bellucci Sessa) 3° Franco Garbari, Alessandro Barbieri, Giulia Saleri
Italia/Italy - Tavagnacco (Udine) Sistemazione esterna della nuova sede della Hypo Alpe-Adria-Bank Concorso di idee, finalizzato alla sistemazione e realizzazione del verde e dell'illuminazione esterna della nuova sede della Hypo Alpe-Adria-Bank S.p.A. Outdoor Landscaping for the new Hypo Alpe-Adria-Bank Ideas competition for the landscaping and the design of the outdoor lighting system in the area outside the new Hypo Alpe-Adria-Bank headquarters
1°
1° Freilich Landschaftsarchitektur (Sebastian Gretzer, Karin Elzenbaumer, Veronika Reiner) 2° Francesca Petz (capogruppo/team leader) 3° Giordana Giovannini, Gaia Giovannini, Simone Dell'Orto, Dimitri Montanari, Renzo Tedeschi
Committente/Client: Hypo Alpe-Adria-Bank S.P.A 1°
3°
84 l’ARCA 212
212 l’ARCA 85
COMPETITIONS + europaconcorsi
Taiwan - Taichung
1° Toyo Ito & Associates 2° Zaha Hadid 3° Claus en Kaan Mentions A Chien Architects & Associates B Shuei Endo
Teatro dell’Opera (2a fase) Concorso per la realizzazione del nuovo Teatro dell’Opera a Taichung. Oltre alle funzioni destinate agli spettacoli operistici, il teatro deve ospitare anche concerti di musica di vario genere Taichung Metropolitan Opera House (2nd phase) The Municipality of Taichung City invited all creative and talented architects around the world to join in a design competition for a world-class grand Opera House in Taichung, Taiwan, R.O.C. In addition to its primary and professional function as an Opera House, it will also be suitable for concerts and other musical performances Giuria/Jury: Mei Cheng, Francesco Dal Co, Hiroshi Hara, Chaolee Kuo, Stan Lai, Sheng-Feng Lin, Mohsen Mostafavi Client: The Taichung City Government
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86 l’ARCA 212
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- Bearing in mind the modular nature of the design we could save by using prefabricated components. - Good idea! So what about the landscaped greenery? - We will just paint it straght on the facades!
212 l’ARCA 87
Rubriche e articoli sul mondo della progettazione, della produzione e della ricerca. Design, production and research.
Una residenza-oggetto Ebeling House in Dortmund
Tenniseum At Roland Garros
Progetto: ArchiFactory.de
Progetto: Bruno Moinard
Il progetto ha preso spunto dalla necessità di ristrutturazione e ampliamento di una casa monofamiliare, risalente agli anni Quaranta, nella periferia sud della città di Dortmund. Archifactory (Matthias Herrmann, Matthias Koch, Till Roggel) sono intervenuti interpretando l’edificio non solo come residenza, ma anche come oggetto scultorio. L’ampliamento, che comprende un appartamento supplementare rispetto all’originale, è stato realizzato come un volume parallelepipedo rivestito da assi di legno che formano facciate continue in cui finestre e porte si inseriscono senza le interruzioni degli infissi (collocati internamente). L’aspetto che ne deriva è quello di un monolito minimalista, quasi un prototipo ligneo, che richiama l’arte di Donald Judd. L’ingresso alla casa avviene dal livello sotterraneo adiacente al garage e, a causa del prospetto trapezoidale, questo spazio offre a chi entra una prospettiva ambivalente. La scala antistante guida lo sguardo verso il salotto che con la sua grande parete vetrata offre la vista del giardino interno. La suddivisione degli ambienti interni è improntata al massimo sfruttamento dello spazio e giocata su un accorto sistema di sfalsamento di piani e continuità visive sottolineate dal piano omogeneo costituito dal pavimento in terrazzo nero. All’ultimo piano dell’edificio si apre una terrazza, perimetrata su tre lati da pareti di legno che costituisce un vero e proprio luogo/rifugio e connette la casa con l’esterno e la città.
The need to renovate and enlarge a single family house from the 1940s was the source of inspiration for a project implemented in the southern suburbs of the city of Dortmund. Archifactory (Matthias Herrman, Matthias Koch, Till Roggel) not only interpreted the structure as a living place, but as a sculptural object. The extension – which involves the addition of another apartment to the original plan – was designed as a parallelepiped covered with wooden boards that form continuous façades in which the windows and doors were inserted without interruptions created by the frames and casings (which were built in the interior). What ensues is a minimalist monolith, similar to a wooden prototype which brings Donald Judds’s art to mind. The house is accessed from the basement, next to the garage, and due to its trapezoidal prospect, this space offers a multifaceted perspective. The staircase in front of the entrance makes your eyes turn toward the living room, with its great glass walls overlooking an enclosed garden. The way the interior areas are split up makes the best use of the available space. To this purpose, the levels are carefully staggered, and the view continues uninterrupted from the floor to the black balcony flooring. A terrace opens up on the last floor, enclosed on its three sides by wooden walls; it acts as an actual shelter, forming a connection between the house and outdoors, and thus with the city.
Coniugare la pratica sportiva, all’arte e all’architettura coinvolgendo il pubblico appassionato e non con un nuovo approccio, più allargato e stimolante. La Federazione Francese di Tennis è un esempio a questo proposito proprio per l’attenzione che da oltre 25 anni ha dedicato all’arte (famosi sono i manifesti degli Internazionali di Francia ogni anno firmati da un diverso artista, da Joan Miró, Antoni Tápies, Armand Arman, Antonio Saura, Valerio Adami a quello del 2005 di Jaume Pensa) affiancandola alle iniziative sportive. Attenzione che è stata coronata da un progetto abbastanza unico e ambizioso nel suo genere, un museo del tennis multimediale, che da un paio d’anni potenzia le strutture complementari allo stadio di Roland Garros. Il progetto del Tenniseum è di Bruno Moinard – vincitore di un concorso che ha visto la partecipazione di altri tre architetti, Jean-François Bodin, Philippe-Charles Dubois e Jean-Michel Wilmotte – autore, con il suo studio 4BI, dell’architettura interna, degli arredi e della scenografia. Oltre 2000 metri quadrati completamente al disotto del livello terreno offrono spazi diversificati per immagine e funzioni che si corrispondono in un ambiente calibrato su armonie di materiali e toni cromatici. L’insieme accoglie una Mediateca, che riunisce su 140 metri quadrati i fondi giornalistici e multimediali della FFT, una sala espositiva per la collezione permanente dove sono esposti pezzi storici e opere d’arte legate all’attività della federazione e attrezzata con postazioni multimediali da cui è possibile visionare gli archivi della storia di Roland Garros e, elemento dinamico dell’insieme, una sala per le esposizioni temporanee concepita come una vasta piattaforma (800 metri quadrati con 4 metri d’altezza) in grado di ospitare scenografie e esposizioni di natura diversa. Materiali caldi e nobili, quali legno, vetro e pietra, accomunano elementi espositivi, rivestimenti delle superfici e arredi, per dare continuità all’insieme. La luce, calibrata nel progetto di Moinard con Yves Chambaret, incornicia e sottolinea con raffinata funzionalità i diversi ambienti disegnando atmosfere calorose o intime coerentemente allo spirito di accoglienza che individua i vari spazi.
viewed. A hall for temporary exhibitions is the work’s dynamic element, and was conceived as a vast platform (800 square meters, 4 meters high) that can host different types of settings and exhibitions. Warm, noble materials such as wood, glass and stone were used for the exhibitive elements, the wall coverings and furnishings, so as to give the ensemble a consistent feel. The lighting was gauged in a project Moinard implemented along with Yves Chambaret; functional but refined, it frames and highights the various halls, creating a warm or intimate atmosphere according to the type of welcome each space is meant to give.
Combining sport with art and architecture while involving enthusiasts and non-enthusiasts with a new, broader and more stimulating approach. An example of this is the French Tennis Federation, due to the fact that for over 25 years it has been committed to art (the posters created for the International Tennis Tournament in France are famous, and are signed by a different artist every year, from Joan Miró, Antoni Tápies, Armand Arman, Antonio Saura, and Valerio Adami up to Jaume Pensa’s work in 2005), associating it with sports initiatives. This commitment was crowned by a unique, ambitious project: a multimedia tennis museum which has been established in the Roland-Garros stadium’s additional structures. The project for the Tenniseum is by Bruno Moinard (who won a competition in which other three architects participated, Jean-François Bodin, Philippe-Charles Dubois and Jean-Michel Wilmotte), who with his 4BI studio planned the interior architecture, furnishings and settings. More than 2,000 square meters, totally laid out at basement level offer diverse spaces in terms of image and functions, which are combined in an environment which is gauged on harmony in the use of materials and chromatic tones. The ensemble includes a multimedia library, with its 140 square meters which contain the FFT’s collection of published and multimedia material, and a showroom for a permanent collection, where historical pieces and artwork linked to the federation’s activity are kept: this room is equipped with multimedia stations, where the archives concerning the history of Roland Garros can be
88 l’ARCA 212
212 l’ARCA 89
I cieli dell’Islam At Musée du Louvre
Un nuovo hotel nel salernitano In Baronissi
Progetti: Mario Bellini e Rudy Ricciotti; Moatti et Rivière + RFR
Progetto: Donato Cerone
La collezione di oltre 10.000 opere d’Arte Islamica, dal VII al XIX secolo, del Museo del Louvre, avrà dal 2009 una nuova collocazione nella Court Visconti del museo parigino. L’esigenza di dare uno spazio più adeguato in dimensioni e concetto architettonico a questa preziosa collezione, una delle più importanti del mondo, è sfociata in un concorso nel 2004 che ha visto la selezione di sette équipe finaliste, Zaha Hadid con Ove Arup, Coop Himmelb(l)au, Francis Soler, Karine Chartier con Thomas Corbasson e Nadir Tazdaït, Alain Moatti e Henri Rivière con RFR, Mario Bellini con Rudy Ricciotti, impegnate nel progetto di uno spazio museale di circa 3.500 metri quadrati. Il gruppo italo-francese Bellini/Ricciotti si è visto aggiudicare nel luglio del 2005 il primo premio. Proposta raffinata e seducente, quella vincitrice, che con un gesto semplice e contemporaneo risolve l’allestimento museografico. Un velo luminoso flotta con naturale trasparenza e leggerezza sugli ambienti espositivi suddivisi su due soli livelli, il piano terreno della corte e uno interrato, dialogando e integrandosi dolcemente con il contesto storico. Segno colto e immediato, questo velo tecnologico, lascia completamente libera la vista della corte con un duplice risvolto scenografico, dai nuovi spazi museali si potrà godere delle facciate del palazzo, così come dalle sale circostanti il pubblico potrà “perdersi” nel gioco di pieghe e onde della copertura, elemento su cui si concentra la cifra poetica dell’insieme. Tra i finalisti, particolarmente suggestivo e ricco di accenti lirici è il progetto di Moatti et Rivière che filtra elementi di forte presenza scenografica con un raffinato apparato ingegneristico, frutto dell’esperienza di RFR. L’idea della corte protetta e trasparente, viene qui risolta da una doppia superficie in vetro lenticolare, traduzione contemporanea dei lampadari in cristallo del Louvre, che racchiude nello spessore la sua struttura portante su 40 metri di portata. Profondità e immaterialità mascherano il limiti di questo nuovo cielo che unifica le facciate della corte, le proietta all’interno dei nuovi spazi di giorno, mentre di notte risplende nella sua lucentezza, illuminato da diodi elettroluminosi, inseriti nella trama strutturale della superficie vetrata. Le sale espositive si originano invece da una superficie piegata che dal piano terreno forma tre piatteforme sezionate da due faglie a forma di onde, come delle increspature sul mare. Questi elementi si proiettano dalla superficie in cemento-pietra rivestita da intarsi in marmo, al piano interrato, portando luce e prospettive visuali verso la corte. Una proposta con una marcata componente cerebrale, forse il suo limite, ma che soprattutto si evidenzia per i contenuti tecnologici dei due elementi costitutivi del progetto. Il lampadario-cielo e la superficie nera, infatti, concentrano in se stessi il loro principio strutturale senza nulla mostrare. Resta così allo spettatore “la sola emozione delle forme senza incombere nei limiti della corte. Tra lampadario e superficie si crea così un vuoto attivo, uno spazio atmosferico dove respirano il pubblico, il museo e le opere”. Elena Cardani
Il complesso alberghiero si trova nel comune di Baronissi, in provincia di Salerno. Alcune circostanze, per esempio il cambio di proprietà, hanno richiesto alcune varianti in corso d’opera. Considerata la necessità di aumentare il numero delle camere, è stata modificata la sagoma dell’edificio lineare posto lungo la strada prevista dal PIP. L’edificio, che, nel progetto di variante conteneva 42 camere, è stato ampliato in modo da ricavare ulteriori 29 camere doppie. Il terzo volume del complesso, quello dalla pianta ovalizzata, posto sul lato nord, originariamente a un solo livello occupato dalla grande sala ristorante, è stato implementato di un ulteriore livello più piccolo del sottostante e adibito a sala meeting. I due livelli sono collegati tra loro attraverso un nuovo corpo scala e ascensori che consentono di raggiungere il terrazzo superiore nonché il piano del garage dove sono stati ubicati i servizi igienici. La parte impiantistica, così come nel progetto precedente, si compone di una grande centrale termica, prevista totalmente interrata e di una serie di locali tecnici. Per quanto riguarda la sistemazione esterna, è previsto un piazzale di ingresso per consentire il carico e scarico bagagli, nonché una zona annessa alla sala ristorante con giardino e fontana per consentire cerimonie e buffet all’aperto. Tutta l’area è delimitata con recinzione in ferro e sono previste alberature lungo il fronte della strada e lungo il perimetro a sud per garantire un migliore impatto da un punto di vista ambientale.
In 2009, a collection of over 10,000 works of the Louvre Museum’s seventh-to-eleventh-century Islamic Art will be moved to the Parisian museum’s Visconti Court. The need to provide one of the world’s most precious and important collections with a more suitable show area – both in terms of space and from an architectural point of view – led to a competition in 2004, in which seven finalist teams were selected. The latter comprise Zaha Hadid with Ove Arup, Coop Himmelb(l)au, Francis Soler, Karine Chartier with Thomas Corbasson and Nadir Tazdaït, Alain Moatti and Henri Rivière with RFR, and Mario Bellini with Rudy Ricciotti. The teams were asked to design a ca. 3,500-square-meter museum area. In 2005, first prize was awarded to the French-Italian group Bellini/Ricciotti. Their plan is refined and inviting, with a simple, contemporary design for the museum setting. A veil of light flows over the showrooms with natural transparence and lightness. The exhibition halls are laid out on only two floors – the ground floor and the basement – in a gentle dialog and interaction with the historical context. This technological veil, which constitutes a direct sign of culture, opens up a view to the courtyard, offering two different scenes; the public can enjoy the building faces from the new museum areas, while the other halls afford a dramatic view of the roofing with its folds and waves; in fact, the work’s entire poetics is combined and concentrated in the roof. Among the finalists, Moatti & Rivière’s project is particularly suggestive and dramatic, filtering spectacular elements through a refined display of engineering know-how, a trait that comes from RFR’s experience. The idea of a protected yet transparent court is implemented through a surface of lenticular double glazing – a sort of contemporary interpretation of the Louvre’s crystal chandeliers – which, along 40 meters of length, encloses its bearing structure within its thickness. This new sky’s limits are hidden by its own depth and immateriality; it joins the court’s faces, projecting them within the new spaces during daytime, while at night it shines brightly, lit by electroluminescent diodes that are inserted in the very structure of the glass surface. On the other hand, the exhibition halls take shape from a folded surface that rises from the ground floor, forming three platforms divided by two wavelike shifts that look like choppy sea waves. These elements sweep down to the underground floor from a stone-concrete surface with marble inlays, bringing light and visual perspectives toward the court. Indeed, the sky-like chandelier and the black surface concentrate their structural principles without showing anything. Thus, spectators are left with “the sole emotion of forms, without trespassing on the court. An active void is thus created between the chandelier and the surface, an atmopheric space where visitors, the museum and the exhibits themselves can breathe.”
90 l’ARCA 212
A sinistra e sopra, rendering e sezione del progetto di Bellini/Ricciotti. Sotto, rendering del progetto di Moatti et Rivière+RFR.
This hotel complex is located in the province of Salerno, precisely in the town of Baronissi. A number of circumstances, including an act of conveyance, led to a series of changes as the work was being implemented. Due to the need for additional rooms, PIP modified its plan for the profile of a linear building laid out along a roadside. The building, which was to contain 42 rooms, was extended so as to obtain other 29 double rooms. A smaller floor meant to hold an assembly room has been added to the complex’s oval, northward-facing third volume, which was originally occupied by a large restaurant. The two levels are connected by a new staircase and elevators that lead to the terrace upstairs, as well as to the garage floor, where the restrooms are also located. Just like in the former plan, the plant engineering was totally implemented underground, and consists in a great thermal station and a series of technical rooms. As far as the exterior layout is concerned, a foreground at the entrance to the building will allow for loading and unloading of baggage, and an area attached to the restaurant is to be provided with a garden and a fountain for outdoor cerimonies and buffets. The entire area is enclosed within an iron fence, and, so as to afford a better impact from an environmental point of view, rows of trees are to be planted along the wayside front of the buildings and along its southern perimeter.
Left and above, renderings and section of the project by Bellini/Ricciotti. Below, renderings of Moatti et Rivière+RFR’s project.
Pianta del piano terra, sezione e prospetti del complesso alberghiero di Baronissi (SA). Plan of the ground floor, section and elevations of the hotel complex in Baronissi (Salerno).
Per uno stadio più funzionale In Turin Progetto: Enrica Ribetti e Silvia Zanetti L’intervento di riqualificazione dello Stadio di atletica “Primo Nebiolo”, sito all’interno del Parco Ruffini, a Torino, ha comportato la demolizione e il rifacimento della porzione di tribuna in corrispondenza del rettilineo dei 100 metri per realizzare 1200 posti al coperto. L’accesso alla tribuna è stato mantenuto alla stessa quota del restante anello. La copertura è realizzata con lastre di alluminio poggiate fra travi in legno lamellare con andamento curvilineo incernierate su plinti in cemento armato e su pilastri in acciaio e aggettanti sulla tribuna. Sotto la copertura sono stati realizzati due fabbricati destinati a servizi in blocchi splittati portanti grigi. Nel primo blocco sono stati sistemati i servizi igienici per il pubblico, gli spogliatoi arbitri, l’infermeria, l’antidoping e un ufficio. Nel secondo, oltre ai servizi igienici per il pubblico vi sono i locali fotofinish, regia, cronisti, sala stampa e bar. Al piano interrato è stata realizzata una pista di riscaldamento di 80 metri a tre corsie e una pedana di salto in lungo per consentire gli allenamenti anche in inverno. L’aerazione e illuminazione naturale del locale sono garantite da finestre a nastro. L’accesso alla pista di atletica, esterna e interna, avviene attraverso un ascensore e due scale poste alle estremità del rettilineo di riscaldamento migliorando la fruibilità dell’attuale impianto in particolare ai disabili. Per la realizzazione generale sono stati scelti materiali e colori contrastanti quali l’acciaio e il legno (idoneo all’interno di un parco), il grigio e il rosso (colore caldo che incentiva al movimento).
A sinistra, sezione trasversale. Sopra, la pista interrata, le tribune e l’ingresso del rinnovato Stadio di Atletica “Primo Nebiolo” a Torino.
Left, cross section. Above, the track in the basement, the public stands and the entrance of the renewed Track Field Stadium “Primo Nebiolo” in Turin.
The renovation of the “Primo Nebiolo” Athletics Stadium, located in Turin’s Ruffini Park, entailed tearing down and rebuilding part of the stand along the 100-m race stretch so as to obtain 1,200 covered seats. Access to the stand was kept at the same level as the rest of the ring. The curving roof was built with aluminum sheets resting between lamellar wood beams that hinge on reinforced concrete plinths and steel pillars hanging over the stand. Two buildings for various services were erected under the roofing, forming two separate gray bearing structures. The first block contains restrooms for the public, the referees’ locker rooms, the infirmary, the antidoping department and an office. The second block holds photo finish, control and reporters’ rooms, the pressroom and a bar. A three-lane 80-meter warm-up track and a long jump springboard were built in the basement floor so as to allow for winter training, as well. This room is provided with natural ventilation and lighting thanks to a row of ribbon windows. Access to the exterior and interior athletics track is gained from an elevator and two staircases on both sides of the warm-up track, making the current facility easier to use, especially for the disabled. Contrasting materials and colors were used for the work in general: steel and wood (suitable for a park), and gray and red (a warm color that stimulates movement).
212 l’ARCA 91
Da mercato del pesce a raffinato showroom New Boffi Antwerp
Stile Zilla Alternative Style
50 anni di Braun A History of Style
Progetto: Piero Lissoni, in collaborazione con Direzione Marketing Boffi
Progetto: Sylvia Pichler
Un nuovo negozio Boffi è stato realizzato ad Anversa in partnership con Boffi Trade, la holding di Boffi che controlla i negozi diretti in Italia (Milano e Roma), Francia (Parigi, Lione e Cannes), Svizzera (Zurigo), Inghilterra (Londra), Belgio (Anversa), Germania (Berlino, Colonia e Francoforte) e USA (New York e Los Angeles). Lo spazio di 500 metri quadrati interpreta puntualmente lo stile di progettazione dei negozi Boffi identificati da un involucro neutro architettonicamente molto caratterizzato in cui si collocano le composizioni cucine e bagni come protagoniste delle scena. Il progetto, curato da Piero Lissoni in collaborazione con la Direzione Marketing Boffi, rispetta la struttura esistente e la valorizza, con l’uso del colore grigio per le pareti, il cemento grezzo per il pavimento, un gioco di luci sapientemente utilizzate, un mix di profumi e musica rendono il nuovo ambiente un’esperienza sensoriale. Il nuovo negozio Boffi è stato ricavato negli spazi del mercato del pesce, realizzato nel 1894 e attivo fino alla fine della Seconda guerra mondiale. Era una struttura semindustriale caratterizzata da tre navate all’ingresso di ognuna delle quali dominava l’insegna “Visch-Myn”, il soffitto parzialmente lucido, le travi a vista e le colonne in ferro decorate completavano un edificio dove si svolgeva la frenetica attività di vendita ittica. Attualmente “Visch-Myn” ospita tre aziende di fascia alta: Boffi, B&O e Contrast Interiordesigners con lo scopo di fornire, sia agli architetti sia al committente la possibilità di trovare soluzioni complete per l’arredo della casa.
Gomma vinile, caucciù, lattice, spugna sintetica, isolamento acustico, filtri d’aria, tutti materiali che normalmente vengono utilizzati in edilizia e che nelle mani di Sylvia Pichler acquistano una nuova dimensione estetica e funzionale. Vincente la trovata di questa giovane designer, con alle spalle studi in architettura, che ha fondato un nuovo marchio, Zilla, con il quale produce e commercializza una nuova collezione di borse. L’interesse di questi oggetti sta proprio, e soprattutto, nel concetto da cui si generano la forma e il suo modo di fabbricazione. Punto di partenza il materiale che, proveniente da settori di applicazione diversi da quello tradizionale della moda, viene lavorato e addomesticato per creare borse, portafogli, astucci di uso quotidiano. Zilla traduce in modo semplice, lineare e immediato un’idea contemporanea di lavoro artigianale, ne recupera il valore e lo proietta nella realtà di tutti i giorni. Con sensibilità e amore dei particolari, delle finiture sartoriali, Sylvia Pichler sviluppa la sua ricerca attraverso la conoscenza della caratteristiche specifiche di materiali diversi. Valuta le differenti risposte sulle loro possibilità di trasformazione e di manipolazione, ne soppesa le caratteristiche funzionali e prestazionali, ne calibra le potenzialità estetiche. Quindi nel suo laboratorio, Sylvia taglia le sagome che vengono cucite con ago e filo per confezionare contenitori dalle forme essenziali, ma armoniose, semplici ma raffinate che pur uniformandosi alle esigenze dell’universo femminile, propongono un accompagnamento alternativo allo stile di vita comune. Elena Cardani
La storia della tedesca Braun, fondata nel 1955, coincide con quella del moderno design, e più precisamente del disegno industriale che ha caratterizzato la seconda metà del XX secolo. Celebrare la scadenza dei primi cinquant’anni di vita dell’azienda tedesca significa quindi, al di là delle manifestazioni ufficiali ripercorrere una lunga vicenda che ha inciso profondamente sui nostri modelli di vita e di cultura. Basti pensare che all’origine del cosiddetto “stile Braun” vi sono gli stretti rapporti subito istituiti con la scuola di Ulm, e che, nonostante gli sviluppi e le ramificazioni di cui è costellata la vicenda del design contemporaneo, l’adesione a quello stile è rimasta sostanzialmente immutata, grazie anche alla costante tangenza del progetto formale rispetto all’evoluzione delle tecnologie operative e produttive. Sebbene passata fin dal 1967 alla Gillette, la Braun ha sempre conservato la propria immagine di azienda costruita sulla perfetta funzionalità dei prodotti, nonché su un design che si richiama ai princìpi moderni della cultura progettuale europea e soprattutto a quello che viene comunemente definito il “funzionalismo tedesco”. Il mezzo secolo della sua storia resta dunque ben espresso dalla sua capacità di adeguarsi ai mutamenti delle tendenze e dei modelli, senza tuttavia rinunciare mai alla propria identità. Il successo commerciale che le rimane tuttora assicurato sembra quindi sancire la bontà di una scelta fondativa e vivificante.
A new Boffi store has been built in Antwerp, in partnership with Boffi Trade, the Boffi holding directing the showrooms in Italy (Milan and Rome), France (Paris, Lyons and Cannes), Switzerland (Zurich), England (London), Belgium (Antwerp), Germany (Berlin, Cologne and Frankfurt) and the USA (New York and Los Angeles). The 500-square-meter area is a precise interpretation of the planning style adopted by the Boffi stores, which are characterized by an easily identifiable neutral architectural shell in which kitchen and bathroom layouts – the protagonists of the scene – are organized. The project, which was developed by Piero Lissoni in collaboration with the Boffi Marketing Management, shows due respect for the existing structure, adding value to it by using a gray hue for the walls, rough cement for the flooring, a play of skillfully adapted lighting, a mixture of fragrances and music that turn the new store into a sensory experience. The new Boffi store was designed within in a space occupied by a fish market which was built in 1894 and was open until the end of World War II. It was a semi-industrial structure, featuring a nave and two side aisles at the entrance, each of these marked by the sign “Visch-Myn”. The ceiling was partly shiny, and beams and decorated iron columns completed the building, where fish-selling went on at a hectic pace. Currently, “Visch-Myn” hosts three high-class companies: Boffi, B&O, and Contrast Interiordesigners. The purpose of this project is to provide architects and customers with complete solutions for house furnishings.
Vinyl, rubber, latex, synthetic sponge, sound insulation, air filters… all materials that are normally used in the building trade, and which in Sylvia Pichler’s hands acquire a new esthetic and functional dimension. This young designer, who has an architectural background, has come up with a bright idea: she has founded a new brand – Zilla, with which she produces and markets a new collection of handbags. The bags are especially interesting due to the concept behind them and to the way they are manufactured. The starting point is the material, which usually applies to sectors that are different from the traditional world of fashion, and which is worked and tamed to create purses, wallets and other types of cases meant for everday use. Zilla has a simple, linear and spontaneous way of interpreting handicrafts through a contemporary idea, she adds value to them and introduces them into everday reality. Sylvia Pichler’s sensibility and love for details and tailored finishings has led her to develop her research thanks to her knowledge of the different materials and their specific characteristics. She evaluates the different results according to how they can be transformed and shaped, she appraises their functional characteristics and performance and gauges their esthetic potential. Thus, in her laboratory, Sylvia cuts the shapes that are then sewn together with needle and thread, creating containers that have an essential but harmonious appearance. Her purses are simple but refined, and although they fall into line with the demands of the female universe, they introduce an alternative accompaniment to the common lifestyle.
The history of the German company Braun, which was founded in 1955, coincides with that of modern design, and, to be more precise, with the industrial design that characterized the second half of the twentieth century. Celebrating the German firm’s first fifty years of activity thus means tracing a long story that has deeply marked our lifestyle and culture. Indeed, the close relations the company immediately established with the school in Ulm is actually behind the so-called “Braun style”. And, despite the developments and networks involved in contemporary design, adhesion to that style has, substantially, remained unchanged, thanks to the constant upgrading of formal projects with respect to the evolution of operative and productive technologies. Although Braun was bought by Gillette in 1967, the firm has always kept up its image as a company built around the perfect functionality of its products, as well as around a design that draws from the modern principles of European planning culture, especially what is commonly defined as “German functionalism”. Therefore, its half a century of history can well be expressed through its ability to adapt to changes in trends and models without ever renouncing its own identity. The company is continuing to enjoy successful business results, thus confirming the stimulating choices it has made ever since it was founded.
Dieter Rams, Registratore a bobina/tape recorder TG60, Braun 1965.
Al Direttore del “Corriere della Sera” Milano, 11 gennaio 2005 Oggetto: I condomini con la griffe “Ma è impossibile viverci” di Pierluigi Panza.
Occasione di cultura Churches to Save
Il Chiostro di Santa Chiara a Napoli.
92 l’ARCA 212
Il FEC, Fondo Edifici di Culto, ha promosso, dal 13 febbraio al 5 marzo 2006, una serie di iniziative volte a far conoscere e divulgare le opere di straordinario valore che costituiscono il proprio e inestimabile patrimonio artistico e architettonico raccolto in oltre 700 edifici di culto, distribuiti sul territorio nazionale. Il FEC è un ente con personalità giuridica autonoma, amministrato dal Ministero dell’Interno attraverso l’apposita Direzione Centrale e le Prefetture-Uffici Territoriali del Governo, a livello provinciale. Dopo lo Stato Italiano è il più importante proprietario di beni artistici. Ha acquisito le oltre 700 chiese a fine Ottocento, con la soppressione delle corporazioni religiose e delle fabbricerie, e, tuttora aperte al culto, sono tutelate nella valorizzazione architettonica e delle opere d’arte in esse custodite. L’iniziativa si è sviluppata in numerosi eventi paralleli; dalla valorizzazione delle chiese mediante specifiche azioni di comunicazione, all’allestimento di due mostre di dipinti, sculture e arredi sacri, e dalla grande giornata nazionale del 25 febbraio che ha previsto visite guidate, concerti e letture di testi sacri.
The FEC (Foundation for Places of Worship) has organised a series of events from 13th February-5th March 2006 aimed at promoting and publicising all the outstanding works forming the priceless artisticarchitectural heritage of over 700 places of worship throughout Italy. The FEC is an association with independent legal status run by the Ministry of the Interior through a special Central Administration and the Government’s Territorial Offices on a provincial level. It is second only to the Italian State as regards the works of art it owns. It has purchased over 700 churches since the late-19th century, when religious corporations and vestry boards were closed down, and these churches, which are still active places of worship, are protected in terms of their architecture and the works of art they hold. The project was organised in the form of lots of simultaneous events, ranging from promoting churches through special communication enterprises to the installation of two exhibitions of paintings, sculptures and holy furbishing, and an important national day to be held on 25th February when guided tours, concerts and readings of holy texts are all planned to take place.
Dall’alto/from the top: Mattissima, Frog Vynil Doormat, Moquette Baguette Zerbino, Sculpture Bag Metalfoil.
Egregio Direttore, mi ha veramente stupito l’articolo, apparso sul “Corriere” intitolato “I condomini con la griffe” del 10 gennaio c.a., scritto da Pierluigi Panza. Non credo ci si possa permettere di dubitare delle capacità progettuali e della qualità del lavoro di Grandi Maestri dell’Architettura contemporanea, anche solo per farne uno scoop giornalistico. Già si parla poco di architettura e spesso, come in questo caso, male. Recentemente si è solo accesa una polemica fra architetti su chi deve o non deve lavorare in Italia e, oggi, si tenta addirittura di smontare i “mostri sacri”. Occorre essere precisi quando si insulta. “Gli amici si dicono sinceri ma in realtà sinceri sono i nemici” (nell’arte di insultare di Arthur Schopenhauer). L’insulto è utile ed efficace quando in qualche modo dice o perlomeno sfiora la verità. E’ più probabile che qualche verità scomoda la dica chi non ci vuole bene, sarebbe bello che, invece, qualche volta, fossero gli amici a dire senza reticenze cosa pensano. Con ciò, mi domando come possa essere utile a una redazione una persona che parla d’architettura quando non dimostra amicizia per l’arte del costruire e tanto meno rispetto e amore. Non è nel mio stile il contenuto di questa lettera, ma essendo un “malato” di architettura non posso fare a meno di inviarglieLa. L’intenzione, comunque, non è di offendere ma chiedere un approfondimento maggiore, prima di scrivere, su un argomento come l’architettura, in un momento delicato e di crisi, dove la creatività deve esercitare il suo ruolo. Mario Antonio Arnaboldi
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Notizie sui principali avvenimenti in Italia e nel Mondo. Reports on currentevents in Italy and abroad.
Design internazionale At Via Paris
La Collezione Mangano
E’ presentata fino al 16 aprile al VIA di Parigi, la mostra Design Yearbook nata dalla collaborazione avviata nel 2005 tra il VIA e l’editore inglese Laurence King, che pubblica ogni anno un’opera di riferimento per design contemporaneo The International Design Yaerbook. Ogni edizione è curata da un importante designer del panorama internazionale a cui oltre alla direzione artistica si deve la selezione dei prodotti rappresentati. Il designer olandese Marcel Wanders (1963), che oltre a disegnare per aziende quali Boffi, Moroso, Flos, Cappellini e Cassina vanta alcuni suoi prodotti esposti al MoMA di New York, al Museum of Modern Art di San Francisco, al Vitra e allo Stedelijk Museum di Amsterdam, è il resposabile dell’edizione del 2005 che il VIA ha voluto trasformare in una vera e propria esposizione. Una cinquantina di prodotti, selezioni dalle pagine del volume e prestati dai rispettivi produttori, sono così presentati nella spazi di avenue Daumesnil, allestiti con una scenografia che riflette lo spirito inventivo e sfaccettato di Wanders. A questa selezione si affianca una scelta di oggetti progettati dal designer che tracciano una storia del suo percorso professionale. La mostra, rivolta oltre ai professionisti anche al grande pubblico, offre un momento di approfondimento e riflessione sull’attualità del design internazionale attraverso lo sguardo di Wanders filtrato dall’innovazione che da sempre caratterizza la missione del VIA.
Presso il Museo Regionale di Messina, è presente, dal 25 marzo al 30 giugno 2006 la mostra “Design Finlandese, La Collezione Mangano” che, promossa dall’assessorato alla Cultura del Comune di Messina, in collaborazione con la Provincia di Messina e la Regione Sicilia, ha ottenuto il patrocinio dell’Ambasciata di Finlandia in Roma, del Design Museum di Helsinky, del Design Forum Finland, del Museo di Architettura Finlandese, del Museo Alvar Aalto, della Fondazione Alvar Aalto e dell’Accademia Alvar Aalto. La mostra, come il libro/catalogo, è curata da Anty Pansera, conservatore della Collezione, che ha curato la selezione dei 300 manufatti esposti, costituta da sedute, tavoli, librerie, tappeti, lampade, ceramiche, vetri, nonché stoffe e complementi per l’arredo e la tavola, prodotti tra gli anni Cinquanta e Novanta, a testimonianza della straordinaria ed esclusiva identità progettuale della Finlandia. Unitamente alla mostra l’evento evidenzia la storia personale di Letterio (Lillo) Mangano che, inizialmente designer e successivamente imprenditore, messinese di nascita e milanese di elezione, fu il primo a diffondere in Italia la cultura elegantemente strutturata e sintetica, nonché anticipatamente ecologica ed ergonomica del design finlandese. Con l’appoggio dell’allora direttore della Società per le Arti e l’Industria Finlandese Herman Olef Gummerus e del designer Timo Sarpaneva, Mangano iniziò a occuparsi attivamente del design finlandese dopo la sua collaborazione all’allestimento della sezione di quel Paese nell’ambito della XI Triennale di Milano nel 1957. Si impegna quindi ad acquistare e promuovere il prodotto finlandese fondando nel 1958, con la moglie Jole e i coniugi Sarpaneva, la società Fin Form che, finalizzata non solo all’aspetto commerciale ma anche a quello culturale
The Design Yearbook exhibition is being held at VIA in Paris through to 16th April. The exhibition is the result of a joint-venture set under way in 2005 between VIA and the English publisher Laurence King, who publishes every year a key work for modern-day design entitled The International Design Yaerbook. Each edition is organised by an important international designer who is responsible for both the artistic direction and the selection of products on display. The Dutch designer Marcel Wanders (1963), who, in addition to designing for firms like Boffi, Moroso, Flos, Cappellini and Cassina, can also boast products on display at the MoMA in New York, the Museum of Modern Art in San Francisco, the Vitra and Stedelijk Museum in Amsterdam, is in charge of the 2005 edition, which VIA decided to turn into an authentic exhibition. About 50 products, chosen from the book and loaned by their makers, will be on display in the spaces in Avenue Daumesnil, specially furbished to reflect Wanders’ multi-faceted and innovative spirit. This selection of products is backed up by a range of designer objects tracing the history of his professional career. The exhibition, designed for both experts and the general public, provides the chance to study and reflect on the current state of international design through Wanders’ eyes filtered through the kind of innovation that has always characterised VIA’s basic mission.
Tomlinson, Whiteman & Lucas Sport, Adidas 1 sports shoes. Marcel Wanders, Lampada Zeppelin, Flos. Patricia Urquiola, Bloomy Armchair, Moroso. Ferruccio Laviani, Lampada Bourgies, policarbonato trasparente/ transparent polycarbonate, Kartell.
dell’iniziativa, organizza uno spazio espositivo nel centro di Milano conosciuto come Carelia. Proprio a Lillo Mangano si devono le numerose e importanti mostre che hanno fatto conoscere e diffondere il “gusto” e il design Finlandese. Tra i marchi da lui introdotti in Italia spiccano la Artek, con una produzione di mobili pensati da Alvar Aalto e Itala che, sinonimo del vetro finlandese, si propone con un’oggettistica studiata da Aalto, Tapio Wirkkala e Sarpaneda. Vengono inoltre diffuse le produzioni firmate Arabia, Muurame, Vuokko, e Woodnotes. Molti elementi della Collezione Mangano appartengono a produzioni ormai inesistenti, e restano una preziosa testimonianza di tempi e culture mitiche.
Abitazione e dintorni In Hyères Nei raffinati ambienti di Villa Noailles, la residenza progettata da Mallet-Stevens nella città alta di Hyères, è in corso fino al 2 aprile, una mostra sui lavori di Anne Lacaton e Jean-Philippe Vassal, la cui ricerca si concentra principalmente sul tema dell’abitazione contemporanea. Dalle residenze private agli alloggi collettivi, la mostra declina attraverso progetti e realizzazioni, il percorso professionale dei due architetti mettendo in luce una peculiarità del loro modo di operare che pone il progetto dell’abitazione privata come potenziale prototipo di un possibile edificio a uso collettivo. In particolare attraverso questi prototipi Lacaton e Vassal esplorano tre diversi approcci che ben delineano la loro filosofia di progetto: lasciare inalterato il sito urbano o naturale, ma semplicemente abitare il luogo; sviluppare un’economia di esistenza privilegiando lo spazio sulla materia; evitare il ricorso a logiche standardizzate per lasciare massima libertà alla differenza. L’esposizione non trascura naturalmente il contesto di Villa Noailles in cui si istaurano sottili e profonde risonanze con i progetti di abitazioni dei due architetti.
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Fermare l’immagine dell’autostrada
Within the refined environment of Villa Noailles, which was planned by Mallet-Stevens in the upper city of Hyères, projects by Anne Lacaton and JeanPhilippe Vassal will be on show through April 2nd. The two architects mainly concentrate on contemporary dwelling. From one-family homes to apartment buildings, the show takes us on a journey through the two architects’ projects and implementations, highlighting one of their peculiarities: how independent dwellings can be seen as potential prototypes of buildings meant for collective housing. Through these models, Lacaton and Vassal explore three different approaches that outline the philosophy behind their projects: leaving the urban or natural site unaltered, and simply living in a place as it is; developing a sort of existential economy by preferring space to matter; avoiding the resort to standardized reasoning so as to give maximum freedom to differences. Naturally, the show keeps the context of Villa Noailles in consideration, creating a subtle, deep relationship with the two architects’ projects.
L’Autostrada Torino-Savona compie cinquant’anni. Per celebrare questo anniversario la Società Autostrada Torino-Savona promuove fino a giugno una mostra di fotografie allestita nelle dodici aree di servizio dislocate lungo questa arteria in entrambi i sensi di marcia e visibile fino al 2 luglio. Il progetto, che ha dato vita anche a un libro dal titolo Inventare gli spostamenti, ha preso avvio da una ricerca storica sulle vicende della A6, attraverso il suo cantiere. La storia della costruzione è stata raccordata al contesto più ampio della lunga stagione di costruzioni autostradali nazionali avviata nel 1955. Le autostrade sono state, infatti, una delle forme più visibili dello sviluppo e della modernizzazione del Paese a partire dal dopoguerra e la loro storia tocca aspetti fondamentali della vita sociale italiana. Oltre a ricostruire l’immaginario collettivo del Paese si è poi posta l’attenzione ai diversi progetti di connessione tra Torino e i porti liguri fin dagli anni Venti del secolo scorso. Per la mostra e per il libro è stata lanciata una campagna fotografica realizzata da quattro noti fotografi, Giorgio Barrera, Francesco Gnot, Guigo Guidi, Ciro Frank Schiappa, che hanno illustrato vari aspetti della “vita” autostradale. Barrera ha incentrato il suo lavoro sui luoghi in cui l’infrastruttura incontra i fiumi che percorrono il territorio attraversato e sull’impatto che l’autostrada ha sui luoghi che attraversa. Gnot ha fotografato l’autostrada come luogo in cui la testimonianza umana è affidata solo agli elementi che ne costituiscono l’aspetto semantico: asfalto, cartelli, caselli, gard-rail, aree di sosta. Guidi si è concentrato sulle aree di servizio all’altezza di Mondovì, realizzando immagini che sembrano sospese nel tempo. Infine, Schiappa ha dedicato la sua attenzione soprattutto agli spazi situati al margine dell’autostrada e agli individui che li abitano e che vi lavorano.
Viadotto sulla Bormida a Millesimo, fine anni ‘50/Viaduct on Bormida River, Millesimo, late 50s. Sotto/below, Matteo Thun, Residence Pergola, Algund.
Architettura altoatesina In Meran Fino al 17 aprile, la Kunst Merano Arte propone una selezione di “Architetture recenti in Alto Adige, 2000-2006”. La mostra, curata da Bettina Schlorhaufer, presenta una selezione di circa cinquanta immagini di edifici realizzati in zone e circostanze diverse della regione dell’Alto Adige, scelti da una giuria internazionale di esperti per presentare una panoramica generale dell’attività edile più recente e mostrarne intenti e aspettative per il futuro, cercando così di stimolare l’attenzione anche del grande pubblico verso l’ambiente costruito e le tematiche relative all’urbanistica e all’architettura. La mostra vuole così evidenziare le potenzialità sociali ed estetiche dell’architettura altoatesina, soprattutto in rapporto alle esigenze della vita quotidiana e del suo sviluppo, sia demografico che economico. Until April 17th, the Kunst Merano Arte is presenting a selection of “Recent architectural works in Alto Adige, 2000-2006”. The show, curated by Bettina Schlorhaufer, concerns a selection of about fifty pictures of buildings erected in the Alto Adige region, in different areas and under different circumstances. The images were chosen by an international jury of experts, so as to present a general survey of the most recent building activity, and are also meant to give an outlook on future expectations. The exhibition aims at stimulating the general public’s interest in the constructed environment, as well as in themes related to urban planning and architecture. The show thus points out the social and esthetic potential of architecture in Alto Adige, mainly in relation to the demands of everyday life, as well as to the region’s demographic and economic development.
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Attraverso la comunicazione Connections
Pessimismo artistico Post-Nuclear Visions
“Multiplo” contemporaneo Global Art
Morbide sintonie
Nell’ambito dell’iniziativa “Connect to Art” avviata nel 2004 da Nokia, la Triennale di Milano presenta la mostra/progetto “Artesto”. Si tratta di un insieme di parole e immagini trasmesse attraverso i display dei cellulari o legate a questo tipo di trasmissione contemporanea, realizzate da artisti tra cui, per citarne alcuni, ZimmerFrei, Antonio Rivaldi, Studio Azzurro (nella foto), Globalgroove, Kati Alberg, Nam June Paik, Louise Bourgeoise, Davide Salle. L’idea di Artesto è nata dall’identificazione di alcuni messaggi chiave, moti e stati della mente legati ai temi della sensibilità, della trasparenza e della passione. Questi messaggi chiave sono stati identificati e creati da Philippe Daverio, Erri De Luca, Carlo Freccero, Alda Merini, Mogol, Subsonica. La mostra rimane aperta fino al 19 marzo.
“Il mondo non è un panorama” è il titolo dell’installazione e della mostra presentata fino al 15 marzo negli spazi della Galleria Marco Noire Contemporary Art di Torino. I Masbedo (Nicolò Massazza, classe 1973, e Jacopo Bedogni, classe 1970), realizzano una sorta di evoluzione in video dell’ultimo libro del francese Michel Houellebecq intitolato La possibilité d’une île. In un mondo postnucleare pochi neo-umani sopravvivono conducendo una vita primitiva. Cloni di esseri umani modificati fisiologicamente e geneticamente. Vivono nell’eternità, in un limbo di pace interna. Privi di iniziativa personale vivono avulsi in una realtà virtuale all’interno di strutture isolate da qualsiasi contesto sociale. Le modificazioni subite dai neoumani sono irreversibili. Bisogna solo attendere i “Futuri” per avere una nuova possibilità di speranza. Se, dunque, La possibilité d’une île poteva prevedere una speranza di felicità, in Il mondo non è un panorama il mondo è rappresentato solo come mera sofferenza, dove ogni sconfitta ed eliminazione, è già stata prevista e decisa. In mostra anche la video installazione Gelo Verticale, un lavoro sviluppato in tre schermi verticali sul concetto del “perenne resistere nonostante tutto” e utilizza come performance-metafora tre corpi nudi esposti al gelo in una landa ghiacciata.
“Arte multipla” è un concetto di arte globale, integrata nella realtà e accessibile a tutti, che ha i suoi precursori in Duchamp e Laszlo Moholy-Nagy e va affermandosi soprattutto verso la fine degli anni Cinquanta con le opere di Daniel Spoerri e della Galerie Denise René. Un panorama attuale dei risvolti che il concetto di “multiplo” assume nella creazione contemporanea è presentato allo Spazio di Arte Concreta Albers Honegger di Mouans-Sartoux, in Costa Azzurra. Fino al 11 giugno, la mostra documenta l’evoluzione di questo medium espressivo dalla fine degli anni Cinquanta fino ai nostri giorni. Partendo dal presupposto che “è multiplo ciò che è dichiarato tale dall’artista”, la mostra riunisce un centinaio di artisti attorno a dimensioni e supporti diversi. Dalla stampa tradizionale alla stampa su carta, dal libro d’artista alla serigrafia, dalla fotografia ai video, ai DVD, alla scultura fino al mobile il percorso espositivo ne rivela i differenti aspetti declinandoli secondo nove tematiche: multiplo concreto, spazio multiplo, movimento multiplo, multiplo in gioco, colore multiplo, un multiplo originale a scelta del collezionista, natura multipla e il bazar. Così emerge come a volte il limite tra oggetto unico e multiplo può essere molto fragile, come nella sezione “multiplo originale a scelta del collezionista” dove, per esempio, l’opera di Claude Closky, 51 minutes, deve essere colorata dal collezionista in un tempo prefissato, o Nul di François Morellet che comunica al collezionista le istruzioni da seguire per poter realizzare l’opera partendo dalla rubrica telefonica.
Mistico e silenzioso, il nuovo Museo Paul Klee di Berna sembra plasmato sulla poetica del pittore, accennata, discreta e sfumata ma nel contempo carismatica e inconfondibile. Un viaggio attraverso l’ideazione e la costruzione dell’opera di Renzo Piano Building Workshop è ora in mostra fino al 1 aprile alla Galerie d’architecture di Parigi. Modelli, schizzi, foto delle varie fasi di cantiere, alcune delle quali inedite, illustrano la storia di questa progetto, voluto in omaggio all’artista ma che si è tradotto in un inno anche al paesaggio che lo ospita. La sagoma dell’edificio è infatti la trascrizione della topografia del luogo. La fluidità ondivaga che caratterizza l’involucro riprende la forma esatta delle colline e diviene quasi parte naturale e integrante di una situazione paesaggistica particolarmente felice e attraente a cui fa da sfondo la suggestiva distesa delle Alpi. Gli interni offrono un’ulteriore scoperta, le opere di Klee, molte delle quali, per ragioni conservative, accessibili solo ai ricercatori e specialisti, sono ospitate in una sequenza di spazi protetti da una copertura che forma tre colline mentre l’entrata del museo confluisce in un foyer aperto al pubblico dal quale si accede all’auditorium. Caratteristica del Museo è l’assenza di luce zenitale che danneggerebbe i fragili dipinti dell’artista che non sopportano la luce naturale. La costruzione è realizzata interamente in acciaio, rifacendosi al linguaggio dell’architettura navale, e l’illuminazione è risolta interamente dalla sola facciata vetrata proiettata a ovest e protetta da schermi traslucidi che filtrano la luce rendendola più dolce.
Within the sphere fo the initiative “Connect to Art”, commenced by Nokia in 2004, the Milan Triennial is presenting the exhibition/project “Artesto”. On show are a number of words and images that are conveyed through cell phone displays or are in some way linked to this type of contemporary transmission, created by artists such as ZimmerFrei, Antonio Rivaldi, Studio Azzurro (photo below), Globalgroove, Kati Alberg, Nam June Paik, Louise Bourgeoise, Davide Salle. The idea for Artesto was born through the identification of some key messages… mind impulses and states linked to the themes of sensibility, transparence and passion. These key messages were identified and created by Philippe Daverio, Erri De Luca, Carlo Freccero, Alda Merini, Mogol, and Subsonica. The show will be open through March 19th.
humans survive, leading a primitive life. They are the clones of physiologically and genetically modified human beings, and live an eternal life, remaining in limbo, in a state of inner peace. They are nostalgic for desire and lack any personal initiative, and live as though they were cut off from reality. In fact, they live in a virtual reality, isolated from any social context. The modifications these neo-humans have been subjected to are irreversible. All they can do for new possibility of hope is wait for the “Futures”. Therefore, while La possibilité d’une île could provide a glimmer of hope for happiness, in The world is not a landscape the world is simply represented as mere suffering, a place where every defeat and elimination has already been predicted and decided upon. Also on show is the video installation “Vertical Freeze”, a work shown on three vertical screens, based on the concept of “resisting forever, despite everything”. This work uses three nude bodies as its metaphorical performance: the bodies are exposed to the frost of a frozen land.
“The world is not a landscape” is the title of an installation and exhibition which will be on through March 15th at the Marco Noire Contemporary Art Gallery in Turin. Created by I Masbedo (Nicolò Massazza and Jacopo Bedogni, respectively born in 1973 and 1970), “The world is not a landscape” is a sort of video evolution of the French author Michel Houellebecq’s latest book, entitled La possibilité d’une île. In a post-nuclear world, just a few neo-
connotations the “multiple” concept is assuming in contemporary creation is presented at the Albers Honegger Concrete Art Hall in Mouans-Sartoux, on the Côte d’Azur. Open through June 11th, the show bears witness to the evolution of this expressive medium from the 1950s to our times. On the basis that “‘multiple’ is what the artist declares to be so”, the show gathers almost a hundred artists, whose works are in different sizes and are set on different supports. From traditional prints to prints on paper, from artist books to screen-printing, from photographs to videos, to DVDs, sculptures and furniture… this exhibition reveals different facets, concrete multiple, multiple space, multiple movement, multiple in play, multiple color, original multiples chosen by the collectors, multiple nature and jumbles. What emerges is that at times, the limit between a single and multiple object can be very fragile, as in the section devoted to “original multiples chosen by the collectors”, where, for instance, Claude Closky’s work 51 minutes must be colored by the collector within a certain time span, or Nul by François Morellet, who gives the collector instructions he/she must follow so as to create a piece by starting out with a telephone book.
“Multiple Art” is a concept of global art that is integrated in reality and accessible to everyone. Its precursors were Duchamp and Lazlo Moholy-Nagy, but it was during the 1950s, with works by Daniel Spoerri and the Galerie Denise René that it began establishing itself. A current survey of the new
Andy Warhol, Soup Campbells.
L’arte nell’architettura Unusual Context
Atmosfera sospesa Essential Images
Alle origini di Lione Birth of a Capital
Si svolge fino al 17 aprile presso la Capanna Mollino di Sauze d’Oulx, a 2.274 metri di altitudine, la mostra “Fuori pista”. Organizzata dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, insieme ai Rotary Club Susa Val di Susa e a Torino San Carlo. All’esterno, Paola Pivi ha collocato una grande immagine su PVC di 9x12 metri che rappresenta due zebre nello strano contesto dell’alta montagna, mentre Patrick Buttafuoco ha realizzato l’installazione Olympic, in cui cinque cerchi luminosi colorati, come quelli olimpici, segnano lo spazio di incontro di energie differenti. All’interno, sono allestite video installazioni di artisti affermati tra cui Doug Aitken che presenta Thaw dedicato allo scioglimento dei ghiacci in Alaska, Annida Larsson che con Hockey propone una partita in uno stadio completamente vuoto, Jordan Wolfson con Procession, una discesa sugli sci al rallentatore musicata da Patrick Grant, un’installazione site specific del torinese Marco De Luca. La visita della mostra è inoltre un’occasione per entrare nella Capanna del Lago Nero, che Mollino realizzò nel 1947.
La Galleria Forni di Milano presenta fino al 19 marzo una selezione di opere del giovane artista spezzino Mirko Baricchi (classe 1970). La mostra è intitolata “Home” e la casa vi è interpretata come metafora del corpo, un involucro che filtra il mondo esterno e porta visibilmente i segni del vissuto. Nel lavoro di Baricchi si percepisce una forte connotazione autobiografica, è lì, di fronte alla tela che si lascia andare la mente ad un libero sfogo, si richiamano ricordi lontani o sogni futuri, o semplicemente si registra un attimo di vita. I suoi dipinti sono immersi in spesse campiture di colore, dal giallo all’ocra al rosso. Sono immagini essenziali, spesso accompagnate da segni, come piccole croci o scritte, magari riprese da un libro appena letto o semplicemente parole, significative per il loro aspetto evocativo, ma indipendenti dal resto della scena. Ogni elemento concorre all’instaurazione di un’atmosfera sospesa, quasi sacrale, di fronte alla quale si riporta alla luce un frammento di un lontano di ricordo.
Una riflessione storica e urbanistica sui meccanismi e le tappe che determinano la nascita e lo sviluppo di una città è proposta dalla mostra in corso fino al 8 maggio al museo gallo-romano di Lyon-Fourvière. “Lugdunum, nascita di una capitale” rintraccia i primi anni della nascita della città romana dell’attuale Lione, dal 43 a.C. quando Luicius Munatius Plancus, governatore della Gallia, fondò una colonia a Lione agli anni successivi che videro in beve tempo la collina di Fourvière animarsi di vie, piazze, edifici pubblici e ricche dimore private che modificarono profondamente il paesaggio. La mostra è stata resa possibile grazie ai risultati degli ultimi scavi realizzati in oltre dieci anni sui teatri antichi di Fourvière. Il percorso espositivo rende dapprima omaggio ai fondatori di Lione: Plancus, Marco-Antonio, Agrippa e l’Imperatore Augusto, seguono le diverse sfaccettature della colonizzazione romana, dalla conquista militare alla pace civile, dai primi monumenti pubblici alla sfera privata, in cui si coglie il meglio dell’evoluzione dei modi di vita. Modelli originali, filmati in tre dimensioni, e circa duecento oggetti, da frammenti d’armi, monete, statue, pitture murali, vasellame, gioielli, materiali di scrittura e oggetti della vita quotidiana offrono al pubblico un materiale ricco e diversificato di
At an altitude of 2,274 meters, the exhibition “Off-piste” will be on at the Mollino de Sauze d’Oulx Cabin until April 17th. Organized by the Sandretto Re Rebaudengo Foundation, jointly with the Susa Val di Susa Rotary Club and Torino San Carlo. At the exterior, on a 9x12-meter sheet of PVC, Paola Pivi has placed a great image portraying two zebras high up in the mountains…an absolutely unusual context, while Patrick Buttafuoco created Olympic, an installation in which five brightly colored circles – just like the Olympic circles – mark out the area where different kinds of energy meet. At the interior, video installations by a number of renowned artists are shown, including Doug Aitken, with Thaw, which is devoted to the melting ice of Alaska; Annida Larsson, with Hockey, which represents a match in a totally empty stadium; Jordan Wolfson with Procession, an instance of slow-motion downhill skiing set to music by Patrick Grant, and a site-specific installation by the Turinese Marco De Luca. Visiting the show also provides the opportunity to visit the Black Lake Cabin, which was designed in 1947 by Mollino.
Until March 19th, the Forni Gallery in Milan is presenting a selection of works by the young artist Mirko Baricchi (born in 1970), from La Spezia. The exhibition is entitled “Home”, and the home is interpreted as a metaphor of the body, a shell that filters the outside world and bears visible proof of having been lived in. A strong autobiographical connotation is perceived in Baricchi’s work… his mind expresses itself freely through his canvases, recalling distant memories or dreams for the future, or simply recording a moment of his life. His paintings are immersed in richly colored backgrounds, ranging from yellow to ocher to red. His images are essential, and are often accompanied by signs, such as little crosses or minute writing which he may have copied from a book he has just read. Or, sometimes, he simply writes some words, which are significant due to their evocative appearance, but are cut off from the rest of the scene. Each element contibutes toward creating a suspended, almost sacred atmosphere, bringing a fragment of a distant memory back to life.
Mirko Baricchi, La prova.
96 l’ARCA 212
conoscenza e approfondimento storico delle nobili origini di uno dei principali poli economici e culturali di Francia. The Gallo-Roman Museum of Lyons-Fourvière is offering an opportunity to examine the history and urban planning behind the various stages that led to the birth and development of today’s Lyons. “Lugdunum, the birth of a capital” traces the first years of the Roman city’s growth, from its origin in 43 BC to when Luicius Munatius Plancus – the governor of Gaul, founded a colony in Lyons, and to soon after, when the hill of Fourvière began filling up with streets, squares, public buildings and rich private residences that made a great change in the landscape. The show was made possible thanks to the results of the last ten years of excavations made around Fourvière’s ancient theaters. Firstly, the exhibition pays tribute to the founders of Lyons: Plancus, Marcus-Antonius, Agrippa and the Emperor Augustus, following the first, various facets of Roman colonization, from military conquests to civil peace, from the first public monuments to the private sphere, which makes it easier to understand the evolution of different ways of life. Original models, three-dimensional motion pictures and about two hundred objects, including fragments of weapons, coins, statues, wall paintings, vases, jewelry, writing material and items for everyday use offer visitors a rich, diversified itinerary through the history of the noble origins of one of France’s principal economic and cultural centers. Dado da gioco in osso/bone dice, Parc archéologique de Lyon-Fourvière (Cliché: Jean-Michel Degueule, musée gallo-romain de Lyon). A destra/right, Eugène Devéria,
Riscoperta di un romantico Il Museo nazionale del castello di Pau presenta fino al 19 marzo una mostra di Eugène Devéria artista romantico (Parigi 1805-Pau 1865) che ritorna all’attenzione della critica in questo periodo di rinnovato interesse per gli artisti romantici e per i soggetti storici della pittura del secolo XIX. Devéria è a pieno titolo calato in questo periodo; suo momento di gloria fu il Salon del 1827 in cui egli incarnò il successo della nuova scuola romantica con l’opera Nascita di Enrico IV. Iniziò così il suo riconoscimento come pittore di soggetti di natura storica e religiosa. Si ritirò successivamente a Pau, richiudendosi nella pratica di un fervente calvinismo che lo portò a privilegiare il ritratto e il paesaggio. La mostra prende spunto dalle opere di Devéria, un centinaio tra oli, disegni e stampe, per tracciare un panorama dell’atmosfera velata di malinconia che caratterizzò tutto il secolo. Il percorso espositivo si articola in quattro sezioni che corrispondono alle tappe del percorso artistico di Devéria: “Il fiore della giovinezza” (1824-1827) che riunisce le opere giovanili dell’artista formatosi in un ambiente intellettuale e artistico particolarmente vivace; “Quattro grandi scene”, che testimonia i vari passaggi creativi con quattro importanti dipinti, La nascita di Enrico IV, LuigiFilippo I presta giuramento, davanti alla Camera, di mantenere la Carta, 9 agosto 1843, Il Duca di Montpensier inaugura la statua di Enrico IV a Pau e Ricevimento di Cristoforo Colombo da parte di Ferdinando e Isabella. Una cultura artistica e letteraria romantica, dove sono riunite opere che risentono dell’influenza sull’artista delle reminiscenze letterarie del teatro romantico; “Inquietudine e rassegnazione”, che testimonia l’incontro con il calvinismo nell’interpretazione del divenire storico e di cui La Morte di Calvino ne rappresenta un’opera particolarmente significativa.
Le roi Louis-Philippe Ier prête serment de maintenir la charte en 1830, olio su tela/oil on canvas, 77x110 cm, 1831-1836 (Versailles, Musée National du Château).
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Formalismo contemporaneo In Philadelphia
Interrogativi e utopie In Milan
La mostra “Gone Formalism”, presentata all’Institute of Contemporary Art di Philadelphia fino al 26 marzo, è un’indagine sull’arte formale contemporanea. Vi prendono parte sei artisti – Mark Grotjahn, Evan Holloway, Jessica Jackson Hutchins, Liz Larner, Charles Long e Gitte Schäfer – che propongono le loro opere impregnate di coscienza sociale, politica e anche humor. Le opere in mostra, pur riprendendo i temi del formalismo storico, ne estendono l’espressione, riutilizzando, riconfigurando e creando nuove forme, colori, materiali secondo parametri più legati all’intuizione, alla psicologia e alla metafisica in una sorta di neo-romanticismo autocosciente.
Testo, immagine, oggetti, luce, sculture, questo è la mostra “Le foulard d’Isadora” che Daniel Firman, giovane artista francese, presenta fino al 16 marzo al Centre Culturel Français di Milano. Firman esplora la relazione tra il corpo e l’ambiente che lo circonda, realizzando sculture sorprendenti per interrogare i confini delle utopie umane e industriali. Personaggi strani e ibridi, calchi di corpi sovraccarichi d’oggetti che rasentano talora la comicità dell’assurdo e installazioni spettacolari agiscono con forza sullo spettatore allo stesso tempo divertito, disorientato, inquietato e improvvisamente intrappolato nella necessità di pensar(si). Tra i lavori in mostra, due opere realizzate nel 2004 in collaborazione con lo stilista Christian Lacroix che evocano “gesti danzati”: Superpole Position è un’architettura coreografica mentre Liquid Cristal svanisce nella fluidità del gesto. Da segnalare anche il wall painting Did you do it? (nella foto), iscrizione gigantesca, colorata e demoltiplicata ci interroga sul contrappunto di uno slogan di una marca sportiva il cui fare si confonde con l’essere e il cosa con un’utopia generica.
The exhibition “Gone Formalism”, which will be open at the Institute of Contemporary Art in Philadelphia through March 26th, is a survey on contemporary formal art. Six artists are taking part in the show – Mark Grotjahn, Evan Holloway, Jessica Jackson Hutchins, Liz Larner, Charles Long and Gitte Schäfer. Their work is imbued with social and political awareness, and with humor, as well. Although the works on show deal with themes related to historical formalism, they extend the expression of the latter, creating new forms, colors and materials according to parameters that are more linked to intuition, psychology, and metaphysics, in a sort of self-conscious neoromanticism. Evan Holloway, Equity (detail), acciaio, poliuretano rigido, argilla, pittura, grafite/steel, rigid polyurethane, celluclay, paint, graphite, 2004 (Private Collection; courtesy Marc Foxx Gallery, Los Angeles).
Altri habitat In Nice
Berdaguer & Péjus (1968 e 1969) sono i protagonisti della mostra “que diriez-vous d’un supplément de vie?”, che cosa ne direste di un supplemento di vita?, presentata fino al 26 marzo a Nantes, nella Corte del Lieu Unique. I due artisti marsigliesi, formatisi alla scuola d’arte di Villa Arson di Nizza, si interrogano sui rapporti tra architettura ed esistenza umana codificata e quindi sul perché l’architettura non può essere semplicemente considerata come un oggetto calato nella città ma come oggetto in relazione all’altro, al corpo, all’habitat, alla circolazione ecc. L’elemento sui cui i due artisti lavorano è soprattutto un’idea di architettura invisibile piuttosto che di forma esterna dell’involucro. Al centro della loro ricerca sono le funzioni e le relazioni fisiche, psichiche e psicologiche che si possono istaurare con l’ambiente architettonico, “l’architettura che ci interessa e quella che non è mai stata costruita”. I loro riferimenti sono da ricercarsi nell’architettura radicale degli anni SessantaSettanta, soprattutto alla “No stop city” degli Archizoom. In questa mostra, l’involucro architettonico è assente, l’architettura è pensata come una non forma, sostenuta dalla proiezione di un film dove il clima e gli elementi presentati sono ripetuti all’infinito, in una dimensione di città “sotterranea” in cui la vita esterna è impossibile.
L’architettura è anche capace di svelare altri modi di vivere, dimensioni utopiche che a volte riescono a concretizzarsi in architetture costruite. A Nizza, al Forum d’Urbanisme e d’Architecture è in corso fino al 22 aprile una mostra che racconta le possibilità di “vivere altrimenti”, attraverso l’esperienza di quattro importanti architetti la cui ricerca si è concentrata in modo particolare sui temi delle architetture utopiche. Significative a questo proposito sono le definizioni con cui i protagonisti della mostra, Antti Lovag, Guy Rottier, Thierri Valfort e Jacques Rougerie, sintetizzano il loro lavoro. “Lavoro come un sarto, confeziono degli involucri su misura, involucri deformabili a volontà…” Antti Lovag; “Sono di quelli che pensano che l’avvenire sia più importante del passato, e le mie proposte non possono che scandalizzare quelli che sono in ritardo di una guerra” Guy Rottier; “Mi sono lanciato in una ricerca attraverso il pianeta di pezzi essenzialmente di origine aeronautica che dettano la creazione e mi suggeriscono le chiavi dell’habitat futuro” Thierry Valfort; “Adolescente, sono subito stato attratto dall’immaginario di Jules Verne che ha saputo tradurre in romanzo il genio dell’avventura umana” Jacques Rougerie. La mostra, offre anche al grande pubblico, un’occasione inconsueta per avvicinarsi alle sperimentazioni nel campo dell’architettura utopica mettendo a confronto le testimonianze di quattro architetti contemporanei, alcuni dei quali come Antti Lovag, hanno realizzato anche in Costa Azzurra, attraverso la presentazione di una cinquantina di fotografie e una selezione di modelli particolarmente significativi dei diversi percorsi progettuali. Sempre a Nizza, Julien Grudzinski (1976), è protagonista della mostra allestita presso la Galerie Sainte Réparate fino al 1 aprile. Sono esposti una decina di oli accompagnati da disegni e istallazioni sonore e video che testimoniano la forza del segno di questo giovane artista che trae principalmente ispirazione dalle immagini caricaturali della cultura pop filtrate da un forte preoccupazione per l’elemento pittorico nei suoi rapporti con altri media espressivi.
Berdaguer & Péjus, (que diriez-vous d’un supplément de vie?).
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Architecture is capable of revealing different ways of life, utopian dimensions that can sometimes turn concrete, in the form of constructed architecture. In Nice, until April 22nd the Forum d’Urbanisme et d’Architecture is presenting an exhibition that expounds the possibility of “a different way of life” through the work of four important architects who
Nuove referenze
Il nuovo centro direzionale/commerciale Confcommercio di Pistoia, progettato da Andrea e Silvano Lotti Architetti Associati e costituito da cinque piani fuori terra con interrato a uso autorimessa, evidenzia, in tutti i prospetti, l’impiego dei sistemi di facciata Schüco. In particolare, per le facciate strutturali presenti nel vano scala, sono stati utilizzati i sistemi Schüco SG 75 IW, caratterizzati da elementi apribili verso l’esterno a scomparsa e da parti fisse isolate termicamente e, per la facciata continua, il sistema Schüco FW 50+; una tecnologia collaudata per la realizzazione di facciate continue autoportanti a montanti e traversi isolate termicamente. Per le vetrine della zona commerciale al piano terra, si evidenzia il sistema Royal S 65 con telaio fisso di 65 mm e montanti rinforzati fino a 160 mm; ciò soddisfa le prestazioni richieste da elevate classi di sicurezza e antieffrazione.
La nuova e prestigiosa sede del Palazzo di Giustizia di Helsingborg, in Svezia, vincitrice del premio per l’innovazione delle scelte costruttive e dei materiali utilizzati, ha posto in particolare evidenza Eiffelgres, azienda leader nella produzione di lastre in “porcellanato tecnico”, che ne ha rivestito la facciata con il 30x30 Black Absolute Levigato. Il prodotto, scelto dallo studio di architettura Carl-Ake Bergoström, Ecoscape AB, si distingue per l’inimitabile tonalità scura capace di accordarsi perfettamente con il granito chiaro dell’edificio, nonché con l’alluminio, i vetri, il metallo, il legno e le plastiche impiegate. Black Absolute nasce nei laboratori Eiffelgres, mediante esclusivi procedimenti tecnologici che utilizzano materie prime naturali e assicurano lastre ingelive, antimacchia, resistenti agli acidi e alle escursioni atmosferiche, perfettamente calibrate e planari, facili nella posa e manutenzione.
Premio internazionale
Texts, images, objects, light, sculptures…these are the themes the young French artist Daniel Firman deals with in his exhibition “Le foulard d’Isadora”, which will be on through March 16th at the Centre Culturel Français in Milan, Italy. Firman explores the relationship between the body and its surroundings, creating surprising sculptures that raise questions on
Architetture invisibili In Nantes
Berdaguer & Péjus (respectively born in 1968 and 1969) are the protagonists of the show “que diriez-vous d’un supplément de vie?” (“what would you think of a life supplement?”), which will be presented through March 26th at Nantes, in the Lieu Inique Court. The two artists from Marseilles, who both attended the art school at the Arson Villa in Nice, question the relationship between architecture and codified human existence, and thus examine the reason why architecture shouldn’t simply be seen as an object to be placed in the city rather than an object that has to be related to another, to bodies, habitats, traffic systems, etc. Instead of the exterior form of architectural shells, the element the two artists focus on is mainly an idea of invisible architecture. Their research is based on the functions and physical, psychic and psychological relations that can emerge with the architectonic environment… “The architecture we’re interested in has never been constructed”. Their reference points are to found in the radical architecture of the 1960s and ’70s, especially in the Archizoom’s “No stop city”. This exhibition lacks architectural exteriors, and architecture is seen as a non-form. This idea is supported by a screening where the presented background and elements are repeated endlessly, in an “underground” city dimension where life without this city is impossible.
the limits of human and industrial illusions. Strange, hybrid characters, casts of bodies that are overburdened with objects – and that come across as absurdly comical, as well as spectacular installations make a great impact on spectators, who are simultaneously amused, disoriented, troubled and suddenly trapped by the need to think (looking into their inner selves). Two of the works on show were produced in 2004 in collaboration with the fashion designer Christian Lacroix, and evoke “dancing gestures”: Superpole Position is a choreographic piece of architecture, while Liquid Crystal vanishes into the fluidity of movement. The wall painting Did you do it? (in the picture) is also worth mentioning, a giant, colorful and scaled inscription leads us to examine the counterpoint implied in a sports brand slogan… here, doing merges with being, and the object becomes confused with a general utopian sensation.
Sistemi di facciate
have mainly focused their research on themes linked to utopian architecture. Significant definitions that summarize their work have been given by the protagonists of the show, Antti Lovag, Guy Rottier, Thierri Valfort and Jacques Rougerie. Each of them gives the following definitions: Antti Lovag, “I work like a tailor, I make architectural shells to measure, shells whose shape can change in any way…”; Guy Rottier, “I’m one of those people who thinks that the future is more important than the past, and my projects can’t but scandalize those who are one War behind…”; Thierry Valfort, “I have launched myself into a search through a planet made of pieces that essentially come from the world of aeronautics; these pieces dominate my creations and suggest possiblities for our future habitat.”; Jacques Rougerie, “When I was a teenager I was strongly attracted to Jules Verne’s imaginary world; he was able to make a novel out of the genius of human adventure.” The show also offers the general public an unusual approach to experimentations in the field of utopian architecture by comparing the work by these four contemporary architects. Again in Nice, the Galerie Sainte Réparate is devoting an exhibition– open through April 1st – to Julien Grudzinski (born in 1976). Ten of his oils are on show, accompanied by sound and video drawings and insallations that bear witness to the strength of this young artist’s sign. Grudzinski mainly draws inspiration from the comic images that belong to pop culture, filtering them through his strong attachment to pictorial elements in his relationship with other expressive means.
L’International City-Peple-Light Award, premio ideato nel 2003 da Philips Lighting in collaborazione con l’associazione LUCI (Lighting Urban Community International Association), viene assegnato ogni anno alle città e ai Paesi che hanno dimostrato massima qualificazione e impegno in termini di qualità per l’illuminazione notturna, nell’osservanza della sicurezza, della visibilità e dell’identità culturale della città. All’ultima edizione del premio hanno partecipato città di 21 Paesi, e la giuria, presieduta da Gad Gilardi (architetto e lighting designer), ha conferito il primo premio, accompagnato da un importo di 5000 euro, alla città di Colonia. Le città di Tampere (Finlandia), e Cannes (Francia) si sono aggiudicate il secondo e terzo premio, mentre alle città di Trieste (Italia) e Ginevra
(Svizzera), è stata riservata una menzione speciale. La città di Colonia si è distinta per aver sviluppato il concetto di illuminazione mediante la riduzione del numero di apparecchi, dando attenzione alla qualità della luce e del risparmio energetico, assicurando il 20% di luce in più con un abbassamento dei costi del 30%. Tra il 1998 e il 2000, l’illuminazione del centro cittadino di Colonia è stata realizzata con l’obiettivo di evidenziare le caratteristiche storiche e culturali della città (reperti romani, chiese romaniche, il Duomo, i ponti, le piazze).
Restauro di un simbolo Già operativa negli scorsi anni con importanti interventi di risanamento nella Basilica di S. Ambrogio a Milano, Mapei si è ulteriormente impegnata, sempre in collaborazione con il Gruppo Zambon, nel nuovo restauro del complesso inerente il Campanile dei Monaci; il più antico dei due campanili della Basilica (IX secolo) collocato a destra e considerato come la torre campanaria milanese più antica. La costruzione, dalla pianta quadrata e dal corpo liscio aperto unicamente nella parte superiore da arcate, alloggia ancora una campana di bronzo, e rivela una struttura originariamente e inaspettatamente più complessa poiché si notano all’interno antiche bifore murate. Il progetto di restauro interno ha previsto la pulizia e la conservazione di tutte le superfici antiche; in laterizio o intonaco, la rimozione di soppalchi intermedi; in legno e ferro, il rifacimento del serramento e la demolizione degli obsoleti impianti di riscaldamento ad aria, nonché la pulizia e il restauro delle porzioni lignee. I nuovi adeguamenti impiantistici e gli allestimenti non hanno comportato alcuna traccia o demolizione di sorta. L’intento finale ha previsto la realizzazione di un nuovo bookshop in sostituzione del predente, situato in prossimità del portale destro all’interno della Basilica e dimostratosi strategicamente inopportuno. Oltre alla sponsorizzazione in comune con Zambon, Mapei ha fornito prodotti specifici per il recupero delle murature antiche.
Luce sul Kilometro Rosso Situato in prossimità di Bergamo, il Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso rappresenta un polo di rilievo internazionale che aggrega imprese tecnologicamente avanzate e istituzioni scientifiche e di ricerca come Brembo, Italcementi e l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri (le prime a insediarsi nell’area. Di grande riscontro e prestigio, il progetto porta la firma Jean Nouvel, Master Plan dell’operazione, e la partecipazione di Luca Bombassi al quale è stato affidato il coordinamento della realizzazione completa del Parco, come pure lo
Nuovo catalogo sviluppo degli edifici della Brembo. E proprio in relazione a questo complesso, interessato a disporre di soluzioni illuminotecniche di alto contenuto tecnologico e volte al risparmio energetico, iGuzzini ottiene l’incarico per la fornitura dell’illuminazione interna degli uffici, dei laboratori e dei percorsi di collegamento tra i vari spazi del distretto Brembo (prima presenza nel Kilometro Rosso). L’intervento de iGuzzini comprende l’applicazione di sistemi di controllo e di gestione equilibrata tra luce naturale e artificiale.
Skema ha raccolto in un unico catalogo-volume l’intera collezione dei propri prodotti, completata da numerose immagini e ambientazioni e con dettagliate informazioni tecniche mirate per ogni singolo articolo analizzato nelle specifiche caratteristiche, colori, essenze e formati. Raffinato per grafica ed esposizione, il catalogo è brillante nello stile e accattivante nel messaggio che evidenzia con eleganza e chiarezza l’estrema flessibilità dei pavimenti Skema e le infinite soluzioni che ne contraddistinguono le proposte. Il catalogo è disponibile anche on-line e scaricabile dal sito internet www.skemafloor.it.
212 l’ARCA 99
Informazioni sull’editoria di architettura, design e comunicazione visiva. Information about publications of architecture, design and visual communication.
Personalizzazione luminosa
Terza edizione
Con un’iniziativa brillante e originale, i gestori del centro commerciale “Oslo City Shopping Centre”, hanno deciso di intervenire sulle zone del parcheggio riservato ai propri clienti nel vicino garage sotterraneo, personalizzandole con un’istallazione luminosa costituita da oltre 20 washer Focalflood varycrome e da un impianto Erco di programmazione Area Net che consente di richiamare sequenze luminose dinamiche e dissolvenze cromatiche suggestive. I washer con funzione di variazione cromatica RGB, sono montati a parete e animano i soffitti in calcestruzzo grezzo, mentre la luce colorata evoca sensazioni immaginifiche personalizzando l’ampia curva della rampa d’accesso.
Giunta alla terza edizione, la rassegna promossa dall’Istituto Italiano del Rame e curata da Riccardo Giovanetti, con la tematica “Abitare con il rame: acqua e cibo”, è stata dedicata alla promozione della cultura del rame attraverso un contesto progettuale e produttivo che ha stimolato il confronto diretto tra designer e aziende finalizzato al metallo. Le peculiarità che caratterizzano il rame hanno consentito la realizzazione di progetti anche abbinando materiali di più abituale utilizzo. Considerandone l’elevata conduttività termica, la migliore dopo quella dell’argento, il materiale è
Viaggi in nuovi mondi perfettamente compatibile con l’acqua potabile, e viene impiegato in innumerevoli tubazioni ad uso domestico. Ne vengono di conseguenza creati vari oggetti di uso comune sia per l’arredo bagno, sia per la cucina in termini di utensili come pentole e contenitori per liquidi, nonché oggettistica decorativa e funzionale di ampio impiego. La mostra, svoltasi lo scorso novembre presso lo spazio Material Connection nella Triennale di Milano, ha evidenziato, con le numerosissime proposte, prestigiose aziende e noti designer.
Mario Gerosa, Aurélien Pfeffer Mondi Virtuali Castelvecchi, Collana Quadra, Roma 2006, ill. a colori e in b/n, 460 pp Nel dicembre 2004 David Storey, un australiano di 23 anni ha comprato per 26,500 dollari veri un’isola che non c’è, che esiste soltanto in “Project Entropia”, in un mondo virtuale presente su internet, in un videogame on line. Quasi un anno dopo il regista Jon Jacobs ha sbaragliato quel record, comprando uno space resort da 100.000 dollari e facendo lievitare le quotazioni della newest economy dell’universo on line. Ogni sera migliaia di persone si danno appuntamento in locali fantasma, per ballare e cantare sul monitor, abbracciandosi stando a migliaia di chilometri di distanza. Un cinese è arrivato a uccidere nella realtà per uno sgarro commesso in un mondo inesistente. Qualcuno ha deciso di unirsi in matrimonio per interposta persona, tramite il proprio avatar, l’alter ego virtuale, che drammaticamente può anche invecchiare. E qualcun altro il proprio avatar lo fa lavorare (a volte
addirittura prostituire) nella vita virtuale, per potersi mantenere nella vita vera. Di queste affascinanti e talvolta inquietanti tematiche racconta il libro pubblicato da Castelvecchi, che ci aiuta a entrare e a viaggiare nei mondi virtuali che affollano la vita della “grande rete” e che sempre più sembrano riuscire a insinuarsi nella vita reale contemporanea. Mario Gerosa (Milano, 1963), giornalista, è capo redattore di “AD Architectural Digest”. Appassionato di luoghi immaginari e cultura digitale, da tempo studia il turismo nei videogames e ha aperto un’agenzia di viaggi organizzati nei mondi virtuali. Aurélien Pfeffer (Issy-les-Moulineaux, 1979) è un giurista francese specializzato in diritto delle nuove tecnologie e dei sistemi informatici, co-fondatore e capo redattore del sito JeuxOnLine, ha dedicato alla storia e alle cronache dei mondi virtuali dei videogames on line.
Un libro contro Rudy Ricciotti, Salvatore Lombardo Blitzkrieg - de la culture comme arme fatale Transbordeurs, Marseille 2005, ill. in b/n, 145 pp
Evidenziare con la luce
La lucentezza dell’alluminio
Si è svolta lo scorso novembre, nel contesto prestigioso del Palazzo della Regione di Padova, la mostra “Idee e realtà” di David Chipperfield che, organizzata dal Comune e dall’Ordine degli Architetti della Provincia di Padova, ha ripercorso gli oltre vent’anni di attività del progettista. L’evento ha superato il concetto di abituale esposizione per progetti architettonici, estendendola in un profilo aggiornato sulla varietà e diversità dei vari lavori. La distribuzione espositiva dei quaranta progetti, si è valsa, per valorizzarne al meglio i disegni e i modelli, del contributo di FontanaArte che ha messo a disposizione 450 lampade Paretto per l’illuminazione dell’intero spazio espositivo.
Il nuovo Municipal Centre di Vilnius, capitale della Lituania, è un complesso architettonico che rappresenta concettualmente e oggettivamente l’attuale immagine economica e sociale della regione, e ne consente le varie funzioni amministrative. La costruzione conta 15.060 mq e comprende una torre di 21 piani, e due palazzi adiacenti di tre e cinque piani. La torre, progettata da A. E. Paslaitis, T. Balciunas, G. Paslaitis, P. Kiaudkas, A. e A. Palaitis, si distingue per le soluzioni architettoniche impostate su tecnologie semplici e di estrema efficacia. Il complesso, caratterizzato dalla scelta dei materiali, si evidenzia per la lucentezza della vernice dell’alluminio dei pannelli, che esalta la riflessione delle facciate continue vetrate. Novelis Italia ha prodotto l’alluminio preverniciato Windy (vernicie poliammudica, lega EN AW-5005) piegato a cassetta e installato a secco per la conservazione dell’involucro opaco. La facciata a ventilazione passiva consente di controllare le dispersioni termiche e di evitare i surriscaldamento estivo.
Iniziative per la ceramica
Sponsorizzazione del cuore
Ceramica Del Conca, con la collaborazione dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Rimini, ha organizzato un workshop a sostegno delle iniziative dedicate al mondo degli architetti e dei progettisti, come l’evento “Markitecture”, legato ai temi del costruire e organizzato presso il Cersaie da alcuni anni. L’azienda ha inoltre promosso un incontro con esperti del settore e i vertici dell’azienda per discutere su “I nuovi impieghi della ceramica”, con particolare riferimento agli ambienti esterni. E’ stato inoltre presentatoli prototipo della “piastrella fotovoltaica” che, realizzato all’interno dell’azienda, si è aggiudicato il concorso “Exsercises in Architecture-Cumulus”, organizzato da Assopiastrelle e Bologna Fiere nel corso di Markitecture 2005.
“Casa alla Fontana” è una struttura residenziale messa a disposizione di persone con disabilità, giovani studenti/lavoratori e famiglie, bisognosi di un’adeguata sistemazione e consentire loro, nel contempo, di stabilire autentiche relazioni di reciproca conoscenza. Il progetto, finanziato da Fondazione Cariplo, Fondazione Peppino Vismara, Provincia di Milano e Regione Lombardia, ha avuto la collaborazione di aziende che, come Ariostea, si sono prestate a offrire sponsorizzazioni tecniche.
100 l’ARCA 212
Blitzkrieg scritto da Rudy Ricciotti, una delle figure più radicali dell’architettura francese contemporanea, e dal giornalista Salvatore Lombardo, tutti e due del sud della Francia ma di origine italiana, è costituito da una lunga serie di domande e risposte, un po’ sulla falsariga del libro di Jean Nouvel e Jean Baudrillard Les objets singuliers. “Un libro romantico e barocco dedicato al generale Michel Aoun eroe del Libano libero”, si legge nell’ultima pagina di questo libretto, maneggevole, divertente, provocatorio. I due autori, nei 12 capitoletti che si susseguono a ritmi incessanti, mettono in campo come in una pochade, un dialogo dai toni forti e ironici allo stesso
tempo, con un filo conduttore fatto di riferimenti militari-culturali che tiene insieme gli argomenti più vari, e che parte dal presupposto che si deve “resistere all’Impero”; e solo la cultura (di cui l’architettura è espressione), come un’arma fatale può infrangere l’ideologia imperialista. E’ un libro “contro”: contro il neo-regionalismo imperante nel sud della Francia, contro la pedagogia che si fa nelle Ecoles d’architecture, (“lançons un appel à la djihad architectural anti-écoles d’art e d’architecture…”), contro i corrotti, i nocivi e i nuls tra cui non vengono risparmiati vari nomi di architetti contemporanei francesi, contrapposti ai “frères
d’armes et nos héros” come Oscar Niemeyer, Achille Bonito Oliva, il generale Michel Aoun, il comandante Chavez, Emilio Ambasz, Jacques Hondelatte, Aldo Rossi, Ettore Sottsass, Bob Rauchenberg, Gilles Mahé, e altri; contro l’architettura olandese “expression meme de l’impérialisme et du cynisme total”, contro quella francese ‘expression de la veulerie et de la soumission’; ecc. Unica soluzione: quella militare dell’“exécution sommaire des coupables…” Geniali i ringraziamenti finali. Nicoletta Trasi
lettura. Questo a causa delle caratteristiche tecnicoeditoriali di libri e giornali che adottano caratteri piccoli. Avendo accertato che l’affaticamento della vista è il motivo dominante il fenomeno, il volume viene proposto con caratteri particolarmente distinguibili. La pubblicazione è dedicata ai santi guaritori, privilegiando alcune tra le più popolari figure taumaturgiche appartenenti alla storia della fede.
Polipress - Politecnico di Milano 2005, ill. a colori, 182 pp Il libro muove da un’indagine esplorativa sul quadro multidisciplinare della dimensione espressivosensoriale dei materiali e sfocia nella proposta di un Atlante, offerto come luogo d’incontro fra due linguaggi, che coniuga le possibilità di percezione e associazione tipiche della cultura del progetto con il rigore e la linearità proprie del sapere tecnico e dell’ingegneria dei materiali.
Segnalazioni Michele Di Sivo, Elisabetta Schiavone, Massimo Tabasco Barriere architettoniche. Guida al progetto di accessibilità e sicurezza dell’ambiente costruito Alinea Editrice, Firenze 2005, ill.a colori e in b/n, 376 pp Progettare senza creare barriere architettoniche e fonti di pericolo significa quindi rispondere alle esigenze fisiche (reali) di una utenza formata da persone di diversa età, con diverse caratteristiche fisiche, ma significa anche superare la falsa concezione che la barriera architettonica sia strettamente legata solo alla minorazione fisica motoria. Va precisato che quanto detto non significa né imporre modelli rigidi o tipologie alternative né tanto meno ospedalizzare la progettazione della città e della residenza, ma vuol essere un contributo all’individuazione di misure “qualitative”, nell’obiettivo di costruire il “benessere dell’ambiente urbano”. Da queste considerazioni è nata l’idea di organizzare un sistema informativo utile per il progettista nella fase di dimensionamento degli spazi urbani, degli edifici, delle unità ambientali e loro componenti. Nello specifico, Ariostea si è impegnata a fornire i pavimenti per le zone comuni, che richiedevano caratteristiche di resistenza, sicurezza e facilità di manutenzione.
I Santi Guaritori A cura di Anna Della Moretta Gruppo Editoriale Delfo, Brescia 2005, ill. col. 218 pp Il volume, che si distingue sia per ricercatezza sia per l’impiego originale di caratteri in corpo ventinove, è stato realizzato in base a un’indagine condotta dall’Istituto Policleto e coordinata da Ivana Bonvento, che hanno accertato come, analizzando i comportamenti di interesse alla lettura suddivisi in fasce d’età, in una certa percentuale di individui, con oltre quarant’anni, diminuisca la propensione alla
Nouvelles Villes de Design/New Design Cities Infopresse/Editions Pyramyd, Quebec 2005, ill. a colori, 330 pp Anversa, Glasgow, Lisbona, Montreal, Saint-Etienne, Stoccolma e New York sono al centro della riflessione di questo volume riccamente illustrato. Pubblicato sotto la direzione di Marie-Josée Lacroix e redatto con la partecipazione di François Barré, Saskia Sassen e John Thackara, il libro è basato sugli atti del simposio omonimo tenutosi lo scorso ottobre a Montreal destinato ad avviare un network di sinergie e autoconsapevolezza tra queste città fortemente legate a un’immagine di design contemporaneo. Danilo Premoli, Massimo Roj Work Wide Works – Le parole del progetto Alberto Greco Editore, Milano, 2004, ill. a colori e b/n, 190 pp Un libro ricco di immagini e dei pensieri che hanno ispirato i loro progettisti e chi le guarda. Un’idea nuova e accattivante di entrare nell’anima delle forme che arricchiscono le città. Valentina Rognoli, Marinella Levi Materiali per il design: espressività e sensorialità
Domenico Scudero Manuale del Curatore – Teoria e pratica della cura critica Gangemi Editore, Roma 2005, ill. a colori, 336 pp L’arte contemporanea oggi prevede che della sua gestione se ne occupi un professionista altamente specializzato: il Curator. Questa figura di raccordo fra lo storico e l’artista gestisce le grandi mostre internazionali, i grandi musei sino alla figura del curatore indipendente. Nei casi dei più noti curatori d’arte contemporanea questo profilo professionale ha raggiunto la consistenza di vere e proprie imprese connesse con l’informazione e la cultura di riferimento di singoli stati e collettività di stati. Leonardo Servadio FKS-Riflessi, Riflessioni. Fuksas, l’autobiografia Medusa, Milano 2005, ill. a colori e in b/n, 132 pp Lunga intervista che ripercorre il pensiero e il lavoro di Massimiliano Fuksas, toccando anche temi fondamentali a tutte le architetture e all’evoluzione della professione negli anni. Una lettura agile in cui progetto, storia, arte, società, etica della professione si intrecciano in un dialogo vivace e aperto.
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AGENDA Concorsi di architettura e design Architecture and design competitions Per i bandi completi For complete rules www.europaconcorsi.com
Belgio/Belgium Bruxelles Living Steel Concorso mirato a sviluppare approcci innovativi alle residenze sostenibili dal punto di vista sociale, economico e ambientale/The competition is being launched to develop innovative approaches to meet sustainable housing needs. Underlying the competition is a desire to address the economic, environmental and social aspirations of a growing world population Scadenza/Deadline: 14/4 Primo premio/First Prize: 50.000 Euro Per informazioni: International Iron and Steel Institute Rue Colonel Bourg 120 B-1140, Brussels, Belgium Internet: www.livingsteel.org
Cina/China Beijing IASS Hangai Prize Premio per ricercatori, designer e ingegneri under 30 per studi e ricerche innovative nel settore delle strutture spaziali e a guscio/Prize for young (under 30) talented researchers, designers and engineers. The prize will be given to the winners of the international contest of research papers and resumes of the design projects or innovative ideas that are related to the field of shell and spatial structures Scadenza/Deadline: 31/6 Per informazioni: Internet: http://hangai_prize.iis.u-tokyo.ac.jp/ E-mail: hangaipr@iis.u-tokyo.ac.jp
Danimarca/Denmark Helsingor Centro Culturale Concorso per la realizzazione di un centro culturale con la costruzione di una biblioteca, una sala teatrale e locali annessi/Competition for the realization of Cultural Centre including a library, a theatre and annex facilities Scadenza/Deadline: 28/3 Per informazioni: Akademisk Arkitektforening Konkurrencesekretariatet c/a Flemming Deichmann Strandgade 27 A DK-1401 Kobenhavn K. Tel. +45 32 83 69 00 Fax +45 32 83 69 01 Internet: www.arkitektforeningen.dk/ aa/dk/konkurrencer E-mail: konkurrencer@aa-dk.dk
Germania/Germany Hamburg DIFA-AWARD 2006 Concorso internazionale per lo sviluppo di progetti urbanistici innovativi
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International competition for the development of innovative urban projects Scadenza/Deadline: 31/5 Per informazioni: DIFA-AWARD 2006 competition office Winterstrasse 4-8, Hamburg, D-22765 Germany Internet: http://international.difa.de/
Tuttlingen Ampliamento dell’istituto Ferdinand-von-Steinbeis Progetto per l’ampliamento dell’istituto scolastico Ferdinand-vonSteinbeis. Il programma prevede la costruzione di 3.600 mq/Competition for the extension of Ferdinand-vonSteinbeis School Complex. The brief asks for 3,600 sq.m Scadenza/Deadline: 30/3 Per informazioni: Landkreis Tuttlingen, Planungsamt – Hochbauabteilung Bahnhofstrasse 100 D-78532 Tuttlingen Tel. +49 07461 9261011 Fax +49 07461 926991011 Internet: www.landkreis-tuttlingen.de E-mail: b.gresser@landkreis-tuttlingen.de
Italia/Italy Casalgrande (Reggio Emilia) Grand Prix Ceramica Concorso internazionale di architettura che seleziona e premia quei professionisti che, attraverso la loro opera, meglio hanno saputo utilizzare e valorizzare le proprietà tecniche e le potenzialità espressive degli elementi in grès porcellanato Granitogres, Marmogres, Pietre Native e Padana Piscine/International competition for works of architecture showing and enhancing the technical and expressive potentialities of porcelained grès, Granitogres, Marmogres, Native Stones and Padana Piscine Scadenza/Deadline: 31/12 Per informazioni: Ceramica Casalgrande-Padana Via Statale 467, 73 42013 Casalgrande (RE) Tel. +39 0522 9901 Fax +39 0522 996121 Internet: www.casalgrandepadana.it/ grandprix_quarta.asp E-mail: giullari@casalgrandepadana.it
Gubbio (Perugia) Premio Gubbio 2006 Premio Interventi di recupero del patrimonio edilizio e/o iniziative gestionali e organizzative nel quadro di strategie di riqualificazione di ambiti urbani o territoriali. Il Premio Gubbio 2006 è articolato nelle seguenti sezioni: 1 - Premio Europeo 2 - Premio Nazionale; 3 - Premio Nazionale per tesi di laurea e di Dottorato di ricerca, o di Scuola di Specializzazione. Il Premio intende promuovere un concreto avanzamento negli indirizzi e nei criteri di intervento sul patrimonio edilizio esistente e nella riqualificazione di ambiti urbani e territoriali/The theme of the “Premio Gubbio 2006” is the following: “Physical interventions for the recovery of existing buildings and/or operational and organizational initiatives, consisting of strategic operations for raising the level of urban standards”. The “Premio Gubbio 2006” is divided into the following sections: 1 European Prize; 2 - National Prize, open to public administrations and public and private operators, who are the promoters
and/or executors of studies, projects and interventions begun after the 1st January 1999; 3 - National Prize for degree theses and research doctorates Scadenza/Deadline: 15/3 Per informazioni: Associazione Nazionale Centri StoricoArtistici (A.N.C.S.A.) Segreteria del Premio Gubbio 2006 c/o Servizio Turistico Associato Via della Repubblica 15 06024 Gubbio (PG) Internet: www.ancsa.org/2gubbio/ 2_premiogubbio.htm
Livorno 3° Concorso Internazionale di Arti Visive “EM’ARTE 2006” Concorso aperto a tutti gli artisti, italiani e stranieri, in cinque sezioni così articolate: A. Pittura (grafica, collage, aerografia ecc.); B. Fotografia artistica; C. Piccola scultura (citazioni speciali per sculture in alabastro); D. Multimedia (video installazioni, computer art ecc); E. Giovani critici d’arte contemporanea (fino a 35 anni)/International competition for artists in five sections: A. Painting; B. Artistic photography; C. Small sculpture; D. Multimedia; E. Young art critics (under 35 years of age) Scadenza/Deadline: 31/3 Per informazioni: C.Æ.S.A.R. ONLUS coop.a.r.l Via Medaglie d’oro 1/ A 57127 Livorno Internet: http://emarte2006.leonardo.it/blog E-mail: arte@caesaronlus.it
Milano Concrete Design CompetitionPlasticity/Opacità Concorso internazionale per studenti di Belgio, Germania, Irlanda, Italia, Olanda, Svezia, Turchia Regno Unito per oggetti e prodotti che analizzino la dualità opacità/plasticità del cemento/International competition open to students of Belgium, Germany, Ireland, Italy, The Netherlands, Sweden, Turkey and the United Kingdom for research on the duality opacity/plasticity of concrete Scadenza/Deadline: 15/5 Monte premi/Total prize money: 4.000 Euro per ogni nazione/for each country Per informazioni: Segreteria Italia AITEC Maria Teresa Briotti Centro Direzionale Milanofiori Strada 1, Plazzo F2 20090 Assago (MI) Tel. +39 02 57511251 Fax +39 02 57511265 Internet: www.concretedesigncompetition.com E-mail: mtbriotti@altecweb.com
Well-Tech Premio all’innovazione tecnologica sostenibile, accessibile e per una migliore qualità della vita/Award for products showing innovations in sustainable and accessible technology for a better qualità of life Scadenza/Deadline: marzo/March Giuria/Jury: Domenico Zampagliene, Gianni Silvestrini, Isabella Steffan, Andrea Poggio, Monica Cesco, Carlo Vezzoli Per informazioni: Well-Tech Chiara Cantono Tel. +39 02 29518792 Fax +39 02 29518189 Internet: www.well-tech.it E-mail: info@well-tech.it
Sanguinetto (Verona) Il mobile significante Concorso di design sul tema “L’elemento d’arredo nei luoghi
d’attesa”/Design competition on the theme “Furniture in waiting areas” Scadenza/Deadline: 16/5 Monte Premi/Total prize money: 20.000 Euro Giuria/Jury: Giorgio Morelato, Francois Burkhardt, Vittorio Fagone, Ugo La Pietra, Ettore Moschetti, Ettore Colonetti Per informazioni: Fondazione Aldo Morelato Palazzo taidelli Corso Vittorio Emanuele 61 37058 Sanguinetto (Verona) Tel. +39 0442 365250 Fax +39 0442 365244 Internet: www.fondazionealdomorelato.org
Torino International Award in Design, Engineering and Innovation in the Field of Automotive Human Factor Italdesign-Giugiaro promuove un premio internazionale di design per progetti di ricerca nel campo del design, ingegneria e innovazione legati al fattore umano nell’automobile Italdesign-Giugiaro is promoting an International Award in Design, Engineering and Innovation, which will award prizes to three innovative research projects in the field of automotive Human Factors design Consegna/Submission: 1/2-18/4 Monte premi/Total prize money: 40.000 Euro Per informazioni: Politecnico di Torino 1a Facoltà di Ingegneria Dipartimento di Meccanica Area di Ingegneria Industriale Corso Duca degli Abruzzi 24 10129 Torino Internet: www.italdesign.it, www.polito.it/news/750_bando.pdf, www.icsid.org/italdesign
Tor San Lorenzo/Ardea (Roma) Premio Internazionale Torsanlorenzo Premio con la finalità di promuovere progetti realizzati e la qualità del verde urbano e forestale. Le sezioni sono le seguenti: sezione A: la progettazione paesaggistica nella trasformazione del territorio - Interventi di restauro, ripristino e recupero ambientale; sezione B: la cultura del verde urbano – la qualità degli interventi nella città, la piazza, il verde di quartiere, il parco urbano; sezione C: giardini e parchi privati urbani e suburbani International award for the promotion of realized projects and the quality of urban and woods green. Three sections: section A: territorial landscaping, environmental restoration and requalification; section B: urban green culture: interventions for the quality of the city, squares, parks, neighbourhoods; section C: private gardens and parks in the city and the country Scadenza/Deadline: 7/3 Monte premi/Total prize money: 7.500 Euro Per informazioni: Segreteria del Comitato Promotore “Premio Internazionale Torsanlorenzo” Gruppo Florovivaistico Soc. Coop. Agr. Via Campo di Carne, 51 00040 Tor San Lorenzo – Ardea (Roma) Tel. +39 06 91019005 Fax +39 06 91011602 Internet: www.premiotorsanlorenzo.it E-mail: info@premiotorsanlorenzo.it
Vercelli Campus universitario nell’area della ex Caserma Perrone Concorso internazionale di progettazione per la redazione di un progetto (con livello di approfondimento pari a quello di un
AGENDA progetto preliminare) relativo alla realizzazione di un Campus universitario nell’area della ex Caserma Perrone, in Novara, Via Ettore Perrone 18/International competition for the project of a University Campus in the area of the former Perrone Barracks in Novara, Via Ettore Perrone 18 Scadenza/Deadline: 15/3 Per informazioni: Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro Ufficio Contratti Via Duomo 6, 13100 Vercelli. Tel. +39 0161 261565 Fax +39 0161 211358 Internet: www.unipmn.it E-mail: ufficio.contratti@rettorato.unipmn.it
Russia Ekaterinenburg The Euroasian Premium 2006 Premio legato al Festival Internazionale di Architettura che promuove progetti pionieristici e innovativi/Award held on the occasion of The Annual International Festival of Architecture and Design to promote your pioneering projects as long as we deal with innovative architectural and design ideas Scadenza/Deadline: 1/6 Monte premi/Total prize money: 26,000 US$ Per informazioni: Univer Press St. Lenin 49 620219, Ekaterinburg Tel. +7 343 3716366, 3714348 Fax +7 343 3559009 Internet: www.upress.ru/premium/ E-mail: konkurs@upress.ru
Spagna/Spain Barcelona European Prize for Urban Public Space Concorso biennale mirato a sottolineare l’importanza dello spazio pubblico come catalizzatore della vita urbana e riconoscere e promuovere gli investimenti delle pubbliche amministrazioni, riconoscendo il valore degli spazi pubblici come indicatori della salute collettivia e civica delle città Biennial competition that aims to highlight the importance of public space as a catalyst of urban life, and to recognise and foster investment by public administrations in its creation, conservation and improvement, while also understanding the state of public space as a clear indicator of the civic and collective health of our cities Scadenza/Deadline: 15/3 Giuria/Jury: Elias Torres, Dietmar Steiner, Aaron Betsky, Rowan Moore, Francis Rambert, Severi Bolomstedt Per informazioni: Centre de Cultura Contemporania de Barcelona Montalegre 5 E08001 Barcelona Tel. +34 93 3064100 Internet: www.urban.cccb.org/prize E-mail: urban@cccb.org
Madrid VETECO-ASEFAVE Awards 2006 Premio internazionale per i produttori e progettisti di finestre e serramenti/International award for the production and design of windows and windowframes Scadenza/Deadline: 21/3
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Per informazioni: VETECO-IFEMA, Feria de Madrid Parque Ferial Juan Carlos I 28042 Madrid Tel. +34 91 7225344/5000 Fax +34 91 7225807 Internet: www.veteco.ifema.es E-mail: veteco@ifema.es
Santa Cruz de Tenerife Riqualificazione dell’Area Funcional de Valleseco Concorso internazionale di idee per la riqualificazione dell’Area Funcional de Valleseco. Il programma prevede l’integrazione di un tratto di lungomare per realizzarvi attività ricreative, e la sistemazione della viabilità carrabile e pedonale International ideas competition for the requalification of the Valleseco Functional Area. The brief asks for the integration of a section of the waterfront with leisure activities and the reorganization of the car and pedestrian traffic Scadenza/Deadline: 17/4 Per informazioni: Autoridad Portuaria de Santa Cruz de Tenerife Secretaria General Avda. Francisco La Roche 49 E-38001 Santa Cruz de Tenerife Tel. +34 92 2605455 Fax +34 92 2605473
Svizzera/Switzerland Genève 10th Aga Khan Award for Architecture Il premio per l’Architettura Aga Khan riconosce esempi di eccellenza in vari settori dell’architettura, della conservazione e dell’ambiente nei paesi Islamici The Aga Khan Award for Architecture recognises examples of architectural excellence that encompass contemporary design, social housing, community improvement and development, restoration, re-use, and area conservation, as well as landscaping and environmental issues Scadenza/Deadline: 15/10 Per informazioni: The Aga Khan Development Network 1-3 Avenue de la Paix, 1211 Geneva 2, Switzerland Internet: www.akdn.org/agency/aktc_akaa.html
riproducibile di area di sosta verde. L’area individuata dai promotori (California Department of Transportation –CALTRANS, The Great Valley Center, American Institute of Architects, California Council, organizzazioni private) è l’area di sosta di Tipton lungo la Route 99 nella Tulare County, San Joaquin Valley, California/The California Department of Transportation (CALTRANS) and The Great Valley Center, with the support of the American Institute of Architects, California Council, and private organizations, are partnering in an open one-stage international competition to select a design, and thereby a design team, for a selfsustainable and “off the grid” roadside GreenStop© the word coined to designate a green roadside rest area. The Sponsors view this as a unique opportunity to create a “green” rest area that can serve as a model for current and future rest stops within the state system, with the ability to be customized so as to be regionally relevant for each location. The site for purposes of the competition is the Tipton rest area site along Route 99 in Tulare County, San Joaquin Valley, CA. The site currently accommodates nearly 3 million travelers per year. While the design will be required to address the larger sustainability and interpretive issues, it will also be required to provide an image and identity reflecting this region of California’s Central Valley Scadenza/Submissions: 10/4 Per informazioni: GreenStop Design Competition Great Valley Center 201 Needham Street Modesto, CA 95354 Tel. ++1 209 5225103 Internet: www.greatvalley.org/greenstop/
Orange County (CA) Leading Edge Concorso per studenti per lo sviluppo di studi su edifici sostenibili ed energeticamente efficienti/Students competition for supporting and enhancing the study of sustainable and energy-efficient building practice in architectural education Scadenza/Deadline: 31/3 Per informazioni: The Leading Edge Lisa McNamara Southern California Edison 6042 N, Irwindale Avenue, Suite B Irwindale CA 91702 Internet: www.leadingedgecompetition.org E-mail: Pat Heatherly (Project Manager) pat@newbuildings.org
USA Chicago Urban Open- A competition for Chicago’s Legacy of Sustainable Communities Concorso per lo sviluppo di strategie per la riqualificazione di East Greenfield Park e la creazione di uno spazio pubblico dove le famiglie possano riunirsi, interagire e divertirsi/Competition for the development of a strategy for reinvigorating East Garfield Park and creating a public place where families can gather, interact and recreate Scadenza/Deadline: 15/3 Per informazioni: Urban Open Internet: www.urban-open.org E-mail: info@urban-open.org
Modesto (CA) Greenstop Design Competition: Designing For a Sustainable Future Concorso internazionale per la definizione di un modello sostenibile e
WEB Pagine Bianche d’Autore Concorso per artisti dai 20 ai 35 anni che operino come autoditatti nel settore delle arti visive sul territorio italiano, per il disegno delle copertine delle Pagine Bianche Scadenze (a seconda delle regioni): 26/4 Per informazioni: Internet: www.paginebianche.it
Shelter in a Cart Competition Concorso per il progetto di un rifugio per senzatetto/Competition to design a cart that can provide shelter and storage. The homeless use carts to carry their possessions and to collect goods (bottles, cardboard, etc.) that they then return to various recyclers in exchange for money Iscrizione/Registration: 28/2 Consegna/Submission: 10/3 Per informazioni: Design Boom Internet: www.designboom.com E-mail: designboommail@designboom.com
Affidamenti
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Italia/Italy Cesano Maderno (Milano) Elenco di professionisti L’ente intende formare un elenco di professionisti esterni abilitati per l’affidamento di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria. La selezione, principalmente, riguarderà le seguenti tipologie di incarichi di progettazione e direzione lavori: 1) opere edili; 2) cementi armati e opere strutturali in genere; 3) fognature; 4) impianti elettrici; 5) restauro architettonico e artistico; 6) opere idrauliche di difesa spondale e paesaggistiche Scadenza: 30/12 Per informazioni: Comune di Cesano Maderno Piazza Arese 12 20031 Cesano Maderno (MI)
Nova Milanese (Milano) Elenco professionisti (incarichi fiduciari di progettazione) Aggiornamento permanente elenco professionisti qualificati per l’affidamento di incarichi fiduciari di progettazione e attività tecnicoamministrative connesse di importo stimato fino a 100.000 Euro Scadenza: 8/9/2008 Per informazioni: Comune di Nova Milanese Elettra Bresadola Tel. 036 2374335 E-mail: elettra.bresadola@novamilanese.it
Osnago (Lecco) Elenco professionisti (progettazione, direzione lavori, coordinatore sicurezza) L’ente ritiene opportuno invitare i soggetti abilitati, interessati al conseguimento di incarichi di progettazione, direzione lavori e coordinatore per la sicurezza a presentare al protocollo comunale candidatura corredata da curriculum con indicazione delle esperienze professionali compiute e della tipologia di opere per cui si propone la candidatura Scadenza: 31/12 Per informazioni: Comune di Osnago Viale Rimembranze 3 Osnago (LC) Tel. 039 952991 Fax 039 9529926 Internet: www.osnago.net E-mail: comune@osnago.net
Pianezza (Torino) Elenco professionisti (geometri, architetti, ingegneri, geologi) Formazione di un elenco di professionisti qualificati per l’affidamento di incarichi di importo inferiore a 100.000,00 Euro Scadenza: 25/6/2008 Per informazioni: Comune di Pianezza Piazza Napoleone Leumann 1 10044 Pianezza (TO) Tel. 011 9670000 Fax 011 9670295
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AGENDA Pisa Elenco professionisti Costituzione dell’elenco dei professionisti qualificati per l’affidamento di incarichi fiduciari di progettazione e attività tecnicoamministrative connesse, compresa l’attività di consulenza e supporto al rup, la direzione lavori e il collaudo, per un importo stimato fino a 100.000 Euro Scadenza: 30/12 Per informazioni: Ente-Parco regionale Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli Sergio Paglialunga Via Aurelia Nord 4 56122 Pisa Tel. 050 525500 Internet: www.parcosanrossore.org E-mail: s.paglialunga@sanrossore.toscana.it
Roma Elenco per l’attuazione di piani regionali della società dell’informazione Elenco per il conferimento di incarichi finalizzati alla assistenza tecnica delle misure previste nel POR delle regioni dell’Obiettivo 1 per l’attuazione di piani regionali della società dell’informazione Scadenza: 30/12 Per informazioni: Centro Nazione per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione
Torino Esecuzione di indagini geognostiche in gallerie Esecuzione di indagini geognostiche in gallerie, su rilevati, ponti e fondazioni ricadenti in varie linee di giurisdizione della Direzione Compartimentale Infrastruttura di Torino; importo complessivo dell’appalto: (compresi oneri per la sicurezza): 672.493,05 Euro Scadenza: 27/9/2007 Per informazioni: Rete Ferroviaria Italiana Spa Legale Milano - Settore Operativo di Torino per conto Direzione Compartimentale Infrastruttura Torino Via Sacchi 1 10125 Torino Tel. 011 6652355 Fax 011 6655116
Varese Elenco professionisti per le zone nucleari di competenza della NDFMU Lo scopo dell’appalto è l’esecuzione di servizi di ingegneria, architettura e consulenze tecniche, da svolgere principalmente all’interno delle zone nucleari di competenza della NDFMU (Nuclear Decommissioning and Facilities Management Unit) all’interno del Centro comune di ricerca di Ispra. L’elenco dei candidati preselezionati stilato a seguito del presente avviso sarà utilizzato esclusivamente nell’ambito di appalti di servizi il cui valore presunto sia inferiore alla soglia (attualmente 154.014 Euro) Scadenza: 26/4/2008 Per informazioni: Commissione Europea, Centro comune di ricerca (CCR) Nuclear Decommissioning and Facilities Management Unit Sig.ra I. Borgotti TP 800 21020 Ispra (VA) Fax +39 0332 789108
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Convegni e dibattiti Congresses and conferences
Francia/France Nantes Cité des Congrès.Nantes Métropole ETHICS: Design, Ethics and Humanism 15/6-17/6 Per informazioni: Cité des Congrès.Nantes Métropole Nantes, Cedex 1, 44041 France Internet: http://cumulus.lecolededesign.com/
Canada Toronto Ryerson University Architecture/Music/Acoustics Conference 8/6-10/6 Per informazioni: Ryerson University Bruce Piercey Manager, Public Affairs 350 Victoria Street Toronto, Ontario M5B 2K3 Tel. +1 416 9795000 x 7002 Fax +1 416 9795160 E-mail: bpiercey@ryerson.ca
Vancouver The Westin Bayshore Canadian Science Buildings 17/7-18/7 Per informazioni: Internet: www.tradelineinc.com
Cina/China Beijing Beijing New Century Hotel IASS 2006 Convegno internazionale sulle strutture spaziali e di copertura International conference on spatial and shell structures 16/10-19/10 Per informazioni: Secretariat IASS 2006 Beijing University of Technology Beijing 100022, China Tel./Fax +86 10 67391496 Internet: www.iass2006.cn E-mail: IASS2006@spast.org.cn
Corea del Sud/South Korea Seoul University of Seoul First International Conference on Digital Architecture and Construction 19/9-21/9 Per informazioni: Katie Banham Conference Secretariat Digital Architecture & Construction 2006 Wessex Institute of Technology Ashurst Lodge, Ashurst Southampton, SO40 7AA Tel. +44 0238 0293223 Fax +44 0238 0292853 Internet: www.wessex.ac.uk/ conferences/digital06/index.html E-mail: kbanham@wessex.ac.uk
Finlandia/Finland Savonlinna University of Joensuu, Savonlinna Campus Human Perspectives on Sustainable Future - 5th International Household and Family Research Conference 6/6-9/6 Per informazioni: Internet: http://household.joensuu.fi/index.shtml
Giappone/Japan Tokyo Tokyo Institute of Technology STESSA 2006 Quinta conferenza internazionale sul comportamento delle strutture in acciaio in aree sismiche/Fifth Conference on the behaviour of steel structures in seismic areas 14/8-17/8 Per informazioni: Structural Engineering Research Center, Tokyo Institute of Technology Nagatsuta 4259, Midori-ku, Yokohama 226-8503, JAPAN Tel: + 81-45-924-5330 Fax:+ 81-45-924-5334 Internet: www.serc.titech.ac.jp/stessa2006/ E-mail: Akira Wada wada@serc.titech.ac.jp, Michiko Kawaguchi kawaguchi@serc.titech.ac.jp Bruno Calderoni Department of Structural Analysis and Design, Faculty of Engineering, University of Naples “Federico II” Piazzale Tecchio, 80 80125 Napoli, Italy Tel. +39 081 7682440 Å@ Fax +39 081 5934792 E-mail: stessa06@unina.it
Yokohama Pacifico Yokohama CWE2006 4° Simposio internazionale sull’ingegneria computazionale applicata alla fluido dinamica del vento/The Fourth International Symposium on Computational Wind Engineering 16/7-19/7 Per informazioni: CWE2006 Office Tokyo Polytechnic University 1583 Iiyama, Atsugi, Kanagawa, 243-0297, Japan Tel./Fax: +81 46 2429656 Internet: www.wind.arch.t-kougei.ac.jp/cwe2006 E-mail: cwe2006@arch.t-kougei.ac.jp
Gran Bretagna/Great Britain London Robinson College Ergonomics Society Annual Conference 4/4-6/4 Per informazioni: Ergonomics Society Internet: www.ergonomics.org
The London Radisson SAS Portman Hotel International Construction Superconference: Constructing & Financing Infrastructure 8/5-9/5 Per informazioni: Andrews Confrences Jo Waugh P.O. Box 1370 Olney, MD 20830-1370 Tel. +1 301 5703495- +1 866 5703340 Fax +1 301 5704839 Internet: www.andrewsconferences.com
All for Naught: A study tour of low and zero energy buildings Tour di cinque giorni nei dintorni Londra per lo studio di edifici a basso consumo energetico/5-day study tour in and around London 29/3-2/4 Per informazioni: Simon Hare E-mail: simon@archventures.org
AGENDA Repubblica Ceca Czech Republic Prague International Conference Centre 2006 BE Conference Europe 11/6-15/6 Per informazioni: Internet: www.be.org
Watford BRE - Centre for Concrete Construction An Introduction to Eurocode 2: Design of Concrete Structures 30/3 Modern Concrete for Residential Buildings 27/4 Per informazioni: The Concrete House, BRE - Centre for Concrete Construction Garston, Watford, WD25 9XX UK Internet: www.concretecentre.com
Svezia/Sweden Stockholm Stockholm University Cultural Encounters in Urban Space 30/8-2/9 Per informazioni: Department of History, Stockholm University Bo Eriksson Janbrink Universitetsvägen 10D S-106 91 Stockholm Tel. +46 8 6747118 Fax +46 8 167548
Iran
Svizzera/Switzerland
Teheran
Mendrisio
Esteghlal Grand Hotel 5th Conference on Energy Conservation in Building 26/4-28/4
Università della Svizzera Italiana/Accademia di Architettura Conferenze pubbliche: Richard Rogers 23/3 Gae Aulenti 6/4 Massimiliano Fuksas 18/5 Luigi Snozzi 22/6
Per informazioni: Internet: http://5bc.ifco.ir/Taravel.htm E-mail: hamayesh5@ifco.ir
Italia/Italy Como Fondazione Antonio Ratti XII Corso Superiore di Arte Visiva Visiting Professor Marjetica Potrc: Fragmented City 3/7-22/7 Iscrizione/Registration: 31/3 Per informazioni: Fondazione Antonio Ratti Lungo Lario Trento 9 22100 Como Tel. +39 031 233213 Internet: www.fondazioneratti.org E-mail: annadaneri@fondazioneratti.org
Gallarate (Varese) Civica Galleria d’Arte Moderna Lezioni sull’arte contemporanea 15/3, 29/3 Ugo Volli: La pubblicità, innovazione linguistica ed efficacia comunicativa 10/3 Elio Grazioli: L’estetica della polvere dal moderno al contemporaneo 24/3 Andrea Spiriti: Il richiamo al classico, la struttura dell’antico e la citazione nell’arte contemporanea 7/4 Per informazioni: Civica Galleria di Arte Moderna Viale Milano 21 21013 Gallarate (Varese) Tel./fax +39 331 791266
Olanda/Holland Delft University of Technology The Projective Landscape 16/3-17/3 Per informazioni: Delft University of Technology Berlageweg 1 - Delft Tel. +31 02 783697 (Stylos) Internet: www.stylos.nl, www.projectivelandscape.nl E-mail: info@projectivelandscape.nl
Per informazioni: Accademia di Architettura Via Canavée 5 Palazzo Canavée - 6850 Mendrisio Tel. +41 58 6665000 Internet: www.arch.unisi.ch E-mail: aprada@arch.unisi.ch
USA
+ europaconcorsi
8/6-10/6 Per informazioni: AIA Internet: www.aia.org
New York MoMA Body Building: An Exploration of Avant-Garde Architecture and Furniture Design (Lecture) 17/9 Per informazioni: MoMA Internet: www.moma.org/events
Pasadena Art Center College of Design 2006 ArtCenter Design Conference: Stories from the Source – Radical Craft 23/3-26/3 Per informazioni: ArtCenter College of Design 1700 Lida Street Pasadena, CA 91103 Tel. +1 626 3964229 Fax +1 626 6839233 Internet: www.artcenter.edu/designconference E-mail: christine.hanson@artcenter.edu
Providence RI Auditorium Charter for New Urbanism Congress 1/6-4/6 Per informazioni: CNU The Marquette Building 140 S. Dearborn, Suite 310 Chicago, IL 60603 Internet: www.cnu.org E-mail: cnuinfo@cnu.org
San José McEnery Convention Center ISEA 2006 Symposium 5/8-13/8 Per informazioni: Inter Society for Electronic Arts Internet: http://isea2006.sjsu.edu
Boston
St. Petersburg FL
Boston Society of Architects Museum Design in America with Scott Tilden (Lecture) 19/4 Copernicus Goes to Suburbia with Matthew Frederick (Lecture) 17/5
Renaissance Vinoy Beach and Golf Resort Summit on Facilities for the Emerging Sciences 10/4-11/4
Per informazioni: Boston Society of Architects Internet: www.architects.org/news
Chicago Archeworks Lecture: David Brown 5/4
Per informazioni: Internet: www.tradelineinc.com
Mostre di architettura e design Architecture and design exhibitions
Per informazioni: Archeworks Chicago, IL, 60610-6932 Internet: www.archeworks.org
Fort Lauderdale (Florida) Wyndham Fort Lauderdale Airport Hotel Drawn by the Fantastic: Comics, Graphic Novels, Art & Literature 27th International Conference on the Fantastic in the Arts 15/3-19/3 Per informazioni: Internet: www.iafa.org E-mail: katy.hatfield@gmail.com
Los Angeles AIA LA AIA National Convention and Design Exhibition
Austria Vienna MAK First Design and Final Object: Drawings by Viennese Gold and Silversmiths 15/6/2005-28/5
Canada Montreal CCA Sense of the City: An Alternate Approach to Urbanism 26/10/2005-10/9
Museum of Fine Arts Il modo italiano: Design and Avant-garde in 20th-century Italy 4/5-27/8
Francia/France Bordeaux Hangar 14 Agora Bordeaux-Biennale Architecture, Urbanisme, Design 3/3-5/3 www-bordeaux.fr
Chartres Centre International du Vitrail Lumièeres contemporaines-Vitraux du XXIè siècle et architecture sacrée 23/4-31/8
Nice Forum d’Urbanisme Vivre autrement Architecture utopique 22/2-22/4
Orléans Frac Centre CJ LIM. Architectures narratives 10/2-23/4
Paris Galerie d’Architecture Renzo Piano Building Workshop: Zentrum Paul Klee 11/3-1/4
Toulon Villa Noailles / Hyères PLUS d_architecture: Anne Lacaton / Jean-Philippe Vassal 19/2-2/4
Germania/Germany Berlin Aedes East Menis Arquitectos, Santa Cruz, Teneriffa MAGMA - Arte y Congreso, Teneriffa und andere Projekte 2/2-19/3 Exotic More or Less WOHA and W Architects, Singapore 24/3-6/5 Aedes West Berlin - Abu Dhabi Großer Tiergarten und Khalifa City Neumann Gusenburger, Landschaftsarchitekten, Berlin 10/2-23/3 Inge Roecker / ASIR Architekten, Stuttgart - ASIR Studio, Vancouver Urbane Akupunktur 8/5-15/6 Aedes Extension Pavillon Joachim Manz, Bremen Stadtstücke (City Parts) 24/3-4/5
Frankfurt DAM Frankfurt Junge Architekten in Hessen 2006 Ergebnisse der BDA-Auszeichnung in der Aktuellen Galerie des DAM mehr...
11/2-2/4 Engelbert Kremser. Anstiftung zum Raum 18/2-30/4 UN Studio – Ben van Berkel & Caroline Bos. Entwicklung des Raums 25/2-30/4 Personen und Possen 12/4-21/5
Weil am Rhein Vitra Design Museum Joe Colombo: L’invention du Futur 21/1-10/9
Gran Bretagna/Great Britain London Design Museum Breeding Tables - Reed Kram + Clemens Weisshaar Fino al/through 26/3 Designing Modern Britain Fino al/through 3/12 Designer of the Year 4/3-12/6
Italia/Italy Merano (Bolzano) Kunst Merano Arte 2000–2006 | Architetture recenti in AltoAdige 3/2-17/4
Messina Museo Regionale Design finlandese La Collezione Mangano 25/3-30/6
Roma Casa dell’Architettura Cinque installazioni per un anno Fino al/through 16/9
Salerno Complesso di Santa Sofia Conflitti-Architettura contemporanea in Italia Fino al/through 19/3
Terni Ex Siri La città di Mario Ridolfi 7/1-15/5
Torino Sala Bolaffi Piemonte Torino Design: cultura del progetto industriale nell’area regionale 26/1-19/3
Vicenza Basilica Palladiana Vincitori Premio Dedalo Minosse 2005 19/5-23/7
Olanda/Holland Amsterdam Droog Design Gallery Young British Designers 1/3-9/4l
212 l’ARCA 105
AGENDA Rotterdam Netherlands Architecture Institute New Orleans Rises at Nai 20/1-12/3 Plan the Impossible: The World of architect Hendrik Wijdeveld (1885-1987) 28/1-23/4
Polonia/Poland Warsaw Center for Contemporary Art Transit Spaces Fino al/through 29/7
Svizzera/Switzerland Mendrisio Galleria dell’Accademia di Architettura Tel Aviv: La città bianca – Nitza Smuk e Kenneth Frampton 9/2-23/3 Juan Navarro Baldweg: Luce, equilibrio, pittura – Jacques Gubler 6/4-4/5
+ europaconcorsi
Bos/UN Studio Amsterdam 21/1-26/3
Salem Peabody Essex Museum Taj Mahal, the Building of a legend 15/10/2005-23/7
Washington National Building Museum The Green House: New Directions in Sustainable Architecture and Design 1/5-31/7 Prairie Skyscraper: Frank Lloyd Wright’s Price Tower 17/6-17/9
Mostre d’arte Art Exhibitions
Brisbane
High Museum Celebrate Architecture! Renzo Piano & Building Workshop 12/11/2005-2/4
Queensland Gallery of Modern Art APT 2006 - Asia-Pacific Triennial Novembre/November www.qag.qld.gov.au/apt
Bellingham WA
Sydney
Whatcom Children’s Museum Gimme Shelter Fino al/through 3/9
Biennale of Sydney 2006 8/6-27/8
Maritime Museum of Monterey Auditorium Visions of Utopia Fino al/through 17/11
New York Cooper Hewitt National Design Museum Fashion in Colors 9/12/2005-26/3 Yinka Shonibare Selects 7/10/2005-7/5 MoMA In-Depth: The House of Spiritual Retreat by Emilio Ambasz Fino al/through 26/3 The Edge of Europe: New Architecture in Spain 12/2-1/5 Whitney Museum of American Art Andrea Zittel: Wagon Stations 9/2-7/5 Center for Architecture The Fashion of Architecture Constructing the Architecture of Fashion 11/1-11/3
Philadelphia ICA Ben van Berkel and Caroline
106 l’ARCA 212
http://bienalsaopaulo.globo.com
Cipro/Cyprus Nicosia Manifesta 6 European Biennial of Contemporary Art 23/9-17/12 www.manifesta.org
Corea del Sud/South Korea Busan
Gwangju
Atlanta
Monterey CA
27th São Paulo Biennial Brazil 8/10-17/12
http://busanbiennale.org/eng_index.htmll
Australia
The Wolfsonian-FIU In Pursuit of Pleasure: Schultze and Weaver and the American Hotel 13/11/2005-28/5
Sao Paulo
Busan Metropolitan Art Museum Busan Biennale 2006 27/5-15/11
USA
Miami Beach
Brasile/Brazil
www.biennaleofsydney.com.au/index.html
Austria Vienna MAK Ukiyo Reloaded 30/11/2005-26/3 After Binder: Joseph Binder’s Influence on International Graphic Design 14/12/2005-12/3 Albertina Egon Schiele Fino al/through 19/3 MUMOK China Retour Fino al/through 19/3 Museum Moderne Kunst Stiftung Ludwig Wien (MUMOK) Nouveau Réalisme - Kunst und Wirklichkeit in den 60er Jahren Fino al/through 14/5 Kunstforum Gotthard Graubner 8/3-30/4 Onda Latina 2/6-18/6 Raising Stars 16/10-31/10
Belgio/Belgium Antwerp Momu Yohji Yamamoto: Dreamshop 7/3-13/8
Gwangju Biennial 2006 8/9-11/11 www.gwangju-biennale.org
Cuba Havana Varie Sedi 9th Havana Biennial 27/3-27/4
www.bienalhabana.cult.cu
Danimarca/Denmark Humlebaek Louisiana Museum Baselitz Painter Fino al/through 6/6
Francia/France Lille Musee d’histoire naturelle Les gardiens de la foret des ombres 30/10/2005-30/6
Lyon Musée Gallo-Romain Lugdunum : Naissance d’une capitale Fino al/through 8/5 Musée d’Art Contemporain Anna Halprin: A l’Origine de la Performance" 8/3-14/5 Muséum Ni vu, ni connu - Paraître, disparaître, apparaître Fino al/through 2/7
Metz Parco delle Esposizioni Art-Metz 7/4-10/4
Mouans.Sartoux Espace de l’Art Concrete/Donation Albers-Honegger
Art Multiple 29/1-11/6
Nantes Le Lieu Unique Berdaguer & Péjus 29/1-29/3
AGENDA Sèvres
Liverpool
Place de la Manufacture De l’immense au minuscule, dînette et vaiselle d’ogre Fino al/through 20/3
The Tea Factory Liverpool Biennial 2006 16/9-26/11
Strasbourg
Tate Making History: Art and Documentary in Britain from 1929 to Now 3/2-23/4 Bruce Nauman 8/4-1/10
Nice MAMAC Jean Pierre Raynaud Fino al/through 31/5
Paris Louvre Ingres 22/2-15/7 Centre Pompidou Big Bang, Destruction et création dans l’art du 20e siècle Fino al/through 27/3 Tête à Tête 8/2-4/9 Hans Bellmer 1/3-22/5 James Turrell, Alta White 8/3-25/9 Morphosis 8/3-17/7 Los Angeles 8/3-17/7 Le Mouvement des image 29 mars 2006 - 29 janvier 2007 Collage(s) de France, une archéologie du cinéma par Jean-Luc Godard 26/4-14/8 Galeries Nationales du Grand Palais Jungles à Paris: la peinture du Douanier Russeau 15/3-19/6 L’Avventura: Les avant-gardes italiennes 1910-1950 5/4-3/7 Jeu de Paume-Espace Concorde Ed Ruscha Craigie Horsfield 31/1-30/4 Cindy Sherman 16/5-3/9 Lee Friedlander 19/9-31/12 Jeu de Paume-Hôtel Sully Christer Strömholm 10 /1-19/3 Yto Barrada 4/4-4/6 Musée d’Orsay L’Objet et son double 30/1-30/4 Figures et portraits 21/2-21/5 Cézanne et Pissarro. 1865-1885 28/2-28/5 Institut du Monde Arabe L’âge des sciences arabes Fino al/through 19/3 Galerie 54 Eric Touchaleaume et Alain Le Gaillard: Du minimal dans la photo d’architectures, des origines à nos jours 2/3-15/4 Musée Picasso Picasso et Dora Maar 14/2-23/5
Pau Musée national du château de Pau Eugène Devéria (1805-1865). La peinture et l’histoire 17/12/2005-19/3
+ europaconcorsi
Musée d’art moderne et contemporain Jean-Marc Bustamante, Ed Ruscha 7/4-23/7
Toulouse Les Abattoirs François Rouan-Contre Image 28/1-16/4
Valenciennes Musée des Beaux Arts La peau est ce qu’il y a de plus profond 25/11/2005-13/3 Max Ernst. Au seuil du hazard 6/4-26/6 Lucien Jonas 12/5-28/8
Germania/Germany Berlin Deutsche Guggenheim Berlin Hanne Darboven 4/2-23/4 Hamburger Bahnhof - Museum für Gegenwart Fast nichts (Almost nothing) Fino al/through 23/4 Guggenheim Hanne Darboven-Hommage à Picasso 4/2-23/4 Art of Tomorrow-Hilla von Rebay und Solomon R. Guggenheim 13/5-13/8 Cai Guo-Qiang 26/8-15/10
www.biennial.com
London Tate Britain Chris Ofili: The Upper Room Fino al/through 1/5 Art Now: Jamie Shovlin 4/2-23/4 Tate Triennial 2006: New British Art 1/3-14/5 Tate Modern The Unilever Series: Rachel Whiteread Fino al/through 2/4 Martin Kippenberger 8/2-7/5 Estorick Collection of Modern Italian Art Responding to Rome 1995-2005 18/1-26/3 Morandi’s Legacy: Influences on British Art 5/4-18/6 Luigi Russolo and Music (TBC) 4/10-17/12 Courtauld Institute of Art Gallery All Spirit and Fire: Oil Sketches by Tiepolo 23/2-29/5 Hermitage Rooms at Somerset House The Road to Byzantium: Luxury Arts of Antiquity 30/3-3/9
Irlanda/Ireland Dublin Irish Museum of Modern Art The Silver Bridge by Jaki Irvine Fino al/through 7/5 Drawings and Works on Paper from the IMMA Collection Fino al/through 7/5
Italia/Italy Ancona Mole Vanvitelliana Cagli 25/2-4/6
Aosta Centro Saint-Benin Wolfgang Alexander Kossuth Fino al/through 26/4
Palazzo reale Helmut Newton: Sex and Landscapes 23/2-4/6
Bologna Museo Civico Medievale Giotto e le arti a Bologna al tempo di Bertrando del Poggetto 3/12/2005-28/3 Galleria de’ Foscherari Cesare Tacchi: “Zigzagando” Fino al/through 31/12 Otto Gallery Arcangelo-Case delle donne scelte 21/1-31/3
Brescia
Mayfair London Sculpture Week 15/6-23/6
Pinacoteca Tosio Martinengo Dugo. Da Durer Fino al/through 19/3
V&A Anna Piaggi: Fashion-ology Fino al/through 23/4 Modernism: Designing a New World 6/4-23/7
Giardini del Castello Perez, sculture Fino al/through 19/3
National Hall Olympia Textile & Tribal Art 8/6-18/6
ex Chiesa di San Pietro in Atrio Roberto Mineo Fotosculture 4/3-2/4
ArtSway Igloo ’Summerbranch’ at 4/3-30/4
Exilles (Torino)
St Ives
Forte The Five Rings Fino al/through 16/4
Edinburgh Scottish National Portrait Gallery Cut and Dried: The Silhouettes of Augustin Edouart and Watercolours of Harry More Gordon 2/12/2005-26/3 Scottish National Gallery of Modern Art After the War: Art from 1945 to 1955
Tate St Ives Ellsworth Kelly in St Ives Fino al/through 7/5 Keiko Mukaide: Glass installation Fino al/through 7/5 Turner in the South West: Light into Colour Fino al/through 7/5
Mantova
Palazzo della Marra De Nittis e Tissot-La pittura della vita moderna 18/2-4/6
National Hall, Olympia Ground Floor The Hali Fair: Carpets, Textiles and Tribal Art 8/6-18/6
De La Warr Pavilion And our eyes scan time: James Hugonin, Ian Stephenson 21/1-19/3
Complesso Monumentale San Domenico Marco Palmezzano e il suo tempo 1459/1463-1539 4/12/2005-30/4
Milano
Museo di Santa Giulia Gauguin/Van Gogh: L’avventura del nuovo 22/10/2005-19/3 Millet-60 Capolavori dal Museum of Fine Arts Boston 22/10/2005-19/3
Bexhill on Sea
Forlì
Barletta
Schirn Kunsthalle James Ensor 16/12/2005-19/3 Max Beckmann: The Watercolours 3/3-28/5
Gran Bretagna/Great Britain
Museo Marini La Grande Guerra degli artisti. Propaganda e iconografia bellica in Italia negli anni della Prima Guerra Mondiale 3/12/2005-25/3
Galleria Bonelli Arte Contemporanea Federico Lombardo 25/2-2/4
Frankfurt
ZKM - Zentrum für Kunst und Medientechnologie Light Art From Artificial Light Fino al/through 5/5
Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore Arnolfo, alle origini del Rinascimento fiorentino 21/12/2005-21/4
Museo Archeologico regionale Le immagini affamate-Donne e cibo nell’arte Fino al/through 7/5
Somerset House Gilbert Collection Bejewelled by Tiffany, 1837-1987 24/6-26/11
Karlsruhe
Firenze
Como
Fondazione Mazzotta La motocicletta italiana-Un secolo su due ruote tra arte, storia e sport Fino al/through 12/3 Fondazione Arnaldo Pomodoro Vincitori Concorso internazionale per giovani scultori 18/5-31/7 Galleria Blu Apollo e Dioniso: Una riconciliazione possibile-Attraverso l’Informale europeo 7/2-29/4 Biblioteca di Via Senato I Macchiaioli, dipinti tra le righe del tempo Fino al/through 14/5 Palazzo della Permanente XVII Mostra del Libro Antico 9/3-12/3 Fondazione Marconi Mario Schifano 1964-1970: Dal paesaggio alla TV 17/2-30/3 Spazio Via dell’Orso Michal Kaufman 3/3-25/3 Galleria Forni Mirko Baricchi “Home” 16/2-19/3 Glauco Cavaciuti Arte Cracking Art, opere 2004-2005 24/3-30/4 Triennale Artesto 21/2-19/3 Studio Giangaleazzo Visconti Alighiero Boetti 8/3-31/5
Ferrara
Spazio Temporaneo Nadia Nava: The Show Must Go On Fino al/through 18/3
Padiglione d’Arte ContemporaneaPalazzo Massari XII edizione Biennale DonnaPassaggi a Sud Est, sguardi di artiste tra storie, memorie, attraversamenti 19/3-14/5
La Galerie, le Centre Culturel Français Daniel Firman: Le foulard d’Isadora Alice Guareschi: local time at destination 2/2-16/3
212 l’ARCA 107
AGENDA Galleria Monica De Cardenas Lutz / Guggisberg: Veicoli 23/2-8/4 Palazzo dei Giureconsulti La storia di Genova (1138 – 1814): La collezione numismatica di Banca Carige 27/1-19/3
Modena Foro Boario Informale. Jean Dubuffet e l’arte europea 1945-1970 Fino ad Aprile/through April Galleria Civica EgoMANIA 29/1-2/5
+ europaconcorsi
Arturo Martini 25/2-13/5 MACRO Erwin Wurm Fino al/through 1/5 Palazzo delle Esposizioni Mark Rothko 8/3-17/7 Académie de France Damiani, De Nobili, Tosi: Scénographies et costumes trois grands artistes du XX siècle 27/1-2/4
Galleria Comunale d’Arte Contemporanea Painting Codes 4/2-19/3
Complesso Monumentale del Vittoriano L’Italia della Repubblica 1/3-26/3 Solidarietà e sviluppo: 30 anni di impegno della Cooperazione italiana nel mondo 17/2-24/3 Modigliani 24/2-20/6
Novi Ligure (Alessandria)
Rovereto (Trento)
Museo dei Campionissimi I volti di Eva – La donna nell’arte tra ’800 e avanguardia 19/11/2005-9/4
MART La danza delle avanguardie 17/12/2005-8/5
Monfalcone (Gorizia)
Padova Museo Diocesano I colori del Sacro – Acqua: Terza rassegna Internazionale di Illustrazione per l’Infanzia Fino al/through 26/4 Palazzo Zabarella De Chirico 20/1-13/5
Rovigo Palazzo Roverella Le meraviglie della pittura tra Venezia e Ferrara-Da Bellini a Dosso a Tiepolo 22/1-4/6
San Severino Marche (Macerata)
Parma
Palazzo Servanzi Confidati Bernardino Di Mariotto 25/3-31/8
Cattedrale I 900 anni della cattedrale di Parma Fino al/through 3/12
Sauze d’Oulx (Torino)
Piacenza Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi Un altro Ottocento. Gusto e cultura in una quadreria oltrepadana Fino al/through 25/6
Pistoia Spazio A contemporanearte TreStanzeSpazioA Fino al/through 15/1
La Capanna Mollino Fuori Pista 21/1-17/4
Spello (Pg) Villa Fidelia Terra di maestri. Artisti Umbri del Novecento. 1960-1968 Fino al/through 17/4
Torino
Ravenna
Varie Sedi T-Torino Triennale Tremusei 11/11/2005-19/3
MAR - Museo d’Arte della Città di Ravenna Turner - Monet - Morandi - Pollock. Dal Romanticismo all’Informale, omaggio a Francesco Arcangeli 19/3-23/7
La Giardineria-Casa dell’Arte di Settimo Torinese Il Gruppo dei Sei e la pittura a Torino 1920-1940 Fino al/through 26/3
Reggio Emilia Musei Civici, Manica Lunga Illustrare con arte: Arianna Papini 23/2-2/4
Roma Palazzo Braschi Caffi, luci del Mediterraneo 15/2-2/5 Galleria Nazionale d’Arte Moderna Gli ambienti del Gruppo T Fino al/through 1/5
108 l’ARCA 212
Casa perl’Arte di Settimo Torinese Il Gruppo dei Sei e la pittura a Torino 1920-1940 Fino al/through 26/3 Palazzo Cavour Metropolitanscape Paesaggi urbani nell’arte contemporanea 31/3-2/7 Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli Paesaggio e veduta da Poussin a Canaletto-Dipinti da Palazzo Barberini 13/1-14/5
GAM Paesaggi verticali: la fotografia di Vittorio Sella 1879-1943 26/1-17/4
Filigree of the Tsars 27/4-17/9 Van Gogh Museum Wonders of Imperial Japan: Meiji Art from the Khalili Collection 7/7-5/11
Galleria Marco Noire Contemporary Art Masbedo / Houellebecq: il mondo non è un panorama 16/2-15/3
Groningen
Palazzo Bricherasio Il papiro di Artemidoro 8/2-7/6
Groninger Museum Arnulf Rainer en Outside Art Fino al/through 12/3
Torre Pellice (To)
Rotterdam
Galleria Civica d’Arte Contemporanea Filippo Scroppo La scoperta del corpo elettronico. Arte e video negli anni ’70 Fino al/through 26/3
Kunsthal Rotterdam Report from Dickson, Malawi Jan Banning 15/1-9/4 Bettina Rheims 21/1-19/3 The Art of Chinese Jewellery 21/1-18/6 Henri de Toulouse-Lautrec Paris by Night 28/1-5/6 Art Deco: verve and melody Dance and Music in the 1920s and 1930s 18/2-7/5
Trento Castello del Buonconsiglio Girolamo Romanino: l’altro volto del Rinascimento 29/7-29/10
Treviso Casa dei Carraresi La via della seta e la civiltà cinese 22/10/2005-30/4 Fondazione Benetton Gino Rossi e Arturo Martini Fino al/through 17/4
Trieste Studio Tommaseo Brigitte Brand 4/3-2/5
Udine Ex Chiesa di San Francesco Nel segno di Afro Fino al/through 31/3
Vaprio d’Adda (Milano) Villa Castelbarco Albani Antiquari in Villa 25/3-2/4
Venezia Museo Correr Emanuele Luzzati: Il Milione di Marco Polo Fino al/through 2/4 Collezione Peggy Guggenheim Venezia: la scena dell’arte 1945-1970 5/2-21/5 Museo Diocesano Il Ciclo di Santa Caterina e la quadreria del Palazzo Patriarcale 6/10/2005-30/7 Palazzo Franchett La Collezione Pontus Hulten 9/3-30/7 Ca’ Rezzonico- Museo del Settecento veneziano Pietro Longhi Disegnatore: Dalle collezioni del Museo Correr 28/1-17/4
Olanda/Holland Amsterdam Hermitage Amsterdam, Neerlandia Building Silver Wonders from the East:
Singapore Varie Sedi Singapore Biennale 2006 4/9-12/11 www.singaporebiennale.org
Spagna/Spain Bilbao Bilbao Museo de Bellas Artes From Herrera to Velázquez. The fist naturalism in Se ville 20/3-28/5
Svezia/Sweden Stockholm Moderna Museet The Moderna Exhibition 2006 18/2-7/5
Svizzera/Switzerland Berna Kunstmuseum Bern Franz Gertsch - die Retrospektive 13/11/2005-12/3
Lugano Museo d’Arte Moderna Christo e Jeanne-Claude: 1958 -2003 5/3-18/6 Museo Cantonale d’Arte Massimo Cavalli 4/2-30/4 Che c’è di nuovo? La scena artistica emergente in Ticino 20/5-2/7 Fondazione Galleria Gottardo Paradiso-Photography and Video by Silvio Wolf 15/2-6/5
Martigny Fondation Pierre Gianadda Camille Claudel et Rodin. L’incontro di due destini 3/3-11/6
AGENDA Rihen Fondation Beyeler Henri Matisse: Figure Colour Space 19/3-9/7
Zurich Kunsthaus Zürich Frédéric Moser & Philippe Schwinger 10/3-30/4 Ed Ruscha. Photographer 19/5-13/8
USA Beacon (NY) DIA: Beacon/Riggio Galleries Dia’s Andy: Through the Lens of Patronage In and Out of Place: Louise Lawler and Andy Warhol 15/5/2005-10/4
Chicago The Art Institute Focus: Cecilia Edefalk 2/2-23/4 Girodet: Romantic Rebel 11/2-30/4 Casas Grandes and the Ceramic Art of the Ancient Southwest 22/4-13/8
Duke (North Carolina) The Nasher Museum The Evolution of Nasher Collection 2/10/2005-21/5
Los Angeles Hammer Museum The Société Anonyme: Modernism for America 23/4-20/8
New York The Metropolitan Museum of Art Robert Rauschenberg: Combines 20/12/2005-2/4 Samuel Palmer (1805–1881): Vision and Landscape 7/3-28/5 MoMA The Compulsive Line: Etching 1900 to Now 25/1-17/4 Transforming Chronologies 25/1-24/4 Edvard Munch: The Modern Life of the Soul 19/2-8/5 John Szarkowski: Photographs 1/2-15/5 Fifteen Ways of Looking 2/2-22/5 Without Boundary: Seventeen Ways of Looking 26/2-22/5 Dada: Zurich, Berlin, Hannover, Cologne, New York, Paris 18/6-11/9 Whitney Museum Andrea Zittel: Small Liberties 9/2-7/5 Whitney Biennial 2006: Day for Night 2/3-28/5 Guggenheim NY No Limits, Just Edges: Jackson Pollock Paintings on Paper 2/6-29/9
Philadelphia Museum of Art
+ europaconcorsi
Andrew Wyeth: Memory and Magic 25/3-16/7 ICA Brian Tolle The Anxious Object Ramp Project: Ingrid Calame 21/1-26/3 Input-Output: Art After Cologne Candida Höfer: Architecture of Absence Soft Sites Ramp Project: Zoe Strauss 22/4-30/7
Salem Peabody Essex Museum Carved by Nature: Untamed Traditions in Chinese Decorative Art 19/6-13/8
San Diego Musuem of Art In Stabiano: Exploring the Ancient Seaside Villas of the Roman Elite 18/2-14/5 Andy Warhol’s Dream America 17/6-10/9
San Francisco SFMOMA New Work: Wangechi Mutu Fino al/through 2/4 Double Feature: Steve McQueen and Peter Sarkisian Fino al/through 21/5 1906 Earthquake: A Disaster in Pictures Fino al/through 30/5 Richard Long: The Path Is the Place Is the Line Fino al/through 25/4
West Palm Beach Norton Museum of Art Matisse in Transition: Portraits of Lorette 1916 to 1917 28/1-16/4
Williamstown The Sterling and Francine Clark Art Institute The Clark Brothers Collect Renoir to Matisse, Homer to Hopper 3/6-4/9
Fiere e saloni specializzati Trade fairs and exhibitions
Cina/China Beijing China International Exhibition Centre ISH China Salone internazionale dei sanitari, riscaldamento e condizionamento aria/International trade fair of sanitation, heating and airconditioning 14/3-17/3 Per informazioni: Messe Frankfurt 1608 China Resources Building 26 Harbour Road Wanchai, Hong Kong Fax +852 25988771
Croazia/Croatia Zagreb Zagreb Fair Construction & Equipping Salone internazionale della costruzione International trade fair of the building industry 21/4-26/4 Per informazioni: Fair System Via Calzoni 6/d 40128 Bologna Tel. +39 051 4156811 Fax +39 051 6310034 Internet: www.fairsystem.it E-mail: fairsystem@fairsystem.it
Brasile/Brazil Sao Paulo Transamerica Expo Centre Glass Salone internazionale del vetro, porte e finestre/International trade fair of glass, windows and doors 4/5-6/5 Per informazioni: VNU Business Media Daniela Braga Tel. +55 11 38730081 ext. 111 Fax +55 11 38731912 Internet: www.glassexpo.com.br/ingles/home.html E-mail: glass@vnu.com.br
Francia/France Lyon Palais des Congrès Couleurs et Metiers 2006 Salone del decoro, pittura e finitura d’interni/Trade fair of décor, painting and interior finishing 22/3-24/3 Per informazioni: Groupe Moniteur Tel. +33 01 40133030 Internet: www.euroconvention.com/salon_couleurs_et_metiers
Paris Porte de Versailles Equip Baie Mostra internazionale della finestra, chiusure e protezioni solari/International trade fair of windows, frameworks and solar protection Metal Expo Salone internazionale della carpenteria metallica/International trade fair of metal works 14/11-17/11 Per informazioni: Invernizzi International Sales Viale Bacchiglione 28 20139 Milano – Italy Tel. +39 02 57403340 Fax +39 02 57402055 Internet: www.nucciainvernizzi.it E-mail: info@nucciainvernizzi.it
Paris Nord Villepinte Expobois Salone internazionale dell’industria del legno/International trade fair of the wood industry 8/3-11/3 Per informazioni: CLC Communications 6 Rue de Rome 75008 Paris Tel. +33 1 42930404 Fax +33 1 42930403 E-mail: m.chrisostome@cclcom.com
Hortiflor Salone europeo del giardinaggio/European gardening trade show 13/3-15/3 Per informazioni: Hortiflor Patricia Guillamot Tel. +33 1 41 984029 Fax +33 1 41984070 Internet: www.hortiflor-expo.com E-mail: info-salons@etai.fr
Germania/Germany Düsseldorf Messe Glasstec Salone internazionale delle tecnologie per il vetro/International trade fair of glass technology 24/10-28/10 Per informazioni: Messe Düsseldorf Postfach 101006 40001 Düsseldorf Tel. +49 211 456001 Fax +49 211 4560668 Internet: www.glasstec.de
Frankfurt Messe ISH Salone internazionale bagno, riscaldamento, condizionamento, idraulica, energie rinnovabili International trade fair of bathroom, heating, conditioning, hydraulics, renewable energies 6/3-10/3 Per informazioni: Messe Frankfurt Internet: www.ish.messefrankfurt.com
Light+Building Salone internazionale dell’architettura e della tecnologia per l’illuminazione/International trade fair of architecture and lighting 23/4-27/4 Per informazioni: Messe Frankfurt Iris Jeglitza-Moshage Ludwig-Erhard-Anlage 1 D-60327 Frankfurt am Main Tel. +49 69 75756477 Fax +49 69 75756758 Internet: www.messefrankfurt.com E-mail: iris.jeglitzamoshage@messefrankfurt.com
Gran Bretagna/Great Britain Birmingham NEC Glassex Salone internazionale delle porte e finestre/International trade fair of doors and windows 5/3-8/3
Per informazioni: Organizzazione V.Caselli CP 2366 50123 Firenze Tel. +39 055 284292 Fax +39 055 283364 E-mail: caselliorg@caselli.it
Interbuild 2006 Salone internazionale dell’edilizia/International trade fair of the building industry 23/4-27/4 Per informazioni: Interbuild Internet: www.interbuild.com
India Noida (New Delji) India Expo centre-Expo XXI ICON Salone internazionale della costruzione e del contract
212 l’ARCA 109
AGENDA International trade fair of construction and contracting 2/5-4/5 Per informazioni: Icon Mariateresa Malakos Via Canova 31 Milano, Italy Tel. +39 02 3491998 Fax +39 02 33103963
Pragati Maidan Zak Glasstech International 2006 Salone internazionale del vetro da costruzione/International trade fair of glass in building industry 8/12-12/12 Per informazioni: Zak Towers 49 (Old No. 27), Veerabadran Street Nungambakkam Chennai 600 034 Tel. +91 44 28257722 Fax +91 44 28254488 Internet: www.zakglasstech.com E-mail: enquiry@zakgroup.com
Italia/Italy Bologna Fiera Saiedue Saloni internazionali dell’architettura, delle finiture d’interni, del recupero e delle tecnologie per l’edilizia/International trade fair of architecture, interior finishings, renovation and technologies for the building industry 14/3-18/3 Per informazioni: Federlegno-Arredo e FederLegno-Arredo in collaborazione con Edilegno - UNCSAAL - BolognaFiere Spa - O.N. Organizzazione Nike Tel. +39 02 29017144 Internet: www.saiedue.it E-mail: saiedue@on-nike.it
Ferrara Quartiere Fieristico Restauro Salone dell’arte del restauro e della conservazione die beni culturali e ambientali/International trade fair of restoration and conservation of cultural and environmental heritage 30/3-2/4 Per informazioni: Acropoli Viale Mercanzia, Blocco 2/B Galleria A, 70 40050 Centergross (BO) Tel. +39 051 6646832 Fax +39 051 864313 Internet: www.salonedelrestauro.com E-mail: info@salonedelrestauro.com
Genova Fiera Restructura Salone internazionale della costruzione e della ristrutturazione edilizia/International trade fair of building and restructuring 25/5-28/5 Per informazioni: Promotor International Via Nizza 294 10126 Torino Tel. +39 011 6644111 Fax +39 011 6646642 Internet: www.restructura.com E-mail: info@restructura.com
Milano Nuova Fieramilano Lift Salone internazionale di ascensori, componenti, accessori e servizi International trade fair of lifts, components, accessories and services 15/3-18/3
110 l’ARCA 212
+ europaconcorsi
Per informazioni: Fiera Milano International Via Varesina 76 20156 Milano Tel. +39 02 485501 Fax +39 02 48550420 Internet: www.fmi.it/lift E-mail: lift@fmi.it
Sicurezza Rassegna internazionale biennale di sistemi e impiantistica per la sicurezza/International biennial trade fair for systems and plants for safety and security 15/3-18/3 Per informazioni: Fiera Milano Tech Via Gattamelata 34 20149 Milano Tel. +39 02 3264282 Fax +39 02 3264284 Internet: www.fieramilanotech.it E-mail: segreteria@fieramilanotech.it
Salone del Mobile Eimu Eurocucina Salone del Complemento d’Arredo 5/4-10/4 Per informazioni: Cosmit Foro Buonaparte 65 20121 Milano Tel. +39 02 725941 Fax +39 02 89011563 Internet: www.cosmit.it E-mail: info@cosmit.it
Fieramilanocity MIART Salone internazionale dell’arte moderna e contemporanea/International trade fair of modern and contemporary arts 30/3-2/4 Per informazioni: Fiera Milano International Via Varesina 76 20156 Milano Tel. +39 02 485501 Fax +39 02 48550420 Internet: www.fmi.it/lift E-mail: lift@fmi.it
Montichiari (Brescia) Centro Fiera del Garda Metef Salone internazionale dell’alluminio e dei metalli per l’edilizia/International trade fair of aluminium and metals fort he building industry 17/5-20/5 Per informazioni: Metef Internet: www.metef.com
Metalriciclo Mostra-convegno sulle tecnologie per il recupero e il riciclo dei rottami metallici 14/9-16/9 Per informazioni: Edimet Spa Via Corfù 102 25124 Brescia Tel. +39 030 2421043 Fax +39 030 223802 Internet: www.edimet.com E-mail: federica.zaccaria@edimet.com
Rimini Fiera SIB Mostra Internazionale delle tecnologie per eventi, spettacolo e locali/International trade fair of technologies for events, showbusiness and entertainment places 11/3-14/3 Per informazioni: Rimini Fiera spa Via Emilia 155 47900 Rimini Tel. +39 0541 744.643 Fax +39 059 828453 Internet: www.sibinternational.com E-mail: m.forcellini@riminifiera.it
Tecnargilla Salone internazionale delle tecnologie e delle forniture all’industria ceramica e del laterizio/International trade fair of technology and supplies for the ceramic and brick industries 28/9-2/10 Per informazioni: Rimini Fiera spa Via Emilia 155 47900 Rimini Tel. +39 0541 744.643 Fax +39 059 828453 Internet: www.tecnargilla.it E-mail: segreteria@tecnargilla.it
Qatar Doha International Exhibition Sector Project Qatar Salone internazionale della costruzione, materiali, macchinari e tecnologie ambientali/International trade fair for construction technology, building materials, euipment and environmental technology 1/5-4/5 Per informazioni: IFP Fax +961 1 486666 Internet: www.ifpqatar.com E-mail: info@ifpexpo.com
Russia Moscow Expocentre & Crocus Expo Exhibition Centre Climate World Salone internazionale del condizionamento d’aria e della climatizzazione/International trade fair of HVAC 14/3-17/3 Per informazioni: Climate World Internet: www.climateworld.info E-mail: climateworld@msi-fairs.com
MosBuild Salone internazionale dell’edilizia/International trade fair of building industry 4/4-7/4 Per informazioni: MosBuild 105 Salusbury Road London NW6 6RG United Kingdom Tel. +44 20 75965169 Fax +44 20 75965111 Internet: www.buildingshow.com E-mail: Maria Barnish mbarnish@ite-exhibitions.com
Serbia Belgrado Fair Building Trade Salone internazionale dell’edilizia/International trade fair of the building industry 3/5-7/5 Per informazioni: Fair System Via Calzoni 6/d 40128 Bologna Tel. +39 051 4156811 Fax +39 051 6310034 Internet: www.fairsystem.it E-mail: fairsystem@fairsystem.it
Slovenia Ljubljana Fiera Seje Dom
Fiera dei materiali e prodotti per l’edilizia abitativa/Fair of materials and products for residential buildings 7/3-12/3 Per informazioni: Ljubljana Fiere-UNI Tel +39 045 502042 Fax +39 0425 419319 Internet: www.ljubljanafair.com E-mail: info@unisrl.it
Spagna/Spain Madrid Feira Veteco Salone internazionale delle finestre, vetro strutturale, facciate continue/International trade show of windows, structural glass and curtain walls 10/5-13/5 Per informazioni: Feria de Madrid Internet: www.vetefo.ifema.es
Ucraina/Ukraine Kiev Kiev Expo PLaza Building & Architecture Salone internazionale dell’architettura e dell’industria della costruzione/International trade fair of architecture and building industry 22/3-26/3 Per informazioni: Paralleli Trade Fairs Viale G.B.Bazzoni 12 20123 Milano Tel. +39 02 48196650 Fax +39 02 48195820 Internet: www.paralleli.it/trade_fairs.html E-mail: fiere@paralleli.it
USA Boston Seaport World Trade Center Residential Design 2006 Salone internazionale dell’architettura residenziale 5/4-6/4 Per informazioni: Internet: www.buildboston.com
Las Vegas Convention Center GlassBuild America 2006 Salone internazionale di vetro, porte e finestre/International trade fair of glass, window and door 19/9-21/9 Per informazioni: GlassBuild America Show Management 8200 Greensboro Drive, Suite 302 McLean, VA 22102-3881 Tel. +1 866 3425642, ext. 173 Fax +1 703 4420082 Internet: www.glassbuild.com/ E-mail: attend@GlassBuildAmerica.com, exhibit@GlassBuildAmerica.com
New York Jacob K.Javits Convention center ICFF & IINY Saloni internazionali dell’arredamento e degli interni/International trade fairs of furniture and interiors 20//5-23/5 Per informazioni: GLM Ten Bank Street White Plains NY 10606-1954 Tel. +1 914 421 3342 Fax +1 914 9486088 Internet: www.glmshows.com
Ne l’Arca questo mese In l’Arca this month A Alvar Aalto 60, 95 Acacia Gardening 3 Acquarism 46 Valerio Adami 89 Marco Valerio Agretti 85 Doug Aitken 96 Kati Alberg 96 Alcan 46 Rami Alchaar 85 Alcoa 39 Eric Alfiéri 10 William Alsop 2 Emilio Ambasz 101 A.M.GAS 84 Alessandro Amoroso 56 Amron Associates 3 Amstrong 46 Andreas Angelidakis 26 Michel Aoun 101 ArchiFactory 88 ArchiLAB 52 Arflex 1 Ariostea 100 Aritec 39 Armand Arman 89 Mario Antonio Arnaboldi 17, 93 Corrado Aroldi 85 Artek 95 Bo Ascot 56 Astec 39 Atelier 2, 85 Marc Augé 16 Autostrada Torino-Savona 95 Autotecnica 39 Azzimonti 39 B Lorenzo Barbera 39 Alessandro Barbieri 84 Mirko Baricchi 96 François Barré 101 Giorgio Barrera 95 Alberto Bassi 85 Batiserf 10 Jean Baudrillard 101 Michele Bazan Giordano 56 Jacopo Bedogni 96 Mario Bellini 90 Roberto Bellucci Sessa 84 Elena Bellusci 85 Belux 39 Bentel 39 Giuseppe Berardi 84 Beratende Ingenieure 22 Carl-Ake Bergoström 99 Giampaolo Bianco 84 Piera Bisignani 56 Steve E. Blatz 52 Jean-François Bodin 89 Boffi 92, 94 Boll und Partner 22 Luca Bombassi 99 Achille Bonito Oliva 101 Bonomi Rubinetterie 84 Boscolo Hotel 68 Pietro Bottoni 64 Louise Bourgeoise 96 Braun 93 Brembo 99 Brenac et Gonzalez 46 Bruton Yurt Company 3 BTicino 39 Buro Happold 56 Patrick Buttafuoco 96 C Caimi 39 Benedetto Calcagno 56 Caldford Seaden Partnership 3 Danila Campo 85 Giovanna Camporese 85 Piergiorgio Cane 39 Capanna Lago Nero 96 Elena Cardani 10, 90, 93 Donatella Caruso 85 Cesare Maria Casati 1 Casco Projects 28 Cristina Cassanello 85 Cassina 1, 94 Paolo Castagnola 85 Francesco Castiglione Morelli 85 Achille e Piergiacomo Castiglioni 1 Massimiliano Celani 56 Francesco Cellini 60 Elisabetta Cenci 85 Centre Culturel Français Milano 98 Ceramiche Del Conca 100 Donato Cerone 91 Paolo Cesaretti 85 Yves Chambaret 89 Karine Chartier 90 Comandante Chavez 101 Mei Cheng 86
Chien Architects & Associates 86 Filippo Chiocchetti 39 David Chipperfield 100 Claus en Kaan 86 Clearcut 3 Claude Closky 97 Marco Clozza 85 Collezione Mangano 95 Comune di Brescia 84 Comune di San Bonifacio 85 Confcommercio Pistoia 99 Contrast Interior Designers 92 Ivana Convento 101 Coop Himmelb(l)au 90 Thomas Corbasson 90 Raffaella Coronelli 84 Ranieri Costa 85 Francesco Craca 84 Anna Maria Curcuruto 84 D Francesco Dal Co 86 D.A. Green & Sons 3 Daikin 39 Hazel Dalton 56 Dama Ascensori 39 Charles Darwin 64 Philippe Daverio 96 Dane Davis 78 DDE Isère 10 Guy Debord 4 Giancarlo De Carlo 60 Federica De Costanzo 56 Agostino De Ferrari 85 Giorgio De Ferrari 85 Studio De Ferrari Architetti 85 Caroline Delgado 46 Jacopo della Fontana 22 Anna Della Moretta 101 Giuseppe Dell’Aquila 84 Simone Dell’Orto 85 Orio Delpiano 39 Erri De Luca 96 Marco De Luca 96 Biagio De Marco 84 Domenico De Masi 17 Antonio De Palma 84 François Deslaugiers 10 Eugène Devéria 97 Michele Di Sivo 101 Johan Dolman 16 Domus 1 Victor Dongelmans 16 DS+V Rotterdam Stadtsdeel Oost 16 Philippe-Charles Dubois 89 Marcel Duchamp 97 Fred Du Cheyla 10 Dura/Vermeer Rotterdam 16 Duravit 46 Durkan Construction 3 Ed Dymitryck 79 E East West Electrics 3 Echame 46 Ediltecna 39 Eiffelgres 99 Electroland 78 Electronic Orphanage 28 Karin Elzenbaumer 85 Shuei Endo 86 Erco 100 Espace Art Concrete Albers Honegger 97 Essetesse 28 F Massimo Faiella 39 Chiarastella Fatigato 84 Michele Fatigato 84 Ferrari Store Milan 68 Fiat 1 Ronny Fichant 56 Matteo Fioravanti 85 Firestone 39 Daniel Firman 98 Neil Fletcher 56 Flos 1, 94 Fondazione Deste Atene 32 Fondazione Edifici di Culto 92 Fondazione Sandretto Re Rabaudengo 96 FontanaArte 100 Arianna Foresti 84 Michel Forgue 10 Forum Diffusion 46 Forum d’Urbanisme et d’Architecture Nice 98 Joel Fox 28 Ryan Francesconi 28 Neil Francis 56 Franke 46 Carlo Freccero 96
Freilich Landschaftsarchitektur 85 Francesca Frigato 39 Andy Frost 3 Massimiliano Fuksas 101 Fulcrum Consulting 3 Fussboden 39 Giovanni Fuzio 84 G Galerie d’Architecture Paris 97 Galerie Denise René 97 Galerie Sainte Riparate Nice 98 Aurelio Galfetti 84 Galleria Forni Milano 96 Galleria Marco Noire Torino 96 Gallotti e Imperadori Associati 85 Franco Garbari 84 Ignazio Gardella 56 Marco Garofano 56 Roland Garros 89 Marcella Genco 85 Lorenzo Gerardi 84 Claudio Germak 85 Mario Gerosa 101 Giacomini 39 Luca Gibello 39 Siegrified Giedion 64 Leopoldo Gigliobianco 84 Gad Gilardi 99 Gillette 93 Gario Giorgio 39 Riccardo Giovanetti 100 Gaia Giovannini 85 Giordana Giovannini 85 Globalgroove 96 Gnac 28 Francesco Gnot 95 Grandeur Nature/François Migeon 46 Granitifiandre 46 Granito 46 Patrick Grant 96 Grapheine 46 Mick Green 56 Sebastian Gretzer 85 Grimaldi Simone 39 Mara Grisoglio 39 Walter Gropius 64 Mark Grotjahn 98 Julien Grudzinski 98 Gruppo Zambon 99 Decio Guardigli 38 Guido Guidi 95 Herman Olef Gummerus 95 H Zaha Hadid 26, 86, 90 Halton 46 Hiroshi Hara 86 Martin Heidegger 17 Hérault Arnod Architectes 10 Matthias Hermann 88 Bob Holmwood 56 Homij Rotterdam 16 Evan Holloway 98 Jacques Hondelatte 101 Michel Houellebecq 96 Frank Hovorka 46 Hypo Alpe-Adria-Bank 85 I ICADE EMGP 46 iGuzzini 99 Ikea 1 I Masbedo 96 Gian Pietro Imperadori 85 Ingeni 46 Institute of Contemporary Art Philadelphia 98 Invisible Hotel 32 Massimo Iosa Ghini 68 Istituto Italiano del Rame 100 Istituto Policleto 101 Istituto Ricerche Farmacologiche Mario negri 99 Itaca 84 Italcementi 99 Toyo Ito & Associates 86 J Jessica Jackson Hutchins 98 Roya Jacoby 28 Vittorio Jacomussi 85 Gavin Jones 56 Donald Judd 88 K Kartell 1, 94 Jean-Pierre Khazem 26 KilometroRosso 99 Laurence King 94 Jan Kleihues 84 Arjen Knoester 16 Matthias Kocj 88
Kreon 39 Kunst Merano Arte 95 Chaolee Kuo 86 L Anne Lacaton 95 Christian Lacroix 98 Marie-José Lacroix 101 Giampiero Lagnose 84 Stan Lai 86 Lamborghini 1 Maria Teresa La Notte 84 Maurantonio La Notte 84 Liz Larner 98 Annida Larsson 96 Lasimon 39 Osvaldo Laurini 85 Ferruccio Laviani 94 Le Corbusier 52, 64 Giovanni Leone 84 Jean Pierre Lévêque 46 Marinella Levi 101 Adalberto Libera 60 Lighting Urban Community International Association 99 Sheng-Feng Lin 86 Piero Lissoni 85, 92 Michele Liuzzi 84 Salvatore Lombardo 101 Mario Lonardi 85 Charles Long 98 Loreggia 85 Andrea e Silvano Lotti Associati 99 Antti Lovag 98 M Renzo Macaccaro 85 Macaranduba 46 Gilles Mahé 101 Fabio Maiocchi 85 Jonathan Maghen + Textfield 28 Roberto Malfatti 87 Mallet-Stevens 95 Miltos Manetas 28 Lillo Mangano 95 Sebastiano Manta 84 Lev Manovic 26 Mapei 99 Claudio Marianini 84 Marie Mont-de-Lans 10 Carlo Marani 56 Riccardo Mariani 65 Nicola Martinoli 84 Nicolò Masazza 96 Elisa Masini 85 Max Design 39 Sergio Mazzoli 85 MB France 46 Cameron McNall 78 M.E.G.A. 39 Alda Merini 96 Meunier, C2L/Philippe Boitelet 46 Midas Technologies 3 Joan Miró 89 Moatti et Rivière 90 Claudio Modena 84 Mogol 96 Laszlo Moholy-Nagy 97 Bruno Moinard 89 Enrico Mola 84 Carlo Mollino 96 Vitantonio Monelli 84 Elio Montaldo 85 Dimitri Montanari 85 Montanari & Partners 84 Montedison 1 Hans Moor 16 François Morellet 97 Morina 39 Moroso 94 Paolo Morucci 85 Mohsen Mostafavi 86 Mottura 39 MU Foundation Eindhoven 28, 32 Lucius Munatius Plancus 97 Museé Gallo-Romain Lyon-Fourvière 97 Musée du Louvre 90 Museo Nazionale Castello di Pau 97 Museo Paul Klee Berna 97 Museo Regionale di Messina 95 N Najjar & Najjar 22 Roberto Nalli 84 NBS Architetti Associati 85 Primo Nebiolo 91 Nick Nelson 56 Oscar Niemeyer 101 Nokia 96 Norberg-Schulz 4 Jean Nouvel 99, 101 Novelis Italia 100
O Officina Bellini 39 Officina Claudio Sola 39 Oberflex/Print 46 Olivetti 1 One Star Press Artists’ 28 Optectron 46 Ove Arup 90 Hayriye Öztürk 56 P Alessandro Pacetti 85 Carlo Paganelli 4 Maria Tiziana Pagone 84 Nam June Paik 96 Anty Pansera 94 Francesco Pansini 84 Pierluigi Panza 93 Paslaidis/Balciunas/Kiaudkas 100 Giuseppina Pauluzzo 84 Stefano Pavarini 46 Jaume Pensa 89 Marco Petreschi 60 Francesca Petz 85 Aurélien Pfeffer 101 Philips Lighting 99 Piaggio 1 Renzo Piano Building Workshop 97 Sylvia Pichler 93 Cabinet Pigeon 46 Pinnacle Building Services 3 Mario Pisani 52 Franco Pisani 85 Paola Pivi 96 Angelo Plessas 28 Michel Polak 56 Polyglas 39 Polyuréthane+Isoklincker 46 Alberto Ponti 39 Gio Ponti 1, 38, 60 Cees Portengen 16 Walter Prause 22 Danilo Premoli 101 Luigi Prestinenza Puglisi 60 Primat 39 Proche und Partner KGE 22 Damiano Puntello 85 Q Ludovico Quaroni 60 R Enzo Ragni 84 Dieter Rams 93 Bob Rauchemberg 101 R.E. di BOF Paolo 39 Veronika Reiner 85 Anne Remue 56 RET Nesselandelijn 16 RFR 90 Enrica Ribetti 91 Andrea Ricciatti 85 Rudy Ricciotti 90, 101 Rigips 39 Georg Rimmel 17 Antonio Rivaldi 96 Alberto Rizzi 38 Massimo Roj 101 Till Roggel 88 Valentina Rognoli 101 Alfonso Rosignoli 84 Aldo Rossi 56, 101 Rotary Club Val di Susa 96 Guy Rottier 98 Jacques Rougerie 98 Rafael Rozendaal 28 S Oliver Sacks 26 Mauro Saito 84 Sergio Sala 84 Giulia Saleri 84 S.A.L.L. 39 David Salle 96 Samyn and Partners 56 Antonio Pio Saracino 52 Timo Sarpaneva 95 Vincenzo Sassanelli 84 Saskia Sassen 101 Antonio Saura 89 Philips Savio 46 Sawaco 28 Gitte Schäfer 98 Ciro Frank Schiappa 95 Elisabetta Schiavone 101 Jean Marc Schivo 60 Bettina Schlorhaufer 95 Scholze Ingenieursgesellschaft 22 Schüco 39, 99 Klaus Schuwerk 84 Domenico Scudero 101 Marta Scuncio 56 Scyna 4, 46 Damon Seeley 78
Semperit Technische Produkte 22 Cecilia Seronello 85 Leonardo Servadio 101 Hanna Sida 3 Francesco Saverio Silletti 84 Georg Simmel 17 Vincenzo Sinfisi 84 Simes 39 Skema 99 SM Ingegneria 84 Francis Soler 90 Felice Soragna 39 Ettore Sottsass 101 Steven Spielberg 17 Daniel Spoerri 97 Sprimoglass 46 Donato Stefanelli 84 St Gobain/Vanceva 46 Stonebridge Housing Action Trust 3 Carmelo Strano 80 Paolo Strobino 39 Maarten Struijs/Gemeentewerken Rotterdam 16 Studio Azzurro 96 Studio 4BI 89 Subsonica 96 Gail Swanlund 79 T Massimo Tabasco 101 Manfredo Tafuri 17 Taichung City Government 86 Antoni Tápies 89 Targetti 39, 46 Giorgio Tartaro 85 Osvaldo Taurini 85 Adams Kara Taylor 3 Nadir Tazdaït 90 Renzo Tedeschi 85 John Thackara 101 Thermibel 10 Thor Ingenierie 46 Matteo Thun 95 Tomlison, Whiteman & Lucas 94 Torino San Carlo 96 Nikola Tosic 28 Mark Tranmer 28 Nicoletta Trasi 101 Triennale Milano 96 Aki Tsuyuko 28 Joanna Turner 3 U Mai Ueda 28 Uglietti 39 Unimetal 39 Urban Space Management 3 Patricia Urquiola V Paolo Vacatello 56 Thierri Valfort 98 Tommaso Valle 56 Studio Valle Progettazioni 56 Valleverde 39 Ruben Van Colenberghe 56 Albert van Eer 16 Iz van Es 16 Jan van Gelder 16 Van Santen et Associés 46 Chris van Willigen 16 Jean-Philippe Vassal 95 Verdi Alpi 39 Hubert Verheyen 85 Veritas 46 Kay Verkaik 56 Jules Verne 98 Alessandro Vespa 39 VIA Paris 94 Vittoriano Viganò 60 Villa Noailles 95 Fabio Vinella 85 Maurizio Vitta 68 Maurizio Vogliazzo 26 W Marcel Wanders 94 Andy Warhol 97 John White C. 28 Jean-Michel Wilmotte 89 Tapio Wirkkala 95 Annette Wolf 85 Jordan Wolfson 96 Frank Lloyd Wright 38 Z Silvia Zanetti 91 Fabio Zapellini 84 Yi Zhou 28 Bruno Zevi 38 Giovanni Ziletti 84 Zimmer-Frei 96 Zucchetti 46
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