13 Magazine N. 155

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SPECIALE

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15 Ma come parli?

51 Salute e Benessere

19 La diagnosi dello specialista

53 Questione di cilindri

21 L’italiano degli italiani

61 Budget e Ricette

25 Ho perso le parole

66 Oroscopo

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29 Il Problema “Itanglish” 31 Gli stranieri e l’italiano

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X NEWS

49 RUBRICHE

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13 Editoriale

13 IMMOBILIARE

51 32 Arte e Cultura 37 Spettacolando 41 Mode e Modi

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di Maurizio Carta

COLOPHON Anno 16 · n.155 · GENNAIO 2017 mensile d’informazione: politica, attualità, cultura, sport, spettacolo, moda www.13magazine.it Direttore Editoriale Claudio Petrollo claudio@visioni-grafiche.it

Direttore Responsabile Maurizio Carta maurizio@visioni-grafiche.it

Art direction Cristian Bifolco cristian@visioni-grafiche.it

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Stampa Distribuzione C.P.C.B. Service 13 MAGAZINE · tutti i diritti di riproduzione riservati. Salvo accordi scritti o contratti di cessione di copyright, la collaborazione a questo mensile è da considerarsi del tutto gratuita e non retribuita. 13 MAGAZINE · Reg. Trib. di Roma n.439/2009 del 18-12-2009

13 MAGAZINE seguilo su

“NULLA AFFASCINA UN BAMBINO COME IL RACCONTO DI UNA TORTURA” Leonard Cohen inizio del 2017 non è stato esaltante in fatto di cronaca nera. Dal ragazzo di sedici anni che assolda l’amico per far ammazzare i genitori, all’ennesima ragazza sfregiata con l’acido; dal tipo che dà fuoco alla fidanzata, alla mamma che tenta di uccidere la figlia con i sedativi: una decina di giorni nei quali c’è stato il solito stillicidio di fatti sadici e comportamenti malati, episodi che troppo frettolosamente vengono bollati, al ribasso, come “violenti”. Ormai la misura è colma a tal punto che Fiorello ha proposto di eliminare la cronaca nera dai palinsesti televisivi pomeridiani. Anche perché una persona normale non può che essere nauseata dalla crudeltà, dalla ferocia, dalla mancanza del minimo bagliore d’umanità che certi fatti, di per sé, raccontano. Nei giorni successivi al delitto della villetta di Pontelangorino (la coppia ammazzata su committenza del figlio a colpi d’accetta), diverse testate giornalistiche hanno dedicato pagine d’approfondimento al caso. L’Ansa, Il Secolo d’Italia, l’Adnkronos, il Corriere della sera hanno pubblicato una specie di cronistoria dei casi simili, riportando alla memoria i casi di Pietro Maso, Carlo Nicolini, Erika e Omar, Guglielmo Gatti, Valerio Ullasci, Igor Diana e tanti altri. Ciò che colpisce, nello scorrere la galleria degli orrori, è che tra i circa dieci fatti tirati in ballo solo un paio - le vicende di Roberto Succo (1981) e Doretta Graneris (1975) - sono precedenti al 1989, il fatidico anno che ha cambiato il paradigma del nostro tempo. Ciò tacendo del fatto che aggredire qualcuno per sfigurarlo con l’acido era, fino a una decina d’anni fa, un gesto che sembrava appartenere alle cronache provenienti da paesi e contesti lontani come l’India, l’Africa o l’Asia. Dunque in venticinque anni l’Italia è cambiata anche da questo punto di vista. Archiviata la stagione del terrorismo, degli scontri nei cortei (quelli sporadicamente ancora esistono ma è perlopiù

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EDITORIALE

IL MENSILE

PIÙ DIFFUSO E LETTO DI ROMA

SUD

roba da teatro adolescenziale), delle risse da stadio, la violenza sembra essere stata silenziata nelle masse ma sembra esplodere - sotto forma di sadismo esasperato - nei fatti di cronaca che riguardano il quotidiano. A questa circostanza Massimo Fini, scrittore e giornalista, ha dedicato una lunga serie d’articoli. La riflessione di Fini è sostanzialmente una: che i “delitti delle villette a schiera” sono l’incontrollato esplodere di una violenza che appartiene alla natura umana ma che, nella società contemporanea occidentale, non ha più valvole di sfogo. Dunque riemerge in forme sadiche e paradossali. Le argomentazioni di Fini sono molto convincenti. Ad esse va aggiunta una possibile riflessione su cosa accomuna l’adolescente annoiato che massacra i genitori o il ragazzo geloso che dà fuoco alla ragazza. E a ben vedere, qualcosa c’è. È il sospetto che questi ragazzi siano stati cresciuti dai rispettivi genitori in un mondo a misura del famoso spot televisivo: “Tutto intorno a te”. Un universo unilaterale fatto di comodità, certezze, rassicurazioni. Un mondo privo di “no”, di fatiche, di rigore, di esempi. Il resto lo fa la vita. Perché quella non aspetta nessuno e pone questi simulacri di persone di fronte a sfide per loro inimmaginabili. Un rifiuto, un problema, un ostacolo diventano categorie insormontabili. Da lì, il cortocircuito e l’esercizio di un sadismo che racconta la totale estraneità all’idea che gli altri - fossero pure i genitori o l’amata - abbiano diritto a esistere, ad essere qualcosa di diverso da semplici giocattoli da portare via con sé. È il segno di una crisi che, prima ancora che essere economica, investe le categorie morali della società.

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di Dante Cruciani

MA COME PARLI ? o scorso 5 gennaio, in occasione della morte del grande studioso Tullio De Mauro, Il Fatto Quotidiano titolava così: “Il linguista senza telefonino che studiava l’analfabetismo di ritorno”. Dunque la morte del celebre professore è stata anche l’occasione per tirare le somme su un Paese che, a causa dello stile di vita, sta progressivamente mutando il rapporto con la propria lingua. Oggi, stando alle parole di qualche anno fa dello stesso De Mauro, il 5% degli adulti tra i 14 e i 65 anni “non è in grado di accedere neppure alla lettura dei questionari perché gli manca Tullio De Mauro la capacità di verificare il valore delle lettere che ha sotto il naso [...] Poi c’è un altro 38% che identifica il valore delle lettere ma non legge. E già siamo oltre il 40%. Si aggiunge ancora un altro 33% che invece legge il questionario al primo livello; e al secondo livello, dove le frasi si complicano un po’, si perde e si smarrisce: è la fascia definita pudicamente a rischio di analfabetismo. Si tratta di persone che non riescono a prendere un giornale o a leggere un avviso al pubblico. E così siamo ai tre quarti della popolazione. […] Così facendo, si arriva alla conclusione che solo il 20% della popolazione adulta italiana è in grado di orientarsi nella società contemporanea: nella vita della società contemporanea, non

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SPECIALE

GLI ITALIANI E L’ITALIANO: UN RAPPORTO COMPLICATO MA VIVO nei suoi problemi, beninteso”. I dati di De Mauro coincidono con quelli di una grande indagine Istat del 2012, la quale dice anche tante altre cose interessanti: che in famiglia solo la metà dei connazionali parla in lingua italiana (circa il 47% usa il dialetto) e che pochissimi italiani si dicono sicuri di “comprendere testi anche impegnativi e di usare la lingua in modo flessibile e con piena padronanza” (si parla di una quota pari al 15%). Per il resto, sempre in base a tale studio, sono state evidenziate alcune linee di tendenza abbastanza intuibili: l’uso del dialetto incide in maniera più alta al sud e, in generale, con l’avanzare dell’età; le donne parlano più spesso in italiano anche in famiglia; il ricorso al dialetto è tanto più alto quanto più basso è il titolo di studio. Ma dal 2012, in termini sociali e linguistici, è ormai passata un’epoca. Il quinquennio (in italiano si direbbe “lustro”) alle spalle è stato quello dell’incisiva affermazione dei social network e degli strumenti di comunicazione attraverso smartphone. Da un primo punto di

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SPECIALE vista, due realtà su tutte - Facebook e Whatsapp - hanno contribuito a plasmare anche la lingua italiana, mettendo a nudo le potenzialità comunicative ma anche la diffusa ignoranza. Da un secondo punto di vista, alcuni fenomeni sociali hanno altrettanto inciso sul vivo uso delle parole (si pensi alla crescente presenza di immigrati, alla disoccupazione, alla crisi nei rapporti tra i sessi e nell’identità sessuale, eccetera). Termini come petaloso, scialla, webete, whatsappare, divanoso, accollarsi, spoilerare, apericena, taggare, pigiamarsi, bullizzare, gugolare, shazammare, bannare,

I GUARDIANI DELLA LINGUA

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al 1583, l’Accademia della Crusca è il primo punto di riferimento per chiunque voglia conoscere in senso storico e critico la lingua italiana. Le attività di cui si

occupa sono molteplici. Si va dalla collezione di opere che riguardano l’uso dell’italiano in ambiti specifici (ad esempio nell’arte e nei ricettari, solo per citare due delle ultime iniziative) al monitoraggio di neologismi e forestierismi; dalla promozione del multilinguismo in Europa all’offerta di materiali didattici per gli stranieri che si approcciano all’italiano; dalla promozione dell’italiano nel mondo alle attività nelle scuole; dalla partecipazione ad alcune trasmissioni televisive al vaglio dell’italiano usato nei testi di legge. Sono tutte attività importanti. Tuttavia, da qualche anno a questa parte, appare ancora più importante l’attivismo dell’Accademia in rete, in particolare dentro Facebook e sul proprio portale. Per la prima volta, attraverso strumenti diretti, la Crusca ha stabilito una specie di rapporto diretto con gli italiani, i quali travolgono di domande l’istituzione. Ad oggi, si contano più di 30 domande al giorno e circa 500 quesiti con risposta forniti durante l’anno. Questa funzione, che va avanti da fine Ottocento, è forse l’aspetto che rende più viva e importante l’Accademia. Un lavoro che diventa compiuto con la pubblicazione della rivista “La Crusca per voi”, un foglio semestrale che dal 1990 è dedicato alle scuole e ai cultori della lingua italiana.

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docciarsi, tablet, svapare, selfie, virale, mobbing, impiattare, hashtag, hipster e tanti altri raccontano come è cambiato il vocabolario ma anche come è cambiato il Paese. “Scialla” (“stai tranquillo”), parola considerata scontata se non vecchia dai giovani, è probabilmente di derivazione araba. Secondo un’opinione diffusa, potrebbe infatti derivare da inshallah, formula di saluto islamica che vuol significare “stai tranquillo, se Dio lo vorrà tutto andrà bene”. Difficile immaginare l’introduzione di “scialla” senza il contesto sociale che l’ha prodotta. Ma questo vale anche per il resto. Impiattare, verbo inesistente nel vocabolario delle nonne italiane (quelle che spesso, appunto, “impiattano”), è ormai la più banale delle parole nelle dozzine di trasmissioni televisive che si occupano di cucina. “Svapare” è una parola impossibile da comprendere senza la nascita della sigaretta elettronica. “Mobbing” o “bullizzare” designano due fenomeni di sopraffazione che derivano da parole anglosassoni (“to mob”, tormentare; “to bully”, fare il prepotente). Gugolare, shazammare, taggare, webete, bannare, whatsappare, spoilerare, hashtag, tablet sono termini che derivano tutti dal mondo delle applicazioni, dei social e, in generale, dell’informatica. Apericena, docciarsi, pigiamarsi indicano invece precise e frettolose abitudini del quotidiano. Ma la lingua non è solo parole nuove, non è solo l’introduzione di termini che spesso fanno storcere il naso ai linguisti più conservatori. Perché in epoca di globalizzazione il problema maggiore dell’italiano è l’uso - pur esistendo termini perfettamente pertinenti nell’idioma di Dante - di parole prese in prestito dall’inglese (anglicismi). Abstract (sintesi), austerity (austerità), authority (autorità), appeal (fascino), asset (bene, risorsa), benefit (indennità), bipartisan (bipartitico, bilaterale), brand (marca), boss (capo), corner (angolo), low cost (economico), mission (missione), network (rete, sistema), catering (servizio di ristorazione), copyright (diritto d’autore), gender (genere), mail (posta), policy (regole, criteri) e ben altri circa 300 lemmi non hanno nessuno scopo d’uso perché esistono i rispettivi sinonimi italiano. Contro tutto questo è nata una petizione (#dilloinitaliano) volta a mantenere un reale bilinguismo e a contrastare la mortificazione sia della lingua italiana che di quella inglese. In ogni caso, è plausibile anche che non tutto sia nero come sembra. Donata Schiannini, esperta linguista, osserva ad esempio che i social network potrebbero apportare un valore aggiuntivo all’italiano. Ciò perché le lingue sono vive finché cambiano e perché gli italiani con i tweet, le email, i post e gli sms si stanno abituando a scrivere in breve, andando al punto, dopo anni in cui la scuola pubblica li ha invece portati ad “allungare il brodo”. Stessa cosa per i dialetti: la regionalizzazione della lingua sarebbe una tendenza utile per renderla più viva, più propria, più personale.


SPECIALE C’è poi un capitolo a parte che riguarda il grande interesse che l’italiano desta all’estero. Stando infatti ai dati diffusi nel corso della seconda edizione degli Stati Generali della Lingua Italiana (ottobre 2016), nell’anno scolastico 2014/2015 sono stati 2 milioni e 233mila gli studenti che in tutto il mondo hanno deciso di studiare la nostra lingua. Il dato - frutto di una crescita esponenziale rispetto alle stagioni scolastiche precedenti (in un anno gli aspiranti studenti sono cresciuti di circa mezzo milione) - configura

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il Ministero degli Affari Esteri, in collaborazione con alcune importanti istituzioni culturali (Accademia della Crusca, Istituto della Enciclopedia Treccani, Società Dante Alighieri, Accademia Nazionale dei Lincei e alcune università italiane), ha messo recentemente in piedi un grande portale della lingua italiana (www.linguaitaliana. esteri.it), uno strumento utile a chiunque voglia avvicinarsi al suo uso. In conclusione, è difficile dire che periodo passi l’italiano.

VOCABOLARIO ANNO 2017

uest’anno nella lingua italiana sono entrati ben 1.000 nuovi vocaboli. Tra di essi si contano “cam-girl” (ragazza che si mostra via internet), “meetup” (sito internet che facilita l’incontro tra persone), “confettata” (tavoli allestiti con diversi tipi di confetti), “emoji” (faccine di

animaletti e oggetti usate nei social network), “luogocomunismo” (tendenza a usare frasi fatte), “carognaggine” (tendenza ad essere persone cattive), eccetera. Tutto bene? Insomma. Perché per i termini che nascono ci sono quelli che rischiano di finire nel totale disuso. Gli esperti ne contano ben

l’italiano come quarta lingua al mondo dopo l’inglese, lo spagnolo e il cinese: un successo davvero incredibile se si pensa che l’Italia intesa come nazione non ha mai avuto un impero e che il Bel Paese è solo 23° nella classifica mondiale delle nazioni per demografia. Oggi, solo negli Stati Uniti, esistono 50 dipartimenti d’italianistica e 400 corsi a livello universitario. Circa 800 scuole prevedono nell’offerta formativa l’insegnamento della lingua italiana. Per venire incontro a questa domanda di cultura italiana,

3.000. Tra questi si segnalano parole come obsoleto, gaglioffo, meditabondo, pleonastico, bislacco, luculliano, solipsista, lapalissiano, eccetera. Insomma, il bilancio sarebbe a perdere per circa 2.000 lemmi. Tuttavia non va mai dimenticato che la lingua ha una straordinaria capacità di rigenerarsi e ripescare dal passato. Nell’articolo si è parlato della parola “scialla”, che sembra essere un arabismo del tutto nuovo introdotto nella lingua italiana. Sarà dunque il caso di ricordare che già cinquecento anni fa, quando i marinai genovesi tornavano a casa dopo lunghe assenze, gridavano “scialla, scialla!”. Il tempo passa, la lingua si rigenera.

Ciò che è certo è che la lingua nata con le opere di Dante non è morta ed è nel pieno della sua evoluzione. Questo fatto basta per far affermare a molti esperti che non bisogna preoccuparsi, che finché una lingua cambia è una lingua viva. Certo, a mezzo secolo dalle trasmissioni del maestro Manzi - colui che in Rai cercò di strappare milioni di italiani all’analfabetismo (il programma era “Non è mai troppo tardi”) - forse era più che legittimo aspettarsi progressi più consistenti. Tullio De Mauro, citando Leonardo, poneva il problema della lingua come elemento che distingueva le persone dalle bestie: “Rischiamo di diventare sempre di più transiti di cibo piuttosto più che di idee, conoscenze, sentimenti di partecipazione solidale”. E dire che a Roma, per invitare a parlare chiaro, si usa invece dire “Parla come magni”. La lingua: così è, se vi pare.

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di Paola Stefanucci

SPECIALE

LA DIAGNOSI DELLO SPECIALISTA COLLOQUIO CON IL PROFESSOR SERIANNI, TRA I MASSIMI ESPERTI DI LINGUA ITALIANA

a disaffezione per l’idioma italiano di tanti nostri connazionali - certificata anche dall’eloquente percentuale di parole straniere, soprattutto inglesi, che dilagano nel linguaggio comune - comincia a diventare un fenomeno preoccupante.

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Ne parliamo con il professor Luca Serianni, docente di Storia della lingua italiana all’Università “La Sapienza”, socio dell’Accademia della Crusca e dell’Accademia dei Lincei, nonché vicepresidente della Società Dante Alighieri. Serianni è autore di una grammatica di riferimento della lingua italiana e di innumerevoli testi in proposito. L’ultimo: “Parola” (ed. Il Mulino). Professor Serianni, tra xenismi, scurrilità e pressappochismi, che lingua parliamo? “La lingua parlata ha un naturale tasso, del tutto fisiologico, di approssimazione. Pensiamo all’uso di nomi generali come “cosa” o “fatto” (“questa cosa / questo fatto mi ha proprio seccato”); se, in un contesto colloquiale e informale, usassimo un lessico appena più sorvegliato, rischieremmo di sembrare affettati, di “parlare come un libro stampato”, che non è esattamente un complimento (“questo episodio

ha suscitato la mia irritazione”). È innegabile, invece, che il turpiloquio sia largamente entrato nel parlato quotidiano: le parolacce, e talvolta addirittura la blasfemia, sembrano dilagare, dal parlato giovanile di entrambi i generi, a quello delle persone pienamente adulte, che in questo come in altri aspetti si sforzano di apparire giovanili e disinibiti. Personalmente, è un atteggiamento che comincia a darmi un certo fastidio e condivido la reazione che, non molto tempo prima di andarsene, aveva manifestato in proposito Umberto Eco”. Quali sono i criteri usati per accogliere un neologismo nel dizionario? “L’operazione di rinnovare il lemmario è delicata e investe in pieno la sensibilità linguistica del lessicografo. Non può che essere un lavoro di alto artigianato: bisogna scommettere su quei neologismi che hanno una certa possibilità di attecchire e rinunciare a far salire a bordo quelli destinati a bruciarsi nell’arco di pochi mesi. Un certo numero di nuove entrate sarà rappresentato da termini della scienza e della tecnologia, mentre le creazioni ricavate dalla cronaca politica sono per loro natura effimere e dovrebbero, se mai, essere monitorate in dizionari specifici come quelli, eccellenti, realizzati qualche anno fa, da Gianni Adamo e Valeria Della Valle. È importante, poi, registrare nuove accezioni di parole già in uso: spesso si tratta di neologismi significativi, anche se rischiano di passare inosservati perché, dal punto di vista del significante, cioè della pura materialità fonetica, sono già patrimonio della lingua”. Anglismi: assuefazione, rassegnazione o rivolta? “Indubbiamente il fenomeno dilaga e, mentre qualche anno fa ero ottimista sulle possibilità di metabolizzazione dell’italiano, ora comincio a nutrire qualche preoccupazione. Il

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di Elisa Marini dato saliente, peraltro non limitato all’italiano, è la colonizzazione da parte dell’inglese di interi settori del sapere, dalle scienze alla tecnologia. È normale, e inevitabile, servirsi dell’inglese quando si scrive un contributo scientifico di biologia molecolare o di analisi matematica; è sempre più diffuso lo studio universitario su manuali scritti direttamente in inglese; ma anche nella lingua quotidiana, a differenza di quel che avviene in francese e spagnolo, non c’è nessuna resistenza a usare un anglismo, nonostante la disponibilità del termine o dell’espressione italiani corrispondenti. Non vorrei, se non ci fosse una salutare reazione da parte degli stessi parlanti (sono loro, siamo noi, i naturali custodi del buon uso linguistico) che, tra qualche decennio, l’italiano si riduca, a somiglianza di un vernacolo, a circolare tra le quattro mura domestiche o a fungere da espressione della poesia (che, non casualmen-

SPECIALE

te, da qualche decennio conosce un’importante fioritura nei molti dialetti parlati nella Penisola)” Infine, Professore, in tale scenario - critico - qual è il suo giudizio sulla stampa italiana? La stampa è uno degli ultimi territori in cui si conserva un buon uso dello scritto. Penso naturalmente ai grandi quotidiani e agli articoli scritti o da esperti giornalisti professionali o da intellettuali e studiosi che sanno come ci si rivolge a un pubblico più largo. Peccato che la lettura appena distesa del giornale sia un’abitudine rimasta solo alla fascia più anziana della popolazione ed estranea in massima parte alla pratica delle nuove generazioni. Dal punto di vista dell’educazione linguistica non è la stessa cosa leggere con calma un editoriale e scorrerlo rapidamente sul tablet.

L’ITALIANO DEGLI ITALIANI

INTERVISTA A ROBERTO DI PIETRO, AGENTE LETTERARIO ED ESPERTO DEL MONDO EDITORIALE aureato in lettere e cultore dell’italianistica, Roberto Di Pietro è titolare, insieme ad Andrea Carnevale, dell’agenzia letteraria Edelweiss. Per Di Pietro l’italiano è la materia viva del lavoro di tutti i giorni: una professione che si sostanzia nel valutare opere letterarie di ogni genere, nel curare gli interessi degli autori, nel segnalare alle case editrici possibili testi che fanno al caso loro. Dunque si parla di un osservatore privilegiato dei cambiamenti inerenti l’italiano e il suo uso. Con lui abbiamo parlato di questo e del mondo dell’editoria… Che tipo di materiale vi arriva? Che lingua usano quelli che vi contattano? Coloro che si rivolgono a noi per una valutazione del testo, nella maggior parte dei casi, usano un italiano neostandard. Per italiano neostandard intendo una lingua non formale. Più precisamente, arrivano due tipi di testi. In primo luogo i testi modellati sul parlato: niente congiuntivi, sostituzione del congiuntivo con l’imperfetto indicativo, scarsissima consecutio temporum. In secondo luogo, testi che usano un italiano scolastico. Poi c’è un problema legato alle fasce d’età. Chi è andato in pensione vuole scrivere il libro della vita. Queste persone usano invece un italia-

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INTERGRATORI

VEGAN 1/VEGETARIANI

GLUTEN/LACTOSE FREE

BIMBI

PROTEINE

PROTEINE

PROTEINE

BARRETTE BIOLOGICHE CON FRUTTA O CACAO

MULTIVIT SPIRULINA OMEGA 3-6-9

BARRETTE

BCAA KYOWA

SHAKES BIOLOGICI VEGANI

BRUCIA GRASSI

PASTA SHIRATAKI

BRUCIA GRASSI

CIOCCOLATO

SALI MINERALI

FIOCCHI D’AVENA

SALI MINERALI

CORNETTI

AMINO ACIDI

PANE

MULTIVITAMINICI

GELATO

FIOCCHI D’AVENA

BISCOTTI - MUFFIN

PRE-ALLENAMENTO

CARNITINA

FIOCCHI DI QUINOA

DRENANTI

GALLETTE DI RISO E QUINOA

DRENANTI

GELATO PROTEICO

CIOCCOLATO

GELATO PROTEICO

POST - ALLENAMENTO

PATATINE

BARRETTE ANCHE LOWCARB

PRE- ALLENAMENTO

ANTIOSSIDANTI

BEEFJERKEY (CARNE SECCA)

BCAA KYOWA

NOCI MISTE

DOPO ALLENAMENTO

GALLETTE DI RISO MAXI

FLAX OIL

PASTI SOSTITUTIVI

SOFFIETTE DI RISO E QUINOA BIO


SPECIALE no che spesso è totalmente fuori dal contesto odierno. Quanto ai giovani, il maggior difetto che riscontriamo nei testi è che ricalcano più una matrice cinematografica che letteraria. Ciò è indicativo del fatto che si legge pochissimo e si vede tanta tv (serie, film, eccetera). Lo si capisce perché quasi nes-

male. Si parla di un mercato in continua trasformazione, sia sul breve periodo che sul lungo. Tendenzialmente i lettori stanno preferendo gli acquisti fuori dalle librerie, attraverso Amazon e Ibs, le due più grandi realtà distributive su internet. Adesso, in libreria, vengono premiati soprattutto i piccoli e

suno ha compreso che narrare significa mostrare una scena, significa dare al lettore le coordinate per vivere e immaginarsi uno scenario completo. Spesso arrivano dialoghi serratissimi, simulacri di romanzi che hanno addirittura il 90% del testo dedicato al dialogo. Ovviamente, dopo appena quattro pagine, chi legge non capisce più di che si parla, chi parla, cosa sta dicendo, cosa pensa, eccetera. Tra gli scrittori emergenti sta nascendo una nuova lingua italiana? Innanzitutto occorre capire quanto l’uso della lingua sia proprio dello scrittore o sia stato manipolato da un editor. Tendenzialmente oggi si tende a usare una lingua molto breve, con periodi brevissimi, frasi nominali (senza verbo), frasi scisse, punteggiatura quasi assente. La lingua è molto paratattica: solo frasi principali, abolizione quasi totale delle relative, poca coordinazione delle frasi. Parlo di pensieri molto brevi che quasi imitano la lingua di Twitter. Senza dover per forza demonizzare, a volte anche scrivere così è una qualità, evitando le parole inutili Oggi è ancora possibile vivere di letteratura? Certo, è sempre possibile, però è un po’ più difficile. Vivere di scrittura, con le sole pubblicazioni e puntando solo sul mercato italiano, è davvero complicato. Sono pochi gli autori che riescono a vivere con i proventi dei libri. Il libro riesce a dare altro: spesso attivare una notorietà dell’autore che gli permette di aprire collaborazioni con i quotidiani per fare articoli e recensioni. Oppure un lavoro nelle case editrici. Diciamo che vivere dei soli diritti d’autore è molto raro. Ci riescono in pochissimi. Come va il mercato dell’editoria? Si dice sempre che va male. In parte è vero. Ad esempio lo scorso Natale, rispetto agli ultimi anni e contrariamente alle aspettative, la vendita dei libri è andata particolarmente

medi editori, quelli che sanno ancora costruire un rapporto con i lettori, che si impegnano in nuove iniziative, che hanno un rapporto interattivo sui social. Oggi come oggi, i libri si vendono molto attraverso il passaparola e accelerano sui social. Nel variegato panorama del mercato letterario, ci sono generi che vanno meglio? Il genere che tira sempre e comunque è la letteratura per bambini, per l’infanzia e per i ragazzi, che siano libri illustrati o meno. Un fenomeno interessante che mi sento di segnalare riguarda l’aumento della letteratura religiosa. Per letteratura religiosa s’intende tutto ciò che è pertinente alla religione, sia pro che contro. Per esempio il fenomeno Biglino ha sparigliato le carte. Poi ci sono i gialli, quelli in traduzione oppure i gialli Sellerio: anche quelli vanno moltissimo. Altre generalizzazioni non mi sento di farle perché vanno più a caso singolo o a ondate. Chi vende ha sempre ragione? O meglio: l’autore che vende, vende sempre qualità? No, non necessariamente. Ciò non significa che non abbia ragione. Nel senso che evidentemente è riuscito a intercettare o incuriosire il pubblico. Dunque è anche giusto che venda. Raccontaci i casi più strani riguardanti i manoscritti che vi arrivano come agenzia letteraria… C’è una ricerca spasmodica dell’argomento che non è stato mai trattato. Si cerca di essere originali ma spesso mancano, sia dal punto di vista tecnico che contenutistico, gli elementi per far risaltare questa cosa. Si cerca di essere originali in maniera fine a se stessa. In realtà le grandi storie della letteratura presentano quasi sempre le stesse trame. Salinger diceva “Il mondo ha sempre bisogno di una storia tipo ragazzo ama ragazza”. In fondo i grandi temi della vita sono quelli, e non sono tantissimi.

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di Elisa Marini

SPECIALE

HO PERSO LE PAROLE GLI ITALIANI E LE LINGUE STRANIERE: TANTA BUONA VOLONTÀ MA RISULTATI DAVVERO SCARSI

n disastro. Non siamo esattamente ai livelli di Totò e Peppino che chiedono informazioni davanti al Duomo di Milano, ma poco ci manca. Stando a un’indagine condotta dal Censis nel 2016, il 66,2% degli italiani dice di conoscere almeno una lingua straniera, ma il 50,1% afferma che tale conoscenza è solo di tipo “scolastico”. Già, “scolastico”, una parola che spesso coincide con il sostantivo “nullo”. E il perché lo si deduce dall’indagine stessa: la gran parte degli intervistati dichiara d’aver appreso la seconda lingua a scuola. Di questi, circa il 56% sostiene che però “lo studio delle lingue a scuola

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rativo. In ogni caso, Censis a parte, esistono altre indagini che integrano i dati appena forniti e che mettono in luce un rapporto decisamente problematico tra italiani e lingue straniere. Stando a un rapporto Erasmus incentrato sugli studenti stranieri che studiano in Italia, ben una metà dei ragazzi interpellati ritiene che sapere l’inglese è del tutto inutile per vivere e relazionarsi in Italia. Un’altra indagine Eurostat, per la verità un po’ datata, ci pone poi ultimi in Europa, insieme agli spagnoli, per la conoscenza della lingua inglese tra gli adulti. Lo stato dell’arte del rapporto tra italiani e lingue straniere ha ragioni molto precise. Innanzitutto, secondo gli stessi anglofoni, noi abbiamo un approccio allo studio delle lingue “troppo teorico”. In sintesi, non viviamo le lingue straniere, le apprendiamo passivamente, non ci buttiamo. Capofila di questa critica è John Peter Sloan, noto personaggio

è scarso o gravemente insufficiente”. D’altra parte, la reale conoscenza di un idioma può essere intuita dall’uso che se ne fa. Per tirare le somme basta sapere che circa il 57% di coloro che parlano una lingua straniera la usa solo per “fare viaggi all’estero”. C’è poi un 35% che probabilmente ne fa un uso più attivo e strutturato per “relazionarsi con amici e parenti”. Ne rimane dunque solo un 28,5% che la impiega fattivamente per leggere libri, riviste o quotidiani o per guardare film. Stessa percentuale per chi le usa in ambito lavo-

televisivo e radiofonico, titolare di diverse rubriche sui media (Zelig, Amici, Diva e Donna, dispende per L’Espresso, Repubblica, la Gazzetta dello Sport, il Corriere della sera, eccetera), di una scuola che ha sedi in tutta Italia e, soprattutto, autore di diversi metodi d’apprendimento dell’inglese. Secondo Sloan, il problema fondamentale è che gli italiani “non si divertono. Imparare la lingua dovrebbe essere divertente, proprio come praticare un hobby. Dovresti aver voglia di migliorare senza faticare. Invece nelle aule italiane il divertimento è zero, si usano metodi e corsi che non sono pensati per gli italiani, si punta tutto sulla grammatica e poco sulla conversazione. Neanche gli inglesi conoscono la propria grammatica tanto quanto gli italiani” (intervista a Vanity Fair).

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I NEGOZI DI VIA BOLDINI


SPECIALE E a dare ragione a Sloan sono diverse ricerche. Patricia Franciskovic, madre italiana e padre croato, interprete, creatrice di un’applicazione pensata per insegnare l’inglese ai bambini, dà un dato interessante: le ore scolastiche dedicate all’inglese della nazione non anglofona che lo sa meglio in Europa (la Danimarca) e quelle dell’Italia (ventiduesima su ventiquattro paesi) sono esattamente le stesse: due. Cambia dunque il metodo pedagogico - i danesi dedicano più del 60% del tempo d’insegnamento alla conversazione mentre gli italiani meno del 20% - ma cambia anche e soprattutto il contesto. In Danimarca il 41% della popolazione parla inglese tutti i giorni, in Italia solo

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del dialogo in corso. Spesso sono un riassunto del concetto espresso, poco fedele all’originale e quindi un po’ fuorviante. Questo sia per ragioni di spazio fisico, che di spazio temporale della scena. Spesso i sottotitoli coprono

LA LINGUA NEL TELEFONO e applicazioni pensate per imparare le lingue sono davvero tante. Se ne contano dozzine. Eccone tre che ci sentiamo di consigliare.

Babbel. Scaricata da 20 milioni di persone, richiede un abbonamento mensile di circa 10 euro. C’è tutto: 13 lingue lezioni, test per il ripasso di quanto appreso, servizio traduzione e un programma di riconoscimento vocale per la fonetica. Duolingo. È concepito come un videogame: lezioni che preparano a esercizi che sbloccano il livello successivo solo se completati. Stimano che 34 ore spese sulla app equivalgano a un corso intensivo d’inglese di sei mesi. Busuu. Richiede un abbonamento mensile e prepara a ben undici lingue. Piccole lezioni per piccoli passi in avanti. È stata scaricata da 50 milioni di persone. il 9%; in Danimarca il 58% della popolazione cerca on-line siti in inglese, in Italia solo il 26%; in Danimarca il 93% della popolazione guarda i film in lingua originale con i sottotitoli, in Italia solo il 19% (il 41% degli italiani rifiuta categoricamente di guardare un film sottotitolato). Quello del doppiaggio è un tallone d’Achille e una tara storica che prima o poi andrà affrontata. Di mezzo, c’è una scuola, quella del doppiaggio italiano, di altissimo livello. I doppiatori italiani, a difesa della loro professionalità e utilità, enumerano ragioni non proprio di poco conto: “i sottotitoli sono un ripiego mediocre, dato che in basso allo schermo raramente entrano tutte le parole

parti visive importanti o che comunque saltano all’occhio durante il film. Da contare anche il fatto che leggere il sottotitolo italiano con l’originale nelle orecchie non solo distrae dalle immagini e quindi il film invece di guardarlo finisce che così lo leggo, ma la lettura di sottotitoli porta la mente a paragonare in automatico lo scritto col sonoro del film con inevitabili e spontanei silenti lavoretti di paragone delle due versioni, ulteriore distrazione” scrive Davide Pigliacelli, scrittore e promoter del doppiaggio. Eppure, andrebbero comunque valutati i costi e i benefici del persistere di una pratica del genere. Infine, c’è un’ultima ragione che racconta l’insufficienza degli italiani nelle lingue straniere: la mancata percezione della posizione dell’Italia nel mondo globalizzato. La generazione sopra i 50 anni non ha affatto assimilato il cambio di passo, è ancora portata a pensare che il Bel Paese sia una delle parti più nobili di un contesto, quello occidentale, che bene o male regge le sorti del mondo. Purtroppo non è così. In conclusione, in Italia occorre un cambiamento radicale sul tema. Su questo il passato governo ha investito 40 milioni di euro all’anno per la formazione di docenti e operatori della scuola. Probabilmente è ancora una cifra insufficiente. Tuttavia, è un primo passo in avanti. E se l’incentivo non è l’economia o l’integrazione con gli altri paesi europei, occorre tenere conto che investire in lingue è anche investire in salute. Il Journal of neurolinguistic ha infatti dimostrato che lo studio delle lingue straniere aiuta a mantenere il cervello giovane ed efficiente, a invecchiare meglio e a selezionare in maniera più efficiente le informazioni. Uno smartphone in tasca ce l’hanno in molti. È sufficiente scaricare un’applicazione e iniziare il gioco.

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di Paola Stefanucci

IL PROBLEMA “ITANGLISH” a location ad opening, da mission a fashion, da budget a crowdfunding, da jobs act a spending review: l’italiano parlato e scritto è sempre più “inquinato” dall’uso di termini inglesi. Ma non sono superflui? Perché tendiamo a farcire i discorsi di anglismi anche quando di essi esistono i correspettivi nella nostra lingua? Lo abbiamo chiesto a Gabriele Valle, filosofo e traduttore italo-peruviano, docente universitario presso l’Istituto Accademico per interpreti e traduttori di Trento e autore, tra l’altro, del volume “Italiano urgente”, pubblicato dall’editore Reverdito e prefato dall’indimenticabile Tullio De Mauro, il grande linguista italiano da poco scomparso. Professor Valle, tra facilismi, trasgressioni grammaticali, (ab)uso di locuzioni straniere in tutti i media e, persino, negli atti parlamentari, che fine farà la lingua italiana? Un notevole linguista nordamericano, Steven Fischer, ha lanciato una predizione: tra duecento anni, quando secondo lui ci sarà una colonia umana su Marte, la lingua che parleranno i nostri congeneri marziani sarà l’inglese. Non ne sarei stupito, confesso. L’inglese, con la sua immane forza prorompente, farà sparire molte lingue. Come? Penetrando in esse sino al punto di renderle irriconoscibili. Alcune lingue resisteranno, altre finiranno sommerse. Nella famiglia latina, l’italiano è il più esposto a tale pericolo. Temo che l’italiano ridiventi ciò che è stato per secoli: una lingua letteraria conosciuta solo dagli eruditi. Tutti gli altri si capiranno in itanglish.

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A proposito di anglismi, perché, secondo lei, gli italiani ne sono così affascinati? L’inglese è da noi percepito come un magico talismano che incanta ciò che tocca. Quando uno dice una cosa in inglese si sente spesso, metaforicamente parlando, più alto e più bello. Ma il fenomeno è complesso. La moltiplica-

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L’USO DEI TERMINI INGLESI ORMAI DILAGA. IL RISCHIO È DI SNATURARE LA LINGUA ITALIANA. L’OPINIONE DEL PROFESSOR VALLE

zione dell’anglismo obbedisce a cause disparate: la pigrizia, la moda, lo spirito gregario, l’opportunismo commerciale, il bisogno di ostentazione e naturalmente, come insinuavo, il complesso di inferiorità. I grandi responsabili di questo sfacelo sono quelli che, esprimendosi pubblicamente, esercitano sulla comunità dei parlanti una immensa influenza: il politico, il giornalista, il pubblicista, l’insegnante, il traduttore, il doppiatore cinematografico o televisivo, il conduttore di spettacoli, l’oratore. Responsabili sono pure certi lessicografi frettolosi e persino gli accademici. Anche gli spagnoli lo sono? Lo chiediamo ad un attento osservatore quale lei è, anche per motivi affettivi, del mondo ispanofono. L’anglismo non ha una distribuzione omogenea nel mondo ispanico, che comprende ventidue nazioni. Un pugno di voci inglesi fanno parte del patrimonio comune. Le altre sono di uso geografico ristretto. Solo gli ispanici degli Stati Uniti, per esempio, dicono killer o babysitter. Lo spagnolo, ovunque, tende ad adattare la parola forestiera o a tradurla. Computer, in Spagna, è ordenador; in America, computadora. Se ne potrebbero fare centinaia di esempi. In conclusione, ritiene che il nostro idioma nazionale sia uno dei beni culturali in degrado da salvaguardare? E come? Sono convinto che la lingua sia il patrimonio spirituale più importante della nazione. Possiamo cambiare credo religioso o politico, ma la lingua di cui ci siamo nutriti nel latte materno non ci consentirà di essere molto diversi da ciò che eravamo. È per la lingua che pensiamo, che amiamo e che contiamo nella cultura degli uomini. Che cosa si può fare? La scuola dovrebbe affrontare il problema e i media dovrebbero aiutare a salvaguardare la lingua, tutto senza costrizioni. Il buon uso della lingua si propone, non si impone.

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di Elisa Marini

SPECIALE

GLI STRANIERI E L’ITALIANO aureata in linguistica italiana, Angelita Papa ha alle spalle anni d’esperienza come insegnante d’italiano per stranieri “Ditals” (la certificazione per gli insegnanti dell’Università per stranieri di Siena). È inoltre abilitata come esaminatrice CELI: il sistema di certificazione di lingua italiana a stranieri dell’Università di Perugia. A lei abbiamo rivolto alcune domande su chi non è italiano e vuole apprendere la lingua di Dante… Che tipo di esigenza ha chi è straniero e si approccia all’italiano? Qual è la prima difficoltà che con la lingua italiana? Il primo bisogno per tutti - dal migrante allo studente universitario - è comunicativo, cioè la possibilità d’imparare l’italiano necessario per andare a fare la spesa, per fare il bollettino alla posta, per fare un colloquio d’esame con il professore, eccetera. Difficile dire quale sia la prima difficoltà. La situazione di partenza è molto varia: c’è lo studente universitario che ha problemi grammaticali e il migrante che non sa nemmeno scrivere. La grammatica, in particolare il sistema verbale, è in generale una bestia nera per tutti. Fermo restando che spesso con i migranti non faccio grammatica. O meglio: cerco di farla senza che se ne accorgano. C’è una differenza tra uomini e donne? A livello di migranti sì. Ci sono paesi in cui il ruolo della donna è marginalizzato e dunque le donne sono più timide e inibite. Però, dal punto di vista produttivo, sono a volte migliori degli uomini. Si applicano di più, ci tengono a fare le cose bene e sanno dare risposte più concrete. Nei gruppi Erasmus o in quelli destinati agli uomini d’affari ogni classe è un caso a sé. In base alla tua esperienza puoi dire che c’è una nazione che, a causa delle strutture linguistiche e della cultura di provenienza, ha particolari difficoltà a immedesimarsi con le categorie della lingua italiana? Direi Bangladesh, Sri Lanka e coloro che vengono dai paesi asiatici. Questo vale, ad esempio, anche per i cinesi. Però i cinesi, forse per disciplina e cultura, si applicano davvero con convinzione. Non vengono mai a lezione senza aver studiato o imparato qualcosa, perché per loro è una specie d’umiliazione. Ovviamente sono discorsi che hanno a che vedere anche con l’ambiente sociale di provenienza. Chi fa il badante o cura i giardini non ha tempo per applicarsi. Eppure queste persone vengono a lezione con il sorriso e con un grandissimo rispetto della figura del maestro. Di base, partendo da zero, quanto ci si mette a imparare la grammatica italiana? Considera che per raggiungere un livello internazionale (A1, A2,

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B1, C1, eccetera) ci vogliono dalle 60 alle 80 ore di lavoro annuali in aula. Molto dipende anche da fattori esterni: ad esempio se vivi nel posto dove stai imparando la lingua. La cosa interessante

PERCHÉ SI STUDIA L’ITALIANO E QUALI SONO LE MAGGIORI DIFFICOLTÀ DI CHI SI AVVICINA ALLA LINGUA: INTERVISTA AD ANGELITA PAPA. dell’italiano è che ci sono tanti italiani: l’italiano scritto e quello parlato variano sia tra loro che al loro interno. Quanti studenti conta una classe di italiano per stranieri? Una classe ottimale, composta da studenti che hanno fatto un test d’ingresso e hanno una uniformità di livello, non più di 20 persone. Il numero ideale sarebbe 12. Quando ci sono classi numerose è importantissimo avere almeno due insegnanti. Questo permette di verificare l’andamento del lavoro e aiutare chi rimane indietro. È importante anche creare gruppi di lavoro dove lo studente più bravo aiuta quello meno bravo. La lezione d’italiano si costruisce di volta in volta anche in base alle esperienze del passato. Occorre evitare la competizione e non andare incontro al fallimento dei fallimenti: quello degli studenti che abbandonano. Più basso è il filtro emotivo, più facilmente le informazioni entrano in testa. Creare un ambiente rilassato è fondamentale per insegnare la lingua.

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ARTE E CULTURA

di Penelope Salomone

IL MUSEO UNIVERSALE. DAL SOGNO DI NAPOLEONE A CANOVA

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isale a due secoli fa (1816) il rientro a Roma dei beni del patrimonio artistico e archeologico dello Stato Pontificio requisiti dai napoleonici. Per fortuna

SCUDERIE DEL QUIRINALE, FINO AL 12 MARZO

Paolo Veronese

CAMPO GROSSI MAGLIONI ALBUMARTE (VIA FLAMINIA, 122), DAL 16 FEBBRAIO AL 27 APRILE ostra personale del duo artistico - insieme dal 2008 - Francesca Grossi e Vera Maglioni, duo focalizzato spesso su tematiche politicamente scomode. Come in questa antologica, a cura di Lýdia Pribišová e Gianluca Brogna, costruita come un villaggio/ campo/agorà attraverso la rielaborazione di tre progetti artistici: lo sguardo che offende, le occupazioni (di luoghi, pubblici e privati), il corpo femminile usato come oggetto in sedute spiritiste. Le installazioni saranno affiancate da workshop, tra cui uno realizzato con l’artista Per Huttner, fondatore della piattaforma “Vision Forum”, che ha sede in Svezia, incentrata sulla ricerca internazionale per le arti performative, la scienza e le tecnologie, con base in Svezia.

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anche altre amministrazioni della Penisola riuscirono a recuperare parte degli oltre 500 dipinti che, tra il 1796 e il 1814, nel corso delle campagne militari francesi, erano stati “prelevati” dai territori italiani, inviati a Parigi e selezionati per essere esposti nel nascente Museo del Louvre. La grande mostra alle Scuderie del Quirinale presenta una selezione - da mozzare il fiato - delle opere migrate in Francia e tornate in patria. Si tratta di capolavori di Raffaello, dei Carracci, di Tiziano, Guido Reni, Perugino, Paolo Veronese, Tintoretto e Canova. L’interesse della mostra è dunque quello di ripercorrere le tappe salienti della vicenda storica, ma soprattutto di restituire una lettura critica in grado di sensibilizzare oggi il pubblico al valore che assunse allora il patrimonio culturale nazionale, visto per la prima volta come strumento principe di educazione del cittadino e, insieme, perno di una comune identità europea. A cura di Walter Curzi, Carolina Brook e Claudio Parisi Presicce. Info: www.scuderiedelquirinale.it

MADE AND TOLD IL MADE IN ITALY RACCONTATO DAI GIOVANI, FONDAZIONE PASTIFICIO CERERE (VIA DEGLI AUSONI, 7), FINO AL 15 GENNAIO n mostra le opere create – abiti, gioielli, disegni e fotografie di moda, macchine per l’ascolto della musica - dagli studenti dell’Istituto superiore Leon Battista Alberti, sotto la guida di cinque artisti e designer residenti al Pastificio: Myriam B, Ottavio Celestino, Eligio Paoni, Pietro Ruffo e Andrea Stoger. Il progetto, finanziato dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, rientra nel programma “Made in Italy - un modello educativo”. Gli studenti, inoltre, hanno raccontato la loro esperienza creativa attraverso lo storytelling digitale, una tecnica narrativa in cui parole e tecnologia si fondono per creare brevi video e aprire piccole finestre su pensieri ed emozioni. Le storie digitali sono visibili in mostra.

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NOVITÀ: ONICOTECNICA IN SEDE: SERVIZIO DI RICOSTRUZIONE UNGHIE + VISAGISTA: STUDIO ARCO SOPRACCIGLIARE, TATUAGGIO, CORSI DI TRUCCO

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di Barbara Zorzoli

SPETTACOLANDO

BRAD PITT E ANGELINA JOLIE TROVANO UN ACCORDO

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opo il divorzio tornano a parlarsi ma lo fanno solo davanti a un giudice privato. La fine della relazione tra la ex coppia più bella di Hollywood è stata una delle notizie bomba del 2016 per il mondo del gossip. Quando, a settembre, Angelina Jolie ha annunciato che stava divorziando da Brad Pitt per "differenze inconciliabili nella gestione dei figli", è scoppiata la caccia alla reale causa della rottura: tra presunti tradimenti di lui, stati depressivi di lei e fantomatici episodi di violenza domestica da parte di Brad. Ad ogni modo, l'unico punto d’accordo tra la ex coppia più solida dello showbiz riguardava la volontà di gestire tutto con la massima privacy per il bene dei 6 figli. A confermarlo, arriva oggi la notizia dalla CNN che Brad Pitt e Angelina Jolie avrebbero emanato una dichiarazione congiunta sul raggiunto accordo sul divorzio: "Le parti e i loro difensori hanno firmato accordi per preservare il diritto alla privacy dei loro figli e della famiglia, mantenendo tutti i documenti del tribunale riservati e ingaggiando un giudice privato per prendere le decisioni legali necessarie a facilitare la risoluzione rapida di eventuali questioni in sospeso. I genitori si impegnano ad agire come un fronte unito per effettuare un recupero e una riunificazione". E se Miss Jolie, ex Mrs Pitt, ha passato le vacanze di Natale con i figli, Brad è salito sul palco dei Golden Globes ed è stato

salutato dai suoi amici e colleghi con un caloroso applauso. Ma, per la prima volta dopo tanto tempo, non ha trovato nella platea lo sguardo innamorato della sua Angelina. È davvero la fine di un'epoca!

AMAL ALAMUDDIN E GEORGE CLOONEY (PRESTO) GENITORI

Amal Alamuddin e George Clooney​ sarebbero in attesa di un figlio. Anzi, per i bene informati potrebbero essere due gemelli. Così almeno dice il magazine libanese Daily Star, che avrebbe avuto delle confidenze da un'amica della coppia molto vicina alla famiglia della futura mamma. Che - al momento - non ha confermato (ma neppure smentito) le voci che stanno rimbalzando su tutti i magazines di gossip vip del pianeta. Era da un po' che Amal Clooney non si faceva vedere

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né per uscite pubbliche né per le sue fotografatissime passeggiate: camminate nelle quali i paparazzi regolarmente la inseguono per immortalare l'ultimo look (è una celebs a buon diritto considerata tra le donne più eleganti del mondo). Le ultime immagini risalgono per lo più allo scorso settembre. Proprio i giorni in cui - secondo i soliti bene informati - potrebbe essersi sottoposta a dei trattamenti di inseminazione artificiale. Il parto dovrebbe avvenire entro marzo. Ma per il momento è solo gossip. Non resta che aspettare...

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SPETTACOLANDO

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ltra preoccupazione per i britannici che non smettono un secondo di seguire le imprese della loro amata famiglia reale. Il Daily Mail ha fatto focus sulle mani di Kate Middleton, spesso viste (e fotografate), con diversi cerotti in altrettanto diverse posizioni. L'ultimo episodio risale proprio al giorno di Natale, quando Kate Middleton è stata fotografata alla messa a Englefield e aveva un cerotto sul pollice sinistro. Ma non è un caso isolato, come già detto: dal 2008 questi strani cerotti compaiono spesso sulle mani curate della Duchessa. Perché? Si ipotizza che il suo amore per i felini abbia portato numerosi graffi. Un’altra ipotesi è riguarda invece i giochi con i due figli piccoli. In realtà non si ha una risposta precisa. Sarà il tempo a spiegarcelo?

KIM KARDASHIAN (A MODO SUO) & KANYE WEST "RISPONDONO" AI GOSSIP SUL LORO DIVORZIO stato il gossip tra i gossip vip delle ultime settimane: le voci del divorzio tra Kim Kardashian e Kanye West che hanno seguito il ricovero in ospedale del rapper. Indiscrezioni subito riprese e rimbalzate sui siti e giornali di mezzo mondo, a volte confermate ma spesso smentite dagli amici e dagli intimi della coppia. A mettere la parola "fine" (per il momento) a tutto questo parlare, è scesa adesso in campo la stessa Kim Kardashian, che conosce un modo infallibile per rassicurare i suoi tanti

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KATE MIDDLETON E LO STRANO CASO DEI CEROTTI SULLE DITA

ECCO COME SI CHIAMA LA SECONDA FIGLIA DI BLAKE LIVELY E RYAN REYNOLDS istero svelato dopo qualche​mese di attesa. Blake Lively e Ryan Reynolds vincono comunque l'Oscar come genitori più riservati della storia di Hollywood. Per svelare il nome della prima figlia praticamente ci hanno messo tre mesi e per presentarla alla stampa un po' di più. Per la seconda nata in casa Lively-Reynolds, invece, hanno tenuto nascosto anche il sesso per oltre un mese! Ma, complice l'uscita pubblica di famiglia per festeggiare la stella dedicata a papà Ryan sulla Hollywood Walk of Fame, finalmente i gioielli di casa sono stati mostrati in tutto il loro splendore: James, praticamente la "mini-me" di Blake e la piccolissima Ines che, in quanto a bellezza e tenerezza, non ha rivali! Non è un caso, infatti, che il loro ritratto di famiglia abbia conquistato milioni di like: il pubblico del web li ha eletti la famiglia più bella e affiatata del jet set!

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fan e follower che tutto va bene e che la coppia Kimye è inossidabile (diciamo così fino ai prossimi gossip) come prima. Le è bastato uscire a braccetto con Kanye West per andare in un posto qualsiasi, essendo sicura di essere (super)paparazzata. La coppia, infatti, si è fatta vedere a Santa Monica, a cena nel famoso ristorante italiano Giorgio Baldi. Una sortita che non è scappata ai siti di gossip vip più agguerriti, i quali sono stati attenti a tutti i minimi dettagli. I più maligni hanno osservato che Kim Kardashian indossava solo la fede e non il suo leggendario anello di fidanzamento o un qualche altro dei suoi famosi diamanti giganti. Ma da quando è stata derubata a Parigi durante la fashion week, la Kardashian è solita indossare abiti e gioielli meno appariscenti durante le sue (sempre più rare) uscite pubbliche.

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di Palma Agosta

MODE E MODI

IL MONDO ROSA DELLE

FASHION BLOGGER

ashion blogger? Un fashion blogger è colui che aggiorna con costanza un diario in rete inerente tematiche legate al mondo della moda. Una macchina fotografica, un computer, un sorriso e tanta passione per la moda sono gli ingredienti fondamentali per diffondere il proprio modo di fare moda. Lo strumento fondamentale per svolgere l’attività di fashion blogger è il blog: da qui al successo il passo però non è così breve, poiché per diventare fashion blogger a tutti gli effetti (facendone un vero e proprio lavoro) non è sufficiente caricare le foto dei propri outfit accompagnate da un testo lungo o breve che sia. Quello che serve è soprattutto una gran bravura nelle pubbliche relazioni sia online che offline, la capacità di sapersi costruire la propria identità digitale e di far apprezzare la propria immagine, il che può essere tutto racchiuso nel termine “personal branding”. E poi vi è la bravura nel sapersi destreggiare tra i meccanismi e le dinamiche dei social network, tramite cui dare vita ad una community con cui interagire, confrontarsi, discutere. Una community che ti segua, nel bene e nel male, regalando commenti positivi, complimenti ma anche cattiverie. Un fenomeno che rimane interessante poiché sta cambiando l’approccio verso la moda anche di molte aziende, le quali sempre di più decidono di collaborare con il mondo delle fashion blogger creando eventi dedicati a loro, inviando loro prodotti da testare o capi di abbigliamento da indossare e con cui fotografarsi o addirittura, coinvolgendole nella creazione di “capsule collection” dedicate. Alcune star del mondo del fashion blogging (chiamiamole così) richiedono addirittura un sostanzioso cachet per pubblicare un post, per indossare alcuni capi o per partecipare ad un evento. Il fenomeno ha più di dieci anni. E dopo un’ondata planetaria di selfie con fotografie di abiti, scarpe e look da passerella, è arrivato

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il momento naturale della scrematura. Ma chi sono le blogger italiane più amate? In cima alla lista, con quasi 5 milioni di follower, c’è la bandiera italiana

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ECCO I NOMI CHE PIÙ INFLUENZANO LA COMUNICAZIONE DELLA MODA E LE SUE TENDENZE

CHIARA FERRAGNI. Scelta dalle case di moda di tutto il mondo come testimonial, seguita in tutto il mondo, ormai imprenditrice, la Ferragni macina chilometri in giro per il mondo. Sul suo account Instagram potete trovare meravigliose immagini dei suoi viaggi, ispirazioni per i vostri look e tanti eventi. 29 anni, originaria di Cremona, la ragazza ha una casa a Milano e una Los Angeles. Il suo blog “The Blonde Salad”, creato nel 2009, è una miniera di consigli, idee e novità sul mondo della moda (e non solo), mentre l’account Instagram vanta la cifra “monster” di oltre 6 milioni di follower. Inoltre, Chiara è un’imprenditrice di successo. Una serie di requisiti che, nel 2016, le valgono l’inserimento nella lista “30 Under 30 Europe: The Arts” di Forbes e la conferma di fashion blogger più influente a livello internazionale da parte di Fashionista. Alla moda e famose, esistono però anche altre donne italiane che hanno saputo fare di una passione il proprio lavoro (anche ben retribuito). Tutte continuano la scalata verso il successo perché hanno le carte in regola e la determinazione per riuscirci. Quindi lesson learned: crederci sempre arrendersi mai. Ecco i nomi da tener d’occhio:

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MODE E MODI IRENE BUFFA Fashion blogger, ma anche - come lei stessa si descrive - “occasionalmente designer, stylist e giornalista freelance”, Irene Buffa ha uno stile chic, semplice e contemporaneo, che rispecchia il suo modo di essere e di vivere e che condivide sul sito “Onto My Wardrobe”. Oltre che di moda, Irene parla anche di bellezza e lifestyle, raccontando di viaggi ed eventi. CHIARA BIASI È un volto (relativamente) nuovo tra le fashion blogger. Originaria di Pordenone, classe 1990, inizia a frequentare la rete per caso, prima postando foto su Facebook e poi aprendo un sito vero e proprio. In breve tempo, il suo modo di essere “senza filtri” e il suo stile conquistano il web. Così arriva il successo. Chiara ha all’attivo molte collaborazioni e ha una sua linea di costumi da bagno, Poisson d’Amour by CB. IRENE COLZI Fiorentina, classe 1987, Irene Colzi ha una laurea in Economia e dal 2009 è fashion blogger per Irene’s Closet. Il suo sito nasce durante la stesura della tesi. Poi, appena un giorno dopo averla discussa, Irene è presente come inviata di Donna Moderna alla Milano Fashion Week. Inizia così una carriera che la vede oggi tra le più seguite professioniste della moda online. VERONICA FERRARO Insieme all’amica Chiara Ferragni, Veronica Ferraro è una delle prime a intraprendere il mestiere di fashion blogger. Sempre molto misurata, ha uno stile elegante e ricercato, che condivide con i propri follower tramite i social e il sito The Fashion Fruit, aperto nel 2010. Oltre che di moda, parla anche di bellezza, fitness e lifestyle. CHIARA NASTI Giovane (appena 18 anni) ma determinata, Chiara Nasti è una delle fashion blogger italiane più note. Sul suo blog omonimo condivide foto di sé, della propria quotidianità e - soprattutto - outfit e idee moda di tendenza. Chiara ha all’attivo diverse prestigiose collaborazioni ed è presente su Instagram come nastilove.

NICOLETTA REGGIO Come lei stessa scrive, Nicoletta Reggio “lancia Scent Of Obsession per condividere il suo stile personale, la sua passione per la fotografia ed esperienze di viaggio”. Il risultato è un sito ricco di categorie - ciascuna con tante proposte e novità relative a moda, bellezza e lifestyle - che sono un vero e proprio scrigno di idee. ELEONORA CARISI Eleonora Carisi nasce nel 1984 a Torino. Subito dopo la laurea in Marketing and Communication all’European Institute of Design. Apre nel 2006 una piccola boutique nel centro della città, You You Store, e nel 2009 lancia la sua linea di abbigliamento, What’s Inside You. Nel 2010, infine, crea il proprio sito, Jou Jou Villeroy, dedicato a moda, bellezza e lifestyle. Eleonora è stata ed è testimonial e ambasciatrice di molti prestigiosi marchi e collabora con numerose riviste. ALESSIA MILANESE È una giovane appassionata di moda che nel nel 2011 approda sul web con The Chili Cool. Sul sito, Alessia parla di fashion, ma non solo. Da vera nativa digitale, curiosa di tutto ciò che fa tendenza, spazia infatti in ambiti differenti, occupandosi anche di moda, viaggi e lifestyle. ANNA DELLO RUSSO Barese, è la meno giovane tra le già citate (classe 1962). È giornalista e consulente creativa per Vogue Giappone; nel 2010 firma una collaborazione con il profumo Beyond, alla cui bottiglia viene data la forma di una stilosa scarpa da donna. Nel 2012 crea una linea di accessori per H&M fatta di borsette clutch, scarpe, bigiotteria e occhiali da sole. Ama indossare abiti scollatissimi e luccicanti, davvero eccentrici e che spesso rasentano il trash, ma sostiene che una donna debba sempre e comunque farsi notare.

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di Elisa Marini

VIAGGI

CITTÀ 2017:

DIECI PIÙ DIECI

LA LONELY PLANET HA PUBBLICATO LE DIECI DESTINAZIONI DOVE È MEGLIO VIAGGIARE PER IL 2017. 13 MAGAZINE AGGIUNGE COSA È VIETATO PERDERSI DEI DINTORNI ecentemente la celebre casa editrice Lonely Planet, famosa per le guide che riempiono gli zaini dei viaggiatori di tutto il mondo, ha stilato una classifica delle dieci città assolutamente da visitare nel 2017. Ed è una classifica interessante, piena di suggerimenti originali, consigli che se colti nel giusto momento possono regalare momenti di vita da ricordare. 13 Magazine ha voluto aggiungere alle località Lonely Planet degli itinerari limitrofi o molto vicini. In modo da allungare qualche giorno la permanenza e rendere la visita un evento completo e unico nel suo genere. Bordeaux, Francia. Il pretesto per andarci è una nuova rete ferroviaria che collegherà nel 2017 la città a Parigi in appena due ore. Bordeaux gode del progetto di riqualificazione della Garonna e ha come suo orgoglio il museo “Città del Vino”. Oltre a questo ha tutto il centro storico sotto la tutela UNESCO e vanta chiese importanti come la Cattedrale di Sant’Andrea, la chiesa di Santa Croce, la Basilica di San Michele e tante altre. Bordeaux ha inoltre la strada pedonale commerciale più lunga d’Europa (Rue Sainte-

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Christine, 1200 metri), il Parc bordelais, un colonnato romano d’età severiana, un Gran Teatro, Palazzo Rohan, un ponte in ferro costruito da Eiffel e molte porte cittadine d’assoluto interesse. Il consiglio è di non perdere, rispettivamente a nord e a sud, le città di Grenoble e Avignone. Si trovano ad appena un’ora e mezza di automobile e sono alla sua altezza per storia, cultura, cucina, bellezza. Città del Capo, Sudafrica. Il pretesto per il 2017 è l’apertura dello Zeitz Museum of Contemporary Art Africa: il più grande museo d’arte contemporanea africana del mondo. Tuttavia resistono i motivi tradizionali: lo spettacolare affaccio sull’oceano, l’acquario, la collina di Signal Hill, la funivia che porta alla Table Mountain e il pittoresco quartiere di Bo-Kaap. Subito fuori dalla città, il consiglio è di provare uno dei tanti sport acquatici o di usufruire delle escursioni a Robben Island, alla Penisola del Capo, alle colline dei vini locali, alla costa dove avvistare le balene e altre specie marine rare. Insomma, tutto ciò di cui si può godere a Città del Capo è cultura ma anche natura. Los Angeles, Stati Uniti. Lonely Planet l’ha inserita nelle destinazioni 2017 soprattutto per la sua nuova politica della mobilità. A Los Angeles, grazie all’allargamento della Metro Rail, sarà possibile viaggiare da Downtown a Santa Monica. Per i turisti c’è poi l’iniziativa Car Free LA, che permette di vivere la città senza automobile. Il consiglio per chi si reca in zona è semplice: recarsi almeno una volta a Malibù e a Santa Barbara. In due ore e mezzo si stacca dalla città e si vive il mare. Mérida, Messico. Considerata uno dei luoghi più sicuri e al tempo stesso più vitali di tutto il Messico, Mérida è stata designata

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VIAGGI per i 2017 “Capitale americana della Cultura”. Situata nello Yucatan, la città conta circa 800.000 abitanti ed ha una grande vocazione al clima festaiolo: alle 21 di ogni sera l’ufficio per il turismo organizza spettacoli per i tanti visitatori della città. Il centro storico è tra i più grandi del centro America (secondo solo a L’Avana e Città del Messico) ed è in stile settecentesco e ottocentesco. Costruita su uno dei più antichi siti Maya, la città vanta anche un grande museo a loro dedicato. Mérida è piena di ristoranti, teatri, luoghi d’intrattenimento eccetera. Il consiglio per chi decida di visitarla è da intendersi in senso contrario a quello che per tutte le altre città menzionate. Nel senso che la stessa Mérida può essere un’ottima località collaterale di una vacanza passata a Cancùn o Playa del Carmen. Un’ora d’aereo o 3 ore e mezzo di automobile e si arriva nella splendida cittadina. Ohrid, Macedonia. Centro turistico per eccellenza della piccola nazione balcanica, Ohrid vanta un lago con una pittoresca vista sulla città (i suoi tetti, i suoi storici campanili, il castello di Car Samoil, eccetera). Già oggi le spiagge in riva al lago sono la località vacanziera per eccellenza della piccola Macedonia. Un progetto urbanistico po-

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trebbe però trasformare definitivamente il lungolago, motivo per cui è meglio vederlo prima che sparisca sotto il cemento. Nelle vicinanze è consigliabile immergersi nella natura e nel trekking. Il parco Prespa - tra Albania, Macedonia e Grecia, offre scorci di natura incontaminata e unica al mondo. Turisti occidentali quasi del tutto assenti. Pistoia, Italia. Nel 2017 sarà la “Città italiana della cultura”. A Pistoia, città di fondazione romana, è possibile ammirare la Cattedrale di San Zeno (dentro c’è l’altare d’argento di San Jacopo a cui lavorò Brunelleschi), il battistero di San Giovanni, il Palazzo dei Vescovi, il Palazzo Pretorio, il Palazzo del Comune, la chiesa di Santa Maria Cavaliera, la Torre di Catilina, eccetera. Il consiglio sui dintorni di Pistoia sembra quasi superfluo c’è il meglio della Toscana: da Firenze a Prato, da Montecatini Terme a Lucca, da San Miniato alla Garfagnana. Da vedere. Seul, Corea del Sud. Megalopoli da più di 10 milioni d’abitanti, Seul merita una visita soprattutto per apprezzarne gli sforzi di trasformazione. La cultura del verde è infatti diventata la stella polare dei coreani. Per cui nel 2017 a Seul verrà inaugurato il Seoul Skygarden, ovvero la trasformazione di circa un km di strada asfalta-

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ta soprelevata (17 metri) in grande giardino contenente diverse specie di piante e fiori. Da non perdere anche il museo di storia nazionale, quello d’arte contemporanea e quello del kimchi (il piatto nazionale). Il consiglio per chi si reca nella capitale sudcoreana è di recarsi anche sul Monte Namsan e da qui godere della vista mozzafiato sulla città. Sempre fuori Seul è molto interessante la visita a Suwon (dove c’è una fortezza di fine ‘700 dichiarata patrimonio dell’umanità) e all’Arboreto nazionale: uno dei parchi più grandi dell’Asia. Lisbona, Portogallo. Trascurata rispetto a Roma e Barcellona, la città vanta una cucina all’altezza e splendidi musei (nel 2017, nel quartiere dell’Alfama, aprirà un museo dedicato all’ebraismo in Portogallo). A Lisbona chi ama il pesce si trova a casa sua. È poi la città del Fado e della musica in generale. Da non perdere il Castello di Sao Jorge, la Piazza Marques de Pombal, il Monastero dos Jeronimos, la Torre di Belem, la Cattedrale di Sé, il mercato Feira da Ladra, l’antico caffè A Brasileira e tante altre splendide attrazioni cittadine. Il consiglio è di approfittarne per vedere anche il romantico borgo di Sintra, il suggestivo Cabo da Roca e Fatima. L’architettura di Sintra è stata dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità. Cabo da Roca, sopra falesie a strapiombo di 100 metri, è il punto più ad occidente d’Europa. Fatima è il famoso paesino dell’apparizione mariana del 1917 (6 milioni di turisti ogni anno). Mosca, Russia. Sarà la protagonista del biennio 2017-2018. Due gli eventi che la renderanno tale: il centenario della Rivoluzione d’Ottobre e la Coppa del mondo di calcio. Mosca è una megalopoli di oltre 12 milioni di abitanti che trasuda vita sociale. I motivi per andare e visitarla ovviamente trascendono dalle occasioni particolari. C’è sempre il Cremlino, i musei (la Galleria Tret’jakov, il Museo Puškin, il Museo statale di storia della Russia, il Musei dei cosmonauti, eccetera), il mausoleo di Lenin, le cattedrali ortodosse, i magazzini GUM, la Piazza Rossa, il teatro Bol’šoj, i parchi e molto altro. Chi vuole vivere l’atmosfera moscovita non può prescindere da una visita alla vecchia Arbat, il quartiere dove un tempo vivevano artisti e letterati. Il consiglio è di approfittare di una visita a Mosca per andare a vedere il mitico Anello d’oro: un tour delle città della Russia medie-

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VG

visioni grafiche


VIAGGI

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SCIENZE

OLIO DI COLZA

SUL BANCO DEGLI IMPUTATI

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vale che comprende una serie di città a nord-est della capitale: Vladimir, Tver, Kostroma, Suzdal, Jaroslavl, la vecchia Rostov e altri piccoli centri. Un viaggio davvero unico per scoprire la storia, l’artigianato, l’architettura, l’antica fede ortodossa, la cucina e le usanze di un popolo pieno di sorprese. Portland, Oregon, Stati Uniti. La cittadina americana (meno di 600.000 abitanti) non è certo in cima alle classifiche delle destinazioni per cui gli italiani hanno pronta la valigia. Eppure Portland ha le sue carte da giocare. Situata intorno al letto del fiume Willamette, è circondata da una natura meravigliosa e può vantare di un fantastico clima temperato, specialmente nei mesi a cavallo tra la primavera e l’estate. A giugno inoltrato si tiene un importante festival delle rose. A luglio c’è una grande sagra dei produttori artigianali di birra del luogo. Ad agosto si prevede sia un posto privilegiato per osservare l’eclissi di sole di quest’anno (giorno 21 del mese, tra le 9 e le 11). La città può vantare inoltre il mercato artigianale all’aperto più grande degli Stati Uniti, il Portland Saturday Market. Intensa e piena di fervore la vita nelle

di Gaetano Gaggiottino

prodotto dai semi di colza e, in Italia, si trova miscelato in margarine e nei prodotti alimentari industriali. Non viene normalmente usato per la cottura domestica.

Ultimamente sono stati sollevati dubbi sulla sua salubrità, a causa del contenuto di acido erucico, un componente grasso che sembra risultare tossico per il cuore. Per questo l’industria alimentare ha iniziato a preferirgli l’olio di canola, un derivato della colza a basso contenuto di acido erucico (utile anche per sostituire il tanto demonizzato olio di palma). In ogni caso il Cnsa - Comitato nazionale per la sicurezza alimentare - ha recentemente emanato un parere non positivo sul consumo di questo olio. In attesa di dati certi, il Comitato ne sconsiglia l’utilizzo negli alimenti per bambini fino ai tre anni di età.

BEVANDE VEGETALI CHIAMATE LATTE aree della vecchia Old Town e Chinatown (Portland ha il più grande giardino zen del mondo fuori dal Giappone). Insomma, un luogo da mettere nell’itinerario se si pianifica un viaggio di qualche settimana negli Stati Uniti. Il consiglio è di approfittare della visita a Portland per scoprire la splendida area vulcanica in cui si trova (32 crateri), il Monte Hood (vulcano dormiente) e la splendida Catena delle Cascate. La migliore natura degli Stati Uniti si trova qui.

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on chiamiamole latte. Si tratta, infatti, di bevande che presentano un mix di acqua e cereali quali avena, grano, mandorle, noci, soia e altri. Sempre

più consumatori le preferiscono al latte perché hanno il vantaggio di essere prive di colesterolo, lattosio e caseina. Sono, invece, ricche di vitamine A, B, C ed E, di minerali quali calcio, potassio, magnesio e acidi grassi insaturi, quelli considerati “buoni”. Avendo queste caratteristiche sono consigliate a chiunque abbia problemi di intolleranze e allergie, problemi respiratori e rischio di aterosclerosi.

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di Sveva Guerreri

SALUTE E BENESSERE

LA NATURA CONTRO IL DOLORE nsieme al paracetamolo, i farmaci analgesici (quelli contro il dolore) sono quelli più richiesti in Italia: si parla di Fans, antinfiammatori non steroidei. Tra questi ci sono l‘acido acetilsalicilico, l’Ibuprofene, il Diclofenac e similari, come Aspirina, Aulin, Moment, Voltaren e molti succedanei. Il paracetamolo è uno degli antinfiammatori meno dannosi, poiché non compromette lo stomaco. Ed è per questo adatto a persone che hanno problemi all’apparato digerente, alle donne incinte e ai bambini. Il vero problema dei Fans è il loro uso costante, che aumenta rischi di forma ischemica e di scompenso cardiaco. Un recente studio pubblicato sul British Medical Journal evidenzia, circa l’utilizzo di questi farmaci, alcuni rischi. La ricerca, basata su un panel di quasi 10 milioni di persone (in Gran Bretagna, Olanda, Italia e Germania) conta 92.163 ricoveri ospedalieri per insufficienza cardiaca tra pazienti che assumono abitualmente i Fans. Da un altro studio del Brigham and Women’s Hospital (55 mila le donne prese in esame) è stato dedotto che i farmaci analgesici ostacolerebbero l’afflusso di sangue all’orecchio, rendendolo così vulnerabile al danno da rumore. L’utilizzo di antidolorifici sarebbe stato la causa di 1 caso su 20 di sordità parziale. Questo effetto collaterale, crescerebbe in proporzione con l’assunzione di tali farmaci. Le pazienti che hanno utilizzato antidolorifici per oltre 6 anni hanno ad esempio riscontrato un rischio più alto rispetto a quelle che ne hanno assunti solo per un anno. In ogni caso, se si ricorre a certe cure, è evidente che ne esista il fondato bisogno. Spesso però ci si dimentica che sul mercato sono presenti anche molteplici antinfiammatori naturali. Tra quest’ultimi è utile segnalare gli omega-3 presenti nel salmone, nel pesce azzurro, nelle noci, semi di lino e nell’ olio di oliva: tutti alimenti che possono avere un effetto benefico anche per i dolori articolari e di origine reumatoide. Lo dice l’American Dietetic Association, che sostiene che gli omega-3 possano non solo diminuire i dolori articolari, ma anche prevenirli. Tuttavia, essendo

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semplici alimenti, è ovvio che non agiscano in maniera diretta sul dolore. Occorre poi sapere in quali casi assumerli. Alcuni esempi. Un potente antidolorifico naturale contro il mal di schiena e

ALCUNI RIMEDI NATURALI PER CERCARE DI LIMITARE L’USO DEI FARMACI la sciatica è l’arnica in granuli. In alternativa, si può assumere un cucchiaino di curcuma sciolta in poco olio di oliva o del zenzero. Per uso esterno invece si suggeriscono crema con l’arnica combinata con il rosmarino canforato. La betulla nera, una pianta molto diffusa negli Stati Uniti e in Nord Europa, ma poco conosciuta in Italia, è indicata nella cura dei sintomi dolorosi, dal torcicollo alle tensioni muscolari, fino ai dolori ossei. Per l’artrosi uno dei più adatti analgesici naturali è l’artiglio del diavolo. Si assume sia per uso interno sia esterno, sotto forma di tintura madre, pastiglie o pomate. Contro i dolori articolari è terapeutico un bel bagno caldo, gettando in acqua una manciata di sale grosso, in cui sciogliere anche oli essenziali di cipresso, ginepro o gaultheria. Per il mal di testa si consiglia l’Arsenicum album, la Belladonna, l’Ignatia amara e il Nux vomica (cefalee molto forti). Per il mal di denti, i chiodi di garofano producono un forte effetto analgesico. Pochi elementi naturali alleviano il dolore, in caso di infiammazione da carie o ascesso, come i chiodi di garofano. Si tratta ovviamente di un rimedio temporaneo. Infine, per i dolori premestruali, le piante più efficaci sono la valeriana, la camomilla, la calendula, l’alchemilla, la rosa canina o il partenio. Da assumere come di infusi o pastiglie.

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di Alessandro Cortellessa

QUESTIONE DI CILINDRI

JEEP GRAND CHEROKEE 2017 TEMPO DI NEVE E SETTIMANE BIANCHE: TEMPO DELLA RINNOVATA JEEP GRAND CHEROKEE, ANCHE NEL NUOVO ALLESTIMENTO TRAILHAWK

resentata in anteprima nazionale al Motor Show di Bologna dello scorso dicembre, la Nuova Grand Cherokee MY17 si rinnova in termini di stile, allestimenti e contenuti, con aggiornamenti stilistici sul frontale, caratterizzato ora da un look più aggressivo, grazie ad interventi sulla parte inferiore del paraurti anteriore che nello specifico sfoggia nuovi fari fendinebbia e una nuova griglia a sette feritoie. Tra le novità più importanti vi è il nuovo allestimento Trailhawk che, come per gli omonimi modelli di Cherokee e Renegade, esalta le leggendarie capacità 4x4 del marchio Jeep, grazie a configurazioni specifiche per la guida off-road, che si aggiungono all’esclusività, alla qualità costruttiva e ai contenuti tecnologicamente avanzati di Grand Cherokee. Allo stesso tempo, l’allestimento della Nuova Grand Cherokee Summit sottolinea l’esclusività del modello top di gamma Jeep grazie all’introduzione di dotazioni tecnologiche sia nell’abitacolo, sia nell’equipaggiamento di serie della vettura. La gamma della Grand Cherokee 2017 si compone di sei allestimenti Laredo, Limited, Trailhawk, Overland, Summit e SRT - e quattro motorizzazioni, tutte con cambio automatico a 8 marce: il diesel 3,0 litri V6 a iniezione diretta elettronica Common Rail dotato di tecnologia Multijet II (potenze da 190 CV o 250

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CV) e i propulsori benzina V6 Pentastar da 3,6 litri con 286 CV, V8 da 5,7 litri con 352 CV (disponibili solo su Summit) e V8 HEMI da 6,4 litri con 468 CV (esclusivo della SRT). Il marchio Jeep introdusse il nome “Trailhawk” sulla concept car Grand Cherokee presentata per la prima volta all’Easter Jeep Safari in Moab (Utah) nel 2012. L’obiettivo era conferirle un look inedito e aggressivo, grazie all’introduzione

di una serie di caratteristiche funzionali in grado di garantire capacità 4x4 di livello superiore. Il nome “Trailhawk” fu introdotto ufficialmente sul mercato nel 2013 come allestimento più specifico per la guida off-road nella gamma del nuovo Medium SUV Jeep Cherokee, e continuò ad essere utilizzato con la Renegade, il SUV compatto lanciato nel 2014. Gli esterni dell’allestimento Trailhawk sono unici e comprendono l’inedita fascia anteriore, completamente riprogettata per questo nuovo modello, decalcomania antiriflesso sul cofano, piastre sottoscocca di protezione, calotte degli specchietti e finiture Neutral Grey, badge Trailhawk e Trail Rated con finiture in rosso. Gli esclusivi pneumatici Goodyear Adventure, per la guida off-road, da 18” con rinforzo in Kevlar di serie, e le pedane parasassi Mopar, disponibili su richiesta, completano gli esterni dell’allestimento Trailhawk appositamente progettato per percorsi

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QUESTIONE DI CILINDRI fuoristrada estremi. Nell’abitacolo, il nuovo modello Trailhawk presenta rivestimenti di colore nero e sedili in pelle con inserti scamosciati e cuciture a vista in rosso, presenti anche nel pannello delle porte e sulla consolle centrale, inserti spazzolati in piano Black e finiture grigie Il badge Trailhawk sul volante completa le novità nell’interno. La dotazione di serie comprende inoltre il sistema Uconnect touchscreen da 8,4” con navigatore e funzionalità “Offroad pages” aggiornata per consentire di tenere sotto controllo l’articolazione delle ruote e altre caratteristiche relative alla performance 4x4 della vettura, tra cui l’altezza delle sospensioni, i sistemi di trazione e il sistema Selec-Terrain. La dotazione tecnica della Grand Cherokee si completa

con le sospensioni pneumatiche Quadra-Lift di serie che offrono un’articolazione ulteriormente migliorata e una corsa della sospensione completa, e il sistema SelecSpeed Control aggiornato con Hill Ascent che permette di tenere sotto controllo la velocità del veicolo sia in salita che in discesa, per mezzo delle palette del cambio al volante invece che tramite i pedali dell’acceleratore e del freno. La leggendaria capacità 4x4 Jeep è garantita dal sistema Quadra-Drive II dotato di differenziale posteriore elettronico a slittamento limitato (ELSD), che rileva immediatamente lo slittamento delle ruote e distribuisce uniformemente la coppia motore alle ruote in trazione. In alcuni casi, il veicolo sarà in grado di prevedere una situazione di trazione insufficiente e si regolerà di conseguenza allo scopo di limitare o eliminare lo slittamento. Gli angoli di attacco della Jeep Grand Cherokee sono pari a 29,8°, mentre quello di dosso è di 27,1° e quello di uscita corrisponde a 22,8°. L’allestimento Trailhawk ha un’altezza da terra massima di 27,4cm. Il listino prezzi parte da 56.200 euro per la versione Laredo.

Fatti, Notizie, Curiosità e Approfondimenti per chi vive nel Municipio X

CONTROLLO DI VICINATO ALL’INFERNETTO SCAMBIARSI INFORMAZIONI PER ESSERE PIÙ SICURI resente in Italia dal 2008, il “Controllo del vicinato” è un’organizzazione apolitica e apartitica. Ha un costo pari a zero e non ha nulla a che vedere con le ronde. I gruppi di “Controllo del Vicinato” si organizzano continuando a fare la propria vita. Cambia, però, l’occhio con cui guardano al territorio: in alcuni riunioni formative viene spiegato come notare cose che prima non si notavano. Il resto è fatto dalla tecnologia attualmente a disposizione, con la creazione di un gruppo WhatsApp attraverso il quale comunicare notizie, e con l’indicazione di un referente per le forze dell’Ordine. I dati sull’efficacia di questo sistema parlano chiaro: le esperienze che riguardano Trigoria, Castel di Leva, Divino Amore, Torrino Mezzocamino, Ardea, Comune di Cave, Pomezia ( s u iniziativa del Comitato di Quartiere di Acilia Centro Sud e Monti di San Paolo e di Giancarlo Smerilli, referente dell’Associazione Nazionale Controllo del Vicinato sul territorio del X Municipio), registrano oltre 3.000 famiglie aderenti, con una diminuzione dei reati nell’ordine di circa il 50% (si parla di furti, vandalismo, rapine, eccetera). Su iniziativa di alcuni residenti dell’Infernetto, il giorno venerdì 20 gennaio, alle 18.30, verrà presentato un progetto di “Controllo del Vicinato” relativo al quartiere. Il progetto sarà spiegato ai residenti presso il teatro dell’Istituto W. A. Mozart in via di Castel Porziano 516. All’incontro parteciperanno Massimiliano De Juliis e Stefano Leporino dell’Associazione Controllo del Vicinato, nonché le Forze dell’Ordine. Sono invitati anche i referenti delle istituzioni locali. Presto iniziative del genere comprenderanno i territori di Giardino di Roma, Bagnoletto. In questa fase l’obiettivo è coinvolgere il 50% dei residenti su una via o una porzione di territorio e posizionare una cartellonistica che avvisi che la zona è coperta da questo tipo di pratica (deterrente che intimorisce). L’obiettivo finale è creare una rete capillare su tutto il territorio del X Municipio (progetto ambizioso), coinvolgendo gruppi presenti nei quartieri dell’Infernetto, Ostia Antica, Axa, Casalpalocco, Centro Giano, Casal Bernocchi.

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X NEWS ACILIA SUD, RIPULITI I GIARDINI E LA STRADA ADIACENTI ALLA BIBLIOTECA COMUNALE algrado non fosse di loro competenza, gli operatori dell’Ama sono stati occupati, nei giorni precedenti alle festività natalizie, a ripulire alcune porzioni di aiuole nelle vicinanze della biblioteca comunale. Sono stati rimossi molti rifiuti, accumulatisi dopo un lungo periodo di negligenza e lassismo da parte delle istituzioni. Inoltre, è stato eliminato parte del canneto che era andato formandosi lungo il viottolo che porta fuori dal parcheggio pertinenza del luogo culturale. Un’operazione durata alcune ore e che ha

permesso di riportare decoro in un’area abbandonata al degrado e all’inciviltà di alcuni cittadini. Un’area, sovente, al centro di scorribande vandaliche durante le quali vengono divelti cartelli, si affiggono manifesti abusivamente e si imbrattano i muri con lo spray. Ora, non resta che sperare che interventi di questo genere diventino consuetudine, che non si rivelino eventi sporadici e che, soprattutto, la biblioteca, sia all’esterno che all’interno, sia oggetto di una seria ed organica opera di riqualificazione. di Vincenzo Galvani

MADONNETTA, RIPULITO IL PARCO VERDE DI VIA DEI MOLAJOLI

MADONNETTA, RIPARTONO LE ATTIVITÀ DELLA SCUOLA DI ITALIANO PER STRANIERI “EFFATHA’”

n un freddo e ultimo sabato prima delle festività natalizie, come ormai tradizione da almeno due anni, il parco verde di via Molajoli, nel quartiere della Madonnetta, è stato ripulito da alcuni volontari. Muniti di sacchi, rastrelli e tutto l’occorrente per portare a termine una parziale opera di bonifica, i volontari del Ciao Onlus, coordinati dal loro rappresentante, Flavio Tannozzini, sono riusciti a ripulire - restituendole dignità - un’area abbandonata da molto tempo (paradossalmente situata proprio dinnanzi all’ex punto verde qualità del quartiere). Nell’operazione, sono stati coinvolti anche alcuni giovani delle scuole del territorio partecipanti ad

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ono ripartite il 10 gennaio le iniziative del Ciao Onlus e, conseguenzialmente, quelle della scuola di italiano per stranieri “Effatha’”, facente parte delle sue attività. Dopo la pausa natalizia, l’istituto scolastico solidale ha ripreso le sue lezioni, come ormai consue-

alcune delle iniziative della Onlus. Il parco, va rammentato, è provvisto di un piccolo anfiteatro, di un gazebo, di alberature, di punti luce moderni, ma, ad oggi, versa in una situazione difficilmente sanabile. Una situazione alla quale hanno assistito impassibili le diverse amministrazioni comunali succedutesi nel tempo. L’iniziativa - condotta totalmente su base volontaria e che ha visto la rimozione di una considerevole quantità di pattume - è stata volta a portare attenzione proprio verso le condizioni di questo luogo che potrebbe essere un fiore all’occhiello del quartiere ma che, inspiegabilmente, langue in un degrado inaccettabile. di Vincenzo Galvani

tudine da quasi 20 anni, all’interno dei locali del centro giovanile della parrocchia di San Carlo da Sezze, in via di Macchia Saponara, 106, nel quartiere della Madonnetta. I volontari aspettano gli studenti tutti i martedì e giovedì dalle ore 19,00 alle ore 20,30 per accoglierli nei corsi di lingua gratuita che vanno dal grado dell’alfabetizzazione fino a quello, nel Quadro Comune di Riferimento Europeo delle Lingue, C1. La scuola, inoltre, può contare su uno sportello di consulenza legale gratuita, per chi non avesse i mezzi economici adeguati, attivo ormai da anni. di Vincenzo Galvani

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CARLO DEL GRECO Centrale vicino alla stazione scuole e al nuovo mercato “Capo Passero” disponiamo in vendita 2° piano composto da ingresso salone 2 camere cucina bagno 2 balconi luminoso affaccio su strada “classe g epi 175,00 kwh/mqa” Tel. 06 5601944

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di Lucia Bianco (inviate le vostre ricette a luciabianco@hotmail.it)

BUDGET E RICETTE

ORIENTE E OCCIDENTE: DUE VARIANTI DEL RISO UN ALIMENTO SANO E GUSTOSO PRESENTE IN ENTRAMBE LE TRADIZIONI pero che le vostre vacanze siano state serene e vi auguro un ottimo 2017! Le mie fughe in Oriente lasciano sempre anche ricordi culinari: colpa anche di Valentina, mia nuora, che condivide con me la gioia di sperimentare nuove ricette. Questa volta parliamo di riso e di un piatto che non manco mai di ordinare: il Mango Sticky

Rice. Vi do la ricetta sperando di essere sufficientemente chiara, se avete dubbi, scrivetemi al mio indirizzo email. Passerò poi a una ricetta sempre a base di riso. Questa volta però si parla della nostra tradizione. La conservo da almeno 40 anni tra le mie ricette preferite e ogni tanto dimentico di averla. Dunque eccola: la condivido con piacere!

MANGO STICKY RICE

RISO MOZZARELLA, MELANZANE E PEPERONI

S

INGREDIENTI • 200 gr di riso Thai dolce (riso glutinoso chiamato anche “sticky rice” perché diventa colloso proprio grazie al glutine) • 1 tazza e ¾ di acqua • 2/3 mango maturo e tagliato a cubetti

• 55 gr di zucchero di canna • 250 ml di latte di cocco • 1 pizzico di sale • 2 cucchiaini di polvere di amido di mais sciolto in 2 cucchiai d’acqua • 1 cucchiaio di semi di sesamo tostati

PREPARAZIONE

M

ettere a bagno il riso thailandese dolce in una tazza d’acqua per un tempo compreso tra i 20 minuti e 1 ora. Cucinare il riso al vapore. Mescolare il tutto continuamente per evitare che il riso si attacchi al fondo della pentola: occorre bollire per poi coprire parzialmente con un coperchio, lasciando al vapore la possibilità di fuoriuscire. Più o meno dovrà andare a fuoco lento per 20 minuti, fino a quando l’acqua è stata assorbita. Alla fine, togliere la pentola dal fuoco, coprire e lasciare cuocere “a vapore” per 5-10 minuti. Quindi ¾ di tazza di acqua, ¼ di latte di cocco, un pizzico di sale e 1 cucchiaio di zucchero di canna. A parte, preparare la salsa di condimento. Si fa scaldare il resto del latte di cocco insieme a ¼ di tazza di zucchero e un pizzico di sale a fuoco medio (5 minuti). Si può anche aggiungere un po’ di aroma di vaniglia. Aggiungere l’amido di mais (sciolto in acqua) alla salsa e mescolate per addensare leggermente. Come si ispessisce, abbassare il fuoco al minimo. Quando addensato, togliere dal fuoco. Cercate di non far bollire la salsa o si perderà il gusto del cocco. Può essere servito con riso e salsa tiepidi, spolverare con i semi di sesamo che danno della piacevole croccantezza.

INGREDIENTI • 300 gr di riso per risotti Arborio • 200 gr di passata di pomodoro io uso • 100 gr di mozzarella • 1 melanzana • 1 cipolla piccola

• 2 peperoni gialli • Sale qb • Parmigiano • Burro • Basilico • Olio extravergine di oliva

PREPARAZIONE

I

n una pentola mettere un filo d’olio e un tritato di cipolla. Unire la passata di pomodoro ed un pizzico di sale, quindi mettere il riso e farlo tostare qualche minuto. A questo punto aggiungere l’acqua (circa un litro) e mescolare bene. Quando il riso è quasi cotto unire una noce di burro e mescolare nuovamente (se serve, regolate di sale). A parte, lavate e fate a fette la melanzana. Grigliatela da entrambi i lati. Passate sulla fiamma i peperoni, spelateli e tagliateli a fettine. Imburrate ed infarinare una pirofila di vetro pirex del diametro di 24 centimetri, versate un terzo del riso, fare uno strato di melanzane e mozzarella fatta a pezzetti, altro strato di riso, coprire con i peperoni e terminare con il restante riso. Spolverare in superficie la torta con abbondante parmigiano e metterla in forno statico, preriscaldato a 200° per circa 20 minuti, regolatevi sempre con i vostri forni per tempi e temperature. Quando la torta avrà fatto in superficie una crosticina dorata è pronta per essere tolta dal forno. Lasciare intiepidire leggermente servitela portando in tavola la pirofila: è molto bello che si vedano attraverso il vetro i vari colori.

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MAGNAROMA

2017: LE INTENZIONI DEI CLIENTI DICONO CHE SARÀ MEGLIO

Q

uanto spenderemo e quando andremo al ristorante nel 2017? Ce lo dice un’indagine della popolare applicazione TheFork, uno degli strumenti più utilizzati per prenotare una cena o un pranzo fuori attraverso lo smartphone. Secondo le intenzioni degli utenti di TheFork andremo fuori a cena più di quanto fatto nel 2016 e sfrutteremo, laddove possibile, le offerte. Il 36% ha stimato di spendere meno di 10 euro alla settimana per i soli pranzi al ristorante, mentre il 45% prevede di spendere da 10 a 30 euro. Per le cene il budget si alza leggermente: il 78% dei rispondenti spenderebbe nell’arco di una settimana da 10 a 50 euro. Il ristorante, la pizzeria o la trattoria sarà metà di destinazione da 2 a 5 volte al mese. Il 15,5% sostiene di consumare ogni 30 giorni un pasto fuori casa e con servizio al tavolo.

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MAGNAROMA

I TREND DELLA CUCINA NEL 2017

T

heFork è un’applicazione che si occupa di cucina e di prenotazione ristoranti. È legata alla più celebre Tripadvisor ed è nel telefonino di centinaia di migliaia (forse qualche milione) di italiani. Recentemente TheFork ha lanciato un sondaggio tra i suoi utenti per capire quali saranno le tendenze in cucina nel 2017. Il quadro che è emerso è in linea con alcune mode culinarie, in particolare quelle televisive. Innanzitutto, il 2017 sarà l’anno dei piatti vegetariani e della cucina vegana. Poi verranno i piatti “etici”,

cioè quelli preparati con ingredienti a km zero. Sempre in linea con il pauperismo di ritorno, gli utenti sembrano gradire piatti di cucina riciclata, di materie prime a basso costo, di scarti vegetali. Molto apprezzati anche i cocktails, la cucina fusion (ravioli italo-cinesi, ramen, eccetera) e i ristoranti con macelleria (che vendono direttamente la carne). Spazio infine ai Bowls (le ciotole con frutta, latte, cereali, eccetera), ai Freakshakes (frullati giganti composti da gelato, ciambelle, sciroppi, cioccolato, crema, eccetera) e, infine la pizza gourmet (ovvero la pizza ad alta idratazione, lunga lievitazione, alta digeribilità, condimento fatto con ingredienti di prima scelta). Insomma, il 2017 sembra iniziare sotto i migliori auspici. Nelle intenzioni degli utenti dovrebbe essere un anno all’insegna della salute, della genuinità e della leggerezza. Ma sono parole. Perché altrimenti non si spiegherebbe il successo dello street food, dei cibi fritti, delle paninerie e di tutto ciò che solletica il palato ma, soprattutto, la gola.

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OROSCOPO DI GENNAIO

di Alehandra

ARIETE 21/3 · 20/4

KENDRA JADE

19/4/1977

Acquario è un segno amico e Venere vi transita a inizio anno. Ciò significa incontri e sorprese interessanti (anche se Giove in opposizione vi conferisce un umore lunatico). Il transito della luna potrebbe regalarvi qualche tensione in famiglia nella settimana che inizia il 9 gennaio. Attenzione a non criticare e brontolare troppo, soprattutto al lavoro. Sarà un anno emozionante.

BILANCIA 23/9 · 22/10

ALISSON RAMSES BECKER

1/10/1992

TORO 21/4 · 20/5

BILLY JOEL

9/5/1949

Risultate seducenti, specialmente i nati nella prima decade. Vi aiuta il transito di Venere in Pesci sin dai primi giorni di gennaio. Approfittatene per vivere momenti romantici e per fare progetti con i vostri partner; anche Marte, del resto, è dalla vostra parte. Evitate di prendere decisioni importanti il 20 e 21: giorni nei quali avrete un umore negativo.

SCORPIONE 23/10 · 21/11

MONICA ARNOLD

24/10/1980

GEMELLI 21/5 · 21/6

KAT DENNINGS

13/6/1986

A capodanno e dintorni potreste aver subito un colpo di fulmine o un flirt momentaneo. È un periodo in generale di tentazioni: situazioni rispetto alle quali non potete e volete dire di no. Marte e Saturno però continuano a infastidirvi, ragione per la quale è meglio tenere lontani i partner dagli affari che riguardano la famiglia. Evitate discussioni e fate progetti.

CHRIS ISAAK

26/6/1956

JAMIE FOXX

13/12/1967

DEVON AOKI

10/8/1982

JANUARY JONES

5/1/1978

MOBY

11/9/1965

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Attraverserete una fase di romanticismo, motivo per il quale è consigliabile un weekend in qualche città italiana o europea. È un periodo nel quale sono favoriti gli incontri sentimentali e sociali. Voi, del resto, sentite l’assoluta necessità di liberarvi da qualsiasi gabbia (lavorativa, sociale, amorosa). Non abbiate paura dei cambiamenti e degli imprevisti.

ACQUARIO 21/1 · 19/2

EDDIE VAN HALEN

26/1/1955

VERGINE 23/8 · 22/9 I nati della prima decade vivranno un momento sentimentalmente complicato. Tante le tentazioni dovute a Venere, Nettuno e Marte in opposizione. Quella della seconda decade vivranno invece un periodo di opportunità lavorative. In generale, vivrete un periodo di agitazione dal punto di vista della sessualità. State attenti a non confonderla con il cuore.

È il momento di prendere al volo i transiti di Giove e Saturno per dare una svolta alla vostra vita. Anno nuovo, vita nuova: disfatevi delle cose che giudicate vecchie ed inutili. Questo ovviamente non vuol dire che sia incluso anche il partner. Anzi, con il vostro lui o la vostra lei cercate di capire: potrebbe non essere come pensate. Potrebbero arrivare spese inaspettate.

CAPRICORNO 22/12 · 20/1

LEONE 23/7 · 22/8 Dal punto di vista lavorativo è il momento di osare, di curare i rapporti con i collaboratori, di aprire le porte a persone originali e anticonformiste. I nati nella prima decade, a causa del transito del Sole in Acquario, si sentiranno stanchi. Cercate di allargare la vostra solita cerchia e di sfruttare la situazione generale. Che è ottima anche dal punto di vista della fortuna…

È decisamente ora che vi diate una mossa. L’amore non attende all’infinito e il vostro cuore potrebbe indurirsi troppo. Sarà un mese felice soprattutto per i nati nella seconda e terza decade. Quelli della prima passano invece una fase di narcisismo e di ego troppo sviluppato. Dovete abbassare le pretese altrimenti non sarete mai felici come desiderate.

SAGITTARIO 22/11 · 21/12

CANCRO 22/6 · 22/7 I nati della prima decade devono farsi guidare dall’istinto e inseguire l’amore. Marte, Venere, e Nettuno sono dalla vostra parte. Quelli della seconda decade, specialmente se svolgono attività creative o artistiche, saranno invece favoriti soprattutto dal punto di vista del lavoro. Attenti però a non prestare troppo il fianco al partner: potrebbe approfittarne…

Il transito di Giove in Urano porterà situazioni del tutto inattese per i nati nella terza decade. Puntate su voi stessi, credete in quello che fate e nella vostra autonomia. Venere è in aspetto positivo e sono favoriti gli incontri con persone originali. Attenzione alle discussioni: potrebbero degenerare a causa della vostra nettezza. Tensioni in famiglia, voi osate!

A gennaio Venere entra nel vostro segno zodiacale. Significa che parte un periodo all’insegna dell’amore, della bellezza, della sensualità e dell’eros. Attenzione dunque ai colpi di fulmine, in particolare quelli che riguardano persone provenienti dall’estero. Approfittate del momento per curare la vostra immagine e rigenerare il fisico.

PESCI 20/2 · 20/3

JOLENE BLALOCK

5/3/1975

C’è tensione nel vostro rapporto di coppia perché siete troppo gelosi. State attenti davvero a non indisporre il partner. È consigliabile la prudenza sia nel parlare che nello scrivere. Dal punto di vista lavorativo, se siete a capo di una squadra, il vostro carisma sarà riconosciuto e tutti vi troveranno particolarmente convincenti. Sono favorite anche le vecchie collaborazioni.




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