Scautismo in Liguria - SIL 53

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Intervista a Padre Tasca, il nuovo Arcivescovo di Genova

Next generation Agesci?

Gestire il fuoco in attività scout

La voce delle Zone

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Poste Italiane spa - Spedizione in A.P. DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB Genova N° 53/anno XI - Aprile 2021


Editoriale

SIL online!

Pag. 3 Next generation Agesci?

Fare Scautismo pag. 4 SAD1 vs DAD: la bellezza e l’importanza dell’essere capi oggi

pag. 6 Custodi del Creato

La voce delle Zone pag. 9 Che succede in zona?

Le nuove SNI

pag. 11 Strategie Nazionali di Intervento. A che punto eravamo rimasti?

Zoom Liguria

pag. 24 No alla miniera nel comprensorio del Parco Naturale Regionale del Beigua

pag. 25 Levanto 1 una storia di speranza

Essere Capi Oggi pag. 14 capi liguri negli ultimi dieci anni

pag. 27 Una Sfida all’ IM possibile

pag. 28 Porta i Tappi

Intervista all'Arcivescovo Tasca pag. 29 Insieme è la parola chiave

Capo informato mezzo salvato pag. 36 Fuoco e responsabilità giuridica

pag. 38 Il fuoco in attività scout

Arte, Scout e Rock&Roll

pag. 40 IMPEESA - il fumetto su Baden Powell

pag. 41 Le cose da fare

Spiritualità Scout pag. 43 In viaggio verso Emmaus

pag. 44 Papa Francesco: “È tempo di sottoscrivere un Patto Educativo Globale per e con le giovani generazioni”

pag. 46 Ditelo coi fiori

Bacheca le Gioiose pag. 48 Torneranno i giorni chiari dell'estate

Scautismo in Liguria - La redazione Periodico di proprietà dell’Agesci Liguria Vico Falamonica 1/10 16123 Genova Tel. 010.236.20.08 Aut. del Tribunale n. 23 del 5 novembre 2004 Direttore Responsabile: Giuseppe Viscardi Direttore: Francesco Bavassano Redazione: Carlo Barbagelata, Stefano Barberis, Andrea Borneto, Stefano Cavassa, Giorgio Costa, Stefania Dodero, Doris Fresco Foto di copertina: Luca Frisone, Jamboree 2019

Hanno collaborato: Lorenzo Calvi, Ermanno Cavallo, Fausto Lammoglia, Marco Scarfò, Pattuglia PC. Impaginazione: www.gooocom.it Stampa: Pixartprinting Spa Finito di impaginare il 31 marzo 2021 La tiratura di questo numero é stata di 1300 copie. Comunicazioni, articoli, foto e altro vanno inviati all'indirizzo stampa@liguria.agesci.it


editoriale

Next Generation Agesci?

Suona la sveglia. L’emergenza Covid-19 è diventata routine, i mesi sono diventati un anno e la pesantezza di questo periodo fa breccia, anche quando pensiamo di avere la situazione sotto controllo. Tutti sentiamo la fatica e ripeterci alcuni evidenti lati positivi ci aiuta almeno un po’.

Abbiamo davanti ancora periodi di restrizioni ed è naturale che i Gruppi continuino a concentrarsi sulle proprie attività, che richiedono uno sforzo maggiore del solito. Ma al di là di essi? Continueremo, ad esempio, a fare Zona nello stesso modo? Avremo la lucidità di fare pensiero e il coraggio di sperimentare o punteremo a ripristinare lo stato precedente all’avvento del Covid?

È importante e gratificante constatare che Agesci con le sue strutture ha retto: la maggioranza dei Gruppi ha reagito bene, riscoprendo un nuovo entusiasmo nei ragazzi ed un supporto più esplicito dalle famiglie. La resistenza del nostro servizio educativo si è rivelata davvero vitale per i ragazzi.

Alcuni contesti chiave tornano con forza, spinti dal periodo: diritto a un’educazione liberante, formazione, partecipazione, territorio, ambiente. In Italia si parla del Recovery Plan. Come sarà invece la Next Generation Agesci? Sarebbe bello che questo nasca e cresca dalle Zone, la cui centralità non è ancora pienamente espressa.

Questa crisi, col suo incessante avanzare, ha spogliato molte dinamiche, permettendoci di osservarle meglio: il diritto alla socialità e all’educazione dei giovani, Il tempo e i luoghi dello studio e del lavoro, la fragilità della salute, del ritrovarsi isolati, gli spazi e le persone che cerchiamo, le priorità che diamo. E ora?

Più che guardare avanti e basta, è fondamentale non perdere l’occasione di guardarci dentro. D’altronde anche Papa Francesco lo ha ricordato: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”. In questo numero trovate la voce delle Zone, i lavori in corso sulle Strategie Nazionali di Intervento, l’intervista a Padre Tasca - nuovo Arcivescovo di Genova - e tanto tanto altro.

La risposta di Agesci potrebbe anche essere: testa bassa e pedalare, continuiamo a fare ciò che in fondo ha funzionato anche questa volta. Logico, forse pure inevitabile, ma lasciamo uno spiraglio alla domanda: “Come sarà l’Agesci del futuro?” Con le sue Zone, le regioni, il suo sviluppo, i suoi temi di respiro più ampio.

Buona lettura, Francesco

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Keywords: editoriali, opinioni

Un gruppo di Guide ed Esploratori ammucchiati con i loro sacchi a pelo intorno all’ultimo fuoco del campo estivo. Una schiera di Lupetti che corrono all’impazzata cercando di non farsi prendere mentre giocano a Mastino. Una Scolta che abbraccia forte tutti i suoi compagni alla conclusione della cerimonia della Partenza.


Fare Scautismo Keywords: eg, metodo, regione,

A cura di Stefano Barberis

SAD1 vs DAD: la bellezza e l’importanza dell’essere capi oggi Tre frasi di BP per riflettere sul nostro servizio oggi

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Scautismo a distanza

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Credo che se fossi stato in Co.Ca. in questo periodo avrebbe sempre tirato fuori questa: “Se la strada non c’è, inventala”. Inizio questo articolo con un messaggio per tutti I capi liguri che spero leggano SIL: “Vi stimo! Siete grandi! Bravi!”. In questo periodo ho riflettuto molto sull’importanza del nostro servizio: della missione sociale e educative dello scautismo in questo tempo, ma soprattutto dell’importanza della sua natura relazionale ed esperienziale, due parole che sembra quasi il COVID-19 abbia bandito dalle nostre vite.

Proviamo a riflettere in Co.Ca. sulle nostre abitudini, sul nostro modo di fare scautismo: analizziamo, proviamo a capire cosa e perché ci manca in questo momento per provare ad “adattarlo alla situazione” e intanto proviamo a capire se quello che stiamo facendo è efficace, utile, adatto ai nostri ragazzi… Proviamo ad analizzarlo con un’ analisi d’ambiente “Hic et nunc – COVID TIME” e dei nostri ragazzi in generale, per metterlo in pratica in un “new scout normal”, dove sempre l’aspetto relazionale ed esperienziale sarà fondamentale, soprattutto verso bambini e ragazzi ormai “disabituati a questo”.

Inevitabilmente, ogni riflessione sul nostro servizio e sul fare scautismo oggi porta a riflettere su tre cose: i) la sicurezza e la responsabilità (rispetto delle regole e nostra responsabilità civica come scout e cittadini etc.), ii) il rapporto con la scuola, iii) il rapporto con la tecnologia: è davvero scautismo questo? Rispetto al primo punto, un’altra frase di B.P. mi viene in mente: “Lo scout non è uno sciocco”. Ecco partirei proprio da questo: penso che tutte le nostre Co.Ca. in questi mesi si siano spesso interrogati su aspetti di sicurezza e responsabilità, leggendo DPCM, linee guida AGESCI, perdendo ore e ore di Co.Ca, interpellando amici medici e forze dell’ordine, telefonando alla Fenice o a chiunque altro… ma forse non hanno mai iniziato la riunione di Co.Ca. pensando a quella frase di BP. Credo che chiunque di noi abbia chiaro che il nostro servizio e le nostre attività siano importanti e utili, ma non necessarie. Credo anche che, da “Fratelli maggiori” dei nostri ragazzi e bambini, tutti noi siamo consapevoli che il nostro buon

E qui arrivo al secondo punto: in questo tempo di “Didattica a Distanza” – “Scuola sì/scuola no”, penso che tutti noi abbiamo sentito quanto il nostro essere Fratelli maggiori che giocano l’avventura coi nostri ragazzi (e non essere solo un/a maestro/a dallo schermo) sia fondamentale. Lo scautismo non è didattica con argomenti da trattare e competenze da apprendere, lo scautismo è educazione. Lo scautismo, sebbene abbia delle tecniche da imparare e delle cose da fare/programmi di unità etc., non è ha cose “da fare a tutti I costi altrimenti come si fa ad andare avanti”, ma è prima di tutto uno stile di vita, un modo di guardare e vivere il mondo e se il mondo 5

Fare scautismo

esempio di buoni cittadini (che a volte può anche voler dire non fare attività) e di rispetto delle regole (magari giocandole!) sia fondamentale. Personalmente non ho una ricetta, né suggerimenti di cosa/come fare nelle nostre branche etc. ma sicuramente ho un invito per le Co.Ca.: mai come oggi abbiamo la possibilità di riflettere su quello che facciamo, di guardarlo “da fuori”, di capire quanto è utile o efficace senza la frenesia di metterlo in pratica nel “tran tran” delle attività.

Keywords: attualità, capi

Una mia Capo Gruppo aveva sempre una frase di B.P. per ogni riunione di Co.Ca.


invece che chiudersi sottoterra nei saloni.

cambia anche lo scautismo può e deve cambiare, ma sempre mantenendo saldi al centro due capisaldi educativi: l’ “ask the boy” e “l’imparare facendo”. In consiglio di zona Tre Golfi in questo periodo, mi si scalda sempre il cuore a sentire le attività che I capi propongono nei gruppi ai loro ragazzi e bambini: quanta fantasia! Ma più passa il tempo più sento dire: “Dopo un anno di COVID, non sappiamo più cosa inventarci tra riunioni online e attività a piccoli gruppi” o “La Progressione Personale è impossibile!”. In questo senso provo a lanciare un seme: ci siamo chiesti cosa ci chiedono I nostri ragazzi? Cosa vorrebbero fare? Ma soprattutto: facciamo tutto noi, investendo in fantasia/mega strumenti digitali o fanno qualcosa anche loro? Anche incontrarli (web/ fisico) e parlare con loro per un’oretta è tanta manna oggi, ma soprattutto “facciamogli fare qualcosa!”.

Ecco, credo che I nostri capi in questo ultimo anno abbiano imparato tanto da questo aspetto: saper usare la tecnologia a favore della propria offerta educativa e allo stesso tempo tornare a vivere l’aria aperta, lo stare fuori, il vivere la natura e il quartiere e quanto questi siano fondamentali nel nostro metodo. Questo penso e spero sia un grande insegnamento che le nostre Co.Ca. possono trarre da questo periodo, per poter riprogrammare, come dicevo prima, il proprio “new scout normal”. Concludo questa riflessione con un ultimo suggerimento alle nostre Co.Ca.: spesso nelle prime riunioni. dell’anno proponevo ai capi del mio Gruppo di leggere insieme alcuni (antichi!) articoli di Proposta Educativa in cui si parlava della “bellezza dell’essere capi” e partivamo sempre dal Famoso articolo di Roberto Cociancich sui capi a Zig-Zag: credo che tutti I capi che hanno fatto servizio in quest’ultimo anno abbiano dimostrato di essere a Zig-Zag! Vi do questo consiglio: RESTATELO! Anche quando il vento tornerà a soffiare tra I vostri capelli, perché COVID o non COVID, “Non esiste buono o cattivo tempo, ma…buono o cattivo senso3” per fare il nostro servizio anche in tempo di pandemia.

E qui mi collego al terzo punto: sono spesso stato molto integralista verso l’utilizzo della tecnologia nelle attività scout. Ai miei ragazzi in clan dicevo sempre: il giorno che una cassa Bluetooth sostituirà una chitarra al fuoco di bivacco, lo scautismo sarà morto. Eppure penso che questo periodo di COVID ci abbia fatto riflettere tanto su questo, su quanto la tecnologia ci sia stata utile e ci abbia salvato in un certo senso con le riunioni online etc. Allo stesso tempo però, ho visto anche, grazie all’indigestione di schermi, una voglia nuova da parte dei capi e dei ragazzi di “aria aperta”: penso ai capi del Golfo Paradiso che ora al sabato fanno riunione ai piani di Recco o a quelli del Genova 12 che riempiono di nuovo piazza Rossetti o I Giardini Govi

Grazie ancora del vostro servizio: siete importanti. 2

http://www.robertocociancich.it/ci-sono-capi-a-zig-zag/

Lasciatemi questa licenza poetica sull’ultima frase di BP

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PREGHIERA DEL CAPO (ai tempi del COVID) Fa’, Signore, che io ti conosca. E la coscienza mi porti ad amarti, e l’amore mi porti a servirti ogni giorno più generosamente. Anche se la domenica non posso più andare a messa coi miei ragazzi, nemmeno a mezzanotte a Natale e anche quest’anno non posso fare la route di Pasqua col mio clan. Ch’io veda, ami e serva te in tutti i miei fratelli, ma particolarmente in coloro che mi hai affidati, anche se non posso abbracciarli e per servirli devo mettere guanti e mascherina. Te li raccomando perciò, Signore come quanto ho di più caro, perché sei tu che me li hai dati e a te devono ritornare. Te li raccomando ancor più in questo momento, in cui la paura di questo presente e futuro incerto potrebbe annebbiare i loro sogni e desideri che avrei voluto costruire con loro. Con la tua grazia, Signore, fa’ che io sia sempre loro di esempio e mai d’inciampo, stando loro vicino anche a distanza e mostrando col mio agire responsabilità e amore verso il prossimo, anche se questo vuole dire oggi non poterli incontrare. Fa’ che essi in me vedano te anche se mi vedono soltanto attraverso lo schermo di un computer, e io in loro te solo cerchi così l’amore nostro sarà perfetto. E al termine della mia giornata terrena l’essere stato capo mi sia di lode e non di condanna.

Amen.

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Fare Scautismo

A cura di Marco Paglieri

Custodi del Creato Una tavola rotonda sull’ecologia e Agesci

Keywords: eventi, ambiente, attualità

Colore verde natura

competenza, parola a noi cara, e di quanto sia necessario conoscere e diventare competenti del mondo che ci circonda, competenti del Creato. La competenza ci porta ad una chiamata di responsabilità: il consumo di risorse senza sosta e i tanti altri problemi del pianeta, tutti interconnessi fra loro, possono essere affrontati - e risolti – solo da una collettività che riesce a muoversi insieme.

Il 4 ottobre 2020, giorno di S. Francesco di Assisi e quinto anniversario della firma dell’enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco, si chiude quel periodo scelto dal Santo Padre come Tempo del Creato e si apre un nuovo cammino del nostro essere Custodi del Creato. In occasione dell’incontro tra gli Incaricati Regionali svoltosi il 3 – 4 Ottobre 2020 a Ciampino, si è tenuta la tavola rotonda “Custodi del Creato”, che ha visto l’intervento del prof Simone Morandini, del prof Marco Marchetti e del prof Adriano Sella che, partendo dal testo della “Laudato sì” hanno aiutato a comprendere in che modo venga interrogata e chiamata all’azione la nostra Associazione.

Questo, oggi, è ancora difficile, proprio per la mancanza di conoscenze e competenze collettive, ma le nostre piccole azioni quotidiane potranno diventare grandi azioni collettive che riusciranno a modificare quelli stili di vita dannosi per il creato. Il professor Sella infine illustra ancora una volta la grande concretezza dell’enciclica, concretezza che non lascia più spazio all’immobilismo e che ci interroga nella nostra completezza.

Il professor Morandini ci ricorda quanto sia fondamentale la vita all’aria aperta nel nostro modo di educare, rendendo quindi il Creato ancora più la casa nostra e responsabilizzandoci ad esserne coltivatori, operando una conversione ecologica, vivendo la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio. Naturalmente non può essere solo un moto di spirito, ma è necessario anche sporcarsi le mani, compiere azioni e passi concreti, riscoprendo nel nostro cuore lo spazio occupato da un Dio che ci ha donato il creato (96 L.S.), e le creature che lo abitano di cui noi dobbiamo essere responsabili per essere coltivatori di un mondo migliore con cui condividiamo il destino (99-100 L.S.).

Servono orecchie in grado di ascoltare il grido della terra e dei poveri del Mondo (4853 L.S.), mani pronte a stringerne altre per creare relazioni (66 L.S.), occhi per ammirare la bellezza del creato e per riempire i nostri cuori che ci guideranno nel prenderci le nostre responsabilità per poter tirare fuori (educare) il cambiamento necessario. #noicustodiAMO, dunque, come gesto d’amore per il creato, dono di Dio, attraverso piccole azioni quotidiane che hanno la potenza di diventare azioni collettive che possono portare a cambiamenti radicali negli stili di vita e nelle attenzioni quotidiane di ognuno di noi che abitiamo sorella Terra.

L’intervallo del professor Marchetti scende ancor più nella pratica e ci parla di 8


Al lavoro nelle Zone con tanti Comitati rinnovati dopo quattro anni.

Eletta nuova Consigliera Generale Martina Isoleri.

Nel mese di Novembre 2020 in molte Zone si sono celebrate assemblee speciali: tutti on line e con molti membri dei comitati in scadenza.

Rimane Assistente Ecclesiastico di Zona Don Fabio Bonifacio.

Sono trascorsi quattro anni dalla nascita delle nuove Zone. Per molti Comitati di Zona quest’autunno c’è stato un momento di forte rinnovamento con elezioni on line.

Con la nuova squadra si parte per costruire un nuovo progetto di Zona. Lavoro di Consiglio e di Coca abbinate.

Nuovi ingressi, conferme, nuovi assetti, subito tante idee al lavoro.

Bella esperienza un censimento di tutti i formatori presenti in zona che affiancano e aiutano le attività di Branca.

Facciamo una rapida carrellata di tutti gli eletti tralasciando per ora i numerosi incaricati che nelle zone svolgono preziosi servizi, quali gli IABZ, nominati in quasi tutte le Zone, incaricati al Percorso Tirocinanti, incaricati Terzo settore, incaricati alle attività diocesane etc.

Bene gli incontri del Comitato con gli AE di Zona. Si parlerà del progetto anche con loro. Parte l’attività con i tirocinanti seguita da pattuglia specifica. ZONA ALTA VIA

ZONA ALPI LIGURI

Eletto nuovo Responsabile di Zona Fausto Lammoglia. Non ancora in scadenza Barbara Cazzolla l’altra Responsabile.

Grandi cambiamenti a ponente: eletti nuova Responsabile di Zona Monica Vercesi e nuovo Responsabile di Zona Simone Sparso.

Novità strutturale, vengono eletti sei nuovi membri a Comitato col ruolo specifico di IABZ : Andrea Bosio e Francesca Calcagno (RS) Silvia Pincin e Alberto Pierri (EG)

Eletti membri a Comitato Elisa Bergamasco e Lidia Chiarenza.

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La voce delle Zone

Che succede in zona?

Keywords: Zone, Regione

A cura di Giorgio Costa


Davide Mamelo e Claudio Masio (LC). Questo per ribadire la centralità delle Branche nelle attività di Zona e l’importanza degli IABZ membri attivi del Comitato.

Generali Daniela Vescovo e Francesco Bertazzo. Questo è l’anno in cui preparare un nuovo progetto di zona, lavoro coordinato dal Comitato che incontra ogni CoCa singolarmente: 13 storie da raccontare. In Consiglio si discute anche di Formazione: come far diventare le tante difficoltà delle opportunità?

Rimane Assistente Ecclesiastico Don Andrea Camoirano, non in scadenza la Consigliera generale Laura Craviotto. Quest’anno anche in Consiglio si affronta il problema della formazione partendo dalle basi: Patto Associativo, Intenzionalità educativa, PPU. Poi crescita dei capi nella Fede, problemi dei ragazzi in casa.

Buon successo dell’attività per i tirocinanti. Incontrarsi e sempre utile e ricarica forse anche i membri della speciale pattuglia. Belli anche gli incontri on line con gli AE dei Gruppi.

Momento forte incontro di Zona con specialista su gestione del gruppo in generale e gestione on line in particolare.

In assemblea si è anche approfondito con ospiti esperti il tema della “comunicazione” in particolare quella digitale.

ZONA TRAMONTANA ZONA TRE GOLFI

Meno scadenze in Zona Tramontana al terzo anno di vita degli eletti.

Non in scadenza Chiara Repetti Responsabile di Zona, eletto Stefano Barberis nuovo responsabile di Zona mentre Nadir Gibelli viene eletto membro a Comitato, assieme a Silvia Volpe e Federica Rocco.

Responsabili di Zona Michela Mazzoccoli e Davide Puggioni, Assistente Ecclesiastico Don Piero e Consigliere Generale Paolo Gesmundo. Eletti a Comitato Sandra Casarino, Alice Perata, Angelo Manna, Ugo Truffelli.

Assistente ecclesiastico rimane don Giandomenico Torre, non in scadenza Alessandro Costanzo de Castro Consigliere Generale.

Il consiglio si interroga e lavora sulla ripartenza: come aiutare i Gruppi e soprattutto i capigruppo in un momento difficile che pesa ancora? Dinamiche di gruppo, comunicazione, attività a distanza, tanti problemi. Presto un momento formativo sulla gestione della comunicazione di gruppo on line.

Squadra nuova tante idee e progetti in via di sviluppo. Uno stimolo in più: il lavoro congiunto delle branche con capi della zona Spezia.

Al via le attività con i tirocinanti con pattuglia dedicata.

ZONA LA SPEZIA La zona sta vivendo un momento di transizione. I Responsabili regionali stanno facendo funzione di Responsabili di Zona temporaneamente. Quest’anno le attività di branca sono appoggiate completamente alla vicina zona Tre Golfi.

ZONA DIAMANTE Dopo l’elezione dello scorso anno di Chiara Pincin a Responsabile di Zona, rieletto quest’anno per secondo mandato Giorgio Costa.

Rimangono l’Assistente Ecclesiastico Don Carlo Cipollini e il Consigliere Generale Simone Bertoli.

Rieletti anche due membri a Comitato, Marina Picasso per i rapporti con la Diocesi e Francesco Bertazzo per la Comunicazione.

I gruppi sono al lavoro per ripartire con una nuova Zona.

Resta Assistente Ecclesiatico Don Giovanni Valdenassi, non in scadenza i Consiglieri 10


Strategie Nazionali di Intervento. A che punto eravamo rimasti? Il confronto sui temi ai quali dare priorità

Le proposte e la discussione erano previste per il Consiglio Generale 2020, ma il Comitato Nazionale pone subito una riflessione: “Il Comitato si è a lungo interrogato sulla opportunità di mantenere le priorità individuate e di capire se quei temi, quegli scenari avessero ancora senso alla luce di quanto vissuto dopo il 29 febbraio 2020. Crediamo che quella riflessione iniziale non sia superata perché vissuta fino al mese di febbraio dalle Zone e dalle Regioni, ma vada intrecciata e riletta alla luce della trasformazione subita nel nostro vivere quotidiano.

Non abbiamo ancora un orizzonte chiaro davanti a noi, i sentimenti che viviamo sono ancora fortemente influenzati dalle notizie che arrivano e dalle novità che irrompono nelle nostre vite. Abbiamo pensato che sia corretto fermarci a quelle riflessioni fatte a febbraio, non perché esaustive, ma perché un punto significativo sul come eravamo.” Le prime SNI ponevano l’attenzione su tre temi, Comunità capi, Educare al sogno, Accoglienza, che tutti ritenevano ancora attuali e da riconfermare. Erano poi stati sviluppati anche nuovi punti. Ora a noi interrogarci a partire dalle nostre Zone su quali priorità e indirizzi dare. (Dal documento AGESCI Verso le nuove Strategie nazionali d’intervento 2020 - 2022):

CITTADINANZA ATTIVA/TESTIMONIANZA (….) Testimoniare ci aiuta a trasmettere la vita che nasce dalla nostra esperienza e che diventa poi una possibile indicazione di via da percorrere. Come possiamo incidere sul tessuto sociale? •

Offrire una proposta educativa che consenta di:

offrire opportunità a riscoprire il senso di una comunità sociale, coesa, inclusiva, fraterna e solidale, contribuire a far crescere “buoni cittadini”, educati al pensiero critico, capaci di valutare, vagliare e scegliere consapevolmente

ricostruire una nuova cultura dello stare insieme anche attraverso la condivisione di principi e valori.

Recuperare il senso di appartenenza al territorio avendone cura negli aspetti culturali, sociali e politici interrogandosi sulla natura del nostro territorio e di chi lo vive con la propria storia, cultura, religione.

Essere consapevoli che la nostra Costituzione è garante dei processi democratici e ci interpella e ci richiama costantemente ad esserne interpreti e custodi.

Occorre andare oltre questo approccio, educando a costruire una consapevolezza più profonda delle problematiche e cercando di dare contributi fattivi e competenti. Nell’essere testimoni dovremmo farci carico dei bisogni dell’altro (….) 11

Keywords: attualità, scelta politica

Nell’autunno 2019 l’Associazione verificava le sue SNI (strategie Nazionali di Intervento) dopo un triennio e si apprestava a rilanciarle per il 2020-22

Le nuove SNI

A cura di Giorgio Costa


AMBIENTE/CREATO Tema fondamentale e ricorrente nella nostra vita associativa, assume oggi una centralità non più discutibile soprattutto nell’accezione data da Papa Francesco di un’ecologia integrale che non vede un equilibrio tra uomo e creato. Custodia del Creato, quindi, come luogo per scoprire noi stessi, la relazione con Dio e con gli altri. È necessario incidere maggiormente sulla cultura del rispetto della “Casa comune” e cogliere l’appello di Papa Francesco a cambiare la nostra mentalità e il nostro stile di vita. Crediamo nella forza generativa delle relazioni che nascono tra le persone e tra queste e le realtà associative e sociali dei territori. Trovare soluzioni e promuovere comportamenti sostenibili e praticabili, sia per preservare l’ambiente e invertire la direzione intrapresa, sia per restituire un senso di fiducia nel futuro. TESTIMONIANZA/IDENTITÀ COME ASSOCIAZIONE, COME CAPI, COME RAGAZZI. Scoperta e riscoperta della nostra identità recuperando i nostri principi e valori fondamentali. Vorremmo riflettere sulla nostra capacità di convertirci (chi vogliamo essere? chi siamo chiamati a essere?) interrogandoci anche sul contesto umano, sociale, associativo odierno. Uomini e donne in grado di fare scelte motivate e autonome con cognizione e competenza volte alla testimonianza e una consapevole partecipazione democratica. Educare i ragazzi ed educarci come capi: • alla costruzione serena della propria identità • alla scelta, vissuta con responsabilità e serenità • alla progettazione e gestione serena del tempo • alla gestione serena degli imprevisti e del fallimento • al discernimento e alla condivisione di spazi di vita cristiana RELAZIONI. OCCHIO VICINO AL CUORE: AVERE CURA DELLE RELAZIONI Recuperare l’autenticità nei rapporti e il rispetto della persona nella sua globalità, (a volte sviliti dalla presenza del “virtuale”), curando in particolare la comunicazione e l’ascolto, elementi fondanti per una comunità accogliente e inclusiva. Educare all’incontro con l’altro, riconoscendo che l’altro è creatura e dono di Dio, che va tutelata e fatta crescere nella bellezza della vita. Costruire relazioni autentiche, solide e solidali che accrescano la capacità di ascoltarsi, imparando ad abbattere i muri generazionali. Recuperare il nostro essere Associazione come parte integrante di una rete, in cui le relazioni diventano strumento concreto per lasciare il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato.

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COMUNITÀ CAPI Benessere dei capi e formazione permanente. È urgente, per noi capi, vivere una formazione permanente che ci sostenga in una continua riaffermazione della nostra vocazione, dello stile scout, dei fondamenti della nostra Associazione e dello scautismo più in generale, affinchè il nostro servizio possa continuare ad essere parte arricchente e significativa della nostra vita. L’obiettivo è che il servizio possa essere vissuto in condizione di “benessere” non inteso come comodità ma come serenità personale e pienezza della realizzazione di sè, in particolare per i capi che vivono grosse difficoltà nel campo dello studio e/o del lavoro e che sempre più spesso abbandonano il percorso in Comunità capi. EDUCAZIONE DI GENERE In una società in costante cambiamento ma anche paradossalmente ancorata a stereotipi e modelli sociali “tradizionali” di difficile superamento, in cui emergono quotidianamente episodi di violenza, frustrazione, incomprensione e, parallelamente, necessità di reali ‘pari opportunità’, sembra molto attuale avviare una nuova riflessione su questo aspetto per poter educare e formare persone in grado di vivere con pienezza e serenità la dimensione di genere. Valorizzare la bellezza del crescere insieme come persone, riconoscendo la ricchezza nelle diversità e nelle contaminazioni della dimensione femminile e maschile. ACCOGLIENZA E DIVERSITÀ Accoglienza significa saperci porre nella relazione con l’altro, prediligendo l’ascolto e la cura, portatori del messaggio evangelico, capaci di riconoscerlo e di andargli incontro. IL TERRITORIO Vivere il territorio come un luogo non solo da abitare ma da esplorare, aprendo strade nuove che recuperino la marginalità e se ne prendano cura consapevoli del ruolo e della necessità dell’educazione per lo sviluppo del Paese.

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I capi liguri negli ultimi dieci anni Speciale assemblea 2018

Essere capi oggi Keywords: capi, regione, attualità

A cura di Massimiliano Costa

Un’analisi sui censimenti

Ho provato a riassumere e aggiornare al 2020 alcuni dati sull’analisi dei capi in Liguria, soffermandomi solo negli ultimi dieci anni. Dai censimenti purtroppo si rilevano molte discrasie dovute principalmente a tre fattori: ·

Molti capi al primo censimento risultano non come nuovo ma come rinnovo (1278 forse perché moltissimi arrivano dalla RS) o alla fine del servizio c’è sospeso da più di un anno e non solo sospeso (41)

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diversi capi sono censiti, nell’arco di diverso tempo, con codici personali diversi e anche con anno di entrata in Coca differente (57) o ancora con il censimento in un anno e l’entrata in Coca in anno successivo (39)

·

alcuni capi sono censiti con piccoli errori di battitura nel nome o nel cognome o con l’inversione di nome e cognome (19)

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In tutti questi casi sono intervenuto analizzando ogni record e allineando codici, sigle, anni ecc. Alcune imprecisioni possono permanere sui capi entrati in CoCa prima del 1989.

Le tabelle iniziali riassumono alcuni dati generali con particolare attenzione all’inizio e alla fine del decennio. Successivamente è esposta l’analisi sui capi che sono usciti ed in particolare su quelli sospesi uno o due anni di servizio.

Analisi su alcuni dati generali in 10 anni il numero dei capi che hanno svolto servizio è stato 3021. ·

È Interessante notare come negli ultimi dieci anni il numero totale dei capi in servizio anno per anno è quasi sempre diminuito, così evidenzia la linea di tendenza, mentre sia i sospesi che i nuovi entrati, con variazioni annuali, rimangono all’interno in una fascia non troppo larga.

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Significativi i cambiamenti per genere ·

Nel 2010 i Maschi erano 683 (58%) e le Femmine 486 (42%).

·

Dopo 10 anni le Femmine sono salite a 502 (46%) ed i Maschi scesi a 579 (54%), ovvero la differenza numerica tra i sessi si è dimezzata.

Riguardo al livello di FoCa non ci sono grandi distinzioni tra M e F, ma in generale si è abbassato: ·

Nel 2010 il livello di Foca 1-2 è al 29%; 3 al 30% e 4-5 al 41%.

·

Nel 2020 il livello di Foca 1-2 è al 40%, 3 al 23% e 4-5 al 37%.

Riguardo alla distribuzione per età, non ci sono distinzioni rilevanti tra M e F, in generale solo in alcune fasce d’età, aumentano i giovani e i vecchi. ·

Nel 2010: <23 anni (15%) tra 23 e 25 (21%) da 26 a 30 (21%) tra 30 e 40 (20%) superiori a 40 anni (23%)

·

Nel 2020: <23 anni (18%) tra 23 e 25 (22%) da 26 a 30 (16%) tra 30 e 40 (16%) superiori a 40 anni (28%)

Interessanti sono le linee di tendenza: gli ingressi in uguale diminuzione sia M che F; i sospesi, costante per i M in aumento per le F.

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I capi nuovi entrati nel decennio in grande maggioranza provengono dalla branca R/S con lievi diversità in alcuni anni rispetto alla media del decennio. I nuovi capi stanno in una fascia di 13 iscritti all’anno in più o in meno rispetto alla media che è di circa 150 nuovi iscritti annui.

In dieci anni i capi rientrati da una precedente esperienza di servizio sono 334 (14%): antecedentemente il 2000 sono 249 mentre 85 con il rientro dopo il 2000. In 29 hanno fatto più di un rientro. Interessanti sono le linee di tendenza, in lieve aumento i rientri ed in diminuzione i nuovi

I capi in servizio nel decennio ma entrati in CoCa prima del 2000 sono 458 di questi 179 sono entrati prima del 1990, inoltre 21 sono stati capi nell’ASCI e 2 nell’AGI.

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I capi in servizio nel 2010 sono 1159 e nel 2020 sono 1081 La distribuzione delle professioni, nei dieci anni, rimane sostanzialmente invariata solo in alcune attività: gli studenti sopra il 40%, gli impiegati sopra il 22%, i religiosi al 7%, gli artigiani-commercianti al 3%. Invece per le altre categorie le variazioni percentuali sono molto significative, soprattutto sui liberi professionisti e sui pensionati.

Analisi sui capi sospesi Dai censimenti risultano registrati come sospesi (capi che hanno smesso il servizio), in dieci anni, 2162 capi. Alcuni di questi sono rientrati dopo una sospensione, altri invece diventano sospesi dopo un rientro da lunga assenza. Qualcuno (29) è anche stato sospeso e rientrato più di una volta.


La percentuale dei capi che annualmente lasciano il servizio oscilla tra il 15% e il 18,5% dei capi in servizio nell’anno precedente. È interessante notare come l’andamento, negli anni, dei capi sospesi non varia di molto, e percentualmente ogni fascia di età di servizio è abbastanza costante tranne qualche raro significativo scostamento e solo in qualche anno. Da notare come più di ¼ dei capi rimane in servizio per oltre 8 anni mentre il 44% dei capi stanno in servizio solo da 1 a 3 anni Le prime due fasce di servizio, 1 e 2 anni, percentualmente sono le più consistenti, e rimangono pressoché costanti attorno al 31% di tutti i sospesi in ogni annualità Le fasce di coloro che hanno svolto servizio per più anni invece variano maggiormente nelle diverse annualità

LA PROFESSIONE dei capi al momento dell’abbandono rileva una maggioranza di studenti pari al 40% seguita dal 22% di impiegati. Molte sono le professioni attorno al 3% Le differenze percentuali riguardo al sesso sulle professioni rilevano uno scostamento superiore al 10% per le femmine tra gli studenti, gli insegnanti e i disoccupati, mentre lo scostamento è a vantaggio dei maschi sui dirigenti, agricoltori-operai e religiosi. Nelle altre categorie gli scostamenti dalla media percentuale M-F sono moto bassi.

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L’ETÀ dei capi quando smettono il servizio è molto variabile. Circa il 30% dei capi al momento della sospensione ha una età superiore ai 25 anni ed inferiore ai 30, mentre oltre il 40 % dei capi al momento dell’abbandono ha più di 30 anni. Dei 325 capi rientrati dopo una pre-cedente esperienza di servizio in CoCa e poi nuovamente sospesi solo 43 hanno meno di 30 e ben 185 hanno più di 40 anni e 97 sono tra i 30 e i 40 anni. Il 63% dei capi sospesi con più di 30 anni è Maschio (pari a 586) mentre le Femmine sono solo il 37% (pari a 345) mentre per i capi con età inferiore ai 30 anni le Femmine sono ben il 51% (pari a 628) ed i Maschi il 49% (pari a 603) LA FORMAZIONE CAPI di chi finisce il servizio per ben 620 capi è il brevetto. Comunque il 60% dei capi che smettono il servizio ha un livello di FoCa decisamente alto (4 o 5), forse si deve tener conto del peso dei capi che sono rientrati ove per 168 il livello di foca è 4 o 5 e solo per 157 la foca è 1 o 2 o 3.

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Non esistono differenze rispetto alla media tra maschi e femmine; considerando il livello di foca 4 e 5 e di foca 1-2-3, per entrambi i gruppi il rapporto è 45% femmine e 55% maschi. È invece interessante notare come il 75% dei capi con foca 4 o 5 ha una età superiore ai 30 anni. Riguardo alle professioni coloro che hanno foca 4 o 5 sono in mi-nima parte religiosi meno del 20% e studenti il 14%, sulle altre pro-fessioni sostanzialmente si mantengono le percentuali generali.

Analisi sui capi sospesi dopo solo 1 o 2 anni di servizio I capi che smettono il servizio dopo 1 o 2 anni sono il 31% pari a 664. Negli ultimi anni la tendenza sembra stabilizzarsi soprattutto per le femmine. Ben 162 capi sospesi (24%) sono da annoverarsi tra i capi rientrati e tra questi 64 dopo il 2000. Ben 22 capi sono usciti e rien-trati una ulteriore volta, di questi 4 per ben al-tre due volte. Il rapporto tra maschi e femmine, per entrambi gli anni di servizio (1 o 2) è di 55% a 45%. Dei capi che smettono 359, pari al 54%, provengono dalla Branca RS, la ten-denza sembra lievemente in diminuzione ri-spetto al 2016 anno di massima.

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Il 35% (229) dei capi che lasciano dopo 1 o 2 anni ha più di 30 anni di età, di questi ben 115 sono capi di rientro. Sono il 35% (228) i capi che hanno 21/23 anni e di questi ben 189 provengono dalla branca RS. 69 capi hanno un livello di Foca pari a 4 o a 5 ma di questi ben 66 sono capi di rientro.

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La maggioranza di coloro che svolgo servizio per poco tempo, 285 capi, ha livello di foca =1. I capi sospesi sono al 50% studenti e questo è comprensibile. Sulle altre professioni riflettono proporzionalmente i dati generali con una peculiarità tra i religiosi ove oltre ¼ sono capi di rientro. E’ interessante vedere i valori percentuali e assoluti delle zone di provenienza dei capi che sono sospesi solo dopo 1 o 2 anni. La zona Alpi liguri ha un valore di 2 punti percentuali superiore al valore calcolato su tutti i capi sospesi e questi due punti sono spalmati sulle zone di Genova che presentano in questo caso una riduzione di poco superiore al mezzo punto percentuale rispetto ai valori complessivi. Le zone di Spezia e Alta Via (SV) riprendono gli stessi valori percentuali registrati su tutti i sospesi. I capi over 30 anni sono 229. La zona Tre Golfi (-6%) e la zona Diamante (-3%) hanno un numero di capi > 30 anni inferiore al valore percentuale totale, ossia sono più giovani. La distribuzione dei capi per formazione nelle di-verse zone rientra in un range di + o – il 6% rispetto alla media

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Zoom Liguria Keywords: zone, gruppi

A cura del Comitato Regionale

No alla miniera nel comprensorio del Parco Naturale Regionale del Beigua Agesci liguria è stata prima firmataria a Marzo di questa petizione su Change.org. Ne riportiamo il testo e il link con QR code.

considerazione del fatto che le comunità locali da anni si oppongono a qualunque ipotesi di apertura di una miniera nel comprensorio del Beigua per: - evidenti rischi sanitari: il minerale grezzo potenzialmente estraibile sarebbe solo il 6% della roccia e il rimanente 94% andrebbe in discariche molto estese da crearsi nelle vicinanze, con il rischio di andare a sollecitare la presenza di amianto, presente per il 10/15% nelle rocce del giacimento. - evidenti rischi ambientali: devasterebbe un’area protetta inestimabile per biodiversità e valori ecologici e paesaggistici. Il Parco del Beigua è diventato Parco nel 1995, Geoparco europeo e mondiale nel 2005 e nel 2015 è stato riconosciuto UNESCO Global Geopark.

Gentile Presidente della Regione Liguria, con il decreto 1211-2021 la Regione Liguria ha concesso per tre anni alla compagnia mineraria CET la possibilità di effettuare ricerche nel comprensorio del Beigua. La finalità evidente è quella di aprire una miniera per estrarre il minerale di Rutilo, contenente Titanio. Riteniamo questa una scelta sbagliata anche se limitata ai 229 ettari (su 458 interessati complessivamente) che si trovano ai margini del confine del Parco del Beigua, perché è evidente che tutti gli impatti negativi della apertura di attività minerarie ricadrebbero nell'area Parco. Con questa nostra petizione chiediamo che VENGA RITIRATO il decreto in Primi firmatari: Agesci Liguria

Friday for Future Liguria

Arci Liguria

Italia Nostra Liguria

CAI Liguria

Legambiente Liguria

ENPA Federparchi Liguria FIE Liguria

LIPU Pro Natura Genova VAS WWF Italia Delegato Liguria 24


Zoom Liguria

A cura di Doris Fresco

Questo anno scout si è aperto con una triste notizia per la Zona Spezia: purtroppo il gruppo del Levanto ha dovuto prendere la decisione di chiudere: una grande perdita per lo scautismo in Liguria. Come spesso succede però chiudere un gruppo significa solo prendersi una pausa, per poter ricominciare con ancora più entusiasmo: vogliamo guardare questa situazione con questo spirito positivo per laormai insita in noi- voglia di vedere sempre qualcosa di buono, ma anche perché proprio

la storia recente della Zona Spezia ci ha insegnato questo: non sono passati molti anni (solo un paio…) da quando il Sarzana ha chiuso per poi, dopo appena un anno, dare vita al Gruppo Lunae, che oggi gode di ottima salute. Oltre a queste due ragioni, ce n’è una terza, ancora più importante, del perché siamo convinti che le chiusure dei gruppi vadano guardate con occhi di speranza, una lezione che insegna proprio il Levanto. La storia di questo gruppo ha origini lontano nel tempo, addirittura nel 1965, come si legge nel racconto scritto da Giacomo Campodonico: “Il 7 dicembre del 1965 era un martedì. Ed era un bel giorno, anche perché l’indomani non si sarebbe andati a scuola. Ma era anche un giorno atteso da parecchi ragazzi a Levanto. Alle 16 in punto, nei locali del Circolo parrocchiale di via Jacopo (occupavano l’intero primo piano del palazzo dove oggi, a pian terreno, ci sono Roberto il barbiere e Aref, per capirci), sarebbe venuto un signore da Sestri Levante per parlare di scautismo a noi ragazzi. 25

Keywords: Zone, gruppi

Levanto 1 una storia di speranza


Era un vecchio sogno di don Francesco Conti, parroco di Montale, curato a mezzo servizio di Levanto, nonché insegnante di Religione alle scuole medie. E proprio a noi, suoi studenti, don Conti aveva parlato per primi di questa sua idea, anche per capire se ci sarebbe stato gradimento e, quindi, partecipazione. Inutile dire che nella sonnolenta Levanto (all’epoca non esisteva neppure più il calcio, dato che il vecchio “campo grande” ai Moltedi era stato cancellato per fare posto al cantiere per i lavori del raddoppio ferroviario) l’idea piacque. E tanto. Così quel pomeriggio, in una saletta del Circolo, c’erano più di venti ragazzi a scoprire cosa fossero questi Boy Scout. Si presentò un signore sulla trentina, bassetto, occhialuto, sorridente ma deciso. Tanto che al primo accenno di caciara zittì in maniera perentoria l’uditorio, dicendo che quello non era il posto adatto. Questo signore era Francesco Smeraldi, Capo Scout di lungo corso dell’Asci (Associazione Scout Cattolici Italiani), dirigente di banca, che aveva accolto l’invito del suo omonimo don Francesco ad aprire un Riparto Scout a Levanto, per ragazzi dai 12 anni in su. Si cominciò con una preghiera (e proprio qui scattò l’altolà a chi si era azzardato a ridere), poi un po’ di spiegazioni su cosa fosse lo Scautismo, la dimostrazione di un paio di nodi, un canto scout (per la cronaca: “Sentiam nella foresta il cuculo cantar”…), ancora una preghiera finale e l’appuntamento per il sabato successivo nei locali della sacrestia della parrocchia di Sant’Andrea. Commenti entusiastici, tutti pronti e carichi (cito qualche nome: Rino Sturla, Pino Capparella, Carlo Braggio, Claudio Negri, Maurizio Varsi, Gianfranco Bagnasco, Roberto Sturla, Sergio Pettirossi, Guido Ruotolo, Rodolfo Bonnet, Beppe Buccafusca, Antonio Toracca…) e quel pomeriggio di mezzo secolo fa nacque il Gruppo Scout “Levanto 1”. L’indomani pomeriggio, al ritorno a casa dopo il cinema, mi misi a letto con un febbrone da cavallo: epatite virale. 26

Finì subito lì il mio sogno scautistico. E, ancora convalescente, fui costretto a seguire da casa i miei amici che partivano per il primo “San Giorgio” a Bargone, sulle alture di Sestri Levante, nell’aprile 1966. Inutile dire l’avvilimento e le lacrime. Anche perché tutti erano ritornati entusiasti (“Abbiamo dormito in una tenda, giocato, cantato attorno a un falò, di notte, …”). E poi, un paio di mesi dopo, li rividi partire per il primo campo estivo, ancora a Bargone. Ripresi ad andare agli Scout nel 1967, con mille cautele (e altrettante minacce da parte di mia mamma…). Nella primavera del 1971 l’avventura finì e il primo Gruppo Scout di Levanto si sciolse. Riprese l’attività un manipolo di adulti coraggiosi (o incoscienti?) nel 1992, facendo rinascere il “Levanto 1”, questa volta come Agesci (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani). Cinquant’anni dopo il sogno dei due Franceschi, quel martedì 7 dicembre 1965”. Così come chiuse e riaprì allora, speriamo che anche questo sia un periodo di passaggio, che porterà ancora lo scautismo a Levanto: tantissimi sono i ragazzi che in questi anni hanno avuto la possibilità di giocare sulle orme di Baden Powell e come detto durante la giornata che in autunno ha concluso questa parte della storia del Levanto 1, “Non è detto che sotto la cenere non vi sia ancora calore sufficiente per rigenerare un grande fuoco”.


Una route estiva speciale nel 2020 del Clan/Fuoco LöVa Dopo i lunghi mesi di lockdown e i primi timidi incontri distanziati e mascherati, il nostro sogno più grande era quello di tornare sulla strada con lo zaino in spalla. Abbiamo cominciato tra la fine di giugno e l’inizio di luglio a sognare la nostra route estiva, nonostante tutte le restrizioni sugli spostamenti, i distanziamenti ed i pernottamenti (uno per tenda...). Il nostro desiderio più grande era quello di rimetterci in cammino, anche materialmente senza escludere proprio nessuno e in particolare di costruire una route che permettesse a Davide, il Capo Clan, che ha una disabilità motoria, di non perdere neanche un “metro” della strada condivisa. Su suggerimento dei Novizi abbiamo scoperto che esiste una sedia, chiamata Jolette, che permette di trasportare sui sentieri persone con difficoltà motorie. Ci siamo messi in moto per vedere come reperirla, visto che ha un importante costo di

Lucia e gli Amicidellebici della Comunità RS LöVa (ValMaremola2)

AGESCI LIGURIA Branca RS e CAI Spezia con il Coordinamento del Settore Foulard Bianchi hanno lanciato , in particolare sul territorio spezzino, il progetto “ Un Sentiero per Tutti” che promuove per i ragazzi con diversa abilità la conoscenza della montagna e attività di inclusione. Sono coinvolte al momento le Comunità RS della zona Spezia per individuare e rendere fruibili al transito della Jolette alcuni sentieri ed è partito un autofinanziamento per l’acquisto. Per informazioni contattare il Settore Regionale Foulard Blanche. 27

Zoom Liguria Keywords: Zone, gruppi

Una Sfida all’ IM possibile

circa 3000 euro. Dopo un iniziale approccio con il CAI di Spezia che non si è potuto concretizzare per motivi logistici, abbiamo avuto la disponibilità ed il “dono” di vedercela prestare da Agesci Lazio e arrivare in un enorme pacco tramite Corrriere a due gg dall’inizio della nostra route, quand’ecco abbiamo avuto una altra scolta zoppa a causa incidente stradale. Dopo un training iniziale sull’utilizzo, il 5 Agosto abbiamo testato le nostre “abilità” come conduttori di Jolette, con Davide piuttosto perplesso e messo a dieta per ridurre il peso, sulla via Julia Augusta tra Alassio ed Albenga: un percorso meraviglioso in una splendida giornata di sole, con una vista mozzafiato e il sorriso soddisfatto di tutti i componenti del ClanFuoco LöVa che si sono alternati alla guida. Nei giorni successivi abbiamo osato avventurarci su impervi sentieri dell’alta Valle Arroscia fino alle Cascate dell’Arroscia , poi ai forti di Nava fino alla Valle Pennavarire lungo l’Alta Via con Davide e Maria che si sono contesi i tratti sulla Jolette. In un anno davvero particolare, la scelta di vivere una sfida nella sfida è stata per tutti un’occasione di crescita e abbiamo imparato che davvero l’impegno e la passione della comunità unità possono veramente, come ci ha insegnato BP, dare un calcio all’impossibile. Vi invitiamo a provare per credere: i nostri amici con qualche problema motorio, aspettano con gioia giovani “valorosi e forti” che possano proporre loro questa esperienza di libertà che sa andare oltre i limiti fisici. Buona Strada e buon “rotolamento” sui sentieri liguri.


Zoom Liguria

A cura di Ermanno Cavallo

Porta i tappi Un progetto del Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani

È lo slogan che abbiamo scelto per fare raccolta differenziata in particolare quella dei “tappi di plastica” Come ben sapete il MASCI da anni si occupa di questa raccolta. In questo periodo del Covid abbiamo ovviamente rallentato la raccolta, per i motivi che tutti sappiamo. Ora abbiamo ripreso questo nostro impegno. Vi rammentiamo che la raccolta dei tappi, segue il seguente iter: -vengono raccolti i tappi dalle scuole, dalle parrocchie, dai locali tipo bar, o circoli, e perché no dagli amici facendo passa parola;

RICICLATE , RICICLATE La plastica sarebbe dura a morire, impiega centinaia di anni a degradarsi. Invece se viene recuperata e riciclata fa risparmiare molta energia e fa anche guadagnare. Per una

tonnellata di TAPPI di PLASTICA col marchio

-vengono poi portati all’isola Ecologica di Genova Prà, e versati in apposito container, che, quando risulta completo viene a ritirarli una ditta specializzata, che trasforma il suddetto materiale in oggettistica varia, -acquistandolo al prezzo convenuto, - il ricavato viene inviato al Centro Mondialità di Livorno, e con il ricavato vengono costruiti pozzi per l’acqua in Tanzania. Potete telefonare al: 3383745305 – 3408723060 – 3807264104 Inviamo alcuni volantini esplicativi Fraterni saluti Ermanno Cavallo

INFORMATIVA PER UNA MIGLIORE E

100 Tappi possono rappresentare una bottiglia

ADEGUATA RACCOLTA

d’acqua

Oltre che i tappi di plastica delle bottiglie

1 Container pieno di tappi può rappresentare

che sono realizzati con:

l’avvio per la costruzione di un pozzo in

PE (polietilene)

PE (polietilene)

TANZANIA 10 Container pieni di tappi possono

si possono raccogliere anche

e

rappresentare la costruzione di un pozzo in

i tappi per altri contenitori e flaconi

HDPE (polietilene ad alta densità)

TANZANIA, dove l’acqua rappresenta la

che sono realizzati con:

il Centro Mondialità riceve circa 180 euro, che vengono utilizzati per la costruzione di pozzi in TANZANIA

Per questo ti invitiamo a raccogliere i tappi di plastica.

PP (polipropilene)

MASCI Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani

Per informazioni puoi contattare il:

MASCI Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani T8

sopravvivenza.

HDPE (polietilene ad alta densità) LDPE (polietilene a bassa densità)

3383745305 – 3384793695 – 393807264104

Perché ? 1 Tappo può rappresentare una goccia d’acqua

Per informazioni puoi contattare il: 3384793695 – 3383745305 - 3807264104 M.A.S.C.I. Liguria

Per informazioni puoi contattare il: 3383745305 – 3384793695 – 393807264104

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Intervista all'Arcivescovo Tasca

A cura di Marco Scarfò e Francesco Bavassano

Insieme è la parola chiave

Incontriamo Padre Marco Tasca, il nuovo Arcivescovo di Genova, nel convento di Albaro. È riuscito a dedicarci una serata in un periodo ricco di impegni, in cui sta conoscendo la Chiesa genovese e tanti lo cercano, desiderosi di conoscere un Francescano che ha girato il mondo e per la prima volta è chiamato ad essere Pastore di una Diocesi. Buonasera Padre, ci fa piacere intervistarla a nome di Agesci Liguria perché la nostra associazione è desiderosa di essere Chiesa attivamente. In questo caso, nel conoscere una figura come la sua che ha acceso interesse e curiosità nei giovani. Iniziamo chiedendole come si è trovato a Genova, prime impressioni? Sono arrivato qui effettivamente che della città, della chiesa, della vita sociale sapevo pochissimo; avevo avuto informazioni molto generiche. Per cui il mio spirito è stato “andiamo e vediamo”. Lo ammetto, il primo impatto con l’autostrada stretta e tortuosa che si incunea nella città non è stato molto gradevole per uno che viene da un paese. Poi sono arrivato e ho iniziato la cosa per me più importante, 29

quella di conoscere: di andare a visitare le comunità cristiane, le parrocchie, i gruppi, i preti e di ascoltare. Io ho fatto questa scelta e sono convintissimo che sia quella che ti permette di non strafare subito. Ho iniziato questi incontri subito dopo l'ordinazione in luglio. Due cose mi hanno colpito in maniera particolare: in primis l'accoglienza della gente. Venivo a Genova con alcuni preconcetti che mi avevano dato, di gente un po’ freddina che sta per i fatti suoi ma io vedo che quando vado in una comunità cristiana questa mi accoglie molto bene, con molta serenità, con molta fraternità, per quanto è possibile con il Coronavirus. Questo accade anche con i preti, io fino ad adesso sono stato accolto, c'è un bel rapporto. Quello che io sto sperimentando è che Genova è una città e una Chiesa complessa: ha una grandissima storia, da tenere presente; quindi io mi voglio inserire in questa realtà religiosa e civile ascoltando, come prima cosa. Una scoperta per me è stata che l'Arcivescovo qui ha un ruolo sociale. Non sono soltanto le persone di fede cattolica che fanno riferimento a lui. La realtà sociale, la realtà lavorativa con l’esperienza molto bella dei Cappellani del

Keywords: interviste

Intervista a Marco Tasca, nuovo Arcivescovo di Genova


Foto da Il Cittadino

Lavoro, le aziende che cercano il Vescovo per gli auguri di Natale. Questa per me è una cosa nuova e pian piano sto imparando a tenerne conto. Avvicinandoci al nostro ambiente scout, del quale sappiamo lei ha poca esperienza, che cosa le viene in mente se pensa allo scautismo? Se penso a Genova quello che ho sperimentato è la presenza capillare degli scout nelle comunità cristiane, una presenza molto apprezzata e che quindi è per me una realtà importantissima, da tener presente. È vero che il valore non viene solamente dall'indice di gradimento, ma secondo me c'è una proposta forte e dai preti che operano pastoralmente in questa realtà ho sentito molta motivazione. Poi ho scoperto che i primi gruppi in Italia sono nati proprio qui a Genova. Si, su iniziativa dell’inglese Spensley e educatori italiani come Mario Mazza. Siamo tutt’ora una città ad alta densità di scout, costellata di gruppi. Una cosa che mi ha colpito in questi mesi è il registrare in quante realtà chiedono la presenza degli scout, questo pare che sia difficoltoso per la presenza di pochi Capi. Mi ha colpito perché non me l'ha detto solo una persona, ci sono anche persone non scout che mi chiedono se posso fare qualcosa per far nascere un nuovo gruppo scout in una parrocchia.

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In generale non c’è una chiara tendenza alla diminuzione del numero globale dei capi quanto un ricambio un po’ accelerato e una vita più precaria che riverbera sui gruppi. Prendendo spunto dalle sue parole, ci sembra di riconoscere che stia aumentando la richiesta e la necessità di proposte educative di valore in questa società. I genitori vedono che questa proposta con i ragazzi funziona, credo che la proposta affondi le radici in alcune dinamiche di fondo che le famiglie apprezzano, vedendo anche i figli che partecipano volentieri ovviamente. Il solo fatto che uno vada volentieri non è necessariamente indicativo che una cosa sia buona, ma probabilmente lo stile e le esperienze di questo cammino funzionano, quindi bisogna interrogarsi un po’ anche sulla formazione di nuovi capi. Passiamo al mondo religioso dal quale proviene. Riscontriamo infatti delle vicinanze con la spiritualità francescana e il metodo scout. Ad esempio, il saper stare in comunità, di cui ha parlato di recente anche al clero genovese. Lo stare in comunità non è tanto “io scelgo di stare in comunità”, cristianamente non mi sembra che sia proprio così, tu sei chiamato a stare in comunità, che tu lo scelga è un altro discorso. Vivere in comunità è un regalo che ti viene fatto, una missione che ti viene affidata. Quindi partire dal fatto che io scelgo è vero, ma l'altra faccia della medaglia è che tu sei stato


Foto ANSA

chiamato a vivere in comunità, quindi rispondere a una chiamata molto semplicemente. Poi ci sono tutta una serie di conseguenze che per me sono estremamente importanti, una per esempio è mettere insieme le differenze, questa è una sfida enorme oggi perché la società sta estremizzando le differenze e credo che questo sia un grandissimo impoverimento. Credo anche che un grosso sforzo cui siamo chiamati tutti è quello di accogliere le differenze come dei regali che ci vengono fatti. Questo cambia di fatto tutto l'apparato della comunità, non siamo fatti tutti come fotocopie, la sfida di oggi è mettere insieme le differenze. Un altro tema su cui torno spesso è se imposto la mia vita di comunità come una difesa, sarebbe un problema. Nel Vangelo di Giovanni, quando il servo del sommo sacerdote schiaffeggia Gesù, lui non si difende assolutamente ma in alcune traduzioni c'è la parola “amico se ho fatto qualcosa di male dimostramelo, altrimenti perché mi percuoti?”. Gesù è solo e

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soltanto preoccupato di dare all'altra persona un’occasione per entrare in sé stessa, non deve difendersi da niente. Invece spesso noi viviamo la nostra vita comunitaria in difesa; Gesù non si è difeso, ma ha cercato di offrire una chance, offrire una chance all'altra persona di entrare in sé stessa, “perché ti comporti così? perché sei così aggressivo? che cosa ti sta creando problemi?”, io credo che sia importante, se davvero la comunità è una chiamata, che come Gesù non dobbiamo difendere niente da nessuno. Un altro elemento è la consapevolezza che noi, come dice Papa Francesco, siamo una Missione, il rischio della comunità è di essere autoreferenziali, guardare a sé stessi, le proprie cose, come vanno le cose, se stiamo bene… Che sono cose importanti, ma la Missione? Quale ci è stata data? Dobbiamo passare dal guardarci l'ombelico a guardare avanti. Ha toccato un punto focale anche per gli scout, per i quali un pericolo è quello


dell'autoreferenzialità. Noi abbiamo la nostra uniforme, abbiamo il nostro linguaggio, le nostre attività. Chi ci vede da fuori a volte ci considera una piccola setta. Ovviamente non è proprio così, però può esserci il rischio di essere contenti fra noi e non aprirci. Al centro di tutto c'è la relazione, quanto davvero stiamo coltivando relazioni? Come comunità cristiana, come preti, stiamo coltivando relazioni? E quanto siamo preoccupati di fare qualcosa? Di fare quello che si è sempre fatto? Che è un altro mito qua a Genova, mi sembra. Suvvia, si potrà anche cambiare nella vita! (sorride). Se la relazione è il centro, quanto tempo le dedichiamo? O prima ci impegniamo a fare tantissime altre cose e poi se c'è tempo facciamo anche le relazioni? Non funziona così! Come vede la Chiesa che si rapporta coi giovani in questo tempo? C’è un elemento che mi colpisce molto nel modo in cui noi preti vediamo i giovani: normalmente a me pare che vi sia una richiesta, una proposta, e poi “voi ditemi sì o no”. Io credo che sia un modo che non porta i frutti sperati. Nelle mie esperienze all'estero, in Asia, in una parrocchia sperduta, la Chiesa alle sette di mattina stracolma di giovani e giovani coppie, loro me lo hanno detto: “stiamo cercando qualcosa, sentiamo che quello che ci viene proposto non ci basta”. Quindi credo che la prima cosa sia essere convinti che i giovani stanno cercando, a loro modo, con loro stile, ma stanno cercando. Se noi non ci inseriamo e non ci sintonizziamo su questa ricerca non credo che arriveremo a nulla, faremo le folle oceaniche per cinque giorni e poi ognuno torna a casa sua. Queste esperienze o hanno un prima, un durante e un dopo o non funzionano. Non funzionano più, non siamo più a trent'anni fa in cui i ragazzi avevano una certa struttura di fede, un appoggio sociale a quello che era un cammino di vita e di fede. Adesso non c'è più; dobbiamo allora inserirci in questa ricerca dei giovani, a loro modo, strana, inconcludente, incoerente, ma quei giovani in Asia dicevano “noi stiamo cercando, aiutateci”. Allora se questo è davvero il nostro 32

obiettivo, di stare e sintonizzarci con i giovani, diventa tutta un'altra cosa. Questo comporta cambiare le nostre strutture: mi accontento che i ragazzi vengano all'incontro dei giovani, che è una cosa buona, ma dopo? E prima? Anche in questi giorni che sto andando a celebrare un po’ di Cresime sento molto spesso un ritornello dai parroci “una volta il sacramento dell’addio era la cresima, ma adesso è la prima comunione”. E noi come investiamo le nostre energie? Dovremmo domandarci come inserirsi in questa dinamica di ricerca che i giovani hanno, ne sono convintissimo. Un po' l’atteggiamento della parabola di Emmaus, che era al centro del Sinodo dei giovani a cui lei ha partecipato. Gesù che si avvicina quando i discepoli stanno già camminando e che prima di parlare, li ascolta. È interessante che Gesù risponde alle loro domande, non è preoccupato di dire lui, dopo dice lui, quando vengono fuori le domande. Qui torniamo sul tema della fretta di dare risposte, che secondo me ci sta ammazzando: risposte a domande che magari non ci sono. Un motto di Agesci di ormai un po’ di anni fa era “abitare le domande”, un modo di stare nella complessità della società attuale. Anche perché noi Capi viviamo dinamiche simili a quelle dei giovani, siamo i loro fratelli maggiori. Spesso ci rivolgiamo a esperienze con frati e consacrati alla ricerca di una proposta di fede che abbia un linguaggio che tocchi di più il cuore dei giovani e dei ragazzi, e spesso la sperimentiamo in esperienze come i campi di Pasqua, alle quali non è sempre facile dare continuità nella vita quotidiana di fede e della Parrocchia. Abbiamo un grande bisogno di parole di Vita, lei ha in mente qualche indirizzo per il futuro? Al momento non ho ancora idee chiare, ma voglio che le cose siano fatte insieme. Per adesso sto ascoltando per camminare insieme. Anche qua noi forse dobbiamo accogliere che non siamo più la maggioranza, anche se battezziamo ancora


Foto da Il Cittadino

il 90% dei bambini, che è una cosa buona, però qualche domanda dobbiamo farcela. È anche vero che se tu hai una proposta convincente i ragazzi vengono; mi ricordo in Francia, in una zona dove la frequenza alla messa domenicale era lo 0,7%, lì una comunità di frati ha inventato qualcosa, uno stile di vita, un modo di relazionarsi per cui io sono andato là una domenica sera al vespro e la chiesa era piena. Se tu hai qualcosa da dire, sono convinto che i giovani non ti vengano dietro, ma si chiedano “Cosa c'è? Perché questi frati hanno questo stile di vita? Perché fanno questo? Perché non fanno quell'altro?”. Se la nostra vita non pone domande, facciamo quello che tutti fanno, non credo che sia una cosa buona. Un esempio vicino a noi può essere quello della Chiesa del Gesù, con la Messa delle 21 molto partecipata dai giovani, con tutto il mondo gesuita genovese. Un altro tema che mi colpisce molto è che il volontariato a Genova è molto forte, il volontariato laico e religioso. Una sera, alla chiesa di Banchi, un ragazzo non credente mi ha detto “Io sono venuto qua perché sento proprio il bisogno di fare qualcosa per gli altri.” Se ci inserissimo in questo bisogno di fare qualcosa per gli altri… non per dire adesso vieni in chiesa, ma per camminare insieme. Chiedere “come stai? Come va la tua vita?” Se non c'è questa relazione

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prima di tutto, diventa una cosa fasulla, l'obiettivo non è si riduce a portarlo in chiesa a fare la prima comunione. lo stesso Joseph Ratzinger nel 1969, ancora teologo bavarese, aveva scritto di una Chiesa Cattolica di minoranza, che sarebbe rinata dalla semplicità. Come facciamo fatica a entrare in questa ottica, poi la dinamica del potere non è ancora passata. C'è ancora l'idea di dire “noi siamo tanti, abbiamo tante strutture, abbiamo tante scuole, abbiamo tante banche, tante cose”. Non so se questo ci faccia bene, confrontandoci con le chiese di minoranza che sono di una vivacità enorme. Però più si è minoranza più si rischia di esaltarsi a vicenda, si è felici e contenti ma all'interno del proprio circoletto. Bisogna infatti parlare di minoranza creativa; una minoranza può essere un ghetto, invece deve essere creativa. Quanto questa minoranza ha fantasia? Sono vivi perché sono liberi, perché non devono mettere a posto e sistemare una marea di cose accessorie. Viene istintivo allora pensare a una presenza maggiore dei laici all'interno della Chiesa… Ma sì certo, quello che io dico sempre ai preti è che il problema non è che siamo pochi, il mio ordine aveva una parrocchia nel centro America


Fonte Roberto Bordi

di 130.000 persone e 26 chiese, portate avanti con soli tre frati. Il problema non è che siamo pochi, perché anche là facevano battesimi, comunioni, cresime, matrimoni, funerali, il punto non è questo: è mettere al centro la evangelizzazione, per la quale non possiamo contare solo sui preti ma sull’intera comunità cristiana. Ad esempio, se in una parrocchia non ci sono le forze per fare pastorale giovanile, dobbiamo rinunciare? Sarebbe meglio a livello di Vicariato fare un gruppetto di persone? Il nostro compito è di evangelizzare, noi siamo chiesa per questo, sennò non abbiamo niente da dire. Anche sulle varie realtà ecclesiali, ognuno fa il suo cammino, lo fa bene, ma quanto c'è sinergia tra di noi?

Nella mia esperienza l'ordine secolare francescano ha un assistente spirituale, in giro per il mondo ci siamo accorti, come superiori generali, che non si potevano trovare frati e si è aperto alle suore e ai laici preparati senza nessun problema. Anche lì, ci si fossilizza sul ruolo del presbitero, che è fondamentale e importante, ma io ho visto in giro per il mondo quante brave suore o religiosi hanno fatto gli assistenti molto bene. Io credo che davvero anche qui il discorso sia veramente ad aprire ai ministeri e ai carismi: se una persona ha la capacità di animare un gruppo allora bene, lo faccia. Secondo me il punto cruciale è quello di valorizzare i ministeri che ogni battezzato ha: sacerdotale, regale e profetico, altrimenti i conti non torneranno mai.

Come scout siamo quasi sempre legati a una o più parrocchie, però il vertice non è il parroco che è un Capo, l’assistente ecclesiastico. Non è sempre facile collaborare con i sacerdoti, ma quando sono presenti e i capi li sanno accogliere, i presbiteri danno ovviamente una svolta alla qualità della proposta di fede (e non solo). C’è una certa preoccupazione nell’Agesci perché iniziano a esserci tanti gruppi senza un assistente ecclesiastico e si cercano esperienze complementari.

Il fatto che l’AE sia presente è un arricchimento, anche quando i sacerdoti si pongono duramente come pietra di inciampo o i capi non sono particolarmente accoglienti. Come mantenere una spiritualità viva e ricca in un'Associazione cattolica come la nostra? Quanto chiediamo ai ragazzi a farsi le domande di fondo della vita? “Per chi mi alzo la mattina? Nelle risposte alle domande profonde della vita (il dolore, la morte), là secondo me si incontra veramente Dio, nella misura in cui si innesta in

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queste domande. Secondo me se la società fa presto a dire “togliamo Dio” ma le domande di fondo hanno delle risposte religiose, c’è anche Dio, non dico che c'è solo Dio. E allora come la mettiamo? Io credo che sia davvero importante tener viva questa dinamica delle domande di fondo della vita, perché altrimenti c'è il rischio che ci perdiamo in tante cose anche belle, ma con i ragazzi tu vedi che anche se pare che non gliene freghi niente alla fine cercano disperatamente di parlare, ci sono segni che i ragazzi cercano, sta noi inserirsi nella loro ricerca e non il contrario. Cosa vuol dire seguire Gesù oggi? Io non partirei da “io che seguo Gesù”, ma da Gesù che ti chiama, è lui che fa il primo passo. Questa è la vita cristiana, non sei tu che cerchi Gesù è lui che ti cerca, basta prendere la Bibbia. Se uno parte da “sono io”, credo che non funzionerà, non può funzionare, funziona nella misura in cui io riconosco che Dio mi sta cercando. O io mi metto in sintonia con questa ricerca di Dio, e allora il discorso di seguire Gesù nel 2021 vuol dire proprio questo: cogliere in me che c'è qualcuno che mi sta cercando. Pare impossibile, perché noi siamo sempre occupati, al limite preoccupati di trovare Dio; ma cerchiamo di intravedere Dio che ti cerca, e allora anche qui occorre che affiniamo le orecchie, gli occhi e il cuore. Dio mi sta cercando, sennò sono sempre io al centro e Dio ogni tanto arriva perché mi serve, mi dà una mano, mi aiuta, buonissimo anche questo non c'è dubbio. Per cui la prima cosa è davvero questa e bisogna creare occasioni per ascoltare Dio, io penso, ma voi già lo fate, ad esempio con le esperienze di silenzio e di Deserto. Mons. Anselmi diceva di recente ai consacrati proprio questo, di fare Silenzio (che è faticoso) e anche saper morire in noi stessi. Infatti, il secondo elemento per seguire oggi Gesù è mettere al centro l'altra persona, non più io. Pensiamo Gesù Cristo dalla croce cosa ha detto a San Giovanni “io sono qui perché tu sei più importante di me, perché io muoio per te” è 35

un messaggio apparentemente folle. Allora ecco questa dinamica anche nel seguire Gesù del “tu sei più importante di me”, questo è un messaggio sconvolgente. Quindi per me il primo punto è non partire da me stesso, con “io cerco”, ma cosa vuoi cercare! Guarda, apri gli occhi a un Dio che ti cerca, e qui ci sarebbero mille brani del Vangelo (il figliol prodigo, …), ma è Dio che ti cerca, lasciati cercare, lasciati trovare invece di essere tutti noi preoccupati a fare lasciamoci trovare, semplicemente. Poi, secondo, nel seguire Gesù: tu sei più importante di me. Penso che oggi sarebbe un discorso veramente “bomba”, che metterebbe un po' in crisi tanti nostri aspetti. Infine, un augurio, un consiglio ad Agesci? L'ho detto anche ai Responsabili Regionali, da voi esistono queste esperienze che i ragazzi vanno a fare all’esterno del gruppo. Perché non dare un po’ del loro tempo nelle nostre comunità cristiane? Lo fanno già probabilmente, ma io penso a questa proposta di fede oggi. Magari ragazzi sono già in crisi loro, ma allora è un’occasione ulteriore per riflettere. Io mi aspetto davvero questo: che insieme cerchiamo di annunciare oggi il Vangelo, perché altrimenti non so veramente a cosa serviamo. Per questo insieme, insieme, come possiamo oggi annunciare il Vangelo? Questa è la domanda che sta facendo a tutti i gruppi, a tutte le realtà. Io credo che sia una grande Grazia quella di poter insieme le nostre differenze per annunciare il Vangelo, ma dobbiamo provarci. Sennò, se non stiamo insieme, per conto mio non funziona. Quindi insieme! Questa è la parola chiave che io vi affiderei.


Capo informato mezzo salvato

A cura di Lorenzo Calvi

Keywords: capi, formazione

Ciao a tutti! Eccoci ad un altro capitolo di questa rubrica sulla responsabilità giuridica di noi capi scout. Oggi ci occuperemo della responsabilità in caso di attività svolte con l’uso di fuochi.

Fuoco e responsabilità giuridica Capitolo 3

vi fosse un’ordinanza regionale che vietasse di accendere fuochi a causa dell’ondata di siccità e di caldo che si fosse abbattuta sulla Regione. Peraltro, questa particolare situazione non esaurisce la posizione di garanzia di chi fa uso dei fuochi. Infatti, va posta comunque una particolare attenzione al loro uso anche in condizioni climatiche che non hanno portato l’ente territoriale a emanare una ordinanza restrittiva dell’uso dei fuochi. Questo significa che anche nelle condizioni ordinarie il capo risulta essere responsabile per l’attività pericolosa svolta. Certamente, la sua posizione di garanzia sarà parametrata alla condizione climatica ordinaria con la quale si confronta il suo agire.

Confrontandoci con una materia un po’ più specifica, cercheremo di trattarla tenendo conto di quanto già esposto nelle precedenti rubriche. Cercheremo di capire insieme quali sarebbero le conseguenze di un uso sconsiderato del fuoco durante le nostre attività. Riprendendo quanto detto nelle precedenti rubriche, il possibile addebito della responsabilità e delle sue conseguenze sarebbe previsto quando il capo responsabile non abbia realizzato le attività con attenzione e cura, riducendo al minimo il rischio, da una parte, per le conseguenze del suo agire, anche verso i minori che gli sono stati affidati, e, dall’altra, per gli eventuali danni che questi possono causare.

Senza soffermarsi in modo eccessivo sull’eventualità che il nostro agire abbia causato un incendio -fattispecie molto grave che, per ragione di spazio, non possiamo trattare qua-, ci concentreremo sui danni da bruciature che possono generarsi.

Pertanto, nel caso di danni a strutture o altre cose causati dall’uso pericoloso dei fuochi, il primo aspetto da rilevarsi sarebbe l’uso consentito o meno del fuoco medesimo. Facendo un esempio, se in via ordinaria l’uso di fuochi liberi nel bosco è ammesso, non lo sarebbe se

Come dicevamo nelle precedenti rubriche, noi capi siamo responsabili civilmente e penalmente nei confronti dei ragazzi che il Signore ci ha affidato. Pertanto, analizziamo le conseguenze di una lesione prodottasi a danno

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di uno di loro, a causa di un cattivo uso del fuoco. Penalmente, la responsabilità è personale. Quindi, saremmo chiamati a rispondere della lesione solo se noi stessi avessimo causato direttamente la bruciatura oppure se avessimo agevolato la produzione del danno. Nella ovvia ipotesi che nessuno di noi agirebbe con dolo al fine di fare del male agli educandi, potrebbero esserci addebitate le lesioni colposamente sofferte dal ragazzo. Invero, a meno di situazioni particolarmente gravi, non vi sono cause penali per queste fattispecie, soprattutto nelle fattispecie più lievi. Viceversa, se la nostra condotta, benchè colposa, fosse talmente grave da ingenerare un forte nocumento nell’educando. Infatti, in tale caso, l’offensività del nostro comportamento meriterebbe una sanzione penale. Comunque, si ricordi che la responsabilità penale va accertata nel caso concreto e che la dimostrazione di aver realizzato tutte le sicurezze e le prudenze necessarie può dimostrare che il fatto illecito non possa esserci addebitato.

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Si pensi al caso in cui è lo stesso educando che si fa male da solo perché si mette letteralmente a giocare con il fuoco. In questo caso, difficilmente potrebbe esserci addebitata una negligenza tale da comminare una sanzione. Civilmente, come sempre ci soccorre l’assicurazione. Infatti, i danni occorsi al ragazzo devono essere risarciti. Si pensi al costo dei medicinali (pomate anti-bruciature, garze e così via) o alla eventuale terapia nei casi più gravi. Questo vale sia quando il responsabile del danno è il capo, sia quando sia il medesimo educando assicurato. In tal senso, giova ricordare l’importanza dell’assicurazione civile, soprattutto per quelle persone che ne sono sprovviste ma vengono ad aiutarci nelle attività, come i cambusieri del campo. Infatti, nel momento in cui realizziamo attività che possono avere risvolti pericolosi, maggiori dovranno essere le tutele apprestate e la diligenza richiesta al fine di non vederci addebitare alcuna responsabilità.


Capo informato mezzo salvato

A cura di Pattuglia PC

Il fuoco in attività scout Capitolo 3 Per le attività scout il fuoco è senza alcun dubbio un elemento chiave, tanto che riveste un ruolo di primaria importanza sia come simbolo (fiaccole, candele, lanterne...) sia da un punto di vista più pratico: cucinare, scaldarsi e illuminare.

Keywords: regioni, settori, pc

costruzioni e puliti, senza quindi rami o sterpaglie. In caso di necessità si può accendere un fuoco anche in zone con vegetazione ma con l'accortezza di pulire il terreno fino ad avere la terra a vista per un diametro di 3m, per i fuochi di bivacco, e un diametro di 1,5m per i fuochi nei bidoni.

Ma cos'è il fuoco? Il fuoco è la manifestazione di una reazione chimica. Questa reazione avviene in presenza di tre fattori: il combustibile, il comburente e una fonte di calore adeguata. Proprio per l'esistenza di questi tre elementi necessari allo sviluppo e mantenimento della combustione spesso si parla di "triangolo del fuoco".

Fatto ciò bisogna circondare il perimetro della zona fuoco con un buon numero di sassi, in modo tale da riuscire a contenere braci e ceneri.

Dove posso accendere un fuoco?

Se per cucinare si adotta la soluzione del fuoco sopraelevato, cioè ad esempio rialzando i bidoni usufruendo di pali in legno non si potrà trascurare l'avvicinamento del calore o delle fiamme stesse al telo di copertura dell'area cucina e che le braci saranno più soggette all’effetto del vento, che potrà riattivarle (da qui il detto soffiare sul fuoco). Rialzando con pali di legno i bidoni, essi saranno soggetti a essere via via consumati dal calore se non protetti o sufficientemente distanziati: tale usura va monitorata nell’arco di un campo, poiché l’esperienza di molti scout ci ha insegnato che purtroppo è il primo fattore, al pari delle legature mal eseguite, di crollo di cucina la quale ha spesso fatto riportare ustioni a qualche malcapitato fuochista. Per questo può essere consigliabile fare il fuoco a terra o progettare accuratamente coi ragazzi su come disporre al meglio i bidoni, i teli e nel complesso tutta l'area fuoco.

Nei luoghi in cui è consentito, per accendere un fuoco è opportuno trovare spazi aperti (senza alberi o erba alta) sufficientemente distanti da

Per nessuna ragione vanno usati prodotti diversi dalla legna da ardere per accendere o alimentare fuochi (una lista di esempi non esaustiva

La rappresentazione del triangolo serve a rendere chiaramente l’idea che se viene a mancare uno dei tre elementi che costituiscono il triangolo stesso la reazione di combustione non può avvenire. Senza uno dei tre vertici il triangolo non è tale, così come senza almeno uno dei tre fattori il fuoco non si accende, propaga e mantiene.

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tratta da fatti tragici realmente accaduti riporta l’uso di deodoranti, spazzatura, liquidi infiammabili, …) Avendo cura di mantenere l'area fuoco ben pulita, dobbiamo comunque sottolineare che i fuochi, grandi o piccoli che siano, devono essere tenuti a debita distanza da alberi e piante soprattutto se queste sono conifere o betulle, che risultano essere particolarmente infiammabili. Esistono varie tipologie di fuoco e i manuali scout ne descrivono diversi: essi vanno scelti in base allo scopo per cui vogliamo accenderlo (scaldarci, fare luce, cuocere lentamente, etc.). Come possiamo estinguere un fuoco? In teoria il principio della soppressione di un fuoco o di un incendio è molto semplice: basta eliminare uno qualsiasi dei tre vertici del triangolo del fuoco per far cessare la combustione. Si può quindi agire cercando di eliminare o ridurre il combustibile, asportandolo mediante varie tecniche e strumenti manuali e meccanici; si può eliminare il comburente, ovvero l’ossigeno, escludendo ogni contatto di questo con il combustibile incendiato facendo uso di sostanze solide (come ad esempio terra, sabbia o la polvere contenuta nell’estintore) o, nel caso della padella con l’olio che ha preso fuoco, usufruendo di un banale coperchio di dimensione adeguata. Si può infine agire in modo da evitare che il fuoco si inneschi, evitando di accatastare legna vicino alle fiamme. Quindi come preveniamo il rischio relativo all’accensione di un fuoco? Ad ogni campo devono essere sempre presenti alcuni di questi presidi antincendio in prossimità dei punti fuoco e persone in grado di usarli in sicurezza: estintori carichi e funzionanti (revisionati), secchi di sabbia o terra, scorte di acqua o teli ignifughi. Questi dispositivi devono essere collocati in punti strategici del campo, la cui posizione dovrà essere conosciuta da tutti i presenti alle attività e rapidamente accessibili in caso di necessità e mai usati per altri impieghi. 39

È importantissimo tenere sempre sotto controllo i fuochi delle cucine di squadriglia e soprattutto è necessario tenere opportuni presidi antincendio vicino ad ognuna di esse. Ogni sera, prima di andare a dormire, è importante accertarsi che le braci di tutti i fuochi siano effettivamente spente, in particolare modo il fuoco di bivacco in quanto sarà probabilmente quello spento da minor tempo. Nell’accendere un qualunque fuoco è importante valutare tra i diversi aspetti la presenza di vento: non è raro che una folata arrivi a piegare le fiamme, soprattutto se alte, verso terra o faccia volare dei lapilli anche lontano, oltre il cerchio di pietre realizzato: per questa ragione è importante valutare sempre attentamente l’opportunità di accendere un fuoco e soprattutto la capacità di spegnerlo con prontezza, compresi eventuali fuochi secondari. È doveroso poi ricordare quanto possa essere pericoloso andare a dormire in luoghi chiusi con bracieri o stufe non perfettamente spente soprattutto se scarsamente manutenute. Una cattiva combustione può causare la produzione di monossido di carbonio che combinata ad un’aereazione insufficiente dei locali può causare la saturazione degli stessi. Gli effetti del monossido di carbonio sono potenzialmente mortali e particolarmente subdoli soprattutto durante il sonno perché i segnali sono difficilmente identificabili e poco allarmanti. Nel caso di un divieto di accensione fuochi all’aperto, solitamente emanato dalle Regioni o anche dai singoli comuni per le loro aree di competenza, sarà necessario informarsi ed adattare le attività del programma. Infine, ritenere di poter controllare un incendio è una mera illusione: al fine di svolgere attività in sicurezza è la prevenzione la vera e più efficace arma che possiamo mettere in atto assieme ai nostri ragazzi al fine di stabilire assieme i passi opportuni per minimizzare il rischio (incendio o asfissia) e attuarli. Sarà poi lo staff, i VVLL, il ConCa, la squadriglia o i singoli a tradurre in modo giocato e interessante anche questi contenuti dall’alto valore educativo. Non rinunciamo a fare qualcosa, solo: facciamola bene.


Keywords: arte

Arte, Scout e Rock&Roll

A cura di Andrea Borneto

IMPEESA - il fumetto su Baden Powell Lo scouting e la genesi di un movimento “Impeesa” significa “lupo che non dorme mai, ma si aggira nella notte” ed era il nome con il quale gli Zulu chiamavano B.P. durante la campagna militare in Africa.

litare a servizio della corona inglese. In quelle esperienenze ha messo alla prova per la prima volta lo spirito critico dello Scouting, ponendo le prime fondamenta teoriche di quello che diverrà poi il più grande movimento di ragazzi al mondo.

Impeesa è anche il titolo del libro a fumetti curato da Npe, alla sua seconda edizione, che racconta le avventure di Baden Powell nel suo percorso antecedente alla creazione dello scautismo, in una delle pratiche più riconoscibili del fumetto ossia la genesi dell'eroe.

Una storia propedeutica e formativa, molto precisa ad incasellare ogni avvenimento nel giusto rimando storico ma che non disdegna, nelle impressionanti tavole ad acquarello del maestro Milazzo, una vena action da western classico.

Ricostruito in una serie di flashback tra azioni militari e incursioni da agente segreto, il volume è scritto dal giornalista e capo Cngei Paolo Fizzarotti, anche consigliere del nostro Centro Studi Mario Mazza, autore di una ricerca storica/ biografica attenta e selezionata.

Cari capi, ecco uno strumento col quale avvicinarsi alla figura di Baden Powell senza sentirsi avvolti dalla pesantezza didascalica che spesso e volentieri riscontriamo nel rinvangare il passato di Sir Robert: un nuovo modo per raccontare per immagini la genesi di un "eroe" e le sue avventure, scorgendo tra i colori e le vignette l'essenzialità educativa dello scautismo.

Le illustrazioni sono invece a cura di Ivo Milazzo, punta di diamante del fumetto italiano, intervistato per l'occasione sull'ultimo numero di "Tracce Scout" (rivista del Centro Studi Mario Mazza, scaricabile dal loro sito).

"Lo scouting è stato il filo conduttore delle mie due vite: quella da soldato e quella da fondatore dei ragazzi scout. Senza questo probabilmente non ci sarebbe stato nemmeno un Baden Powell..."

È giusto muoversi sul territorio pericoloso e a volte parzialmente rimosso che riguarda il passato "violento" del nostro fondatore, grande educatore e pensatore ma anche abilissimo mi40


Arte, Scout e Rock&Roll Keywords: arte

A cura di Stefano Cavassa

Le cose da fare Mentre tutto sembra fermarsi o rallentare, io (ri)parto “In capo al mondo” con gli Ex Otago

Prima di Marassi, prima di Sanremo, persino prima di essere Cinghiali Incazzati, gli Ex Otago, con il loro terzo album, partivano “In capo al mondo”. Ascoltando le 12 tracce che lo compongono, però, si capisce che il “viaggio” non è verso spiagge esotiche o vette himalayane. Si respira aria di provincia. I boschi dietro alle case di campagna. Persino il parcheggio di un piccolo supermercato. Ogni canzone è un souvenir ricercato. Un aspetto diverso legato ad ogni esperienza appena vissuta. Chi torna carico di storie e pieno di risposte, chi è, invece, confuso e con più domande di prima. Tutti, però, mettono nello zaino qualche proposito.

Nuove esigenze o vecchi sogni nel cassetto emersi nel corso del viaggio. Le Cose da fare rispecchia appieno questo sentimento. Un elenco dei vorrei. Vivido. Freddo. Andare al mare anche se è inverno Partir domani per il mondo Poi lavorare a ferragosto per costruire un nuovo corso Lasciarsi andare con un pianto Fare l'amore tutto un giorno Poi camminare a capodanno in mezzo ai boschi con il freddo Poi cucinare cose buone Tenersi il tempo per pensare 41


Poi fare un sogno molto lungo Tornare a casa molto stanco Gioire di un acquazzone Offrire un vino a un suonatore

Cantare in una stazione Offrire un vino a un mascalzone

È un elenco che urla “non è ancora il momento” o contiene l’impegno di domani? Io il mio l’ho travato. Fare le cose senza orgoglio Piantare un albero d'autunno Poi fare un tuffo molto alto tenendo aperti gli occhi sotto Fare un disegno di un tramonto

Non sono richiesti viaggi di migliaia di km. Un elenco scritto da chi non ha paura di mettere nero su bianco i suoi obiettivi e di impegnarsi. Un elenco per sognatori? Un elenco i cui punti assomigliano tanto ai sacchi di sabbia, posti a bordo strada per fermare i TIR con i freni in avaria. Perché ad un certo punto, lungo il viaggio, anche gli Ex-Otago si saranno resi conto che il vero problema non è la salita ma la discesa e il fatto che, più si va avanti, più fermarsi diventa difficile.

Dare ragione ad un bambino Fare pace con te stesso. Se non ci riesci fa lo stesso

Sono le cose che dovremmo fare. Cose sacre cose da tentare.

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Quali sono i temi principali? Il libro è strutturato in tre parti. La prima è quella dei “principi”: il centro, ovviamente, è l’incontro con Gesù, senza il quale nessuna azione educativa in ambito di Fede possa darsi. È la parte meno tecnica e più esperienziale, a cui senza dubbio tengo maggiormente. La seconda è quella della “cassetta degli attrezzi”: quali sono gli strumenti da adoperare? Ovviamente, in primis abbiamo la Parola di Dio, quindi i Sacramenti e la preghiera. La centralità di quest’ultima è tale che ogni capitolo del libro si chiude con un’invocazione per aiutarci a crescere nella preghiera. Quindi abbiamo altri strumenti quali il gioco, la narrazione, il canto, la comunità (insomma, strumenti che noi scout conosciamo bene). L’ultima parte, quindi, è quella del libretto di istruzioni: abbiamo una serie di attenzioni psicologiche e pedagogiche fondamentali per lavorare al meglio. La conclusione è un invito ad uscire (secondo l’invito di Papa Francesco). Non è per gli educatori in quanto tali, ma in quanto cristiani: andiamo insieme, torniamo a Gerusalemme!

In viaggio verso Emmaus Intervista all’autore Fausto Lammoglia Dove nasce l’ispirazione per questo tuo nuovo libro? In viaggio verso Èmmaus nasce dall’esperienza. In questi anni come educatore, come Capo Scout e come formatore sono stato spesso invitato a parlare di educazione alla Fede. Come possiamo aiutare i nostri ragazzi a camminare insieme a Dio? L’insieme degli appunti, delle domande che ho ricevuto e degli stimoli pervenuti sia dai partecipanti che dalle esperienze sul campo sono stati riorganizzati e trasformati in questo libro.

Quindi c’entriamo anche noi Capi?

A chi è rivolto?

Beh, il principio siete stati proprio voi! La stesura del testo ha considerato il più possibile le domande e i dubbi di chi da Capo ha la missione dell’evangelizzazione. Non è una lettura “leggera”, ma al contempo è utilizzabile a pezzi. Oggi ho questo dubbio e leggo questa parte, ho avuto quest’altra esperienza e quindi voglio approfondire. Insomma, spero vi sia utile!

Ho cercato il più possibile di creare un testo aperto, che fosse fruibile a tutti coloro che si occupano di educazione dei giovani: genitori, catechisti, educatori e Capi Scout. Per questo il libro cerca di avere un linguaggio semplice ma al contempo il più fedele possibile. Inoltre, ho provato ad integrare le fonti principali che ritengo utili a questo percorso: la Scrittura, il Catechismo, le opere dei padri della Chiesa e di altre personalità importanti. Nel testo non c’è solo teoria: provo ad analizzare i passi principali dell’esperienza di Fede attraverso attività, testi e consigli pratici. Infine, tutta la discussione è accompagnata da quello che potrebbe aiutare gli educatori a lavorare su

Fausto Lammoglia è nato a Savona il 10 settembre 1988. È professore di Storia e Filosofia al Liceo G. Bruno di Albenga. È formatore L/C e di CFT, Incaricato regionale alla Branca L/C e, da dicembre, Responsabile di Zona Altavia. 43

Keywords: libri

di loro: prima di tutto, infatti, è necessario continuare a camminare e crescere noi per primi per poter essere testimoni di Fede (tutto, alla fine, si basa su questo).

Spiritualità Scout

A cura di Fausto Lammoglia


Spiritualità Scout

Adattamento a cura di Stefania Dodero da articolo di VaticanNews

Keywords: spiritualità, libri

Papa Francesco: “È tempo di sottoscrivere un Patto Educativo Globale per e con le giovani generazioni” Lo scouting e la genesi di un movimento Più di un anno fa, era il settembre del 2019, con un messaggio, Papa Francesco proponeva un comune patto educativo e lanciava un evento mondiale che avrebbe dovuto tenersi a maggio 2020. Ovviamente l’incontro, a causa della pandemia che ha investito tutto il mondo, è stato rimandato ma di recente il Papa (ottobre 2020) ha rilanciato il progetto di un patto globale per l’educazione come via fondamentale per costruire un mondo più fraterno e solidale, in pace e giustizia.

lescenti causato dai “confinameti”, sia davanti “ai circa dieci milioni di bambini che potrebbero essere costretti a lasciare la scuola a causa della crisi economica generata dal coronavirus, aumentando un divario educativo già allarmante (con oltre 250 milioni di bambini in età scolare esclusi da ogni attività formativa)”. Dal punto di vista scolastico si è, infatti, cercato di reagire alla pandemia con l’accesso alle piattaforme educative e informatiche, che hanno però mostrato una “marcata disparità delle opportunità”.

Nel panorama attuale di una crisi globale dove il Covid ha mostrato e amplificato le emergenze (già riscontrate) e le mancanze come la crisi di intendere la realtà e di relazionarci tra noi, il Papa chiede quindi l’impegno di ciascuno a cambiare mentalità per edificare davvero una società dell’armonia, dove educare è la strada per ogni cambiamento. Educare è l’antidoto all’individualismo e lì risiede la possibilità di dare speranza al presente e al futuro.

Per non mancare all’appuntamento con questo momento storico, bisogna superare le semplificazioni eccessive appiattite sull’utilità, bisogna - sostiene Papa Francesco - che gli spazi educativi non si conformino alla logica della ripetizione, dei risultati standardizzati, ma siano capaci di generare “processi creativi” in cui l’ospitalità, la solidarietà intergenerazionale e il valore della trascendenza fondino una nuova cultura:

Il Papa parla, analizzando i dati, di “catastrofe educativa” sia di fronte al rallentamento dello sviluppo pedagogico di molti bambini e ado-

Siamo anche consapevoli che un cammino di vita ha bisogno di una speranza fondata sulla solidarietà, e che ogni cambiamento richiede 44


un percorso educativo, per costruire nuovi paradigmi capaci di rispondere alle sfide e alle emergenze del mondo contemporaneo, di capire e di trovare le soluzioni alle esigenze di ogni generazione e di far fiorire l'umanità di oggi e di domani.

buoni samaritani” perché le diversità sappiano armonizzarsi per la ricerca del bene comune. In sintesi, si tratta di quella che il Papa chiama “la capacità di fare armonia” tanto importante oggi. “Un mondo diverso è possibile – afferma– e chiede che impariamo a costruirlo, e questo coinvolge tutta la nostra umanità, sia personale che comunitaria”. E ancora il Papa si rivolge agli uomini e alle donne della cultura, della scienza e dello sport, agli artisti, agli operatori dei media, affinché anch'essi sottoscrivano questo patto facendosi promotori dei valori di cura, di pace, di giustizia, di bene, di bellezza, di accoglienza dell'altro e di fratellanza.

È necessario, dunque, un “nuovo modello culturale”. L’educazione, infatti, ha un potere di trasformazione. “Educare - evidenzia il Papa - è sempre un atto di speranza” che rompe i fatalismi, che trasforma la “logica sterile e paralizzante dell'indifferenza” in una diversa, capace “di accogliere la nostra comune appartenenza”. Noi riteniamo che l'educazione è una delle vie più efficaci per umanizzare il mondo e la storia. L'educazione è soprattutto una questione di amore e di responsabilità che si trasmette nel tempo di generazione in generazione. L'educazione, quindi, si propone come il naturale antidoto alla cultura individualistica, che a volte degenera in vero e proprio culto dell'io e nel primato dell'indifferenza. Il nostro futuro non può essere la divisione, l'impoverimento delle facoltà di pensiero e d'immaginazione, di ascolto, di dialogo e di mutua comprensione. Il nostro futuro non può essere questo. Oggi c'è bisogno di una rinnovata stagione di impegno educativo, che coinvolga tutte le componenti della società.

In sintesi, è importante mettere al centro di ogni processo educativo la persona e la sua dignità e capacità di essere in relazione con gli altri. E poi, ricorda Papa Francesco, dobbiamo andare avanti noi: tutti insieme, ognuno come è, ma sempre guardando avanti insieme, verso questa costruzione di una civiltà dell’armonia, dell’unità, dove non ci sia posto per questa cattiva pandemia della cultura dello scarto. Questo discorso, da capi educatori, ci chiama in causa, ecco allora alcune ulteriori risorse per approfondire: https://www.youtube.com/ watch?v=7OzgW77ea60 (video da Vatican News)

“È tempo”, dunque, sottolinea il Papa, “di sottoscrivere un patto educativo globale per e con le giovani generazioni, che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l'umanità intera, nel formare persone mature”.

https://www.educationglobalcompact.org/ (sito dell’evento) “Patto Educativo Globale – Instrumentum laboris” – San Paolo Edizioni

Questo processo chiede a tutti di essere parte attiva. Il coraggio di “generare processi” consiste infatti anche nell’assumere le contrapposizioni che portiamo e di ricreare “il tessuto di relazioni in favore di un'umanità capace di parlare la lingua della fraternità”. Bisogna esprimere, è l'auspicio di Francesco, il proprio essere “altri

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Spiritualità Scout

A cura di Stefania Dodero

Ditelo coi fiori… Anche la natura fa la sua parte nel mondo della simbologia. Sono numerosi i simboli offerti dalla natura, Gesù stesso la sfruttava per spiegare, attraverso parabole, concetti difficili. Scout e natura poi sono un binomio inscindibile e quindi anche in questo ambito troviamo un sacco di significati simbolici che si intrecciano. Pensate a tutto l’ambiente fantastico usato in Branca L/C: gli animali come Akela, Arcanda, Baloo, Scibà e anche Shere-Khan e tutti gli altri… rappresentano, con le loro qualità, difetti o aspetti, precise caratteristiche dell’animo umano, caratteri sociali e qualità morali ben distinte. Ma non ci addentriamo nella Giungla e nel Bosco, questa volta… lascio a voi, intrepidi esploratori ed esploratrici, la gioia di scoprire e approfondire i misteri che questi ambienti affascinanti ancora hanno da svelarvi! Oggi, invece, prenderemo in considerazione quei pochi elementi naturali che tutti hanno sempre sotto il naso. Ebbene sì, fanno parte del distintivo e sono importanti innanzi tutto perché identificano, fin dalle sue origini, lo scautismo maschile e femminile.

L’altra pianta, anche se con il tempo ha subito diverse modifiche, è il giglio. La sua forma stilizzata è presente nei distintivi di tutte le associazioni scout del mondo. Ognuna lo ha adattato alla propria realtà unendola spesso ad altri elementi. Fin dall’antichità è stato utilizzato come elemento decorativo ed ha assunto nel tempo numerosi significati simbolici le cui radici affondano nella mitologia greca e romana. Nell’Antico Testamento il giglio ha ispirato i simboli della bellezza e della fertilità [vedi il Cantico dei Cantici]. Nei Vangeli - prendete i versetti di Matteo: “E per il vestito perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano.” [Mt.6,28] o di Luca “Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano…” [Lc.12,27] - appare con un nuovo significato, quello della fede che permette di abbandonarci all’amore di Dio e alla provvidenza, senza preoccuparci troppo del futuro.

Uno lo abbiamo già incontrato la scorsa volta, parlando dei numeri… vi ricordate? il numero 3… S. Patrizio… la foglia formata da 3 piccoli cuori che si uniscono? È il trifoglio! Antica pianta magica dei Druidi, che ha una forte connotazione simbolica da tempo immemore proprio per la forma della sua foglia una e trina.

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Tutti i simboli biblici confluirono nel simbolismo medievale, dove il giglio diventò, per il suo candore, l’immagine della purezza, simbolo dell’elezione e della scelta di essere amato. Per questo i pittori, a partire dal XIV secolo, rappresentano nella scena dell’Annunciazione l’arcangelo Gabriele che offre a Maria un giglio, a sottolineare la sua purezza, verginità, fecondità e l’abbandono alla volontà divina, oltre all’elezione a divenire Madre di Dio stesso. Come la Madonna anche molti santi (come S. Antonio da Padova, S. Filippo Neri, S. Chiara, S. Caterina…) spesso vengono ritratti con un giglio proprio per significare il loro abbandono alla volontà di Dio. Questo fiore, molto presente anche nell’araldica, ha assunto l’espressione di nobiltà e regalità. Secondo una leggenda fu re Luigi VII di Francia a adottarlo (sebbene inizialmente si trattasse di un iris e non di un giglio) in ricordo di uno scampato pericolo su di una riva fiorita di iris. Tale fiore venne chiamato inizialmente fleur-de-Louis, fiore di Luigi, per trasformarsi poi in fleur-delys, fiore di giglio. Questo fiore nobile venne adottato nell’araldica anche dai fiorentini. A tutti questi significati simbolici B-P ne aggiunse altri, legati ad alcuni aspetti del suo metodo educativo quando lo disegnò come simbolo degli Scout. Innanzi tutto, fa derivare questo simbolo dalla punta di freccia, a forma di giglio, che nelle vecchie carte geografiche o bussole segnava il Nord e per questa ragione indica la giusta via per compiere il proprio dovere e per aiutare gli

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altri e punta verso l’alto, verso mete sempre più impegnative, verso la volontà di migliorarsi e fare del proprio meglio. Le tre punte dei petali (come già visto la scorsa volta) poi ricordano i tre impegni della Promessa. Ultimo elemento naturale presente nel nostro distintivo è la stella. Nella tradizione cristiana viene considerata come la luce nel cielo notturno e quindi è simbolo di quella luce spirituale che illumina e rischiara le tenebre e indica il cammino da seguire (pensiamo alla stella polare, per esempio). Oltre all’interpretazione delle 2 stelle che, con le 10 punte in totale, indicano la totalità dei punti della Legge Scout, nello scautismo, secondo le affermazioni di B-P (nel Manuale dei Lupetti), le due stelle che si trovano sul giglio sono gli “occhi aperti del Lupetto prima che diventi Esploratore e significano che l’Esploratore ricorda le belle cose imparate quando non era che un Lupetto, e che vede ogni cosa: nulla sfugge alla sua osservazione, sul terreno, nell’aria, attorno a lui, lontano e vicino”. Queste considerazioni di B-P si capiscono anche meglio se teniamo a mente che le 2 stelle erano anche il distintivo che indicava il superamento delle tappe del cammino del Lupetto.


A cura di Daniele Boeri

Bacheca Le Gioiose

quali saranno le norme in vigore questa estate, ma l’esperienza dello scorso anno ci ha insegnato che i campi estivi e le route si possono comunque fare! Da parte nostra abbiamo adottato diversi accorgimenti per rendere le Basi più sicure. Prima di tutto abbiamo ridotto la capienza assegnando a ogni gruppo più spazio per evitare condivisioni di strutture, prati o bagni. Abbiamo dotato qualche casa di lavapiatti onde poter lavare le stoviglie ad alta temperatura uccidendo anche i germi che resistono agli scout ☺ e acquistato una macchina igienizzatrice per le pulizie tra un gruppo e l’altro.

Torneranno i giorni chiari dell'estate. Keywords: regione, basi

Quando parlavamo tra le passeggiate Nelle giornate di lavoro al Rostiolo pensavo di aver visto ogni genere di danno! I danni di un'alluvione che quasi si porta via casa Mulino, i danni del ghiaccio che spacca gli alberi e gli impianti idraulici, i danni del vento che sradica e scoperchia, i danni degli animali ghiri e cinghiali, i danni dei vandali e degli scout... Ora posso aggiungere anche ciò che ha causato una pandemia mondiale, nell'estate scorsa, rispettando le norme di distanziamento si sono svolti alcuni campi, meno di un decimo di quelli previsti e con difficoltà logistiche non piccole con gruppi suddivisi in 2 o più strutture, problemi logistici e per le Basi anche economici. Erano previsti lavori urgenti per il sistema di fognature della zona Rostiolo, per la messa in sicurezza di alcuni rivi e fonti in zona CaRossa e l'ampliamento del sistema antincendio nei boschi; lavori questi che sono stati rimandati sia per le mancate entrate dei campi estivi, sia per le difficoltà a recarsi alla base per dei volontari o presso gli uffici competenti per le pratiche dei cantieri. Il danno è stato grande, ma quando tutto questo sarà solo un ricordo, il danno più grande per me sarà stato non vedere le strisce degli slittini sulla neve caduta questo inverno copiosa sulla case, non aver visto i fuochi della sera accesi; la perdita quasi totale di un anno di campi scout con tutto ciò che comporta. Ovviamente non sappiamo

Tutto ciò però funziona solo se unito alla buona disponibilità e ad un salutare spirito di adattamento dei nostri ospiti. Se rimarranno in vigore i limiti di capienza delle stanze per i pernottamenti, perché infine non pensare ad alcune tende da affiancare ai letti in casa magari per i più grandi? La scorsa estate, inoltre, abbiamo testato la Route “in stRada da baSe a base”: una proposta di cammino (e volendo bicicletta), fede e servizio tra Cairo e Vara. Trovate i dettagli nel riquadro. Ora è il momento di ripartire, adesso è il momento di dare uno slancio per ricominciare meglio di come ci siamo fermati, anche sfruttando alcune agevolazioni aperte al settore, vorremmo mettere in cantiere interventi impiantistici come l'impianto di riscaldamento a casa Pino, l'isolamento del tetto, la creazione della struttura eco-compatibile al posto del rudere di campo 5 e ovviamente riprendere i lavori delle fognature. Un lungo periodo di riposo ha portato qualche chilo in più, ha rallentato i lavori, i ritmi di vita, ma ha anche permesso di pensare e progettare, di trovare nuovi stimoli ed ora non vediamo l'ora di ripartire meglio di prima. La nostra speranza è di poter iniziare a fare qualche lavoro di manutenzione già dal campetto Ora et Labora di Pasqua, non sappiamo ancora se ci saranno le condizioni di sicurezza sanitaria, ma stiamo lavorando per essere preparati ad organizzare il campetto di Lavoro e Preghiera per Clan e Noviziati. In primavera riprenderanno i lavori di manutenzione ordinaria delle pattuglie delle basi Rostiolo e San Francesco, rinnovo l'invito a chi avesse tempo da dedicare per dare una mano nei lavori pratici, ma anche nella progettazione e gestione, nel miglioramentio dei siti internet, delle pagine social e nella gestione delle prenotazioni. Come sempre il contatto è rostiolo@liguria.agesci.it 48


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