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Sui social gli assenti hanno sempre torto
by 2kind
Chiudere l’account sui social per una struttura ricettiva non è mai una buona idea
di Dario Lambarelli Q uando sono arrivati i social network nel nostro quotidiano, con MySpace prima e Facebook più tardi, la maggior parte degli utenti è andato a ricercare il vecchio compagno di scuola, il commilitone o la ragazza di cui era innamorato alle medie o al liceo. La ricerca molto spesso è andata a buon fine, anche se le persone cercate non erano più quelli di una volta; tuttavia erano presenti, pronti a ricostruire una nuova relazione. Altri invece sono risultati introvabili, anche se pare impossibile con oltre 2,2 miliardi di utenti nel mondo e 35 milioni in Italia solo su Facebook.
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«SARÀ ANCORA VIVO? »
Uno dei primi pensieri in caso di ricerca infruttuosa magari è stato: «Sarà ancora vivo?» certo, è un po’ esagerato ma oggi rinunciare ad un canale di comunicazione di massa significa “condannarsi” ad un isolamento sociale che non è usuale, come sottolinea anche il neuromarketing, ovvero quella branca del marketing che studia come la psiche umana sia responsabile di moltissime azioni che quotidianamente compiamo, anche a livello di scelte e acquisti. Possiamo quindi dire che il marketing non è qualcosa di astratto ma è un insieme di regole che guidano la nostra esistenza.
In precedenti articoli abbiamo parlato del fatto che se un brand non è presente sui social è come se non esistesse. Prendendo a prestito dal film di Nanni Moretti del 1978 Ecce Bombo, la frase; «Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?» proviamo ad approfondire cosa significa essere o non essere presenti sui social network. Se Mario Rossi non è su Facebook, Instagram, Linkedin, Twitter o un altro canale social poco importa. Che egli non esista in un mondo virtuale alla fine interessa relativamente: è lui che rimane scollegato dal mondo e la sola conseguenza per gli altri è la scomodità di non poter comunicare attraverso degli strumenti ormai diffusissimi. Ma se a non essere presente sui canali online è una azienda? Beh il problema si complica, e di molto. Facciamo una premessa: dovremmo sempre e solo prediligere il marketing etico in entrambe le forme: privacy e policy. In breve, avere rispetto per gli utenti, per i consumatori, per le regole e per gli algoritmi. Certo, parlare di privacy in un articolo sui social network sembra un ossimoro e non vogliamo certo negare un problema oggettivo, ma sicuramente è un discorso molto più complesso del semplice trending topic che si legge online, spesso ingigantito per portare l’attenzione su alcuni temi, ovviamente a discapito di altri. “ Prese dal panico alcune aziende hanno dichiarato di voler chiudere con il mondo di Zuckerberg, l'ultima in ordine di tempo, ma non di importanza, è stata Unicredit"
Lo scandalo di Cambridge Analytica ha sicuramente fatto esplodere il problema evidenziando carenze di sicurezza dei dati degli utenti di Facebook e ha permesso quindi di accendere un alert su determinate tecniche poco etiche di marketing. Ma è un bene che questo problema sia venuto a galla. Prese dal panico alcune aziende hanno dichiarato di voler chiudere con il mondo di Zuckerberg, l'ultima in ordine di tempo, ma non di importanza, è stata Unicredit. Se però il network di banche esce da Facebook e Instagram ma rimane attivo su Twitter e Linkedin ciò lascia un po’ perplessi, poichè Twitter e Linkedin trattano dati sensibili e utilizzano algoritmi in grado di prevedere gli interessi e i comportamenti degli utenti lucrandoci sopra proprio come Facebook.
VA BENE LA PRIVACY MA…
Gli utenti vogliono la privacy, però la crescita costante di Facebook, che nei primi mesi del 2019 ha superato i 35,7 milioni di utenti in Italia ed è andato ben oltre 2,2 miliardi di utenti nel mondo, dimostra che probabilmente non considerano il canale così pericoloso. E’ vero, gli utenti esigono privacy ma poi utilizzano carte di credito, fidelity card, hanno sempre in tasca lo smartphone con la geolocalizzazione, comprano online con carte di credito, usano Telepass e in ultimo spesso lasciano con leggerezza i propri dati sensibili come mail e telefono anche nei commenti pubblici sui social network. Siamo ossessionati dalla privacy e poi tramite tool come FaceApp regaliamo alle banche dati le nostre caratteristiche somatiche, materiale utilissimo per “studiare” in che modo invecchiano i volti umani, come avvenuto anche lo scorso anno con il #10YearsChallenge. In pratica, involontariamente addestriamo intelligenze artificiali con ciò che abbiamo di più caro: noi. Se vogliamo davvero la privacy dovremmo chiudere internet, lasciare a casa lo smartphone e pagare solo in contanti nei negozi disertando quelli online. E non dovremmo nemmeno guardare NetFlix o altre Pay-Per-View. Siamo disposti a tornare a vivere così? Probabilmente no. Detto questo qualche settimana fa è capitato di leggere il post di un campeggio e villaggio che ha destato perplessità.
Se è Unicredit ad annunciare l’abbandono di Facebook impostandoci sopra una campagna di marketing che fa leva sulla sicurezza dei propri clienti è un conto. Ma se a lasciare il social network è una azienda del turismo è un altro paio di maniche. I social sono il luogo deputato all'informazione, al gioco e al sogno e sempre sui social apprendiamo le notizie prima ancora che sui media tradizionali trascorrendovi oltre 2,5 ore al giorno; tempo che fino a quindici anni fa passavamo davanti alla tv. Sempre sui social network ci relazioniamo con persone vicine, lontane e talvolta famose, come attori, cantanti e politici, riducendo la distanza spaziale, culturale e temporale. E in ultimo, sui social sogniamo, nel senso che il marketing attribuisce al termine.
SOGNARE SUI SOCIAL
La fase di dreaming è la prima del customer journey: è quel momento in cui il turista viene in contatto con innumerevoli informazioni e contenuti, spesso generati dagli utenti, quindi con un valore altissimo, in linea con i propri interessi. Questo è reso possibile dagli algoritmi, che se ben calibrati permettono di limitare lo spam – ovvero tutto ciò che non è di interesse - e aprire la conoscenza verso luoghi ed esperienze nuove. Ma gli algoritmi non erano un male? Un esempio. Se sono appassionato di diving è molto probabile che tra gli amici di Facebook abbia altri appassionati come me. Probabile che sia iscritto a gruppi tematici e che abbia il like su pagine di diving e affini. Il mio news-sfeed sarà quindi ricco di esperienze, testimonianze, foto riguardanti le immersioni, e che entri in contatto con luoghi che fino a ieri ignoravo. Non solo: il Facebook Algorithm lo sa e mi propone per primo contenuti in linea con i miei interessi. L'algoritmo è taylor made, ognuno ha il news-feed creato su misura, ma per funzionare deve lavorare correttamente.
Tutto ciò che vediamo online, tutte le informazioni, rimangono catalogate nel cervello e se rafforzate con il passare del tempo tramite altre foto, esperienze di altri utenti, aumenta la considerazione positiva e inconsciamente quel luogo o campeggio prima sconosciuto, poco per volta diventa una meta appetibile soprattutto quando si arriva nella fase successiva del processo di acquisto di una vacanza: la fase di planning, o consideration. Viviamo in un'epoca dominata dai big data, in cui il marketing è sempre più data-driven per offrire comunicazioni ed esperienze sempre più personalizzate e che non vengano percepite come spam. Di conseguenza decidere di cancellare completamente le proprie tracce online equivale ad accettare di essere bersaglio di qualsiasi messaggio, anche sbagliato.
SE SI DECIDE DI SCOMPARIRE
Il fatto che un camping village decida di uscire da tutti i social network significa che è pronto a comunicare la propria "non esistenza". Significa tagliare dalla propria strategia la brand awareness, che al contrario va difesa e mantenuta nel tempo. Significa avere difficoltà a posizionarsi come tipologia di vacanza/esperienza offerta e non riuscire a relazionarsi
con i turisti nei giusti momenti del suo percorso di sogno-pianificazione-prenotazione della vacanza, annullando del tutto il proprio vantaggio competitivo. Non solo, questa scelta non farà altro che rafforzare i propri competitor perchè, diciamolo chiaramente, gli utenti non apprezzeranno lo sforzo di proteggere i loro dati. Quanti fan ha mediamente la pagina di un campeggio? Cinquemila, diecimila, ventimila? Pensiamo che queste persone si siano iscritte a Facebook per seguire proprio quel campeggio?
Certo che no, quindi continueranno ad essere presenti sul social indipendentemente dal fatto che il campeggio vi sia o meno, con l’unica differenza che i fan adesso si relazioneranno con altre aziende; magari proprio con il camping village concorrente, che invece trarrà vantaggio da questa situazione e magari riuscirà a farli sognare e stringerli nel funnel della prenotazione.
Internet ha cambiato i nostri usi e costumi e i social network hanno modificato il nostro modo di relazionarci. Anche senza di voi gli utenti continueranno a chiedere preventivi e disponibilità con messaggi privati, rilasceranno recensioni positive e negative e cercheranno spunti per le proprie vacanze. I SOCIAL LUOGHI DELLA RELAZIONE E DELL’EMPATIA I social network sono i luoghi della relazione e dell'empatia, dove si usano toni di voce caldi. Può essere normale che una banca abbia qualche difficoltà ad utilizzarli, anche se il fatto che ci sia riuscito Taffo, una agenzia di pompe funebri, facendo "scuola", significa che possono davvero riuscirci tutti; un campeggio però deve fare dell'empatia il proprio pane quotidiano sia online che offline. E non si pensi di poter sostituire un canale social con una DEM o newsletter perché una corretta strategia di marketing utilizza tutti gli strumenti a disposizione.
Noi di KoobCamp non vogliamo di certo imporre la nostra visione, per quanto ci riguarda potete chiudere tutti i canali che volete e sparire dalla rete, ma sappiate che non sarete voi a salvare la privacy dei vostri utenti, i quali continueranno ad essere su Facebook e Instagram, utilizzeranno carte di credito, compreranno su Amazon, prenoteranno le vacanze online e ci sarà sempre chi lascerà nei commenti pubblici indirizzi email e numeri di telefono.
Soprattutto continueranno a parlare di quel brand che ha deciso di eclissarsi e non partecipare. Ricordatevi che gli assenti, online, hanno sempre torto.. ✻.

