POSTE ITALIANE SPA - Spedizione in AP - D.L. 353/2003 (convertito in legge 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB ROMA
DAL 1952 LA RIVISTA UFFICIALE DELLA FEDERAZIONE PUGILISTICA ITALIANA
GALATTICA EUROPA IN PUGNO CON SIMONA GALASSI
N. 01 2015
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Editoriale Walter Borghino
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Lega Pro Boxe Prima Assemblea Elettiva
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Le recensioni di Boxe Ring
C.R. Sardegna Assemblea Elettiva 2013-2016
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Angolo rosso Francesca Amato
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Angolo blu Sirine Charaabi
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Boxe in Arte Renata Romagnoli
Messico, terra di grandi campioni Ignacio Beristàin
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Italia Boxing Team Il medagliere
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Intervista a... Chris Algieri
Titolo italiano leggeri Lancia - Ballisai
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Conosciamo... Boxe Academy Il Gladiatore
R I N G N. 01/2015 - Direttore responsabile: Walter Borghino - Periodico bimestrale della Federazione Pugilistica Italiana (F.P.I.) Presidente federale: Alberto Brasca - Registrazione presso il Tribunale Civile di Roma N. 10997/66 del 18.05.1966 - Redazione: Viale Tiziano n. 70 - 00196 Roma - Editore: Stegip Group s.r.l. - Amministratore unico Donatella D’ambrosio - Sede legale: Viale dei Monfortani 57/b - 00135 Roma - Sede operativa: Piazza Pio IX 5 - 00167 Roma - Stampato da: Romantech s.n.c. di Antonio De Luca, via Giovanni Dominici n. 6, Roma; Coordinamento Editoriale: Alfredo Bruno (albruno@alice.it), Michela Pellegrini e Tommaso Gregorio Cavallaro; Progetto Grafico: Matteo Schiavone, Andrea Savastio e Sara Badii; Pubblicità: Silvia Moretta; Foto di copertina: Renata Romagnoli. Hanno collaborato: Corrado Beldì, Vincenzo Belfiore, Walter Borghino, Alfredo Bruno, Tommaso Gregorio Cavallaro, Adriano Cisternino, Luca Cisternino, Luca De Franco, Giuseppe Giallara, Marco Impiglia, Giuliano Orlando, Michela Pellegrini, Roberto Savi, Gianni Virgadaula. Foto: AIBA, Archivio FPI, Corrado Beldì, Fabio Bozzani, Alfredo Bruno, Sirine Charaabi, Luca De Franco, Basilio Falcinelli, Giuseppe Giallara, Luigia Giovannini, Marco Impiglia, Marcello Giulietti, Filippo Moccia, Marco Pecoraro, Renata Romagnoli, Roberto Savi. - Chiuso in tipografia il 10 marzo 2015
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Addio a un grande campione Bruno Visintin
WSB Italia All Green in rimonta
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C.R. Campania Festeggiamenti
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Titolo Europeo Mosca Galassi - Piazza
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Europeo Leggeri Marsili - Mizsei
La boxe in lutto Carlo Maggi
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APB Russo non PASS..
La boxe diventa materia di studio Firmato Protocollo d’ Intesa tra Università Tor Vergata e FPI
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Boxe italiana in lutto Umberto Cavini
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La biografia Clemente Russo
Intervista a... Giovanni Sarchioto
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100 anni FPI La doppia federazione
Pauli Malignaggi
100 anni FPI Benvenuti Mazzinghi
Campionato UE Supermedi Di Luisa - Cocco
60 RAI e FPI VERSUS Generazione di Campioni
Campionato IBF Moncelli - Belinge
Intercontinentale IBF Esposito - Zamora
SOMMARIO fpi.it
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EDITORIALE
L’
inizio di ogni anno e di ogni stagione agonistica si presenta sempre pieno di speranze e di aspettative, ma anche di inevitabili preoccupazioni. E per una Federazione come la nostra che ha tra i suoi principali obbiettivi la partecipazione olimpica, queste aumentano in maniera esponenziale all’avvicinarsi dell’evento. Non aiuta, in questo senso, il sempre vivace periodo di novità regolamentari e tecniche, che ci regala sempre nuove sorprese sulla già complicata road map to Rio. E il meccanismo delle qualificazioni si è già avviato, come spesso accade tra luci e ombre. Bene i primi segnali provenienti dall’Italia Thunder (dove, giova ricordarlo, la Federazione ha espresso un grande e decisivo investimento), meno bene la prima fase APB, dove i nostri “moschet-
ni della Lega Pro, che hanno suggellato un rinnovato clima di distensione con la Federazione, cui sono stati riconosciuti indubbi meriti nel processo che porterà nel 2017 ad una netta separazione tra le realtà pro e AOB/APB/WSB. L’augurio che ora, nella sua composizione più compiuta, la Lega decolli decisamente verso un rinnovamento nella continuità, da tutti auspicato. Buon lavoro! A livello territoriale segnaliamo l’elezione del nuovo presidente del CR Sardegna, da sempre fucina di grandi atleti e ottimi dirigenti. L’augurio per lui, e per tutti i suoi colleghi, è di poter implementare una compiuta autonomia territoriale e di riuscire a interpretare serenamente il proprio ruolo, fondamentale per le dinamiche sportive e sociali della Federazione. Sembra avviarsi decisamente
“ La federazione ben conscia del proprio ruolo di motore dell’attività olimpica e di alto livello, farà fronte come sempre con grande determinazione e attenzione, per concedere a tutti il proprio palcoscenico e la possibilità di giocarsi le proprie chances...” tieri” - rimasti in due – dovranno affidarsi agli esami di riparazione, con probabili difficoltà aggiuntive. C’è poi da pesare con attenzione il nutrito e composito calendario internazionale AOB, che come ogni anno preolimpico vedrà impegnate praticamente tutte le nostre nazionali, maschili e femminili. Un gravoso impegno anche economico, cui la Federazione, ben conscia del proprio ruolo di motore dell’attività olimpica e di alto livello, farà fronte come sempre con grande determinazione e attenzione, per concedere a tutti il proprio palcoscenico e la possibilità di giocarsi le proprie chances. Insomma, grande fermento in avvicinamento all’anno olimpico che, per noi, sarà anche quello del centenario; un motivo in più per lasciare il segno! Grande successo alle elezio-
il sogno olimpico di Roma 2024. Pur tra inevitabili polemiche, spesso strumentali, e numerosi distinguo, il comitato promotore è stato insediato. Un in bocca al lupo anche a loro e quindi a tutti noi, che ci nutriamo fiduciosi di speranze e di aspettative. Purtroppo il mondo del pugilato continua a perdere pezzi preziosi della propria storia. Voglio qui ricordare con personale affetto Umberto Cavini, il cui pensiero mi riporta indietro ai miei trascorsi grossetani, quando insieme alla sua inseparabile Rosanna contribuì ad avvicinarmi al pugilato e a farmelo amare, con il suo entusiasmo e la sua determinazione, coinvolgente. Ci mancherà. Walter Borghino
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LEGA PRO
Prima Assemblea Elettiva: Carlo Nori eletto Presidente Presenti il presidente FPI Alberto Brasca e il segretario Alberto Tappa di Giuliano Orlando ph Renata Romagnoli
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Quella che il presidente della Lega Pro Boxing, rieletto per acclamazione Carlo Nori, nel luglio 2011 aveva definito la nascitura Lega, come la “casa dei pro”, ha messo concreti mattoni nella costruzione, con la prima Assemblea Elettiva, tenutasi nel salone dell’Hotel Cristallo Palace orobico, presenti i rappresentanti delle categorie del settore, compresi medici e arbitri, a conferma di quanto la trasformazione sia sentita e non sottovalutata. Il volto nuovo del professionismo italiano, in previsione dell’autonomia imposta - necessaria per continuare l’attività fuori dall’influen-
i Giochi di Rio. Fino a quella data, la FPI sarà al fianco dei nostri professionisti, senza venire meno agli impegni AIBA. Il rappresentante ufficiale del CONI, ha dato assicurazione in merito alla trasformazione in atto, operando in perfetto accordo nel rispetto delle normative previste. Soddisfazione generale, anche se non sarà semplice creare una struttura autonoma nel volgere di due stagioni scarse. Dall’inizio del 2017, la neonata Federazione Italiana Pro Boxe, dovrà aggiungere ai rappresentanti già eletti, i comparti relativi a giudici e arbitri (senior e junior), settore sanitario e l’organo di giustizia, necessari per la completa autonomia dell’ente.
organizzatori e dalle emittenti televisive, ancora lontane da quella sensibilità che il pugilato merita, come dimostrano gli ascolti pur in orari decisamente lontani dalla fasce utili. Aver raggiunto la continuità settimanale è stato importante, ma questo è solo il primo passo, ancora lontano dal traguardo che ci proponiamo”. I ricavi dal 2011 al 2014 non sono da gran premio, avendo sofferto una contrattura tra il 2012 e le ultime due stagioni. Peraltro la cifra globale del triennio (3.142.000 euro) non può autorizzare salti di gioia, anche se incoraggiante in rapporto al periodo immediatamente precedente, dove si era toccato il punto
“...C’è un risveglio delle emittenti tv, non più solo RaiSport, ma il rientro di Italia1, SkySport e Fox Sports, Italia2 e Sportitalia. Al momento Italia1 è quella di sostanza...” za dell’AIBA, nel contesto dell’EBU e delle sigle riconosciute: WBA, WBA, WBO e IBF - ha i suoi rappresentanti ufficiali, con un presidente onorario in Elio Cotena. Gli aventi diritto hanno eletto Sergio Cavallari, Salvatore Cherchi, Mario Loreni e Giulio Spagnoli per gli organizzatori senior, mentre per gli junior sono stati indicati Teresa Bandelli e Omar Valvasson. A rappresentare i procuratori Alberto Chiavarini, il tecnico sportivo Maurizio Zennoni, per gli atleti Anita Torti e Lenny Bottai. Al tavolo il presidente federale Alberto Brasca e il segretario generale Alberto Tappa. Il primo ha chiarito il ruolo di supporto che la Federazione si è assunto per facilitare la strada dell’autonomia, che la Lega imboccherà a tempo pieno dal primo gennaio 2017, l’anno dopo
Sono state lette le cifre inerenti l’attività precedente la nascita della Lega e quella successiva. I numeri indicano dal gennaio 2008 al gennaio 2011, la realizzazione di 57 titoli italiani, 16 cinture unione europea e 9 mondiali/europei, contro il bilancio da luglio 2011 a dicembre 2014, che annovera 77 tricolori, 28 titoli dell’Unione Europea e 29 tra mondiali ed europei. Il salto in positivo è evidente, come ha sottolineato Nori, ma ancora molto resta da fare. In particolare l’area commerciale e la presenza televisiva, rappresentano il punto dolente, dove è necessario far lievitare in particolare il livello delle borse ai pugili. “Non siamo rimasti a dormire – ha precisato Nori – ma c’è ancora molta strada da percorrere e abbiamo bisogno del contributo di tutti, in particolare dagli
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più basso. C’è un parziale risveglio delle emittenti tv, non più solo RaiSport , la cui discontinuità stava diventando una regola, ma il rientro di Italia1, SkySport e Fox Sports, Italia2 e Sportitalia. Al momento Italia1 è quella di sostanza e continuità, ma i contatti sembrano a più vasto raggio. Lavoro molto difficile il reperimento degli sponsor. Gli attuali: Totosì, GrissiniBoni, Fratelli Beretta, Fassi, Logistica Egidio, Agromonte, Vini Caldirola, SPI, Sapori Armando De Angelis e Admiral Yes.it, rappresentano i germogli iniziali, con la speranza di crescita a tempi brevi. Non tutti i nodi sono stati sciolti. In particolare il ruolo dei maestri, al momento del passaggio dei loro allievi al professionismo fuori dall’AIBA. La verità è che non può esserci uno spar-
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Dall’alto in basso: A. Locatelli, E. Cotena, C. Nori, P. Casserà ; il presidente Carlo Nori; foto di gruppo degli eletti; S. Cherchi, S. Cavallari, M. Loreni, G. Spagnoli.
tiacque netto, in quanto il legame tra insegnante e pugile si è cementato in anni di lavoro comune e il distacco forzato, potrebbe risultare materia di competenza giuridica. Si pone anche un problema sociale, non secondario: il divieto di operare in simbiosi creando una discontinuità di rendimento, quindi un minor guadagno. Tenendo presente che in Europa e ancor più in America, le emittenti tv, con giganti come HBO, Showtime ed ESPN possono garantire guadagni al momento impossibili con l’APB. Imporre il distacco, potrebbe diventare una imposizione pericolosa. Si tratta di ipotesi, considerato che sia l’AIBA che la Lega Pro sono in fase di sperimentazioni, come dimostrano le variazioni che l’APB introduce nel corso dei tornei e la ricerca dei migliori meccanismi agonistici e produttivi da parte della Lega Pro. Che, come ha specificato con chiarezza il presidente, non significa Lega Professionistica. La prima Assemblea dell’ente, seguita da oltre un centinaio di addetti ai lavori, sicuramente superiore ad ogni attesa, ha dato un segnale importante, decisamente controcorrente all’abitudine di casa nostra. Solitamente, si parte in perenne ritardo, mentre in questa occasione, smentendo i critici ad oltranza, l’operazione ha avuto inizio nel 2011 e, oltre due anni prima del necessario distacco, si siano gettate le basi concrete per non arrivare al cambio impreparati. Già questo appare un segnale importante, come l’aiuto trasparente e corretto della Federazione Italiana, consapevole che il patrimonio del nostro professionismo non può essere disperso al vento, ma difeso e protetto, come sta facendo. ..............
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A D D I O A U N G R A N D E CA M P I O N E
B RU N O VISINTIN Memorabili le sue sfide con Duilio Loi. Fu campione d’Europa dei Superwelter di Alfredo Bruno ph Archivio FPI LA SPEZIA, 11. 01. 2015 Si è spento a La Spezia uno dei più grandi campioni della storia pugilistica italiana, parliamo di Bruno Visintin, 82 anni, per il quale la parola grande è tutt’altro che inappropriata, solo che rimane difficile collocarlo in quale categoria fu tra i più grandi. Da peso leggero ? Da peso welter? Da superwelter? Rino Tommasi, che fu un estimatore dello spezzino lo mise al terzo posto dei nostri grandi nella categoria dei superwelter. La sua sfortuna fu quella di incrociarsi in un periodo dove a sbarrargli la strada c’era un “certo” Duilio Loi, sfortuna e grandezza a braccetto. Con il triestino Bruno Visintin incrociò i guanti due volte e per due volte diede vita, pur perdendo, a matches controversi, dove qualcuno lo vide addirittura vincitore in almeno uno scontro, sul filo di un equilibrio da tagliare con il rasoio. Lo spezzino era un predestinato, un po’ sulla falsariga di Nino Benvenuti. Una classe eccelsa con un sinistro d’autore, la precisione dei suoi colpi produceva anche danni ottenendo non poche vittorie prima del limite. Difficile da battere anche da
dilettante. Campione d’Europa a Milano nel 1951, conquistò il bronzo alle Olimpiadi di Helsinki del 1952, le stesse che videro Sergio Caprari medaglia d’argento. A superarlo in semifinale fu l’americano Adkins che diventerà campione del mondo. Con il bronzo in tasca Visintin esordì subito da professionista, conteso per la sua bravura, entrò nella colonia di Luigi Proietti, il manager romano che allenava fior fiore di campioni. Era appena ventenne e sotto il suo inimitabile fioretto 18 avversari ammainano bandiera: alcuni con buona quotazione come Padovani, Paini e Marconi. Ci sono anche successi internazionali. Diventa lo sfidante al titolo italiano di quel mostro sacro che era Duilio Loi, il beniamino del pubblico milanese. Loi era campione italiano, ma era da poco (parliamo del 1954) campione d’Europa dei leggeri con la splendida vittoria sul danese Johansen. Il triestino non aveva ancora voluto abbandonare la corona nazionale. Fu così che si decise per il doppio titolo, anche e soprattutto per il grande trascorso dilettantistico del giovane spezzino. Fu un incontro molto equilibrato, a tratti cattivo. A rompere l’equilibrio fu l’astuzia del campione e il suo maggior adattamento per l’esperienza a barcamenarsi e distribuire le forze sulla rotta dei 15 round. Il verdetto andò a Loi, ma nacque anche una rivalità, sportiva nel vero senso della parola, fra due campioni, rivalità che si trasformò in sincera amicizia. Visintin riprese il suo cammino e cominciò i suoi viaggi e trasferte nella terra dei canguri dove Gigi Proietti aveva un pass quasi d’obbligo. Il suo viaggio coincideva spesso con quello del manager e di Luigi Coluzzi, un solido e bravo welter romano, che si stabilirà e metterà su famiglia a Sydney. Visintin si fa le ossa contro
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gente dura e forte, lo spezzino accetta tutte le proposte. In questa prima fase solo il basco Argote riuscirà a fermarlo, ma le sue quotazioni sono in continua ascesa. Al suo rientro in Italia dopo due successi su Barbadoro e Lawal trova a sbarrargli la strada a Milano un altro beniamino, Giancarlo Garbelli. Avere un trio di leggeri come Loi, Visintin e Garbelli è avere una sorta di Eldorado. Vince Garbelli, che getta il cuore oltre l’ostacolo pur dovendo subire la grande classe dello spezzino. Quest’ultimo, comunque, diventa finalmente campione italiano dopo 30 matches disputati. Il folignate Antonini che vantava un pari con Loi viene sconfitto prima del limite in 4 riprese. Lo spezzino mette sotto chiunque gli viene opposto e dopo aver difeso il titolo dall’assalto di Mario Vecchiatto, lo abbandona per passare tra i welter. I sacrifici per rimanere tra i leggeri erano troppo duri e il suo fisico irrobustito aveva le sue esigenze. Torna in Australia per una lunga tournèe: batte gente di caratura internazionale come il sudafricano Nieuwenhuizen e si permette il lusso di battere il campione australiano George Barnes e soprattutto di malmenare nella bella Agustin Argote. Segna il passo per due volte con Clottey, ma non sono verdetti limpidi. Il suo rientro in Italia si svolge all’insegna della vittoria: cadono gente di valore europeo come Idrissa Dione, Maurice Auzel, Kid Dussart. Roma lo vede spesso protagonista e Rino Tommasi gli propone un match con un negro americano, si chiama Ted Wright, da Oltreoceano sono convinti che diventerà il successore di Ray Robinson con il quale ha una vaga rassomiglianza. Wright non ha potenza, ma la sua velocità di braccia è impressionante. E’ uno di quei match che rimarrà scolpito
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nella memoria dei romani: un vero festival della grande boxe. Vince Wright, ma Visintn gli arriva molto vicino. Prende al volo la chance per il titolo italiano dei welter e si permette il lusso di ottenere la rivincita su Giancarlo Garbelli. Anche lo spezzino, come Loi, ha la capacità di diventare quasi imbattibile nelle rivincite. Visintin fa il vuoto in Europa: i francesi Auzel, Chiocca e Ferrer di fronte a lui fanno la figura di studentelli ansiosi di imparare. Lo spezzino diventa il n. 1 in Europa, solo che sul trono siede Duilio Loi. Il match si svolge al Palasport milanese ed in pratica è la fotocopia di quello precedente. Loi trova sempre quella risorsa in più per mischiare le carte nel giudizio. Sembra che il destino di Bruno Visintin sia quello di essere relegato alla difesa di titoli italiani con avversari agguerriti. Pari con il sardo Fortunato Manca, una lezione al poderoso Rino Borra fino a che Roma lo richiama per battersi con un altro americano, uno con la potenza distruttrice, Langston Morgan, che aveva impartito una severa lezione a Giordano Campari. Il pugile di colore era uomo di classifica mondiale, tra l’altro vincitore di Eddie Perkins. Visintin rischiò molto in quel match, in un paio d’occasioni accusò le mazzate di Morgan, ma lo spezzino aveva anche uno smisurato orgoglio e il resto lo fece la sua classe. Forse fu proprio questo match a fargli capire che la categoria dei welter cominciava ad andargli stretta. Tutto sommato con la nuova categoria dei superwelter si sentiva più a suo agio, non aveva la velocità di prima ma la sua bravura ed esperienza suppliva a questa lacuna. Conquista il suo terzo titolo italiano, in tre categorie diverse, battendo un pugile ostico come Fabio Bettini, un romano con passaporto francese. A Torino nel 1964 affronta Yolande Leveque, un transalpino strenuo avversario di Mazzingi e Benvenuti. Non un fuoriclasse, ma un pugile ostico e indomabile. Visintin corona il suo sogno e diventa campione d’Europa, sulla sua strada non c’è più l’amico Loi, che oltrettutto si è ritirato da poco. Ma è un titolo che si regge su carboni accesi visto che subito dopo gli propongono Souleymane Diallo, un picchiatore senegalese, reduce dalle Olimpiadi
Roma, uno dei motivi per cui cui Benvenuti fu dirottato nella categoria inferiore e il suo posto venne preso da Carmelo Bossi che superò Diallo non senza qualche difficoltà. Diallo davanti alla sua gente sembrava avviato alla vittoria, la sua forza e giovinezza sembravano prendere il sopravvento, ma non conosceva l’intelligenza di Visintin. Lo spezzino aveva intravisto un leggero calo del suo avversario e in pratica fece finta di stare per crollare, Diallo abboccò e si gettò incurante per finirlo, ma fu fulminato da un micidiale destro al 14mo round. Visintin non ebbe successivamente difficoltà a difendere il titolo contro l’anziano danese Chris Christensen e il lussemburghese Philippe, tutte difese fatte all’estero, visto che gli organizzatori italiani lo chiamavano ormai solo per le imprese impossibili. Dopo aver superato l’istrionico Peter Muller vola a Copenhagen dove lo attende Bo Hogberg, pugile grezzo ma robusto. Al danese permettono tutto, Visintin sanguina dall’occhio per le capocciate, i suoi riflessi non sono più quelli di una volta e al settimo round l’arbitro ferma
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il match a favore di Hogberg. La data è curiosa perchè parliamo dell’ 1 gennaio 1966, un anno nuovo divenuto il Capodanno del ritiro di questo grandissimo campione, che sarebbe diventato anche più grande se sul suo cammino non avesse trovato il suo amico Duilio Loi, con il quale fece da sparring prima degli incontri più importanti. Aveva un carattere un po’ chiuso e nel pugilato per un breve periodo fu anche procuratore come ci racconta Alberto Torri, ex pugile, a lui legato da ami-
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Pag. 8/9 Due ritratti di Visintin come pugile e in borghese. Sotto, insieme all’ingegner Podestà, presdiente FPI. In questa pagina dall’alto: Il grande match con Ted Wright. Visintin contro Giancarlo Garbelli. La sf ida con Duilio Loi. Visintin nel match contro Vecchiatto.
cizia. Ai suoi funerali erano presenti quasi al completo tra la numerosa folla le due società spezzine, Sport Club Virtus e Pugilistica Spezzina, il sindaco Massimo Federici, il consigliere comunale Pier Gino Scardigli e numerosi ex campioni. La Federazione era rappresentata da Sergio Rosa e dopo la cerimonia religiosa ha preso la parola la figlia del suo grande avversario, Bonaria Loi, che ha ricordato le epiche sfide tra i due campioni, ma soprattutto l’incrollabile amicizia tra i due. Alla moglie Vittoria, al fratello Guido, alla figlia Giorgia e al nipote Iacopo vanno le affettuose condoglianze di Boxe Ring. .............
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R RI IN NG G
WSB Italia all-green in rimonta dopo un avvio da brivido Italia Thunder vittoriosa a Palermo e Porto Torres di Giuliano Orlando ph Marcello Giulietti L A C O N C LU S I O N E
dell’andata delle WSB 2015, quinta edizione, è avvenuta per la Thunder Italia a fine febbraio, sul difficile ring di Almaty in Kazakistan, padrona del girone B. Il risultato, comunque, ci ha permesso di chiudere al terzo posto, grazie alla vittoria nella sesta tornata in quel di Porto Torres nel sassarese, dove il quintetto guidato da Lello Bergamasco grazie al poker vincente composto dall’indiano Bidhuri (52) e da Cosenza (60), Manfredonia (81) e Vianello (+91), i nostri green che stanno facendo esperienza in proiezione futura, con la mente verso il traguardo a cinque cerchi. Non ha raggiunto la sufficienza il
volo la tattica giusta per tenere a bada Armas, lungagnone di minor talento ma organicamente fortissimo, incassando decine di pugni senza cedere terreno. Cosenza ha tenuto la guardia alta, ha usato colpi interni e anche esterni, grazie alla migliore scelta di tempo. Non ha potuto evitare che la testa dell’americano gli procurasse una ferita al sopracciglio sinistro, ma è stato bravo e non innervosirsi. Vittoria larga, come è stato anche per Manfredonia contro lo scorbutico Pinto e per Vianello di fronte al nanetto Mata, 12 cm. più basso. I due è doveroso dirlo, non hanno incantato, denotando una certa stanchezza, giustificata dall’aver combattuto tre volte in
senta un bilancio di una sola sconfitta e 5 vittorie, l’ultima contro la Polonia (4-1). Nello stesso turno il Kazakistan stendeva l’Argentina fanalino di coda (5-0). Nel girone A, prosegue il cammino di Cuba (4-1) ai britannici, che si tolgono la soddisfazione di vincere nei +91 con Joyce ai danni di Pero Justiz, altro giovane gigante in rampa di lancio . Vincono il Messico (4-1) sui cinesi, la Russia (5-0) con l’Ucraina e il Marocco (3-2) nel derby d’Africa con l’Algeria. Ed ecco il riassunto della manifestazione dal via al quarto turno. La città di Guba in Azerbajan non è mai stato un posto gradito all’Italia Thunder. Il 29 marzo 2014 gli azeri ci
“...Il 4-1 ha portato l’Italia a quota 12 punti, dietro Kazakistan e Usa, che sentendo profumo di Rio 2016, ha messo in squadra elementi più quotati che in precedenza....” calabrese Morello (69) preferito a Di Russo, dimostrando di non avere ancora quella maturità tecnico mentale che invece stanno dimostrando gli altri titolari. Morello si è fatto innervosire da un rivale modesto come Mendez, che ha semplicemente svolto il compito di portare colpi diritti, mentre avrebbe dovuto mettere la sua esplosività muscolare al servizio del ragionamento. Cosa che hanno fatto gli altri quattro, in particolare Bidhuri e Cosenza, che era al debutto. L’indiano ha domato il tenace Silva, ostico e resistente, grazie ad una condizione atletica notevole e alla mobilità di gambe, determinante per fare la differenza. Il leggero campano è stata una piacevole novità, avendo capito al
un mese. Mentre il mediomassimo ha mascherato bene grazie al movimento e alla piacevole quinta ripresa, per il romano l’impostazione più statica ha evidenziato il calo atletico, subendo troppi colpi inutili. Vianello è comunque cresciuto a tutti i livelli, da quello muscolare alla continuità offensiva. Usa bene l’uno due, inizia a muoversi sia sul tronco che sulle gambe, tutto questo quando è fresco. Se si appanna la condizione, diventa bersaglio facile, considerato che il ventenne romano è alto 1,98. Il 4-1 ha portato l’Italia a quota 12 punti, dietro Kazakistan e Usa, che sentendo profumo di Rio 2016, ha messo in squadra elementi più quotati che in precedenza. Prima dell’ultimo turno di andata, pre-
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rifilarono un 5-0 pesante e ingiusto, purtroppo determinante per la nostra uscita dalla semifinale delle World Series. In quell’occasione Clemente Russo subì una bruciante sconfitta contro Abdullayev, che a distanza di 10 mesi, ha bissato, contro Fabio Turchi, nella prima giornata della quinta stagione delle WSB. Anche stavolta (17 gennaio) gli azeri si sono imposti con un largo 4-1. Punto della bandiera grazie a Barnes (49) partito a tutta contro il non disprezzabile Ibiyev, ma troppo tenero per tenere botta col bronzo di Londra che quando trova rivali favorevoli allo scambio corto, va a nozze. L’altro irlandese Conlon (56) non aveva perduto, ma a Guba, devi stravincere, quindi
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niente da fare contro Kurbanov. Ancor peggio il trattamento riservato al medio Cavallaro, 19 anni di Catania che non ha mai ceduto di un pollice col bielorusso Veselov, furbo mestierante, premiato alla grande da due giudici, mentre il terzo segnava il giusto, ma inutile, vantaggio per Salvatore. La partenza in salita, non cambiava pendenza neppure al secondo turno, contro gli USA a Miami, anche se la sconfitta risultava meno amara (2-3) grazie ai successi auspicati ma non automatici di Manfredonia e Vianello che debuttavano nella manifestazione col giusto piglio a spese dei pur validi Nelson e Awesome, che a inizio anno veniva indicato come ‘number one’ dei +91 degli States. Sconfitti l’indiano Bidhuri (52) da Venegas, il gallese Evans (69), l’ombra dell’argento di Londra dal modesto Ceballo e il leggero Introvaia da un Balderas che ha imposto la maggiore potenza atleti-
naio), confermava la forza di Cuba che rifilava cinque pappine agli algerini sul ring di Blida, la Russia si accontentava del 4-1 esterno ai danni della Cina a Sanya, stesso punteggio dei messicani agli ospiti marocchini, mentre la G.B. conteneva la sconfitta (3-2) a Kiev contro l’Ucraina. Già detto dell’Italia, sconfitta a Miami (Usa), il Venezuela dimostrava di avere scelto bene, imponendosi a Maiquetia - oltre 5000 spettatori allo stadio - contro l’Azerbajan, che doveva accontentarsi di un solo successo nei 60 kg., ottenuto dal russo Selimov su Armas, mentre Bermudez (52), Maestre (69) che ricordiamo giunto ai quarti a Londra e bronzo ai mondiali di Almaty nel 2013, Ramirez (81) e Munoz (+91) ottenevano un splendido poker. Il Kazakistan faticava (3-2) a battere la Polonia a Lubino, proseguiva la discesa in basso dell’Argentina, superata in casa dal Portorico (3-2) che metteva in car-
vittoriosa su un battagliero Portorico che otteneva due vittorie con Finol (49) e Saavedra (75) ai danni di Hernandez e Campbell, ma cedeva a Martinez (56), Pettis (64) e Temple (91). Nel girone A, proseguiva la legge del 5-0 di Cuba, senza distinzione di franchigia. Nell’occasione i cinque russi Galanov (49), Nazirov (56), Uziyan (64), Gazizov (75) e Zaytsev (91) venivano serviti con lo stesso trattamento ad opera di Argilago, Ramirez, Toledo Lopez, e Savon che sbrigava la faccenda per ko al primo round. Il risultato non è sorprende: Cuba ha messo sul ring il meglio, escluso il minimosca, mentre la Russia presentava pugili bravi ma fuori dal giro della nazionale. Ci chiediamo se questo superiorità schiacciante sia utile alla promozione del torneo. Il Marocco a Casablanca batteva i leoni inglesi (3-2) e il Messico ad Aguascaliente metteva sotto (4-1) l’Algeria. L’Ucraina alzava il
“...Prima dell’ultimo turno di andata, presenta un bilancio di una sola sconfitta e 5 vittorie, l’ultima contro la Polonia (4-1). Nello stesso turno il Kazakistan stendeva l’Argentina fanalino di coda (5-0)...” ca. Due trasferte e un solo punto, non è certo un bottino da pirati. Nel girone B, quello dell’Italia, gli Astana Arlans del Kazakistan imponevano un rotondo 5-0 sui venezolani, il debuttante Portorico superava (3-2) il Ussari polacchi a San Juan e l’Argentina veniva gelata in casa dagli Usa con un 4-1 pesante. Il girone A, mostrava subito i muscoli di Cuba, 5-0 al Marocco, l’Ucraina seminuova, batteva il Messico (4-1) a Kiev, mentre i leoni britannici, rischiavano la sconfitta in casa contro la Cina, il 3-2 arrivava grazie al 2-1 a favore di Ashfaq (56) contro Jianhao, che non gli è stato inferiore. Gli ospiti vincevano con Junjun (49) e il croato Filipi (91), mentre i locali si imponevano con Maxwell, (64) antico avversario di Mangiacapre agli europei di Minsk nel 2013 e con Fowler (75). La Russia doveva rinviare a tempi successivi la sfida con l’Algeria, che non si presentava a Mosca. Il secondo appuntamento (23-24 gen-
niere il secondo successo consecutivo. Il terzo turno di fine gennaio dava all’Italia l’opportunità di combattere in casa, sul ring di Palermo, affrontando il Portorico, da non sottovalutare in partenza, rivelatosi nell’occasione una tigre di carta. Oltre a presentarsi a ranghi ridotti, inizialmente con soli tre pugili, il quarto giunto solo alla vigilia, trovava una formazione locale decisa a rompere il trend negativo. Il 5-0 non era che la logica conseguenza di una situazione già scritta. Barnes (49), Conlon (56), Mangiacapre (64) e Cavallaro (75) non concedevano nulla a Rivera, Gomez, C. Riveras e Flaz, mentre nei 91 kg. Endri Spahiu, doveva solo fare atto di presenza, senza colpo ferire, visto che mancava l’avversario. L’attesa sfida tra Azerbajan e Kazakistan, sorrideva agli ospiti (3-2) che confermavano di essere il team più forte del girone B. Abbuffata della Polonia contro l’inconsistente Argentina e conferma statunitense, sempre a Miami,
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tiro e si imponeva in casa della Cina (32) con diversi pugili non ucraini. Nella quarta tappa, l’Italia arriva in Argentina a S. Luis, sperando di rompere il trend negativo. Il c.t. Lello Bergamasco concede fiducia a Evans (69) ma il gallese è solo l’ombra dal vice campione olimpico. Dopo un round ha finito la benzina e il modesto Palmeta vince senza faticare più di tanto. Di fronte a Choque, il varesino Gallo (52), viene fermato al terzo round per ferita, indietro nel punteggio. Per fortuna si pensano Mafredonia (81) e Vianello (+91) a mettere sotto Patron e Taborda, che vistosi inferiore ha pensato bene di farsi squalificare per eccesso di tenute. La sfida tra Nunez e Introvaia (60) dura meno di un round. L’italiano si ferisce (testata) e l’arbitro decreta per regolamento il no-contest. Un 2-2 assegna alle due squadre due punti. Azerbajan e Kazakistan castigano in casa la Polonia e gli Usa. Doppio 5-0 ma diversa
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la sostanza del risultato. I polacchi perdono tutti nettamente, mentre i Knoockouts cedono con due sconfitte 2-1, che fa capire la differenza di valori. Nel confronto tra le debuttanti Portorico e Venezuela a San Juan, la capitale portoricana, i padroni di casa si impongono 4-1. Nel girone A, l’ennesimo 5-0 di Cuba sui cinesi, tutti ai punti, anche se i Domadores schierano Veitia (52), Alvarez (60), Despaigne (69), Cruz (81) e Perot (+91) ovvero il più modesto è stato campione del mondo youth. L’impresa la compie il Marocco che espugna Kiev (3-2) e gli sbigottiti ucraini. Russia prepotente (5-0) sui Messicani a Samara e i British Lionhearts ci mettono il cuore e i muscoli, mettendo sotto l’Algeria (4-1), la cenerentola del girone A. Alla quinta tornata l’Italia è ancora in trasferta, diretta a Konin nel voivodato della Grande Polonia, nel centro della nazione ospitante. Stavolta la strategia dei Thunder ha funzionato. “La nostra franchigia – spiega Lello Bergamasco – è totalmente cambiata dalle passate edizioni. Siamo passati da pugili che hanno scritto la storia recente della boxe azzurra, dai mondiali ai Giochi Olimpici, a partire dal 2004. Nelle precedenti edizioni delle WSB siamo riusciti a vincere anche l’edizione del 20012, oltre che arrivare sul podio in altre occasioni. Il rinnovamento comporta un prezzo e noi lo stiamo pagando, senza per questo arrenderci. Intanto stiamo recuperando dopo l’avvio molto difficile. A Konin abbiamo centrato la prima vittoria esterna e il medio Cavallaro non è stato trattato molto bene. Importante che in alcune categorie possiamo contare su elementi solidi. Gli irlandesi Barnes (49) e Conlon (56) hanno battuto Jagodzinski e Kozlowski, come ha fatto Mangiacapre (64) contro Kiwior, dimostrandosi in netto recupero. Salvatore Cavallaro (75) non fosse stato condizionato dall’atteggiamento dell’arbitro russo Popov, che lo ha preso di mira dall’inizio, non è detto che avrebbe perduto contro il più esperto Jablonski. Niente da fare per Endi Spahiu di fronte a Jakubowski, che lo sovrastava in esperienza e abitudine ai cinque round. Importante averci provato e su questo faccio i complimenti al ragazzo”. L’analisi del responsabile azzurro rispecchia una situazione che già in avvio
era prevedibile. La squadra è giovane, ma anche motivata. Nello stesso girone gli USA confermavano di non essere da sottovalutare, rifilando un netto 4-1 all’Azerbajan che ho mostrato limiti di squadra notevoli. Unico vincitore degli ospiti, il massimo Adbullayev impostosi su Temple, mentre Hernandez (49), Martinez (56), Irby (64) e Campbell (75) risultavano migliori dei rivali azeri. Sempre a punteggio pieno il Kazkistan, maramaldo contro il Portorico, finito malamente con tre sconfitte per ko. Altra sconfitta dei Condor argentini, di fronte al Venezuela (4-1). Nel girone A, recupero dell’Ucraina vincente in Algeria (3-2), la prima vittoria cinese a Sanya contro il Marocco, con un 4-1 che punisce gli africani, reduci dalla vittoria in Ucraina. Stavolta la Cina ha avuto anche qualche aiuto dai giudici, ma ha ottenuto anche due vittorie per ko. La Russia in attesa di recuperare la sfida con l’Algeria, liquida gli inglesi con un secco 5-0, mettendo sul ring alcuni pezzi forti come Nikitin (56), Dunaytsev (64) e Thishchenko (91) per evitare scherzi. L’Italia grazie al successo esterno risale in classifica, raggiungendo il terzo posto con 9 punti, dietro l’imprendibile Kazakistan (15) e i sorprendenti statunitensi (12). .............
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La squadra dell’Italia Thunder a Palermo (Mangiacapre, Bergamasco, Morbidini , Stecca, Cavallaro, Spahiu.) Sotto, Salvatore Cavallaro e Guido Vianello con Maurizio Stecca. In fondo l’Italia Thunder vittoriosa a Porto Torres: Cosenza, Bidhuri, Morello, Stecca e Bergamasco, Manfredonia, Vianello con Marcello Giulietti.
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T I T O L O E U R O P E O M O S CA
GALATTICA SIMONA GALASSI BATTE LOREDANA PIAZZA UNA GRANDE SERATA DI SUCCESSI ANCHE PER MATANO E LOVAGLIO
FERRARA 7.2.2015 “Adesso rimbocchiamoci le maniche e pensiamo all’argentina Paola Yudica (9-0-2), la nuova campionessa del mondo mosca IBF, che Simona affronterà a fine primavera. E’ la grande occasione che non possiamo perdere. A 42 anni deve compiere l’ennesimo miracolo, fare esclamare al popolo della boxe che è lei il più grande talento espresso dal pugilato femminile. Non sarà facile, perché l’avversaria oltre che brava,
di Giuliano Orlando ph Renata Romagnoli ha dalla sua l’età: 26 anni che vogliono dire il top del rendimento. Dalla nostra parte l’esperienza e anche la voglia, anzi la giusta rabbia, per domare questa giovane leonessa che non ha paura di mettere in palio la cintura appena conquistata, in casa nostra”. Sono le parole di Alex Duran, il tecnico che ne ha preso la guida il giorno successivo all’infausta serata di Padova il 27 ottobre 2012. “Quando Simona, dopo la sconfitta contro la magiara Szebeledi, in cui fallì l’assalto al mondiale mosca WBC, che già aveva dete-
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nuto dal 2008 al 2011, mi chiamò per decidere se smettere o proseguire, le feci una domanda precisa: Perché vorresti continuare? La risposta mi soddisfece, “Perché mi sento ancora pugile”. Da quel momento ho iniziato la sua ricostruzione. Certo, l’età è avanzata e questo conta, ma non è il problema principale. Ciò che ancora si porta dietro sono i residui di un dilettantismo che gli ha dato titoli a non finire, ma che nel professionismo sono un limite importante”.
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La campionessa europea riconfermata, ascolta e approva. “Con Alessandro ho iniziato una seconda carriera: mi ha ridato stimoli che pensavo spenti. Lui ha capito quello che debbo migliorare e lo fa col giusto approccio. Incredibile, ma dopo quindici anni di pugilato ad altissimo livello, mi accorgo che mi trascino difetti antichi, che cado spesso nella boxe al tempo del dilettantismo. Per fortuna mi sveglia e non si stanca di spronarmi. Anche la vittoria sulla Piazza, non è stata priva di errori. Potevo fare meglio, specie nella parte centrale. Essendo avanti, non insistevo troppo. Per fortuna nelle ultime due riprese, dopo gli strilli del mio allenatore, ho
se vuoi tornare ad essere la numero uno al mondo. Devi soffrire, mantenere la concentrazione per tutte le riprese, visto che non è una picchiatrice. Inoltre, deve colpire al bersaglio grosso, sotto e non solo portare colpi alla faccia. Contro la Yudica dovrà comandare lei, altrimenti l’argentina, non potente ma veloce e rapida, sarà un bersaglio sfuggente e per Simona nasceranno problemi grandi. Deve anche imparare ad ascoltare l’angolo e capire la tattica del momento”. Possibile tutto questo a 42 anni? “Non ci credessi, lascerei perdere subito. E’ una scommessa a rischio, su questo non c’è dubbio, ma Simona è una speciale e quindi vale la pena di tentare. La
proprio in occasione di questa difesa europea mi ha chiesto se volevo diventare il procuratore di Simona. Non ho avuto dubbi e anzi, ne sono orgoglioso”. E’ piaciuto anche il ragazzo di casa, Marcello Matano (14-1) allievo del maestro Roberto Croce, che ha conquistato l’Intercontinentale IBF superwelter, battendo alla grande il biondo Jussi Koivula (17-2), presentato come un forte guerriero finnico, apparso alla prova del ring, ben più modesto del previsto. O forse la prova più che buona di Matano ha condizionato l’avversario, partito alla grande e spentosi appena i pugni del ferrarese hanno iniziato a incrociarlo sopra e sotto, con una con-
aumentato il ritmo accorgendomi di avere ancora energie a disposizione. Questa pigrizia non me la posso permettere contro la Yudica, se voglio tornare sulla cima del mondo”. Sul ring di Ferrara, Loredana Piazza, antica compagna di allenamento in nazionale, oltre che rivale in due occasioni (2003, 2005), concluse a favore della romagnola, è stata un ottimo test. Continua Duran: “Quando le proposi la difesa volontaria dell’europeo contro la Piazza, dopo che la prevista sfida contro l’uruguaiana Gabriela Bouvier era slittata a data imprecisata, non era molto entusiasta. La convinsi ed è stato un bene. Intanto Simona Galassi (233-1) ha combattuto, senza far passare troppi mesi inattiva e abbiamo potuto individuare dove si può migliorare”. Su quali punti in particolare? “Simona è abituata a gestire fatica e concentrazione con mentalità dilettantistica, quando si beveva le tre riprese senza neppure sudare. Lo ha fatto anche da professionista, grazie ad una classe naturale incredibile. Adesso non basta più
Yudica ha soffiato il titolo alla Bouvier con un verdetto molto risicato, quindi l’una vale l’altra ed entrambe sono brave. Noi dobbiamo fare meglio” Dove verrà disputato questo mondiale? “Quasi certamente ancora a Ferrara. Ci stiamo lavorando con passione, abbiamo trovato amici veri che ci danno una mano, perché allestire un mondiale costa maledettamente tanto, anche se si tratta di una sfida femminile. Simona è diventata una beniamina, visto che si allena nella mia palestra e la gente l’ha adottata per la simpatia che ispira”. In tema di cambiamenti, Biagio Zurlo è il nuovo procuratore della Galassi, che opera in grande sintonia con Duran, nel nome di un’amicizia nata dopo la loro sfida avvenuta nell’88, per il tricolore welter a Castellina in Toscana. Vinse Zurlo che mantenne la cintura. Per la cronaca Biagio è stato un ottimo professionista, attivo dal 1985 a 21 anni, al ’90, con un record di 24 vittorie e un sconfitta contro Pesci, riscattata nella rivincita. “Da quel match – assicura – con Alessandro è nata una bella amicizia e
tinuità che fa bene sperare per il futuro. Intanto, Marcello ha migliorato sia l’approccio offensivo che la distribuzione delle energie. L’inciampo con Moncelli, che gli è costato il tricolore, è acqua passata, ora guarda giustamente in prospettiva, avendo margini di miglioramento notevoli. In particolare la traiettoria dei suoi colpi perdono consistenza all’impatto sul bersaglio per una errata posizione del guantone. Diversamente, il risultato contro Koivula poteva concludersi prima dei dodici, sia pure piacevoli,round. Il titolo italiano massimi leggeri è tornato a Maurizio Lovaglio (18-10), che lo aveva già detenuto dall’ottobre 2013 scalzando Bruzzese e difeso contro Erittu nel febbraio del 2014, entrambe le volte vincendo per ko. Dopo l’infausta serata di Grugliasco, lo scorso settembre, nel vano tentativo di conquistare la cintura UE, battuto dal croato Stjepan Vugdelija, la carriera sembrava giunta al tramonto. Ipotesi smentita a Ferrara, dove Lovaglio è apparso lucido e sbrigativo nei confronti di un Rosario
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Nella pagina precedente: Lovaglio vince su Guglielmino. Il sinistro di Matano a segno. Matano festeggiato dopo la vittoria valevole per il titolo Intercontinentale IBF superwelter. Accanto: momento solenne per Simona Galassi ed il suo maestro Alessandro Duran durante l’inno. Sotto, la grande concentrazione di Loredana Piazza insieme a Dino Orso e Massimiliano Ballisai. Segue, uno scambio a breve distanza tra le due pugili.
Guglielmino (6-3) che pur sfavorito, si pensava potesse dire la sua. Non è stato così. Partenza alla garibaldina del torinese e i suoi saettanti siluri centrano il siciliano di Acireale, ritrovatosi al tappeto sorpreso e stordito. Lovaglio, 32 anni e parecchia esperienza in più, non si è fatto scappare il momento magico, concludendo la fatica con una serie di chirurgica precisione. Il tutto in meno di due minuti. Gugliemino, anche nella soluzione negativa è stato coerente. Il suo record indica sei vittorie e tre sconfitte, tutte nel segno del ko. Per Lovaglio ennesimo rilancio, quindi ancora l’obiettivo Unione Europea. Quattro debutti al professionismo in un colpo, sono una piacevole novità. Due fanno parte del gym di Alex Duran, gli altri due arrivano dal Veneto. Nei piuma, la sfida tra il ferrarese Mattia Musacchi, 25 anni e il vicentino Luca Rigoldi, 22 anni, non ha avuto vincitori, specchiando l’equilibrio dei valori, dopo quattro round vivaci anche se non sempre all’insegna della precisione, ma decisamente tosti. L’altro incontro, categoria superleggeri, è risultato a senso unico e non poteva essere altrimenti. Marco Iuculano, 21 anni di Pontelagoscuro, sa il fatto suo e lo ha di dimostrato già tra i dilettanti, confermando le doti di potenza di fronte ad un Matteo Redrezza, che alla bella età di 38 anni ha pensato bene di gettare la maglietta, per un battesimo professionistico abbastanza rischioso. Infatti si è trovato al tappeto al primo round e ha concluso sempre al tappeto, in quello successivo. Debutto troppo facile per Marco, che spesso in palestra fa da sparring a Simona e sicuramente ne trae indubbio giovamento. .............
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L E R E C E N S I O N I D I B OX E R I N G
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R RI IN NG G
LE RECENSIONI D I B OX E R I N G di Adriano Cisternino
“ I TA L I A N I SUL RING: I CA M P I O N I ”
propri dubbi ed alle proprie incertezze. A Pietro ed a Flavio va il ringraziamento mio e di quanti riescono ancora ad emozionarsi nello scoprire o più semplicemente ricordare le nobili imprese dei tanti “ Campioni” che hanno dato lustro e decoro al pugilato italiano”. Contattare Pietro Anselmi via Mail (moni.anselmi @ libero.it) oppure telefonicamente 038276159.
Pietro Anselmi e Flavio Dell’Amore E’ uscito in questi giorni il libro “Italiani sul ring : i Campioni”scritto da Pietro Anselmi e Flavio Dell’Amore. Pubblicato dalla Novantico Editrice è acquistabile nelle migliori librerie italiane o direttamente dagli autori. Il libro ripercorre la storia del pugilato italiano attraverso le gesta dei suoi protagonisti. Ci piace al riguardo pubblicare il giudizio che sull’opera ha voluto regalarci Vincenzo Belfiore, da tempo fra i più apprezzati collaboratori di “Boxe Ring”: “ Conosco Pietro e Flavio gli autori di questo splendido volume da molti anni, ne apprezzo la competenza ed ancora di più la passione sportiva che anima e muove ogni loro interesse. In tutta onestà non immaginavo che sarebbero stati capaci di arrivare a tanto. Racchiudere in 421 pagine, con una sintesi minuziosa e perfetta, la storia del pugilato italiano attraverso i ritratti di quei pugili così bravi da conquistare il titolo Europeo o addirittura di arrivare primi nel mondo. Un lavoro certosino e minuzioso, il frutto non dell’improvvisazione del momento, della stagione, ma la ricerca negli anni di fatti e di avvenimenti spesso dimenticati se non perduti nella spirale del tempo. Per questo mi sento di poter affermare che “ Italiani sul Ring: I Campioni” è un’opera unica nel suo genere,destinata a diventare un preciso punto di riferimento ed una fedele compagna di viaggio per chi vorrà trovare risposte precise ed immediate ai
“ I O V I VO G L I O BENE ASSAI”
di Franco Esposito
Un filone a scuola, quattro amici a zonzo capitati per caso intorno ad un ring dove si svolgono i campionati regionali di boxe. C’è il derby Di Domenico-Monaco, anno 1955, controllare per credere. Nasce così la passione di Franco Esposito per il pugilato e per il giornalismo. Ed ora, a distanza di sessant’anni, Franco ci racconta tutto nella sua ultima (ottava) fatica editoriale dal titolo “Io vi voglio bene assai”, Iuppiter Edizioni (pag. 473, euro 18) che ha come sottotitolo “Sport, amori e giornalismo di un single involontario”. Più che un’autobiografia, il libro è un atto d’amore verso le passioni di una vita che lo hanno guidato lungo un percorso che passa attraverso olimpiadi, mondiali di calcio, avventure giornalistiche di vario tipo, in giro per il mondo come inviato de “Il Mattino” prima e poi del “Corriere dello Sport-Stadio”. Presentazione affidata ai colleghi e compagni di viaggio Massimo Corcione, Luigi Ferraiolo e Pietro Gargano mentre l’attore Antonello Cossia, impegnato
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a Roma con Toni Servillo in “Le voci di dentro”, ha letto alcuni significativi brani del libro. Il tutto con il panorama di Napoli dal ristorante in collina “D’Angelo”, sotto la regìa di Michele e Ida Giugliano, e alla presenza di celebrità dello sport napoletano quali Patrizio Oliva, Elio Cotena, eroi del ring, e Beppe Bruscolotti, capitano del Napoli degli scudetti di Maradona, Gigi Caffarelli, ala tornante di un Napoli autoctono voluto da Totò Juliano, e poi testimoni altri scudetti napoletani come Paolo De Crescenzo, Paolo Trapanese, Franco e Pino Porzio, Carlo Silipo, eroi dei trionfi di ieri della Canottieri e del Posillipo, che hanno anche omaggiato l’autore con una artistica targa. Testimoni degli scudetti indimenticati della Partenope rugby di mezzo secolo fa erano Marcello Martone, “piedino d’oro”, e Mimmo Augeri. Anche la Phard Napoli, scudetto nel basket femminile, era presente con il presidente Pasquale Panza accompagnato dalla statuaria Malia Andrade che ancora si diverte a centrare canestri. Tutti, naturalmente, personaggi attraversati con le loro imprese nel libro che racconta anche tanto, tanto pugilato, primo amore giornalistico mai tramontato, come testimoniano le vicende descritte con competenza e passione di tanti pugili, piccoli e grandi. Dal derby regionale Di Domenico-Monaco, all’intervista con Rocky Marciano di passaggio per il porto di Napoli, allo scoop sul ritorno al ring di Tonino Borraccia, alle imprese di Elio Cotena e Patrizio Oliva, degli azzurri alle olimpiadi (clamorosa quella di Parisi a Seul con Nardiello vittima delle giurie), ai mondiali di Las Vegas, e Benvenuti, Mazzinghi, e “mano de pietra” Duran, Mike Tyson, e Pasquale Jovinelli, Rodolfo Sabbatini, Renzo Spagnoli, e Umberto Branchini, e Valerio Nati e tanti altri personaggi del ring, prima o poi rimasti “vittime” della penna fantasiosa quanto rigorosa di Franco Esposito.
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C O M I TAT O R E G I O N A L E S A R D E G N A
G I A N F R A N C O PA L A SUCCESSORE DI FRANCO UDELLA Assemblea straordinaria elettiva per il quadriennio 2013-2016 di Giuseppe Giallara
O R I S TA N O
21.12.2014
Nei locali della società pugilistica “Boxe Folgore”, alla presenza del vicepresidente nazionale della Federboxe Vittorio Lai, del consigliere federale Giuseppe Di Gaetano e dell’ex campione del mondo Franco Udella, si è svolta l’assemblea straordinaria elettiva per il rinnovo delle cariche nel comitato sardo della Federboxe per il quadriennio 2013-2016. I rappresentanti delle sette società isolane aventi diritto al voto hanno eletto all’unanimità il dottor Gianfranco Pala, unico candidato, quale presidente del comitato, carica lasciata vacante da Franco Udella che aveva
rassegnato le dimissioni nel giugno di quest’anno. Sono stati eletti consiglieri in quota società Rafaele Marongiu (Ap Sardegna) e Luciano Mura (Boxing Club Alberto Mura). Quale rappresentante degli insegnanti è stato designato Maurizio Muretti (Accademia Boxe Torres), mentre in quota atleti è risultato eletto Aldo Spanu (Boxe Folgore) che rappresenterà i boxeur dilettanti. I delegati provinciali saranno Francesco Tomasi (Oristano) e Antonello Sotgiu (Sassari). Il responsabile regionale dell’attività amatoriale sarà Maria Grazia Pasella (Aurora Calangianus), mentre Floriano Cilli (Boxe Sarroch) sarà il responsabile regionale dell’attività gio-
vanile. Ai componenti del nuovo comitato è stato pertanto affidato il compito di operare in favore del pugilato sardo per il prossimo biennio. Il periodo non è facile, ma non si è comunque rimasti inoperosi dato che nel corrente anno sono state allestite nell’isola 34 manifestazioni nonostante la carenza di mezzi finanziari. Si deve lavorare per cercare di ottenere risultati più soddisfacenti soprattutto per quanto concerne l’attività in un ambiente che annovera 36 palestre, 230 boxeur agonisti, circa 500 amatori e 80 iscritti all’attività giovanile. C’è penuria di pugili professionisti, alcuni dei quali, tra l’altro, non sono più giovanissimi. Tuttavia, con il peso medio Alessandro Goddi la Sardegna si è recentemente assicurata un titolo italiano; inoltre, sta per svestire la maglietta un altro peso medio, il cagliaritano ventiduenne Nicola Salisci. I buoni risultati sono alla portata, a patto che l’ambiente si mantenga compatto e ci sia l’apporto costruttivo di tutti. Di questo è convinto anche il presidente neo-eletto Gianfranco Pala che ha 56 anni, è nato a Decimomannu (CA), è direttore delle nuove carceri di Uta (CA) ed è un appassionato di vecchia data che da ragazzo ha frequentato la palestra dell’Ap Sardegna da dilettante. “Non ho molto tempo libero – ha fatto presente – ma ho accettato ugualmente la candidatura per la passione che mi lega alla boxe. Il momento non è dei migliori, per cui ritengo che si debba promuovere l’attività per aiutare i ragazzi a crescere e ad acquistare esperienza e visibilità anche in campo nazionale. Penso che, lavorando tutti insieme, si possa riuscire a dare un nuovo impulso alla boxe sarda”. ............. A f ianco Gianfranco Pala con Franco Udella
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C O M I TAT O R E G I O N A L E C A M PA N I A
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C A M PA N I A I N F E S TA Marzia Davide “pugile dell’anno” in Campania di Adriano Cisternino ph Sirine Chaarabi
P OM PE I
23. 12. 2014 Tutti insieme, appassionatamente, per festeggiare i campioni del 2014 e per brindare ai futuri campioni del 2015. Grande “convention” della Campania del ring a Pompei, hotel Vittoria, pochi passi da Santuario e dagli scavi, ospiti di Rosario Africano, ormai dirigente a tempo pieno del settore regionale femminile e più che mai orgoglioso, per l’occasione, dei risultati delle ragazze. Più donne che uomini, infatti, più premiate che premiati. Quote rosa prevalenti nel cordialissimo, annuale, tradizionale appuntamento della Campania del ring. Al culmine della cerimonia la proclamazione di Marzia Davide quale “pugile dell’anno” in Campania. Un 2014 a dir poco strepitoso, campionessa d’Europa e vicecampionessa del mondo, la salernitana di Pontecagnano ha dominato la scena. Papà Pasquale ritira il premio con orgoglio, Marzia è una sua creatura, lui l’ha messa sul ring quando alla boxe rosa credevano in pochi. Il premio per il “pugile emergente” 2014 tocca con pieno merito a Vincenzo Arecchia, alfiere della Excelsior Marcianise, oro alle olimpiadi giovanili di Nanchino. Cerimonia agile ma intensa, con la regìa di Enrico Apa, presidente del Comitato Regionale con la fattiva collaborazione di Maurizio Apa, segretario infaticabile. Significativo l’intervento di Enrico Apa che ha sottolineato due dati eloquenti: le società sono passate da 33 a 57 e l’attività è raddoppiata nell’ultimo anno, raggiungendo il tetto di 80 riunioni. La Federazione rappresentata dal dirigente nazionale Alfredo Raininger mentre Elio Cotena era la voce dei professionisti : vecchie glorie della boxe napoletana, che
hanno consegnato i premi ai giovani campioni, una sorta di passaggio del testimone. La sfilata di pugni rosa ha portato al tavolo dei premiati anche Irma Testa, argento alle olimpiadi giovanili e ai mondiali youth, Francesca Martusciello, bronzo europeo Youth, e poi le campionesse europee juniores Maddalena Barretta, Angela Carini, Concetta Marchese, Giusy Gioia, bronzo nei 48 chili, e la campionessa italiana “élite” Francesca Amato. Ed infine Sirine Chaarabi, giovanissima, origini tunisine, su cui scommette Rosario Africano. Il pugilato maschile 2014 in Campania vanta fra gli altri l’oro ai campionati EU di Valentino Manfredonia, talento esploso agli assoluti 2013, e lo scudetto fresco di Giuseppe Perugino, l’ultimo erede di una famiglia di pugili. Al tavolo del premiati anche numerosi altri campioni delle categorie giovanili Premi e citazioni doverose per i professionisti nostrani, che nelle ultime settimane si son fatti apprezzare anche in tivù: Samuele Esposito, campione Internazionale Ibf, Andrea Di Luisa, campione italiano e campione EU, Carmine Tommasone, un campione italiano in Irpinia vent’anni dopo Agostino Cardamone. Pasticcini e brindisi finale in attesa dei prossimi successi. .............
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Dall’alto Vincenzo Arecchia premiato da Elio Cotena. Irma Testa premiata da Rosario Africano. Adriano Cisternino, Elio Cotena, Biagio Zurlo, Carmine Tommasone e Samuele Esposito.
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EUROPE0 DEI LEGGERI
MARSILI L I QU I D A M I Z S E I Scarpa torna sul podio e bussa in Europa di Giuliano Orlando ph Marco Chiesa
BERGAMO 24. 01. 2015 Non guardate la carta di identità, vi porterebbe fuori strada. Emiliano Marsili (31+0-1=) segna 38 rintocchi all’anagrafe, ma biologicamente è un giovanotto in grande spolvero, sia atletico che mentale. A Bergamo, davanti ad un buon pubblico ha azzerato il magiaro Gyorgy Mizsei jr. (21+13-) in sette riprese, lungo le quali la demolizione di un rivale ventunenne, ovvero 17 stagioni a credito, è stata di chirurgica precisione. “Stavo bene – chiarisce dopo essere rientrato nella sua Civitavecchia, accolto dai tanti estimatori, dalla moglie Stefania, la figlia e dai colleghi di lavoro della Cooperativa del porto – il
ha dimostrato sia nel primo che nel secondo incontro. Stavolta è migliorato assai. Colpisce forte e sfrutta al massimo le doti di mobilità e precisione. Se gli lasci l’iniziativa ti mette in difficoltà. Il fatto è che nella prima sfida a Viterbo lo scorso settembre, aveva trovato la mia ombra. Mi ero preparato in venti giorni, senza il maestro che era all’angolo di Larghetti che combatteva in Germania per il mondiale, Gino si era ammalato. La vittoria non mi era piaciuta e aveva ingigantito le doti dello sfidante. Stavolta ho messo le cose a posto, svolgendo il piano previsto. Nelle prime riprese ho alternato il bersaglio e l’ho fatto stancare, in modo che la sua guardia diventasse meno ermetica e
Sei professionista dal 2003, ma il salto di qualità è avvenuto solo nel 2010, quando a Brescia hai scalzato dal titolo leggeri, l’allora imbattuto Luca Marasco. Il motivo di questa lenta maturazione? “Avrei potuto diventare campione nel novembre 2006 a Grosseto, quando regalarono il pari a Niro, che mantenne il titolo e dovetti attendere tre anni e mezzo per avere una seconda opportunità tricolore. Questo il motivo, non altro. Da quel momento ho dimostrato anche agli scettici che Marsili valeva ben oltre il traguardo nazionale. Nel 2012 sono andato nella sua tana di Liverpool a battere Derry Mathews per il titolo IBO, nel marzo 2013 ho conquistato l’europeo
“...La vittoria non mi era piaciuta e aveva ingigantito le doti dello sfidante. Stavolta ho messo le cose a posto....” cambio dell’avversario all’ultima ora, non mi ha condizionato più di tanto. Certo, siamo stati bravi a cambiare in corso di allenamento una tattica ben diversa da quella impostata per De Vitis (26+4-1=) che è un attaccante. Debbo dire grazie al maestro Mario Massai e al preparatore atletico Gino Lauro, due grandi. Ma quando ti prepari bene, quando senti che il tuo corpo risponde ad ogni richiamo, affronti qualsiasi novità. Così è stato”. La maggiore altezza e lo smisurato allungo dello sfidante quanto ti hanno dato fastidio? “Gyorgy è giovanissimo, ma conosce il mestiere come un trentenne. Mastica boxe da ragazzino e sul ring lo
le gambe meno veloci. Alla sesta l’ho preso bene sotto, prima il destro e poi il sinistro, con due conteggi, determinanti. Nella settima ha cercato di reagire ed è stato un errore. Dopo la sfuriata ha abbassato i guantoni e il gancio sinistro alla mascella ha chiuso il conto”. A inizio carriera davi l’impressione di un mancino elegante senza pugno. Poi la trasformazione. Com’è avvenuta? “La formula è semplice: lavoro e ancora lavoro. Nello specifico unire precisione e velocità, fanno sempre danni e i risultati si vedono. Anche se non sono un picchiatore naturale, quando conosci i bersagli delicati, lasci il segno”.
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mettendo ko in due round il quotatissimo Luca Giacon, che era imbattuto e ho difeso la cintura quattro volte”. Il segreto di questa longevità ad alto livello? “Mi alleno due volte al giorno, i colleghi di lavoro mi aiutano nel lasciarmi gli spazi più idonei per la preparazione, amo questa disciplina. Vivo serenamente e la famiglia è di grande aiuto. Non ho grilli per la testa e mi mantengo al meglio”. Chi ti ha indirizzato al professionismo? “Franchino Cherchi fu determinante, aiutandomi moltissimo all’inizio. Mi faceva allenare con Gianluca Branco, Zoff, Casamonica e altri che per me
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erano dei miti. Io ero timido e lui mi spronava. Non lo dimenticherò mai”. I progetti futuri? “Il 6 marzo sarò a bordo ring a Liverpool in Inghilterra, ad osservare la sfida tra il cubano Richar Abril che mette in palio la cintura WBA contro Derry Matthews. Ci penserà poi Christian Cherchi alla trattativa per lanciare la sfida al vincitore”. Ci sono contatti a livello europeo con lo sfidante ufficiale Dejan Zlatican del Montenegro e il finlandese Edis Tatli, vincitore di De Vitis. Chi preferisci affrontare? “I pugili alti e sfuggenti non mi vanno bene, Tatli è uno spilungone che tocca e scappa, meglio il montenegrino che picchia duro ma non ha la mobilità del finlandese. Rischio molto, ma questa è la boxe. Anche Matthews e Giacon avevano pugni pesanti ma li ho battuti”. La sfida per il vacante tricolore superleggeri tra Andrea Scarpa (17+2-) e Francis AcatuIlo (7+3-1=) ha offerto il match più spettacolare. Pur vincendo largamente come dal referto dei giudici (Cavalleri 97-92, Quartarone e Zannoni 98-92), Scarpa ha dovuto impegnarsi fino all’ultimo minuto, di fronte ad un rivale mai domo. Acatullo, privo del colpo risolutore, ha dovuto cercare per 10 round la corta distanza, pagando pedaggio pesante di fronte ad un contrista tremendo, dotato di punch notevole. La battaglia tra Scarpa, foggiano di stanza a Torino e Acatullo, campano di Maddaloni residente a Voghera ha toccato punte di spettacolarità e intensità eccezionali. Onore al vincitore che sta maturando per puntare a traguardi oltre confine, supportato da un fisico eccezionale e dalla naturale potenza del destro, anche se per il salto deve dare più continuità alle sua offensive. Ma ancor più merita ogni elogio Acatullo, chiuso dal pronostico, che ha offerto una prova di coraggio e determinazione, uscendo da situazioni difficili grazie ad un cuore enorme. Nella bella riunione, allestita dalla OPI2000, col supporto determinante della Bergamo Boxe, ovvero la famiglia Bugada, ormai una sicurezza in fase organizzativa, altri tre incontri nella locandina. Il medio romeno
Paraschiveanu (6+) ha dominato il croato Cvek (9+31-4=) il cui merito è stato quello di aver incassato tutto e di più per sei riprese. Il cruiser Bruzzese (13+1-) rientrava dopo sette mesi di sosta, a distanza di oltre un anno dalla sconfitta tricolore contro Lovaglio. Dopo un inizio molto prudente, ha messo in funzione il sinistro e per l’altro croato Rupcic (3+12-1=) non c’è stato nulla da fare. Ai primi due richiami per tenute, nel quinto tempo si aggiungeva il terzo (testata volontaria) e la squalifica a concludere il confronto, diventato unilaterale per Bruzzese. L’italo-senegalese
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Paraschiveanu piazza il gancio destro. Emiliano Marsili che atterra l’avversario. Sotto, ancora Marsili che centra Mizsei
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Ali Ndiaye (24+2-1=), a dieci mesi dallo stop europeo imposto dal francese Rebrasse, è tornato sul ring per affrontare il collaudatore ungherese Szekeres (16+38-3-). Ndiaye (35 anni) residente a Pontedera nel pisano, ha combattuto a corrente alternata, buone combinazioni e lunghe pause, che hanno permesso all’ospite di finire stanco ma ai punti. ............. Foto in colonna a sinistra Mouhamed Ali Ndiaye piazza un bel sinistro aprendo la guardia di Szekeres. Oscar Bruzzese centra Rupcic. Foto in colonna a destra Scarpa e Acatullo insieme a centro ring dopo il match e sotto, gli stessi in uno scambio.
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L A B O X E I N LU T T O
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CA R L O M AG G I L’orgoglio di San Basilio Una scuola di vita di Alfredo Bruno ph Renata Romagnoli ROMA, 21. 1. 2015
Carlo Maggi, il maestro di Daniele Petrucci, ci ha lasciato all’improvviso. E’ avvenuto tutto nell’arco di una giornata: dal malore alla corsa in Ospedale, l’operazione e il responso che non c’era più niente da fare. La storia del pugilato, soprattutto quello romano, non è fatta solo dai pugili, ma i maestri hanno avuto sempre una parte importantissima. A Carlo Maggi, nato nel 1947, mancava un giorno per compiere 68 anni; non era solo un maestro di pugilato, era anche l’anima di un quartiere, San Basilio, spesso protagonista nel bene e nel male. Quando un ragazzo varcava la soglia della sua palestra aveva la certezza fin dai primi momenti che quel maestro serio, con un sorriso appena accennato, una vaga rassomiglianza con l’attore Bruce Willis, si sarebbe preso cura di lui come atleta e come uomo. Si poteva sgarrare una sola volta quando andava bene, alla seconda dovevi dire addio alla palestra. La palestra portava il nome della società Boxe Roma San Basilio e al maestro non andava bene quando la si chiamava solo San Basilio o solo Boxe Roma, un marchio, o meglio un’etichetta di un abito confezionato fin dalla nascita, si può dire. Da Maggi, anzi da Carlo, erano usciti fior fiore di campioni: 14 campioni d’Italia e uno del mondo, titoli regionali vinti con l’aiuto del pallottoliere, accompagnati dal commento del pubblico: “ Quello è un allievo di Maggi, si vede”. Ma Carlo ha una sua storia molto ben definita che trova la strada maestra sul ring già a 15 anni quando per la prima volta entra in una palestra. E’ nato a San Basilio e porta la vivacità di quel quartiere. Le scazzottate per strada erano all’ordine del giorno. Faceva lo stagnaro e il suo principale era un lottatore iscritto all’Indomita. Un litigio con un altro lavorante fece capire al principale che quel ragazzo ci sapeva fare, era “cattivo” al punto giusto e portava bene i colpi. Lo indirizzò all’Indomita dove in quel periodo c’era Luigi Proietti con i suoi campioni. Li rimase per 8 mesi fino a quando venne a conoscenza che a San Basilio si era aperta una palestra
dove insegnava Mario Aglietti. Il binomio Aglietti-Maggi divenne quasi indissolubile per far capire la loro forza e la loro visione di questo sport. Da dilettante non disputò mai gli Assoluti, pur avendo avuto nel suo carnet belle vittorie su molti I serie. Una fugace apparizione in Nazionale e poi il passaggio al professionismo nel 1972. Disputò 5 matches e raccontava con orgoglio che il suo esordio era avvenuto al Palazzetto, l’avversario era Sassanelli, pugile esperto, che però dovette ammainare bandiere contro il biondino romano. Ma la boxe ormai era entrata nel suo cuore, l’odore della palestra era la sua droga, ed entrò come insegnante nella Boxe Roma Casalbruciato dove allora insegnava il suo vecchio maestro Aglietti. Poi la possibilità di aprire una palestra nella sua zona a San Basilio in via Recanati. Fu sfrattato, ma la Circoscrizione aveva capito che il suo lavoro di maestro era diventato indispensabile per la zona, molti ragazzi grazie a lui si erano salvati dalla strada, fior fiore di campioni, rimasti sempre in contatto con il loro
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“maestro”. Gli fu assegnata un’altra palestra in Via Barelli a Pietralata. La “Boxe Roma San Basilio” era diventata il segnale di una riscossa che pian piano prendeva le sembianze di Daniele “Bucetto” Petrucci, arrivato ai più alti gradini del professionismo, superato solo da quel mostro che risponde al nome di Leonard Bundu. Maggi-Aglietti-San Basilio-Petrucci sembrano essere diventati l’itinerario di una riscossa che supera i confini dello sport. A questi nomi si incastona quello di Sergio Calì esecutore perfetto degli ordini del maestro, in alcune occasioni il volto buono della società, anche se il maestro, sia pure nei frangenti più burberi del suo carattere, non riusciva mai a nascondere un cuore d’oro. Adesso Carlo non c’è più. A piangere la sua scomparsa non ci sono solo gli “amici”, ma anche qualche “nemico” che pian piano cominciava a capirlo: un duro di quartiere con la missione di insegnare e togliere dalla strada i giovani.
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ANGOLO ROSSO
F R A N C E S CA A M AT O E’ entrata a far parte dell’Esercito di Tommaso Gregorio Cavallaro ph Luigia Giovannini N O N È DA T U T T I
vincere nello stesso anno Guanto d’Oro e Campionati italiani e, contemporaneamente, ben figurare tra Mondiali ed Europei qualificandosi anche per i prossimi Giochi Olimpici Europei di Baku. Francesca Amato, 26 anni da Napoli, è riuscita nell’impresa ed è decisa più che mai di continuare su questa strada, che l’ha portata alla ribalta della Boxe Tricolore e non solo. Dalla Napoli Boxe al Centro Sportivo Esercito parlaci brevemente della tua carriera pugilistica dal tuo primo ingresso in una palestra al ring dei mondiali in Corea.
i successi, che poi ho ottenuto. Mi riferisco al Guanto d’Oro 2013 e la vittoria ai Campionati italiani di Ostia (Roma, ndr). Fondamentale è stato l’aiuto delle varie società nelle quali mi sono allenata: dalla Napoli Fulgor, alla Team Boxe Roma XI e, ovviamente, il Centro Sportivo dell’Esercito che mi permette di vivere questa mia passione come un vero e proprio lavoro. Vittorie e successi che mi hanno permesso di entrare a far parte della Nazionale, con la quale ho partecipato agli Europei e ai Mondiali 2014, ottenendo la qualificazione ai Giochi Olimpici Europei Baku 2015”.
pionati italiani e sei entrata a far parte in pianta stabile della nazionale azzurra. quali sono ora i tuoi obiettivi a breve e lungo termine? “Il mio principale obiettivo è sempre portare in alto la Bandiera Italiana in tutti i Tornei internazionali e mondiali. Ora sono focalizzata sulla preparazioni in vista di Baku 2015”. Cosa ti senti di consigliare a tutte le ragazze che sentono di avere dentro di loro il sacro fuoco della nobile arte e che vogliono cimentarsi sul ring? “Sicuramente di non farsi influenzare dagli stupidi pregiudizi sulle donne che indos-
“Ho cominciato ad indossare i guantoni a 13 anni alla Napoli Boxe sotto la guida del maestro Geppino ed il figlio Lino Silvestri. Loro mi hanno insegnato le basi del pugilato e sotto la loro guida ho disputato 5 match, riuscendo a conquistare il titolo Italiano cadetti juniores nel 2005. Decisi, visto che la boxe femminile non era ancora disciplina olimpica, di non proseguire, pur essendo stata convocata in Nazionale. Quando, però, venni a sapere che la noble art in rosa era entrata nel programma olimpico, mi rimisi immediatamente fasce e guanti. Ho dovuto sudare le cosiddette 7 camice per recuperare il tempo perso ed entrare così a far parte del giro Azzurro. Dal 2011 è stata una costante scalata verso
Sono ormai 12 anni che sali e scendi dal quadrato in questo tuo percorso chi sono stati i tuoi punti di riferimento? “Il primo che mi sento di ringraziare è il grande maestro Geppino Silvestri che mi ha “formato” dandomi i rudimenti della boxe. Dopo di lui, devo menzionare il Maestro Italo Mattioli che mi ha migliorato con i suoi sapienti insegnamenti. Il mio ulteriore perfezionamento è avventuo grazie a Emanuele Renzini, Head Coach delle Nazionali Femminili, e alla sua collaboratrice, Laura Tosti. Riccardo Scionti è stato colui che mi ha aiutato dal punto di vista fisico-atletico”. Nell’ultimo anno ti sei tolta parecchie soddisfazioni. Hai vinto il Guanto d’Oro, i cam-
sano i guantoni. La boxe è un bellissimo sport, che ti aiuta sia dal punto di vista fisico che psicologico. La cosa fondamentale da sapere è che necessita di sacrificio e fatica, ma che è capace di regalarti enormi soddisfazioni”. Tolte le fasce guantoni chi è la Francesca Amato di tutti giorni? “La maggior parte della mia vita la dedico anima e corpo al pugilato. Per il resto amo viaggiare, dormire, sono un vero ghiro, e apprezzare i piaceri della tavola”. ..............
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La Amato durante la f inale agli Assoluti Femminili di Ostia (RM); Francesca intervistata da Davide Novelli e Nino Benvenuti ed ancora in tenuta per l’angolo blu prima di salire sul ring.
A N G O L O B LU
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SIRINE CHARAABI Una carta vincente della Tifata Boxe di Luca Cisternino ph Marco Pecoraro
SIRINE
Charaabi è nata in Tunisia e compirà sedici anni a maggio. Ma vive in Italia da quando aveva un anno, abita con la famiglia a San Prisco, alle porte di Caserta, dove i genitori si sono insediati stabilmente, e frequenta con profitto il secondo anno di ragioneria turistica a S.Maria Capua Vetere. Ma frequenta con profitto anche la palestra Tifata Boxe Prisco Perugino, del maestro Peppino Perugino. In palestra ci capitò per caso quando aveva appena cinque anni: “Accompagnavo un mio cugino che la frequentava e lì è scattata la mia passione per il pugilato. Ho conosciuto il maestro Perugino che per me è ormai un secondo padre e non ho più smesso di allenarmi”. Ha disputato pochi incontri finora: “Ho partecipato ai Giochi della Gioventù ottenendo sempre buoni risultati. A 14 anni ho sostenuto il primo incontro vero ottenendo la prima vittoria. Nel 2013, con due soli match alle spalle, ho disputato il torneo nazionale giovanile nei 54 chili incontrando avversarie più esperte di me. Sono stata convocata in nazionale per un’ allenamento collegiale a Firenze, ho avuto i complimenti del maestro Renzini ed anche del presidente Brasca che mi disse: sei una carta vincente. Queste parole mi sono rimaste scolpite in mente”. Ma Sirine ha un grande sogno che, al momento le è negato: “Vestire la maglia azzurra della nazionale. Purtroppo non ho ancora la cittadinanza italiana, altrimenti avrei partecipato l’estate scorsa ai campionati europei giovanili che si sono svolti ad Assisi e sono sicura che avrei portato a casa una medaglia”. La legge le consente di poter chiedere la cittadinanza italiana al compimento dei 18 anni. Il caso di Sirine è analogo a quello della lungo-triplista Dariya
Derkach, classe ‘93, ucraina di nascita, salernitana da sempre, finalmente azzurra agli Europei “under 23” del 2013, ma quanta fatica per ottenere il passaporto italiano! “Il mio sogno è la partecipazione alle olimpiadi con la maglia azzurra. Certo non a Rio 2016 che ormai è dietro l’angolo, ma per Tokio 2020 potrei farcela. Però prima dovrei potermi cimentare a livello internazionale, anche per acquisire esperienza a certi livelli”. Il talento di Sirine ormai è dimostrato. E lei non teme avversarie tranne... la burocrazia. ..............
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Qui sotto Sirine col Maestro Perugino ed ancora Sirine in guardia.
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APB
RU S S O N O N “ PA S S ” . . . Concluso il primo torneo APB: Russo non centra il pass; Picardi lascia e Valentino non brilla di Giuliano Orlando ph Adriano Coschiera
IL PRIMO
storico torneo professionistico promosso dall’AIBA, scattato in ottobre 2014, ha raggiunto la boa dell’arrivo dopo cinque mesi, assegnando ai dieci vincitori il titolo dell’APB (Aiba Pro Boxing) che dovrebbe assicurare anche il pass olimpico. Usiamo il condizionale, perché le normative iniziali sono state cambiate diverse volte in corso d’opera e potrebbero subire ulteriori variazioni in futuro. Stando alle comunicazioni dell’ente, a marzo inizia un secondo torneo (Cycle2) con le stesse norme del primo, premiando il vincitore di ciascun peso col visto per i Giochi. Orientativamente, il termine del Cycle2, sarà a maggio e il mese successivo verrà
istituita una finalissima per designare il campione AIBA 2015, fermo restando che i due finalisti sono già promossi a Rio. Al via del primo torneo, l’AIBA aveva annunciato che il pass olimpico spettava ai due finalisti. Alla vigilia della quarta e decisiva giornata, oltre ad informare che il pass era solo per il vincitore, veniva annunciato il ranking per categoria, per cui le sfide dell’ultimo turno, affidavano ai due meglio classificati, il match sugli otto round, valido per Rio. In pratica la Commissione (sette membri) preposta ha indicato le finali e gli altri incontri, rivoluzionando le normativa del torneo, nato col sistema all’italiana, in cui ogni atleta si sarebbe confrontato con gli altri sette. Un esempio nella categoria dei 91
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kg., quella di Clemente Russo. L’algerino Boulodinats, messo al quinto posto, aveva perduto solo contro Egorov, battendo Golovashchenko (Ucr) e Charles (Usa), bilancio identico all’italiano (2+1-). Incomprensibile il numero due assegnato al kazako Pinchuk, vincitore di Peralta (Arg) e Ahmaovic (Ger), ma sconfitto da Russo. Un torneo con interrogativi senza risposta. Questo il cammino in ciascuna categoria. Kg. 49. La finale è stata tra due cinesi a Hong Kong, nonostante il miglior ranking di Quipo, l’ecuadoreno, giunto in sostituzione del coreano Shin, argento iridato 2011. Decisivo lo scontro negativo con Wu, (2-1), mentre Bin Lv, che ha sempre vinto (Zhakipov, Wu, e Barriga) risulta numero 2. Il filippino Barriga ha battuto Blanco (Arg), ma è stato sconfitto da Quipo e Lv. Stesso destino per Zhakipov (Kaz) vincitore di Laurencao (Bra) e Blanco (Arg), superato da Lv. Partito male il trentenne russo Ayrapetyan, bronzo a Londra, europeo nel lontano 2006, argento (2009) e bronzo (2011) iridato, battuto da Quipo. Non si è presentato con Laurencao e Blanco (wo) denunciando un preoccupante calo di rendimento. Nel turno conclusivo, il giovane Lv ha confermato la superiorità sul connazionale Wu, anche sugli otto round, senza cali di intensità. Il piccolo mancino è una macchina instancabile e Wu ha dovuto soccombere nettamente. Il confronto più spettacolare è risultato tra Barriga e Quipo, finito 2-1 per il filippino, dopo sei round non stop. Il pari avrebbe espresso la verità. Netto il successo di Zhakipov (Ka) sul modesto brasiliano Laurencao. Vincitore: Bin Lv (Cina) 19 anni. Kg. 52. A Novisibirsk (Russia). Il favorito Aloian, due cinture mondiali in bacheca, non sbaglia un colpo, inizia battendo Picardi, poi il bulgaro Aleksandrov, per wo
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l’algerino Flissi e nella partita conclusiva supera il brasiliano Emigidio, svegliatosi negli ultimi round, troppo tardi per cambiare il match condotto dall’armenorusso, per sei riprese. Beffati il kazako Suleimenov, superato da Emigidio dopo sei round equilibratissimi al terzo turno e l’uzbeko Laipov, bronzo (2011) e argento (2013) mondiali, la cui sconfitta contro il kazako gli è costata l’accesso in finale, nonostante abbia poi raccolto tre vittorie (Asloum, Picardi e Flissi). Torneo disastroso per l’algerino Flissi, vice campione del mondo 2013, finito malamente ko contro Suleimanov dopo 37” del secondo tempo e il nostro Picardi, sempre sconfitto (Aloian, Martinez, Latipov e Asloum wo) in condizione precaria e demotivato, al punto di rinunciare all’APB, per rientrare nelle WSB. Regole permettendo. Vincitore: Mikhail Aloian (Russia), 26 anni.. Kg. 56. Parigi (Francia). A novembre 2014 le prime due giornate a S. Carlo di Bariloche e a Buenos Aires in Argentina, nelle quali si era distinto oltre al beniamino di casa Melian, vincente su Njangiru (Kenya) e sul quotato francese Djelkhir, anche il brasiliano De Jesus, battendo l’azero Chalabyev e il cinese Zhang. Deludeva il quotato russo Vodopyanov , 26 anni, oro mondiale 2007, argento nel 2009, titolare ai Giochi 2008 e 2012, battuto dal cinese Zhang, mancino di 25 anni, molto aggressivo, pur se poco fortunato con De Jesus e Melian: 2-1 per gli avversari. A questo punto l’Argentina faceva sapere di non avere la disponibilità per proseguire e la trattativa per il cambio comportava un mese e mezzo di stop. Dal 29 novembre 2014, si riprendeva il 15 gennaio 2015, con Parigi nuova sede, dove Djelkhir dà il segnale della riscossa, battendo nettamente De Jesus, al contrario di Mellian che suda sette camicie per superare il grintoso Zhang, scatenato nelle due ultime riprese. Chalabyev netto su Blanco (Ven) mentre Vodopyanov non si presenta contro Njangiru. Nella serata finale sempre a Parigi, la sfida bis, tra Melian e l’ex Thunder Italia, ha visto uno scatenato Djelkhir, prendersi la rivincita e il pass olimpico. Vincitore: Khedafi Djelkhir (Francia) 30 anni. Kg. 60. Almaty e Astana (Kazakistan). Il Kazakistan ha giocato bene la carta Abdrakhmanov,
bronzo ai mondiali 2013, titolare nelle WSB con gli Astana, meglio del mancino russo Polyansky, vice campione d’Europa, bruciato al primo turno dall’uzbeko Tojibaev, 24 anni, che si è fatto le ossa nelle WSB con i Baku Fires dell’Azerbajan, arrivato in finale, battendo pure Bril (Ger) e Suarez (Fil), alla sfida col kazako da imbattuto. Match equilibrato (78-75, 77-75, 77-75) tra due atleti dalla boxe speculare (attendisti) dove il fattore casa ha fatto la differenza. Sotto le attese il nostro Valentino, battuto da Suarez, Joyce (Irl) e Polyansky, vincitore senza acuti di Bril che nel finale lo ha pure messo in difficoltà. Deludente il brasiliano Conceicao, argento iridato, battuto dai due finalisti, impegnato nell’ultimo match dal filippino Suarez più del previsto. Vincitore: Berik Abdrakhmanov (Kazakistan) 28 anni. Kg. 64. Novisibirsk (Russia). Sul ring siberiano, dopo Aloian, la Russia ottiene il pass anche con Zakaryan, europeo in carica, bocciato ai mondiali di Almaty (Kaz), promosso ai Giochi 2016, col minimo della fatica. Batte il modesto ucraino Kyslytsyn, il tedesco-armeno Harutyunyan, 24 anni, bronzo europeo,
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A sinistra Egorov che festaggia la vittoria insieme al suo angolo; a destra, una fase del match tra Russo ed Egorov.
al secondo turno, mentre nel terzo, neppure combatte, per il forfait di Romero (Mes). Arriva al quarto esame e ritrova il krukko, bravo a spuntarla su Georgiev (Bul) e Chadi (Alg) dopo aspra lotta. La finale sorride ancora al pugile di casa che distanzia (78-74) il rivale e acciuffa la carta olimpica. Categoria modesta, con pugili di secondo piano quali Georgiev, 31 anni, Romero (Mes), Aquino (Arg), oltre a Kyslytsyn, un successo per l’assenza di Georgiev. Vincitore: Armen Zakaryan (Russia) 24 anni. Kg. 69. Doveva essere il trionfo di Marcos Nader, professionista (18+1-1=) austriaco di riporto, nato nelle isole Baleari, tanto che venne proposta la sede di Vienna, poi tramontata ed è stata una fortuna per la capitale del valzer, visto il naufragio di Nader, finito ko al debutto contro il keniano Okwiri, partito come collaudatore, dimostratosi un guastatore. I welter hanno trovato sede a Baku in Azerbajan, in aggiunta ai supermassimi e per la verità la nazione ospitante non è stata certo fortunata. Nei welter ha fatto bingo il
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turco Sipal, partito al meglio superando il forte tedesco Marutjanm bronzo iridato 2013, dove aveva battuto nettamente il turco. Stavolta è accaduto il contrario ed è iniziata la marcia inarrestabile di Onur che in passato pur titolare della categoria non aveva mai raccolto podi importanti. Dopo il tedesco, si è imposto su Okwiri, Lazarev (Ucr) ripetendosi in finale contro il keniano, che comunque si è difeso alla grande, mettendo alle strette nel quarto e settimo round il turco. A proposito di Okwiri ha messo ko il russo Zamkovoy, bronzo olimpico, da anni ai vertici mondiali, che partiva da favorito. Anche nei 69 kg. troppi pugili in fase calante. Vincitore: Onur Sipal (Turchia) 25 anni. Kg. 75. A Istanbul il secondo centro turco. Atteso e arrivato grazie a Kilicci, vecchia volpe del ring, bronzo ai mondiali di Chicago nel 2007, argento al Mediterraneo nel 2009 e l’ultimo podio agli europei di Ankara nel 2011. Il quadrato di casa ha fatto il miracolo, come dimostra il poker vincente. Adem supera il modesto Abakad (Kenya), il quotato Chebotarev, bronzo mondiale 2013 ed europeo 2010 a Mosca, l’egiziano Abdin e nella gara che conta, si ripete contro il russo in modo chiaro sugli otto round. Tra i presenti, risultati alterni per Juratoni (Rom) sconfitto da Mitrofanov (Ucr) sul filo del punto, sul francese Tavares che nella riprova capovolge il risultato, confermandosi pugile dal rendimento alterno. Sul livello atteso Mitrofanov (3+1-) che ha sfiorato la finale. Delgado (Ecu), Abdin (Egi), Abakab (Ken) in tre hanno raccolto tre vittorie, contro sette sconfitte. Nessun commento. Vincitore: Adem Kilicci (Turchia) 28 anni. Kg. 81. Buona presenza di pubblico alla Universaida Hall di Sofia in Bulgaria, nonostante le scarse possibilità del locale Genov, 33 anni, professionista (7+) di medio livello, antico argento europeo nel 2006 tra i welter, battuto dalla meteora russa Balanov. Ha vinto il non favorito Rouzbaham, bandiera iraniana, non uno sprovveduto, ma non certo quotato come l’irlandese Ward, il russo Ivanov, il francese Bouderlique e il kazako Nyazymbetov tutti a vario titolo medagliati. Una categoria con i controfiocchi, che si sono eliminati a vicenda, quando l’equilibrio è la costante. Ivanov il russo campione europeo in carica, parte bene battendo Ward, ex pugile prodigio, si ripete con-
tro l’iraniano, ma perde a sorpresa da St. Pierre (Mauritius) che ha sostituito l’algerino Benchabla. Parte alla grande anche Bouderlique il mancino francese, prima a spese di Nyazymbetov, doppio argento a Londra e Almaty, che dopo la sconfitta si ritira dal torneo e poi del mauritiano, che a sua volta compie il miracolo di battere un Ivanov apatico. Recupera anche Ward, che vince su Mamazulonov (Uzb), Michel (Ger) e sfiora la finale, che guadagna St. Pierre assieme a Rouzbaham, anche se il ranking gli sono davanti il francese e il russo. Misteri AIBA, visto che il match che conta lo disputano i numeri 3 (St. Pierre) e 4 (Rouzbaham), mentre Bouderlique spedisce ko Ivanov al sesto round, a completamento della categoria più combattuta. Vincitore: Ehsan Rouzbaham (Iran) 26 anni. Kg. 91. L’unico torneo itinerante, da Roma a Bergamo, da Caserta a Catania, toccando tutta la penisola. Clemente Russo ha provato in tutti i modi, ma ha trovato nel più giovane ed esplosivo Egorov, europeo 2013 a Minsk (Bie) un pugile non più bravo, ma più forte nell’imporre un ritmo proibitivo per l’italiano. Clemente non ha deluso, questo va detto, ma ha denunciato la difficoltà a raggiungere una forma ottimale in tempi brevi. I 32 anni non possono essere ignorati, ricordando che è in attività da oltre un decennio sempre ad altissimo livello. I miracoli non sono facili da realizzare. Russo è impegnato su molti fronti, la sua figura è la più popolare a livello internazionale, lavora in tv, fa l’attore e scrive libri. Pensare che questo non pesi è utopistico, anche se ha sfiorato l’ennesima impresa. Una battaglia perduta, non la guerra. Come ha detto lui stesso: “Rispetto il parere dei giudici, anche se nella finale di Catania stavo decisamente meglio. Sono consapevole di aver sofferto il ritmo infernale di Egorov, che è al top della condizione. Non ha fantasia ma colpisce da ogni parte, è migliorato anche tecnicamente. Ugualmente non mi arrendo e ci proverò fin dal prossimo torneo, dove spero di poter dare di più. Intendo fermamente guadagnare la quarta opportunità olimpica, un record a cui tengo molto”. Gli altri concorrenti sono rimasti una linea sotto, compresi l’algerino Boulodinats e il kazako Pinchuk, il primo battuto da Egorov nettamente e l’altro da Russo, mentre hanno superato
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rispettivamente Golovashchenko (Ucr) e Charles l’americano inguardabile, l’argentino Peralta e il tedesco Ahmatovic. Nella serata conclusiva il kazako ribatte il tedesco e l’algerino replica con l’ucraino. Vincitore: Alex Egorov (Russia) 23 anni. Kg. +91. La partenza ad handicap dell’azero-russo Medzhidov, impossibilitato a combattere per un guaio alla spalla nel primo turno, ha condizionato il torneo. Il doppio campione mondiale (2011-2013) entrato alla seconda giornata, ha battuto i facili Verveyko (Ucr) e Samir (Egi) sostituto di Ghiglioni (Arg). Avanza il tedesco Pfeifer, origini russe, ai danni di Samir, Yoka il francese che conferma pregi e difetti, visto che supera Omarov (Rus), dopo tre sconfitte, ma inciampa sul marocchino Arajaoui, che arriva alla finale, grazie a tre vittorie (Verveyko, Nistor gli altri due battuti). A sua volta Omarov, i cui limiti sono noti, ingiustamente europeo nel 2011 ad Ankara a spese di Cammarelle, nell’ultimo turno si è preso la rivincita su Medzhidov con un verdetto a dir poco sorprendente. Dopo sei riprese confuse con più abbracci che pugni, i giudici segnano un 2-1 per il russo ufficiale, grazie a due 57-57, mentre il terzo vede 58-56 per “Med”. Il match, che assegna il pass olimpico, va al tedesco Pfeifer, ai danni di Arajaoui (Mar) dopo otto round di netta prevalenza per Erick. Annullati due confronti per il forfait di Verveyko (Ucr) con Samir (Egi) e di Yoka (Fra) con Nistor (Rom). Vincitore: Erick Pfeifer (Germania) 27 anni. La Russia, partita con 10 pugili ha raccolto 3 promozioni, percentualmente meno del previsto, meglio la Turchia con due pass, mentre uno a testa lo hanno conquistato Francia, Kazakistan, Germania, Cina e Iran. Torneo che ha raccolto l’adesione di 29 nazioni, ma il livello medio non può certo indicarsi come alto. Precisando che solo cinque nazioni hanno iscritto almeno cinque pugili, sei con tre compresa l’Italia, tutte le altre 18 solo con uno o due. Resta il fatto di una grande difficoltà organizzativa e ancor più televisiva. L’Italia ha compiuto un miracolo trovando sempre l’emittente per tutte e quattro le giornate, mentre altre nazioni non hanno ottenuto lo stesso riscontro. ..............
L A B O X E A L L’ U N I V E R S I TÀ
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L A B OX E D I V E N TA M AT E R I A DI STUDIO Firmato Protocollo d’ Intesa tra Università Tor Vergata e FPI di Tommaso Gregorio Cavallaro ph FPI
ROMA,
12 gennaio 2015 - Attivo già dall’anno accademico 2011/2012, il Corso “Avviamento al Pugilato”, istituito all’interno dell’Insegnamento degli Sport da Combattimento del Corso di Laurea Triennale di Scienze Motorie, si “è laureato” a pieni voti e, dopo una fase sperimentale, grazie all’impegno del Dott. Luigi Terzino, è diventato una delle realtà più consolidate della nota università romana. Per questo e per promuovere e sviluppare iniziative di collaborazione scientifica in ambito sportivo, la FPI ha accolto con grande entusiasmo la possibilità di poter contribuire a migliorare la formazione degli studenti, offrendo varie prospettive di lavoro future, dall’ambito manageriale a quello tecnico. Un legame dunque importante che è stato ufficializzato dentro l’Aula Fleming dell’Università di Roma Tor Vergata, dove il Coordinatore del Corso di Laurea in Scienze Motorie Prof. Antonio Lombardo ed il Presidente della Federazione Pugilistica Italiana Dott. Alberto Brasca hanno firmato un protocollo d’intesa valido per il prossimo quadriennio. “Ringrazio il Presidente FPI, Alberto Brasca” queste le parole del Prof. Lombardo “Per aver prontamente aderito alla nostra richiesta di una cooperazione attiva. Noi, come Ateneo, siamo da sempre stati interessati a portare avanti progetti di ricerca, aventi come centro lo sport e in particolare il Pugilato. La Noble Art, infatti, ha radici storiche così profonde da perdersi nella notte dei tempi, visto che fu il terzo sport ad entrare nel programma delle Olimpiadi Antiche. Non solo il Pugilato, ma anche la stessa FPI ha una grandissima storia da raccontare. Nel 1916 infatti festeggerà i suoi 100 anni e noi vogliamo essere al suo fianco. Lombardo ha anche annunciato l’ormai prossima apertura del CUS di
Tor Vergata. “Sono io” così si è espresso Brasca “che devo ringraziare l’Università di Tor Vergata per aver pensato al nostro sport come materia d’insegnamento per i giovani. Questo dimostra quanto il Pugilato sia importante dal punto di vista formativo non solo fisico ma anche culturale. Una cosa che avevamo notato anche dall’enorme numero di partecipanti ai Campionati Universitari. L’anno scorso, ad esempio, ben 25 CUS hanno mandato atleti a cimentarsi sul ring della passata edizione”. Il corso, del resto, svolto tra le aule di Tor Vergata e la palestra Flaminio Boxe, fino ad oggi ha avuto molte adesioni ed il numero dei partecipanti non è mai sceso sotto le 50 unità. Un ottimo risultato che va ad avvalorare gli interventi fino ad oggi realizzati dalla Federazione, grazie ai suoi Comitati Regionali, in ambito universitario, come l’ultimo presso l’Università degli Studi di Catanzaro. Un trascorso di rilievo che ha visto all’opera, tra gli altri, il Prof. Massimo Scioti, Consigliere Federale e Coordinatore del Settore Tecnici Sportivi FPI, che ha focalizzato il suo intervento sulle valenze educative dello Sport con riferimento al Pugilato. Sull’importanza dell’attività motoria e del benessere psico-fisico che ne deriva, la Federazione insieme al suo Main Sponsor Energetic Source, ha lanciato anche la Campagna virale “Forza, Passione, Energia - #noisiamoenergia”, un messaggio che trova la sua identità nel video “Noi Siamo Energia”, prodotto da Factotum Art. A presentare l’iniziativa sono stati il Direttore Public Affairs, Comunicazione & Marketing di Energetic Source Roberto Minerdo ed il Producer e Presidente di Factotum Art Antonio Giampaolo. Dal valore dei guantoni, rivisitati in chiave cinematografica, all’esperienza
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diretta di un grande pluricampione, il tre volte medagliato olimpico Roberto Cammarelle, che ha dato il via ufficiale alla collaborazione tra Tor Vergata e FPI salendo in cattedra per rispondere alle numerossissime domande rivoltagli dai tantissimi studenti presenti al seminario. Il primo gong di un percorso che porterà alla realizzazione di progetti di studio, seminari e interventi specifici con la partecipazione attiva della Federazione che metterà a disposizione anche il Centro Tecnico Nazionale di Santa Maria degli Angeli ad Assisi, la Casa del Pugilato Italiano. ............. Sotto, una panoramica della conferenza; I f irmatari del protocollo d’intesa tra l’Università di Tor Vergata e Fpi.
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B O X E I TA L I A N A I N L U T T O
U M B E RT O C AV I N I La perdita di un grande protagonista, storico presidente della Boxe Grossetana e organizzatore di Alfredo Bruno L A S C O M PA R S A
di Umberto Cavini purtroppo non è giunta inattesa, era nell’aria, perchè da tempo l’imprenditore-organizzatore aveva problemi al cuore, ma nonostante ciò rimane difficile credere che non ci sia più, lui che è stato per più di trent’anni grande protagonista del nostro sport. In questi frangenti i ricordi si accavallano come flashes e ci sembra ancora vicino a noi addetti al lavoro, giornalisti o “giornalai” come si divertiva a chiamarci con quello spirito arguto tra il serio e il faceto. Aveva compiuto i 67 anni l’ 8 dicembre del 2014, ma la sua presenza che prima era costante da protagonista si era rarefatta, anche se in qualche occasione faceva capolino non più con la grinta battagliera di un tempo. Tra la boxe e Umberto l’unione è stata d’oro iniziando da giovane pugile dentro la gloriosa Grossetana dove insegnava Altidoro Polidori, uno dei più grandi campioni maremmani. Poi il sor Umberto da fabbro si era fatto largo nel mondo dell’imprenditoria diventando proprietario di una fabbrica. Nel 1980 la Boxe Grossetana rischiava di chiudere, ma niente paura perchè Cavini prese in mano la situazione diventando presidente della Società. Un amore con la boxe a tutto tondo diventando anche organizzatore, un amore trasmesso alla consorte Rosanna Cavini, che giovanissima divenne promoter mettendo in luce doti non comuni. Conti Cavini divenne un binomio inscindibile, il braccio e la mente. La praticità incisiva e a volte inflessibile di Umberto trovava in Rosanna il fiore all’occhiello per inquadrature estetiche impensabili per la nostra boxe. Niente era improvvisato per quello che diventava automaticamente la garanzia di un successo. Umberto aveva imparato l’arte collaborando con gente del calibro di Rodolfo Sabbatini e
Rocco Agostino. Le riunioni dapprima a carattere dilettantistico man mano s’infittivano con quelle professionistiche: per Umberto e Rosanna i pugili, dal dilettante al professionista, dal bravo al meno bravo, erano tutti uguali e potevano contare su di loro. Man mano si formavano campioni che prendevano il posto di Efrem Calamati, che era diventato all’epoca campione d’Europa. Ecco apparire Alessandro Scapecchi, il professore, con la sua boxe fatta di fioretto. La colonia dei Conti Cavini si allargava a macchia d’olio, molti pugili ne facevano parte consapevoli che in qualche modo Umberto avrebbe trovato la possibilità di battersi prima o poi per un titolo. Si parla di circa 400 riunioni organizzate. Anche pugili famosi trovarono in loro una valorizzazione che rischiava di perdersi in una situazione non certo rosea per il nostro professionismo: Gianluca Branco e Yawe Davis sembrano aprire una pista dove diventeranno protagonisti altri atleti come Luigi Castiglione Michele Di Rocco, Salvatore Battaglia, Emanuele Grilli, Alberto Servidei, Massimo Morra, Giovanni Niro, Luca Maggio...tanto per fare alcuni nomi. Titoli italiani a grappoli, titoli internazionali idem, e addirittura un mondiale doc a Grosseto nel 1990 tra l’ americano Jackie Beard e il sudafricano Brian Mitchell. Umberto nonostante avesse nella sua ala un gran numero di professionisti non sapeva dire di no a chi voleva entrare nel suo gruppo, un’ ancora di salvezza per provarci. In qualche modo anche la boxe femminile professionistica grazie a lui e a Rosanna ha avuto la sua chance prima con Maria Rosa Tabbuso, che arrivò a battersi per il titolo mondiale con Stefania Bianchini, poi con Emanuela Pantani diventata campionessa europea e mondiale. Fino a qualche
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anno fa molti altri hanno combattuto con i loro inconfondibili colori bianco e rosso: sempre per fare qualche nome potremmo citare Domenico Urbano, Sven Paris, Giammario Grassellini, Adriano Nicchi, Francesco Versaci, Andrea Di Luisa, Antonio De Vitis per arrivare scavalcando una sorta di elenco telefonico fino ai giorni nostri con Benoit Manno, Angelo Ardito, Floriano Pagliara, Nicola Cipolletta. Un’ attività incredibile quella dei Conti Cavini che man mano si è andata affievolendo per cause molteplici, prima fra tutte una salute non più stabile e una situazione economica che li costringeva a muoversi con prudenza. Il presidente Alberto Brasca Brasca così lo ricorda “Umberto Cavini è stato un grande protagonista del pugilato italiano. La sua immagine è e resta un’icona della boxe professionistica, in Italia e in Europa. Burbero, coriaceo, appassionato amava il suo lavoro e la boxe era parte integrante della sua vita. Non conosceva ostacoli di fronte alle difficoltà. Solo una malattia grave e feroce l’ha prima piegato e poi fermato definitivamente. Resta il patrimonio indelebile del suo lavoro prezioso che ha consentito a tanti ragazzi di salire sul ring da protagonisti e di diventare talvolta campioni, sempre uomini veri. Riposa in pace Umberto. Un abbraccio forte a Rosanna che gli è stata vicina con amore sino all’ultimo, a Monia, a tutti i suoi familiari e ai tanti amici comuni. Nel suo ricordo Il pugilato italiano ammaina le sue bandiere.” ..............
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Colonna a sinistra Umberto Cavini in Comune a Grosseto per la premizione alla campionessa Emanuela Pantani; sotto Cavini sul ring nel momento dell’inno prima del match Nicchi / Di Fiore. Colonna a destra Umberto Cavini e la moglie Rosanna con l’allora consigliere federale Marcello Stella. I coniugi Cavini con l’attore Lello Arena. Umberto in compagnia del dottor Mario Ireneo Sturla.
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B OX E I N A RT E
1 0 0 A N N I D I P U G I L AT O I TA L I A N O
L A B O X E N E L L’ A R T E S E C O N D O VO I Parlami di pugilato e di come nasce questa tua opera sulla boxe Abbiamo chiesto agli artisti di raccontarci come è nata una loro opera sul pugilato. Sentiamo Renata, di Cantalupo in Sabina - Rieti di Roberto Savi ph Renata Romagnoli
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“IL TUTTO è nato partecipando per caso ad un evento in piazza nel quartiere romano della Garbatella nell’agosto 2007, con l’idea di una foto semplicemente sportiva. Ma lì, sul posto, la paura disegnata sul volto dei pugili, quella voglia di vincere, la grinta, l’ansia, la tensione, quei movimenti vicini a una danza, quegli sguardi unici a volte persi nel vuoto, la tristezza dopo una sconfitta e la rilassatezza dopo l’incontro avevano impresso l’anima più della pellicola. Questa foto l’ho scattata al mio 2° incontro di professionisti. Il primo fu a Fiumicino dove mi portarono con loro i miei due mentori, Italo Mattioli e Luigi Ascani, maestri della Team boxe XI, palestra da cui ho iniziato il mio lavoro fotografico, che ormai mi avevano “adottata”. Il secondo era a Roma al Lagrange, zona tiburtina, riuscii a farmi fare l’accredito per la prima volta da sola. Non ero ancora entrata con disinvoltura in questo mondo, non conoscevo i pugili, neanche quelli che combattevano quella sera. C’erano due match professionistici, Carlo de Novellis vs Stefano Loriga e il titolo italiano pesi leggeri tra Simone Califano e Pasquale di Silvio. Andavo sempre in giro con una contax 139 e una yashica fx di modo che su un corpo macchina avessi un 28 e sull’altra alternavo un 50 a un 70-200, ancora non sapevo quanto potevo osare avvicinarmi al ring, dove dovevo stare, ma ricordo che mi attaccai alla corde per scattare quella foto, avevo il 50 mm. Quello con Pasquale fu un “amore fotografico a prima vista”, il suo viso era cosi espressivo e diverso ad ogni round. Quella sera scattai altri ritratti a Pasquale, in ogni foto sembra esser una persona diversa. Gioia, dolore, fatica, vita, morte, successo, fallimento... tutta la vita è rappresentata nei sui occhi.”
Renata Romagnoli si avvicina alla fotografia nel 2004, frequentando i corsi di fotografia reflex presso l’UPTER di Roma tenuti da Donatella Castiglioni Humani. Da dicembre 2006 a marzo 2007 è allieva del corso di reportage tenuto da Dario de Dominicis presso Officine Fotografiche di Roma. Selezione di mostre collettive e personali: collettiva del gruppo Phos a Cetona sul tema “acqua” (2005); collettiva Gli anziani senza amore muoiono presso la Comunità di Sant’Egidio di Roma (2005); collettiva Momenti senza età, Officine fotografiche - Roma (2006); I colori della follia (personale), Officine fotografiche - Roma (2007) e Libreria Farhenheit 451 - Roma (2007); collettiva del gruppo Phos sul tema “Corviale” Libreria Farhenheit 451 - Roma (2007); collettiva itinerante del gruppo Phos “Roma città aperta”; evento presentazione documentario e mostra fotografica insieme a Daniele Testa “In libertà – storie di corpi che resistono” –ESC Roma;Sakouli, dov’è andato il cielo,l’arte a sostegno di FITIL (mostra collettiva/asta di beneficienza), Galleria Sala 1 – Roma (2008); menzione al Sony World Photography Awards 2009;Fotoleggendo 2009 – In the mood for boxe.; Sonja Mirabelli - una storia di boxe a OcchiRossi festival (Roma- 2010); Darkroomproject – Muro Leccese, collettiva (2011 e 2012); Sedici corde, personale presso WSP Photography (Roma 2012). Collabora dal 2009 con Boxenet.it e con Boxering (mensile). Ha collaborato con Agenzia Otn dal 2010 al 2011. Ha collaborato con Gazzetta dello Sport (20122013). Alcuni dei reportage: 2006 “Acquarello italiano” la vittoria deIl’Italia ai mondiali del 2006 vista con gli occhi dei romani; 2007 “Il sole non puo’ essere nero” , lavoro sui centri anziani romani ; 2009 “Emanuele Della Rosa” – pubblicato su “Gioia” – il pugile fornaio; 2010 – A day with Massimo Bottura – a Cibus 2010 – Fiera di Parma , come un grande chef crea pietanze deliziose al di fuori della sua cucina; 2011 – back to happy days – un lavoro sul ritorno agli anni 50, la storia una dj, una barberia e tanti personaggi che vivono sullo stile di quegli anni , pubblicato sulla rivista “A”; 2013 –Eliminazione degli imperfetti - campagna Cobas
Renata Romagnoli : Autoritratto (a sinistra) A destra Di Silvio-Il puma all’angolo, 2008 Stampa ai Sali d’argento su carta baritata realizzata da Renata Romagnoli 22-02-08 Roma \ Lagrange Coppa Italia Professionisti, categoria leggeri , Simone Califano vs Pasquale Di Silvio
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M E S S I C O T E R R A D I G R A N D I CA M P I O N I
N AC H O B E R I S TA I N L’uomo dei 37 mondiali. In visita al Gimnasio Romanza di Corrado Beldì
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muoviamo di prima mattina ma il taxi ci mette quasi cinquanta minuti per arrivare dal centro fino al quartiere di Iztacalco. Potremmo chiamarla periferia, ma è difficile capire quanto è periferico questo sobborgo di Città del Messico, solo case basse e palazzine anni cinquanta, in una metropoli brulicante di vita e tradizioni che ha ormai superato i 20 milioni di abitanti. Non siamo solo nel paese simbolo della cultura precolombiana, nella patria della tequila, del mezcal e della musica mariachi, nella terra dei rivoluzionari,
di Octavio Paz e dei grandi pittori di murales, Rivera, Orozco, Siqueiros: per chi ama il pugilato, il Messico è un paese di enorme tradizione, secondo solo agli Stati Uniti, terra di grandi campioni come Ricardo “El Finito” Lopez, formidabile peso paglia degli anni Novanta, ritiratosi imbattuto come Rocky Marciano, anzi con una vittoria in più o Julio Cesar Chavez, da molti considerato il miglior pugile messicano di sempre, sei volte campione del mondo con 107 vittorie delle quali 86 per knock-out. Ogni paese ha la sua fucina di campioni e per il Messico il miglior fabbro è senza dubbio Ignacio “Nacho” Beristáin, forse il più grande allenatore della sto-
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ria dopo Angelo Dundee, 37 mondiali vinti con pugili usciti dal suo Gimnasio Romanza, una palestra che abbiamo sentito citare mille volte e che non ci aspetteremmo di trovare in una via come questa, quasi deserta, con pochi negozi, un venditore di tacos e un baracchino di succhi di frutta all’angolo che attira la nostra attenzione verso un garage: stanno cambiando la gomma a una vecchia Mustang e proprio dietro al meccanico, molto serio e indaffarato, leggiamo sul muro una scritta azzurra. Allora capiamo che siamo arrivati. C’è una scala anonima, due rampe strette e in cima al pianerottolo notiamo subito il poster dell’ultimo fuoriclasse della palestra e idolo della nazione: Juan Manuel “Dinamita” Marquez, l’uomo che al quarto incontro con Manny Pacquiao, l’ha atterrato alla sesta ripresa con un destro micidiale, facendo sobbalzare i fan di mezzo mondo. La palestra ha due stanze piuttosto piccole: una con gli specchi per la ginnastica, l’altra con tre sacos, quattro peras e un pungiball e un ring piuttosto piccolo. In mezzo ci sono gli spogliatoi e un ufficio poco più grande di una cabina telefonica, con una parete di vetro e tante fotografie attaccate a ogni centimetro libero. Viene da chiedersi: è davvero questa la palestra dei campioni? Non sappiamo ancora che il segreto di tanto successo sta nella semplicità di queste ruvide mura e nel sudore che ogni giorno, da tanti anni, cade su questo piccolo pavimento. Ignacio ci accoglie con una gentilezza quasi commovente: settantacinque anni, di statura media con i baffetti e gli occhiali, siede su una scrivania stretta e parla lentamente, spesso con un sorriso. Lo sguardo corre spesso oltre il vetro: tiene d’occhio ogni cosa, assimila gli errori, ricorda il passato, indica cosa cor-
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reggere, immagina il futuro di chiunque varchi l’ingresso del Gimnasio. “Questa palestra è nata nel 1992, prima allenavo altrove. Romanza nasce dai nomi di due grandi campioni, due allievi che ho portato a vincere il mondiale: Gilberto Román e Daniel Zaragoza”. Ci alziamo e andiamo insieme dietro il ring, dove svetta una grande bandiera messicana e la foto di Román, morto tragicamente nel 1990 in un incidente automobilistico quando ancora avrebbe potuto scrivere pagine importanti di una carriera luminosa che lo ha portato a vincere due volte il mondiale dei superpiuma. “Vedi la candela? Resta sempre accesa. Giorno e notte. Román è stato un grande campione, è sempre nel mio cuore e non potrò mai dimenticarlo”. Ancora oggi gli appassionati di boxe discutono su chi è stato, tra lui e Cha-
di fare la mia firma su un foglio di carta e poi se l’è tatuata: questo è proprio matto!” Mario ride e torna ad allenarsi. Ha una
palestra che ha sfornato così tanti campioni. “Il lavoro. Il lavoro duro. Mia nonna mi ha insegnato a non risparmiarmi mai. Diceva sempre: se per raggiungere un risultato ti basta un’ora di lavoro, cerca di lavorare sempre almeno tre ore e vedrai che quel lavoro verrà molto meglio”. Juan Manuel Marquez è esattamente il modello di pugile simbolo del sacrificio, un esempio per tutto il movimento. “Con lui il problema è esattamente l’opposto: si sacrifica troppo, non vuole riposarsi mai, lavora senza tregua”. Gli chiediamo quali saranno i prossimi incontri per Marquez: ci sarà una quinta sfida con Pacquiao? Ci sarà la rivincita con Mayweather? “A febbraio voliamo a Londra per discutere il possibile incontro con il campione IBF in carica dei pesi welter:
...“Daniel è stato il miglior peso gallo che io abbia mai allenato. Di scarsa potenza: tutto tecnica e schivate. Ma un jab formidabile. Sempre pronto a pungere. Non per niente, ha vinto 28 incontri per KO”... vez il pugile con la miglior tecnica nella storia messicana. Gli chiediamo allora di Daniel Zaragoza, “El Bulldog de Tacubaya”, un pugile inconfondibile: stempiato, spalle larghe e grande incassatore. “Daniel è stato il miglior peso gallo che io abbia mai allenato. Ciò che mi colpiva era la sua scarsa potenza: tutto tecnica e schivate. Aveva un jab formidabile. Sempre pronto a pungere. Non per niente, se guardiamo le statistiche, in carriera ha vinto 28 incontri per KO”. Beristáin fa un segno oltre il vetro e chiama in ufficio un ragazzo: si chiama Mario Robles, è un massimo di diciannove anni, per ora dilettante ma di grandi speranze. Appena entra gli chiede di togliersi il guantone sinistro e di sollevare la manica. Lo aiuto. “Vedi, la scorsa settimana mi ha chiesto
bella struttura. Oskar, l’allenatore in seconda chiamato da tutti Tin Tán, lo fa lavorare sul gancio basso. “Il Messico non ha mai avuto pugili di grande stazza, ma un giorno sono certo che vinceremo un mondiale anche nei massimi”. Non manca una parentesi italiana, il ricordo di un viaggio nella penisola, le bellezze, i ristoranti e l’incontro con Umberto Branchini. “Arrivai a Milano con Zaragoza per combattere contro Valerio Nati. Ricordo ancora il viaggio in treno fino a Forlì, dove si svolse l’incontro. Era il 1988, alla fine di novembre e c’era neve dappertutto. Poi andammo a Roma e Branchini mi fece vedere la città, di giorno e di notte: non lo dimenticherò mai”. Gli chiediamo qual è il segreto di una
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Kell Brook, un inglese molto forte e imbattuto. Marquez può batterlo, ma dovrà usare tutti i suoi colpi. Speriamo di combattere a Las Vegas e non a Londra, come vorrebbero loro. Ad ogni modo, se proprio dovremo combattere in casa sua, andremo a Londra e vinceremo”. Beristáin guarda oltre il vetro verso una ragazza che sta facendo sparring. Si blocca e fa un cenno a Tin Tán: “Non fa movimento laterale. Vedi? Così non può difendersi dai colpi di incontro”. Poi ricomincia a raccontare. “Credo che Marquez debba cercare avversari che sono nel suo range di peso: se pesi 139 libbre non puoi combattere contro Pacquiao che ne pesa 147 o contro Mayweather che arriva a 150. Certo, puoi provarci: la vittoria con Pacquiao è stata fantastica, ma l’incontro era sbi-
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lanciato fin dal principio”. Per un attimo siamo distratti da un’immagine sul muro: è la locandina del giorno in cui Beristáin è stato accolto nella International Boxing Hall of Fame, insieme a Mike Tyson, Julio Cesar Chavez e Sylvester Stallone. Ci viene naturale chiedergli chi avrebbe voluto allenare tra i grandi campioni della storia. “Ci credi? Non ho mai avuto di questi sogni: mi è sempre piaciuto lavorare per costruire la tecnica di un pugile poco a poco, giorno dopo giorno. Come il piccolo Chavez, vedi questo ragazzo?” Solo in quel momento mi accorgo che dietro di me, su uno sgabello, è seduto un ragazzino che ci ascolta in silenzio e forse è qui fin dal mio arrivo. “È forte, ha solo dodici anni ma potrebbe diventare un campione. Deve solo cancellare i difetti che ha preso
invece è arrivato da me imbattuto e se n’è andato ancora imbattuto: ho lavorato solo sui dettagli. Ho tentato poi di aiutare Oscar de la Hoya a battere Pacquiao ma non fu possibile: Pacquiao era troppo forte e Oscar era ormai arrivato all’ultima tappa della sua grande carriera. Peccato”. Gli chiediamo se il pugilato può avere un ruolo politico e sociale, soprattutto in un paese come il Messico dove esistono ancora enormi diseguaglianze. “L’idea che il pugilato si riduca alla storia del povero, che inizia boxare per guadagnare soldi e far vivere bene la sua famiglia, fa ormai parte del passato. Esistono ovviamente casi come questo, ma oggi il pugilato è uno sport molto diffuso, anche tra persone mediamente ricche che scelgono di andare in palestra semplicemente perché vogliono migliorare il proprio benessere fisico.
la strada, li ascolto e ormai vedo una grande consapevolezza sul fatto che Juan Manuel, per la sua tecnica e per il suo modo di combattere, è arrivato a eguagliare Chavez. Credo che entrambi resteranno nella storia della boxe e nei cuori di tutti i messicani. Allo stesso livello, con la stessa importanza”. Ignacio Beristáin ha settantacinque anni e una vita di successi alle spalle. Guardare avanti è inevitabile: quali sogni vorrebbe realizzare in futuro? “Ho coronato tutti i sogni che avevo: ho fondato una palestra di successo, ho lavorato con pugili che ho preso da bambini e cresciuto fino a farli diventare adulti e poi uomini. Molti di loro sono diventati campioni del mondo. Forse l’ultimo sogno rimane quello di tornare ad allenare la squadra olimpica: le emozioni più forti le ho provate proprio quando allenavo la nazionale. Alle
“...il lavoro, il lavoro duro.... mia nonna mi ha insegnato a non risparmiarmi mai. Diceva sempre: ...Se per raggiungere un risultato ti basta un’ora di lavoro, cerca di lavorare sempre almeno tre ore e vedrai che quel lavoro verrà molto meglio...” dal padre, che era un buon pugile, ma non certo un trainer. Bisogna lavorare di cesello, ogni giorno, con pazienza. Correggere, potenziare, far uscire il talento”. Beristáin fa un cenno e il ragazzino esce e comincia a mettersi le fasce. “Certo, ho avuto sempre una grande ammirazione per Mohammed Alì. Chi non avrebbe voluto allenarlo? È sempre stato un mio eroe. Tuttavia, lavorare con pugili già formati è molto difficile: solo in due casi sono riuscito a combinare qualcosa, con Gonzalez e con Lopez. Con Humberto “Chiquita” González abbiamo vinto un altro mondiale ed è stata una bella soddisfazione perché era il suo terzo titolo nella stessa categoria (come Mohammed Alì, Evander Holyfield e Sugar Ray Robinson, N.d.R.). Ricardo Lopez
Star bene è importante, ma in fin dei conti non ha nulla a che fare né con la politica né con la morale delle persone”. Abbiamo letto decine di articoli che parlano di un possibile trasloco del Gimnasio Romanza in una nuova sede. “Assolutamente no! Non c’è nulla di vero: sono voci che sono state diffuse da qualcuno che voleva abbattere questo edificio per costruire una palazzina con una decina di appartamenti, lasciando alla palestra uno spazio sul tetto. Per fortuna ci sono state molte lamentele e una raccolta di firme e siamo riusciti a fermare il progetto. Da qui non ce ne andiamo”. Torniamo per un attimo a Marquez, chiedendogli se ormai, nella storia della boxe messicana, può davvero essere considerato all’altezza di Chavez. “Sento parlare le persone nei bar e per
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Olimpiadi del 1968 a Città del Messico abbiamo vinto due medaglie d’oro (Ricardo Delgado e Antonio Roldán) e due medaglie di bronzo ( Joaquim Rocha e Augustin Zaragoza, fratello di Daniel) e poi ancora un bronzo con Juan Paredes nel 1976 a Montreal. Oggi la squadra è in mano ad allenatori mediocri. Mi piacerebbe tornare ad allenare la Nazionale soprattutto per aiutare il mondo dei dilettanti. Purtroppo ciò non accadrà e devo arrendermi all’evidenza dei fatti: comincio a essere affaticato e non riuscirei ad avere le energie necessarie”. Dagli occhi del grande maestro traspare un misto di gioia, desiderio e nostalgia. In primavera uscirà la sua biografia, chissà se si troverà un editore italiano pronto a pubblicarla. Per ora siamo felici e orgogliosi di aver raccontato,
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seppur in breve, la storia del Gimnasio Romanza e di aver incontrato un uomo così umano e semplice, nella sua grandezza, come Ignacio Beristáin. Per un attimo ci incantiamo a osservare i tanti cimeli di una vita passata a bordo ring: il tempo alla palestra sembra non finire mai e vorremmo star qui un’altra settimana ad aspettare il ritorno di Dinamita Marquez. Arriva un vecchio campione messicano, ora medico in un ospedale del centro: porta alcuni regali, ceramiche e cioccolatini. Beristáin assaggia con gusto e continua a raccontare e a guardarsi intorno, a richiamare, a correggere. Poi scopriamo di essere nati nello stesso giorno e allora mi chiede di tornare l’indomani per l’allenamento delle 7 del mattino, con i ragazzi della palestra. “Preparati: sarà molto duro!” Com’è andata lo racconterò soltanto in privato. Siamo seri: in queste pagine si parla solo di grandi campioni. ..............
In apertura , la palestra “Romanza Gym”, a seguire in cornice la International Boxing Hall of Fame; Qui accanto, la foto di Gilberto Romàn col tricolore messicano. Sotto, Corrado Beldì insieme ad Ignacio Beristàin nel suo uff icio; Ignacio alla sua scrivania; il massimo 19’enne Mario Robles che mostra orgoglioso il tatuaggio della f irma di Beristàin; un allenamento in palestra; ancora l’infaticabile Beristàin che insegna le f igure allo specchio ad un piccolo allievo.
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LA BIOGRAFIA
CLEMENTE RU S S O Uscita la sua autobiografia:“ Non abbiate paura di me” di Adriano Cisternino LO
STILE
È
tro di persone giuste, catturate al volo. Come Laura, la moglie, judoka napoletana, sorella di Pino Maddaloni, l’oro di Sydney, incontrata ai Giochi del Mediterraneo di Almeria, un colpo di fulmine, la sola che lo mette kappaò, Come quando non voleva andare ai mondiali di Almaty per stare accanto alle due gemelline nate premature e Laura, perentoria, gli disse: “Tu vai, e vinci. Alle bambine ci penso io”. E lui andò e vinse. E di ritorno a Fiumicino sbucò dall’aereo con le due bamboline rosa fra le dita. Come quando, insieme, decisero di tornare “a casa” dopo tre anni vissuti nella accogliente Assisi: “Ma la nostra vita è là”, dissero all’unisono. Clemente Russo pugile, e poi marito, padre, star in tv, attore, imprendito-
AGILE,
preciso, un po’ guascone. Leggerlo è come vederlo combattere sul ring. Così Clemente Russo si racconta nella sua (prima?) autobiografia, “Non abbiate paura di me” (ed. Fandango, pag.236, euro 17,50) scritta con il giornalista Boris Sollazzo che ne ha interpretato perfettamente lo spirito ed anche lo scopo. Una sintonia perfetta. E’ la storia di un ragazzo di provincia che si è trovato molto presto a dover scegliere tra legalità e illegalità, con la consapevolezza di doverne pagare il prezzo in entrambi i casi. Lo spiega bene Roberto Saviano nell’intervistaprefazione. Ed ha scelto (non a caso) la legalità, il rispetto, le regole, sotto forma di una palestra di boxe e una divisa,
“...E’ la storia di un ragazzo di provincia che si è trovato molto presto a dover scegliere tra legalità e illegalità, con la consapevolezza di doverne pagare il prezzo in entrambi i casi...” (Roberto Saviano)
quella delle Fiamme Oro. E ne ha pagato il prezzo, fatto di rinunce, sacrifici, sofferenze, ed anche dell’invidia di chi non ha avuto il coraggio di scegliere la strada più difficile. La storia di Clemente è in qualche modo la storia di tanti pugili, di tanti ragazzi che hanno solo questa via per affrancarsi da certi rischi e tentare di farcela: la boxe perchè è economica. All’inizio per dimagrire, poi perchè viene fuori il talento e c’è un bravo maestro (Mimmo Brillantino) che sa tirarlo fuori. Raccontarsi è stato come affrontare un avversario impegnativo. Col conforto di
un amico, Boris Sollazzo, come il maestro all’angolo sul ring. Ed ecco venir fuori, con uno stile essenziale quanto efficace quel Clemente “Tatanka” Russo che, partendo dalle infide stradine di Marcianise, col coraggio di scelte precise, di chi sa dove vuole arrivare, arriva due volte sul tetto del mondo ed altrettante (due argenti) sul podio olimpico, dove però gli manca l’ultimo gradino, l’oro. Ed allora ecco il sogno, anzi “due sogni” spiattellati senza falsi pudori in quarta di copertina “...essere il portabandiera alle Olimpiadi di Rio nel 2016. E poi vincerle”. Malagò ora lo sa. La sua storia passa attraverso l’incon-
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re nella splendida palestra “Tatanka Club”. Racconta e si racconta con uno stile semplice quanto incisivo. E’ il suo stile, di uomo e di pugile, che emerge dalle pagine del libro e conquista ad una lettura d’un fiato, fino ai ringraziamenti finali, a cominciare (naturalmente) da Francesco e Concetta, papà e mamma, che gli hanno insegnato, sin da piccolo, a scegliere la via giusta. ..............
I N T E R V I S TA A . . .
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G I O VA N N I SARCHIOTO L’erede di una grande tradizione di Alfredo Bruno ph Marcello Giulietti G I O VA N N I SARCHIOTO
(+ 44, = 1, - 8), 17 anni, è stato fermato da una discutibile squalifica nella finale degli Europei Youth a Zagabria, ad un passo dall’oro. Ormai combatte tra i kg. 75 e il suo fisico possente dà l’impressione di non volersi fermare. In Italia non trova più avversari, come dimostrano i campionati vinti. Insieme a Lizzi e Arecchia forma l’ossatura di una nazionale che sta cercando di dare una svolta al rinnovamento in atto in vista delle Olimpiadi di Rio. Giovanni è un figlio d’arte e viene da un’incredibile terra che ha dato fior fiore di campioni come Giulio Rinaldi, Renato Tontini, Massimo Bruschini, Nando Spallotta, Nando Onori, Ottavio Barone. La zona Nettuno-Anzio sembra non conoscere confini e sia Giovanni che il fratello Francesco rappresentano un futuro tutto da godere e tutto da scrivere. Il tuo approccio con la boxe ha una tappa d’obbligo... “Diciamo che il pugilato ce l’avevo in casa. Fin da ragazzo mi guardavo le cassette di quando combatteva mio padre. E già allora se qualcuno mi chiedeva che sport volessi fare, la risposta era semplice e ovvia: il pugilato. Mio padre successivamente mi ha accompagnato in una palestra e lì ho cominciato ad allenarmi. Poi la cosa è diventata più seria ed eccomi qua”. Il match più duro? “C’è stato un match durissimo, che però mi ha dato anche grande soddisfazione, ed è stato quello che ho disputato ai mondiali del 2013 contro un cubano. E’ stato un match tremendo e quando terminò ero sfinito e dolorante, ma consapevole della mia bella prova”. Che fai nella vita? “Sono concentrato solo sulla boxe”. Hai altri interessi? “Anche quì dico solo boxe. Oltrettutto adesso abbiamo una palestra nostra, che sta andando bene. Io, mio padre e mio
fratello ci diamo una mano a vicenda”. Cosa ti dà il pugilato? “Tante soddisfazioni, perchè di sacrifici ne fai tanti, ti alleni molto e quando vinci non è come una partita a pallone, perchè è tutto merito tuo, te la sei sudata e ti viene quella gioia particolare di aver dimostrato di essere il migliore. Una cosa solo tua che ti dà la carica per continuare”. Il tuo pugile preferito? “Se penso ai professionisti: Mayweather. Per quanto riguarda il dilettantismo seguo molto i cubani, mi piace la loro scuola”. Il tuo approccio con la nazionale? “Il mio approccio con la Nazionale è avvenuto all’inizio del 2012. Ero in competizione con un pugile toscano, ma venni scelto io. In Nazionale mi trovo molto
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bene, ho la possibilità di confrontarmi con altri giovani e vedo i progressi che faccio di volta in volta”. ..............
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PAU L I E M A L I G N A G G I
PAU L I M A L I G N AG G I I progetti di un italiano d’America dopo il Mondiale di Giuliano Orlando ph Fabio Bozzani \ Basilio Falcinelli
PA U L I Malignaggi il più italiano dei pugili americani di vertice, inattivo pugilisticamente parlando, dall’aprile 2014, non è affatto intenzionato a chiudere la carriera dopo la sconfitta contro Shawn Porter (24-1-1), per il mondiale IBF dei welter. “In verità avevo anche pensato al ritiro, ne avevo parlato con mio padre Nello, quando ho trascorso qualche settimana a Palazzolo Acreide nel siracusano dove risiede, a fine anno, poi la nostalgia del ring ha prevalso, anche se non intendo proseguire per molto. Voglio riprovare il gusto della vittoria e valutare se ho ancora la voglia
“A fine marzo l’inglese Kell Brook (33) difende la cintura IBF welter che ha tolto a Porter, il 16 agosto a Carson (Usa) con un verdetto piuttosto dubbioso, affrontando il romeno Ionut Dan Ion (34-2) sul ring di casa a Belfast, nel Nord Irlanda. Una sfida che potrebbe interessare anche a Showtime, in tal caso sarei impegnato a bordo ring. Al momento mi alleno con buona continuità, nonostante gli impegni di lavoro. Che non sono pochi, a partire dal ristorante di New York, molto attivo che richiede la mia presenza, oltre ad aver investito su immobili a Las Vegas e pure qualcosa nella città dove vivo. Per fortuna, dopo la lunga crisi del settore,
quella mano. Paul è nato a New York nell’80, un anno dopo esserci trasferiti in America dalla Sicilia. Io giocavo al calcio, me la cavavo bene, ho disputato anche un paio di campionati negli USA e pure in Messico, ma se come calciatore funzionavo, in famiglia non era la stessa cosa. Un momento difficile: ci dividemmo, io restai a New York, mia moglie col piccolo Paul rientrarono in Sicilia”. Sperava in un futuro da calciatore anche per il figlio? “Forse, ma gli eventi che seguirono non permisero molte alternative. Mentre io tornavo in Italia, Paul a 6 anni si trasferisce a New York, accolto dai nonni e
“...La boxe mi ha permesso tutto questo, ma occorre vigilare, perché si fa presto a perdere in poco tempo, il frutto di un lungo lavoro....” di rimettermi in gioco per un traguardo importante”. Per dare forza al proposito, è tornato alla “Gleason Gym” a gennaio, per perdere i chili incamerati lungo i mesi in cui ha privilegiato le attività collaterali, non certo meno importanti. “Intanto faccio pratica con Showtime, come supporto tecnico e intervistatore, ruolo che ritengo di poter svolgere abbastanza bene, facilitato dalla conoscenza dello spagnolo e dell’inglese, oltre all’italiano. Potrebbe essere un’attività importante nel mio futuro. Ho 34 anni, non sono più un ragazzino ma neppure un vecchio. Ormai la media in tutti gli sport si è allungata, per cui qualche altra stagione me la potrei permettere, se ne vale la pena”. Sarebbe a dire?
da alcuni mesi il mercato si è risvegliato e devi essere attento a sfruttare il momento buono. La boxe mi ha permesso tutto questo, ma occorre vigilare, perché si fa presto a perdere in poco tempo, il frutto di un lungo lavoro. In particolare, se deleghi agli altri la conduzione dei tuoi interessi. Mio padre vorrebbe che lasciassi perdere l’attività agonistica americana e chiudere la carriera in Italia”. Papà Nello conferma appieno quanto accennato da Pauli. “Non ha bisogno di dimostrare più niente – sostiene il genitore. – è stato campione del mondo in due categorie (superleggeri e welter), nonostante abbia spesso combattuto col solo sinistro, perché la destra l’ha fatto soffrire fin dal tempo dei dilettanti. Non ricordo neppure più quanti interventi ha subito
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dagli zii. Che fosse un ragazzino sveglio non c’erano dubbi, ma il quartiere dove viveva non era come Manhattan. E se la necessità aguzza l’ingegno, esasperava anche l’aggressività del piccolo, per cui il nonno decise di portarlo in palestra, per contenere nei limiti l’esuberanza. Aveva 15 anni, e fu una buona scelta, visto che oltre ad aver vinto diverse volte il Guanto d’Oro, se le scelte fossero state corrette e non politiche, avrebbe meritato la maglia di titolare nel 2000 ai Giochi olimpici di Sydney. Facendo i conti, sono ormai quindici anni che Paul tira pugni, e sarebbe anche il momento di porsi un limite. Vuol chiudere alla grande e lo capisco. Viene in Italia, inizialmente risiede a Palazzolo Acreide, dove gestisco con la mia compagna una bellissima palestra dotata di tutte le
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strutture, inizia la preparazione per arrivare a disputare l’europeo welter da italiano, visto che ha il doppio passaporto. Salvatore Cherchi ha sempre detto di essere pronto ad accoglierlo e fare il possibile per trovare la soluzione presso l’EBU, per definire tutte le pratiche necessarie. Sarebbe la conclusione ideale di una carriera già splendida”. Malignaggi jr. non esclude l’opportunità, anche se prima di una decisione definitiva, attende l’esito del confronto di Belfast. “Dopo 15 anni di pugilato può essere ragionevole pensare ad appendere i guantoni. Il fatto è che ho ancora dentro la voglia di battermi. Per questo continuo ad andare in palestra. A maggio disputerò un confronto non troppo impegnativo il cui esito sarà decisivo per valutare le scelte future. Se mi verrà proposto un mondiale a tempi brevi, rinvierò il ritiro, diversamente potrei prendere in considerazione quello che papà Nello sostiene con grande convinzione. D’altronde mi sento anche italiano, pur vivendo da tanti anni negli Usa. Al momento tutto è possibile. Di sicuro mi rivedrete in primavera come pugile”. Nei welter, la tua categoria, il tema che fa discutere da tanti mesi è la possibile sfida tra Floyd Mayweather jr. (47) e il filippino Manny Paquiao (57-5-2). Un confronto voluto da tutti a cominciare dai tifosi della boxe, anche se ogni volta che sembra vicino alla conclusione, trova nuova ostacoli. Negli ultimi tempi ha fatto importanti passi avanti, visto che le due emittenti interessate Showtime e HBO, hanno trovato un accordo e i rappresentanti dei due pugili hanno definito l’importo delle borse, il 60% all’americano campione dei welter e superwelter WBC, mentre al filippino spetterebbe 40%. Il tuo parere e il tuo pronostico? “Si tratta di un business eccezionale,
quindi è normale trovi molti ostacoli alla realizzazione. Se andrà in portò, scriverà la pagina dei record assoluti per un incontro di pugilato. Come ogni sportivo mi auguro trovi la strada della realizzazione. Il mio pronostico è orientato per Mayweather jr. che pur di due anni più anziano del filippino, mi sembra quello che meno risente dell’usura del tempo. Pacquiao, anche se resta uno splendido guerriero, ho l’impressione sia calato nel rendimento e nella velocità di esecuzione. Una considerazione personale: Manny ha 36 anni e Floyd 37, io sono a 34 primavere, un ragazzino. Come vedi, ho ancora margini di attività!”.
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Malignaggi nel match contro Broner e durante un allenamento
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I TA L I A B O X I N G T E A M
LOGO ITALIA BOXING TESTO PANTONE 3015 GUANTONE VERDE PANTONE 347; ROSSO PANTONE O32
2014 RECORD 35 medaglie per tutte le qualifiche di Tommaso Gregorio Cavallaro LO S P O RT italiano dal 1916 ha una fonte quasi inesauribile di medaglie europee, mondiali e olimpiche. Questa sorgente da cui sgorgano allori è la Noble Art. Ci sono poi delle straordinarie annate nelle quali i nostri pugili riescono a portare a casa bottini di coppe, medaglie e targhe da passare alla storia sia della nostra disciplina che dell’intero movimento sportivo italiano. Uno di questi è sicuramente quello che si è appena concluso: il 2014. 365 giorni nei quali gli Azzurri dell’Ars Pugilatoria sono stati capaci di conquistare 35 medaglie: nello specifico 11 ori, 13
laziale Alessia Mesiano si mette al collo il bronzo nei 57 Kg. Passa solo un mese e i pugilatori Azzurri ricominciano a dare soddisfazioni a tutti gli appassionati di boxe. Stavolta il merito è di quattro giovanissimi Schoolboy, che nell’amena località lacustre ungherese di Keszthely (29/06 - 6/07) danno sfoggio della loro abilità accaparrandosi 4 medaglie: argento per Enrico Antonini (72 Kg), bronzi per Johnny Pezzinga (50 Kg), Daniele Oggiano (52 Kg), e Alessio Casamonica (56 Kg). Luglio 2014 è anche il mese in cui Assisi diventa il centro della boxe europea,
argenti (Giusy Gioia 48 Kg; Lusy Garofalo 50 Kg; Catarina Gallo 52 Kg; Matilde Cammarota 57 Kg). Agosto segna il ritorno alla ribalta della Nazionale Elite Maschile, reduce dalla trasferta in terra bulgara per i Campionati dell’Unione Europea (8-17) con due ori (Vincenzo Mangiacapre 64 Kg - per lui titolo di miglior pugile e Valentino Manfredonia 81 Kg), un argento (Guido Vianello +91 Kg) e un bronzo (Manuel Cappai 49 Kg). Sempre nel mese che prende il nome dal primo imperatore di Roma (Caio Giulio Cesare Ottaviano Augusto, ndr), l’Italia della boxe brilla anche nella se-
“...Lo sport italiano dal 1916 ha una fonte quasi inesauribile di medaglie europee, mondiali e olimpiche. Questa sorgente da cui sgorgano allori è la Noble Art....” argenti e 11 bronzi. Le prime tre arrivano ad Aprile, mese in cui svolgono in contemporanea e nella stessa località (10-15/04 Sofia, Bulgaria) gli AIBA Youth World Boxing Championships e il Torneo di qualificazione Femminile per le Olimpiadi di Nanchino (Agosto 2014 18-23/8). A farle loro sono: Vincenzo Arecchia (Bronzo 64 Kg), Irma Testa (Argento 51 Kg) e Monica Floridia (Bronzo 69 Kg). Altro tris viene calato dall’Italia Boxing Team in quel di Bucarest, dove dal 31 maggio all’8 giugno hanno luogo gli EUBC European Women’s Boxing Championships. La campana Marzia Davide (per lei titolo di miglior pugile) sale sul gradino più alto del podio nei 54 Kg, la veneta Flavia Severin si prende l’argento nei +81 Kg, mentre la
oltre che la casa di quella italiana. Dal 19 al 27 del settimo mese dell’anno la città di San Francesco è il proscenio dei Campionati Europei Femminili Junior e Youth. Le atlete di casa, ovvero le nostre portabandiera, sono seconde solo alle fortissime russe per ciò che concerne il bottino finale di medaglie. 10 in tutto quelle messe nella bacheca FPI dalle nostre: 3 nel torneo Youth e 7 in quello Junior. Per quanto riguarda la parte Youth della Kermesse, Irma Testa (51 Kg) vince l’oro, Monica Floridia si ferma a uno splendido bronzo (64 Kg), mentre c’è il bronzo per la campana Francesca Martusciello (60 Kg). Tre gli ori, invece, nella competizione Junior (Maddalena Barretta 46 Kg; Concetta Marchese 57 Kg, per lei titolo di miglior pugile; Angela Carini 60 Kg), a cui si devono aggiungere 4
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conda edizione dei Giochi Olimpici giovanili, che hanno il loro svolgimento a Nanchino (Cina - 22/28). Vincenzo Arecchia (64 Kg) sale agli onori degli altari olimpici, grazie a una fantastcia medaglia d’oro. Irma Testa (51 Kg) riesce a centrare un buonissimo argento. Vincenzo Lizzi (69 Kg) con il suo bronzo completa il trittico di medaglie italiane. Boxer Youth, stavolta solo uomini, nuovamente protagonisti ad ottobre (17-26) per i Campionati Europei di categoria, organizzati dalla Federboxe croata a Zagabria. Vincenzo Arecchia (per lui titolo di miglior Boxer del Torneo) s’insedia nuovamente sul gradino più alto del podio nei 64 Kg. Oro azzurro bissato da Vincenzo Lizzi nei 69 Kg. Giovanni Sarchioto (75 Kg), invece, si regala un argento.
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Due le medaglie tricolori negli Europei Junior, svoltisi ad Anapa (Russia) dal 31 ottobre al 9 novembre. La prima è l’oro di Damiano Cordella nei 50 Kg, la seconda è ‘argento di Matteo Pirrera nei 52 Kg. Gli ultimi tre allori azzurri del 2014 portano la firma di Marzia Davide (Argento 54 Kg), Terry Gordini (Bronzo 51 Kg) e Alessia Mesiano (Bronzo 57 Kg). Medaglie che giungono alla conclusione degli AIBA Women’s World Boxing Championships, andati in scena a Jeju (Corea del Sud) dal 13 al 25 novembre. “Il Medagliere 2014” queste le parole del Presidente FPI Alberto Brasca”nelle manifestazioni internazionali, europee e mondiali è obiettivamente straordinario. Credo non ci siano precedenti nella storia della Noble Art tricolore, che abbiano visto i nostri atleti conquistare in una sola annata 35 medaglie di cui 11 d’oro. Il risultato è ancora più esaltante se osserviamo che non è derivato da una mera molteciplità di vittorie conseguite da un ristretto numero di atleti. Abbiamo espresso la nostra competitività in “tutte” le manifestazioni cui abbiamo preso parte sia nel settore maschile che in quello femminile, e in tutte le qualifiche: Schoolboy, Junior, Youth ed Elite. Il merito principale, ovviamente, è dei nostri straordinari atleti, ma è indubbio che è anche il risultato di un ottimo ed ampio lavoro tecnico e denota l’ottimo stato di salute delle nostre società.”
Carrellata di immagini delle nostre nazionali (Elite , Junior, Youth maschile e Elite Femminile) insieme ai rispettivi Boxing Teams.
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T I T O L O I TA L I A N O L E G G E R I
MASSIMILIANO BALLISAI Di nuovo Campione. Sconfitta pesante per Lancia di Alfredo Bruno ph Renata Romagnoli
ROMA,
19. 12. 2014
Quella dei leggeri italiani sembra una categoria senza pace, i campioni sembrano cadenzare la loro presenza con regolarità costante da Pasquale Di Silvio, a Manuel Lancia ed eccoci dopo la riunione di ieri sera al PalaEventi di Tor di Quinto riapparire quel Massimiliano Ballisai, considerato fino a due anni fa qualcosa di più di una promessa, anche se le sconfitte subite a livello internazionale da Lora e Zamora, piuttosto dure nel loro svolgimento, lo avevano relegato al livello amletico di essere o non essere. Sul ring romano Ballisai ha sciolto vari dubbi e primo
fra tutti ha confermato di essere quello di due anni fa, vale a dire un pugile con ambizioni non nascoste soprattutto dopo aver fatto tesoro delle uniche due sconfitte della sua carriera. Manuel Lancia era chiamato a difendere quel titolo conquistato e confermato con due difese dopo una breve e fulminea carriera. Il destro pesante e la sua aggressività nascondevano qualche logica lacuna, che invece è venuta a galla nel match contro Ballisai. Il pugile di Guidonia ha messo subito in evidenza di non gradire il jab sinistro dell’avversario, scagliato per colpire e non per tenere lontano, come in genere si usa. Un jab che trovava la traiettoria giusta anche dalla media distanza ben
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coadiuvato da un destro prezioso nella sua opera demolitrice. Lancia, che onestamente abbiamo visto un po’ al di sotto delle sue precedenti prove, non ha saputo porre rimedio alla tattica di Ballisai e ha portato un destro isolato, rivelatosi insufficiente per fermare un avversario determinato e concentrato. La sorpresa poi è stata quella di vedere il pugile di Guidonia a corto di fiato già a partire dalla quinta ripresa con un movimento del tronco insufficiente per evitare le serie dello sfidante. Si è arrivati così per gradi alla demolizione avvenuta nell’ottavo round. Per la verità il destro di Lancia in alcune occasioni è arrivato a segno, ma Ballisai lo ha incassato con disinvoltura replicando quasi immediatamente soprattutto al corpo. I colpi del torinese diventano sempre più precisi diversamente da un Lancia, che sembra quasi rassegnato di fronte alla superiorità dell’avversario. Nel settimo round Ballisai carica maggiormente i suoi colpi e nell’ottavo round il diretto destro prepara la strada ad un micidiale gancio sinistro d’ incontro. Un colpo che Lancia non ha smaltito e lo si vede dal successivo attacco dell’avversario culminato dal gancio destro che invia il campione nuovamente al tappeto. In pratica il
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match avrebbe dovuto finire lì. Lancia non ha più birra in corpo e subisce gli attacchi di Ballisai fino a quando l’arbitro Cardullo dice basta. Massimiliano Ballisai è il nuovo campione, dedica la vittoria e il titolo a Rebecca la primogenita di quattro mesi e a Loredana Piazza, la sua compagna. Dino Orso, il suo allenatore, sempre misurato e con i piedi ben piantati a terra, vede bene una o due difese e poi magari rivolgere lo sguardo oltre i confini italiani, ma logicamente tocca a Mario Loreni decidere consapevole di aver ritrovato a Roma un campione. Manuel Lancia dal canto suo ha mostrato coraggio e orgoglio, doti non sufficienti
per fermare il Ballisai di ieri. L’allievo di Pino Fiori farà senz’altro tesoro di questa esperienza, non ha saputo variare il suo clichè di boxe contro un avversario che è apparso perfettamente allenato e con le idee chiare. Negli altri incontri il medio Massimiliano Buccheri superava ai punti il francese Jonathan Bertonnier; più che positivo l’esordio di Damiano Falcinelli vincitore prima del limite in due riprese di Danilo Cioce. Non si è svolto invece il match tra i piuma Mario Alfano e Luigi Merico.
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Foto a sinistra Foto di rito durante l’Inno di Mameli. Ballisai campione abbraccia per le foto a centro ring il suo avversario Manuel Lancia che gli lascia il testimone. Foto a destra Una fase del match dove Ballisai pressa Lancia. Esordio vincente per Damiano Falcinelli contro Danilo Cioce. Buon rientro per Buccheri contro Bertonnier.
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100 ANNI FPI
LA DOPPIA FEDERAZIONE
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FPI
Un angolo buio della storia del pugilato italiano di Marco Impiglia ph Archivio Storico FPI
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a bella e ricca storia della FPI ha i suoi angoli oscuri. Un periodo di cui poco si sa è quello riguardante i mesi che vanno dall’8 settembre 1943 al 29 aprile 1945. Si tratta della lunga “nuttata” che vide l’Italia spaccata in due dalla Linea Gustav e poi dalla Linea Gotica, con gli eserciti nazista e anglo-americano che se la contendevano da sud a nord. La mia cara nonna materna mi raccontava di come, nell’inverno del ‘44, a Roma in un appartamento a via Milano sopravviveva con la tessera annonaria e l’unico uovo, dalla pelle traslucida, che scodellava ogni mattino la gallina che abitava con lei e la sua bambina di pochi anni, mentre il marito era prigioniero dei tedeschi in Germania. Tanto per dire... ma di ricordi così drammatici sull’ultima guerra, in tutte le nostre famiglie, ce ne sono un milione. Lo sapete. Andiamo dunque ad aprire queste dimenticate pagine del libro della FPI. Negli ultimi anni della cosiddetta “Era Fascista”, la Pugilistica era stata guidata dai due figli maschi del Duce: prima Bruno Mussolini e poi, alla morte di questi in un incidente aviatorio, Vittorio. Nel 1941-42, i successi a catena della blitz krieg avevano prodotto la disgregazione del sistema sportivo internazionale, così come era stato conosciuto dal volgere dell’Ottocento. Una nuova “Carta Europea dello Sport” era stata promulgata, includente Germania, Italia, Ungheria, Romania, Svezia, Finlandia, Norvegia, Spagna, Portogallo, Croazia, Slovacchia, Olanda, Belgio e Turchia. Anche i due organismi che sovrintendevano alle questioni della boxe - la FIBA (dilettanti) e l’IBU (professionisti) - erano entrati nell’orbita dell’Asse. Il 5 giugno 1942 era sorta a Roma la Associazione Pugilato Professionistico Europeo (APPE), pre-
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sieduta da Vittorio Mussolini; a Roma erano parimenti stati portati tutti gli incartamenti delle federazioni dei paesi occupati dai tedeschi. La caduta del fascismo il 25 luglio cambiò rapidamente le cose. Dopo l’atto di resa firmato da Pietro Badoglio e la rocambolesca fuga di Benito Mussolini da Campo Imperatore, il 23 settembre 1943 nacque la Repubblica Sociale Italiana (RSI). Essa comprendeva i territori in mano ai nazifascisti, grosso modo dal settentrione della Campania in sù. Il CONI non attese che i tank americani, sbarcati l’estate prima in Sicilia, giungessero a Roma: fece armi e bagagli e si trasferì, in tutta sicurezza, a Venezia. Il capo degli arbitri, il dottor Romolo Passamonti, caricò dentro alcune valigie i documenti della Pugilistica, custoditi negli uffici allo Stadio Nazionale. A novembre raggiunse in treno Venezia e assunse il ruolo di segretario, nella sede a Calle San Marco, borgo nell’entroterra della città lagunare. L’8 dicembre la FPI “repubblichina” diramò un comunicato in base al quale il commissario del CONI, l’architetto Ettore Rossi, era il nuovo “reggente”. Questi sciolse il direttorio e gli organi di comando, affidò tutto alle cure di Passamonti e confermò nelle cariche i commissari delle zone ancora “fasciste”: Tre Venezie, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia, Toscana, Marche e Zara (località dalmata, oggi in territorio croato), Umbria, Lazio, Abruzzi e Molise. Non bisogna credere che lo sport, nella RSI, venne organizzato copia carbone al periodo mussoliniano. Quest’idea, pure diffusa, è storicamente errata. In realtà, ci fu un ritorno alla struttura liberale, con le società sportive di nuovo democraticamente gestite nei loro direttivi e riportate ad un ruolo cardine, quello che rivestono a tutt’oggi, mentre i gruppi statali creati dal fascismo (gioventù del littorio, milizia volontaria, guf, dopolavoro, fasci rionali) persero completamente d’importanza. Un’altra novità fu che non era più obbligatorio possedere la tessera del Partito per essere iscritti alla Federazione. Anche i procuratori poterono trattare liberamente con gli organizzatori, mentre prima severissime regole avevano imposto, a queste due categorie un poco birichine, di applicare una stringente
disciplina elaborata dalle gerarchie federali. In pratica, senza l’assenso di Vittorio Mussolini e del suo scudiero, Giovanni Musti de Gennaro, nessun professionista tra il 1942 e il 1943 aveva potuto esibirsi su un ring davanti a un pubblico pagante. Pensate che, ad un certo punto, in odio agli yankees tirati di peso nel conflitto, s’era deciso di porre all’indice i termini inglesi e francesi da sempre sulla bocca degli appassionati: vietato dire o scrivere in pubblico, sui quotidiani e sulle riviste, nei cinegiornali Luce, nei rapporti e documenti ufficiali, le parole “boxe”, “boxeur”, “ring”, “round”, “clinch”, “jab”, “uppercut”, “break!”, “knock out”, “match” e così via. Un peccato! Un peccato davvero perché, il fascismo ad onor del vero, negli anni venti e trenta aveva dato un grosso impulso al pugilato. Poi, la svolta dell’amicizia col pazzo “baffetto” austriaco, aveva rovinato tutto. Distrutto ogni cosa buona realizzata con fatica. E in quel maledetto 1944 si vivevano le macerie di un’efficiente Federazione, fiore all’occhiello del CONI, che aveva forgiato campioni e medaglie d’oro olimpiche, emozioni da tremare sul posto e sentirsi la pelle d’oca. Brividi d’orgoglio donati agli italiani residenti e a quelli emigrati all’estero. Il terzo sport più amato dopo il calcio e il ciclismo. Nel corso del 1944, la RSI fu qualcosa di molto simile a un’auto sgangherata che perdeva pezzi per strada. Gli angloamericani lavoravano al fegato i tedeschi a Montecassino mentre, il 14 marzo a Venezia, l’avvocato Puccio Pucci accettava dal Minculpop (Ministero della Cultura Popolare) la presidenza CONI e, in automatico, la reggenza della FPI. Ai primi di maggio, Roma venne finalmente liberata. Il Comitato di Liberazione Nazionale che governava il “Regno del Sud” il 22 giugno nominò l’avvocato Giulio Onesti “commissario liquidatore” del CONI. Il 20 luglio Onesti convinse il conte Francesco di Campello, già vicepresidente sotto la decennale presidenza Riccardi, ad accettare la reggenza. Due mesi dopo, il Presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Bonomi, trasformò Onesti da “liquidatore” in “commissario straordinario”, così donando un nuovo corso all’ente che, da molti anni ormai,
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orientava l’indirizzo dello sport italiano. Quasi in risposta a quanto accadeva a sud, dal nord nazifascista arrivò la nomina (4 novembre) dell’antiquario novarese Giuseppe Rizzotti alla presidenza della gloriosa “Pugilistica”. Contemporaneamente, il CONI veneziano spostò i suoi uffici a Milano, in via della Passione 9, nell’area di San Babila. Tenete bene presente che, a questo momento, la cassa con i suoi vari milioni di lire, i trofei, lo schedario, il complesso dei documenti originali vennero portati all’ombra della “Madunina”, custoditi sotto chiave da Passamonti. Fu in codesto lasso di tempo, dall’estate del ‘44 alla primavera del ‘45, che visse A sinistra Enzo Correggioli, tricolore 1944 nella categoria dei Piuma. Michele Bonaglia campione Italiano mediomassimi.
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la “doppia Federazione”. Come ai tempi del papa e dell’antipapa, il CONI e le sue federazioni avevano una sede a Roma e l’altra altrove: a Milano. Rizzotti e Passamonti dirigevano le cose in Lombardia. Il conte di Campello e il ragionier Edoardo Mazzia, anche lui arbitro di prestigio, cercavano di ricostruire qualcosa di stabile da Roma in giù, senza un soldo e con gli uffici in uno stanzino, non più nello Stadio Nazionale requisito dalla “Allied Sport Commission”. Doppia FPI e doppia vita. A Roma, si scatenò un professionismo senza regole, stile ante prima guerra mondiale. Con antichi e nuovi procuratori, manager, organizzatori che si contendevano i pugili in circolazione, sia quelli italiani che i militari stranieri, allestendo riunioni su riunioni allo stadio e allo sferisterio. “Am-lire” (100 valevano 1 dollaro) in abbondanza per tutti. Un riformulato statuto federale entrò in vigore. A Napoli e poi a Roma rullò un campionato a turni settimanali, riservato a quei pugili in grigioverde che si allenavano nei “rest camp”. A Bari, Brindisi e Palermo altre riunioni “miste”. Insomma: una baraonda boxistica mai vista, dove quel che quasi del tutto mancava era l’elemento dilettantistico. Anche al nord la faccenda diventò subito caotica. Un far west di riunioni con i pochi pugili professionisti contesissimi, pagati bene visti i tempi, e che accettavano impegni ravvicinati nel tempo. A Milano, cuore della RSI, tornarono le riunioni dapprima alla Sala Spallanzani, presso Porta Venezia, e poi quelle belle importanti alla napoleonica Arena Civica, organizzate da Achille Alloggi e con protagonisti i vari Cortonesi, Bondavalli, Peire, Deiana, Musina, Martin, Merlo. Seppure con le limitazioni delle difficoltà logistiche facilmente immaginabili (scarsità di locali, bombardamenti aerei, azioni partigiane: l’ex pugile Michele Bonaglia, ad esempio, fu assassinato in un agguato), Passamonti disponeva di una struttura resistente di commissari zonali, fiduciari provinciali e gruppi arbitrali. Ciò consentì il mantenimento dell’attività dei “puri”. E non ci riferiamo solo ai tornei novizi, alle leve primi pugni, ai tornei benefici, ai campionati cittadini che riuscì a metter su in Lombardia,
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Piemonte e Liguria sullo scorcio del ‘44 e nei primi mesi del ‘45. Soprattutto, qui vogliamo indicare un incredibile “campionato d’Italia”, svoltosi a Novara nell’estate del 1944. Su questo “campionato scomparso” bisognerebbe rintracciare qualche sopravvissuto per sapere la vicenda nei dettagli. Ma è un fatto, riscontrabile nelle cronache della Gazzetta dello Sport, che una settantina di ragazzi si ritrovarono a Novara nell’ultima settimana di luglio, provenienti da Veneto, Lombardia, Liguria, Emilia e Piemonte. Viaggi e peripezie inenarrabili, a rischio vita: ci fu il caso di uno, il veneto Andreassi iscrittosi tra i leggeri, che scese di categoria per la troppa strada che s’era sciroppato a piedi mangiando niente, e tuttavia arrivò a disputare la finale dei piuma al “nazionale” rodigino Correggioli. Gli incontri, inizialmente stabiliti al Civico Teatro Faraggiana, per l’indisponibilità di questo si svolsero all’aperto al cortile del Broletto, complesso medievale a due passi dal Duomo. Furono quindi spostati causa pioggia nell’ospedale che ospitava i soldati tedeschi (i feriti assistettero alle gare dai loro letti) e, infine, il terzo giorno, di nuovo al Broletto. Si chiuse a cazzottare il 30 luglio al calar della notte. Laureati campioni tricolori: Gaudenzio Carutti, Ferruccio Mariani, Enzo Correggioli, Mario Cavalleri, Emilio Luberti, Gianni Giuliardi, Mario Persoglio, Michele Sansone. La AP “Carlo Ravetto”, organizzatrice dell’evento coi suoi dirigenti Rizzotti, Airoldi e Biscaldi, vinse il titolo per società, davanti alla AC Carpegna di Milano e al GP Carnaro di Fiume. Tutti titoli in seguito mai riconosciuti. La GdS li definì “i campionati del miracolo”. La attuale ASD Novara Boxe, in qualche modo, è l’erede spirituale di quell’impresa memorabile, testimonianza di quanto possa fare la passione per lo sport. ..............
Pagina precedente: com.te Vittorio Mussolini presidente della FPI e dell’APPE; il Massimo Nemesio Lazzari nel ‘44 mette a tappeto un polacco dell’armata polacca nello Stadio Nazionale; Luigi Musina con la cinttura di campione. In questa pagina: un match all’aperto nel ‘44. Sotto, Edoardo Mazzia ex arbitro ed ex presidente FPI tra Venturi e Turiello.
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100 ANNI FPI
BENVENUTI MAZZINGHI C I N QUA N T ’ A N N I
DOPO
Nel 1965 le sfide mondiali fra i nostri 2 campioni più amati di Gianni Virgadaula ph Archivio FPI IL
PARAGO N E
può sembrare azzardato ma così come in questo 2015 Milano si accinge a vivere il grande evento internazionale dell’Expo, allo stesso modo 50 anni fa, la città meneghina visse un altro grande evento di cui ancora si parla. Un evento sportivo che è entrato nella leggenda. Chiaro il riferimento al campionato del mondo dei medi junior fra Nino Benvenuti e Sandro Mazzinghi, combattutosi a San Siro il 18 giugno del 1965. Quello fu anche l’anno in cui il presidente degli Stati Uniti Lyndon Johnson inviava le prime truppe americane in Vietnam, e durante il quale venne assassinato a New York Malcom X, leader dei Musulmani Neri. In Italia invece si viveva ancora l’euforia del boom economico con la Lira che vinceva l’Oscar delle monete europee, mentre a Sanremo il festival della canzone lo vinceva Bobby Solo con il brano “Se piangi, se ridi”. Paolo VI infine chiudeva il 1965 ponendo il sigillo al Concilio Vaticano II. Fu quindi in questo contesto storico, avente come colonna sonora le canzoni dei Beatles e dei Rolling Stones, che si sviluppò la rivalità fra Sandro e Nino, due pugili di grande talento molto amati dalle opposte tifoserie, che già da tempo reclamavano un incontro fra i due perché si stabilisse una volta per tutte chi fosse il migliore. Ma quando la Federazione Pugilistica Italiana impose a Mazzinghi, campione del mondo dei medi junior, di difendere il titolo con Benvenuti, il pugile di Pontedera masticò amaro. Avrebbe evitato volentieri quella sfida, non perché temesse il triestino, ma perché non si sentiva al meglio della condizione. La morte della moglie Vera, avvenuta il 2 febbraio del 1964 a causa di un incidente stradale, appena 12 giorni
dopo le nozze, e le conseguenze di quel tragico sinistro avevano lasciato in lui solchi di sofferenza fisica e psicologica profondi. Nondimeno, se egli non avesse difeso la cintura mondiale con Benvenuti, probabilmente avrebbe dovuto difenderla all’estero dove le insidie erano molte, così la Federazione pur di evitare che il titolo dei medi junior volasse verso altri lidi, diede immediatamente il suo benestare a questa sfida tutta italiana, destinata ad accendere fra gli appassionati infuocate discussioni. Alla vigilia del combattimento i pronostici erano equamente ripartiti. D’altra parte, anche i record dei due pugili erano simili. Entrambi avevano esordito al professionismo nel 1961. Benvenuti, campione italiano dei pesi medi, era imbattuto dopo 56 combattimenti. Mazzinghi aveva subito una sola sconfitta da Giampaolo Melis nei 41 match disputati. Ma i tifosi di Nino, pugile pluri-medagliato e in continua ascesa, pensavano che la classe e l’intelligenza pugilistica del loro idolo avrebbe certo avuto la meglio sull’irruenza del guerriero toscano, mentre i fans di quest’ultimo erano altrettanto convinti che il loro campione avrebbe stracciato Benvenuti così come aveva già fatto con tutti gli altri suoi avversari, da Don Fullmer a Ralph Dupas, da Charley Austin a Gaspar Ortega. I fatti però sul ring diedero ragione al triestino, che al 6° round colpì alla punta del mento Mazzinghi con un montante destro… dirompente come una saetta di Giove. Sandro rovinò al tappeto a braccia aperte e al 10 dell’arbitro Brambilla era ancora steso sulla stuoia… out. Eppure, sino al momento del drammatico epilogo Mazzinghi era riuscito a mantenere una leggera ma
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costante superiorità sullo sfidante. E’ giusto pensare però che Nino non si preoccupò dell’andamento iniziale del match sol perché attendeva l’attimo propizio per chiudere la partita a suo modo, come solo lui sapeva. D’altronde, l’uppercut che spense le luci a Sandro non fu né fortunato né casuale, ma piuttosto era un colpo che il triestino aveva lungamente preparato in palestra. Dopo la sconfitta, i fans di Mazzinghi tornarono a dire che il loro beniamino aveva perduto perché non era nella migliore forma. Ma questo non era vero. Sandro prima di incontrare Nino, e quindi dopo il drammatico incidente del ’64, aveva difeso per ben 2 volte il titolo ottenendo un kappaò tecnico contro il duro Tony Montano al 12° round e superando poi a Roma quel formidabile boxeur che fu Fortunato Manca. Se non fosse stato al meglio Sandro quegli incontri non li avrebbe potuti vincere. Benvenuti, dal canto suo, pur soddisfatto del successo conseguito guardava a quel titolo appena conquistato come ad una tappa di avvicinamento a quello che considerava il vero traguardo della carriera, ovvero la conquista della cintura mondiale dei pesi medi, degna chiusura di un magico percorso sportivo iniziato nel 1960 alle Olimpiadi di Roma. Quel sogno si sarebbe avverato il 17 aprile del 1967 con la vittoria al Madison Square Garden su Emile Griffith. In ogni caso, prima di pensare al titolo delle 160 libbre, Nino avrebbe dovuto concedere la rivincita al “bombardiere di Pontedera”. La nuova sfida fra Benvenuti e Mazzinghi, ormai considerati dalle opposte fazioni il Coppi e il Bartali della boxe, si ebbe al Palasport di Roma il 17 dicembre, 6 mesi dopo la sfida milanese. Per l’occasione furono
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17.000 gli spettatori paganti per un incasso di 56 milioni di lire. Mazzinghi, stavolta nella veste di sfidante, si presentò sul quadrato in piena forma e soprattutto con la granitica volontà di riprendersi il titolo. Benvenuti, dal canto suo, ostentava la solita sicurezza e probabilmente pensava che avrebbe potuto risolvere la partita ancor prima della volta precedente. E così infatti sembrò quando già al secondo round il toscano subiva un knock-down a causa di un gancio sinistro dell’avversario. Ma fu proprio da quell’episodio che il match cambiò fisionomia. Nino non seppe approfittare del momento favorevole e Sandro gli fu addosso con tutta la rabbia che aveva in corpo e la violenza dei suoi colpi. Il match veniva riaperto dalle bordate del toscano che Benvenuti stentava ad arginare. E la lotta si fece intensa, selvaggia, incerta. A fasi alterne i due avversari misero nello scontro tutte le loro energie psicofisiche, tutto il loro mestiere; tutta la loro volontà di prevalere l’uno sull’altro. Al 13° round l’incontro era ancora in perfetto equilibrio, ma nelle ultime 2 riprese Benvenuti ritrovò la lucidità necessaria per mettere a segno più volte il suo gancio sinistro che mise in difficoltà l’irriducibile avversario, prima che giungesse per lui provvidenziale il suono del gong dell’ultima ripresa. Unanime il successo di Nino decretato dai giudici alla fine del match. Brambilla (71-70), Ferrara (69-65) e Aniello (6866), si pronunciavano tutti a favore del triestino. Ma quel verdetto Sandro non lo accettò, e non l’avrebbe mai accettato neppure a distanza di anni, sentendosi defraudato da una terna arbitrale che a suo giudizio lo aveva “defraudato”. Nondimeno, il destino concesse a Mazzinghi una nuova opportunità di riprendersi il titolo che era stato suo, ed egli stavolta non si fece sfuggire l’occasione. Il 26 maggio del 1968 a Milano, allo stadio di San Siro per l’occasione ribollente come un girone infernale, dopo una battaglia impietosa e selvaggia, l’indomito guerriero sconfisse ai punti Ki Soo Kim riconquistando la cintura mondiale dei medi junior. Paradossalmente Sandro aveva “vendicato” l’odiato Nino, strappando la cintura al pugile coreano che aveva detronizzato il triestino, ma
in verità con quel successo il toscano aveva voluto ribadire come il migliore della categoria fosse lui. Abbiamo parlato con Benvenuti delle 2 epiche sfide con Mazzinghi, e Nino come al solito ha avuto parole di stima e di rispetto nei riguardi di Sandro. Raggiunto telefonicamente nella sua casa romana ci ha detto: “A distanza di mezzo secolo ancora la gente si chiede…era meglio Sandro o era meglio Nino? A volte non bastano neppure 2 vittorie per potere essere definito il migliore. Questo perché la mia sfida con Sandro è andata sempre oltre il puro evento sportivo. Io e lui eravamo due mondi contrapposti che venivano a confrontarsi. Due atleti molto amati ma in maniera diversa. Da una parte c’era il pugile alto, biondo, dallo stile e la tecnica eccellenti, ma parimenti colto, elegante nei modi e nel parlare anche fuori dal ring. Dall’altra c’era invece un grande fighter che accendeva la fantasia della gente più umile, che lo amava perché lo sentiva genuino, ruspante, polemico, sicuramente più vicino al loro modo di essere e di pensare. Insomma, io e Sandro abbiamo rappresentato due mondi opposti e direi senza esagerare che forse sulla nostra rivalità e le motivazioni che la alimentarono e continuano ad alimentarla 50 anni dopo - al di là dei tempi, dei modi e delle mode - si potrebbe scrivere un trattato di sociologia. Ritengo però che se Mazzinghi ed io fossimo vissuti in epoche diverse, ciascuno avrebbe potuto avere la propria fetta di gloria senza che l’uno togliesse nulla all’altro.” Tutto vero quello che dice Nino. Spesso la boxe vive, come avviene oggi, momenti di vuoto, di difficoltà, per mancanza di personaggi. In altri periodi invece c’è un’abbondanza di campioni ed è fatale ma anche giusto che la gente voglia vederli battersi sul ring. Se però nella doppia sfida Benvenuti-Mazzinghi il quadrato ha dato un responso inequivocabilmente favorevole al triestino, possiamo dire che nell’immaginario collettivo e nel cuore dei tifosi, i due amatissimi campioni hanno fatto “match pari”. Anzi, tutti dobbiamo essere riconoscenti a questi due grandi per essere stati nostri compagni di viaggio in questi lunghi 50 anni.
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Nino e Sandro a passeggio...
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C A M P I O N AT O U E S U P E R M E D I
D I LU I S A CA M P I O N E U E A Fabrica battuto Roberto Cocco Vincono Boschiero, Larghetti e Blandamura di Alfredo Bruno ph Renata Romagnoli FA B R I C A DI ROMA, 20. 12. 2014 Indubbiamente la televisione sta dando una mano consistente alla boxe, ma bisogna anche dire che dal lato spettacolo la boxe fa la sua parte, soprattutto considerando gli orari in cui è trasmessa. La sera precedente dopo RaiSport di venerdì è stata la volta di Italia 1 che ha mandato in onda il titolo dell’ Unione Europea dei supermedi tra due pugili italiani: Andrea Di Luisa e Roberto Cocco in una sfida incrociata, compreso il titolo italiano di venerdì tra
Di Luisa, ma non era una rinuncia alla vittoria perchè Cocco in alcuni frangenti accettava gli scambi duri cercando di capovolgere la situazione contro un avversario in buona giornata e deciso a riprendere quel cammino interrotto da Ndiaye e Rebrasse. L’incontro è stato interessante e condotto a buoni ritmi, i due atleti si può dire che non hanno tralasciato niente neanche per la soluzione prima del limite, la più gettonata alla vigilia. Di Luisa ha racimolato round dopo round un buon vantaggio per aver tenuto una costante iniziativa. Un
compromesso, avrebbe voluto chiudere con l’onore delle armi per una prova che lo ha trovato buon protagonista contro un avversario decisamente superiore. Nella serata con curiosità abbiamo assistito al rientro di Emanuele Blandamura, reduce dalla sconfitta londinese prima del limite. Il Sioux con la sua prova ha rassicurato tutti. Il francese Matiouze Royer, robusto ma lento di braccia, lo ha braccato per tutti e sei i round, ma questo non ha impedito all’allievo di Agnuzzi di sciorinare il suo vasto repertorio con improvvise e veloci serie. Vittoria netta
“...Di Luisa prova a forzare anche con il montante destro. La svolta al nono round quando un micidiale destro trova Cocco, che accusa. Di Luisa cerca di concludere con una serie che l’avversario tampona con difficoltà. Dal sopracciglio destro fa capolino una ferita...” Ballisai e Lancia, tra due regioni come il Piemonte e il Lazio. E per dirla in gergo è finita pari e patta con il maestro Dino Orso, all’angolo del “Piemonte” protagonista di entrambe le serate. Dopo questa digressione passiamo direttamente al match clou della serata organizzata dalla OPI 2000. Non era solo una sfida valevole per il titolo UE, ma era anche una rivincita visto che i due si erano incontrati a Viterbo 4 anni fa con la fulminea vittoria di Di Luisa. La potenza di Di Luisa è stata ancora una volta il tema conduttore del match, solo che Roberto Cocco ha fatto di esperienza virtù. Il piemontese, logicamente più coperto, anticipava con il sinistro spesso le intenzioni di
richiamo subito da Cocco alla quarta ripresa cominciava a togliere dubbi sul punteggio. Di Luisa più continuo provava a forzare anche con il montante destro. La svolta si ha a partire dal nono round quando un micidiale destro trova scoperto Cocco, che accusa. Di Luisa cerca di concludere con una serie che l’avversario tampona con difficoltà. Dal sopracciglio destro del piemontese fa capolino una ferita. Di Luisa riprende fiato nel decimo round anche se la ferita di Cocco sembra essersi aggravata. Nell’ 11° round l’arbitro Muratore chiama il medico, che constatata la gravità non ha esitazioni a decretare lo stop. Cocco è deluso avrebbe voluto terminare il match anche se ormai era
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e indiscutibile. Negli altri incontri Devis Boschiero trovava la soluzione immediata (primo round) contro Jorge Luis Munguia. Vittoria prima del limite anche per Mirko Larghetti a cui sono stati sufficienti tre rounds per disfarsi dell’ungherese di turno Peter Hegyes , mentre Vadim Gurau si doveva accontentare di una vittoria ai punti contro il serbo Bojan Radovic.
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Nella pagina seguente dall’alto in basso: Blandamura-Royer; Una fase di Di Luisa- Cocco; Boschiero in azione; Fair play tra Di Luisa e Cocco; Mirko Larghetti; Mastria, Nori, Di Luisa, Duran; Preliminari di Cocco-Di Luisa;
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I N T E RV I S TA A . . .
CHRIS ALGIERI “Mi hanno tolto il mondiale dei superleggeri, ma voglio riconquistarlo... anche in Europa” di Luca De Franco CHRIS ALGIERI
è stato senz’altro la rivelazione del 2014 negli Stati Uniti. Nessuno lo conosceva al di fuori dello Stato di New York (è nato ad Huntington il 2 marzo 1984, la famiglia paterna è di Acri, in Calabria, mentre la madre è argentina) dove aveva svolto tutta la carriera professionistica costruendo un record di 19 vittorie consecutive ed era diventato una celebrità nella sua città facendo diverse volte il tutto esaurito al Paramount Theater (1.555 posti). Quando il suo promoter Joe De Guardia gli ha procurato un match contro il campione del mondo dei pesi superleggeri WBO Ruslan Provodnikov, nessuno credeva nelle possibilità del pugile di origine italiana. Eppure, il 14 giugno 2014, Chris Algieri ha stupito i 6.218 spettatori accorsi al Barclays Center di Brooklyn e i telespettatori sintonizzati sulla rete televisiva HBO: pur finendo al tappeto due volte nel corso della prima ripresa (“il primo è stato un vero knock down, il secondo no: ho messo giù il ginocchio per riprendere fiato”), pur con l’occhio che con il passare dei minuti diventava sempre più gonfio e che nelle ultime riprese non ha potuto tenere aperto, Chris Algieri ha impartito una lezione di strategia pugilistica a Provodnikov ottenendo una meritata vittoria ai punti. Quella grande prestazione gli ha permesso di ottenere il match contro il campione del mondo dei pesi welter WBO Manny Pacquiao per una borsa di 1.600.000 dollari, il 23 novembre 2014, a Macao. Enorme l’esposizione mediatica. Secondo l’organizzatore Bob Arum, 48 milioni di persone in Cina hanno visto il combattimento. Il fenomeno filippino ha vinto facilmente, ha spedito diverse volte
“...Chris Algieri ha otteneuto una meritata vittoria contro Provodnikov che gli ha permesso di combattere con il campione del mondo dei pesi welter WBO Manny Pacquiao per una borsa di 1.600.000 dollari. Enorme l’esposizione mediatica, 48 milioni di persone in Cina hanno visto il combattimento....”
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al tappeto Algieri, ma quest’ultimo ha resistito fino all’ultimo secondo dell’ultimo gong e questo ha rafforzato la sua immagine di guerriero vecchio stampo che non molla mai. Per questo motivo ha molte offerte. Lasciamo che sia lui a parlarcene. Chris, quando ti rivedremo sul ring? “Presto, il mio manager sta valutando le offerte. Non sono più campione del mondo dei superleggeri perché la WBO mi ha tolto il titolo. Mi avevano detto che non sarebbe stato in palio nel match contro Pacquiao anche perché era in palio il suo titolo dei welter, ma poi mi hanno destituito. Comunque, sono prontissimo a riconquistare la cintura dei superleggeri WBO contro chiunque, ovunque. Non ho problemi a combattere a casa del mio avversario, se la borsa è buona. Sono anche disposto a combattere in Europa, magari in Italia. Nel tour promozionale del match contro Pacquiao ho dimostrato di essere un gran lavoratore. Abbiamo iniziato 3 mesi prima, il 25 agosto. La prima fase del tour si intitolava ‘27.273 miglia in 2 settimane’ . Il 25 agosto, a Macao, c’è stata la prima conferenza stampa. Il 26 agosto, a Shangai, la seconda. Il 29 agosto, a San Francisco, l’incontro con i media e con la squadra di baseball dei Giants all’AT&T Park: conferenza stampa, qualche lancio, foto di gruppo con i Giants, incontro con i tifosi in cui dovevamo rispondere alle loro domande ed infine la cerimonia prima della partita di campionato. Il 30 agosto, un evento privato all’albergo The Venetian di Las Vegas. Il 1° settembre, al Dodger Stadium di Los Angeles, Manny Pacquiao ha lanciato la prima palla nella partita dei Dodgers contro i Nationals. Il 3 settembre, conferenza stampa a Los Angeles. Il
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4 settembre, a New York, conferenza stampa e presenza alla chiusura della giornata lavorativa al New York Stock Exchange. In quelle due settimane non ho potuto fare sparring, ma ho fatto degli esercizi nella mia camera d’albergo per tenermi in forma.” Quindi sei d’accordo con chi sostiene che la boxe ad alto livello è spettacolo e che i pugili per guadagnare grandi cifre devono fare tutto il necessario per raggiungere il grande pubblico come fanno gli attori, i cantanti e i personaggi televisivi? “Certo e l’ho dimostrato facendo la mia parte nel tour promozionale del match contro Pacquiao. Anche le fasi seguenti del tour sono state intense. Il 6 novembre, ad una conferenza stampa alla Conga Room di Los Angeles, ha partecipato Sylvester Stallone. Non sapevo che sarebbe venuto, è stata una grande emozione perché sono cresciuto guardando i suoi film. Mi ha fatto molto piacere sentirgli dire che in genere l’arte imita la vita, mentre io ho imitato l’arte producendo una prestazione alla Rocky Balboa contro Provodnikov. Il mondo della boxe deve molto al personaggio di Rocky ed a Sylvester Stallone. Inoltre, faccio il possibile per aumentare la mia visibilità posando per servizi fotografici e andando il più possibile in televisione. Ho anche partecipato al secondo episodio della terza stagione della serie televisiva Unforgettable, trasmessa dalla rete in chiaro CBS, il mio personaggio si chiamava Johnny D’Amato ed abbiamo girato alla Gleason’s Gym di New York.” Sei arrivato tardi alla boxe, prima eri un agonista di kickboxing. Perchè non hai scelto subito la nobile arte? “Perché ad Huntington non c’erano molte palestre di pugilato mentre abbondavano quelle di arti marziali. Ho iniziato praticando il karate, poi sono passato alla kickboxing diventando professionista: ho vinto 20 incontri consecutivi, ho conquistato il mondiale dei pesi welter ISKA e dei pesi superwelter WKA. Oggi a Long Island ci sono parecchie palestre di pugilato e i praticanti sono aumentati.” Chi erano i tuoi idoli pugilistici? “Sugar Ray Leonard ed Oscar De La Hoya.”
Pensi di aprire una palestra dopo aver appeso i guantoni al chiodo? “No. Vorrei laurearmi in medicina. Ho già conseguito una laurea in scienza della nutrizione alla Stony Brook University e un master al New York Institute of Technology. Come dico sempre, la nutrizione è fondamentale per un atleta professionista, tutto inizia con quello che metti nel tuo corpo.“ ..............
In basso, la locandina dell’incontro contro Manny Pacquiao; Sotto, Algieri reduce dall’incontro con Provodnikov
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NON SI PUÒ BATTERE CHI NON SI ARRENDE MAI.
LEONARD BUNDU 2009 / 2011 / 2012 / 2013 / 2014
CAMPIONE INTERCONTINENTALE 2010
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WWW.LEONE1947.COM
C O N O S C I A M O. . .
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B OX E ACA D E M Y I L G L A D I AT O R E Una società molto attiva dove crescono campioni di Alfredo Bruno SI LASCIA il centro di Acilia per arrivare nella zona industriale e precisamente a Viale Enrico Ortolani 192 dove la scritta non ammette dubbi “Il Gladiatore Boxe Academy”, una delle società più prolifiche e attive del Lazio. La zona è un po’ isolata, ma il parcheggio lungo la strada è occupato da un buon numero di macchine, che vanno e vengono. L’entrata sembra piccola, ma appena sali una rampa di scale appare un mondo completamente diverso con un salone spazioso dove grandi e piccoli si allenano con intensità. Sembra un’orchestra diretta dai maestri dove le numerose persone e gli strumenti stanno al posto giusto di un quadro d’autore. Fabio Carice, da discreto tempo insegnante della palestra, ha fatto la trafila giusta cominciando da pugile: “Sono entrato in palestra per la prima volta nel 1975. Ero un discreto dilettante, ma mi sono fermato ai II serie combattendo per la Boxe Morandi, che allora era l’antagonista numero uno della Boxe Ostia Mare. Quando ho lasciato per il lavoro la passione era talmente radicata in me che ho preso la tessera di insegnante. Mi piaceva dare consigli e stare tra i giovani. Certo conciliare con il lavoro qualche problema te lo porta, ma per fortuna in questo sono ben coadiuvato da mia moglie e mia figlia, entrambe sportive e legate al Basket. Quindi sto in una famiglia sportiva. Io per un buon periodo ho insegnato all’Action Boxe, una società che a cavallo tra 1995 e il 2000, era considerata tra le migliori del Lazio, ed è stata all’epoca una bella avventura. Poi nel 2005 ho iniziato qui con Vagni e Milone”. Pasquale Milone, poliziotto in pensione, anche lui ha iniziato da pugile con la Boxe Ostiamare per continuare alla ferrea scuola di Alfredo Ricchetti
all’Audace e alle Fiamme Oro: “Poi è la solita storia, questo sport ti entra nel sangue. Per certi versi ti rende schiavo e occupa buona parte del tuo tempo. Io ho aperto un bar per i miei figli e gli dò una mano quando sono libero dagli impegni di palestra”. Stefano Vagni, in pratica insieme a Milone, il fondatore della Società, ha avuto una storia molto più impegnativa da pugile: “Sono cresciuto nella Coletta e Nardiello di Acilia.Il maestro all’epoca era Raffaele Nardiello, per me un mito. Mi allenavo con gente del calibro di Vincenzo Nardiello e Mauro Galvano, che diventeranno da professionisti campioni del mondo, di Giulio Coletta, attuale tecnico delle Fiamme Oro e della Nazionale. Sono nato e cresciuto con questi campioni in una palestra che mi ha formato non solo pugilisticamente, ma anche come uomo. Poi sono entrato nelle Fiamme Oro agli ordini di Gino Filippella e Renato Mura, fratello del compianto Alberto, dove ho acquisito una grande esperienza internazionale. Tutti grandi maestri dai quali ho appreso quelle nozioni che poi mi sono diventate utili per insegnare. La mia prima palestra è stata aperta a Fiumicino insieme a Vincenzo Moruzzi, la Boxing Club Fiumicino, poi me ne sono andato e sono arrivato qui”. Come nasce il nome Il Gladiatore Boxe
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Academy ? “Eravamo partiti con l’dea de Il Gladiatore rappresentato dal nostro logo iniziale, ma mi sembrava incompleto, per questo si è aggiunto Boxe Academy, la parola boxe ci deve essere comunque”. Quando è nata la Società e come avete trovato i locali? “La Società ufficialmente è nata il settembre del 2004. Ricordo ancora perfettamente quando io e Pasquale Milone siamo arrivati quì. La zona era isolata e qui era un capannone semidistrutto. Eravamo perplessi, ricordo perfettamente che era il primo maggio, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo costruito la prima scala di legno per salire e da lì abbiamo trasportato il materiale. Da maggio ad agosto compreso abbiamo lavorato senza sosta, anche 20 ore al giorno, abbiamo rifatto tutto bagni, nuovi tramezzi, parquet, vetrate, e alla fine siamo riusciti ad aprire questa palestra, una struttura di 1200 mq.. E’ stata dura ma una bella esperienza. La soddisfazione è stata che la zona ha risposto bene e anche i dintorni. I ragazzi vengono da Acilia, dalla Capitale, da Ostia, da Fiumicino e persino da Pomezia. Prendiamo una bella fetta di territorio e i risultati ottenuti dai nostri atleti ci stanno ripagando. La palestra tra agonisti (una ventina) e amatori (circa 300) è sempre piena. Ci sono anche altre discipline e noi solo per la boxe facciamo cinque turni cominciando la mattina dalle 9,30, poi alle 13,45, alle 16, alle 17,15, e l’ultimo alle 18,30. Il martedì e il giovedì facciamo anche un turno alle 20,30 ”. Avete conquistato qualche titolo ai campionati italiani? “Altrochè. Solo con Davide Cenciarelli ne abbiamo conquistato 4 facendo la trafila da schoolboy a senior. Abbiamo vinto con Giuliano Natalizi due titoli
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(schoolboy e junior), con Mirko Natalizi ( Juniores), Nicola Baldari, fino al recente titolo degli Youth conquistato da Kevin Di Napoli. Abbiamo avuto anche dei professionisti, quando Fedele Bellusci ha conquistato e difeso l’ Intercontinentale stava da noi. Per lungo tempo qui si è allenato Ciro Ciano. Adesso ha ripreso ad allenarsi da noi Manuel Ernesti e ogni tanto fa capolino Patrizio Maruzzelli. Ultimamente spesso si vengono ad allenare da noi Domenico Valentino e Clemente Russo, perchè sono seguiti da un preparatore atletico che sta a Ostia. Vengono quì con alcuni sparring. Per i ragazzi è un motivo d’orgoglio in più vedere dal vivo simili campioni”. Spesso ai ragazzi viene fatta la domanda su un giorno bello e uno brutto, la stessa domanda si può fare a un maestro? “Tra il lavoro e la palestra i sacrifici sono tanti. Ma è pur sempre una soddisfazione e lo faccio volentieri. Anche per i maestri ci può essere un giorno brutto o negativo che sia. Questo accade quando un pugile perde malamente, quando un pugile va al tappeto ci rimani male. Se perde può succedere, la sconfitta fa parte del gioco, ma quando un ragazzo prende
una punizione è una sconfitta anche per il maestro, indirettamente colpevole di non averla potuto evitare. Poi c’è da considerare un lavoro dietro prima e dopo, perchè devi ricominciare da capo anche a livello psicologico per rimettere il ragazzo in forma. Logicamente quando vince un tuo ragazzo è sempre un momento bello, ma in mente ho una giornata particolare del 2010 quando ai Campionati Italiani Youth, io portai due ragazzi, Nicola Baldari e Giuliano Natalizi, che presero la medaglia d’oro. Impossibile dimenticare quella giornata”. A livello Municipio come è vista la società? “Io ho un accordo con un ufficio ben preciso del Comune con cui faccio allenare e seguo gratuitamente ragazzi con problemi familiari e a livello sociale. Riconoscono il lavoro da noi fatto, utile anche per la Comunità, ma non intervengono con aiuti. Non succede solo a noi, ma anche agli altri sport. Non è un problema perchè noi andiamo avanti per la nostra strada”. ..............
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QUA D R I SOCIALI PRESIDENTE
Annalisa Rivieccio. CONSIGLIERI
Barbara Rivieccio, MassimilianoVagni, Pasqualino Milone. TECNICI TITOLARI
Stefano Vagni e Pasqualino Milone. TECNICI C O L L A B O R AT O R I
Fabio Carice e Vittorio Crusco. PUGILI AG O N I S T I
Matteo Giovannini, Valerio Nocera, Cristina Bocci, Alessio Lo Franco, Marco Castellucci, Damiano Ranucci, Gabriel Tiberius Tican, Lorenzo Paccasassi, Daniele Cristiani, Adrian Vlad Codrici, Sara Solito, Giuseppe Scordo, Giacomo Mancini, Gianmarco Aureli, Yury Bianchi, Kevin Di Napoli, Valerio Bernasconi, Francesco Carlaccini, Fedrico Glaciale, Manolo Morena, Alexandru Gutu, Mirco Natalizi, Roberto Natalizi, Giuliano Natalizi, Pino Salce, Patrizio Zeila, Edoardo Scioscia, Ermanno Pontone. ...........
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Vagni che controlla i tempi di allenamento in palestra e alle f igure con Giuseppe Scordo. Sotto gli allievi della Boxe Academy grandi e ...piccoli; Fabio Carice con un allievo alle passate.
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RAI E FPI
VERSUS
G E N E R A Z I O N E D I CA M P I O N I
Il Pugilato su Rai Gulp. Il nuovo format made in FPI dedicato agli Sport Olimpici di Michela Pellegrini ph FPI D O M E N I CA 2 2
FEBBRAIO i guantoni azzurri sono stati protagonisti sul Canale della Direzione Rai Ragazzi in “VERSUS – Generazione di Campioni”, il nuovo format cross mediale realizzato ed ideato da Rai Gulp con la collaborazione della Federazione Pugilistica Italiana (capofila delle Federazioni Sportive Nazionali) e con il patrocinio del CONI e dell’Assessorato alla Scuola, Sport, Politiche giovanili e Partecipazione di ROMA CAPITALE. L’ambizioso progetto, finalizzato alla diffusione dei valori dello Sport per avviare i giovani ad una sana, corretta e divertente pratica sportiva, è stato presentato il 17 febbraio a Roma presso la Sala Giunta del CONI, alla presenza del Presidente CONI Giovanni Malagò, dell’Assessore alla Scuola, Sport, Politiche Giovanili e Partecipazione di Roma Capitale Paolo Masini, del Direttore di Rai Ragazzi Massimo Liofredi, del Presidente della FPI Alberto Brasca e dei Campioni di “VERSUS”. Proprio il padrone di casa, il Presidente CONI Malagò, ha aperto la serie degli interventi: “Un progetto, quello di Versus, presentatomi da RaiGulp ma preannunciatomi con una telefonata dal Presidente FPI Alberto Brasca, a cui ho aderito immediatamente. Questo format, infatti, combacia perfettamente con la mission del CONI, fatta di esaltazione dei valori dello sport, lotta alla obesità e sedentarietà, soprattutto infantile. Bisogna continuare a far conoscere tutti gli sport, anche quelli meno noti, perché ciò ha già portato ottimi risultati. “VERSUS” inoltre darà visibilità all’intero panorama sportivo italiano, fornendo un mezzo alle Federazioni per reperire risorse.” Il microfono è poi passato all’Assessore Masini: “VER-
SUS” queste le sue parole “s’innesta perfettamente nei piani di Roma Capitale e non rappresenta solo un format innovativo ma anche e soprattutto l’occasione per far conoscere e diffondere i valori di tante discipline sportive. Con
“...l’attività sportiva non solo è importante per la salute ma è fondamentale per far capire ai ragazzi che non esistono nella vita come nello sport, dei nemici ma solo avversari con cui competere in modo sano e leale...” questa collaborazione tra realtà importanti impegnate sui temi della formazione e dello sport daremo ai nostri ragazzi contenuti, approfondimenti e una sana competizione, mettendo al centro dell’attenzione la loro crescita. Siamo partiti con lo spirito giusto, quello della
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sinergia e della condivisione: lo stesso che deve illuminare il cammino verso il sogno olimpico di Roma 2024”. Dopo di lui ha preso la parola il Direttore di Rai Ragazzi, Massimo Liofredi: “Investire nel ‘linguaggio’ dello sport attraverso progetti come questo non solo è un dovere per gli operatori del Servizio Pubblico Radiotelevisivo ma anche un’importante sperimentazione per registrare i gusti e le tendenze delle nuove generazioni”. “Poi - ha proseguito il Direttore - “l’attività sportiva non solo è importante per la salute ma è fondamentale per far capire ai ragazzi il valore della competizione e della partecipazione e che non esistono nella vita come nello sport, dei nemici ma solo avversari con cui competere in modo sano e leale”. Il Presidente FPI Alberto Brasca ha chiuso la conferenza stampa: “Ringrazio il Presidente Malagò per le belle parole che sempre esprime nei miei riguardi e in quelli della Boxe. Sono orgoglioso di vestire i panni del Capofila di questo progetto, cui ha copiosamente lavorato il mio Ufficio Stampa. Il motivo è semplice: Versus esalta quei valori comuni a tutte le nostre discipline. Chi ama uno sport, ama tutti gli sport. Credo, infatti, nella sinergia tra le Federazioni. La FPI, a tal proposito, sta per lanciare la campagna #noisiamoenergia insieme al Badminton e alla Pesistica, con la supervisione del nostro Main Sponsor Energetic Source”. In rappresentanza della FPI hanno presenziato anche il Vicepresidente Federale Walter Borghino ed il Segretario Generale Alberto Tappa. Il Pugilato Italiano è stato rappresentato dal pluricampione Roberto Cammarelle e dall’azzurra Irma Testa, entrambi seduti al tavolo dei lavori insieme ad alcuni dei grandi protagonisti dello Sport Italiano e di “VERSUS”:
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per il Pentatholn Francesca Tognetti e Clara Maria Cesarini, per la Vela la pluricampionessa Alessandra Sensini, e Carolina Albano, per il Triathlon Michela Pozzuoli e Alberto Casadei, per il Canottaggio Ludovica Serafini e Romano Battisti, per il Tiro a Segno Martina Pica, per il Badminton Rosario Maddaloni, per il Sollevamento Pesi Antonino Pizzolato e Mirko Scarantino e per il Tiro con l’Arco Leonardo Santoro e Mauro Nespoli. Il programma avrà una durata biennale e sarà composto da 28 puntate con cadenza settimanale della durata di 15 minuti c.a., in cui saranno presentati i 28 Sport Olimpici Estivi Nazionali, attraverso immagini storiche e quelle realizzate con i Campioni senior e junior di ogni Federazione coinvolta nel progetto. Da settembre 2015 fino alle porte di Rio 2016 inizierà la seconda parte del programma nel quale i 28 sport olimpici saranno messi in competizione. Le varie discipline continueranno a gareggiare anche sul web, in un vero e proprio torneo sul sito del programma: www.versus.rai.it realizzato dalla Direzione Web della Rai, che raccoglierà tutte le informazioni e le curiosità sui veri protagonisti dello sport: gli atleti e i loro “maestri” attraverso una vasta sezione dedicata alla descrizione e approfondimento dei 28 sport olimpici estivi nazionali. Un programma scritto da Michele Bertocchi, Paolo Logli, Roberta Ribera con la collaborazione di Francesca Fedeli. Regia di Marco Maiello. Conduce Carolina Rey. ..............
Foto della conferenza stampa della presentazione del programma VERSUS (qui accanto, il logo).
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C A M P I O N AT O I B F
di Alfredo Bruno ph Renata Romagnoli
MONCELLI CA M P I O N E I B F Adesso è una certezza. Alto il gradimento televisivo C O R AT O ,
23. 01. 2015 Felice Moncelli di fronte alla sua gente, al Palasport Losito di Corato, ha conquistato il suo primo titolo, l’International IBF dei superwelter. Il giovane pugliese, appena 21 anni, ha superato dopo aspra lotta il francese del Camerun Dieudonne Belinga dopo 12 riprese equilibrate come in sostanza certificano i punteggi dei giudici: 115-112, 114-113 e un pari 114-114. Il match è stato televisivamente spettacolare e gli spettatori non hanno certo avuto modo di annoiarsi. Moncelli, che aveva
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all’angolo il maestro D’Alessandri, il compagno di palestra Bevilacqua e il cutmen Catizone, ha svolto la più elementare delle tattiche: l’attacco senza soste dal primo minuto fino al suono del gong finale. Una tattica estenuante che il giovane ha retto bene pur non avendo l’esperienza dei 12 round e pur avendo avuto una preparazione ridottasi a circa 20 giorni con qualche chilo da perdere. Il francese Belinga dal canto suo ha fatto la sua parte: fisico scultoreo, ha dimostrato di avere ampi margini di fiato e una velocità d’esecuzione non indifferente, e se avesse avuto più potenza, sarebbero stati dolori per il pugliese, che nell’arco del match ha dovuto incassare vari colpi. Le riprese si sono svolte in modo equilibrato con l’iniziativa quasi sempre nei pugni di Moncelli e le veloci repliche dell’avversario che tra l’altro, un mancino, usava il destro in maniera perfetta riuscendo a doppiare i colpi in qualche occasione con un velenoso montante. Moncelli logicamente raccoglieva frutti preziosi dalla corta con colpi efficaci anche se Belinga con il tronco riusciva ad evitare una buona parte. Ci sono stati alcuni frangenti in cui l’allievo di D’Alessandri dava l’impressione di avere la conclusione prima del limite a portata di mano come nella quinta ripresa quando l’avversario vacilla su un destro pesante, nella ripresa successiva quando Belinga non sembra più in grado di arginare una simile furia. Ma il francese ha doti di incassatore non comune e approfitta del rallentamento di Moncelli nel VII e VIII round. Nelle riprese seguenti, comunque, il pugliese ritrova preziose risorse e riprende il suo assalto, rischia nell’11mo round quando viene chiuso alle corde, ma nell’ultimo round mette il sigillo della vittoria con uno-due pesante sotto tutti i punti di vista. Moncelli è migliorato in tutti gli aspetti da quando venne a Roma e scelse come sua base di allenamento la Phoenix Gym di Pomezia dove tecnico D’Alessandri gli ha cucito su misura l’abito del fighter solido e asfissiante, il temperamento raro con il quale anche in passato ha risolto situazioni scabrose ha fatto il resto. La sorprendente vittoria prima del limite su Matano, che lo ha laureato
campione italiano, non è stata un caso come ha dimostrato a livello internazionale il successo su Belinga. “Faccia d’angelo” come viene battezzato il pugliese riscuote simpatie non comuni e azzecca la mossa d’effetto davanti ai microfoni ringraziando l’organizzatore Davide Buccioni per averlo fatto combattere tra la sua gente. Negli altri incontri di questa bella riunione ci sono stati il vittorioso rientro di Valerio Ranaldi che ha sconfitto prima del limite in due riprese Valter Fiorucci nei supermedi; il rientro di Mirco Ricci nei mediomassimi dopo un periodo di assenza con una vittoria ai punti su Leo Tchoula; mentre nei medi Damiano Falcinelli otteneva il suo secondo successo da professionista, superando ai punti in 4 riprese Ricardo Mellone, un avversario non facile. A sinistra l’urlo liberatorio di Moncelli dopo la vottoria contro Belinge; una fase del match dove Moncelli pressa su Belinge; Falcinelli vincitore su Mellone; Valerio Ranaldi protegonista del suo buon rientro.
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I N T E R C O N T I N E N TA L E I B F
DU E T I T O L I IN UNA NOTTE Esposito e Tuiach sono campioni a Trieste di Alfredo Bruno ph Filippo Moccia T R I E S T E , 1 3 / 1 2 / 2 0 1 4 E’ tornata la grande boxe a Trieste grazie all’organizzatore Mario Loreni in collaborazione con il Planet Fighters Boxe. Il match clou che vedeva di fronte Samuele Esposito e Brunet Zamora, valevole per l’Intercontinentale IBF, andato in onda su Italia 1, ha fatto
da apripista alla serata di Las Vegas. Diciamo che lo spettacolo non ha affatto sfigurato per la sua intensità e capovolgimenti di fronte rispetto a quello americano. Esposito, fresco campione, rischiava molto nel mettere in palio il titolo contro un veterano del calibro di Brunet Zamora, 40 anni, che ha dimostrato di avere ancora molte frecce nella faretra. La potenza dell’allievo di Zurlo ben controllato nelle prime due riprese dalla superiore tecnica del cubano-triestino si sprigionava nel terzo round con un poderoso gancio destro che costringeva l’avversario in ginocchio. Ancora un po’ frastornato Zamora doveva far fronte alla furia dell’avversario culminata con un gancio sinistro. Per Zamora che cade al tappeto arriva il secondo conteggio. Esposito vuole concludere, ma spreca molte energie contro un avversario in affanno, che teme la sua potenza.
Ma pian piano Zamora recupera e lo dimostra con un saettante gancio destro accusato da Esposito. Il triestino utilizza bene il jab, ma deve incassare colpi pesanti, che, però sembra assorbire bene. Il match è incandescente e Zamora è sempre pericoloso, tanto che al nono round incrocia Esposito con un pericoloso gancio destro. Il napoletano dimostra di aver effettuato una buona preparazione e anche se talvolta è impreciso tiene in soggezione con la sua potenza lo sfidante, che nelle due ultime riprese cede terreno di fronte alla maggiore potenza e soprattutto alla più giovane età di un avversario, che ha dimostrato negli ultimi matches buoni progressi. La vittoria non sfugge a Esposito. Nella stessa serata Fabio Tuiach batte per squalifica alla nona ripresa Gianluca Mandras in un match valevole per il titolo italiano, lasciato vacante da Matteo Modugno. Tuiach in pratica è al suo secondo titolo avendo vinto nel 2006 quello dei massimi leggeri superando prima del limite Ferrara. Come si ricorderà il triestano aveva già provato nella massima categoria, ma aveva trovato sulla sua strada Matteo Modugno nel 2013. Anche Mandras ha avuto la sua chance, ma è stato squalificato contro Modugno. Negli altri incontri Loredana Piazza effettuava la rentrèe superando ai punti la slovacca Claudia Ferenczi e Francesco Acatullo metteva in luce le sue possibilità superando l’esperto Emanuele De Prophetis. ..............
In alto ,Tuiach vincitore di Mandras. Sotto, il momento prima dello scambio tra Esposito e Zamora.
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