La zona Alpi Liguri si racconta
Dal tramonto all'alba.
Voce ai nostri cari AE
Ecco le quattro nuove elette
Essere Capi oggi (parte 2 di 3)
ScautismoinLiguria 4
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Poste Italiane spa - Spedizione in A.P. DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB Genova N° 44/anno X - Marzo 2018
Editoriale Pag. 3 Dal tramonto all'alba.
Essere Capi oggi (parte 2 di 3) pag. 4 Le risposte al sondaggio pag. 16 Quale capo Gruppo per quale Comunità Capi
pag. 12 Sono un capo yogurt
pag. 14 La fuga dei tirocinanti
Assembea 2017 Pag. 18 Che cosa cercate? Un cammino di libertà.
Passato prossimo Pag. 20 Vivere l'impresa
Pag. 21 Firenze 2017 Sq. Albatros
Pag. 23 Tanti piccoli passi
Futuro Semplice Pag. 24 Le nuove elette! Nuovi incarichi dall'assemblea
Fare Scautismo Pag. 28 Tempo al tempo
Zoom Liguria pag. 30 Zona Alpi Liguri
Pag. 32 Essere capi oggi per ANDARE OLTRE
Arte Scout e Rock'n'Roll pag. 34 Media Scout
Spiritualità scout pag. 36 Chiedete e vi sarà dato
Pag. 38 Un AE vuole bene al suo gruppo
Bacheca Le Gioiose pag. 40 Barefoot on the grass...
Pag. 43 Il magazzino del GE XX
Scautismo in Liguria - La redazione Periodico di proprietà dell’Agesci Liguria Vico Falamonica 1/10 16123 Genova Tel. 010.247.44.04 - Fax 010.247.43.08 Direttore Responsabile: Giuseppe Viscardi
Hanno collaborato: Emanuele Alboini, Gianvittorio Battaglia, Giacomo Beretta, Letizia Cazzolla, Don Mario German, Fausto Lammoglia, Giorgio Masio, Agnese Minuto, Irene Pizzimbone, Paola Raffaglio, Don Piero Spinetta, Andrea Tavella, Anna Testa, Elisabetta Traverso, Carola Ursino.
Direttore: Francesco Bavassano
Impaginazione: www.gooocom.it
Redazione: Carlo Barbagelata, Stefano Barberis, Aurora Congiu, Daniele Boeri, Andrea Borneto, Stefano Celentano, Giorgio Costa, Stefania Dodero, Doris Fresco.
Stampa: Pixartprinting Spa
Aut. del Tribunale n. 23 del 5 novembre 2004
Foto di copertina: Paolo Saracino
Finito di impaginare il 5 Marzo 2018 La tiratura di questo numero é stata di 1300 copie. Comunicazioni, articoli, foto e altro vanno inviati all'indirizzo stampa@liguria.agesci.it
Oltre a essere un film cult di Tarantino, mi sembra una chiave di lettura del periodo che stiamo vivendo come Associazione. Il tramonto è una rappresentazione dolceamara dell’essere capi oggi: suggestivo e ancora impagabile ma carico di pensieri, difficoltà, cedimenti delle nostre motivazioni e della nostra proposta. È invece l’alba che ci deve motivare, è quella che dobbiamo saper scorgere. Non smettere di sognare in grande è l’unico vero modo di rialzarsi dalle situazioni complicate di molti nostri gruppi. Abbiamo chiesto di dirci la vostra sulle sfide di far parte di una Comunità Capi, avete risposto in tanti online e due impavidi ci hanno anche scritto, precisamente un capo “yogurt” e un capogruppo leggermente più stagionato. In apertura abbiamo quindi dato voce ai capi liguri, nel prossimo numero cercheremo invece di evidenziare delle buone pratiche, per chiudere il trittico Essere Capi Oggi, iniziato sullo scorso SIL.
editoriale
Dal tramonto all'alba. Il numero non finisce qui, abbiamo un’infornata tutta femminile di nuove elette a pagina 24, poi spazio alle branche E/G ed L/C (pagg. 19 e 28) e alle Zone Alpi Liguri e Alta Via. (pagg. 30 e 32) Una menzione speciale meritano gli articoli di due don, anzi due Assistenti Ecclesiastici, sul loro essere scout e far parte di una Co.Ca.. Segno del rinnovato interesse della Chiesa locale che i sacerdoti siano con e nelle Co.Ca. per svolgere al meglio il proprio ruolo di pastori e compagni di Strada. Quando questo SIL arriverà nelle case, molte Comunità Capi saranno in procinto di andare in Route o saranno appena tornate, nell’ambito del percorso nazionale Comunità in Cammino. Che siano giorni per alzare la testa e aprirsi in un sorriso fiducioso verso il futuro. Buona lettura, Francesco
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Essere capi oggi
Essere Capi oggi, (parte 2 di 3)
le risposte dei capi liguri al sondaggio di SIL © Andrea Tavella
Ecco tutte le risposte al sondaggio pubblicato sulla pagina Facebook di Agesci Liguria. I commenti ai lettori, scriveteci a stampa@liguria.agesci.it, ma questa
volta vogliamo sapere buone pratiche, i piccoli grandi successi e i consigli dai capi per i capi.
Il problema principale della tua Comunità capi: Timing Organizzazione Si parla tanto, si conclude con lentezza L'utilizzo del tempo sia personale che comunitario. Disorganizzazione, sprecare tempo, dare troppa priorità alle unità Confusione Siamo tanti, con tante idee, e tendiamo a perdere tempo perdendo spesso di vista il vero obiettivo: i ragazzi. L'inconcludenza Dirsi le cose e non aspettare il momento ideale 4
Pacchetto AGESCI La partecipazione a tutto il pacchetto che consegue l'entrata in coca: a servizio con i ragazzi ci sono ma a Co.Ca. no, a zona nemmeno, agli appuntamenti parrocchiali manco a dirlo.
Pacchetto Vita Gli impegni della vita quotidiana: studio, lavoro, famiglia, etc... Gli impegni extra associativi di ciascuno Riusciamo a vederci solo una volta al mese per problemi di lavoro studio/fuori regione
Formazione Non facciamo formazione in co.ca. Formazione Poca consapevolezza
Confronto L'accettare il confronto tra noi Correzione fraterna Mancanza di confronto Comunicazione pacifica fatta faccia a faccia
Il brancacentrismo duro a morire. Interesse limitato all'unitĂ
Inquisizione Che è pesante, sia in termini di impegni sia che di contenuti. Sembra piÚ un circolo della santa inquisizione e della ricerca della fede, che tu sicuramente non hai.
E il suo contrario Troppo buonismo
Oligarchia Lo scarso equilibrio nella gestione delle cose: pochi capi decidevano tutto inibendo la partecipazione degli altri
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Numeri Mancano I capi Piccola Il numero, la voglia, la presenza Poco ricambio la costanza La presenza Siamo pochi Rispetto a qualche problema avuto in passato ora tutto va bene anche se siamo pochi La mancanza di capi Siamo pochi Il numero di capi e la loro resistenza negli anni (tutti giovani) Pochi maschi Pochi capi maschi Mancanza di capi uomini e quindi mancanza di diarchia Abbiamo pochi capi maschi Età elevata L' età elevata dei capi
Ruolo fondamentale
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ALTRO
POCHI MASCHI
SCARSO NUMERO DI CAPI
CONFRONTO
FORMAZIONE
IMPEGNI DI VITA
IMPEGNI AGESCI
ORGANIZZAZIONE
La mancanza di due capi gruppo che non abbiano il doppio servizio
Perché pochi ragazzi entrano in Co.Ca.? Tempo La vedono come una cosa troppo impegnativa e che prende troppo tempo. Perché è un impegno importante e necessita di saper cercare da soli le motivazioni del proprio servizio Per l'impegno che ne deriva Per paura dei troppi impegni Perché hanno paura di prendersi impegni e responsabilità Percepiscono la fatica del servizio, senza capire quanto dà in cambio, e non sono più abituati a sacrificare qualcosa di proprio per gli altri. Basterebbe organizzarsi di più e avere la responsabilità di prendere un impegno, mantenendolo. Perché sono spaventati dall'eccessivo impegno. Per la richiesta che l'associazione fa ai capi: la formazione, la presenza. Spesso non si conciliano con il percorso universitario e di studi. Pensano che sia un carico troppo oneroso sotto l'aspetto tempo da impiegare nelle riunioni . Troppo impegnativo. Perché richiede molto tempo e impegna la testa. Perché è impegnativo Troppo impegnativo come quantità di tempo. Perché il tempo è cambiato...ed è sempre meno. E sempre più il servizio scende. Perché la quantità di impegni spaventa Per i troppi impegni che essere capo ha. Alternative meno impegnative. Studio fuori e lontananza Vanno a studiare fuori e non tornano Xche il concetto di servizio fa a pugni con le necessità di studio/lavoro. Perché vanno a vivere fuori. Frequentano università fuori sede Perché è un impegno molto grosso e tutti vanno a studiare fuori casa. Troppo impegnativo. Non sapere quale sarà il proprio progetto di vita Poiché non é sempre fattibile (o comunque molto difficile e dispendioso) rimanere nel gruppo di appartenenza nonostante la nuova sede di studio (problema per i gruppi che non risiedono nelle città universitarie) e in pochi chiedono di entrare in altri gruppi
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Principalmente per studi. Chi si trasferisce per l'università difficilmente può continuare a reggere il ritmo della vita di gruppo. Per quanto riguarda noi, lontananza. Le università sono distanti. Motivi più profondi Lo scoutismo ha perso la capacità di attirare e formare persone con la mentalità adatta, perché si è conformato ad un mondo fatto di disvalori collettivi invece che di valori e morale personale. È passato il concetto che si cambi il mondo dall'alto, invece che con lo sforzo e la tenacia di cambiar se stessi. La responsabilità fa paura. Per la poca coerenza vita/promessa La scarsa la voglia e la disponibilità a dedicarsi a un servizio che comunque richiede tempo e attenzione. Perché prendersi responsabilità è difficile Perché la co.ca. viene vista come un peso più che come un servizio o una vocazione e perché ormai molte persone hanno già in mente di spostarsi dalla propria città per studiare o lavorare Verità scomode Vedono la coca distante. Pubblicità non troppo buona. Ambiente poco ospitale. Per la negatività con cui spesso noi capi testimoniamo il servizio. Dinamiche di gruppo Nel nostro gruppo chi arriva a prendere la partenza è probabile che entri in coca. Perché pochi ragazzi arrivano alla partenza Perché c’è una grande fuga gli ultimi anni di reparto. Sicuramente problematiche legate al lavoro (studiano fuori e vanno a lavorare in altre città), ma anche un approccio al servizio che forse merita di essere rivisto (sia come proposta che come testimonianza di noi capi).
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In particolare nel nostro gruppo per diversi anni i ragazzi del clan hanno faticato a portare a termine il percorso educativo ritirandosi prima della scelta di partenza, negli tre anni questo non si sta verificando e un numero sempre crescente di giovani fa una scelta di servizio associativo Per alcuni di loro è difficile fare una scelta di servizio. Una speranza Da noi non entrano pochi ragazzi in coca, non ultimamente almeno Fortunatamente abbiamo ingressi in co.ca di ragazzi giovani e meno giovani Perché durante il loro percorso da educandi vengono poco formati a costruire con solidità e competenza le fondamenta delle tre scelte della partenza Il branchismo colpisce ancora Eccessivo branchismo Ben venga Non è il caso della mia coca Per noi non è così. Ma... arrivare a 25 anni in Co.Ca. sarebbe già buono Motivi di studio e lavoro, è un età molto precaria quella dei 25/30. Non rinunciare al ventaglio di possibilità
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ALTRO
NON VA COSÌ MALE
DINAMICHE DI GRUPPO
AMBIENTE NON POSITIVO
PAURA DELLA RESPONSABILITÀ
RICHIEDE TROPPO TEMPO E TROPPO IMPEGNO MATERIALE
Perché è fatica e molto spesso essere capo ti fa scartare altre attività che vorresti fare
Perché la permanenza di molti capi è breve? Tempo, non c'è tempo. Lavoro, lavoro. Scelte di vita che non permettono di proseguire lo scoutismo. per l'impegno che ne deriva Come sopra: scelte di studio/vita/lavoro che non permettono ritmi e disponibilità come solo pochi anni fa. Fanno fatica a organizzarsi Perché è molto impegnativo, soprattutto a livello di tempo. Perché gli impegni della vita di tutti i giorni fanno sì che fare il capo risulti più una costrizione piuttosto che una vocazione. Per gli innumerevoli impegni che richiede essere un capo. Per motivi lavorativi. Tanti impegni di studio e di lavoro Difficile conciliare il lavoro con le attività. Per la mole di impegni e per la fatica che ormai tutti facciamo ad organizzarci la vita Mancanza di tempo. Perché il servizio in coca richiede molto tempo e impegno. E' dopo che inizia il bello... Perché fare il capo é visto come un impegno da universitari. Mancanza di stimoli Non abbiamo modo di affrontare a coca temi di spiritualita condivisione di esperienze di fede, cose che guardano al profondo Per la poca costanza e la poca formazione Problemi strutturali Se lo scoutismo perde la sua forza di spinta al miglioramento individuale e al servizio verso l'individuo diventa anche molto poco appagante. Non vale più la pena di dedicare gran parte del proprio tempo a qualcosa che si riduce ad un dopo-scuola per ragazzini sovrastato da una associazione che fa sofismi invece di eliminare burocratismo e politiche egualitarie. Difficoltà endogene O non riescono a gestire tutti gli impegni, o non sono riusciti ad entrare in sintonia con l'ambiente scout o la staff. Perché non ci si ascolta quando si hanno dei problemi e ci si sente soli. Troppo stress poca gratificazione. Diventa un dovere e non un piacere Analisi sociologiche Per le prospettive. La precarietà non è solo verso il lavoro. È un modo di intendere il proprio momento. Anche chi potrebbe dare più tempo lascia spazi aperti anche ad altre possibili esperienze. Il mondo a portata di mano porta con sé anche lo stimolo ad andare. Cosa che negli anni 70 e 80 non era nemmeno preso in consi10
derazione. E non è un male, secondo me. I nostri paesi stanno diventando piccoli, con comunità poco attraenti e, di conseguenza, sterili. Ricerca del lavoro dopo lo studio e vincolo della distanza fra il luogo di lavoro e il gruppo scout di appartenenza. Per i ritmi della vita del giorno d'oggi e perché è una sfida personale spesso troppo grossa Lo spauracchio Erasmus Università/Erasmus Per motivi di studio fuori sede Erasmus e inizio lavoro fuori. Perché sono sempre più frequenti erasmus e studi fuori Perché il futuro è incerto e moltissimi vanno a fare lavori o periodi di studi all'estero Perché tanto studiano fuori sede e poi cercano e trovano lavoro in un'altra città o regione Usare meglio il tempo in associazione Troppi impegni molto spesso inutili. Tempistiche troppo lunghe per la formazione. Non si può pensare che un capo lavoratore possa prendersi una settimana di ferie per un CFA. Il decorso patologico Complicazioni lavorative, ma anche un po' meno resilienza e serenità. Infine un proliferare di impegni che sfugge al controllo Questi Millennials
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ALTRO
NON È IL NOSTRO CASO
PAURA DI CONTINUARE A IMPEGNARSI
TEMPO USATO MALE IN AGESCI
ERASMUS
PROBLEMI SOCIALI STRUTTURALI
POCA GRATIFICAZIONE
POCHI STIMOLI
IMPEGNO SI RIVELA INCOMPATIBILE CON IL RESTO
Paura nel prendersi impegni. Perché non ce la fanno a conciliare la vita con gli scout Xche Genova offre poco e xche molti vedono il servizio scout come inconciliabile con la vita.
Essere capi oggi
A cura di Giacomo Lanaro
Sono un capo yogurt Ho 22 anni, finisco la triennale a Genova, decido di iscrivermi alla magistrale a Trento! Addio agli scout? Di certo addio al mio gruppo e al servizio in branco, dopo soli due anni di servizio. Partecipo alle riunioni di Settembre, il servizio finisce ai passaggi, che da sempre sono ad ottobre. Perché sono sempre ad ottobre I passaggi? Non saprei rispondere a questa domanda, forse perché tutti gli anni si sentono in CoCa i soliti ritornelli che si potrebbero riassumere tutti in un’unica frase: “Non ne ho più voglia”. Quindi bisogna stare dietro a qualcuno per convincerlo a restare in servizio. Ognuno poi sa svincolarsi con la propria capacità oratoria: i più bravi riescono addirittura a convincere la coca, dei meno bravi si dice sempre “non ne aveva più voglia”. Come se il non averne più voglia sia una colpa, un demerito: Cavoli! Hai preso la partenza! Per tutta la vita gli scout ti succhieranno energie e tempo! È un sacrificio che devi compiere! Ecco, basta sacrifici, alla nostra età non ci si deve sacrificare, si devono imparare ancora un sacco di cose, ci si deve conoscere, si devono porre le fondamenta per vivere i propri sogni e concretizzare i propri progetti, Gesù ci vuole felici, non sacrificati! Non credo che gli scout siano un sacrificio, ma possono diventarlo, anzi probabilmente lo sono stati per tutti quello che hanno lasciato dopo pochi
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anni di servizio, e lo sono per tutti quelli che ogni anno si fanno supplicare di restare. La soluzione non può essere solo abbassare il tiro, non si deve snaturare la proposta e seguire quello spirito svogliato di rinuncia. La soluzione sta nella CoCa! Ognuno di noi trova un equilibrio tra il tempo per sé e il tempo per gli altri, perché “Crediamo” e il tempo per gli altri fa parte del gioco, ma non dobbiamo dimenticarci di noi! Il tempo che dedichiamo alla nostra formazione, alla nostra motivazionee alla nostra Fede, è un prerequisito fondamentale al tempo che dedichiamo agli altri, perché pone le basi al servizio che facciamo: non svolgiamo un buon servizio se non ne abbiamo voglia, se l’andare a riunione è autoimposto in base a chissà quale motivazione. I campi di formazione sono un primo strumento, ma sono pochi e non bastano, sono le
riunioni di CoCa che settimanalmente o meno devono essere spazio per i capi.
privilegiato nel quale farlo. Perché se non lo facciamo, se continuamente non ci muoviamo allora perdiamo di sostanza e di motivazione. Perché va bene educati all’altruismo, ma poi a sé stessi non ci pensa la mamma, ci dobbiamo pensare noi, e fa paura, ma se l’Agesci ci ostacolasse a farlo compirebbe un clamoroso autogol. Nel vangelo non c’è scritto sacrificati per fare il capo-scout!
Le riunioni di CoCa non devono essere spese a parlare di logistica o dei ragazzi (ANCHE!), devono soprattutto contenere le fragilità degli individui, le perplessità, le paure. E’ chiaro che la CoCa non deve diventare un gruppo di auto mutuo aiuto in cui ognuno racconta la propria giornata, ma perché no, se questo serve per mantenere alto il morale della truppa, per mantenere vivo l’interesse per lo scautismo. Alla fine dei conti uno si chiede: “Sì va bene tutto, ma lo scautismo cosa mi dà?” Se la risposta è niente, sei tu che devi dare il tuo tempo ai ragazzi allora credo che non solo i servizi saranno sempre più brevi, ma dovremmo anche accorpare dei gruppi. Una comunità è un luogo in cui ci si confronta personalmente, non perché me ne freghi qualcosa di quello che l’altro capo sente o ha bisogno o ha paura (magari anche), ma perché IO nel mio intimo ho la necessità di esprimermi, di far uscire tutto quello che mi passa dentro, e la comunità è il luogo
Sento già la risposta: ”Lo scautismo è per tutti, ma non tutti sono per lo scautismo”... Vero, ma L’Agesci non può chiederci di diventare adulti prematuramente, non può privarci delle nostre esigenze di crescita. Ecco... nessuna accusa, solo un’altra riflessione riguardo al prematuro abbandono di alcuni servizi. Riformare le nostre riunioni di CoCa credo sia una possibile soluzione. Buona Strada a tutti! P.S. La scadenza sugli yogurt non è mai veritiera!
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Essere capi oggi
A cura di Emanuele Alboini
La fuga dei tirocinanti "O Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare e la saggezza per conoscerne la differenza."
Ma torniamo sui tirocinanti: cosa possiamo offrire a dei ragazzi che hanno scelto di entrare in co.ca.?
Reinhold Niebuhr. Quando si parla di tirocinanti in fuga vien sempre in automatico il pensiero agli studenti fuori sede od a lavori che impediscono un'attiva partecipazione alla vita associativa: fattori che purtroppo non dipendono dalle comunità capi, quindi cercherò di affrontare la questione da un altro punto di vista: che cosa possiamo fare noi di co.ca. per essere sicuri di offrire il massimo ai tirocinanti? Nella mia esperienza ho visto co.ca. che erano più attaccate alla sopravvivenza apparente del gruppo (magari con una storia gloriosa) che alla difficilissima ma entusiasmante missione educativa che ci anima quando scegliamo di diventare educatori scout (che poi quest'ultima e solo quest'ultima è - però - la linfa vitale che dal 1907 anima il movimento scout). Ci sono poi anche tanti capi che confondono la testimonianza con l'insegnamento, capi falsi, manipolatori, negativamente accentratori.. Si potrebbe andare avanti con le figure tossiche che probabilmente ognuno riuscirà ad associare alla sua esperienza, ma il punto è che spesso basta dare una sufficiente disponibilità di tempo (senza una reale scelta di adesione ai valori scout) per entrare in co.ca., vestire l'uniforme e il fazzolettone del gruppo e "servire" i ragazzi che vengono affidati. 14
A volte ho proprio l'impressione che l'Agesci si stia trasformando sempre di più in un'elefantiaca associazione di insegnanti e burocrati che più che di scoutismo sembrano compiacersi a disquisire del loro ruolo. Poi nell’incontro, dietro al velo, si scoprono anche persone che sanno mettere davvero il cuore in quello che fanno. Certo è, comunque, che insegnanti e burocrati non attirano nuove leve di futuri Uomini e Donne. Questi ragazzi volenterosi che si affacciano al diventare capi avrebbero bisogno solamente di un sano scoutismo, il problema è che noi per primi, che magari indossiamo la camicia azzurra da decenni, tendiamo a dimenticarci cosa voglia dire scoutismo. Come “scoutismo” ci sono tante altre parole estremamente inflazionate (e quindi ormai svuotate di un vero significato). Per citarne due: Testimonianza: si è testimoni autorevoli Agesci (e quindi capi educatori) solo quando si testimoniano con le proprie scelte di vita gli ideali cardine dell'associazione. Del resto, se sono i migliori possibili tanto che cerchiamo di trasmetterli ai ragazzi, perché non viverli concretamente nella nostra vita? Servizio: In Agesci, senza Gesù a farci da esempio con la sua testimonianza all'Amore e nell'Amore, senza la nostra scelta a voler prendere esempio da Lui (che
non vuol dire accontentarsi di parlare dei suoi ideali ma spingersi oltre affidando a Lui la nostra Vita perché sicuri del suo Amore per noi), il servizio si svuota di significato.
Eh no... Il resto non lo possiamo controllare.. Saremo testimoni autorevoli solo se il 100% di noi sarà serenamente coerente con quel valore. E allora smetteremo di essere insegnanti. (Una faticaccia, certo, ma del resto in co.ca. abbiamo quella cosa chiamata formazione permanente non a caso! E poi mica ci aspettavamo davvero che diventar persone significative e felici non costasse fatica!).
E che cos'è l'Amore senza un Dio che ci ama infinitamente? Serve riprendere in mano - ed armiamoci di coraggio - il senso umano profondo dello scoutismo. Smettiamo di parlare e di accontentarci di sentirci parlare. Perché il rischio è non rendersi conto che spesso ce la stiamo raccontando. Seguire Cristo vuol dire - ad esempio - anche scegliere di avere il coraggio di vedere la realtà su noi stessi e gli altri.
Quindi ai tirocinanti testimoniamo la libertà di esprimere ciò che crediamo nel profondo perché vogliamo che l'AGESCI sia davvero il nostro posto oppure testimoniamo il dover insegnare riguardo ideali e scelte che non fanno parte di noi stessi?
Questo per dire che non dobbiamo formare insegnanti che - appunto - insegnano dei valori, e cioè noi per primi non dobbiamo essere degli insegnanti. Dobbiamo formare dei testimoni di questi valori se vogliamo che questi valori vivano e non vengano svuotati di significato. Dobbiamo essere noi per primi testimoni vivi. Non possiamo davvero credere di essere autorevoli quando la nostra vita al di fuori dello scoutismo racconta scelte di vita non in linea o addirittura opposte ai valori Agesci. È un'illusione credere di poter dare ciò che non si ha.
Che cos'è lo scoutismo per ognuno di noi? Un passatempo, un modo per incontrare gente oppure uno stile di vita? Come i ragazzi anche i tirocinanti, ma in realtà ogni singolo capo in co.ca., hanno bisogno di occhi luminosi ed un cuore pulsante nei quali scoprire un tipo di Uomo e di Donna con il quale relazionarsi, non di un cervello che li ricopra di parole altisonanti ma senza vera sostanza. Insomma c'è bisogno di verità nei rapporti, di verità e serietà nell'adesione ai valori e di tanto coraggio perché la crescita umana personale non può avvenire senza.
Scoutismo è stare insieme, in comunione profonda, percorrere insieme un percorso personale non con un insegnante che ti indichi la strada "giusta" ma circondato da testimoni autorevoli che ti accompagnano lungo la strada.
Di certo non possiamo cambiare il sistema universitario italiano o gli esodi lavorativi, possiamo però crescere in consapevolezza come comunità capi dando ai giovani ciò di cui hanno bisogno: la verità. Una testimonianza di verità integrale. C'è tantissima strada da percorrere in salita ma ci sono anche tante soddisfazioni da togliersi
Diamo - e questa purtroppo è anche la moda del mondo contemporaneo - troppa importanza alle parole e crediamo che ai ragazzi basti parlare e spiegare i concetti quando invece solo il 10% della comunicazione tra due o più persone avviene per via verbale... 15
Essere capi oggi A cura di Giorgio Masio, Elisabetta Traverso, Gianvittorio Battaglia
Quale Capo Gruppo per quale Comunità Capi Un tranquillo we di Trenitalia
La tanto citata “riforma Leonardo” ha messo la lente d’ingrandimento dell’Associazione su due punti nevralgici della così detta Piramide associativa, ovvero il Gruppo e la Zona. Porre al centro questi due elementi, così concreti e vissuti, sicuramente è un fatto positivo, vuol dire dare una lettura più reale e concreta delle esigenze dell’Associazione, e, nell’ottica formativa, arrivare a capire nel concreto cos’è la formazione permanente, come viene vissuta e in che tempi e spazi può essere attuata. Non sarà semplice rileggere tutto con queste nuove lenti associative, non sarà immediato adattare la proposta e forse servirà anche cambiare un po’ i nostri schemi mentali del dover fare cose, creare eventi ecc.ecc. In questo cammino di rilettura associativa post-riforma Leonardo, la Fo.Ca. Nazionale ha organizzato il seminario “Quale Capo Gruppo per quale Comunità Capi”. Tralasciando i 110 minuti di ritardo del treno che avrebbe dovuto partire alle 7,05, che ci verrà ascritto a nostro maggior onore (...o discolpa, si vedrà), gli 16
interventi del seminario ci hanno rimandato, partendo da diverse prospettive, alla visione del/della capo Gruppo come capo - formatore – quadro (con tutto ciò che ogni singolo termine porta con sé), che ben emerge ogni volta che si parla di capo Gruppo, sia che sia al campo di formazione apposito, che nei momenti “dedicati”, del suo ruolo di “cerniera” estremamente importante per il collegamento tra Gruppo “che fa” ed Associazione un po’ più “di concetto”. Posto che i risultati dei questionari che sono stati inviati a Gruppi, capi Gruppo, responsabili di Zona per avere un panorama dello “stato di attuazione del percorso formativo dei capi Gruppo" e per analizzare i bisogni formativi delle Comunità capi a cui "il capo Gruppo è chiamato a rispondere" (come da mandato del Consiglio Generale del 2016), ci sembrano da prendere un po’ con le pinze per via delle percentuali -basse- di risposte da parte di Gruppi e capi Gruppo e quindi con un conseguente riscontro di dati piuttosto poco realistici, il dato che è saltato all’occhio è la diversa percezione
rispetto all’utilità del campo capi Gruppo che viene dai capi Gruppo rispetto alle Co.Ca che hanno risposto al questionario. Per i primi in un certo qual modo è stato un momento di presa di coscienza (del ruolo, ma anche più personale, tant’è che va ad influenzare il Progetto del Capo), mentre per le Co.Ca. risulta poco o nullo il cambiamento della vita in comunità prima e dopo l’evento. Quindi, o il campo resta tutto sommato un fatto personale del capo, oppure c’è una difficoltà a riportare nel proprio servizio alle comunità capi ciò che si è appreso, ciò che in qualche modo ci ha cambiati.
In definitiva da questo seminario, un momento di condivisione e di riflessioni in cui le esperienze delle varie regioni hanno fatto ricchezza di patrimonio comune, portiamo a casa la consapevolezza che il cuore della vita dei capi (di cui i/le capi Gruppo sono garanti e custodi) è la formazione permanente, quella che si vive in primis in Co.Ca., in Zona, poi in regione e ovunque ci porti il cuore - o, più pragmaticamente, il tempo a disposizione; la formazione istituzionale viene dopo, nel senso che c’è dentro, ed ha senso solo se vissuta come un momento della nostra strada che non finirà peraltro mai, anche con 2,3, o 4 zoccoletti.
L’associazione punta molto sulla responsabilità data al/alla capo Gruppo, col rischio che lui/lei, soprattutto se, come sempre più spesso per necessità accade, con poche esperienze di servizio alle spalle, si sentano inadeguati, e quindi vivano il ruolo in maniera piuttosto frustrante.
Finchè invece l’obiettivo primario saranno i campi scuola (sostanzialmente per avere i bollini a posto alla conduzione delle unità), sarà sempre più difficile adempiere all’art.45 del Regolamento I bambini, i ragazzi e i giovani (...anche le bambine e le ragazze eh..) hanno il diritto di essere educati da adulti che abbiano compiuto scelte solide e acquisito adeguate competenze.
Dai lavori di gruppo è emerso in maniera evidente il ruolo di grande importanza del Consiglio di Zona come luogo di formazione, decisione, supporto (e anche un po’ di auto-aiuto) per i/le capi Gruppo, luogo in cui ci si possa confrontare, in cui il patto identitario che ci lega basato su una visione comune e sulla cessione di potere di ciascun singolo, faccia sperimentare concretamente delle dinamiche che diventino utili modalità da riproporre in Co.Ca.
Nei nostri specifici ruoli di capo Gruppo, responsabile di Zona, formatore, cercheremo di non perdere di vista questo assunto, in tutte le relazioni con ciascun capo che avremo l’onere ma soprattutto l’onore di servire.
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Assemblea 2017
Che cosa cercate? un cammino di libertĂ . immagini della scorsa Assemblea
Il saluto di Enrica
Il saluto di Andrea
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L'intervento sul discernimento del Nazionale
Passato Prossimo A cura Letizia Cazzolla e Giacomo Beretta, Incaricati alla Branca E/G.
Squadriglie in azione Specialità di squadriglia = sognare, progettare, realizzare Nella vita di ogni squadriglia arriva sempre il momento dell’impresa, magari una delle due utili alla conquista del Guidoncino Verde. Nel momento dell’ideazione i capi squadriglia hanno il duro compito di mettere insieme i sogni e le competenza di tutta la sq., senza lasciare indietro nessuno e aiutando tutti a fare un passo avanti nel proprio sentiero. Noi capi, invece, dobbiamo essere i registi silenziosi in questo gioco
delle parti, dobbiamo essere presenti nel momento del bisogno, spronare nel momento in cui si arenano, esaltare quando fanno bene... Ecco allora il racconto delle imprese di due squadriglie: le Albatros del Genova 49, che quest’anno hanno intrapreso il sentiero del Guidoncino Verde per la specialità di Esplorazione e le Albatros del Genova 7 che l’anno scorso hanno vinto il Palio dei Guidoncini Verdi.
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Passato Prossimo
A cura di Emanuele Alboini e Irene Pizzimbone, Ge 49
Vivere l'impresa I ragazzi possono vivere l’impresa di squadriglia in due modi: 1) un impegno pesante ed inutile. 2) un’avventura da vivere insieme. Le squadriglie del mio reparto fortunatamente hanno l’abitudine all’impresa e quindi di staff quest’anno ci siamo potuti concentrare sull’aiutare le squadriglie a percorrere un po’ meglio, rispetto agli anni scorsi, il viaggio di squadriglia che è l’impresa, sia lavorando molto a stretto contatto con il Con. Ca., sia partecipando (su richiesta del capo sq.) ad alcune riunioni di sq. Come tutti sappiamo prima di tutto c’è l’ideazione e quest’anno abbiamo riscontrato che per i ragazzi non è facile concretizzare questo fondamentale momento di vita di squadriglia. Trovare l’idea per l’impresa può essere fatto in più modi, tutti però riconducibili a due modalità: 1) Trovare l’idea che entusiasmi e poi incastrarci forzosamente tutto il resto dentro (specialità individuali, specialità di squadriglia, sentiero etc.) 2) Mettere sul tavolo a riunione di squadriglia le esigenze ed i bisogni di ognuno (ciò che si vuole imparare, ciò che interessa, il proprio punto sul sentiero etc.) e poi, a partire da questi, ricavare l’idea giusta, che calza, per l’impresa. Entrambi i metodi portano al risultato, il problema è che noi capi, se vogliamo essere davvero educatori, non possiamo accontentarci del semplice risultato che la sq. faccia impresa - ma dobbiamo accompagnare i ragazzi passo per passo affinché vivano l’impresa come vero
momento di crescita individuale e di squadriglia. Mi spiego: vivere il momento dell’ideazione secondo la modalità 1) ha alcune conseguenze negative: a) Difficoltà nella scelta di un’impresa che accontenti tutti. b) Non incentiva la nascita o la crescita di un vero spirito di squadriglia perché di solito ci si ritrova a dover scegliere la proposta di uno solo. c) È diseducativo perché non educa al fare le cose tutti insieme (si sa come finisce: dopo 1 ora di riunione di squadriglia passata a riempire un foglio pieni di idee ci si accontenta di scegliere quella meno peggio..). Nell’approccio 2) invece: a) L’idea di ciò che si farà viene dal basso: dalle disponibilità, propensioni e competenze dei singoli fino a trovare l’impresa che metta in gioco tali propensioni, disponibilità e competenze (ecco che spunta l’approccio “ask the boy” che era tanto caro a B.P.). b) Incentiva l’ascolto reciproco ed il coinvolgimento di ognuno nell’impresa e quindi nella vita di squadriglia. c) Ognuno si sentirà più responsabilizzato rispetto al percorrere il proprio sentiero accompagnato da tutto il resto della squadriglia. È sempre bello riscoprire un nuovo aspetto del metodo che non si era mai percepito, riportando ancora una volta alla luce la sua profondità. Pensiamo che tutte queste considerazioni, questa 20
ricchezza educativa, viene da una singola fase dell’impresa! Che bello il nostro metodo! E che bella quest’avventura che ogni anno viviamo con i nostri ragazzi! Ora vi lascio all’articolo di Irene Pizzimbone che racconta, per la
specialità di redattrice, la realizzazione dell’impresa che ha fatto con la sua sq. Albatros, tappa per raggiungere la specialità di squadriglia di Esplorazione. Buona lettura!
Firenze 2017 Sq. Albatros È venerdì 1 Dicembre e io, Claudia, Rita, Emanuela, Matilde, Elena e Giulia ci troviamo alle 15:00 a Genova Fanti d’Italia. L’autobus parte alle 15:30 e dopo circa 3 ore arriviamo a Firenze. Dopo un po’ di tempo per trovare la strada giusta arriviamo nella chiesa di San Jacopino dove ci hanno ospitato a dormire fino a Domenica. Appena arrivate abbiamo incontrato due squadriglie del reparto di quella parrocchia (i falchi e le tigri del Firenze 5). Dopo aver cenato decidiamo di prendere una cioccolata e di fare un giro. Il giorno dopo ci incamminiamo verso il centro per visitare alcuni monumenti: la prima chiesa che incontriamo è la chiesa di Santa Maria Novella, ci facciamo qualche foto e dopo un po’ di tempo per trovare la strada giusta - abbiamo bisogno di una topografa capace! abbiamo raggiunto i capi e abbiamo ammirato le bellezze del Duomo. Abbiamo fatto mille foto (si, una di noi aveva le prove per prendere la specialità di fotografa) e la Ema ci ha spiegato la storia del Duomo mentre,
manco a farlo apposta, un corteo storico rinascimentale ci passava davanti. All’ora di pranzo andiamo in un bar e mangiamo. Faceva molto freddo e abbiamo preferito mangiare al chiuso. Dopo pranzo abbiamo fatto la foto con qualche mimo e abbiamo potuto vedere il Ponte Vecchio con i suoi colori pastello da lontano. Quando l’abbiamo percorso ci hanno colpito le gioiellerie e la vista sul lungofiume, peccato che ci siamo dovute affrettare per il freddo.. Dopo il bar siamo passate davanti a palazzo Pitti e abbiamo fatto un po’ di giri. Abbiamo raggiunto un bar Americano e siamo state un po’ lì. Poi siamo andate a vedere se potevamo visitare i giardini di Boboli ma non ci hanno fatte entrate perché avevamo l’alpenstock e allora abbiamo scelto di fermarci nei giardini lì vicino. Dopo questa breve pausa abbiamo scelto dove mangiare e abbiamo deciso di preparare la cena a casa, abbiamo fatto la spesa e siamo tornate al Duomo a prendere la messa che ci ha colpito rispetto alle solite, sicuramente perché il posto è 21
Passato Prossimo
unico e speciale ma poi i brani suonati con l’organo erano molto coinvolgenti ed emozionanti. Dopo messa siamo tornate nella chiesa dove avremmo dormito e ci siamo divise i compiti per cucinare e siamo riuscite a preparare un’ottima cena!
Le Albatros del GE 7
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Mentre stavamo cenando sono successe due cose molto divertenti: la Ema ha trovato un barattolo di Nutella e con la Tilly ne hanno mangiato un po’, poi io ho preso il barattolo e ho visto che c’era della muffa: era scaduta nel 2013!!! La seconda cosa che ci ha fatto divertire è stata quando qualcuno da fuori ha fatto dei rumori che ci hanno spaventato e allora, con coraggio, abbiamo aperto la finestra ed un ragazzo ci ha chiesto delle informazioni per andare in un posto e noi gli abbiamo detto che eravamo di Pisa e che non conoscevamo nulla. Dopo cena abbiamo chiacchierato un po’ e siamo andate a dormire. La mattina dopo decidiamo di andare a far colazione in un bar-pasticceria li vicino. Siamo tornate in chiesa ed abbiamo rifatto gli zaini e ci siamo dirette a piazzale Montelungo per prendere l’autobus del ritorno alle 11:30. Alle 14:25 siamo tornate a Genova. È stato un bellissimo viaggio e ho provato tante emozioni condivise con la mia squadriglia!
A cura della staff del reparto Edelweiss GE7
Tanti piccoli passi Tutto è cominciato da una telefonata ricevuta dal responsabile del Parco Villa Duchessa di Galliera di Genova Voltri, quartiere del nostro gruppo, il quale ci ha messi a conoscenza di essere stato contattato da una squadriglia di guide, intenzionate a rendersi utili nella cura di una parte della villa per realizzare una loro impresa. Senza possibilità di controbattere, il responsabile ha subito dichiarato di aver già pensato a come aiutarle a realizzare questo lavoro, per cui decidiamo di lasciar fare. Infatti, poco tempo prima avevamo dedicato un’attività di reparto alla presentazione del Palio dei Guidoncini Verdi, raccontando sia la nostra esperienza vissuta da esploratori sia proiettando un video in cui comparivano le gesta di squadriglie di altri reparti della Liguria. La nostra intenzione era far capire ai nostri esploratori e guide l’occasione che si presentava loro, ovvero quella di portare a termine una Specialità di Squadriglia e poterla presentare ad altri ragazzi che condividevano sogni ed aspettative, se pur tutti diversi. È da quel momento che ogni singola squadriglia ha cominciato a parlarsi, a progettare insieme la realizzazione di un’idea e a mettere in pratica le capacità di ognuno, forse ancora da conoscere e utilizzare.
Stessa cosa hanno fatto le Albatros, squadriglia non priva di dubbi e titubanze iniziali: cominciare a lavorare assieme, venirsi incontro e mettersi a disposizione l’una dell’altra non è sempre cosa facile. Ma un’impresa tira l’altra: cominciano a rimboccarsi le maniche per organizzare l’Uscita successiva, ormai consapevoli del fatto che la collaborazione e l’intenzione stavano dando i loro frutti. Ormai giunti a fine anno, ci facciamo raccontare le loro Imprese, vediamo i risultati della Missione e le osserviamo mentre si preparano per partecipare al Bivacco a Vara. Quel sabato di Giugno non si aspettavano di certo di portare a casa la vittoria: pronte a raccontare la loro esperienza, pronte a conoscere altri ragazzi e a scoprire tante imprese realizzate, molto incuriosite da cosa proponesse l’evento. Eppure, il giorno dopo scoprono che la loro Specialità di Squadriglia vince il Palio dei Guidoncini Verdi e tornano a casa entusiaste e fiere di aver realizzato il loro sogno. A distanza di mesi, il guidoncino verde è appeso all’alpenstock della nuova squadriglia Albatros, a ricordare i bei momenti vissuti e a dimostrare alle altre squadriglie che è possibile tirare un calcio alla “IM” di “IMPOSSIBILE”.
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Futuro semplice
A cura di Giorgio Costa
Le nuove elette! Nuovi incarichi dall'assemblea
Laura Quaini rinnovata Responsabile Regionale
Racconta le tue esperienze di capo Nasco nel Genova 50 dove inizio il mio servizio di Capo. Poi per necessità del Gruppo entro nel Genova 60 in cui faccio la CR e il CG e continuo a fare la CG ancora oggi. Nome di Totem Tasso Volenteroso Come nasce la tua candidatura Dal Comitato Regionale sicuramente. Negli ultimi anni ci sono stati numerosi nuovi arrivi e la richiesta è stata quella di dare continuità per altri due anni. Ho accettato per spirito di servizio ma anche perché in fondo mi piace, mi trovo bene e, soprattutto la mia CoCa era d’accordo che io continuassi questo impegno. Perché quattro anni sono giusti per un incarico faticoso, per gli ulteriori due servirà rinnovata energia.
Persona a cui ti ispiri nel fare il capo Non una, ma tante persone in particolare quelle con cui ho avuto la fortuna di fare servizio. Dalla CoCa fino alle staff di Formazione. Obiettivi del tuo servizio Come da richiesta dare continuità al Comitato, ma con l’obiettivo che a breve possano fare a meno di me. Obiettivi importanti comunque sono quello di fare arrivare a livello di Zona problemi e questioni che sono sentite ancora “alte” e quindi lontane dai Capi. Poi, non ultimo affrontare questo momento di passaggio generazionale, dove tutto ci sembra più instabile e quindi fragile, con rapidi cambiamenti. Ci sono nuove sfide e ci servono nuovi modelli per i Capi e per le CoCa.
Pregi e Difetti nel fare il Capo Pregio, dare priorità alle relazioni personali. Difetti, davanti a tanti impegni voler arrivare a tutto perdendo di vista talvolta gli obiettivi principali. Vorrei essere sempre sul pezzo… senza perdere i pezzi… Poi è difficile talvolta collaborare con me e… “talvolta” risulto un po’ prolissa. 24
Carola Ursino nuova Incaricata Regionale alla Branca L/C
Racconta le tue esperienze di capo Capo reparto, Capo Fuoco ma anche Capo Branco, poi MdN e CG. Formatrice LC
Obiettivi del tuo servizio Per me si tratta di un’esperienza completamente nuova. Ora cerco di ascoltare e osservare per capire bene in che modo posso svolgere un buon servizio verso agli altri componenti della pattuglia. Un’attenzione particolare vorrei averla verso gli IABZ.
Nome di Totem Picchio silenzioso Come nasce la tua candidatura Enrica, la prima colpevole, dopo l’esperienza in pattuglia mi ha dato tempo e convinzioni per candidarmi al ruolo. Sono a disposizione per iniziare al meglio.
Il bello della Branca L/C Lo spirito del gioco: “tutto per gioco, niente per gioco”, mi ci ritrovo completamente. E poi stare con i bambini.
Pregi e Difetti nel fare il Capo Pregi, non riuscire a dire di no, cioè vedere sempre il positivo. Difetti, sono troppo diretta nel dire le cose senza filtri o attenzioni.
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Michela Mazzoccoli rinnovata Incaricata Regionale alla Branca R/S
Racconta le tue esperienze di capo Cresco e sono Capo nel Genova 53, dopo un solo anno in L/C passo a fare la Capo Fuoco e poi MdN, poi CF ancora e CG. Sono in Staff di ROSS e Formatore R/S. Nome di Totem Cincillà pacato Come nasce la tua candidatura Dalla bella esperienza in Regione sia per la Pattuglia Regionale che col Comitato. Stiamo lavorando molto e con soddisfazione alla partecipazione degli R/S, alle Botteghe e a tutti gli EPPPI in generale. Ho voglia di concludere quello avviato e di occuparmi di accogliere e avviare una nuova pattuglia dedicata a far crescere gli eventi.
Persona a cui ti ispiri nel fare il capo In particolare i precedenti Incaricati Regionali R/S e poi i miei Capi CFA, tutti molto significativi per me. Obiettivi del tuo servizio Crescita degli EPPPI, verifica dei problemi degli R/S in servizio associativo, verifica delle nuove situazioni di precarietà degli R/S, ampliare e rafforzare la Pattuglia. Il bello della Branca R/S Tanti aspetti, in particolare i tre pilastri, strada, comunità, servizio, che sono i veri strumenti per affrontare la vita. Poi la comunità, il gruppo, che ti permettere di crescere con i più grandi.
Pregi e Difetti nel fare il Capo Pregi, ascoltare e organizzare. Difetti, sono pignola e ci tengo a fare le cose come dico io. Avrei bisogno di maggiore creatività, più inventiva.
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Letizia Cazzolla, nuova Incaricata Regionale alla Branca E/G
Racconta le tue esperienze di capo A lungo Capo Reparto ma anche Capo Branco e Capo Fuoco, Capo Gruppo nel gruppo Cogoleto. Ho fatto la IABZ E/G e L/C sono formatore di CFT, CFM e CFA.
Persona a cui ti ispiri nel fare il capo Direi in particolare i componenti della mia famiglia (tutti capi scout n.d.r.). Obiettivi del tuo servizio Continuare e rilanciare gli eventi in particolare i Campi di Competenza. Vorrei lavorare sempre meglio in pattuglia e crescere nei rapporti con le branche di Zona.
Nome di Totem Foca loquace Come nasce la tua candidatura Sapevo che c’era bisogno e non ho deciso di candidarmi finché non ho sistemato un aspetto importante della mia vita (lavoro). Conoscevo bene la pattuglia dopo essermi dedicata per anni agli Eventi E/G.
Il bello della Branca E/G L’avventura! Soprattutto la capacità dei capi di fare un passo indietro per lasciare ai ragazzi la possibilità di essere protagonisti nell'avventura.
Pregi e Difetti nel fare il Capo Pregi, non mi lascio abbattere, “rido e canto nelle difficoltà”. Difetti, sono razionale e talvolta troppo “inquadrata” .
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Fare Scautismo A cura di Fausto Lammoglia e Carola Ursino, Incaricati alla Branca L/C
Tempo al tempo
Giocare con il tempo senza farsi giocare
Ogni cosa ha il suo tempo. Lo sa bene Mowgli, quando progetta le sue cacce, o quando prepara la sua battaglia contro i cani rossi. Lo hanno imparato a loro spese le otto coccinelle quando, ferme sulla montagna, hanno perso la cognizione del tempo e l’ozio le ha impigrite, allontanandole dal loro obiettivo. Ci confrontiamo con ciò anche noi vecchi lupi e coccinelle anziane nel progettare la stagione di caccia e di volo, che ha dei tempi ben precisi con un inizio e una fine.
costretti a correre. Avere un tempo prestabilito ci pare non fornisca un “tempo di qualità”, come invece vorremmo. Abbiamo paura del tempo. Non i nostri fratellini o le nostre sorelline, ma noi Capi siamo spaventati da queste scadenze. Così come nella stagione di caccia/volo, il tempo è poco anche per fare servizio, e spesso è troppo pieno di cose, e quindi “saltiamo” o procrastiniamo. Ci arrendiamo al tempo, e così ci domina e sembra che ci tolga qualità. Se provassimo ad invertire questa tendenza? Se imparassimo a gustare il limite riuscendo ad imparare da questa situazione?
Proprio durante la stagione di caccia/ volo, però, il tempo sembra scivolarci via. Ci sentiamo legati e, al contempo,
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Così, specialmente durante i primi passi nell’Associazione, viviamo come un peso il proliferare delle riunioni e, soprattutto, ci sembra di sprecare il nostro tempo.
Pensiamo ai nostri bambini: avere una scadenza entro cui cacciare o volare non significa avere l’ansia di arrivare, al contrario comporta progettare il proprio tempo in modo da rendere pieno e significativo ogni minuto a disposizione. Procrastinare, allontanare la fine della stagione di caccia/volo, non è un aiuto per i nostri fratellini; anzi, senza timore possiamo affermare che è una pratica che li diseduca. Spostare in avanti la fine, significa dire loro: “non ti preoccupare, c’è sempre tempo”; e questa, lo sappiamo bene, è una bugia! Al contrario, non raggiungere l’obiettivo in tempo è un’occasione di crescita: la relazione tra il Capo e il ragazzo deve portare a valutare il perché del fallimento e, conseguentemente, rielaborare le proprie dinamiche progettuali per imparare a gestirsi meglio, con la consapevolezza che, da questa “caduta” mi rialzerò più capace di prima a progettarmi. Noi Capi, per primi, dobbiamo imparare a recuperare questa dimensione del limite. Sappiamo che i nostri tempi sono brevi, perché gli studi, la famiglia, la vita sociale ci chiedono tempo e lo scoutismo ne richiede altrettanto.
La formazione diventa una voce accessoria nel bilancio della nostra timetable, per cui preferiamo “delegare”: uno o due capi per staff (in media) che siano formati per la branca o (ahimè ancor meno) che partecipino a zona bastano e avanzano. Rivoluzioniamo quest’ottica. Chiediamo che le nostre riunioni offrano un tempo di qualità. Pensiamo al tempo speso nella formazione come un investimento che innalza la qualità del nostro servizio e, quindi, di quello che offriamo ai nostri bambini. Diamo qualità nel limite: decidiamo che le nostre riunioni avranno una durata e in quel tempo cercheremo di raggiungere obiettivi precisi e significativi. Progettiamo la nostra vita, gestiamo il tempo senza lasciarci gestire dal tempo. Organizziamo le attività senza che esse organizzino la nostra vita, così come sanno fare i bambini che giocano con il tempo senza lasciarsi giocare da lui. Il Signore stesso ci ricorda come il sabato è per l’uomo e non l’uomo per il sabato. Recuperare la dimensione del sabato, del tempo, del sapersi gestire, non è dunque solo un’esigenza vitale o scoutistica, ma anche una profonda dimensione di Fede. Gustiamo il tempo, cacciando con i nostri lupi, volando con le nostre coccinelle, crescendo con le nostre comunità capi, le nostre zone, la nostra regione, accogliendo con gioia il tempo scandito dal cuore che batte insieme a quello di Gesù, senza timore, ansia o procrastinazione.
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Zoom Liguria
A cura di Paola Raffaglio, RdZ
Zona Alpi liguri
una storia già lunga un anno
Settembre 2016: pronti, via! Inizia una nuova avventura! Arriviamo da un anno di grande dibattito nelle Comunità Capi, nei Comitati e nei Consigli delle due ex Zone: Intemelia ed Ingauna. Forse non abbiamo ancora capito e interiorizzata la riforma Leonardo e quanto diventerà importante in Agesci il ruolo della Zona. Le discussioni si alternano tra Sì, formiamo una nuova Zona che sia l’Unione delle due attuali, NO, assolutamente non se ne parla, Sì, ma solo con riserve, paletti ben fissati, ecc... ecc... chi ha più fantasia, immagini il resto! Si arriva al tanto atteso Consiglio regionale del 2016 durante il quale viene posta ai voti la mozione secondo la quale, in Liguria, durante le assemblee dell’autunno, si formeranno le nuove Zone, più ampie per permettere un maggiore scambio, pluralità d’idee, più sostenibilità del servizio ed altri stimoli positivi.
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Dopo di che i due Comitati di Zona che da un po’ di tempo lavorano insieme, convocano un Consiglio congiunto e, tra le cose, si parla di candidature. Simone Schiavon, Paola Raffaglio, don Alberto Casella (ora sostituito da don Claudio Fasulo a causa del trasferimento di Alberto), Massimo Giribaldi, Letizia Bassan, Paola Dusi, Mauro Bertonasco vengono individuati per ricoprire, i primi tre i ruoli di responsabili di Zona, e gli altri quattro quello di membri del Comitato. Il 17 settembre si va in assemblea, le proposte vengono confermate dal voto dei Capi e l’Avventura ha inizio! L’attenzione che il Comitato vuole privilegiare durante il primo anno, è quella di essere a stretto contatto con le reali esigenze di ogni Capo e così inizia il giro di visite a tutte le Comunità Capi dove, oltre alla conoscenza, si sono ascoltate le reali esigenze delle persone e delle realtà. Qui è iniziata la vita embrionale del progetto
di Zona che ha visto diversi passaggi a vari livelli (Comunità Capi, Comitato, Consiglio, Branche) per venire alla luce il 16 settembre 2017. Contemporaneamente si è cercato di essere fedeli alle raccomandazioni poste dall’assemblea che vertevano soprattutto sul rispetto della voce di entrambe le vecchie realtà ed in particolare si nominassero incaricati, in diarchia, provenienti da entrambe le due vecchie zone. Da settembre 2017, ad oggi, sia a livello di Consiglio che di Branche abbiamo iniziato a concretizzare gli obiettivi posti nel progetto. Quest’anno, a tutti i livelli della Zona, si stanno concentrando le forze sul percorso sul ”discernimento”. Venerdì 19 gennaio si è organizzato un incontro, al quale hanno partecipato tutti i Capi, con padre Francesco, maestro efficace e serata stimolante per procedere in modo più consapevole su questo impegnativo itinerario personale e di Comunità. Si lavorerà a breve, con l’aiuto di don Claudio, don Giorgio, don Nicolò ed i nostri vescovi, con gli AE e Capi gruppo per cercare di stimolare l’esigenza di formazione specifica scout per gli AE, così da aiutare in modo più efficace la crescita nella fede dei Capi e dei ragazzi. Sarà anche l’anno in cui riprenderanno gli eventi di Zona per i ragazzi; l’anno scorso, fatta eccezione per la branca RS, si è deciso di privilegiare la conoscenza e l’individuazione di un metodo comune e condiviso di lavoro tra i Capi. Sulla questione della sostenibilità del servizio, soprattutto per quanto riguarda i Capi giovani, stiamo seriamente lavorando.
Siamo Zona di frontiera, con i Capi giovani che vivono tutta la settimana fuori sede per impegni universitari e negli ultimi tempi anche alcuni meno giovani, per motivi di lavoro. Per tali ragioni, da sempre, in Zona, lo scoutismo si vive in modo concentrato tra il venerdì sera e la domenica pomeriggio, affaticando gli week end ed il tempo da poter dedicare con più tranquillità al riposo ed alla famiglia. Questo fa sì che i Capi accumulino stanchezza con il conseguente rischio dell’abbandono. Nel progetto ci siamo posti l’obiettivo di porre attenzione alla sostenibilità del servizio, ma come ben si sa, a causa di quanto chiede la nostra Associazione, questo è un risultato non facilmente raggiungibile. Comunque, iniziando con la mini-route delle Comunità Capi che vedrà un momento di Comunità Capi gemellate e, si privilegeranno gli abbinamenti tra realtà che operano sullo stesso territorio o limitrofo, si cercherà di porre le basi per un lavoro che dovrà continuare nel futuro, per mettere in atto strategie d’aiuto con la finalità di continuare ad offrire un intervento educativo scout di qualità ai tanti ragazzi che ne fanno richiesta coniugato con una sostenibilità di servizio più serena per i Capi. Comunque, a margine, è bene sottolineare che i Capi giovani che si impegnano garantiscono buona tenuta e che gli abbandoni spesso sono causati da questioni inerenti le dinamiche tra adulti e che nella nostra Zona, uno zoccolo duro di Capi storici, riescono a garantire la presenza della proposta scout sul territorio. Buona strada a tutti!
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Zoom Liguria A cura di Agnese Minuto e Anna Testa
Essere capi oggi per ANDARE OLTRE alzarsi in piedi per dire io ci sto!
Domenica 21 gennaio è stata una giornata magnifica! Abbiamo partecipato al futuro di molti giovani e ne siamo usciti completamente fiduciosi. Non sono serviti grossi budget, oltre all'affitto di due microfoni, 6 cappelli paiettati colorati per il lancio e di 400 panini. Tutto il resto e' stato un contributo gratuitamente umano. E non piccolo. Partiamo dagli invitati: comunità RS e capi della zona AltaVia. Presenti 75 ragazzi e 79 capi, accolti nelle opere parrocchiali di Arenzano dal gruppo appena entrato in zona (una vera ricchezza!). Un bel gruppo di capi di comitato e di consiglio ha dato inizio all'evento con una messa in scena degna di Cristopher Nolan, dove contenuti e divertimento si sono susseguiti per lanciare l'idea del convegno che avremmo vissuto: andare oltre per costruire il proprio futuro. Tutti lo possiamo fare. E ce lo hanno detto anche i 13 testimoni Francesca, Marco, Raffaella, Diego, Francesca, Marco e Gloria, Federico, Ester, Giorgio, Agnese, Don Gero, Suor Benedetta, e Paolo, che hanno condiviso con noi la mattinata giocando con i cappelli colorati e raccontandoci la loro storia.
Abbiamo pensato di invitare i nostri Testimoni per raccontarci in quale modo hanno affrontato e realizzato i loro sogni, andando oltre alle difficoltà che la vita ha messo loro dinanzi, accettando la sfida del futuro e credendoci. In gioco la voglia di scegliere, di superare limiti così come di accettarli , di guardare ad un sogno, di dargli una possibilità, di credere in questi sogno ma anche di saper leggere la propria vita, le proprie capacità e le proprie risorse, per far si che il sogno non sia una fuga ,ma la realizzazione di se stessi.. Condivisione a questo convegno è anche il pane dell' Eucarestia e la montagna di panini da farcire che troviamo al ritorno dalla Messa nel salone. Il pomeriggio indica vie differenti a comunità capi e branca R/S: Rover e Scolte hanno giocato tra le stelle, abbozzando i loro sogni che, all'interno di laboratori creativi , hanno preso forma e vita: in musica con Marco e Matteo , in colore con Anna, Morena e Carola , in grafica con Alex, in creta con Beatrice, in teatro con Sara, in danza con Margherita e Daniele, in parole con Fabia. Per i capi è un'altra proposta: Ammassati in una stanza ci siamo seduti ad 32
GIOCO DEI SEI CAPPELLI PER PENSARE Ognuno di noi tende a pensare e ad affrontare la realtà utilizzando sempre lo stesso schema, e trova difficoltà ad assumere altre modalità di pensiero: il pessimista pensa in nero, l’ottimista in rosa, l’emotivo in rosso, il razionale in bianco. Edward De Bono,nel 1985 ha proposto un originale e fortunatissimo metodo per abituarsi a pensare con sei modalità diverse. • Il cappello bianco è il ragionamento analitico e imparziale, che riporta i fatti così come sono, •
Il cappello rosso è l’espressione libera dell’emotività: esprimere di getto le proprie intuizioni, emozioni, sentimenti
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Il cappello nero è l’avvocato del diavolo che rileva gli aspetti negativi, le ragioni per cui la cosa non può andare.
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Il cappello giallo , rileva gli aspetti positivi, i vantaggi, le opportunità.
•
Il cappello verde indica sbocchi creativi, nuove idee, analisi e proposte migliorative, visioni insolite.
•
Il cappello blu stabilisce priorità, metodi, sequenze funzionali. Pianifica, organizza,
Il metodo (o il gioco, se si preferisce) dei sei cappelli, visualizza in modo semplice e intuitivo i sei atteggiamenti di pensiero, e facilita il passaggio dall’uno all’altro. Se dico: “cerca di vedere le cose in modo un po’ più positivo, altrimenti ci scoraggi” ottengo come risposta: “io son fatto così, del resto poi i fatti mi danno ragione”. Se invece dico: “bene, ora togliti il cappello nero e dimmi come vedi la cosa col cappello giallo” propongo come analogia, gioco di mimo e di colori, un cambiamento di atteggiamento mentale, e lo rendo più facile, proprio perché più leggero.
ascoltare Valentina, amica psicologa che ci ha parlato e fatto chiarezza sulla situazione dei giovani adulti . Molti seduti davanti a lei, attenti a gambe incrociate. Ha tracciato una strada tra capacità (ciò che sono, ciò che vorrei, ciò che è realizzabile, ciò che rimane del mio progetto e ciò che lascio), talenti, limiti, riflessione e autoriflessione, senso di vuoto, fallimento ,errore, giungendo infine ad una dimensione progettuale. Un viaggio nelle insidie e nei tesori dell' essere capi oggi. Un viaggio che continua divisi per branche, ancora con tre relatori, che hanno condotto i capi a capire e guardare come
tesori per il futuro coloro verso cui prestano servizio:...i lupetti e le coccinelle, i piccoli “nani”, come li chiama affettuosamente Sissi (ogni bimbo è un tesoro da scoprire), i ragazzi E/G nei labirinti dell'adolescenza sempre con Valentina, e i giovani R/S, attraverso la via del discernimento con Padre Francesco, un amico Gesuita. Tiriamo il fiato.....tante sono state le emozioni. Porteremo nel cuore un convegno di incontri, un convegno di storie, un convegno di esperienze. Porteremo a casa 160 Sì al futuro, 160 “io ci sto ad andare oltre!!”
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Arte Scout e Rock&Roll A cura di Andrea Borneto
Media-Scout
Parlano di noi, dai giornali a Masterchef e Xfactor
Ormai consolidatasi l'era digitale è vero che attraverso i nuovi strumenti di comunicazione la fruizione di contenuti audiovisivi stia crescendo esponenzialmente soprattutto tra le nuove generazioni ma non solo. Basandoci sull'esperienza dello scoutismo in Italia possiamo notare l'indiscutibile crescita di attenzione mediatica che il nostro movimento ha ottenuto recentemente in questi ultimi anni. Da sempre i giornali locali hanno seguito i nostri passi quasi sempre in un tono di cronaca pressochè positivo, la ribalta sulle testate nazionali invece riguardante temi d'attualità politica e sociale spesso scomodi e scottanti ha ampliato il pubblico di riferimento mettendoci di fatto alla mercè dell'instabile flusso dell'opinione pubblica. Non è un caso che le comunicazioni ufficiali in quest'ambito siano sempre molto contenute e prudenti per evitare facili strumentalizzazioni e pericolose gogne mediatiche. 34
Ci riferiamo principalmente all'Agesci, che siccome più numerosa e essendo un'associazione cattolica viene spesso vista ed etichettata un po' bigotta forse addirittura ipocrita nella sua insicurezza. Un evento come la Route Nazionale a San Rossore per esempio ha creato un certo dibattito che ha toccato sensibilmente le agenzie divulgative nazionali richiamando un'attenzione non da poco, la carta del coraggio ha smosso delle acque stantie che ha entusiasmato malti ma ha fatto storcere parecchi nasi. Un altro riscontro lo possiamo notare anche dalla forte presenza nella politica di persone cresciute con lo scoutismo che riconoscono fieramente questa loro appartenenza. Tanto se n'è parlato che ne sono uscite le solite teorie complottiste di lobby, circoli massonici e chi più ne ha più ne metta. Avere "personaggi televisivi" così esposti e facilmente riconducibili ha posizionato una lente d'ingrandimento su tutto il movimento scoutisco nazio-
nale, non solo Agesci, è giusto ricordare che ad operare il metodo scout siamo in diverse associazioni con le quali sarebbe bello confrontarsi in un dialogo più aperto, terzo punto della legge: sono amici di tutti e fratelli di ogni altra guida o scout (repetita iuvant?). L'Italia è tra gli stati col movimento scout più frammentato, abbiamo vissuto un sacco di nascite, divisioni, variazioni, evolviamo e cambiamo in continuazione, per farsi un'idea di questo enorme itinerario storiografico vi invito a fare una visita al nostro Centro studi Mario Mazza, un posto dove immergersi nella storia dello scoutismo italiano dalle origini ai nostri giorni, con una doverosa predilizione per la nostra regione. È essenziale ai nostri giorni educare ai nuovi media, è passato il tempo in cui si ammoniva con"non guardate la tv che vi rincitrullisce", ora è tutto alla portata di tutti, gli stimoli di fruizione sono infiniti e incontrollabili, l'effetto collaterale sulla società civile è forte più di quello che sembra e ne siamo coinvolti tutti senza nemmeno accorgercene. Aperto il vaso di pandora l'esposizione cresce e di fatto stiamo entrando nella cultura popolare, in senso veramente pop, la tv generalista si sta approcciando al nostro mondo sempre con maggior facilità. Gli sguardi superficiali che ci toccano ci colgono spesso tangenzialmente cadendo nelle solite inesattezze ormai di uso comune, un piccolo esempio: per i profani saremo sempre i Boy Scout con quella latente nota anglo-sessista che non riusciremo mai a scrollarci di dosso. I programmi di cucina sono ormai diventati una delle più gettonate forme di intrattenimento televisivo.
Basti pensare all'eco che ha riscosso nei media locali la presenza di Alessandro Borghese, a noi piace ricordarlo anche come il figlio dell'attrice Barbara Bouchet, a Genova per il suo programma "4 ristoranti" dove sperimenta e valuta insieme ai proprietari i migliori locali dei vicoli. Salta all'occhio una delle recenti puntate del più noto talent culinario, Masterchef, che ha deciso di ambientare una delle proprie puntate in esterna al parco del Gran Sasso nel campo scout di un reparto dei nostri cugini del Cngei. Non si risparmiano neanche le fiction rai "Come fai sbagli" (seconda puntata della prima stagione) e nemmeno i talent musicali, ad X factor due anni fa hanno partecipato arrivando ai live 4 capi scout milanesi, i "Les Enfantes" spiacciati dal programma come "Boy Scout Band" ma dal sound poco boy scout. Senza giudicare il lato musicale che in queste occasioni deve sempre fare compromessi con le regole dell'intrattenimento televisivo, possiamo notare come in questi casi è la storia che gli artisti si portano dietro il maggior interesse per la produzione, forse anche più del talento, ed esser scout si è rilevato un elemento degno di nota a tal punto da essere "spettacolarizzarlo" e raccontato. Di conseguenza la routine di luoghi comuni, gag ma anche un nutrito seguito di pubblico/scout e di prese in giro, fa parte del gioco. Gli autori dei programmi a qualcosa dovranno pure aggrapparsi per soddisfare colui che sta dietro lo schermo e si dà il caso, non dimentichiamolo mai, che ci stiamo pure noi da quella parte del televisore.
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Spiritualità scout
A cura di Don Piero Spinetta
Chiedete e vi sarà dato
la testimonianza di un AE appassionato di scautismo
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Gesù se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: "Maestro, non t'importa che siamo perduti?". Si destò, minacciò il vento e disse al mare: "Taci, calmati!". Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. (Marco 4,37-39) Personalmente ritengo che in questo brano ci sia il cuore di ciò che è un AE Agesci. Gesù non guida la barca, ma sulla barca c’è, e, anche se sembra dormire, la sua presenza è decisiva. Così l’Agesci è una associazione di laici (i Capi) che, consapevoli della loro vocazione nella Chiesa e nel mondo, si prendono a cuore l’educazione a 360 gradi di altri laici (i soci giovani). L’AE, che da Statuto deve essere sempre un prete, non è un consulente catechistico, un Bignami biblico o un personaggio esterno invitato a fare un fervorino spirituale, ma è e fa nell’Associazione esattamente quello che è diventato nel sacramento dell’Ordine: è un altro Cristo, il segno-persona di Gesù che si è fatto uomo per ricongiungere l’uomo a Dio ed essere con l’uomo, condividendo con l’umanità tutto ciò che è autenticamente umano. 36
Così, per un prete, non è tempo perso quello passato a giocare con i propri Lupetti, a trasformare con i propri E/G un anonimo prato in una piccola città di tela o a spezzarsi la schiena portando in Route uno zaino sempre troppo pesante. È tempo guadagnato, perché ricorda a me prete, uomo tra gli uomini, preso e scelto dall’infinità bontà di Dio per puro amore, e non per merito, che l’Ordine sacro mi ha sì trasformato in Gesù, ma non mi ha reso meno uomo; anzi mi aiuta ad avere ben presente che non sono un burocrate né un funzionario del sacro, e che ogni cosa che faccio è per questa umanità concreta, che con fatica guida ogni giorno la sua barca, e che ha bisogno non solo di sapere, ma anche di vedere che Gesù è lì con lei, senza sostituirsi ad essa. Proprio per questo in tutti i livelli associativi parliamo di diar-
chia (due Capi, uomo e donna, che vivono la loro vocazione laicale nel servizio) ma abbiamo a che fare con una triade, dove l’AE non è... il terzo Capo, ma Gesù che sta sulla barca! Certo, sulla barca l’AE ci deve stare non come una valigia o un baule, ma è anch’egli chiamato ad imparare facendo; al tempo stesso, se è vero che io, che ho incontrato lo Scoutismo da prete e non da ragazzo, ho imparato a costruire un tavolo costruendolo insieme con i miei E/G, è anche vero che l’imparare facendo vale anche per le cose di Dio: a credere si impara credendo, a pregare si impara pregando, a confessarsi s’impara iniziando a confessarsi regolarmente... Per un prete, abituato a dover sempre predicare, parlare e dire qualcosa nelle più disparate circostanze, essere AE Scout è un’occasione preziosa per scoprire il valore e l’importanza di ascoltare e di imparare; e questo nulla toglie al munus docendi, al compito cioè e alla facoltà di insegnare nella Chiesa con la forza e l’autorevolezza di Gesù: aiuta piuttosto a chiedersi sempre «Ma io questa cosa la dico perché è un mio pallino, e come tale opinabile, o perché la insegnano Gesù e la Chiesa? Sono io il primo ascoltatore di ciò che insegno?». Confesso che uno dei momenti più belli per me prete durante i campi è la mattina presto, quando, vincendo con un pizzico di fatica la battaglia del risveglio, sguscio quatto quatto fuori dal sacco a pelo e, come Gesù, provo a mettermi in ascolto della Parola del Padre, mentre passeggio silenzioso in mezzo a quelle tende e a quei prati che di lì ad un’ora o poco più si riempiranno di un allegro ed operoso vociare. Se il prete, come spesso accade, è anche parroco, e quindi nel suo ministero parrocchiale è continuamente chiamato a prendere spesso da solo delle decisioni anche molto pratiche, gestire delle cose, fare delle scelte, l’essere AE aiuta a tener presente
l’importanza di ascoltare con lealtà i punti di vista diversi e al tempo stesso motivare molto bene le proprie scelte; penso a ciò che accade talvolta in CoCa, quando l’AE su certi temi, magari spinosi, può trovarsi in minoranza, e allora l’unica strada non è un esercizio muscolare di forza, ma aiutare i fratelli e sorelle Capi, attraverso un paziente dialogo personale che può richiedere anche molto tempo ed energie, a capire e ad accogliere il punto di vista della Chiesa, non con frasi fatte, citazioni o peggio minacce, ma aiutando a pensare e a riflettere. Un’ultima nota: spesso sembra che il sapere, da parte della CoCa e degli Staff, che l’AE è molto impegnato in tante cose abbia come conseguenza il pensare che «tanto è inutile che glielo chiediamo (un aiuto, una presenza, un consiglio...), perché sicuramente non potrà». Ma non sempre è così! Nella parlata nuova dello scoutese stretto si usa un’espressione molto bella, che è «chiamata al servizio». Tra il serio e il faceto mi permetto di dire che quello che si scrive chiamata normalmente, nello slang dei Capi, si legge candidatura. Invece noi AE siamo abituati a pensare tutta la nostra vita come risposta alla chiamata di Gesù, e quindi per noi chiamata si legge chiamata... Morale: se pensi che un AE si faccia avanti candidandosi e dandoti spontaneamente la sua disponibilità per questo o per quello, sappi che quasi certamente questo non accadrà; ma se tu provi a chiederglielo, sta’ certo che, al di là della risposta più o meno impulsiva che potrai ricevere, lui comunque sarà ben consapevole nel suo cuore che attraverso di te è Gesù che lo sta interpellando, e quindi certamente ci penserà a fondo, mettendo in moto quel laborioso processo che si chiama - indovina un po’... - discernimento, e farà di tutto per dirti almeno un mezzo sì!
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Spiritualità scout
A cura di Don Mario German
Un AE vuole bene al suo gruppo
provare a far coesistere carità e verità
Quando più persone vogliono lavorare insieme, è fondamentale che fra di loro ci sia intesa, complicità. E sono tanti gli elementi necessari alla creazione di un “clima” collaborativo del genere. Fra questi, spicca una reciprocità che apra il cuore di ciascun membro del gruppo verso tutti gli altri. Una reciprocità che, per esempio, si interroghi - senza giudicare - su alcuni aspetti, che a volte sono scontati per la maggioranza, ma non per tutti. E così, si diventa capaci di dare il giusto peso alla fatica di un A.E. che non ha mai fatto scoutismo, per il quale persino il linguaggio utilizzato a Co.Ca. è una inconsapevole, involontaria barriera fra il gruppo e lui, o anche di quell’A.E. che non si sente tagliato per questa validissima forma di educazione, ma resta l’unico prete disponibile in zona. La reciprocità porta a mettersi - almeno per un momento - nei panni, nella prospettiva degli altri ed è un grande atto di maturità e di umiltà che permette di immaginare la differenza fra il modo in cui può vivere lo
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scoutismo chi lo ha scelto perché gli piace e chi, invece, lo accetta per una richiesta da parte di altri. La reciprocità permette di tenere in considerazione anche il fatto che i preti di oggi sono di solito più impegnati - e su fronti diversi - rispetto ai propri predecessori, a causa della scarsità di “colleghi”. Non tantissimi anni fa, in ogni parrocchia c’erano almeno 2 preti, sicché “abbandonarla” per un campo o per un bivacco che includesse anche la domenica non era difficile. Oggi, ci sono più parrocchie che vengono servite da uno stesso, singolo prete. Per il prete in una situazione del genere non sarà possibile “sparire” la domenica, lasciando più zone senza la Messa, visto che, tra l’altro, è sempre più difficile trovare un altro prete che sia disponibile per la sostituzione. Ci sono, poi, fatiche più generali che l’A.E. potrebbe portarsi dentro a causa del contesto in cui opera, che a volte è piuttosto estraneo, indifferente al grande tema della fede, o addirittura chiuso verso la Chiesa istituzionale che lui richiama o a
ciò che, per esempio, è tenuto a proporre dal punto di vista della morale. In uno sguardo di reciprocità, anche il prete è chiamato a capire la difficoltà degli altri membri di Co.Ca. a sviluppare un clima di intesa con lui se lui è assente ad ogni tipo di attività o quasi, se, persino al telefono, risulta abitualmente “irraggiungibile”. L’A.E. dovrebbe cercare di sentire la Co.Ca. come una parte di sé o, perlomeno, dovrebbe cercare di non sentirla come qualcosa di esterno o, peggio, estraneo. Un atteggiamento più positivo e più autopropositivo può dare già qualche risultato, se la Co.Ca. vuole davvero la “compagnia” del prete ed è preoccupata anche della propria crescita nella fede della Chiesa (cose che, a onor del vero, sono scontate nel nostro metodo, ma meno nel concreto della totalità dei nostri gruppi). Inoltre, l’A.E. - per la fede che è il fondamento della sua scelta di vita - dovrebbe ricordarsi di pregare per il proprio gruppo (e di dirlo al gruppo stesso...). Deve, quindi, entrare in un’ottica “affettiva” per la quale il gruppo non è tanto un “incarico pastorale” in più, ma persone a cui volere bene per davvero. E un atteggiamento “affettivo” viene notato, percepito e ... restituito. Almeno da qualcuno. Almeno in una certa misura. Ed è un inizio da non sottovalutare in quella ricerca della stessa lunghezza d’onda che è necessaria per evitare che il gruppo diventi un peso per l’A.E. e l’A.E. si riduca, per il gruppo, ad un ingombro necessario. Solo se l’A.E. è raggiungibile, se è presente e partecipe almeno con una certa regolarità, se prega per i ragazzi (e glielo dice in tutta semplicità) e se vuole bene al gruppo, i ragazzi - e magari a partire dai Capi - lo inizieranno a cercare anche per confidargli i propri problemi, per ricevere qualche parere su questioni personali. Il gruppo, infatti, dovrebbe superare l’”uso” dell’A.E. come semplice supporto o consulente
per il “confezionamento” delle catechesi. Piuttosto, dovrebbe vedere in lui una guida spirituale per la propria crescita interiore, tanto umana quanto cristiana, perché il metodo vuole aiutare a crescere uomini e donne e cioè persone adulte e mature. Anche qui, lo sguardo di reciprocità fa subito capire all’A.E. che - per non essere semplicemente “usato” come un “professionista della fede” (e quindi per essere percepito piuttosto come “una persona di fede”, autorevole) - i ragazzi devono constatare che lui creda davvero a ciò che dice, che non abbia verità diverse a seconda delle diverse persone che gli chiedono un parere, a seconda dell’opportunità. Deve cercare di far coesistere carità e verità perché un vero educatore - tanto più, poi, se cristiano non si riduce, nella propria essenza, ad essere un amicone, un compagnone, senza lealtà verso la propria scelta di vita, senza il difficile coraggio di apparire a volte scomodi (anche se sempre con il cuore...). Sennò, l’affetto per i ragazzi diventa buonismo (che, accettando tutto, non propone punti concreti per la vita) e la verità diventa o ideologia staccata dalla vita - un banale catechismo da bambini, che non dice più nulla ad un adulto - oppure una forma di moralismo, con cui sparare giudizi che non danno né speranza, né salvezza. Guardando reciprocamente alle proprie diversità e accettando di tenerle in considerazione seriamente, si mettono le basi per un rapporto adulto, non strumentale e non ipocrita, fra l’A.E. e il gruppo. Le basi, cioè, per un dialogo collaborativo, per un’intesa, in una sintonia in cui l’A.E. può trovare una comunità vera - di cui anche lui deve accettare di avere bisogno, come essere umano - e il gruppo può trovare una manifestazione - senz’altro limitata - del volto e del cuore di Dio.
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Bacheca A cura di Le Gioiose
Barefoot on the grass, listening to our favorite song I have faith in what I see...
(Perfect – Ed Sheeran)
Novità in vista! Non so da dove iniziare, in questo articolo voglio raccontarvi tante novità riguardo alla base "Il Rostiolo" per cui fermatevi un minuto e leggetelo fino alla fine, non ve ne pentirete. Forse qualcuno di voi avrà già notato che ci sono state modifiche al sito internet delle basi scout di AGESCI Liguria, certo il sito è ancora un po' da perfezionare, ma finalmente si possono vedere le disponibilità delle strutture direttamente dal sito e le prenotazioni vengono gestite automaticamente dal programma, tipo "Booking.com" o simili. L'innovazione è utile per chi prenota, avendo subito una risposta sulle disponibilità delle strutture e per chi gestisce le prenotazioni ed i conteggi, riducendo gli errori e le perdite di tempo.
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Per il periodo di alta stagione (da metà luglio a metà agosto) le prenotazioni verranno raccolte entro il 31 ottobre precedente. Dopo il 31 ottobre ulteriori prenotazioni verranno gestite in ordine cronologico assegnando gli spazi rimasti disponibili. Tra le prenotazioni ricevute entro tale giorno l’organizzazione assegnerà case e prati cercando di accontentare quanti più gruppi possibili, mantenendo nell’assegnazione priorità rispettivamente ai campi di gruppo liguri, indi ai campi di gruppo non liguri, indi ai campi di unità liguri e infine ogni altra prenotazione. La segreteria confermerà l’avvenuta prenotazione al più presto e comunque entro il mese di novembre onde consentire ai gruppi di programmare bene le attività estive.
Inoltre, considerato che alcune scuole non svolgono lezioni al sabato, abbiamo pensato di offrire la possibilità di fare uscite in Base (in periodi diversi da quelli di Natale, Pasqua, ponti…) a partire da venerdì pomeriggio, fino a domenica pagando solo una notte (oltre alle eventuali spese vive di riscaldamento). Con l'intento di migliorare l'accoglienza, i servizi e la manutenzione delle strutture stiamo lavorando per introdurre un gestore che ,almeno nel periodo estivo, affianchi i custodi Luciano e Fabio. Se saranno confermate le possibilità di bilancio, speriamo di poter assumere già per questa estare, una persona o forse due par-time almeno per i tre mesi con maggiore affluenza alla base. Speriamo di trovare interessati tra gli scout o ex scout e che questo progetto
porti buoni risultati con l'idea di poterlo ampliare in futuro per offrire sempre maggiori servizi , anche per gli scout stranieri. La proposta di servizio del Campo Ora et Labora per comunità R/S è confermata anche per il 2018 dal 29 al 31 Marzo. Il campo è particolarmente consigliato per piccole comunità e saranno ammesse iscrizioni per un numero limitato di partecipanti; il programma prevede momenti di riflessione e preghiera alternati a momenti di servizio per la base e come sempre verrà plasmato secondo le esigenze dei partecipanti, coinvolgendo anche gli R/S nella preparazione delle attività. Per informazioni e prenotazioni scrivete a segreg@liguria.agesci.it o rostiolo@ liguria.agesci.it
CALENDARIO PATTUGLIA La Base "Il Rostiolo" ti aspetta! Calendario attività pattuglia tecnica aperte a scout ed ex scout maggiorenni e a comunità RS. 29 - 30 - 31 Marzo CAMPO ORA ET LABORA 28 – 29 -30 Aprile -1 Maggio 19 – 20 Maggio 16 – 17 Giugno 8 – 9 Settembre, Festa della Pattuglia. Per informazioni: rostiolo@liguria.agesci.it o 3496498967 41
Primo anno entusiasmante per la base scout San Francesco di Cairo Montenotte La base scout San Francesco di Cairo Montenotte, grazie a numerosissime e inattese prenotazioni anche nel periodo invernale, ha ospitato da aprile a dicembre 2017 circa 1000 persone, pari ad una trentina di gruppi e a circa 2300 pernottamenti. Se a questi numeri aggiungiamo gli ospiti di un paio di eventi legati alla comunità locale (25esimo anniversario dell’A.V.O Associazione Volontari Ospedalieri e il 40esimo anniversario del baseball club cairese) possiamo dire che il convento francescano, sede della base Agesci in questione, è stato ammirato da oltre 1300 persone. Quindi un risultato incredibile per una base appena avviata, in termini di rivitalizzazione di un edificio storico da molto tempo inutilizzato, di rilancio dell’immagine della nostra bella valle, ricca di storia e di percorsi naturalistici, di ricaduta economica, ma soprattutto di ricaduta in termini di gioventù, bellezza e allegria. Grazie alla nuova base scout San Francesco, la Chiesa parrocchiale San Lorenzo di Cairo M.tte ha spesso ospitato numerosissimi gruppi di scout liguri e non, sovvertendo secondo il parroco don Ico, le statistiche sull’anzianità della popolazione delle cittadine liguri. Se il 2017 è andato molto bene, concludendosi con la prima assemblea di zona tenutasi alla base cairese, il 2018 non poteva iniziare meglio : la base è stata scelta come location per un CAM R/S organizzato da alcuni capi storici dello scautismo ligure, tra cui Resio e Magda, con filo conduttore il tema della “felicità”. L’atmosfera che si è creata di notte, durante la veglia, nel chiostro illuminato, le ombre dei ragazzi e del roseto perenne che si stagliavano sulle mura del convento, i volti curiosi e sorridenti di tanti Rover e Scolte provenienti da diverse zone d’Italia, mi hanno ricordato ancora una volta quanta felicità offra lo scautismo e come sia bello e utile collaborare alla gestione della base scout San Francesco.
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A cura della comunità capi del GE XX
Mille attrezzature per vivere l’avventura Il Genova XX apre il suo magazzino Da quest’anno il nostro Gruppo ha deciso di realizzare un vecchio sogno. Quante volte avremmo voluto organizzare una gita in grotta o con le ciaspole o portare i ragazzi ad arrampicare ma abbiamo avuto difficoltà a trovare il materiale per tutto il reparto? O magari ci serviva un gazebo per partecipare ai mercatini rionali e abbiamo avuto difficoltà a trovarlo senza volerlo comprare perché tanto lo avremmo usato una volta sola? O ancora avremmo voluto portare il Reparto a dormire in tenda sulla neve ma non avevamo abbastanza igloo per tutti? Nel Genova XX abbiamo sempre avuto la passione per un magazzino efficiente e dinamico, capace di sostenere le fantasiose attività del Gruppo. Poi ci siamo detti di Coca, perché non trasformare questa passione in un autofinanziamento permanente con il quale ripagare ingenti investimenti di gruppo ma anche aiutare altri gruppi ad avvicinarsi ad attività avventurose per le quali era necessario dotarsi di materiale spesso costoso o di difficile reperimento
soprattutto se in grandi quantità? Da qui è nata l’idea di aprire a tutti il nostro magazzino nel quale custodiamo materiale alpinistico, da campeggio, da mare/fiume, ma anche giochi di strada e tanti altri materiali che spesso usiamo nelle nostre attività e che abbiamo deciso di prestare volentieri ai gruppi interessati. E’ stata una bella impresa di gruppo quella di trovare, custodire, catalogare e gestire sempre nuovi materiali coinvolgendo nella gestione anche il Clan. L’offerta libera che chiediamo in cambio è destinata a ripagare il materiale e ad incrementarlo. Con questa iniziativa siamo anche certi di contribuire al rilancio delle attività all’aria aperta, mettendo anche a disposizione molti dei nostri capi esperti in avventura per consigli ed assistenza sulla scelta e l’utilizzo dei materiali. Naturalmente il nostro magazzino è sempre disponibile all’acquisizione di nuovi materiali e chiediamo a tutti coloro che ne avessero da regalarci o da
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vendere a prezzo modico di contattarci ringraziando i tanti che lo hanno già fatto . Insomma, se volete fare un bel bivacco in amaca col vostro Clan, non lo avete mai fatto e vi serve il materiale, contattateci all’indirizzo magazzino@genova20.com. Ricordatevi di prenotare il materiale con largo anticipo. La consegna e la restituzione del materiale avviene a Molassana presso la Cappelletta dell’Olmo sede del Reparto “Apaches” in via Bernardini 14.
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Niente documenti, niente caparre, niente pagamenti anticipati purchè i materiali vengano restituiti con la cortesia e la lealtà che ci contraddistinguono, nei termini concordati ed in buone condizioni. Buona Strada a tutti. Comunità Capi GENOVA XX