Rivista
gratuito - numero 15 settembre - dicembre 2019
gratuita
Essere Giapponesi nel XXI secolo
Eric Rechsteiner per Zoom Giappone
ZOOM EDITORIALE L O SGUARDO DI ERIC RECHSTEINER
A forza di scrivere sul Giappone si può avere l’impressione di conoscere bene questo Paese e i suoi abitanti. Questo Paese, pero’, così come l’anima di chi lo abita, non sono così facili da capire come potrebbe sembrare. È la ragione per cui abbiamo voluto approfittare dell’uscita di Vivere e scoprire il Giappone, opera di YAzAwA Yutaka, per tentare di scoprire come un giapponese si comporta, fornendo al contempo delle informazioni utili a chi vorrebbe diventare un autentico giapponese. Sembra proprio che il popolo nipponico “non sia gente come noi”, ironizzava un umorista francese. E per fortuna...aggiungiamo noi! Hanno saputo conservare una parte di mistero che soddisfa la nostra sete di scoperta.
LA REDAZIONE info@zoomgiappone.info
360
km/h. È la velocità a cui viaggerà il nuovo shinkansen Alfa-X, che vede pronti i suoi primi vagoni sperimentali. Dovrebbe entrare in servizio entro il 2030 e diventare così il treno ad alta velocità più rapido del mondo. Supererà infatti di 10 km orari la velocità del TGV cinese Fuxing che collega Pechino e Shanghai. Pioniere dell’alta velocità ferroviaria, il Giappone intende restare leader in questo settore.
Porto di Nagasaki, isola di Kyûshû
© Eric Rechsteiner
L’enigma
Questo ufficiale giapponese che corre davanti a un edificio della guardia costiera illustra l’importanza che il Giappone accorda oggi alla difesa del suo territorio. Davanti all’aumento dell’importanza militare della Cina, che manifesta sempre più esplicitamente le sue ambizioni marittime, le autorità giapponesi mettono l’accento sul ruolo della loro marina per proteggersi, ma anche per garantire la libertà di navigazione nella regione. A testimonianza di ciò, vi è la partecipazione del Giappone - a inizio maggio - a un’operazione multilaterale nelle acque oggetto di contesa nel mar della Cina meridionale.
INSOLITO
Nasce il bar dei maiali!
TURISMO Vietato
Dopo la moda dei caffè dei gatti dove i clienti si rilassano in mezzo a teneri felini, Tôkyô sta per lanciare il bar dei maiali. Dal primo marzo, nel quartiere di Meguro, il caffè Mipig (https://mipig.cafe/) propone alla sua clientela di approfittare della presenza di simpatici maialini per vivere un momento di relax. Il bar suscita tuttavia qualche critica sul futuro di questi animali che, una volta adulti, non saranno più adatti a questa curiosa “attività”.
Celebre per i suoi templi e per i suoi santuari, la città di Kamakura ha deciso di proibire ai turisti di mangiare camminando. Motivata dall’ambizione di lottare contro i rifiuti e i resti di cibo lasciati abbandonati nell’ambiente, la municipalità giapponese intende sensibilizzare soprattutto i visitatori stranieri, meno attenti dei locali. Per ora, nessuna multa verrà applicata ai trasgressori, solo un avvertimento!
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mangiare mentre si cammina
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GO
Jérémie Souteyrat per Zoom Giappone
ZOOM INCHIESTA
Quartiere di Omotesandô, a Tôkyô.
Essere giapponesi nel XXI secolo Da sempre, il Giappone ed i suoi abitanti suscitano curiosità, che può alimentare false credenze e pregiudizi.
C
ome vidi il Giappone, me ne innamorai. Malgrado tutto…”. Con queste parole, il giornalista Ludovic Naudeau cominciava il suo libro Il Giappone moderno, pubblicato esattamente 110 anni fa. Non fu né il primo né l’ultimo a soccombere al fascino del Paese del Sol levante e dei suoi abitanti. Nel 1549, François Xavier, figura pioniera dell’evangelizzazione nell’arcipelago , scriveva in una lettera indirizzata ai suoi fratelli rimasti a Goa: “A giudicare dalle persone con cui abbiamo avuto a che fare, i giapponesi sono il migliore popolo fra quelli scoperti fino ad ora, e lo rimarrà probabilmente anche in futuro, sebbene avremo modo di fare altri incontri con altri infedeli”. Tre anni più tardi, quando starà subendo la pressione delle autorità giapponesi, si dimostrerà meno entusiasta.
“Gentilissimi fra di loro, non lo sono affatto verso gli stranieri, che disprezzano”, afferma in una nuova missiva destinata questa volta ai “suoi cari padri e fratelli della compagnia di Gesù in Europa”. Dalla pubblicazione del Libro delle meraviglie redatto nel 1298 da Marco Polo, in poi, il Giappone, che veniva chiamato allora Cipango, esercita un grande fascino sugli stranieri. Va ricordato che nel 1492, Cristoforo Colombo aveva lasciato le coste spagnole alla ricerca dei tesori mitici della famosa isola descritta dal mercante veneziano due secoli prima. Ci si può chiedere se questo mito non sia più profondamente radicato nelle menti di tutti quelli che si sono recati in Giappone e che ne hanno subito immediatamente il fascino senza aver preso il tempo di esplorare la vita quotidiana dei suoi abitanti. È ciò che lascia intendere d’altra parte il reporter francese Ludovic Naudeau quando aggiunge, al termine della sua frase d’introduzione: “Malgrado tutto!…”
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La realtà, senza essere negativa, è molto più complessa rispetto a una prima impressione o all’immagine costruita artificialmente a partire dall’incontro con la sua cultura popolare. Si è prima o poi obbligati a constatare che questo Paese e i suoi abitanti sono ancora poco conosciuti, nonostante il fatto che verso il mondo nipponico esista attualmente una profonda simpatia senza che si sia in misura di spiegare veramente ciò che la motiva. Ricordiamoci che appena tre decenni fa, la potenza economica del Giappone suscitava un violento rigetto causato dal timore di veder “il modello giapponese” (che era tuttavia poco conosciuto) imporsi in Europa. Tanto queste paure erano perlopiù infondate, tanto l’entusiasmo odierno (benché preferibile) non si fonda su una vera conoscenza dell’arcipelago. Come ha scritto il giornalista Marcel Giuglaris, nel 1958, come introduzione al suo libro Visto per il Giappone: “in Giappone esiste un solo
Monte Fuji, meno di mille geisha, e non esistono più samurai in costume da novant’anni. Esistono però novanta milioni di giapponesi. Il monte Fuji, le geisha, i samurai, l’harakiri, la delicatezza dei colori di una manica di kimono hanno ispirato numerose opere straniere. I novanta milioni di giapponesi molto meno. Oggi parleremo di loro.” L’attualità ci mostra come in effetti i giapponesi rimangano piuttosto misteriosi agli occhi della maggior parte degli europei. Il recente affare Carlos Ghosn ne è forse la migliore illustrazione. L’arresto e la custodia cautelare prolungata a carico dell’ex patron di Renault-Nissan hanno generato numerosi commenti sul Giappone che hanno rivelato sovente una vera carenza a livello di conoscenza sulla società locale. Ruth Benedict nota giustamente, nel suo Il Crisantemo e la spada, pubblicato nel 1946, al termine della Seconda Guerra Mondiale, che “uno degli handicap del ventesimo secolo è che abbiamo ancora una serie di nozioni vaghe e riempite di pregiudizi, non soltanto su ciò che fa del Giappone una nazione di giapponesi, ma anche su ciò che fa degli Stati Uniti una nazione di americani, della Francia una nazione di francesi, della Russia una nazione di russi”. Oggi la sua considerazione resta valida nella misura in cui questa attitudine non ci consente “la minima opportunità di scoprire le abitudini e i valori altrui. Se ci concedessimo questa opportunità, ci accorgeremmo che un’attitudine non è per forza negativa soltanto perché non corrisponde alle nostre aspettative. Le lenti attraverso le quali una nazione osserva la vita, non sono le stesse utilizzate dalle altre nazioni. È estremamente difficile essere consapevoli dello sguardo con cui osserviamo le cose: ogni nazione ha uno sguardo stereotipato, e non si mette in discussione.” Grazie all’entusiasmo di gran parte del mondo per il Giappone, come lo dimostra l’esplosione del turismo di massa nell’arcipelago in questi ultimi anni, molte persone manifestano il desiderio di meglio comprendere gli abitanti. Sono alla ricerca della chiave giusta per decriptare i codici di una società profondamente diversa dalla loro. Nel 1998, nel corso della Coppa del Mondo di calcio in Francia, numerosi reportage sono stati consacrati ai tifosi nipponici che, dopo la partita della loro squadra, rimanevano allo stadio per pulire gli spazi che avevano occupato durante il match. Questo atteggiamento suscitava una certa ironia, ma, col tempo, si è infine capito che i giapponesi, “questi esseri eminentemente sociali” come li definisce Jean-Marie Bouissou nella sua ultima opera Le lezioni dal Giappone (Fayard Edizioni in Francia), sono profondamente attenti al prossimo. Ciò condiziona in gran parte il loro comportamento. Considerando la sua attenta osservazione del comportamento degli studenti giapponesi e dei
Jérémie Souteyrat per Zoom Giappone
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Uno dei simboli del Giappone: il conformismo.
loro omologhi francesi in soggiorno nell’arcipelago, l’ex direttore di ricerca presso la facoltà di Scienze politiche a Parigi nota con giudizio che il gruppo di ragazzi francesi “si esercita a fare qualcosa per la società, ma seguendo i propri desideri e alle proprie condizioni”, mentre i giapponesi “in ranghi ordinati imparano a saper fare società, tutti allo stesso modo, sotto il controllo dei più anziani”. Il professore mette in avanti il famoso conformismo nipponico, ma si chiede se saper fare società non sia quanto c’è di meglio per quest’ultima. Si torna regolarmente a tentare di formulare un giudizio sui valori giapponesi, ma ne vale davvero la pena? Questo significa talvolta voler fare accettare certi comportamenti ai nipponici, che li rifiutano in nome di quel conformismo al quale gli Occidentali non sono abituati nel quo-
A fine aprile, il settimanale Newsweek Japan pubblicava il ritratto di 100 giapponesi fra i più conosciuti al mondo.
tidiano (o quasi). Sulla quarta copertina di Lezioni dal Giappone, c’è scritto: “il conformismo uccide il dinamismo, la creatività e i sogni”. Un’affermazione perentoria e senza fondamento se si considera soltanto la capacità d’innovazione dell’industria giapponese, l’influenza della cultura popolare nipponica o ancora la varietà della produzione letteraria locale. D’altra parte, questo atteggiamento tipico dei giapponesi non significa che la loro società sia statica. Al contrario, la società evolve e cambia rapidamente, soprattutto in questi ultimi tre decenni in cui il Paese asiatico ha cercato sempre più di integrarsi alla comunità internazionale. La fine della guerra fredda ha condotto le autorità a seguire il cammino della mondializzazione dopo aver voluto difendere il Paese dalle influenze straniere. Non erano giuntci ad ammettere persino, in passato, che la qualità della neve giapponese era diversa e quindi non adatta al materiale da sci straniero? Ormai i trattati di libero scambio come quello firmato l’anno scorso con l’Unione Europea costituiscono la norma. Le imprese nipponiche sono dirette da amministratori stranieri e viene evocata la necessità di aprire maggiormente le frontiere alla manodopera venuta da fuori. Questo implica delle conseguenze sulla società giapponese e sul comportamento dei suoi membri. Molti sono destabilizzati da tutti questi cambiamenti e non sfuggono, come in altri Paesi, alla tentazione del ritorno al passato e ai cosiddetti valori “tradizionali”. La situazione è dunque permanentemente confusa: non basta soltanto osservare come i giapponesi si comportano di fronte a questa realtà, bisogna soprattutto astenersi dall’emettere un’opinione definitiva. I giapponesi non sono né migliori né peggiori di noi. Con tutto ciò in mente, abbiamo deciso di costruire questo reportage. ODAIRA NAMIHEI
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nella massa
Dopo un lungo soggiorno all’estero, Yazawa Yutaka ha dovuto imparare nuovamente a comprendere il Giappone.
Y
AzAwA Yutaka è un avvocato giapponese laureato e formatosi professionalmente nel Regno Unito. L’anno scorso ha pubblicato il suo primo libro Vivere e scoprire il Giappone (tradotto in italiano ed edito da Mondadori). Si tratta di un’interessante introduzione alla vita in Giappone, in grado di fornire numerose informazioni sulla cultura e sulla gastronomia, sui divertimenti e sulla morale. L’autore, che ha trascorso più di vent’anni all’estero, si considera al contempo come un esperto e come uno straniero, spiegando cosa ama e cosa considera curioso nel suo Paese natale.
Secondo quanto leggo nel suo libro, Lei è originario di Tôkyô… Yazawa Yutaka: sì, sono nato e cresciuto nel quartiere Katsushika, a est della capitale. Molti giapponesi lo considerano come un simbolo della Tôkyô popolare, ma oggi non somiglia più al quartiere della mia infanzia. Tôkyô subisce un perpetuo cambiamento, senza riguardi per la tradizione. Si è sempre alla ricerca della novità. È una bella città, assai recente dal momento che è stata fondata soltanto nel XVII° secolo e molti dei suoi abitanti sono arrivati da poco. Fra di essi, molti provengono da altre regioni del Giappone e si sono trasferiti in città al momento dell’iscrizione universitaria o per cercare un impiego. Hanno vissuto qui, senza radici, durante tutti questi anni. Quando vanno in pensione, si rendono conto che Tôkyô non è la loro vera patria, ma non possono più partire, è ormai troppo tardi. E la sua famiglia? Y. Y.: vive nello stesso quartiere da nove generazioni, dall’inizio dell’era Edo (1603-1868). Tuttavia, dalla mia nascita avvenuta nel 1970, ho visto il mio quartiere, situato in origine in una zona rurale, diventare un’area industriale e trasformarsi poi in una città di periferia piena di centri commerciali. C’era una cartiera vicino a casa mia. Quando l’hanno distrutta, il mio quartiere è stato invaso dai topi che ci vivevano. Katsushika era famosa per i suoi numerosi fabbricanti di giocattoli. Y. Y.: Esatto. È qui che è stata creata una versione giapponese di Barbie, chiamata Licca-chan. Mi ricordo che avevano attivato persino una linea telefonica Licca-chan per la promo-
Il libro di YAzAwA Yutaka è disponibile in italiano presso Mondadori.
zione. Se chiamavate il numero, rispondeva un’attrice che fingeva di essere Licca-chan in persona. Diceva: “Grazie di aver chiamato, ero talmente occupata dai miei compiti…” Il numero di telefono era simile al nostro e abbiamo così ricevuto molte chiamate per sbaglio. Un giorno mia nonna ha finto di essere Licca-chan, per divertirsi, ma non fu una grande idea, perché dopo quell’episodio, abbiamo ricevuto chiamate sempre più strane. Cosa l’ha portata a vivere all’estero? Y. Y.: ho sempre voluto viaggiare all’estero. A diciannove anni, ho lasciato l’università e sono andato in Inghilterra per imparare l’inglese, questa decisione non è piaciuta granché ai miei genitori. Sono riuscito a superare l’esame d’ingresso all’università e ho trascorso undici anni a studiare e a lavorare nel Regno Unito come avvocato. Dopo essere tornato per tre anni in Giappone, ho accettato un impiego in uno studio di avvocati a Hong Kong, dove ho vissuto poi per nove anni. Dopo un altro anno passato a New York, sono infine rientrato definitivamente in Giappone, sette anni fa. È stato complicato riadattarsi alla vita in Giappone dopo un soggiorno così lungo all’estero? Y. Y.: In effetti al mio ritorno, mi sono reso conto che era facile corteggiare le ragazze in Giappone (ride). A vent’anni, vivevo in una dimensione internazionale in cui essere giapponese non era esattamente “sexy”, quindi dovevo com-
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piere il doppio degli sforzi (ride). Tornando nell’arcipelago, mi sono ritrovato single, con un ottimo impiego e tutto d’un tratto, venivo considerato come un “buon partito”. Scherzi a parte, non è stato facile. Avendo lasciato il Giappone a 19 anni, ho saltato un certo numero di riti di passaggio importanti che formano la gente di qui. I legami che siete in grado di tessere nel corso dei quattro anni di studi universitari e durante il vostro primo impiego - che per molti rappresenta l’impiego definitivo - sono estremamente importanti in Giappone. Vi offrono un sentimento di appartenenza e definiscono per molti aspetti chi siete. Trasferendomi all’estero, ho reciso questi legami e, al ritorno, mi sono reso conto che non avevo radici. Non ero veramente membro di alcun gruppo. Avevo perso il contatto coi miei ex compagni di classe e non avevo punti di riferimento, sia dal punto di vista sociale che economico. Nutrivo costantemente il sentimento di dover appartenere a qualcosa, ma mi trovavo in una sorta di limbo, dal punto di vista sociale. È una delle ragioni per cui mi sono sposato. Cosa significa? Y. Y.: Ho incontrato mia moglie in Inghilterra, ma quando sono tornato in Giappone, ci siamo separati. Poi mi sono reso conto che era lei la persona con la quale avevo più cose in comune: la sola persona che poteva comprendere la mia passata esperienza di vita. Quando ho cominciato a frequentare ragazze in Giappone, all’inizio giocavo la carta “internazionale” a mio vantaggio. Dopo un po’, la cosa mi annoiava. Tutte le donne che incontravo mi dicevano: “Wow, hai passato undici anni in Inghilterra, incredibile!” . Solo colei che è diventata mia moglie sapeva cosa significava veramente vivere all’estero e potevo permettermi di essere me stesso solo con lei. Dopo tutti questi anni all’estero, direbbe che vivere in Giappone sarebbe stato più complicato? Y. Y.: In Occidente, è previsto che tutti siano degli individui liberi. Certo, esistono diverse sfumature quando si parla di individualismo - gli americani e gli inglesi sono molti diversi al riguardo - ma dovete tuttavia comportarvi in quanto individuo, mentre in Giappone, dovete essere costantemente coscienti del contesto sociale e dell’ambiente al quale appartenete. Avendo evitato dieci importanti anni di formazione in Giappone, mi mancava la capacità di giudizio su questo genere di cose. Non dico che il sistema occidentale sia migliore, si tratta di due sistemi sociali diversi ed è complicato passare dall’uno all’altro.
Benjamin Parks per Zoom Giappone
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ZOOM INCHIESTA Ho sentito dire che la società giapponese e quella britannica sono assai simili. Cosa ne pensa? Y. Y.: In linea di massima, sì. In effetti, gli abitanti di questi due Paesi passano molte ore a parlare del tempo che fa e fanno sempre attenzione a non ferire i sentimenti degli altri. Fanno parte di comunità molto unite dove il controllo degli uni sugli altri è decisamente importante. Allo stesso tempo, però, trovo che in Inghilterra la classe sociale e la gerarchia giochino un ruolo più importante rispetto a quanto succede in Giappone, sebbene le persone godano di più libertà per definirsi in seno al loro ambiente. Nell’arcipelago la pressione da parte della propria comunità è più forte. Dal momento in cui fate parte di un gruppo definito -che si tratti della vostra scuola, del vostro ufficio o di un club - dovete rispettare le regole e far passare gli interessi collettivi davanti ai vostri. Ci sono dunque delle similitudini e delle differenze fra i due Paesi. L’importanza che entrambi questi Paesi accordano alla lingua è un elemento che li accomuna? Y. Y.: Direi di sì. Il giapponese e l’inglese britannico sono lingue molto discriminanti. Potete rilevare molte cose dalla maniera in cui le persone parlano: la loro origine, il loro statuto sociale, ecc. In Giappone in particolare, esiste un pregiudizio infelice contro le persone che non parlano con l’accento classico. Sono addirittura disprezzati poiché vengono percepiti come non raffinati. Persino mio figlio ha vissuto questa discriminazione. Essendo cresciuto all’estero, quando siamo tornati, parlava con un accento straniero. Questo problema si riflette ugualmente nell’ossessione dei giapponesi di voler parlare l’inglese come la regina, con un accento perfetto. Ma questo non ha senso quando non si è capaci di mettere insieme due frasi! Nel suo libro lei descrive la strana sensazione avvertita durante una passeggiata in una via affollata di Tôkyô, circondato unicamente da volti…giapponesi. Riferisce addirittura di essere stato assalito da un senso di claustrofobia. Ho trovato la cosa interessante, soprattutto se detta da un giapponese… Y. Y.: Per farla breve, è come se mi fossi trovato dall’altro lato di uno specchio. Sono sempre meravigliato dalla mancanza di diversità in Giappone. Potete forse avvertire la stessa sensazione quando viaggiate in Cina, ma per me la Cina è un Paese straniero e la stranezza di certi aspetti della società fa parte delle aspettative, delle cose previste e messe in conto in un luogo poco conosciuto. Il Giappone però, è il mio Paese, e nonostante ciò, nutro sempre una strana sensazione quando attraverso il grande incrocio di Shibuya circondato da persone che si somigliano e che portano spesso vestiti simili. Dovete fare uno sforzo per accor-
gervi della diversità in tutta questa omogeneità. Pensa che il Giappone (almeno nelle grandi città) si trasformerà in un melting pot simile a quello che avete conosciuto in altri Paesi? Y. Y.: Posso solo sperarlo. Certo, il cambiamento sarà lento e progressivo, e ciò è un bene. Non voglio che il Giappone ripeta l’errore commesso dal Regno Unito negli anni Cinquanta quando, per aumentare la disponibilità di manodopera, hanno attirato un numero considerevole di migranti provenienti dalle isole caraibiche senza prepararsi alle sfide sociali che questa immigrazione implicava. Le conseguenze di questa politica si fanno ancora sentire. Spero che noi gestiremo meglio la questione migratoria ma non mi preoccupo più di tanto del fatto che la cultura giapponese si diluisca con altre culture, quanto della dissoluzione della cultura degli immigrati. Dopotutto, bisogna cambiare per restare se stessi, come diceva un famoso scrittore italiano. Speriamo che sportivi come la tennista Naomi OSAKA (di madre giapponese e padre afroamericano) aiuteranno le persone a capire che il colore della pelle non è così importante e che il fatto di essere giapponese non significa che dobbiamo essere tutti identici. È interessante che abbia citato proprio Naomi OSAKA poiché quando uno sportivo di aspetto non giapponese si distingue, è immediatamente ben accettato e celebrato, ma quando ariana MIYAMOTO, il cui padre è afro-americano, ha vinto il concorso di Miss Universo Giappone nel 2015, molte voci si sono sollevate per dire che non rappresentava la tipica bellezza giapponese. Y. Y.: evidentemente è impossibile procedere a un’integrazione indolore. Dobbiamo adattarci alle difficoltà di crescita di questo processo. A mio avviso, il Giappone inteso come comunità ha tendenza ad essere piuttosto compassionevole. Spero quindi che la benevolenza sia più forte delle discriminazioni e delle tendenze xenofobe proprie a una minoranza. Come ho detto, ho vissuto altrove, in altri Paesi e ho constatato il dolore e l’odio. È necessario compiere tutto ciò che possiamo per evitare questi problemi. In realtà, le cose stanno già cambiando. Il suo libro spiega molto bene la cultura e la società giapponese in termini generali. C’è qualcosa in particolare che definisce la cultura giapponese? Y. Y.: Ogni Paese ha uno slogan che dovrebbe simbolizzare il suo carattere, ma questo slogan finisce curiosamente quasi sempre per mettere in evidenza un difetto fondamentale della società di quella nazione. La frase emblematica per la Francia, ad esempio, è “Liberté, égalité, fraternité”, tuttavia lo Stato in questione sembra soffrire di una grande
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mancanza di queste caratteristiche. La Dichiarazione d’Indipendenza americana afferma: “Crediamo nelle verità seguenti: tutti gli uomini sono nati uguali”, ma in realtà, la società americana è caratterizzata da importanti diseguaglianze. Per quanto riguarda il Giappone, la nostra prima Costituzione sarebbe stata scritta dal principe Shotoku nel VII° secolo. Il suo primo articolo recitava: “Dobbiamo rispettare l’armonia”, e si riferiva naturalmente al grande numero di conflitti in atto all’epoca. L’armonia sociale è in effetti considerata come una delle caratteristiche peculiari del Giappone ed è una realtà, almeno in parte. Ma nessuno sa davvero cosa è la cultura giapponese, poiché l’evoluzione è continua. Il Paese che ho scoperto al mio rientro, sette anni fa, era davvero diverso dal Giappone in cui sono cresciuto. C’è qualcosa che la gente dovrebbe sapere, prima di recarsi in Giappone? Y. Y.: È molto difficile fornire una risposta unica a questa domanda, ma direi che la capacità dei giapponesi di comunicare con le persone che non parlano la loro lingua è costantemente sottovalutata, in particolare dai giapponesi stessi. Tutti studiamo l’inglese a scuola ma lo impariamo in maniera sommaria. Visto che le nostre competenze linguistiche sono generalmente giudicate unicamente allo scopo di passare un esame, non abbiamo la sicurezza in noi stessi necessaria a comunicare con altre persone. Durante la scrittura del suo libro, ha scoperto qualcosa sul Giappone di cui non si era accorto prima o che riteneva - in maniera erronea scontato? Y. Y.: Non è che non ne fossi al corrente, ma sono sempre sorpreso nel constatare a qual punto il Giappone sia una realtà effimera: l’istantanea che potete osservare in un certo momento sarà valida sì e no per una decina d’anni. Il Giappone moderno ha attraversato numerosi sconvolgimenti da quando ci siamo aperti al mondo, durante la metà del XIX° secolo. Da allora, abbiamo conosciuto una rapida modernizzazione. Abbiamo accettato ed adottato diversi elementi di civilizzazione venuti dalla cultura occidentale, conosciuto una rapida industrializzazione, participato alle guerre del colonialismo imperiale e alle guerre mondiali, abbiamo subito i bombardamenti atomici, assistito al risveglio del Paese dopo la guerra, a un’urbanizzazione estrema e al declino delle campagne, all’invecchiamento progressivo della popolazione. Tutto ciò senza dimenticare i tifoni e i terremoti. In questo contesto, il periodo di stagnazione economica degli anni Novanta sembra quasi un’oasi di calma in questo folle periodo di sconvolgimenti occorsi negli ultimi due secoli. INTERVISTA A CURA DI JEAN DEROME
ZOOM INCHIESTA REGOLAMENTI
Una questione di buon senso
Come comportarsi in Giappone? Un rompicapo per alcuni, ma basta guardarsi intorno.
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Nei trasporti Non mangiate e non bevete nel corso degli spostamenti, soprattutto sui mezzi pubblici. La sola grande eccezione riguarda i treni veloci. Dal momento che i sedili sono tutti orientati nella stessa direzione, si hanno poche opportunità di incrociare lo sguardo altrui. I celebri ekiben sono stati creati per questi passeggeri. Riguardo al mangiare e bere camminando, esistono diversi comportamenti a seconda delle generazioni. Sempre più giovani lo fanno, e in certe zone commerciali, lo fanno tutti. Parlare al telefono sul treno, o mentre si cammina in posti molto frequentati, fa invece parte dei comportamenti sui quali tutti sono d’accordo: non si fa. È d’altra parte una delle rare situazioni in cui i giapponesi, generalmente timidi, vi squadreranno con disapprovazione o vi chiederanno addirittura esplicitamente di smettere. Qualunque conversazione ad alta voce su un treno è disdicevole. a tavola Al ristorante, vi verrà portato probabilmente un oshibori (pezzuola umida) per pulirvi le mani. Asciugarsi il viso con essa è generalmente annoverato fra le cattive maniere. Tuttavia, vedrete numerosi giapponesi strofinarsi vigorosamente il viso in estate, per rimediare al sudore provocato dal caldo (gli uomini di mezza età sono tristemente celebri per sfoggiare maniere discutibili a tavola), ma dovrete assolutamente astenervi dal copiare questo gesto quando siete in compagnia di donne, o sarete oggetto di odio… Le bacchette sono fatte per mangiare, punto. Non le piantate mai nel riso, è un gesto che si fa soltanto durante…i funerali. I giapponesi versano sempre la bevanda alcolica nel bicchiere dei loro commensali, quando questo è vuoto. Non lasciate mance. La regola si applica ovunque, la sola eccezione è rappresentata dai taxi. Non è obbligatorio, ma accettabile.
Tutti i diritti riservati
er molti visitatori stranieri, il Giappone somiglia a un pianeta lontano in cui gli abitanti seguono regole strane e rispettano principi morali diversi. Per aiutarvi abbiamo compilato una lista non esaustiva delle cose da fare e da non fare, arricchita da qualche commento prezioso.
Un gesto disdicevole al ristorante. L’oshibori deve servire soltanto ad asciugarsi le mani.
L’abbigliamento Come molti sanno già, conviene togliersi le scarpe in numerosi luoghi pubblici e praticamente in tutte le case private. È preferibile dunque calzare scarpe facili da togliere. Negli alberghi tradizionali, porterete uno yukata (kimono leggero di cotone). Dovete accavallare la parte sinistra sulla destra. Si fa il contrario solo durante in funerali. Varie Negli onsen (sorgenti termali) e nei bagni pubblici, sfregate con vigore il vostro corpo prima di immergervi nella grande vasca comune, anche se siete appena usciti della doccia. Tenete i capelli fuori dall’acqua. E naturalmente…non nuotate! Non vi soffiate il naso in pubblico. È una delle regole più controverse, le opinioni divergono, e sono diverse a seconda delle persone a cui chiederete risposte in merito. Per alcuni, se avete la necessità di soffiarvi in naso, dovete chiudervi in bagno. Se siete con degli amici, non ci sono problemi, basta che vi appartiate un po’ e che facciate il meno rumore possibile. È vero tuttavia che in Giappone, molte persone tirano su col naso anziché soffiarselo in pubblico! Il solo grande divieto consiste nell’utilizzare dei fazzoletti in tessuto. Bisogna sempre impiegare quelli di carta! Non toccate le persone. Anche i gesti più comuni in Occidente (strette di mano e abbracci) possono costituire una sorpresa inopportuna per i giapponesi. Certi faranno un passo indietro come se fossero stati punti da un insetto. La miglior cosa da fare è mantenere una rispettosa distanza.
Al contrario, avere un contatto fisico col vostro partner in pubblico non è un problema, ma l’esternazione del vostro amore non dovrebbe andare aldilà del prendersi per mano. Stringere il vostro braccio attorno alle sue spalle o alla vita, non si fa, e il bacio è decisamente sconsigliato. L’umiltà è importante in Giappone. Le persone sono imbarazzate dai complimenti e rispondono con un “ie, ie” (no, no). Dovete quindi evitare di vantarvi. In Occidente, una conversazione può trasformarsi in una battaglia verbale e molte persone non esitano a interrompervi mentre parlate. In Giappone invece, interrompere qualcuno che vi sta dicendo qualcosa è considerato come un atteggiamento estremamente maleducato. I giapponesi aspettano generalmente che qualcuno termini completamente la sua frase prima di rispondere. Una cosa sensata. Il punto comune di tutto ciò che avete appena letto è che dovete astenervi dal fare qualunque cosa che possa disturbare gli altri. Certo, gli Occidentali possono trovare alcune fra queste regole un po’ rigide o bizzarre, poiché nel proprio Paese sembrano aver perso senso. In Giappone, al contrario, certi comportamenti all’apparenza innocui possono risultare davvero offensivi. Se ci si riflette un attimo, molte fra le norme citate derivano dal comune buon senso. Sfortunatamente, troppe persone in altri Paesi sembrano essersene dimenticate. La cosa migliore che possiate fare nel mondo nipponico è saper osservare le persone che vi circondano e seguire il loro esempio. GIANNI SIMONE
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ZOOM INCHIESTA ESPERIENZA
Perfettamente a proprio agio
Vivere come un giapponese per qualche ora presso una famiglia locale è possibile, grazie a Nagomi Visit.
V
i siete già chiesti quale sia l’atmosfera di una tipica casa giapponese e che genere di routine i giapponesi vivano lontano dalle mille luci di Tôkyô e dai templi d Kyôto? Se la risposta è sì, avete ormai la possibilità di constatarlo da soli grazie a Nagomi Visit, un’organizzazione locale a scopo non lucrativo il cui obiettivo è offrire ai turisti stranieri e ai residenti l’occasione di incontrarsi durante il viaggio dei primi nell’arcipelago. KUSUNOKI Megumi ha fondato Nagomi Visit nel 2011 con lo scopo di favorire la comprensione culturale. La sua amica ed ex-collega nippo-americana, SANADA Alisa, ha rapidamente raggiunto il progetto ed è diventata la direttrice delle operazioni dell’associazione. “Il nostro obiettivo è di proporre un programma di scambi culturali accessibili a tutti, e grazie al quale nascano delle autentiche amicizie che vadano aldilà della portata del programma”, spiega SANADA Alisa. “Speriamo che grazie alla nostra iniziativa, le persone possano creare delle relazioni piene di significato e di valore, che sapranno superare le incomprensioni generate dalle diverse origini. Si procede per piccoli passi, ma siamo convinti che iniziative come la nostra possano contribuire a creare un impatto positivo nella società giapponese e al di fuori di essa.” Spiegando le ragioni che hanno motivato la decisione di creare una tale associazione, SANADA confida che avrebbero voluto un programma nel quale l’ospitalità poteva restare autentica. “Tutti i nostri ospiti sono volontari”, sottolinea. “sappiamo che la dinamica di chi ospita e dell’invitato cambiano una volta che c’è in gioco del denaro. Abbiamo quindi deciso di fissare delle spese di partecipazione fisse a 3500 yen (28 euro) per invitato, comprensive del pranzo o della cena preparate daglla famiglia ospitante. La metà della somma è direttamente versata ai proprietari perché possano fare la spesa e acquistare gli alimenti necessari alla preparazione del pasto. L’altra metà è impiegata per finanziare i costi operativi dell’associazione. Sappiamo che esistono altre esperienze di viaggio, ma non vogliamo banalizzare le nostre visite. In altri termini, l’amicizia non deve avere prezzo.” aggiunge. Con milioni di viaggiatori stranieri che visitano ogni anno il Giappone e una nuova legge sull’immigrazione che mira ad attirare diverse cen-
INFORMAZIONI PRATICHE NAGOMI VIST : https://www.nagomivisit.com
tinaia di migliaia di lavoratori nel futuro prossimo, numerosi giapponesi, naturalmente timidi all’inizio, si mostrano ansiosi quando si tratta di interagire con persone di culture diverse. Ecco perché Nagomi Visit è stata creata al contempo per chi ospita e per i visitatori. “Desideriamo che chi aderisce al nostro progetto si diverta accogliendo persone provenienti da tutto il mondo”, prosegue SANADA Alisa. “Vogliamo portare il nostro contributo per aiutare il Giappone a diventare un luogo più conviviale per tutti. Molti giapponesi sono occupati dal lavoro o dall’educazione dei figli e non hanno il tempo o i mezzi per impegnarsi negli scambi culturali, sia attraverso i viaggi, sia attraverso gli studi all’estero o l’accoglienza di studenti stranieri. Il problema è ancora più grande per le persone che vivono nelle zone rurali e che non hanno accesso alle scuole di lingua o agli eventi culturali.” Tenuto conto della timidezza e della riservatezza naturale di numerosi giapponesi nell’avvicinarsi agli stranieri, senza parlare della reticenza ad accoglierli a casa propria, avremmo potuto pensare che sarebbe stato difficile trovare volontari interessati a partecipare al programma. SANADA Alisa è felice di constatare che, invece, in molti hanno reagito positivamente all’idea. “In particolare quando abbiamo cominciato ad avere più visibilità nei media. Sempre più gente è venuta allora a farci visita. In effetti, tutte le famiglie ospitanti cercano sempre più contatti con persone di nazionalità e culture differenti. Le famiglie con bambini desiderano che i loro figli abbiano più contatti col mondo esteriore”, ci confida. Otto anni dopo il lancio di Nagomi Visit, l’associazione conta ormai più di 1000 membri volontari (famiglie, coppie e single) in tutto il Giappone e ha accolto più di 8000 ospiti originari di 67 Paesi, fra cui gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia, Singapore e diversi Paesi europei. “All’inizio, le famiglie ospitanti si preoccupano del modo in cui dovranno accogliere gli invitati” spiega. “Chiedono se dovranno cucinare degli autentici pasti giapponesi o addirittura avere un vero look giapponese, anche se poi, in definitiva, questo conta poco.” Ho provato per voi… Nagomi Visit Durante un bel pomeriggio di sole, ho fatto la conoscenza della famiglia che mi ospiterà, i KANEHIRA. Masako, 37 anni, è venuta ad accogliermi alla stazione con le sue due simpatiche figlie, Miyoko, 8 anni, et Moko, 5 anni; quest’ultima teneva una lavagnetta colorata con scritto il mio nome. Uscendo dalla stazione, ho incontrato Motoki, 41 anni, che ci aspettava in macchina.
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La famiglia ha aderito al programma nel marzo 2018 e tutti i membri sono rapidamente diventati degli habitué del programma Nagomi Visit. Hanno accolto 11 gruppi in poco più di un anno, fra cui dei giornalisti tedeschi specializzati nei viaggi, degli appassionati di ciliegi in fiore venuti dall’Argentina e coppie in luna di miele. Le due bambine non sono affatto intimidite da un alto straniero con la barba e un orecchino. La loro riservatezza è durata all’incirca cinque minuti, prima di cedere di fronte al mio bel sorriso (!). Arriviamo presto a casa e dopo aver giocato in giardino con delle bolle di sapone, entriamo all’interno per prendere un bicchiere di té d’orzo fresco e chiacchierare un po’. Masako e Motoki parlano benissimo l’inglese, hanno studiato all’estero, in Canada e in Australia. I due si sono incontrati durante il loro primo soggiorno in Canada. Masako ha ottenuto una laurea presso l’Osaka Gaidai, una celebre università specializzata nello studio delle lingue straniere. Ha lavorato in una scuola di conversazione inglese e insegna ormai da casa, occupandosi al contempo delle bambine. Motoki è ingegnere. Concepisce macchinari che fabbricano componenti per macchine fotografiche. Durante il tempo libero, ama dedicarsi allo sci e fare campeggio. “Siamo sempre sorpresi quando i nostri invitati raccontano che viaggiano in Giappone per tre o quattro settimane, poiché qui, non possiamo andare in vacanza per così tanto tempo”, spiega. “Presso Canon, la società presso la quale lavoro, ci permettono di prendere dieci giorni di ferie ogni dieci anni come regalo per gli impiegati fedeli. Lavoro lì da sedici anni ormai. Non mi restano che quattro anni supplementari per avere vent’anni di anzianità e poter così ottenere più giorni di vacanza.” Masako spera che potranno viaggiare all’estero e andare a trovare alcuni amici conosciuti grazie al programma Nagomi Visit. Motoki e Masako sono rispettivamente originari di Kyôto e Nara, parlano quindi il dialetto del Kansai (la regione di Osaka) a casa. “È per questa ragione che Miyako e Moko parlano un misto di giapponese classico e dialetto del Kansai (Kansaiben)” racconta Masako. “I primi anni dopo il nostro trasferimento nella regione del Kantô (Tôkyô e le sue sei prefetture vicine) non sono stati facili, poiché abitavamo in una zona rurale nella prefettura di Ibaraki (a nord-est della capitale) e non avevo amici. Più di una volta, ho avuto la nostalgia della mia regione d’origine. Ma oggi viviamo a Kawasaki (a sud di Tôkyô) e ho fatto amicizia con i genitori di altri bambini. Senza contare le conoscenze nate con Nagomi Visit; ora mi sento finalmente a casa!”
“Un tempo sognavo di vivere all’estero e ho davvero amato la mia vita in Australia, dove ho trascorso due anni. Tuttavia, mi sono resa conto che mi trovavo più a mio agio in Giappone. Crescendo qui, tutto mi pareva naturale, quando invece abitavo all’estero, molti mi osservavano con curiosità e mi interrogavano sulla vita in Giappone. Quando spiegavo loro com’era la mia vita qui, realizzavo a che punto amassi il mio Paese. Posso dire di essere fiera di essere giapponese” prosegue. “Detto questo, capisco che la vita in Giappone possa talvolta essere una sfida. Ho una cara amica che si è trasferita in Canada. Torna soltanto una volta ogni cinque anni e ogni volta si sente a disagio qui. Suppongo che in un certo senso sia diventata canadese.” Per Motoki e Masako, il vantaggio del programma Nagomi Visit è di permettere alle loro figlie di incontrare molti stranieri. “Come hai constatato, non sono per niente timide e la piccola Mako ti ha già preso per mano per mostrarti i suoi giocattoli”, fa notare Masako. “Si tratta di un comportamento che i bambini giapponesi non adottano mai nelle relazioni con gli stranieri. Prima di tutto molti giapponesi sono riservati e la maggior parte non ha mai rivolto la parola a uno straniero. Grazie a Nagomi Visit, abbiamo incontrato talmente tanti stranieri nel corso degli ultimi dodici mesi che Miyako e Mako sono ora perfettamente a loro agio”. È venuta l’ora di preparare la cena. Il menu del giorno è composto da temaki-zushi (sushi fatti a mano) e da chikuzenni (ragù di pollo con carote, bardana, germogli di bambù e funghi). “Il temakizushi è in assoluto il nostro piatto più popolare”, spiega Masako. “Evidentemente, i nostri invitati adorano il sushi e hanno qui la possibilità di preparare da soli gli involtini, il tutto è molto divertente. D’altra parte, cerchiamo di evitare gli alimenti che gli stranieri - soprattutto gli Occidentali- possono trovare un po’ troppo bizzarri. L’ultima volta in cui abbiamo avuto ospiti, i nostri invitati venivano dalla Germania. Hanno provato il fatto (soja fermentata) trovando il gusto interessante. In un’altra occasione, degli ospiti sono arrivati dal Canada con una bambina di otto anni. La bimba ha provato un manjû (una pagnottella cotta al vapore ripiena di pasta di fagioli rossi) a forma di fiore di ciliegio, ma non le è piaciuto. Le ho allora fatto assaggiare dei biscotti canadesi e ha dichiarato che era davvero la miglior cosa che avesse mai mangiato.” Motoki sorveglia attentamente i gesti di sua moglie. “In effetti è un ottimo cuoco” dice lei sorridendo. “È lui che si occupa della cucina, la maggior parte dei fine-settimana”. Quando Motoki è stato trasferito dalla sua società nella prefettura di Ibaraki, ha in un primo tempo vissuto solo, e ha dunque dovuto imparare a cucinare. Masako ammette di non aver mai cucinato prima del matrimonio. “Quando
La famiglia Kanehira participa da un anno al programma Nagomi Visit lanciato da KUsUNOKI Megumi.
vivevo coi miei genitori a Nara, mia madre si occupava in esclusiva dei pasti” ricorda. “Quando ci siamo sposati, ho utilizzato Cookpad (il più grande sito di condivisione di ricette del Giappone, con all’attivo più di cinque milioni di ricette registrate) e dei libri di cucina per imparare a cucinare. Visto che cucino praticamente tutti i giorni e sono occupata con le bambine, scelgo cose semplici da preparare. Motoki, quanto a lui, cucina solo nelle grandi occasioni e ama dunque provare piatti più complicati. Per me, la cucina è una corvée, un lavoro ingrato. Se non fossi obbligata, non me ne occuperei, soprattutto non tutti i giorni." Alla fine, ci sediamo tutti attorno alla tavola per degustare il buon cibo preparato da Masako. Miyako e Mako hanno fame e si fanno venire l’acquolina in bocca alla vista del tonno, del salmone e di altro pesce crudo. Chiedo ai KANEHIRA che cosa, secondo loro, rende il Giappone unico. “Accordiamo molta importanza al cambiamento delle stagioni”, afferma Masako. “Per ogni stagione, esiste una sorta di celebrazione, come la contem-
pazione dei fiori di ciliegio, la giornata delle ragazze e dei ragazzi in primavera, l’ o-bon (Festa dei morti) in estate. Ogni tappa della vita viene festeggiata. Tradizionalmente, il Giappone era una società rurale e il cambiamento delle stagioni era importante nella nostra vita”, conferma Motoki. “Incapaci di controllare il clima e impotenti di fronte alle catastrofi naturali, abbiamo imparato a rivolgerci agli dei e ai nostri antenati per ottenere la loro protezione. È un costume che perdura attraverso le nostre feste e diversi festival si ripetono a ogni stagione”. Dopo la cena, ci divertiamo con un gioco di carte che Moko adora e poi, Miyako disegna il mio ritratto su un ripiano bianco. Dopo una serie di canzoni e di danze che interpretano per me, sono letteralmente conquistato da queste due adorabili bambine. Arriva il momento in cui devo tornare a casa. Ho passato solo qualche ora coi KANEHIRA, ma li considero già come dei nuovi amici. J. D.
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Jean Derome per Zoom Giappone
ZOOM INCHIESTA
ZOOM INCHIESTA PRATICA La
scelta della naturalizzazione
Certi stranieri residenti da lungo tempo nell’arcipelago hanno scelto la nazionalità giapponese
Jean Derome pour Zoom Japon
N
egli articoli precedenti abbiamo visto cosa vuol dire essere giapponesi dal punto di vista culturale e sociale. Ma cosa succede se si opta per la naturalizzazione? Comporta difficoltà? È una scelta concretamente possibile? Chi può pretendere alla nazionalità giapponese? Tra il 1868 e il 2015, 581.000 persone sono legalmente diventate giapponesi. Ancora oggi, migliaia di persone vengono naturalizzate ogni anno. La miglior fonte di informazioni su questo argomento è Becoming Legally Japanese (www.turningjapanese.info), un sito internet in inglese ricco di formulari e di documenti, di istruzioni precise, di dati statistici e storie su persone che hanno ottenuto la nazionalità giapponese. Il sito è gestito da Inoue Eido, un ex cittadino americano il cui nome era in passato Adrian David Havel, fino al 2010, anno in cui ha ottenuto la nazionalità nipponica. Originario di washington, è arrivato in Giappone nel 1992. “Le persone mi chiedevano sovente perché fossi diventato giapponese. Sono venuto qui subito dopo i miei studi. Vent’anni dopo, ero ancora qui e avevo talmente investito sul piano personale, finanziario e professionale che sapevo sarebbe stato difficile ormai trasferirmi in un altro Paese. In altri termini, mi sono reso conto che mi stavo trasformando in un recluso condannato all’ergastolo e che le possibilità di cambiare direzione erano minime. Sono così arrivato alla conclusione che sarebbe stato logico impegnarmi definitivamente qui e beneficiare parallelamente dei diritti accordati agli altri stranieri residenti. Si può dire che la mia decisione sia frutto di una scelta logica” spiega. Secondo Eido, cambiare nazionalità è un po’ come sposarsi. “Non è qualcosa che si possa prendere alla
leggera: è un impegno per la vita intera. Detto questo, potete abbandonare la vostra nazionalità giapponese e adottarne una nuova se le cose non vanno come dovrebbero qui e per qualche ragione non volete più essere giapponese. Potrei tornare a essere americano, ma dovrei adattarmi nuovamente allo status di straniero e comportarmi come tale” racconta ancora Eido. Sul piano tecnico, le esigenze delle autorità giapponesi in materia di cambio di nazionalità sono molto simili a quelle di numerosi Paesi europei. “In poche parole, non è necessario essere ricchi, ma dovete beneficiare di una fonte di reddito stabile”, precisa. “Non è necessario aver assimilato ogni aspetto della cultura, ma è piuttosto consigliato di conoscere la lingua”. Le principali condizioni necessarie per poter pretendere alla cittadinanza sono le seguenti: 1. Aver vissuto fisicamente e legalmente per cinque anni consecutivi in Giappone. L’aspetto legale è
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importante per evitare che si possa utilizzare la naturalizzazione come via di fuga per evitare l’espulsione. 2. Dovete essere indipendenti finanziariamente. In altri termini, i giapponesi non vogliono che diventiate beneficiario degli aiuti sociali. Inoltre, dovete avere un’ottima conoscenza della lingua per ottenere un lavoro. 3. Non dovete avere delle pendenze giudiziarie o penali né in Giappone né all’estero, né alcun legame con la criminalità organizzata. 4. Non potete essere membro di un’organizzazione che prona per la distruzione violenta o illegale del Giappone. 5. Dovete essere pronto a rinunciare a tutte le altre nazionalità. Contrariamente a ciò che pensano in molti, l’ottenimento di un visto di residenza permanente non è una pre-condizione necessaria per diventare cittadino giapponese. “L’ultima esigenza, il punto 5, è quella che frena la maggior parte di persone nell’avviare
ZOOM INCHIESTA le procedure” osserva Eido. “Nel mio caso, ad esempio, non posso più votare negli Stati Uniti e restarci per lungo tempo senza visto.” Per quel che riguarda il secondo punto, Eido afferma che ogni stipendio mensile superiore ai 250.000 yen (2030 euro) è accettabile, anche se è complicato vivere in una grande città con una tale somma. “Più che dei montanti a disposizione, le autorità sono preoccupate dalla stabilità delle vostre risorse” aggiunge. “Ad esempio, se le vostre risorse provengono da un insieme di contratti di un anno, rinnovati ogni volta, non è una situazione vista di buon occhio. Se, al contrario, siete un impiegato con un posto fisso, avete ogni chance dalla vostra parte”. I candidati alla naturalizzazione sono tenuti a operare con un funzionario del Ministero della Giustizia prima di poter avanzare una domanda ufficiale. Avrete una serie di colloqui con una persona incaricata di preparare i documenti che sottometterete. Dovete mostrare i vostri estratti conto, le vostre dichiarazioni dei redditi e i registri fiscali. Se è il funzionario a depositare il vostro dossier, le possibilità di approvazione superano il 95% e questi ultimi anni, sono in realtà più vicine al 99%. Il tasso di abbandono (le persone abbandonano la procedura prima di sottomettere tutti i documenti) sembra situarsi tra il 25% e il 33%. Evan Koehler – o KORA Eiji, il suo nome attuale - afferma che questo processo è stata “la cosa più difficile che abbia mai fatto. Fu come avere un lavoro a tempo pieno” racconta. “Ho dovuto fornire più di cento pagine di documenti. Ho dovuto chiedere a tutti i membri della mia famiglia negli Stati Uniti di inviare il loro certificato di nascita e il certificato di matrimonio dei miei genitori. Le richieste riguardavano per molti aspetti la sfera personale. Mia madre, ad esempio, ha dovuto scrivere una lettera in inglese (che ho tradotto in seguito) in cui affermava di non avere altri figli al di fuori di quelli avuti con mio padre.” “Il sito Becoming Legally Japanese è stato estremamente utile. Alla fine, i funzionari sono venuti a casa mia per verificare se vi abitassi veramente. Hanno guardato
ovunque, hanno persino aperto il frigo per verificare che tipo di cibo consumassi. Hanno tuttavia sempre chiesto il permesso prima di avvicinarsi a qualunque cosa, nel caso non avessi voluto mostrare oggetti o documenti troppo personali”. Per evitare di vivere l’esperienza stressante di Evan, altri preferiscono rivolgersi a un’agenzia che svolgerà tutte le pratiche difficili e faciliterà le procedure nel loro insieme. Una buona parte del processo di candidatura riguarda i colloqui, tutti in giapponese. “All’inizio, ero molto preoccupato perché pensavo di dover fare molta attenzione a tutto ciò che avrei detto, senza commettere errori grammaticali”, racconta Eido. “Il mio interlocutore è stato estremamente corretto, spiegava sempre il perché di tutte le procedure e le domande. Mi ha aiutato molto. Mi sono reso conto che era qui per aiutarmi e non per mettermi in difficoltà.” “A un certo punto, hanno ugualmente interrogato mia moglie per sapere se il nostro matrimonio fosse autentico. Pensavo mi “smascherasse” perché ha un humour nero e ama fare scherzi! Quando il funzionario le ha chiesto perché io volessi diventare giapponese, lei ha risposto: “come volete che lo sappia, io non vorrei affatto essere giapponese”. Per fortuna, il funzionario l’ha presa bene, ha trovato la battuta divertente. Tutti i colloqui si sono svolti in un’atmosfera distesa”. Un richiedente non deve tuttavia mai dimenticare che si tratta di una cosa seria. “Ciò che non amano, è ritrovarsi a perdere tempo” ricorda Inoue EIDO. “Se vi chiedono di portare la prossima volta i documenti A, B e C, sarà meglio che non li dimentichiate. Sono molto efficaci e attendono la stessa efficacia da parte vostra”. Ciò che la maggior parte dei candidati teme è la lettera di motivazione, che deve essere redatta a mano. “All’epoca, i miei kanji avevano un’aria orribile perché utilizzavo sempre il computer” ricorda. “Sono comunque riuscito a scrivere una lettera di cinque pagine. In seguito, il funzionario ha letto il documento con grande attenzione e, alla fine, mi ha detto semplicemente: “ok, è accettabile.” Una volta che vi ritrovate ad essere ufficialmente giapponesi, avrete il vostro koseki (libretto di
famiglia), con un nuovo nome. Il vostro nome non deve per forza essere giapponese, ma deve essere scritto in uno dei tre alfabeti locali: kanji, hiragana o katakana. Se siete sposati a una giapponese, dovrete condividere lo stesso cognome. Potrete dunque sia adottare il cognome di vostra moglie, sia scegliere un nuovo nome. “Ho finito per adottare il cognome di mia moglie, è molto frequente in Giappone”, spiega INOUE Eido. “In seguito ho adattato il mio nome all’alfabeto kana e ho tagliato un po’ per facilitare le cose ai giapponesi. È così che Adrian è diventato Eido.” La gente reagisce diversamente quando sa che una persona ha cambiato nazionalità. “Quelli sorpresi, o a disagio col fatto che sia diventato giapponese, sono in genere stranieri”, confida. “Quanto ai nipponici, in particolare quelli che mi conoscono da molto tempo, sapevano già da un pezzo che mi sarei fermato qui, quindi la mia naturalizzazione non ha cambiato nulla per loro”. Per Henry Moreland Seals, un altro ex-Americano, la “riconoscenza” è stato un elemento chiave per decidersi a diventare legalmente giapponese. “Sono un po’ cinico e so che i nipponici fanno fatica a considerarmi come uno di loro visto che sono di colore”, dice. “Ma quando confido loro che sono diventato un cittadino giapponese, posso accorgermi del cambiamento. Ho recentemente fatto un discorso pubblico e quando ho spiegato come fossi diventato giapponese, la sala intera ha lanciato un “wow!” Si tratta del potere della riconoscenza. Possono non apprezzarmi, ma la mia scelta ha avuto un impatto certo”. A proposito di impatto, Kôra confida che la sua motivazione nel cambiare nazionalità è dovuta al fatto di poter finalmente portare il suo piccolo contributo al suo Paese d’adozione. “Il diritto di voto è sicuramente uno dei migliori stimoli a diventare giapponese” dice. “Potete fare qualcosa contro ciò su cui non siete d’accordo. Relativamente pochi aventi diritto al voto si recano alle urne qui, rispetto a quanto accade nei Paesi occidentali. Quindi, quando votate qui, potete cambiare davvero le cose”. J. D.
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Jérémie Souteyrat per Zoom Giappone
ZOOM CULTURA
Il quartiere di Ginza a Tôkyô.
Seniors in prima linea Quali conseguenze ha l'invecchiamento della popolazione sulle abitudini e sui comportamenti di consumo?
I
l rapido cambio della struttura demografica in Giappone presenta alcuni risvolti inediti a cui bisognerebbe trovare delle risposte altrettanto rapidamente. L’economia basata sul comportamento dei consumatori seniors, la cosiddetta “silver economy”, già così importante, è destinata a crescere a tal punto che nessuna organizzazione in Giappone, pubblica o privata, potrà ignorarla. In questo numero abbiamo deciso di soffermarci sul recente successo dei manga che hanno come protagonisti persone di una certa età; una tendenza che trova la sua spiegazione nell'interesse che tale generazione ha per questo tipo di media da più di 60 anni. C'è sia chi è cresciuto leggendo
manga anche se poi col passare degli anni i generi preferiti sono cambiati, benché l’amore nei confronti dei fumetti non si sia mai definitivamente spento. Poi c'è chi non è mai stato appassionato di manga, ma viene ora attirato da questo genere particolare, poiché, di fronte all'aumento dei problemi sociali legati all'età, intende saperne di più sulle altre persone anziane con cui condivide le preoccupazioni. I manga però sono solo uno dei tanti settori economici influenzati dall'invecchiamento della società giapponese. Secondo un recente studio condotto dalla Società Senior Communications il mercato dei seniors in Giappone è caratterizzato dalle seguenti tematiche: 1. Un tempo di consumazione efficace: gli anziani vogliono approfittare del tempo a loro disposizione senza spendere troppo e tentano di non perdere tempo in attività ordinarie a casa.
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2. Una fase in cui la vita deve essere reinventata: passando dallo status di genitore a quello di marito/moglie sono pronti a lanciarsi in qualcosa di nuovo, come studi o attività culturali. 3. L’autenticità: le persone di una certa età non danno grande importanza alle apparenze e privilegiano ciò che è concreto ed autentico. 4. Il legame umano e la comunità: i giapponesi più anziani vogliono creare dei legami con gli altri e partecipare a eventi sociali per conoscere nuovi amici. Vogliono quindi unirsi a dei gruppi che condividano i loro stessi passatempi, tendono a interessarsi alla politica, all'economia e alle attività sociali. 5. La tranquillità dello spirito: desiderano conservare il loro buon umore, ma sono contemporaneamente preoccupati per il loro futuro stato di salute. 6. Cambiamento fisico: sperano di apparire dal
ZOOM CULTURA 10% al 20% più giovani rispetto alla loro età e si sentono offesi se classificati come seniors. Se la questione degli anziani, chiamata rôjin mondai in giapponese, è divenuta oggetto di numerosi dibattiti dal 1980, portando gli esperti a interrogarsi sulle conseguenze socio-economiche sulla società giapponese, le organizzazioni pubbliche e private si sono rese conto del fatto che le previsioni economiche non dovevano per forza essere lugubri, se analizzate correttamente e nel loro insieme, per questo molte imprese considerano il mercato emergente dei seniors come un'opportunità unica. Il Giappone starà anche invecchiando, ma la sua popolazione ha un tasso di speranza di vita tra i più elevati al mondo, pari a 83.7 anni nel 2015. La speranza di vita in buona salute è di 71.1 anni per gli uomini e 75.6 per le donne. Anche invecchiando i giapponesi manifestano un forte desiderio di continuare a lavorare e il loro tasso di partecipazione sociale è anche esso molto elevato. Più importante ancora gli over 60 sono responsabili di circa la metà dei consumi personali in Giappone. In altre parole il Giappone può fare da modello ai paesi che registrano la stessa tendenza demografica. L'industria dei giocattolo, per definizione, dovrebbe essere uno dei settori economici meno ottimisti in un paese dove sempre meno persone hanno dei bambini. E se invece i giocattoli fossero per i più anziani? Un numero sempre maggiore fra di loro vive da solo. Come risposta a questo bisogno di compagnia i fabbricanti di giocattoli hanno sviluppato delle bambole parlanti capaci di riconoscere la voce e rispondere con un vocabolario di più di 1000 parole, secondo i distributori la maggiorparte dei consumatori ha tra 50 e 60 anni. Come sottolinea il rapporto di Seniors Communications, dopo aver lavorato tutta la vita, i giapponesi più anziani vogliono divertirsi. Le donne in particolare, una volta superata la maternità, trovano il tempo e il denaro necessario per praticare delle attività. A Tokyo Disney Resort, per esempio, i seniors vanno acquisendo sempre maggior importanza, vale a dire che le donne che lo frequentavano coi loro figli vi si recano ora per divertirsi con le loro amiche. Secondo un sondaggio dell’ufficio ministeriale, mentre il 44% dei giovani adulti si interessa alla ricchezza materiale, gli anziani sono alla ricerca di qualcosa di più profondo. Addirittura il 66% di essi si dedica alla ricerca del benessere mentale e di conseguenza tende ad essere molto attivo nei settori educativi. Considerandola come un'opportunità, le catene di karaoke e le imprese culturali hanno cominciato ad offrire una grande scelta di corsi e attività in orario pomeridiano e infra-settimnale, come la musica, la danza, le lingue straniere e le composizioni floreali. I tre
tipi di corsi prediletti dagli uomini sono cucina (19.9%), le lingue ed il giardinaggio (19.5%); le donne invece preferiscono l'informatica (22.5%), lo sport (21.4%) e le lingue (20.9%). A livello informatico vi sono molte offerte per gli anziani, sia che si tratti di sconti speciali sia che si tratti di formazioni adattate . Società come PC Depot o il grande marchio di distribuzione Bic Camera e la sua filiale Sofmap propongono dei pacchetti di servizi per gli utenti over 60 offerti ad un costo inferiore alla metà del prezzo ordinario, questo servizio chiamato Raku Raku Anshin Pakku (pacchetto facilità e tranquillità) comprende la consegna, la configurazione e la connessione di un computer personale dotato di Internet e assistenza telefonica illimitata. Inoltre, fabbricanti come Fujitsu hanno progettato una tastiera che ha diversi colori per le vocali e consonanti, apposta per le esigenze di questo mercato. I viaggi sono un'attività che i giapponesi anziani di entrambi i sessi amano particolarmente. Essendo liberi dal costo dell'educazione dei figli e dal mutuo, hanno molto tempo a disposizione, sono solitamente in buone condizioni di salute e hanno una certa esperienza in fatto di viaggi. Da qui al 2025 dovrebbero superare la fascia d'età tra i 20 e i 40 anni per quanto riguarda il mercato dei viaggi all'estero. Secondo gli psicologi questo periodo della vita si chiama "fase di liberazione”: è il momento in cui si prova il bisogno di fare cose mai fatte prima. Proprio questa potrebbe essere la motivazione dell'incredibile successo dei treni di lusso tra gli anziani. Il celebre Seven stars (vedi zoom Japon n.41, giugno 2014) per esempio ha attirato clienti da tutto il mondo, ma la maggior parte di chi ha intrapreso questo costoso viaggio di 4 giorni e 3 notti erano giapponesi over 60. Anche chi guadagna più modestamente è disposto a fare follie per un simile viaggio, rendendosi conto che non avrà più occasione di farlo. Oltre ai treni di lusso, il JTB, la più grande agenzia viaggi del Paese, ha recentemente proposto una serie di itinerari pensati appositamente: il 50.3% degli uomini e il 57.7% delle donne sopra i 60 anni predilige questo tipo di viaggio. Le donne in particolare hanno un debole per i pacchetti che comprendono solo voli e sistemazione, poiché preferiscono occuparsi personalmente delle visite. Le donne anziane non solo godono di buona salute e vivono a lungo, ma vogliono anche avere un'aria giovane o almeno conservare il loro bell’aspetto il più a lungo possibile. Partendo da questo, l’industria dei cosmetici ha ha messo a punto nuovi tipi di prodotti: Shiseido, ad esempio, ha studiato quanto la circolazione del sangue giochi un ruolo fondamentale nell'in-
vecchiamento del viso, scoperta che ha portato l’azienda a sviluppare una linea di prodotti contenenti emollienti che migliorano la circolazione e rafforzano il viso. La nuova gamma di prodotti, chiamata Elixir Prior, è stata concepita per le donne sopra i 60 anni e viene distribuita in confezioni rosa, colore molto apprezzato. I giapponesi adorano la cucina e quando si tratta di mangiare e cucinare la vecchiaia è allo stesso tempo una sfida e un'opportunità. Per esempio, pur avendo sottolineato come numerosi pensionati partecipino a dei corsi di cucina, la maggior parte dei giapponesi tra i 60 e i 70 anni è ben lontana dall'essere chef stellati. Allo stesso tempo cucinare tre pasti al giorno per il proprio marito in pensione è quanto di più detestabile ci possa essere per le donne giapponesi, e ad aggravare la situazione c'è anche il gran numero di ore passate in casa dai pensionati. Secondo un sondaggio di Living Kurashi How Institute, il 38% dei mariti in pensione passa 7 giorni a settimana a casa, mentre il 25% il più spesso possibile. Per minimizzare l'impegno supplementare della preparazione dei pasti ed aiutare le signore ad approfittare del loro tempo libero, molte acquistano pasti già pronti, ma non vogliono certo sacrificare la salute per questioni di comodità. In risposta a tale bisogno, e dopo due anni di ricerche sul nutrimento e l'invecchiamento, Nichirei Food ha lanciato, nel 2009, una linea di pasti surgelati equilibrati e poveri in sodio per gli anziani, battezzata Happy Aging. I consumatori sono le coppie e i single over 65, e i pasti possono essere facilmente scaldati in forno a microonde. Un altro esempio è Oisis Inc, una società di Tôkyô che propone verdure bio e la sua linea di acqua naturale. Secondo gli studiosi di marketing, una volta che i consumatori giapponesi anziani sono soddisfatti dei loro prodotti e servizi, hanno la tendenza ad essere più fedeli e meno inclini a passare ad un altro servizio, magari online, diversamente dai più giovani. Il cibo non è però che una piccola parte della rivoluzione consumatrice dei seniors. L’importante non è tanto cosa acquistano, ma come i giapponesi anziani stanno diventando sempre più abili nella navigazione online e negli acquisti su internet. Secondo uno studio del governo sull'uso dei mezzi di comunicazione, tra il 2001 e il 2012, la percentuale di chi usa internet è passata dal 19.2% al 71% tra i 60/64 anni, dal 12.3 al 62.7 tra i 65/69 anni e dal 5.8% al 48.7% tra i 70/79 anni. Gli acquisti alimentari giapponesi tradizionali si fanno di solito a piedi o in bici, il che può risultare complicato quando si tratta di trasportare carichi pesanti come sacchi di riso o bibite. La limitazione fisica legata agli acquisti è spesso citata come fattore di difficoltà.
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Jérémie Souteyrat per Zoom Giappone
ZOOM CULTURA
Le persone anziane hanno intenzione di approfittare al massimo della vita.
Per questo lo sviluppo degli acquisti online con consegna a domicilio offre una soluzione pratica a tale problema. Per rispondere alla sfida lanciata dal commercio elettronico i negozi di quartiere, presenti ovunque, propongono un servizio da poco chiamato kimono nanmin (naufraghi del commercio), tra di essi vi è il goyôkiki (spesso proposto in passato negli alimentari) che consiste nel chiedere ai
clienti che prodotto intendono acquistare la prossima volta durante la consegna. Per gli anziani che ancora preferiscono recarsi al supermercato sono state ingrandite le etichette, messi a disposizione dei cestini più larghi e proposti scaffali più bassi. I negozi di quartiere hanno invece messo in commercio dei packet lunch per gli anziani e incrementato la vendita di wagashi (dolci tradizionali giapponesi) e
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hanno anche cominciato a collaborare con le amministrazioni locali per incaricare il personale di assicurarsi dello stato di salute dei più anziani al momento della consegna. A novembre del 2013 Seven Eleven ha avviato una prima collaborazione con le autorità della prefettura di Fukoka, sull'isola di Kyûshû e un'organizzazione locale di protezione degli anziani. Da allora sono stati stretti moltissimi altri accordi. I grandi magazzini sono un settore importante del commercio al dettaglio, recentemente sfidato da una forte concorrenza e da un ribasso delle vendite, cosa che ha obbligato i grandi magazzini ad adattarsi ad una clientela in costante evoluzione. Per assicurarsi i clienti più anziani molti negozi si sono riorganizzati così da avere più zone di riposo e disporre anche di personale qualificato per aiutare i seniors con lo shopping. E per chiudere con una nota divertente ma stimolante, citiamo la creazione degli snack bar per anziani! In Giappone gli snack bar sono parte integrante della vita notturna, sono bar dall’atmosfera informale ed accogliente, gestiti da una mama San, che propongono ogni sorta di bibite alcoliche e, dal 1960, rappresentano un'oasi per le persone esauste dopo una lunga giornata di lavoro. Recentemente un numero sempre più grande di questi pub ha cominciato a rispondere ai bisogni della clientela più anziana, con sessioni di karaoke senza alcool nel pomeriggio. Si puo’ citare poi il Ryûgûjô, pub di Yokosuka, nella prefettura di Kanagawa, esclusivamente per i più anziani. Il proprietario, che dirige molte imprese nel settore infermieristico, voleva offrire ai seniors un'occasione di socializzare al di fuori di casa loro e delle case di cura ed ha così creato il kaigo sunakku, ovvero "snack bar della cura infermieristica". Viene offerto un servizio di trasporto a domicilio, tutto è adattato interamente ai bisogni degli anziani: i bagni sono dotati di lettini pieghevoli per cambiare i pannoloni e vi è addirittura una porta che impedisce a chi soffre di demenza senile di uscire dal pub! Il personale è specializzato, ci sono infermieri, operatori sanitari e fisioterapisti provenienti dalle strutture del proprietario. L’ingresso è vietato agli under 65, ovviamente! Ryûgûjô accoglie clienti il cui stato di salute è fragile, compresi malati, anche in stadio avanzato, e per molti clienti una visita al bar è un'occasione di uscire dalla routine delle cure e di incontrare amici, come ritrovando le abitudini della gioventù. Un brindisi dunque, a questi seniors a cui certo non mancano le energie. Alla fine di Divorzio all’italiana, celebre film di Pietro Germi, Marcello Mastroianni afferma che la vita comincia a 40 anni, ma noi potremmo dire che i giapponesi iniziano a divertirsi solo a 60. JEAN DEROME
Tè
Le cose buone stanno bene insieme. Lo yuzu è un agrume giapponese con un gusto unico, a metà fra un pompelmo e un limone.
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Perfezione
ZOOM CULTURA TENDENZE
Seniors pieni di risorse!
Negli ultimi anni i manga con protagonisti personaggi anziani hanno riscontrato un importante successo.
© Kobatake Ken - Shûeisha 1989
B
enché in Occidente permanga ancora forte l’idea di considerare questi fumetti appannaggio dei giovani, una recente tendenza giapponese mostra, invece, come ci sia ampio spazio per le storie con protagonisti gli anziani. Il motivo di questa forte crescita è facilmente intuibile: la popolazione giapponese sta invecchiando velocemente. Secondo le statistiche ufficiali il 27,7% dei giapponesi ha più di 65 anni, contro il 21,5% di dieci anni fa, e il numero di famiglie costituite da persone aventi 65 anni o più arriverà al 44,2% entro il 2040. I personaggi anziani hanno sempre fatto parte dei manga e dei film d’animazione giapponesi, ma erano relegati ad un ruolo secondario e un po’ stereotipato: la nonna amorevole, la persona bisognosa di cure o il vecchio saggio. Un esempio è il caso di Otose, la proprietaria solo apparentemente severa ma in realtà dolce e generosa di Gintama, o anche Nirasaki, il burbero contadino di wolf Children, Ame e Yuki di HOSODA Mamoru, che insegna ad Hana tutti i segreti sul raccolto e gli ortaggi. Ne Il mio vicino Totoro di MIYAzAKI Hayao, Obaasan è la gentile nonnina di Kanta che si occupa a volte anche di Satsuki e Me. Oppure ancora zeniba e Yubaba, le due potenti e inquietanti streghe del mitico La città incantata, che non compaiono nella storia se non per ostacolare o facilitare la vita della ragazza. In altre parole, i personaggi anziani, generalmente, non compaiono che per sostenere o consigliare (molto raramente per combattere) i personaggi eroi (che sono sempre giovani, come gran parte dei lettori) aiutandoli a diventare adulti forti e responsabili mettendo a loro disposizione saggezza ed esperienza. Le cose, però, negli ultimi cinque anni, si sono evolute e i nuovissimi personaggi anziani che hanno preso d'assalto il mondo dei manga ne sono diventati a tutti gli effetti i protagonisti. Non essendo più relegati a ruoli marginali e stereotipati, prendono in mano la propria vita e lottano per prendere decisioni difficili, il tutto stringendo nuove amicizie e riscoprendo anche i piaceri del sesso. Una delle ragioni del successo duraturo dei manga nel corso dei decenni è la loro capacità di diversificare le tematiche, di adattarsi e esplorare nuove idee e tendenze. Quasi nessun tema è considerato strano o non sufficientemente attraente, che si tratti di golf, di cucina,
Cyborg Jiichan G, pubblicato nel 1989 da KObATAKe Ken dal, pseudonimo del celebre ObATA Takeshi.
del gioco d'azzardo, del lavoro d'ufficio o della prigione. Una breve visita in una libreria giapponese permette di cogliere la diversità e lo spessore delle storie narrate nei manga; non è infatti un caso se, secondo l'istituto di ricerca sulle pubblicazioni, l'industria del manga, cartacea e digitale, ha avuto un fatturato di 430 miliardi di Yen nel 2017. Sempre alla ricerca di nuovi temi, o di un modo per affrontarne i vecchi in maniera
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diversa, gli editori hanno capito che la vecchiaia è un argomento accattivante e infatti si stanno impegnando per approfondire questo filone. Otto opere delle undici più popolari con protagonisti anziani sono abbastanza recenti, pubblicate a partire dal 2014, nonostante tutti i manga presentati in seguito appartengano a questa categoria, si distinguono grazie ai titoli e alle storie e possono dividersi in tre categorie distinte: fantasia, tra fantasia e realtà e realtà.
ZOOM CULTURA La fantasia Il primo gruppo di manga che dà risalto a personaggi anziani è precedente al recente sviluppo e include opere shônen e seinen tipiche. Jiji metal Jacket (1990, inedito in Italia), per esempio, racconta le vicende di una banda di pensionati che hanno finalmente la possibilità di fare ciò non avevano potuto realizzare da giovani: creare un gruppo rock. Questi vecchietti vivono in case tradizionali di legno e dormono sul tatami, bevono tè, ma come prima cosa al mattino collegano le loro chitarre elettriche e fanno risuonare nel loro quartiere addormentato qualche nota forte prima di truccarsi il viso ormai segnato dalle rughe e di salire sul palco. Si tratta di un manga comico che evita accuratamente ogni allusione ai problemi della vita reale. A proposito, uno degli artisti coinvolti nel manga si è ultimamente interessato di nuovo ai personaggi anziani con il progetto Hiru no sentozake (inedito in Italia) in cui il protagonista si dà all’ alcol nei bagni pubblici. Il mangaka TORIYAMA Akira, conosciuto in tutto il mondo per Dragon Ball e Dr. Slump (entrambi ed. it. Star Comics), nell'estate del 2000 ha pubblicato Sand Land (idem), una novella tradotta in seguito in diverse lingue e pubblicata persino in America con l'edizione inglese di Shônen Jump (NdT: che è una delle più longeve testate settimanali di manga pubblicate in Giappone da Shūeisha, con una tiratura di oltre 3 milioni di copie; edizioni mensili della rivista sono pubblicate anche nel Nord America e in Europa). I tre personaggi principali del racconto sono un giovane demone e due tizi anziani, tra cui Rao, in particolare, che è un vecchio generale incaricato di combattere il tiranno e di riportare l'acqua nel suo Paese, dopo anni di guerra e catastrofi naturali che l'hanno resa un deserto. OBATA Takeshi, altro celebre mangaka che ha raccontato i personaggi anziani in un modo originale e divertente, è l’ autore di successi internazionali tra cui Death Note e Bakuman (ed. it. Panini comics-Planet manga) che ha però esordito con il suo primo lavoro, Cyborg Jiichan G (Cyborg Grand-pa G in inglese, inedito in Italia) nel 1989, sotto lo pseudonimo di KOBATAKE Ken. La storia racconta di un geniale contadino scienziato che diventa un cyborg incaricato di rivoluzionare l'agricoltura e lottare contro le grandi imprese che vogliono controllare il mondo; pur lavorando ai suoi grandiosi progetti, il super nonno riesce anche a trovare il tempo per salvare un'anziana signora, per sterminare i corvi dopo il raccolto e battersi contro il megalomane capo del villaggio. OBATA, ancora adolescente quando ha scritto questa storia, era già all'apice del suo talento, soprattutto per quanto riguarda la maturità artistica. La
Diventare genitori a settanta anni è il soggetto di questa serie manga scritta da TIMe Ryôsuke e pubblicata da shinchôsha.
trama in sé è iperbolica, tendente all'esagerazione e al ridicolo, ma resta un'appassionante storia piena di humor. Per quanto riguarda le nonne, le storie sono forse un po' meno violente, ma certamente alla pari con quelle sui nonni circa il livello di bizzarrie. Prendete, per esempio, Obaachan wa idol ("Nonna è un idolo”, inedito da noi) di KIKUCHI Kumiko, nonostante i fatti siano raccontati da una liceale, la vera protagonista è sua nonna, una donna sui 70 anni che un giorno fa una visita a sorpresa a suo figlio, produttore televisivo. Aggirandosi per lo studio televisivo incustodito e toccando tutti gli apparecchi, però, l'anziana signora si fulmina e portata all’ospedale sopravvive miracolosamente all'operazione, ma l'enorme shock elettrico ha cambiato e rivitalizzato le sue cellule. Come è tipico dei manga, la signora viene trasformata in una bella ragazza e la vita delle nonna e della sua famiglia viene stravolta nel momento in cui un gran numero di liceali si innamora di lei e scoperta da un agente artistico, diventa un idolo! Riassumendo, quindi i seniors di questi manga sono tutto fuorchè gente comune, fanno cose straordinarie ed è la sorpresa l'elemento chiave della storia. Il messaggio costantemente trasmesso è che la vita degli ultra sessantenni è profondamente noiosa e che essi vengono accettati solo quando diventano dei super eroi. Tra fantasia e realtà Il secondo gruppo utilizza il fantasy per attirare i lettori, riuscendo ad affrontare alcuni temi della vita reale che le persone anziane si trovano costrette ad affrontare. Ad esempio in 70 uzain (Mamma a 70 anni, inedito in Italia) TIME
Ryôsuke racconta la storia di una coppia che ha un bambino in età avanzata. Un giorno, la settantenne va dal medico dicendo di aver qualcosa che non va, ma con sua grande sorpresa, le viene detto che è semplicemente incinta. All'inizio, la coppia sconcertata non sa che cosa fare, ma in seguito, si decide a tenere il bambino e si getta in questa nuova inattesa avventura che promette di farli sentire ancora più giovani. Alice & Zôroku d’IMAI Tetsuya, pubblicato nel 2012 (e che ha vinto l'anno successivo il New Face Award du Japan Media Arts Festival) a cavallo tra science-fiction e dramma familiare, narra la storia di Sana, un'orfana dotata di poteri sovrannaturali che studia in un centro di ricerca segreto finché un giorno non decide di scappare. La ragazza incontra poi zôroku, un vecchietto burbero che finisce col portare Sana a casa sua. Con il tempo la strana coppia si avvicina sempre di più… OKU Hiroya è l'autore del famosissimo Gantz e il suo Last Hero Inuyashiki (entrambi ed. it. Panini comics-Planet manga) assomiglia al Cyborg Jiichan G. di OBATA, sebbene descriva più seraimente un’esperienza apocalittica. Di fatto Inuyashiki è il nome di un uomo vecchio e malato che si trasforma in un'inarrestabile macchina da guerra dopo la distruzione accidentale del suo corpo da parte degli extraterrestri. Le somiglianze tra i due manga, però, si fermano qui, dato che Inuyashiki decide di usare il suo corpo meccanico incredibilmente potente per combattere il crimine e guarire persone afflitte da malattie incurabili. Curiosamente, la storia comincia come nel film Vivere (Ikiru) di KUROSAwA Akira, quando al protagonista, un impiegato che si lascia sopraffare dalla propria
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ZOOM CULTURA noiosa vita, viene diagnosticato un cancro allo stomaco e tre mesi di vita. Effettivamente, a parte la violenza e fantascienza, la storia potrebbe riassumersi con un uomo che ha una seconda chance e che, scegliendo di fare del bene, ritrova la propria dignità così come l'amore e il rispetto della propria famiglia, che aveva ormai perso. La realtà Quest'ultimo gruppo è anche, però, il più interessante, dato che include racconti che affrontano i reali problemi degli anziani e ritraggono accuratamente l'attuale società giapponese. Uno dei titoli più famosi è Metamorufôze no Engawa (BL Metamorfosi, inedito in Italia) di TSURUTANI Kaori, la storia toccante dell'amicizia tra una vedova settantenne e una geek adolescente. Uno degli esempi più popolari di questa nuova tendenza manga che mette in primo piano gli anziani è Sanju Mariko (inedito in Italia) di OzAwA Yuki, che ha venduto più di 500.000 copie dal suo esordio nel 2016. “Sanju” vuol dire tradizionalmente “80 anni fa”, l'età di Mariko, vedova e scrittrice che vive con il figlio e tutta la famiglia, tra cui il suo pro nipote. Condividere lo spazio con tutte queste persone, però, si rivela sempre più difficile e lei si sente sempre più sola, fin ad arrivare persino a chiedersi se suo figlio e sua nuora non sperino nella sua morte. A causa di una discussione sul progetto di ristrutturazione della casa è infine obbligata ad andarsene dal luogo in cui ormai non si sentiva più la benvenuta. Sin dall'inizio, la vita di Mariko è lungi dall'essere facile: nonostante in buona salute ed economicamente indipendente, la signora fatica a trovare un appartamento e in poco tempo diventa “rifugiata in un cyber cafe”, unendosi ad altri senzatetto. La vita di Mariko oscilla tra tristezza e felicità: da una parte, affronta con decisione nuove sfide, gioiosa di aver ritrovato la propria libertà e di potersi anche innamorare, dall’altra, però, ha paura di morire sola, come la sua amica, e deve ogni giorno confrontarsi con i piccoli e grandi problemi della vita quotidiana. Se la storia di Mariko ha i suoi momenti leggeri e il suo sguardo solare sulla vecchiaia, Tasukeaitai: Rôgo hatan no oya, karôshi rain no ko (Aiuto cercasi: genitori distrutti dopo il pensionamento, ragazzi giovani morti per eccesso di lavoro, inedito in Europa) di SAIKI Mako, offre una visione molto più desolante della vita dopo la pensione. La coppia protagonista di questa storia, sulla settantina, sembra apprezzare la propria vita, divisa tra giardinaggio e karaoke, finché il marito non ha un ictus e si trova costretto a sottoporsi a cure infermieristiche: inevitabilmente la coppia è messa in crisi e i figli devono fronteggiare una situazione com-
Le avventure della ottantenne Mariko hanno avuto un grande successo di pubblico in Giappone.
Per la sua raccolta di opere ôya-san to boku, YABE Tarô ha ricevuto, nel 2018, il prestigioso premio TezUKA Osamu.
plessa che comporta anche pesanti difficoltà economiche. Questa storia affronta temi reali, come la fatica delle cure mediche, lo stato fisico e psicologico delle persone tra la quarantina e la cinquantina che devono curare i propri genitori malati senza alcun aiuto da parte dello stato. Questo problema potrà sembrare distante dal pubblico più giovani, qualcosa di cui hanno sentito parlare ma che non li riguarda veramente, finché non capita loro la stessa cosa. Il manga va oltre il dramma per
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suggerire ai lettori i mezzi per affrontare il problema, per superare le difficoltà e utilizzare il welfare per far fronte ai problemi economici. Sebbene la maggior parte degli ultimi manga degni di nota su queste tematiche siano scritti da donne e i loro personaggi siano anch’essi femminili, benché quelli maschili siano ugualmente presenti e ben delineati, esiste anche qualche pioniere uomo che ha ottenuto un discreto successo prima ancora che i manga sugli anziani fossero considerati un genere. Il veterano del manga HIROKANE Kenshi, dopo essere diventato famoso con la saga Kachô Shima Kôsaku (Capo reparto) ha lanciato, nel 1995, un'altra serie intitolata Tasogare Ryûseigun (Come stelle cadenti al crepuscolo, entrambi non editi in italiano). Ogni volume riporta questa frase: “Negli ultimi anni della loro vita, uomini e donne trovano a volte la luce fioca e delicata dell’amore, le loro storie brillano come stelle cadenti al crepuscolo”. La serie racconta diverse storie d'amore con personaggi anziani che non rinunciano i piaceri carnali. In una classica storia un vedovo di 70 anni, annoiato dal pensionamento, lavora part-time come autista in un’impresa e un giorno viene incaricato di scortare un vice presidente, una donna sui 60 anni, che durante la sua vita non ha mai trovato un posto per l'amore tra un impegno professionale e l'altro. Col passare del tempo, i due sviluppano un forte legame e una sera si trovano in un love hotel per passare la notte insieme, e da lì diventano amanti. La serie ha avuto un tale successo che HIROKANE ha pubblicato fino ad oggi 59 volumi (e la serie non è ancora finita), vendendo milioni di copie. L'ultimo di questi fumetti creati da uomini è quello di YABE Tarô, attore di teatro quarantenne che, nel 2016, ha cominciato a pubblicare su magazine letterari una serie di fumetti sulle sue relazioni con la sua affituaria ottantenne. Ôyasan to Boku (La proprietaria ed io, inedito in Italia) è il delicato ritratto di una donna che ha vissuto varie vicissitudini, comprese un divorzio in giovane età, ma che riesce a conservare una visione equilibrata e ottimista della vita. Vivendo al secondo piano della casa della signora, YABE la conosce bene e i due intraprendono una calda relazione. Il libro che raccoglie queste storie è uscito nel 2017 e un anno dopo ha vinto il prestigioso premio TEzUKA Osamu, vendendo più di mezzo milione di copie. I titoli presentati mostrano fino a che punto l'umanità sia il fulcro del successo di questo genere. I lettori possono essere anziani appassionati di manga sin da bambini, o giovani lettori preoccupati dal progressivo invecchiamento della società, ma tutti condividono le stesse paure e angosce. GIANNI SIMONE
ZOOM CULTURA
La vita reale
Mangaka di settantadue anni, SaITô Nazuna descrive la vita quotidiana e poco felice degli anziani del suo quartiere.
A
quest’ora di venerdì pomeriggio le coppie e le famiglie non si vedono più nel quartiere a sud della stazione di TamaCenter, molte di esse infatti si stanno dirigendo verso il parco di attrazioni dedicato alla mitica Hello Kitty e ai suoi amici, il Sanrio Puroland, distante solo qualche decina di minuti a piedi. Se passate davanti al castello dai colori pastello di Kitty-chan e continuate verso est, raggiungerete una foresta di “danchi” (immobili di edilizia popolare) dove vivono per lo più persone anziane. Lì abbiamo incontrato la mangaka SAITô Nazuna, settantadue anni, che come la maggior parte delle altre persone in questa zona vive sola dividendo il suo appartamento con cinque gatti. Nata alle pendici del Monte Fuji nel 1946, si è trasferita con i genitori a Tôkyô dove ha frequentato un istituto professionale scegliendo economia domestica come specialità. “All’epoca veniva chiamata hanayome gakkô, la scuola delle spose, poiché preparava le fanciulle alle arti delle faccende domestiche e della vita coniugale, eppure non mi sono poi subito sposata! Dopo il diploma, per aumentare le possibilità di trovare un lavoro che mi permettesse di essere economicamente indipendente, mi sono iscritta ad un corso di inglese e benché non parlassi bene la lingua mi hanno assunta per aiutare l’illustratrice dei libri scolastici”. Inizia così per SAITô Nazuna una nuova avventura: “Quando la mia collega ha cambiato lavoro io ho preso il suo posto e da lì altri editori mi hanno chiesto di illustrare i loro libri. In breve tempo ho messo su il mio studio indipendente e ho iniziato il mio lavoro di illustratrice a tempo pieno. Seguivo progetti diversi, da copertine di libri a manifesti e collaboravo con il quotidiano Sankei Sports. Per diversi anni ho lavorato bene, ma è iniziato un momento di calo e così, quasi per scherzo, ho scritto un manga, che ho inviato all’editore Shôgakukan… mi è valso il premio Big Comic Award per i nuovi artisti emergenti!”, racconta con emozione SAITô Nazuna, aggiungendo: “Sono diventata una mangaka quasi per caso.” Durante tutti gli anni ’90, ha prodotto opere acclamate dalla critica, ma poi si è fermata e non ha più fatto nulla di nuovo fino a poco fa. Circa una decina di anni fa, la facoltà dell’Università Seika di Kyôto, la stessa che ha creato il famoso museo del manga del Tôkyô, nel 2006, le ha offerto un posto di insegnante. “Insegno
tecnica del disegno due volte a settimana, parto molto presto il mattino con il treno e dormo a Kyôto, ma alla mia età questi viaggi settimanali iniziano a pesare, per questo sarà il mio SAITô anno di insegnamento a Seika.” SAITô Nazuna continuerà la sua attività insegnamento nel suo atelier Tama Manga. “Un luogo non molto grande per insegnare comodamente ma dove incoraggio le persone, bambini e adulti, a perseguire le proprie passioni, il manga infatti è un mezzo potente per esprimere idee e emozioni.” È grazie alla passione degli studenti universitari se SAITô Nazuna ha ricominciato disegnare manga. “Quando ho cominciato ero talmente presa dall’insegnamento, oltre che dai miei genitori anziani di cui mi occupavo e di mio marito malato, che non avevo il tempo di pensare ai manga ma ero immersa in un ambiente super stimolante e giovane, ero circondata da persone
motivate e talentuose che mi hanno contagiata oltreché ispirata”. Da questa fantastica sinergia è nato il progetto Toraware no hito (La prigioniera), una storia ispirata agli ultimi momenti di vita di una donna anziana raccontati attraverso i ricordi dei suoi figli e varie allucinazioni. “La storia è stata pubblicata nel 2012, dopo che un critico di manga l’aveva letta e mi ha messa in contatto con il giornale Ax, dicendomi che la vecchiaia era un soggetto interessante e poco frequentato. I loro suggerimenti mi hanno incoraggiata a lavorare ancora sull’argomento e nel 2015 ho pubblicato Bocchi-shi-no-yakata (Il palazzo della morte solitaria), ispirato direttamente dalle osservazioni giornaliere degli anziani del mio quartiere.” Questi due manga sono stati riuniti in un unico volume a cui sono state aggiunte delle riedizioni di racconti degli anni ’90, e questa opera le ha valso due premi, di cui
Gianni Simone per Zoom Giappone
TESTIMONIANZA
simbolo del Giappone del boom demografico degli anni ’60-’70, i danchi sono abitati attualmente da persone anziane e sole, a cui si ispirano le opere di sAITô Nazuna.
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uno al Japan Media Arts Festival. Shôgakukan le ha poi chiesto di riadattare Bocchi-shi-noyakata per farne una serie. “Ho realizzato due episodi, ma ho avuto un ictus e mi sono dovuta fermare, per fortuna ho potuto ricominciare a disegnare anche se con fatica e tempi più lenti.” La stazione di Tama-Center è il centro della città nuova di Tama, una delle più vecchie e grandi “città nuove” del Giappone, con una popolazione di 200.000 abitanti. Le “città nuove” sono delle comunità, pianificate durante il boom economico degli anni ’60, attorno ai maggiori centri urbani per far fronte al massiccio flusso dei lavoratori arrivati dalle province. Ciascuno dei quarantasei comuni costruiti dopo la legge del 1963 sugli alloggi e lo sviluppo urbano era una città di periferia autonoma dotata di proprie strade, parchi, scuole, ospedali e negozi. SAITô Nazuna vive lì da quarant’anni e l’universo dei danchi era stato il soggetto della sua serie del 1994, Meiro no nai machi (La città senza labirinto). “La particolarità della progettazione urbanistica di questo gruppo di cittadelle artificiali consiste nell’essere prive di strade dritte, è impossibile perdersi. Eppure le persone che ci vivono sono sovente perse emotivamente, sono persone che si portano dietro ferite psicologiche significative. Tutti cercano un po’ di sollievo e piccoli momenti di felicità, le giornate qui passano in un clima un pò anestetizzato fino a quando un problema o un disagio viene fuori lasciando le persone sgomente, incapaci di reagire”. La maggior parte di queste città sono costruite in collina, considerata come luogo ideale secondo la concezione che andava di moda allora, ma ora per gli anziani con difficoltà motorie che le abitano sono un problema. “Su, è un toccasana per le gambe, ci dicono, mantengono giovani queste salite!” sorride la mangaka come battuta. Il quartiere dove viveva prima era composto da edifici di cinque piani senza ascensore, per questo quando il marito si è ammalato si sono trasferiti in un danchi vicino con ascensore, dove lei vive tutt’ora. La città descritta in Meiro no nai machi è il luogo dove abitava prima con il marito: “Sia il luogo che io stessa eravamo molto più giovani all’epoca, ho scritto sulle coppie che con noi vivevano lì, ma ora niente più storie d’amore ma solo persone anziane che attendono la morte”. Il luogo è bello, pieno di verde, di alberi rigogliosi e fiori curati, pieno di tranquillità, troppa forse. In tutto il tempo in cui siamo stati lì non abbiamo visto nessuno, abbiamo avuto l’impressione di un luogo abbandonato ma ben intrattenuto…”Non preoccuparti, le persone vivono davvero qui”, mi dice con tono scherzoso SAITÔ Nazuna, “questo luogo e i suoi abitanti sono diventati il mio soggetto preferito: i commenti tra vicini, i problemi di salute, la gestione dei gatti randagi, la solitudine e i casi sporadici di kodokushi (il decesso di una persona
Eric Rechsteiner per Zoom Giappone
ZOOM CULTURA
A 72 anni la mangaka ha vinto due premi importanti per la sua opera consacrata alla vita anestetizzata e tranquilla degli anziani nella periferia di Tôkyô.
sola della cui morte non ci si accorge subito). Gli anziani possono apparire noiosi ma se hai la pazienza di entrare in contatto con loro scoprirai storie affascinanti”. Il piccolo appartamento in cui vive SAITô Nazuna è al settimo piano e dal balcone si possono ammirare le due foreste: la prima di alberi e la seconda di edifici. In casa ha ricavato un angolo dove crea i suoi manga e ci spiega: “Una volta potevo disegnare tutto il giorno, ora non è più così, ho ritrovato l’ispirazione persa per anni ma il rispetto dei temi di consegna non è adatto a me, disegno solo quando il corpo me lo permette
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e quando ne ho la voglia”. Ricordiamo insieme le recenti cerimonie di consegna dei premi alle quali è stata invita e premiata e lei mi fa notare come oramai si senta lontana dal mondo contemporaneo dei manga: “Quando ero giovane leggevo i giornali di manga tipo Garo e COM, oggi mi accade molto di rado. All’università i mie colleghi parlano sempre di nuovi artisti e titoli, a me non interessa molto invece e ancora oggi, dopo anni, mi sembra strano presentarmi come una magaka, anche se sono davvero molto fiera del mio lavoro.” G. S.
ZOOM CUCINA TRADIZIONI Avere
dei buoni utensili
Una boutique, giusto accanto al vecchio mercato di Tsukiji, è il luogo perfetto dove trovare i migliori oggetti culinari.
INFO PRATICHE TSUKIJI HITACHIYA, 4 casotto 12-5, Tsukiji, Chûô-ku, Tôkyô, 104-0045. Un’altra boutique si trova a Asakusa, nell’edificio Marugoto Nippon. www.hitachiya.com
Sekiguchi Ryôko per Zoom Giappone
T
sukiji è il quartiere dove si trova lo storico mercato ittico di Tôkyô, un mondo maschile quello dei pescivendoli, dove timida e coraggiosa una giovane donna si sta facendo strada: HIROTA Yuki, nipote del fondatore dell’azienda di utensili da cucina nella cui boutique, accogliente e luminosa, sono stato accolto. Da quando lo storico mercato è stato trasferito a Toyosu, il luogo ha cambiato volto, non più ritrovo per addetti ai lavori ma attrattiva per turisti, asiatici e europei per lo più, che amano frequentare questo quartiere animato, popolare e vicino al centro. L’azienda della famiglia HIROTA aveva come unici clienti i professionisti, ma il sogno di Yuki era quello che il suo fosse un luogo aperto agli amatori della cucina e delle tradizioni giapponesi, soprattutto ai giovani che rischiano altrimenti di perdere l’antico savoir faire culinario nipponico. Un “abete di tawashi” si erge davanti al suo curato negozio. Il tawashi è una sorta di spazzola fabbricata a partire dalle fibre di palma e utilizzata per pulire la verdura senza essere obbligati a sbucciarla. Sul bancone si trova una grande ciotola con dei grani di sesamo appena macinati accompagnati dalla spiegazione in inglese e giapponese. “Mi piacerebbe che le persone scoprissero il sapore e il profumo che ha il sesamo appena macinato, diversissimo da quello che si compra chiuso nella plastica! Gli utensili tradizionali
HIROTA Yuki davanti al suo “abete di tawashi”, particolare spazzola in fibra di palma, ottima per pulire in maniera naturale le verdure.
hanno un valore e una funzione importante: valorizzare i prodotti che mangiamo quotidianamente, restituendo un piacere e un gusto unici. Vi assicuro che il tempo impiegato in più rispetto agli attrezzi moderni è minimo e comunque ampiamente ripagato!” prosegue con autentica passione la giovane donna. Vero è che questi utensili artigianali in legno, bambù o rame possono essere più onerosi di quelli industriali, ma durano molto e possono essere riparati anche. Yuki, come molti altri della sua generazione, ha mangiato per anni solo “junk food” fino a quando, durante un corso presso un produttore di riso, non ha scoperto
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il gusto autentico dei prodotti naturali. “Sono molti gli stranieri che negli ultimi anni si stanno interessando alla cucina giapponese, e mi piacerebbe fare scoprir loro anche agli attrezzi tradizionali come mezzo per assaporarne appieno autenticità e bontà, oltre che il piacere unico di cucinare davvero come da tradizione”, prosegue Yuki. Accanto alla boutique si trova una cantina dove degustare, oltre a vini e saké naturali, anche prodotti fermentati e verdure essiccate, su cui Yuki ha scritto anche in libro. Un luogo ideale in cui fare una pausa alla scoperta di culture e sapori autentici e quasi perduti. SEKIGUCHI RYÔKO
ZOOM CUCINA L A RICETTA DI HARUYO TAKENOKO GOHAN e NANOHANA NO GOMA AE (Riso ai germogli di bambù e colza al sesamo)
PREPARAZIONE Per il riso ai germogli di bambù 1 - Lavare il riso 3 volte, scolarlo e lasciarlo gonfiare per 30 min. 2 - Tagliare la carota e il tofu fritto a listarelle di 2 cm di lunghezza e tagliare finemente i germogli.
INGREDIENTI
(per 4 persone) Per il riso ai germogli di bambù: 450 gr di riso tondo 200 gr di germogli di bambù 1/2 carota 1 trancio di tofu fritto 5 cucchiai di dashi (brodo leggero di pesce) concentrato 500 ml d’acqua Per la colza al sesamo: 150 gr di germogli di colza 60 gr di tonno sott’olio 1 cucchiaio di olio di sesamo 1/4 cucchiaino di sale 2 cucchiai di sesamo bianco grigliato
3 - Mettere riso, brodo, acqua e condimenti nel cuociriso. 4 - A cottura ultimata lasciar riposare per 10-15 min e mescolare.
4 - Mettere la colza, il tonno, l’olio, il sale e il sesamo in una ciotola. 5 - Mescolare bene e servire.
Per la colza al sesamo 1 - Lavare i germogli di colza e lasciarli sbollentare per 5 minuti circa. 2. Scolarli 3 - Tagliare i germogli a pezzettini di 2 cm di lunghezza.
Curiosità e consigli: in Giappone il bambù e la colza annunciano l’arrivo della primavera. In Europa i germogli di bambù si trovano in conserva, mentre quelli di colza sono difficili da reperire e possono quindi essere sostituiti da cime di rapa o spinaci.
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Johann Fleuri per Zoom Giappone
Per più di due secoli e mezzo, sakaichi-zaka, col suo selciato irregolare, rappresentava l’unico passaggio per recarsi a Kyôto.
Viaggio nel tempo a Hakone La celebre stazione termale è conosciuta per essere il luogo che ha meglio conservato le atmosfere dell’epoca Edo.
C
oi suoi alberghi tradizionali centenari, le sue sorgenti di acqua calda, la sua natura lussureggiane e la vista sul monte Fuji, la stazione termale di Hakone, situata a un’ora e mezza da Tôkyô, è una delle destinazioni preferite dei viaggiatori e dei Tokyoiti in cerca di riposo e di natura. Attira ogni anno circa venti milioni di turisti. Ciò che pochi sanno, è che fu un importantissimo luogo storico nell’epoca Edo (1603-1868) e che ne conserva numerose testimonianze, grazie a siti perfettamente conservati. L’esempio più lampante è senza dubbio Hakone Hachiri, iscritto nella lista del patrimonio nazionale da quest’anno. Hakone Hachiri era una tappa-chiave sulla strada del Tôkaidô, un’importante via di scambi che ebbe il suo periodo più fulgido durante la restaurazione dei Meiji. La strada, lunga 492 chilometri, collegava Kyôto a Edo, antico nome di Tôkyô. La via storica attraversa 53 città, e il percorso è ritmato da diversi luoghi diventati famosi. La strada del Tôkaidô è stata citata innumerevoli volte nei poemi e rappresentata sulle stampe. La sua evocazione più celebre rimane senza dubbio la serie di 53 stazioni del Tôkaidô creata da UTAGAwA Hiroshige. Ancora oggi, le testimonianze di questa via sono preziosamente conservate. Il tratto di Hakone che collega la città di Odawara a quella di Mishima, era considerata allora come la parte più
difficile da attraversare. “Per molto tempo, queste città furono dei luoghi di passaggio” spiega S UMAwA Jun, direttore del museo del castello di Odawara. “Dopo l’abolizione di questa stazione di controllo, le popolazioni della regione hanno cominciato a trasferirsi qui per abitare e approfittare dell’economia prospera del luogo. Le vie di trasporto si sono sviluppate, poi moltiplicate, facilitando il commercio.” Il nome di Hakone Hachiri si scompone nel seguente modo: hachi (otto) e ri (unità di misura). La tappa si stende esattamente su 32 chilometri dalla stazione di Odawara-juku, verso Tôkyô e fino a Mishima shuku, verso Hakone, a un’altitudine di 846 metri sopra il livello del mare. “È l’unico posto in Giappone a offrire una tale mole di testimonianze dell’era Edo” continua il direttore. Il percorso è in effetti stato conservato com’era all’epoca: castelli, città, case da té, sentieri lastricati, cedri centenari e postazioni di controllo. Tutto è stato perfettamente mantenuto, come una volta. Quel mattino faceva freddo e una pioggia fine cadeva sulle spalle. La tappa di Hakone Hachiri non ha rubato la sua fama di tratto difficile. Enormi pietre piatte irregolari compongono la strada di Sakaichi-zaka, una stretta salita sull’omonimo cammino che offre continue occasioni di provocarsi una distorsione alle caviglie. Difficile immaginare che qualche centinaio di anni fa, era una strada frequentatissima, quasi un’autostrada, su cui transitavano viaggiatori carichi, carri traboccanti di merci, cavalli e personalità di alto rango trasportate su baldacchini.
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Ma andiamo avanti. I cedri centenari che sfilano lungo il il percorso rilasciano un piacevole profumo di legno umido. Siamo in autunno e le foglie degli alberi si sono tinte di giallo, rosso e ocra, facendoci dimenticare il pavé bagnato che fino a questo momento aggiungeva una difficoltà ulteriore alla marcia. OwADA Kôichi, specialista della storia del Tôkaidô e direttore dell’antica dogana di Hakone oggi trasformata in museo, estrae un paio di sandali di paglia di riso dal suo zaino: “Sono dei waraji” spiega. “All’epoca Edo, i viaggiatori li utilizzavano per non scivolare sul selciato ed erano molto efficaci. Se le intemperie perduravano durante i tredici giorni del tragitto, bisognava cambiarli sovente, ogni due o tre giorni.” Hakone Hachiri era un’importante tappa dell’itinerario, poiché rappresentava il punto d’ingresso e di uscita dalla capitale. “Era più facile entrare che uscire a Edo, soprattutto per le donne, controllate più degli uomini” sottolinea OwADA Kôichi. “Secondo le postazioni di controllo e la loro localizzazione nell’arcipelago, le regole potevano cambiare. Gli abitanti di Edo uscivano poco dalla capitale e utilizzavano il percorso solo per ragioni eccezionali: per i funerali, per recarsi ai templi o alle sorgenti di acqua termale di Hakone, sfruttate essenzialmente a fini terapeutici. Bisognava ottenere prima di tutto un lasciapassare ufficiale per poter circolare e passare le diverse postazioni di controllo del Tokaidô, quella di Hakone aveva la fama di essere rigida e severa. Era conosciuta per essere una delle più intransigenti postazioni di controllo fra le 53 possedute allora dal Giappone.”
Eretta quattrocento anni fa dallo shogun Tokugawa, allo scopo di difendere Edo, la dogana (sekisho) di Hakone situata presso il lago Ashinoko, era una delle più grandi del Paese all’epoca. Un tentativo di passaggio illegale poteva essere passibile della pena di morte. “Avevano persino costruito una sala per le esecuzioni. Si trattava di una soluzione particolarmente radicale, a cui le autorità ricorrevano davvero raramente, ma alcuni casi sono riportati. I registri indicano cinque casi di condanne a morte.” Una volta il posto di controllo attraversato, si poteva tirare un sospiro di sollievo e approfittare di un po’ di riposo prima di proseguire il cammino, ancora lungo se si prevedeva di raggiungere Kyôto. Per permettere ai viaggiatori di rilassarsi, alcune piccole e affascinanti case da té permettevano alle persone di passaggio di trovare ristoro e un po’ di caldo prima di rimettersi in strada. Oltre ai prodotti del territorio, ognuna delle località situate lungo la strada proponeva ugualmente la sua gamma di souvenir di ogni genere, una originale forma di artigianato. Hakone Hachiri ha così sviluppato nel corso dei secoli la propria cultura locale, oggi alacremente conservata come testimonianza preziosa della vita trepidante di allora. YAMAMOTO Satoshi rappresenta la tredicesima generazione presso la casa da té Amasake-chaya, a due passi dall’antica postazione di controllo di Hakone. Qui ci si viene a scaldare attorno all’irori, un antico forno presente nella casa da quattrocento anni. In effetti, la casa da té ha aperto le sue porte agli inizi dell’era Edo, ossia verso il 1600. “Se la mia famiglia ha potuto continuare a mantenere questo luogo per così tanto tempo, è grazie alla fedeltà dei viaggiatori”, spiega il padre di famiglia. Prima di riprendere a trent’anni il business famigliare, lavorava presso un ristorante di cucina giapponese tradizionale a Kyôto. Senza ombra di dubbio, sapeva che “un giorno o l’altro avrebbe ripreso la casa da té di famiglia” . Con l’avvento delle strade moderne durante il periodo Meiji, la piccola casa da té ha attraversato dei periodi difficili, in cui era necessario sopravvivere con “il passaggio di un solo cliente ogni dieci giorni”. Amasake-chaya è l’ultima casa da té del settore ad aver riuscito a sormontare le difficoltà e il passare degli anni grazie alla perseveranza della famiglia, che ha proposto senza arrendersi la sua bevanda -simbolo: un amazake fatto in casa, una bevanda dolce a base di riso fermentato senz’alcool, realizzata secondo un metodo antico, accompagnata da un chikara mochi, pasta di riso cotta nel forno a legna. “Fino ad oggi siamo stati sostenuti dai nostri clienti. Sono rare le persone che passano di qui per caso, tutti conoscono il peso storico di questa casa. In molti si interessano ancora alla storia della strada del Tôkaidô e continuano a venire a camminare qui per impregnarsi di questa atmosfera.” Dopo una
Il castello di Odawara ospita un museo interessante sulla cittadella e sulla strada del Tôkaidô.
Fondato nel 1625, l’albergo bansuirô Fukuzumi è conteso dai viaggiatori, grazie ai suoi bagni termali e alla sorgente calda.
lunga marcia, “si ha voglia di mangiare qualcosa di dolce. Per me, la parola d’ordine è non tradire mai la fiducia dei nostri clienti offrendo la migliore bevanda che si possa preparare” Per questo, YAMAMOTO Satoshi si sveglia ogni giorno all’alba e si dedica alla preparazione delle sue bevande. La casa da té apre ogni giorno alle sei del mattino. Il dinamismo di questa via di scambio vedeva così il contributo di commerci quali la casa Amasake-chaya, con il lavoro appassionato dei suoi proprietari. Dei villaggi-tappa, finanziati dallo shogun, sono stati costruiti lungo il tragitto al fine di facilitare il viaggio e alimentare il commercio. Punto di partenza di Hakone Hachiri, la città fortificata di Odawara era senza dubbio uno dei più importanti punti di passaggio. Con i suoi novanta negozi, era soprattutto conosciuta in tutto l’arcipelago per il suo kamaboko, una sorta di paté di pesce che si trova in numerosi piatti della cucina giapponese. Dodici insegne, specia-
lizzate nella sua produzione, si sono raggruppate nel corso dei secoli, formando così la strada del kamaboko! Quest’ultima esiste tuttora grazie alla tenacia di una manciata di imprenditori. In declino nell’arcipelago, il kamaboko suscita un fervore particolare a Odawara dove diversi ristoranti ne hanno fatto il loro ingrediente-simbolo. “Storicamente, Odawara è un villaggio di pescatori” ricorda TASHIRO Moritaka. La ricciola era particolarmente abbondante. Questo tipo di economia ha permesso alla municipalità di svilupparsi e parallelamente, di definire la sua identità. Il kamaboko è un alimento molto sano che si sposa alla perfezione col saké. Dal 2014, dei giovani artigiani hanno creato il gruppo di sostegno della strada del kamaboko, che ha come obiettivo moltiplicare gli eventi per promuovere il tragitto e la sua storia. “Vogliamo rilanciare questo luogo ricreando ad esempio delle scene di vita passata, delle epoche Edo e Meiji,
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Hakone ha costruito la sua reputazione in gran parte sulla qualità delle sue sorgenti termali.
quando Odawara era ancora un piccolo villaggio di pescatori. Siamo convinti che le radici di questa cittadina costituiscano la sua forza”. La storia della regione di Hakone non sarebbe completa se si omettesse di parlare delle sue famose sorgenti di acqua calda. Il primo stabilimento di bagni termali ha aperto durante il periodo di Nara (710-794) e i famosi “sette onsen di Hakone” avrebbero attirato le folle, particolarmente nell’epoca Edo, grazie alla sempre più grande reputazione derivata dalle virtù terapeutiche delle acque. Dopo il rinnovamento Meiji, gli stabilimenti di bagni termali si sono ancora più sviluppati, favoriti da vie di accesso più rapide. I proprietari di alberghi tradizionali hanno invitato i più grandi
architetti del Paese a rinnovare gli edifici e trasformarne alcuni in costruzioni di legno a più piani. Fu il caso dell’albergo Bansuirô Fukuzumi, che esiste dal 1625. L’albergo attinge l’acqua dei suoi bagni termali dalla più antica sorgente di acqua calda di Hakone. FUKUzUMI Haruhiko, direttore del luogo, accetta di mostrare il cammino che conduce alla famosa sorgente, imponendo però il divieto di filmare o fotografare. Dietro una porta in ferro chiusa da un doppio lucchetto, si trova l’accesso al cuore della roccia, il calore dell’acqua vulcanica monta in superficie e scalda il viso. “La cosa migliore è scendere le scale e osservarla da vicino” invita il direttore con un sorriso. I muri del cunicolo sono caldi e umidi quando ci si avvicina alla sor-
gente, che si trova ormai appena qualche metro più in basso. Là, raccogliamo nel concavo della mano un’acqua che sfiora i 50° e che guarisce i mali del corpo da secoli. JOHANN FLEURI
PER ARRIVARE PARTENDO DA TÔKYÔ, la soluzione più semplice è prendere la linea Odakyû in partenza da Shinjuku fino a Hakone-Yumoto. Per fare in modo che il vostro viaggio sia memorabile, ricordate di prendere il treno Romancecar (75 minutes, 2 280 yens), una delle leggende ferroviarie giapponesi. (www.odakyu.jp/english/romancecar). La compagnia propone ugualmente diverse formule a prezzi contenuti. (www.odakyu.jp/english/passes/)
Zoom Giappone è pubblicato dalle Edizioni Ilyfunet 12 rue de Nancy 75010 Paris - Francia Tel: +33 (0)1 4700 1133 / Fax: +33 (0) 4700 4428 www.zoomgiappone.info info@zoomgiappone.info Deposito legale: a pubblicazione ISSN: 2492-7414 - Stampato in Francia Responsabile della pubblicazione: Dan Béraud Hanno partecipato a questo numero: Odaira Namihei, Gabriel Bernard, Eric Rechsteiner, Jérémie Souteyrat, Gianni Simone, Jean Derome, Sekiguchi Ryôko, Johann Fleuri, Silvia Madron, Mario Battaglia, Sara Sesia, Eva Morletto, Koga Ritsuko Takachi Yoshiyuki, Kashio Gaku, Taniguchi Takako, Ichikawa Chiho, Masuko Miho, Marie Varéon (conception graphique) Pubblicità: info@zoomgiappone.info
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