Scautismo in Liguria - SIL 45

Page 1

Camminare sulle acque.

Camminare sulle acque. Old but Gold perle dal passato

Camminare sulle acque. Tempi duri in Agesci?

ScautismoinLiguria

Camminare sulle acque.

Camminare sulle acque.

Camminare sulle acque.

La riforma Leonardo spiegata bene

Poste Italiane spa - Spedizione in A.P. DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB Genova N° 45/anno X - Giugno 2018

Camminare sulle acque.

Alla scoperta della musica Trap

Camminare sulle acque.

4

9

15

29


Editoriale Pag. 3 Camminare sulle acque.

Old but Gold Pag. 4 Perle dal passato.

Passato prossimo Pag. 7 La 66ma Assemblea regionale

Essere Capi oggi pag. 9 Tempi duri in Agesci?

pag. 11 Le beatitudini del rover e della scolta in servizio

pag. 13 ASSEMBLEA REGIONALE tra protagonismo dei capi e deriva delegatoria

Futuro Semplice Pag. 15 Rifoma Leonardo for dummies

Fare Scautismo Pag. 18 Consiglio Capi e Alta Squadriglia

Zoom Liguria

pag. 22 La via Francigena in bicicletta

Pag. 20 Un intero San Giorgio completamente organizzato dai Con.Ca. in ogni suo aspetto Pag. 24 Interrogandosi sul fascismo

Pag. 26 Scoutball che passione!

pag. 28 Tre scelte per tre golfi

Arte Scout e Rock'n'Roll pag. 29 Linguaggio alieno

pag. 31 Intervista a Mattia Bonetti, vincitore del premio della critica all'Agesci Music Festival

Spiritualità scout pag. 33 Dio non sceglie persone capaci

Pag. 36 Emergenza catechesi ai campi? M'aggrappo al sanrto

Bacheca Le Gioiose pag. 38 Le mie mani, con le tue...

Scautismo in Liguria - La redazione Periodico di proprietà dell’Agesci Liguria Vico Falamonica 1/10 16123 Genova Tel. 010.247.44.04 - Fax 010.247.43.08 Aut. del Tribunale n. 23 del 5 novembre 2004 Direttore Responsabile: Giuseppe Viscardi Direttore: Francesco Bavassano Redazione: Carlo Barbagelata, Stefano Barberis, Aurora Congiu, Daniele Boeri, Andrea Borneto, Stefano Celentano, Giorgio Costa, Stefania Dodero, Doris Fresco, Amelia Moro. Foto di copertina: Alessio Gerundino

Hanno collaborato: Giorgio Masio, Alessandro Denicolai, Michela Mazzoccoli, Giacomo Beretta, Letizia Cazzolla, Lorenzo Vivaldi, Sebastiano Carta, Clan Gemini GE 53 e 58 Impaginazione: www.gooocom.it Stampa: Pixartprinting Spa Finito di impaginare il 30 giugno 2018 La tiratura di questo numero é stata di 1300 copie. Comunicazioni, articoli, foto e altro vanno inviati all'indirizzo stampa@liguria.agesci.it


Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare… La fiducia di Pietro che vacilla: il parallelo è con noi capi, che oggi siamo in un guado. Quell’episodio evangelico (ripreso a pagina 33) poi “finisce bene”, quindi possiamo riconoscere con una certa serenità di fondo quanto segue. Siamo immersi in una riflessione su noi stessi: sulla sostenibilità del servizio, sulle forze fresche che stentano ad arrivare e sulla qualità stessa della proposta scout. Formazione degli IABZ e dei Capi Gruppo, attenzione ai tirocinanti, sostegno alle comunità capi in difficoltà, mancanza di quadri, questi sono i temi sempre più frequenti nelle nostre assemblee. E viene da chiedersi... Ok, ma i ragazzi? La bilancia dell’attenzione sembra oggi spostata sui capi. Lo scautismo come risposta ai bisogni dei bambini e dei ragazzi appare poco centrale in questa fase. Un segnale importante per un’associazione che fa educazione.

editoriale

Camminare sulle acque. La riforma del ruolo delle Zone, per noi liguri coincisa con la loro ridefinizione, porta nuovi processi da scoprire; Matilde ce ne fa una lectio magistralis a pag. 15 L’avvicinamento del cuore dell’associazione ai territori e quindi alle persone potrà quindi essere la chiave di una nuova fase. Parliamo del nostro essere associazione a pag. 9 con Giorgio e Stefano a pag. 13. Penso tuttavia che, nel tempo, saranno ancora una volta i bisogni dei nostri veri “capi”, i ragazzi, a tirarci fuori dal guado secondo strade di gioia e fiducia, p. 11. Essere capi oggi da trittico diventa una rubrica fissa per il tempo necessario. e l’invito a scriverci di buone pratiche nell’essere capi e comunità è rinnovato! Andremo anche a pescare delle perle di pensiero dal passato, come a pagina 4. Numero ricco come sempre, anche di cose concrete come un San Giorgio di Zona affidato pienamente ai Con.Ca. a pag. 18, un’avventurosa route in bici pag. 22, fino alla scoperta del fenomeno giovanile della musica Trap, pag. 29. Buona lettura, Francesco

3


Old but Gold

A cura della Redazione

Perle dal passato Capitolo 1

Abbiamo pensato di ripescare nei prossimi numeri, alcune perle da un passato, anche abbastanza recente, per aiutarci ad orientarci nell’Essere Capi Oggi. Da proporre in Co.Ca. e da gustare con un buon amaro di accompagnamento. Dal Dossier un adulto chiamato capo parte 2, 2008 https://centrostudiricerche.agesci.it/wp-content/uploads/sites/8/2015/09/Unadulto-chiamato-capo-parte-2.pdf Il martirio del Capo Non sono pochi i capi che proprio dal servizio educativo attingono le vere gratificazioni della loro esistenza. Nel lavoro non si realizzano, ma negli scout sì. In famiglia non riescono a comunicare, ma in comunità capi sì. Alle feste nessuno li sta ad ascoltare, ma negli scout sì. Nessuno li ammira, ma i loro ragazzi, loro sì che li ammirano. Non avrebbero nessuno a cui confidarsi, ma in clan, in noviziato, in alta squadriglia e talora perfino in reparto è possibile, anzi è giusto giocarsi, condividere le proprie pene e i propri problemi. I ragazzi(ni) ascoltano. Poi ripetono, ne chiacchierano fra di loro. I fatti del capo sono fatti importanti, modestia a parte. Sempre in sede. Conosce uno per uno tutti i bambini di tutte le unità del gruppo. Sa i fatti privati di tutti i capi di tre o quattro gruppi. Tutti i capi della zona e della regione lo conoscono, perché non manca mai di dire la sua in assemblea. Il capo modello. Sa bene che la società segue valori sbagliati, ed è per questo che il suo posto non è là fuori, ma dentro l’associazione. E per questo che fuori non ha successo. Perché l’unico successo che conta è quello negli scout. Ci sono i capi che mettono al primo posto gli esami, le vacanze con la famiglia, gli impegni di lavoro. Fortuna che c’è lui, colonna del gruppo. Lui può sempre. 4


Comunque è bonario e non lo fa pesare esplicitamente. Ognuno ha il suo posto, e non puoi pretendere dagli altri quello che pretendi da te. D’accordo, di capi così non ce ne sono molti. Ma dentro ognuno di noi se ne annida un pezzettino. Ed è meglio tenerlo d’occhio. Ad esempio: il reparto si trova davanti un torrente gonfio di acque e non sa come attraversarlo. Il capo, forte di vecchie esperienze, ha già adocchiato sulla riva il lungo larice seccato da un fulmine. Basterà dargli una spinta e diventerà un ponte perfetto, compresi i rami spogli per aggrapparsi. Sarà un’avventura che tutti ricorderanno. Il capo ora può ascoltare due voci. La prima gli dice: «Ecco un’occasione perfetta per costruire il tuo mito. Tu avrai una trovata geniale, i ragazzi crederanno in te. E non lo farai per vanità: lo farai perché più ti ammirano, più la tua azione educativa può essere incisiva». La seconda voce gli dice: «Non conti tu, ma loro. Se lasci che ci arrivino da soli, l’avventura sarà dieci volte più entusiasmante. E soprattutto impareranno a non aspettare che qualcun altro li tragga d’impaccio. Impareranno che se si guardano intorno e che, se useranno la testa, possono superare qualunque ostacolo». Un capoclan o un maestro dei novizi durante un capitolo in cui non si riesce a fare chiarezza: poche parole da adulto possono chiarire il problema addirittura consegnarlo bell’e risolto nelle mani dei ragazzi. E i ragazzi diranno: Che capo! che persona eccezionale. E in futuro lo ascolteranno anche di più, avranno ancora più fiducia in lui, si affideranno a lui... invece che a se stessi. Meglio restare in ombra, meglio fingersi meno bravi di quello che si è. Questa spesso è la vera bravura. Fare in modo che i ragazzi sentano di avercela fatta da soli, perché imparino a farcela sempre con le loro forze. Cercare altrove i riconoscimenti di cui abbiamo bisogno. Viva il capo che qualche volta non può. Viva il capo che è anche qualcos’altro. Viva il capo che prima di essere capo un uomo o una donna felice. Edoardo Lombardi Vallauri, Scout Proposta Educativa, 1995, n.23, pp.3-4

La mutata figura del Capo: da Tex Willer a Corto Maltese L’immagine che viene in mente grazie al revival di alcuni fumetti “classici” proposti in questi giorni da un importante quotidiano nazionale rappresenta bene il “come eravamo” ed il come sono oggi (o si percepiscono) i capi educatori. Tex Willer, il ranger del Texas inventato da G. Bonelli e A. Galeppini, vive nel West, è un “super eroe”, un primo attore. Affronta tutte le situazioni con la grinta del “dover essere” mista ad un buon senso di humour. E il capo-demiurgo, il capoforgiatore, che guida, interviene, cambia con forza la realtà, impone la propria personalità, a fin di bene, e fa quindi prevalere la giustizia e il bene senza lasciar spazio ad errori. E un po’ il “come eravamo”, o meglio il come veniamo letti oggi, noi capi di ieri, oggi genitori, nonni; una generazione che ha 5


cercato di educare con l’esempio, con la proposta forte e gli indirizzi chiari, anche se, qualche volta, accettati più perché “si deve” che perché del tutto autenticamente condivisi. Corto Maltese, il marinaio uscito dalla penna di H. Pratt e ambientato agli inizi del ‘900, invece, non riempie la scena, crea situazioni, suggestioni, lascia molto spazio agli altri personaggi, e finisce per imporsi per la sua competenza - di marinaio, reale conoscitore del mare, o meglio dei mari, e delle sue regole- e per il suo cuore, la sua capacità di capire le persone, far emergere i loro lati più veri (spesso anche i migliori) caratterizzando sempre i suoi rapporti con gli altri con un proprio forte coinvolgimento affettivo. Fuor di metafora si può dire che, a fronte dei mutati scenari di questi anni, la figura del capo è andata perdendo alcune asprezze da Tex Willer e arricchendosi di tonalità da Corto Maltese, cioè più da fratello maggiore, peraltro già pienamente presenti negli scritti di B.-P. e oggi ancora più urgenti e coerenti con lo stile delle nuove generazioni. Il capo “sicomoro” La seconda metafora è un po’ una sfida, e guarda avanti, al cammino da fare, come educatori, per essere al passo con i tempi senza cadere nell’appiattimento che talvolta i tempi sembrano suggerire per evitare i conflitti, per non voler fare proposte forti, e perciò per non esporsi troppo. E la metafora del capo-sicomoro, albero sul quale si arrampica Zaccheo, nel Vangelo di Luca, per guardare più lontano, per vedere Gesù. Il capo-sicomoro sceglie di fare da piedistallo, più che da guida, e di far salire sulle sue spalle (o rami) il ragazzo, perché veda lontano. Deve innanzitutto essere ben saldo sui piedi (o sulle proprie radici), cioè sui propri valori, da vivere autenticamente, tenendosi ben diritto, e da testimoniare senza timidezza. Deve saper attirare il ragazzo a salirgli in spalla, facendogli intravedere gli orizzonti che potrà guardare, i sogni che potrà realizzare, e per questo deve essere innamorato di fare l’albero, con la semplicità del metodo scout. E poi deve sapere dove suggerire di guardare, verso quali orizzonti, discernendo quelli buoni da quelli cattivi, quelli eterni da quelli caduchi, aiutando a distinguerli, e suggerire verso quali orizzonti indirizzare i propri passi. E per far questo deve instaurare con il ragazzo un forte rapporto affettivo, deve volergli bene, e deve saper parlare singolarmente con ogni ragazzo, anche se ve ne sono tanti contemporaneamente sul sicomoro, perché ciascuno ha la “sua” strada da percorrere, i “suoi” talenti da valorizzare. E ancora, deve rendersi consapevole di non essere l’unico sicomoro sul quale si arrampica il ragazzo, perché ve ne sono altri: la famiglia, la scuola, la parrocchia, con i quali occorre interagire. Ed infine deve avere il distacco, la serenità, la non-gelosia di chi, avendo cercato di fare bene l’educatore, verrà lasciato solo, quando il ragazzo scenderà dall’albero. In realtà deve fare ancora di più: deve stimolare il ragazzo a scendere frequentemente dall’albero, a muovere da solo i primi passi, dapprima in un perimetro vicino, a tiro di voce, di consigli, di correzioni, e poi sempre più lontano, con alcuni momenti di confronto e di accoglienza, orgoglioso del cammino fatto dai ragazzi, apparentemente “da soli”. Quest’ultima, che nel linguaggio pedagogico si chiama “la morte dell’educatore”, è la partecipazione del capo alla “partenza” del ragazzo, alle numerose “partenze” che scandiscono i momenti di passaggio e crescita nella vita, e per un genitore la gioia, e la difficoltà, di veder diventare adulti i propri figli. Alessandro Alacevich, R/S Servire, 2003, n.1, pp. 6 6


Passato Prossimo

A cura del comitato regionale

La 66ma Assemblea regionale Un resoconto con provocazione

Nel weekend del 14/15 aprile si sono svolti il Consiglio regionale e l’Assemblea regionale nella sua forma per delegati. Infatti da qualche anno l’assemblea ha deciso, approvando un nuovo regolamento, di “sdoppiarsi” e di trasformare quello che chiamavamo “Consiglio regionale allargato ai Capi Gruppo” in un vero e proprio momento assembleare (quindi con possibilità di votare e prendere alcune decisioni). Ad aprile, coi Capi Gruppo, abbiamo anzitutto realizzato un momento di formazione al ruolo attraverso un approfondimento sui come ed i perché della cosiddetta “riforma Leonardo” (l’insieme di modifi7

che sulle strutture associative che hanno toccato il ruolo della zona, i progetti dei vari livelli, il ruolo dei consiglieri generali, eccetera). Abbiamo poi condiviso la verifica del Progetto regionale fatta nelle CoCa prima dell’assemblea e vissuto un momento di confronto sui temi del Consiglio generale che stava per arrivare. Il momento del pranzo è stato l’occasione per conoscere i responsabili delle comunità MASCI liguri, presenti nello stesso luogo per il loro Consiglio regionale. Per quanto riguarda le decisioni prese, abbiamo approvato il bilancio regionale e votato alcune richieste arrivate come


mozioni (stipula di nuove convenzioni con enti/aziende e riflessione sul sistema delle due assemblee che, come già previsto, si avvia verso la necessaria verifica).

E come sentirci, come Capi gruppo, chiamati maggiormente ad essere presenti nei momenti di rappresentanza per garantire che i nostri Gruppi possano contribuire alle scelte?

Dopo il necessario resoconto concludiamo però con una riflessione, data da un dato di fatto: questa assemblea è partita con un quorum risicatissimo (poco più di 2/3 dei gruppi erano presenti) che è venuto a mancare nel corso della giornata.

Consapevoli che il tema “partecipazione” è caldo, e non solo in Agesci ma in tutta la nostra società, vorremmo far ripartire un percorso di riflessione. Cerchiamo capi di varia esperienza (non solo quadri, non solo “veterani”, non solo già competenti sul tema…) per costruire un cammino che porti a ragionare insieme e magari sperimentare qualche bella idea.

Certamente è necessario chiedersi perché, cioè chiedersi come garantire che la nostra associazione resti tale e non diventi una federazione di gruppi (o zone) che fanno ognuno per sé.

Contattateci respregm@liguria.agesci.it, respregf@liguria.agesci.it

Come “migliorare” i momenti di democrazia? In che modo migliorare l’attuale struttura dei processi che portano alle decisioni?

articolo tratto da “Il Cittadino” giornale dell’Arcidiocesi di Genova Qualunque sia la vostra vocazione, vi esorto: siate coraggiosi, siate generosi e, soprattutto, siate gioiosi!

Il giorno prima era stato invece il Consiglio regionale a riunirsi, per iniziare a delineare le azioni prioritarie regionali che si affiancheranno ai progetti delle Zone. Agesci ha di recente infatti dato più peso all’azione ed al pensiero locale con una rinnovata centralità delle diverse zone, che in Liguria sono sei.

Questa la frase di Papa Francesco che è stata scelta per guidare l’Assemblea Regionale di Agesci Liguria, tenutasi domenica 15 aprile presso il Circolo Pianacci a Prà.

Don Piero Spinetta, in vece dell’assistente regionale don Giorgio Rusca, ha celebrato la S.Messa ricordando l’importanza di saper narrare la fede in maniera personale dopo aver fatto esperienza viva di Gesù. Questo e altri momenti della giornata sono stati condivisi con il Consiglio regionale del Masci, riunito nello stesso luogo, per proseguire il cammino di comunione e reciproca collaborazione tra le due associazioni scout.

I delegati della maggior parte dei 62 gruppi Agesci liguri, con i rappresentanti regionali e zonali, in totale un centinaio di persone, si sono riuniti per un confronto sui temi del prossimo Consiglio Generale nazionale, l’approvazione del bilancio e la verifica del progetto regionale 20152018 che ha permesso di evidenziare i temi su cui continuare a lavorare, come pietre miliari nel prosieguo del cammino di Agesci Liguria. 8


Tempi duri in AGESCI?

gli snodi da cui partire per essere associazione, si sono rivelati quelli dove si fa più fatica a stare insieme Ma come? La cura aumenta il dolore? “Dottore chiami un dottore!” (cit. Maccio Capatonda) Nella nostra Regione inoltre, questa riforma è arrivata praticamente in concomitanza con la riforma delle zone, vissuta in molte comunità con fatica, malumori e, in alcuni casi, con sincera contrarietà. Questo cocktail di riforme ha portato, in molti casi, ad un ulteriore distacco dal senso di “zona”; in molte situazioni infatti questo senso comunitario è tutt’ora da creare ed è, a mio avviso, l’unica base possibile per potervi poi appoggiare sopra tutto il lavoro che da questo ambito associativo ci si aspetta. Il dato dei ruoli tutt’oggi vacanti in molte zone è piuttosto significativo in tal senso. Insomma, quelli che la riforma Leonardo individua come gli ambiti e gli snodi da cui partire per essere associazione, si sono rivelati gli ambiti dove si fa più fatica a stare insieme. Penso che questo scollamento fra la proposta e la risposta dei gruppi e delle zone vada affrontato con franchezza, serenità e gradualità. La gradualità in questo momento potrebbe essere la virtù più utile a tutti, le riforme hanno giustamente uno sguardo sul futuro ma noi in questo futuro non possiamo essere magicamente teletrasportati al momento in cui tutto funziona perfettamente, in cui tutti sanno cosa devono fare, in cui non ci dovremo più dire per il decimo anno consecutivo che dobbiamo formare gli IABZ al ruolo (poveri IABZ primi martiri dell’AGESCI) ecc.ecc. Allora mi permetto di dire che in una situazione del genere

Tempi duri in AGESCI? Verrebbe da dire di sì. La stanchezza che serpeggia nell’aria delle nostre comunità e delle nostre assemblee è evidente e gli aggettivi per descriverla si moltiplicano con il passare del tempo. L’assemblea regionale per delegati di aprile è stata, a mio avviso, un bel quadro della “passione associativa”. E non nel senso volenteroso ma in quello quaresimale del termine. Non voglio fare un’analisi dell’assemblea, della mancanza del quorum nel pomeriggio ecc.ecc. vorrei partire da qui però per cercare di aprire lo sguardo su un orizzonte un po’ più ampio. Ai miei occhi quello che sta avvenendo in associazione in questi ultimi tempi è uno scollamento tra quella che è la proposta dell’associazione in termini di elaborazione progettuale e corresponsabilità nelle scelte, e quella che è nel concreto la realtà dei gruppi e delle zone. È come se la riforma Leonardo, sicuramente azzeccata in termini di visione delle priorità e degli ambiti in cui vanno incentrate tali priorità, avesse affondato il dito nella piaga, scoperchiando una pentola piena di...fatica. 9

Essere Capi oggi

A cura di Giorgio Masio


Forse ritrovando in questi ambiti partecipativi il ruolo della comunità capi nell’associazione, allora le deleghe di questi organi zonali in un futuro potrebbero anche essere un po’ più legittimate, forse…ecco, sto facendo il solito errore: pretendere di andare più veloce del tempo necessario. Quando nel mio lavoro penso alla ricetta di una birra nuova e faccio i conti provo ad immaginare tutto: il colore, il gusto, il profumo, il rapporto tra dolce e amaro... La fase della fermentazione è tumultuosa, è la fase in cui è davvero difficile capire se tutto andrà a finire come avevi immaginato e sono i momenti in cui il pessimismo sulla buona riuscita della produzione fa capolino nella mia testa. Poi passano le settimane, il lievito si deposita, la birra si pulisce, i gusti si mettono insieme e finalmente arriva il giorni in cui l’assaggi e dici: ok è pronta. Quanto ci mette? Non c’è un tempo giusto a priori, come scriveva suor Germana nelle sue mitiche ricette, la dose corretta è solo una: Q.B. Quanto basta. Penso che questo Q.B. valga anche per il nostro di tempo.

il tempo che spendiamo in associazione debba essere ben dosato negli ambiti che riteniamo più importanti e prioritari e forse che la qualità della partecipazione e della corresponsabilità associativa non è tanto una questione di temi che affrontiamo, di dinamiche assembleari, quorum, di deleghe ecc.ecc. ma di che senso comunitario abbiamo nell’affrontarli. Al momento penso che questo sia la necessaria fondamenta su cui poi appoggiare tutta la partecipazione e la corresponsabilità che ci viene chiesta. Se questo riconoscimento comunitario da parte delle comunità capi verso la zona viene meno, ci ritroviamo soli con il nostro fazzolettone di gruppo al collo ad affrontare rancorosi l’associazione in ogni suo ambito partecipativo. Ci riduciamo, rappresentanti di noi stessi, più ad una testimonianza che ad una partecipazione. Ad assemblea ci siamo detti che il principale ruolo formativo che dovrà avere la Regione nei prossimi anni sarà quello di formare le zone ad essere... zone. Il mio auspicio è che questa formazione passi non da eventi distaccati, ma dalla vita concreta delle zone e delle Comunità Capi. Forse, in un futuro, con una zona che funziona, con un consiglio di zona che funziona, con un comitato di zona che funziona...forse con tutto questo potrebbe funzionare maggiormente la democrazia associativa e la partecipazione.

Coraggio! Giorgio

10


Essere Capi oggi A cura di Alessandro e Michela, Incaricati Regionali R/S

Le beatitudini del rover e della scolta in servizio E una provocazione sull’essere capi oggi.

11


A Febbraio, insieme ai formatori, ai capi campo delle ROSS e agli Incaricati alla Branca di Zona, la pattuglia regionale R/S si è interrogata su come proponiamo il servizio ai nostri ragazzi.

Sicuramente l'educazione al servizio passa dalle esperienze che proponiamo. Tuttavia, in maniera meno diretta, i nostri ragazzi sono permeati dalla nostra testimonianza.

Molte sono state le riflessioni, gli spunti e le provocazioni che sono emersi in quella serata (le trovate sul sito regionale, nella pagine della Branca R/S).

Quale immagine siamo del servizio? Ecco allora le nostre Beatitudini del Rover e della Scolta in servizio

Proviamo a lanciare ancora una suggestione sull'essere capi oggi: spesso ci troviamo a parlare delle fatiche, dello stress, dei troppi impegni, dell' impossibilità di "avere una vita oltre lo scautismo".

Beato il Rover che gioca con i suoi capi, scoprirà che il servizio è gioia prima che sacrificio. Beata la Scolta che vede lo staff in cui fa servizio lavorare e ridere, avrà la speranza che gli adulti possono costruire qualcosa insieme.

Il timore è che nei nostri pensieri, il verbo “preservare” sia divenuto più importante del verbo “donare”.

Beato il Rover che vede il suo capo clan insieme alla sua famiglia, potrà immaginare che c'è sempre tempo per fare ancora un po' di strada.

Eppure nel Vangelo, Gesù apprezza il vaso di profumo sprecato, molto più di un approccio parsimonioso ed efficiente :

Beata la Scolta che vede il sorriso nella sua capo fuoco che arriva a riunione dopo una giornata di lavoro, potrà pensare che si può far servizio anche da grandi.

“Mancavano intanto due giorni alla Pasqua e agli Azzimi […]. Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo. Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: Perché tutto questo spreco di olio profumato? Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecento denari e darli ai poveri!". Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: "Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un'opera buona; i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre.” (Marco 14, 1-9).

Beato il Rover in uscita col suo maestro dei novizi la settimana prima della tesi di laurea, capirà che organizzando bene il proprio tempo, si possono fare tante cose. Beata la Scolta che non sente i suoi capi lamentarsi di non avere tempo, imparerà il senso della gratuità. Beati i Rover e le Scolte che conoscono la fatica dei loro capi, ma li sentono dire "ne vale ancora la pena", comprenderanno che il modo per essere felici non è essere riposati e senza problemi, ma spendersi e donarsi per la felicità degli altri.

12


Assemblea Regionale: tra protagonismo dei capi e deriva delegatoria Quando ero un lupetto a volte la domenica mattina non avevo proprio voglia di partire alle 8,15 a Brignole per andare in caccia, soprattutto in quelle giornate di freddo intenso e pioggia lì appesa. Quando però nel recarmi al binario Akela intonava “Partiamo col branco in caccia”, non so perché, ma subito mi ringalluzzivo! Ecco cosa ci vorrebbe alla mia Comunità Capi la mattina di assemblea: una bella canzoncina da cantare in auto o in bus mentre ci muoviamo verso il luogo dell’incontro! Sarò onesto: io sono uno di quei capi sfigati a cui alla fine piace andare a fare assemblea! Già dal primo anno di tirocinio! Mi piace l’atmosfera “parlamentare” dell’assemblea, fare casino col vicino di seggiola, discutere su questo o quell’argomento uscito fuori, votare con le palette e fare le mozioni, ma soprattutto mi piace incontrarsi con gli amici sparsi per la regione incontrati a quel campetto di competenza o a quella bottega e dirsi: “Belin, ma sei ancora qui? Cosa fai quest’anno?” e magari subito dopo progettare insieme un’uscita insieme, una bottega o anche solo un aperitivo la settimana dopo. Dall’altra parte so anche che è un po’una “Gran Menata”: stare 8-10 ore in un salone seduti diciamo che è molto lontano dalla mia idea di scautismo in cui lo scautismo entra dai piedi e non dalle natiche. Ogni volta infatti torno a casa e penso…ma perché le assemblee non le facciamo a Vara sui prati? Come una gigantesca festa di gruppo? Forse ci farebbe avvicinare di più a un evento che met-

te davvero al centro il capo nel suo ruolo di protagonismo e ci permetterebbe di vedere un po’meno le nostre assemblee come delle gigantesche riunioni di condominio. Poi ovviamente capisco anche l’evidente sbattimento logistico… Il paragone con le assemble di condominio purtroppo è calzante (: troppo spesso a noi capi non interessa partecipare alle “riunioni di condominio” AGESCI se questo non provoca problemi a noi stessi come capi o ai nostri gruppi, (se fate caso alle statistiche il periodo del “crac” Scoiattolo è stato molto partecipato, forse per paura di dover vendere di nuovo biglietti della lotteria!) un po’come non amiamo partecipare all’assemblea di condominio a meno che non si parli di interventi o ristrutturazioni che ci toccano il portafoglio. Ho avuto questa sensazione ancor più forte durante l’ultima assemblea per delegati in cui purtroppo, nel pomeriggio, non avevamo più il quorum per votare nulla. Negli ultimi tempi, infatti, mi ha spesso fatto sorridere una cosa: da un lato la volontà della nostra associazione di promuovere tra i nostri ragazzi e capi l’importanza di essere sempre più attivi nelle attività del “Mondo fuori”, impegnarsi nei quartieri, in politica, per diventare non solo buoni cittadini, ma testimoni e sentinelle di valori quali l’impegno attivo e la partecipazione attiva sempre più radi nella nostra società civile. Dall’altro la mancanza sempre più cronica di figure pronte a impegnarsi nella propria associazione accettando una chiamata a servizio come incaricato di Zona, quadro as13

Essere Capi oggi

A cura di Stefano Barberis


sociativo ecc. (negli ultimi anni abbiamo sicuramente visto più scout candidati ad elezioni amministrative/politiche che a quelle di zona/regionali). Dall’altra ancora, la volontà della stessa nel deresponsabilizzare i capi dal proprio “dovere” di partecipare alla vita assembleare e democratica dell’associazione, proponendo sempre di più l’idea di fare “Assemblea Regionale per delegati”, anche nell’ottica di potenziare il ruolo delle Zone come indicato dalla riforma Leonardo.

Certo costa fatica e tempo, ma non dobbiamo mai dimenticarci la grande forza democratica che abbiamo nella nostra associazione, figlia dell’antifascismo del nostro patto associativo e che da sempre insegnamo nelle nostre comunità (noviziato, R/S, Co.Ca.) Le decisioni calate dall’alto dai nostri delegati, comitati, responsabili non fanno parte del nostro DNA, né come le assemblee senza il quorum. Dov’è andato “fuoco associativo” a cui ci siamo scaldati l’estate 2015 a San Rossore? Eppure tanti di quei rover sono ormai in Co.Ca.! Come mai alle ultime assemblee (sia plenaria che per delegati) sono state presentate pochissime mozioni? Non sappiamo più di cosa parlare/discutere? Quali sono le emergenze educative che il “mondo fuori” ci chiama ad affrontare?

Negli ultimi anni sono stato personalmente critico verso l’assemblea per delegati, ma attenderò la verifica di questo percorso per capire se le decisioni democraticamente prese sono state corrette, capite e indirizzate al meglio per il bene dell’associazione e del nostro ruolo nel territorio. Quello che mi preme evidenziare è che purtroppo resta ancora molta confusione sui ruoli dell’assemblea regionale per delegati e quella plenaria e che, qualunque sia la forma di assemblea, dobbiamo puntare a garantire la massima partecipazione assembleare di tutti i gruppi soprattutto in una regione densa di gruppi scout e con un’ età media dei capi molto giovane, quindi con una voce forte e fresca che DEVE farsi sentire e allo stesso tempo DEVE essere ascoltato dai quadri regionali e nazionali nelle sue proposte, siano anch’esse audaci e di frontiera.

Dall’altra parte dobbiamo anche renderci conto degli impegni dei nostri capi e di una proposta di servizio che sta diventando sempre di più “time demanding” per loro al punto che a volte i capi devono rinunciare a un evento in branca per partecipare all’assemblea. Che fare quindi? Invito le Co.Ca. a leggere l’articolo 39 dello Statuto Agesci prima di recarsi alla prossima Assemblea regionale e magari anche provare a chiedersi qual è il nostro giudizio dopo due anni di “riforma delle assemblee”. Crediamo sempre che l’assemblea per delegati possa sempre essere una soluzione ai problemi esposti precedentemente?

Questa partecipazione deve chiamare tutti noi capi, senza se e senza ma, anche se a volte non capiamo i regolamenti o le decisioni “più alte”, nel solco del “ci impegniamo noi e non gli altri”.

Fa ridere la prossima cosa che sto per dire, lo so, ma fa anche molto scautismo (tipo “Cosa avete fatto a riunione?” “Abbiamo organizzato le prossime riunioni!): invito tutti i gruppi a portare un’idea su come rendere la prossima assemblea davvero “di tutti” ….

L’AGESCI ha sempre avuto una grande forza: quella di avere davvero dentro di sè quel movimento di idee “Bottom – up” che tutti i movimenti e partti politici ci invidiano. 14


Futuro Semplice A cura di Matilde Pugliaro

Riforma Leonardo for dummies

Per comprendere il presente e il futuro di Agesci.

È la riforma delle strutture associative, in vigore dall’anno 2017, che riguarda il sistema dei progetti e una nuova suddivisione dei compiti tra zona e altri livelli associativi.

capi, ma nell’incontro con i singoli capi nei momenti formativi e istituzionali si avvertiva il desiderio di essere ascoltati, di contribuire con il proprio punto di vista alle riflessioni educative, di sentire l’Associazione come vero supporto alla propria “missione” di educatore.

Da molti anni l’Associazione si era ripetutamente interrogata sulla validità della propria organizzazione e sui processi decisionali interni e aveva prodotto significative sintesi.

In particolare: •

si era letta una fatica dell’Associazione che chiedeva semplificazione;

ai capi risultava sempre più faticoso ritrovarsi nei modelli culturali di partecipazione riconosciuti al momento in cui l’Associazione era nata, o creati nel corso degli anni.

la struttura associativa veniva percepita lontana dalla vita dei nostri ragazzi e delle nostre comunità

si era notato che il contesto sociale e culturale in cui operiamo muta molto velocemente col rischio di leggere in ritardo le esigenze dei ragazzi.

Si era infine osservata una marginalità delle decisioni prese dal Consiglio generale rispetto agli aspetti della vita associativa; pur restando, nella nostra struttura organizzativa, la massima assise associativa, aveva perso la sua centralità politica e, talvolta, alcuni Consiglieri non sembravano sufficientemente consapevoli delle realtà che rappresentavano. 15


Si è quindi ripensato alla composizione del Consiglio generale stesso: per portare alla sua riflessione le istanze percepite all’interno di un territorio, occorreva attribuire tale ruolo a figure presenti sui territori, spesso molto diversi tra loro, a quadri a diretto contatto con i capi e con i Gruppi e che vivessero attivamente la vita della Zona.

Nella riflessione generale, è emersa anche l’esigenza di rivedere il “sistema dei progetti”: esistevano delle scollature tra i livelli che alla fine non portavano ad azioni educative efficaci o raccordate alla strategia globale, il sistema assorbiva troppe energie e risorse. Il lavorare in modo progettuale,però, ci caratterizza come Associazione: è una modalità che deve essere custodita e difesa, ponendo evidenza particolare al Progetto educativo di Gruppo, il quale prescinde da qualsiasi altro progetto, si sono però rivisti i processi con cui venivano immaginati, definiti e verificati i progetti di Zona e Regione, percepiti in modo profondamente diverso dalle comunità capi: utile e significativo il primo, distante e pesante il secondo. Ciò ha spinto a riaffermare con forza il progetto di Zona come importante occasione di sintesi e confronto tra le realtà dei Gruppi, mentre è risultato significativo snellire il processo progettuale regionale.

In definitiva, occorreva ripensare all’organizzazione dell’Associazione in modo che chi la compone e ne attua la missione sul territorio sia anche il soggetto che, con tempi di risposta adeguati e con processi rispettosi del pensiero di tutti, ne orienti la guida. La sfida era permettere ai capi di oggi di vivere pienamente la condivisione delle decisioni, ma al tempo stesso di non finire intrappolati nella sua complessità. E per riuscire a costruire un pensiero che sia sintesi delle molteplici realtà presenti nel territorio nazionale, per rispondere in tempi adeguati alle sollecitazioni esterne e per rispettare i processi di condivisione del pensiero si è ritenuto indispensabile coinvolgere maggiormente il livello di Zona

La Zona rimane quindi l'unico livello in associazione a lavorare con un Progetto, i livelli superiori (Regione e Nazionale) non lo hanno più.

La Zona è il primo luogo dove i capi possono condividere le difficoltà che sperimentano nel servizio con i ragazzi, confrontarsi sul metodo e su come attuarlo nel territorio in cui vivono, ma è anche il luogo dove i ragazzi scoprono di appartenere alla grande famiglia scout e dove i capi imparano a conoscere e a sentirsi Associazione.

La zona è chiamata a “dare risposta alle esigenze educative e formative emergenti dalla realtà associativa e territoriale”, attraverso “obiettivi specifici in raccordo anche con i Progetti educativi delle comunità capi”.

16


Quindi è il luogo principale di confronto e di formazione, in cui condividere le proprie esigenze e dove sviluppare e sostenere lo scautismo attraverso il progetto di Zona, è il livello a cui è affidata maggiormente la lettura della realtà associativa e giovanile.

Una forte presenza delle Zone in Consiglio generale garantisce invece un importante coinvolgimento dei territori, trasformandolo in un luogo proficuo per operare sintesi ed elaborare linee strategiche di politica associativa di ampio respiro (Strategie nazionali di intervento).

Al livello regionale spetta invece un ruolo di coordinamento e di sintesi, funzionale alla vita delle Zone e dei Gruppi.

Diventa quindi essenziale la rappresentanza legata ai ruoli di RdZ e di Consigliere.

Il progetto non c'è più: ci sono le Azioni Prioritarie, "quelle azioni prioritarie che sono significative per adempiere agli ambiti di intervento già ora definiti dallo Statuto partendo dai progetti di Zona e dalle strategie nazionali di intervento" [cfr. doc "Il coraggio di farsi ponte"]

L’effetto della riforma Leonardo è quello di una fisarmonica, che suonata avvicina la base (le zone) al Nazionale, schiacciando chi sta in mezzo, ossia le Regioni. Queste diventano un anello di congiunzione fra i livelli e di gestione della parte burocratica della struttura associativa, nonché luogo di rielaborazione del metodo attraverso IABR e pattuglie per rispondere alle necessità delle Branche di Zona e di formazione permanente dei capi (settori)

Il Consiglio regionale, luogo della sintesi tra i progetti di Zona e le strategie nazionali d’intervento, individuerà, elaborerà e verificherà quelle azioni prioritarie che sono significative per adempiere agli ambiti di intervento già ora definiti dallo Statuto, esse non avranno vincoli precostituiti di durata nella loro attuazione, al fine di adeguarsi in modo più flessibile alla vita della Regione.

La Zona invece guadagna il palco del potere legislativo e lo spazio di astrazione che prima apparteneva alle regioni. E la riforma Leonardo risulterà utile solo se le zone avranno il coraggio di andare più in alto, se sapranno plasmare l’associazione in base alla realtà che la circonda e se agiranno su tale ambiente con sguardo sempre attento e rivolto a quanto espresso nel Patto Associativo.

Il programma annuale sarà poi elaborato dal Comitato, condiviso con il Consiglio e approvato dall’Assemblea Si offre così una modalità di lavoro più elastica e adattabile alle specifiche esigenze alle Regioni, così diverse tra loro

17


Fare Scautismo A cura di Giacomo Beretta, Letizia Cazzolla e la pattuglia regionale EG

Consiglio Capi e Alta Squadriglia

Sognare con e per i grandi del Reparto

Quest'anno la pattuglia regionale EG si è interrogata su quali strumenti il metodo offre per accompagnare al meglio i grandi del reparto.

L'Alta Squadriglia nella nostra regione è, a volte, uno strumento poco utilizzato, altre troppo fossilizzato nelle tradizioni rischiando di non rispondere alle esigenze dei ragazzi che ci sono stati affidati in quel momento. I ragazzi che si affacciano all'Alta Squadriglia stanno vivendo un momento molto particolare della loro vita, stanno crescendo, stanno cambiando e in questo cambiamento non si riconoscono a pieno, hanno quindi bisogno di conoscersi in modo diverso, di testarsi in cose diverse, le attività di reparto gli 18

piacciono, ma hanno bisogno anche di qualcosa di nuovo. Quindi cosa gli offre l'Alta Squadriglia? Gli offre una comunità orizzontale in cui poter vivere la propria crescita personale insieme agli altri, dove l'attività ha lo stile dell'impresa cioè viene progettata insieme partendo dalle proprie esigenze e bisogni. Se i ragazzi saranno soddisfatti in queste nuove esigenze vivranno meglio la vita di reparto perché troveranno nelle attività di Alta la carica per divenire a loro volta testimoni, come esempi gioiosi e coinvolgenti, per i propri squadriglieri. L'Alta Squadriglia ha un ruolo importante nella Progressione Personale Unitaria, perché proietta gli EG verso il cammino


RS, è quindi fondamentale che nelle Co.Ca. si formi una cultura dello strumento in modo che nulla sia lasciato al caso.

Il Consiglio Capi è uno strumento sicuramente utilizzato dai capi liguri, ma non sempre viene usato in tutte le sue potenzialità. Il Consiglio Capi è il motore del Reparto e solo se i capi sapranno far sognare il Consiglio Capi il Consiglio Capi saprà far sognare il Reparto. Se crediamo in questa frase e mettiamo tutte le nostre energie di capi nel cercare di realizzarla il Reparto andrà a gonfie vele. Il Con.Ca. dovrà avere l'opportunità di giocarsi con la propria creatività e i propri sogni per gestire il reparto in tutto (tempi, attività, PP, ...) I capi squadriglia e i maestri di competenza dovranno collaborare per

aver chiaro il sentiero di tutti, gestire incarichi e posti d'azione e creare attività che possano far crescere ogni EG del reparto, dovranno saper fare un buon trapasso nozioni delle tecniche, delle tradizioni della vita di reparto. Dovranno arrivare a ricoprire questi ruoli grazie alle competenze acquisite durante gli anni di reparto. E noi capi reparto come possiamo supportare tutto questo? Sognando in grande insieme a loro, lasciandoci stupire e trascinare dalle loro idee folli. Supportarli nella gestione delle Squadriglie parlandone sempre in Con.Ca. e trovando soluzioni assieme. Dobbiamo saper stare con loro e fare con loro. Ma tutto questo non è utopia: si può fare basta lanciare il cuore oltre l'ostacolo come hanno fatto i capi della zona Spezia facendo organizzare il San Giorgio ai loro Con.Ca.

19


Fare Scautismo

A cura di Lorenzo Vivaldi, Lerici 1

Un intero S.Giorgio completamente organizzato dai Con.Ca. in ogni suo aspetto "Lasciamo il S.Giorgio interamente ai Con.Ca."

Quando questa idea è uscita durante una delle consuete riunioni di Branca E/G, in maniera peraltro abbastanza inaspettata, è stata subito accolta con generale soddisfazione da tutti noi Capi Reparto. Intuivamo che poteva uscirne qualcosa di realmente interessante. Così, abbiamo iniziato ad elaborarla. Il primo passo è stato un bivacco, proposto a tutti i Con.Ca. della zona. I ragazzi hanno così avuto occasione di conoscersi meglio e di ragionare specificamente sul ruolo di Caposquadriglia e su quello di Vice. Il dibattito è stato molto acceso, l'interesse alto: particolare risonanza, alla fine, ha riscosso la metafora proposta da alcuni di loro: "se la Squadriglia è una porta, il Caposquadriglia è il cardine, ma il Vice è la maniglia." Durante il secondo giorno di bivacco è stata lanciata ai Con.Ca. la proposta vera e propria: "fate voi il S.Giorgio?". Una sfida che i ragazzi hanno immediatamente raccolto, prima

scegliendo tutti insieme un tema di animazione (nello specifico, un sorprendente Dylan Dog), poi dividendosi nei rispettivi Con.Ca. "di origine" per occuparsi di un compito specifico sulla base del tema scelto e delle idee messe sul piatto in gruppo riguardo le attività da fare. Idee che peraltro sono state numerosissime, al punto tale che i ragazzi hanno dovuto persino faticare un pochino per "sintetizzare" tutto nel programma di soli due giorni previsti per il S.Giorgio. Grande Gioco, Catechesi, Gioco Notturno, Gara di Cucina: ognuno ha avuto la sua parte di "lavoro", e in quelle poche ora che hanno avuto a disposizione, è stato creato lo scheletro di quella che poi sarebbe stata la realizzazione finale. Durante la verifica di questo bivacco, i ragazzi hanno voluto sottolineare il loro entusiasmo per l'opportunità fornita, e hanno proposto di ripetere l'esperienza in forma quantomeno simile, per avere ancora occasione di confronto con gli altri Con.Ca. della zona. Nei mesi successivi, ogni singolo Con. Ca. ha cominciato a perfezionare le idee che erano sorte nel corso del bivacco, coordinandosi con quelli degli altri gruppi per garantire una linea comune a tutto il S.Giorgio. Hanno curato con attenzione ogni aspetto dei vari compiti che ognuno aveva, sotto la nostra silenziosa supervisione, quasi del tutto ininfluente. Soddisfatti del lavoro dei ragazzi, noi

20


Capi Reparto a fare la giuria, ragazzi a tener botta gestendo tutto il resto: probabilmente uno dei momenti più "rilassanti" della vita di un Capo Reparto.

Capi Reparto ci siamo sobbarcati unicamente le mere incombenze logistiche. Su queste basi, è arrivato dunque il fatidico giorno del S.Giorgio: un successo sotto tutti i punti di vista, probabilmente migliore di come avremmo potuto realizzarlo da soli noi Capi. I Con.Ca. hanno collaborato tra loro nel corso di tutte le attività che avevano costruito, sorreggendosi a vicenda e riuscendo così ad "animare" tutti i ragazzi più piccoli. A partire dalla sera infatti, una volta concluso il montaggio delle varie tende e un semplice cerchio serale, tutto è stato completamente nelle loro mani. Il primo passo è stata una catechesi serale sul tema del "sogno", con un'atmosfera perfetta e un'attività che ha lasciato tanto in tutti i ragazzi, come loro stessi hanno poi sottolineato nel corso della verifica. Subito dopo, per quanto fosse già un po' tardi, anche il Gioco Notturno è stato lanciato dai ragazzi dei Con.Ca., con noi capi che siamo semplicemente stati a guardare. Stanchi ma soddisfatti, siamo quindi andati tutti a farci le nostre (poche) ore di sonno. La mattina, subito dopo la Messa, di nuovo tutto in mano ai Con.Ca., con un nuovo gioco totalmente creato da loro, e con noi Capi sfruttati solo come pedine per garantirne la riuscita, praticamente ai loro ordini! Ma come ogni week-end scout che si rispetti, non c'è stata pausa, ed ecco che alla fine del gioco, è partita la gara di cucina. Lanciata dai Con.Ca., s'intende.

A parte le facili battute riguardo la nostra pigrizia, possiamo dire con certezza, e concordi con i ragazzi stessi, che questa sorta di esperimento può dirsi riuscita. La responsabilizzazione dei ragazzi più grandi dei nostri Reparti passa anche da questo tipo di decisioni: sapevano di avere in mano le sorti di tutti gli altri: ben settanta ragazzi più piccoli di loro, che gli erano affidati per quei due giorni, e hanno deciso di rispondere prendendo la cosa tutt'altro che alla leggera, sia nel corso della preparazione, sia del S.Giorgio stesso. Non abbiamo ancora fatto la verifica ufficiale, ma sembra evidente a tutti noi la solita verità, che torna sotto al nostro naso ogni volta: dar fiducia alle nostre Guide e ai nostri Esploratori, scommettere su di loro, porta sempre a grandi risultati. La perfetta realizzazione di quel principio che sta del resto al primo punto della nostra legge: Pongono il loro onore nel meritare fiducia. Basta non dimenticarselo! Troverete i racconti dei San Giorgio delle zone Alpi Liguri, Alta Via, Diamante e Tre golfi sul sito Agesci.

21


Zoom Liguria

A cura di Sebastiano Carta, GE 20

La via Francigena in bicicletta

Route 2017 Clan Sand Creek-Genova20

Un po’ per sfida e un po’ per la necessità di portare in Route qualcuno che aveva difficoltà a camminare, la scorsa estate la Route abbiamo deciso di farla in bici. Facile, direte voi, basta avere un bel furgone d’appoggio guidato da qualcuno che ti segue come un cagnolino con 2 o 3 bici di ricambio e gli zaini et voila’, la Route è fatta. Ma chi lo guida il furgone quando nessuno ha la patente e i capi sono pochini (uno)? Nessun problema ragazzi, quest’anno si fa alla bersagliera, nel vero senso della parola…cioè ognuno con la sua bici, il suo bagaglio e se si fora si cambia camera d’aria… E se poi si rompe il cambio? Si cambia il cambio naturalmente… e se si trancia di netto il mozzo della ruota posteriore? Si cambia il mozzo… e se poi a Groppello Cairoli, ridente località della Lomellina, 22

dopo aver aggiustato il cambio rotto si bucano contemporaneamente 7 ruote per colpa delle maledettissime spine di acacia? Beh allora si invoca il decimo punto della Legge scout e si mantiene la calma perché se la Strada è Strada a volte la sfiga è sfiga e gli scout non ne sono immuni…. E d’altronde non si può portare dietro infiniti pezzi di ricambio, potendo fare riferimento, sul posto, ai molti artigiani fortunatamente presenti nei paesi attraversati ad alta vocazione ciclistica. La Route dell’anno scorso è andata così, scelta quasi per necessità ma poi vissuta come una grande avventura a bassissimo costo, interamente coperta dalla cassa di Clan e quasi dietro casa. Proviamo con la via Francigena, ci siamo detti, e via, in treno sino a Aosta. Abbiamo attrezzato le bici comprando


i portapacchi, caricandoci quasi tutto il necessario chiuso in sacchi stagni e tenendo fuori uno zainetto leggero, da portare in spalla, con le poche cose necessarie per il cammino. Da Aosta la via Francigena inizia con dei bei sentieri sterrati che costeggiano la Dora in ambiente ancora montano e superando Saint Vincent e Pont Saint Martin, passano per Ivrea costeggiando il Lago di Viverone e Santhià per arrivare, infine, alla pianura assolata delle risaie del Vercellese. E proprio dopo l’ennesima sterrata in mezzo alle risaie e alle coltivazioni di mais, decidiamo di abbandonare la via Francigena rifugiandoci nella viabilità ordinaria. Ormai in ritardo per i molti guasti sulla tabella di marcia che doveva condurci, nei programmi originari, a Bobbio per poi tornare a casa passando dalla Val Trebbia, abbiamo tagliato, ormai alle porte di Pavia, verso Tortona e la Valle Scrivia. E dopo circa 400 chilometri, infine, eccoci a Busalla, Montoggio, Creto e l’arrivo trionfale in sede a Molassana…. Abbiamo trovato posto per dormire in tenda in luoghi davvero improbabili, spesso in zone periferiche di grandi città destando spesso curiosità in molti ma mai indifferenza o ostilità e ricevendo sempre grande accoglienza, dal mecca-

nico di Saint Vincent che ha chiuso il negozio e ci ha portato gratis in macchina da un collega a 20 km di distanza perché non riusciva ad aggiustare una delle nostre bici, a chi ci ha fatto dormire nel prato davanti casa sua in piena Vigevano. Con una media di 55 km al giorno (450 circa in totale) in 8 giorni siamo partiti da Aosta per arrivare a Genova, spendendo circa 530 euro (compresi portapacchi e ricambi) interamente autofinanziati per 8 partecipanti. Parte del cibo lo abbiamo comprato per strada per non appesantire i bagagli di circa 10 chili a persona. Un problema della nostra route? Ci siamo lavati pochino usando solo le fontanelle (benedette) trovate per strada. Ci siamo idratati giornalmente con attenzione utilizzando complessi salino/vitaminici e nonostante le alte temperature della scorsa estate, non abbiamo mai avuto alcun problema fisico. Se vi interessa questa Route vi consigliamo la “Guida alla Via Francigena in bicicletta” editore “Terre di Mezzo”, ottima e precisa guida tascabile. La Via Francigena è molto ben segnata sia per la percorrenza in bici sia per quella a piedi. Le foto della Route sono consultabili sul sito www.genova20.com. Buona Strada Clan “Sand Creek”- Genova XX

23


Zoom Liguria

A cura del Clan Gemini del Genova 53 e 58

Interrogandosi sul fascismo

Negli ultimi anni la politica italiana si è basata principalmente sulla retorica, con lo scopo di ottenere il maggior numero di consensi possibile Questo articolo rappresenta l’azione conclusiva del capitolo sul Fascismo del Clan Gemini (nato dall’unione dei gruppi GE 53 e GE 58). Nello specifico, abbiamo deciso di focalizzare il nostro capitolo sulla relazione passato-presente che ha quest’ideologia.

Questo è quello che è successo negli anni precedenti alla Seconda Guerra Mondiale, dove vediamo a capo di nazioni, persone di origini poco abbienti, come Hitler e Mussolini, che in poco tempo riescono ad ottenere le più alte posizioni di potere.

Infatti, è possibile notare delle analogie fra la situazione attuale e quella che aveva preso piede nel scorso secolo. Nel primo momento in cui si è presentato, eravamo davanti ad un’Italia profondamente insoddisfatta, sia sul piano politico che su quello sociale. Inoltre, ci si trovava in una situazione in cui, l’esito disastroso della Prima Guerra Mondiale era rispecchiato nello stato d’animo dei suoi cittadini.

Nella nostra realtà si possono rilevare analogie, nel modo di percepire, non solo la politica, ma qualsiasi tipo d’iniziativa. Vi è infatti una totale mancanza di fiducia nel cambiamento, in quanto per anni è sempre stato promesso, e mai attuato. Siamo certi che se qualcuno dimostrasse di mettere in pratica i propri propositi, giusti o sbagliati che siano, avrebbe un maggior appoggio da parte del popolo, di qualcuno che ha solo buoni proposti, ma che ha dimostrato più volte di non metterli in pratica. Infatti, negli ultimi anni la politica italiana si è basata principalmente sulla retorica, con lo scopo di ottenere il maggior numero di consensi possibile.

Per questo motivo, Mussolini lega il suo patito, i Fasci di Combattimento, al simbolo del Fascio Littorio, che mira ad evocare la potenza dell’antico popolo romano, ormai dispersa da tempo.

Abbiamo tratto le nostre conclusioni, in seguito ad alcune interviste effettuate sia a Genova che a Roma.

Come è successo più volte nel corso della storia, in un momento in cui, si ha un profondo malcontento generale e una persona si pone come garante dell’ordine e della stabilità ,che propone un reale cambiamento nella quotidianità del cittadino, ottiene un forte consenso da parte del popolo.

Il criterio che abbiamo utilizzato per stilare le domande, sottoposte poi ai passanti, è stato, il voler coniugare le realtà del passato con quella presente. I risultati ottenuti ci hanno portato a pensare che, una parte degli italiani sarebbe almeno a parole ben disposta nei confronti di un governo assolutista.

24


Queste persone sono convinte che essa possa migliorare la situazione, politica e sociale, del nostro paese, da molti considerata irreparabile. Alla fine del percorso del nostro Clan, siamo giunti alla conclusione che a differenza di altri casi europei, come la Germania, la scuola non si pone abbastanza come ente promotore di sensibilizzazione tramite eventi formativi, gite o cineforum. Siamo preoccupati per la quantità di persone che, spesso senza un vero e reale pensiero critico dichiara di riporre fiducia in quest’ideologia. Ci pacerebbe invece che venissero approfondite le motivazioni e le idee su cui si fondano i gruppi neofascisti per limtare il diffondersi di questo tipo di pensiero, senza intaccare la loro libertà di espressione. Un’ulteriore riflessione parte dal fatto che ognuno di noi fa fatica a pensare alla Res publica per migliorare la vita di tutti, ma più facilmente ci si limita a coltivare il proprio orticello.

Ci siamo resi conto che anche chi dovrebbe tutelarci, spesso pensa a se stesso e qui la domanda: perchè io devo pensare agli altri? Perchè il cambiamento deve partire dal basso, da noi che testimoniamo i valori in cui crediamo quotidianamente a chi ci sta intorno. La nostra proposta è quella di effettuare una maggior sensibilizzazione e informazione, a livello scolastico e cittadino, utilizzando veicoli come: spettacoli e attività che prevedano un coinvolgimento personale. In questo tipo di attività quali la visione o la partecipazione a opere teatrali o a giochi di ruolo, si renderebbe leggero un tema che, di fatto è importante e complesso. Il messaggio sarebbe trasmesso con facilità e intensità, in maniera tale da toccare nel profondo la coscienza di ogni individuo. Facendo il mio piccolo ci sarà qualcuno che mi guarderà e dirà: sta facendo bene, lo seguo!

25


Zoom Liguria

A cura di di Doris Fresco

Scoutball, che passione!

Si è svolto il 15 aprile, alla Spezia, il Torneo “Golfo dei Poeti”, organizzato dal clan Foresta Amica del gruppo Sp3 e che ha coinvolto ragazzi liguri e toscani. "Il gioco è un momento educativo in cui, attraverso l'avventura, l'impegno e la scoperta, il ragazzo sviluppa creativamente le proprie doti, cogliendo meglio limiti e capacità personali, impara a riconoscere le regole e a rispettarle con lealtà" recita così, il Patto Associativo. Di giochi ce ne sono molti, ma uno in particolare, sta diventando lo ‘sport nazionale’ dello scautismo: lo Scoutball, oggi promosso anche grazie al lavoro di divulgazione del pattuglino Amanti dello Scoutball, formatosi a Bologna e che ogni anno organizza un Torneo Nazionale, giunto quest’anno alla sua 11^ edizione.

26

Da quel che risulta, lo scoutball non nasce in un momento preciso, ma è un gioco che in ambiente scout esiste da sempre, anche se per moltissimo tempo è stato solo ‘un nome’, utilizzato per rappresentare i più disparati giochi e le regole differivano, anche sostanzialmente, da un gruppo all’altro. C'era, infatti, chi giocava con la palla, chi senza; alcuni avevano lo scalpo, altri no. Si legge sul sito ufficiale del pattuglino Amanti dello Scoutball: “Le prime tracce di un regolamento che possa assomigliare a quello odierno si trovano in un documento del 7° Campo Nazionale ASCI, del 1974, che a sua volta si rifà su un regolamento proveniente dal CNGEI di Reggio Emilia. In ogni caso, quali che siano le vere origini, fu in quell'occasione che per la prima


volta si parlò della necessità di fornire un regolamento comune a quello che è chiaramente un gioco sviluppato esclusivamente in ambiente scoutistico”. Obiettivo: portare la palla con le mani dall’altra parte del campo senza farsi scalpare; si gioca il 7/8 persone; non si può bloccare il giocatore che porta la palla, ma bisogna arrestare la sua avanzata togliendogli lo scalpo. Chi di noi non ha mai giocato a Scoutball? Anche alla Spezia, quest’anno, è stato organizzato un Torneo interregionale, al quale hanno partecipato 6 squadre, la maggior parte provenienti dalla Liguria, oltre ad una arrivata da Firenze. Il torneo “Golfo dei Poeti”, aperto a ragazzi di reparti e clan di ogni gruppo e associazione, si è svolto il 15 aprile al centro sportivo Montagna grazie all'assessore allo sport del Comune della Spezia Lorenzo Brogi che ha concesso il campo ed è stato organizzato dal clan Foresta Amica dello Spezia 3 sotto richiesta e aiuto del pattuglino ADS (Amanti Dello Scoutball) di Bologna. I ragazzi delle due squadre dello spezia 3 e delle squadre di Lerici, Sarzana, del Tigullio, di Genova e di Firenze si sono sfidati seguendo le regole fissate dal pattuglino ADS, che negli anni si è occupato di

redigere un regolamento condiviso: “Una giornata riuscitissima- hanno raccontato i rover che si sono occupati dell’organizzazioneAbbiamo avuto problemi per trovare le squadre, poiché in Liguria i gruppi che giocano a scoutball sono pochissimi, ma siamo convinti di aver lanciato un qualcosa che negli anni può davvero interessare e far affacciare sempre più realtà allo scoutball, gioco che secondo noi incarna perfettamente lo spirito scout”. Prosegue Giorgio, che si fa portavoce del clan SP3: “I ragazzi dei reparti che sono venuti si sono divertiti e abbiamo visto in loro quello che vogliamo passare ai più giovani, la passione e la gioia del gioco, così che non si perda questa nostra voglia di mettersi in gioco anche nello sport. Abbiamo ricevuto forti ringraziamenti da tutti i partecipanti e dagli stessi ADS, quindi crediamo di aver fatto proprio una bella cosa e siamo convinti di volerlo riproporre anche l'anno prossimo”.

27


Zoom Liguria

A cura di Stefano Barberis

Tre scelte per tre golfi il cammino verso la partenza della zona R/S Della Branca Tre Golfi.

Partenze Vs “partenzine”, cerimonie Vs liturgie, scelte consapevoli Vs minimo sindacale per una partenza , sfide stimolanti Vs obiettivi concreti, serata partenti Vs Challenge, Punto della Strada Vs Parlare di Partenza in Noviziato…. Questi sono i temi a cui ci siamo trovati di fronte durante la nostra prima riunione di Branca R/S di Zona Tre Golfi! A quel punto una domanda è sorta tra noi capi clan/fuoco e maestri dei novizi: ma se noi capi siamo così incasinati sul tema Partenza, lo saranno anche i nostri ragazzi? Abbiamo dunque deciso di lavorare insieme lungo tutto un anno di zona, collaborando e organizzando con pattuglini inter-gruppo, alcune attività di formazione sulle tematiche legate alla partenza di cui sopra, dividendoci sempre tra capi clan/ fuoco e maestri dei novizi in modo da evidenziare per ciascuna tematica l’importanza di mantenere sempre in ogni nostra attività il punto fermo/l’obiettivo finale del percorso di crescita dei nostri ragazzi: la Partenza. Ci siamo interrogati su ruolo del ragazzo (unico e vero protagonista della partenza), dei capi (che danno una partenza che però il ragazzo prende) e della comunità (che non può essere solo spettatrice) sul percorso verso la partenza, su come tenere traccia di questo percorso durante l’an28

no, su come non trasformare le partenze in “feste” o “punti di arrivo inevitabili”, ma dando loro una sacralità e una pienezza per non sentirci mai più nella condizione di dire: “alla fine abbiamo dovuto dargliela ‘sta benedetta partenza”. Ci siamo poi incontrati tutti insieme, 10 clan e 10 noviziati (che hanno camminato e affrontato il loro Challenge), a Vara la sera di sabato 19 maggio dove i ragazzi hanno costruito un’ intensa e sorprendente Veglia R/S raccontando, tra canzoni, video, mimo…. Chi sono per loro l’uomo e la donna della partenza (chi vogliono diventare da grandi insomma!) dimostrandoci una grande voglia di condividere, partecipare e un’ottima conoscenza delle tecniche espressive tipiche della branca R/S. Il giorno dopo ci siamo divisi per anno, per capire cosa vuol dire camminare verso la partenza durante il primo, il secondo e il terzo anno di clan, ognuno raccogliendo spunti, impegni, testimonianze da riportare nelle proprie comunità verso la route estiva: la grande palestra per la Partenza dei nostri ragazzi. Per il secondo anno consecutivo siamo riusciti a organizzare un evento di zona partecipato da tutti i gruppi: questo ci ha resi molto orgogliosi dimostrandoci come la nostra zona 3 Golfi, abbia a cuore il cammino verso le 3 scelte.


Linguaggio alieno

Guida alla nuova scena musicale, Liguria in prima fila Cos'è la Trap? Perchè parlare di Trap? (No non è il diminutivo della tecnica scout, il trapper non cucina gli spiedini sul fuoco) La Trap a grandi linee è identificabile come una nuova variazione del Rap, si distingue dallo stile più classico per una smaccata importanza data alla base sonora (beat) e dall'uso di modificatori di voci digitali (Vocoder). Risaltano infatti più che in passato il nome dei produttori del suono (beatmaker): Charlie Charles, Chris Nolan, Sicklucke, Nebbia per fare qualche esempio. Parliamo di Trap perchè è la musica del momento, Ghali con la pubblicità della Vodafone l'ha sdoganato nel mercato mainstream anche se già prima comandava nelle classifiche degli streaming e store digitali, ma soprattutto perchè è ascoltata dai Giovani, spesso anche giovanissimi, scout compresi. È un fenomeno che trasversalmente ha colpito la scena, una nuova moda, un nuovo stile, proveniente ovviamente dall'America, si è diffusa a vari livelli e tra le varianti più eclettiche c'è anche l'esperimento trap in dialetto genovese "Luxe inte euggi" di MikeFromCampo. A Gennaio proprio nel capoluogo ligure c'è stato il Genova Hip Hop Festival, una 3 giorni di musica che ha

unito i classici stilemi della Jam (contest di rap Freestyle, sfida di Breakdance, esibizioni di Scratch e di Rap). Interessante iniziativa che ha visto susseguirsi sul palco artisti delle varie generazioni della scena Hip Hop, dagli storici Colle der Fomento, Kaos One, Bassi Maestro, il professore di filosofia Murubutu passando a Dargen D'amico, Ensi, Luchè fino ai nuovi esponenti della scena Giaime, Lazza, Grosz e i ragazzi della DrillLiguria. Si perchè dalla nostra regione sono usciti diversi esponenti di questa nuova corrente e hanno ottenuto un buon riscontro anche nazionale, si vedano IZI e Rkomi da Cogoleto, VazTè e Tedua sempre da Genova Ovest... un rapporto con la loro City d'origine mai nascosto sia nei Testi che nei video, girati nelle nostre zone, si vedano tra le tante: "Aeroplanini di Carta" per Cogoleto, "Wild Bandana" di IZI , "Ande" di Bresh, "Lezione", "Buste della Spesa", "Salsa Wasabi", e la recente "Burnout" (tutte di Tedua) per le periferie di Genova Ovest e di Begato con le inconfondibili case popolari: le Lavatrici e la Diga. Di quest'ultimo, Tedua, è interessante porre un sguardo più approfondito sull'ultimo disco uscito nel 2018, dal titolo a noi familiare: "Mowgli - il disco della giungla". Qui l'immaginario allegorico della giungla

29

Arte, Scout e Rock&Roll

A cura di Andrea Borneto


di Kipling s'intreccia con l'idea di giungla urbana delle difficoltà reali/esistenziali di quartiere. In un linguaggio dalla metrica e dallo stile originale, non di facile comprensione al primo ascolto, risalta lo spirito di riscatto che il giovane rapper cerca di infondere ai suoi ascoltatori. A questo scopo dipinge su di sè i connotati del cucciolo d'uomo e interpreta la figura di Mowgli, veicolandola in storie che toccano Napoli "Rital" o sue esperienze personali, come il ragazzo che affronta la Tigre, la spietata fierezza di una vita difficile dove "l'amore non è per i deboli, il futuro è in mano ai deboli che si sono fatti coraggio""1, il bambino(cucciolo) deve diventare uomo, come Mowgli quando sconfigge Sherekan. Variata in un linguaggio diverso, (anche un po' sopra le righe)c'è anche qui una rilevanza educativa almeno per quanto riguarda la formazione del carattere, e visto che i nostri ragazzi ascoltano e apprezzano queste canzoni, perchè non creare un spazio di dialogo su un territorio a loro affine, sia essa la Trap o, per fare un altro esempio, il mondo dei videogiochi? un confronto che eviti il moralismo ma che spinga su un vero sforzo di cogliere tutte le sfumature nel capire approfondendo insieme, tra le differenze e le diverse prospettive non può che farci bene.

30

Mowgli torna spesso nei testi di questi nuovi artisti, è un figura affascinante autocosciente e formativa quanto lo è per noi scout, il già citato italo-tunisino Ghali, probabilmente il più riconoscibile al grande pubblico, lo sfodera in diverse sue canzoni. La Trap con un metodo del tutto senza vincoli e in maniera naturale ha aperto le porte a diversi giovani di seconda generazione, alla faccia di chi urla NO-IUSSOLI, e non l'ha fatto con una retorica buonista e fine a se stessa ma attraverso l'anarchica libertà dei nuovi mezzi di comunicazione (Youtube, Istagram), basti citare Laioung italo-sierraleonese, lo stesso Ghali, o il nostro "Suerte" genovesesenegalese che nella sua spendida "King Kong" afferma:"abbiamo pelle diverse ma il sangue è lo stesso", ed è come quando Mowgli parla con rispetto agli animali della giungla:"siamo dello stesso sangue, tu ed io", allora torniamo lupetti e ci ricordiamo pure che è la parola maestra del messaggero della giungla: Chil l'avvoltoio. Tale libertà d'espressione insita nel Web stesso permette, inevitabilmente, che i divitrash degenerati abbiano molto più risonanza di chi propone veramente qualcosa di valido, parlarne male purchè se ne parli, come il recente caso Young Signorino, che consapevolmente trolla per accumulare views e di conseguenza cash/money/soldi. Niente va trattato con superficialità. Per chi non l'avesse capito la Trap è entrata prepotentemente nel mercato musicale, non stupiscano le presenze al concerto del primo maggio dei vari Sfera Ebbasta, Achille Lauro, Gemitaiz, nomi che magari noi non conosciamo ma che talvolta girano in loop nelle cuffiette e nei cellulari dei nostri ragazzi...Orecchie attente ed in ascolto allora o come direbbe Bagheera:"Zampe che non fanno rumore, occhi che vedono nell'oscurità, orecchie che odono il vento delle tane e denti bianchi e taglienti".


Intervista a Mattia Bonetti, vincitore del premio della critica all’Agesci Music Festival Guida alla nuova scena musicale, liguria in prima fila Mattia Bonetti è un cantautore lunigianese di 23 anni, unico ligure ad aver partecipato all’Agesci Music Festival 2018. La sua canzone convince, tanto da fargli conquistare il premio della critica. Il percorso verso l’AGESCI Music Festival “Il ritmo nei passi”, è iniziato nel dicembre 2017, quando a tutti i membri dell’associazione è stato chiesto di condividere un brano a tema scout: un concorso pieno di gioia e di sentimento, visto che la musica e le canzoni fanno da eco per l’ottima riuscita del percorso scout di ognuno di noi; la sfida lanciata è stata accolta con entusiasmo. Dalla prima fase di selezione ad opera di una commissione scelta dal Comitato nazionale, si sono qualificati quattordici brani in tutto, sette per la categoria capi e sette per la categoria ragazzi. Particolarità del concorso, è che tutte queste canzoni, inedite, sono destinate ad essere diffuse e quindi a diventare patrimonio per tutti noi soci di AGESCI. Nel mese di marzo poi gli autori selezionati sono stati chiamati a partecipare ad una full immersion di musica e scautismo, dove hanno potuto far ascoltare i propri elaborati dal vivo, ricevendo utili consigli da validi esperti. Poi la finale a Bracciano, il 29 aprile, che ha decretato i vincitori e assegnato a Mattia il premio della critica che per l’occasione è stato accompagnato da Matilde Sani del conservatorio della Spezia al flauto traverso.

31

Arte Scout e Rock&Roll

A cura di Doris Fresco


Mattia, che cantautore sei? Mi piacciono le storie e le leggende e scrivendo, parafrasandole in musica, cerco di scivolarci dentro. Ho ereditato la passione per la musica da mio nonno, iniziando a suonare prima le percussioni e la batteria e poi la chitarra. La caratteristica delle mie canzoni, che ho fatto sentire anche con “In nome del vento” il brano che ho portato al contest, è la forte valenza sociale. Come è andata l'esperienza dell’AGESCI Music Festival? È stata un'esperienza davvero arricchente! L'organizzazione è stata ottima, e si respirava un clima familiare, ma anche molto professionale, sia all'incontro a marzo, sia alla finale ad aprile. Sei soddisfatto del risultato che hai raggiunto? Si molto! Già quando la canzone è stata selezionata tra le 14 in gara è stata una bellissima emozione. Poi una volta lì non si respirava un'aria di competizione, anzi… in pieno stile scout, abbiamo legato subito e ci siamo ritrovati insieme a cantare una volta finita la giornata o dopo il concerto finale. Davvero tutti insieme, sia capi che ragazzi. Ti aspettavi di vincere il premio della critica? In verità no, anche gli altri ragazzi erano davvero bravi e ci sono delle canzoni che sicuramente proporrò al mio reparto! "In Nome del Vento" probabilmente non ha fatto ballare la gente sotto al palco, ma forse l'avrà fatta riflettere... Per chi volesse ascoltarla è su Spotify e sulle altre piattaforme online.

32

Di cosa parla “In nome del vento”? Piantare la tenda è l’allegoria di “porre il pensiero su qualcosa”: sulla questione dei confini e dei muri, su ciò che è vero e ciò che è falso (il discernimento), sul rapporto con la spiritualità (fra cielo e mare) continuamente minato da superbie e distrazioni (i campi di melo), sul denaro e sui reali bisogni dell’uomo. Ma il pensiero non si può fissare rigidamente su una sola cosa, e ogni mattina si libera e si libra, in nome del vento.

IN NOME DEL VENTO (Autore: Mattia Bonetti) Piantai una tenda fra due cortili divisi su carta su ferro e cemento incontro animi primaverili e muri che gridano un sordo lamento. Rit: Ma quando l’alba a tratti si cuce in un profumo di cenere e luce raccolgo i pensieri e i miei progetti e in nome del vento già tolgo i picchetti Piantai una tenda tra il Bianco e il Nero tra ciò che dicono sia Falso o Vero tra ciò che dicono sia Bene o Male si costruisce la mia morale Rit Piantai una tenda fra cielo e mare che nello spirito fa innamorare ma è più difficile pensare al cielo quando cammini fra campi di melo Rit: Piantai una tenda fra due monete che non ristorarono la mia sete che non placarono la mia fame che siano d’oro o che siano di rame Rit:


Dio non sceglie persone capaci… ma rende capaci quelle che sceglie!

Tutta la riflessione prese spunto quel giorno di luglio, facendo il punto con la direzione di branco sulle miriadi di cose ancora da preparare e l’imminente partenza per le V.d.B….. Uff! ma chi me lo ha fatto fare di prendermi ancora una volta tutta questa responsabilità?!?….Non so se ce la farò a sopportare anche 10 giorni di campo….. Ma perché non posso godermi le mie meritate ferie in santa pace?!?… Nel medesimo istante… “cip cip!” arriva un messaggino su whatsapp (vedi immagine a lato)… Uhmmm…. “Pietro era un impulsivo, Noè un ubriacone, Paolo un persecutore, Tommaso diffidente, Mosè un balbuziente…” Allora anche S.Francesco… era un giovane, ricco e pure annoiato… insomma ce n’è per tutti!!! Se pure i Santi non sono perfetti, eppure hanno fatto comunque “grandi cose”, allora io ho qualche speranza di non essere proprio quel vecchio lupo, quel capo inadeguato quale spesso mi sento. Prendiamo spunto da S.Pietro: Simone (questo il suo vero nome) era un povero semplice pescatore…poiché era grande e solido come una roccia, ma anche testone, dalla testa dura come la pietra, Gesù lo chiama proprio “Pietro”. È anche pieno di limiti… eppure Gesù lo sceglie…e addirittura lo usa come fondamenta della Chiesa [Mt. 16,18]. Spesso, come Pietro, siamo sicuri nella nostra fede e ci sentiamo forti da smuovere montagne o addirittura capaci di camminare sulle acque tempestose, ma nel momento in cui ci lasciamo sopraffare dalla nostra umanità ecco che la paura ci

assale e iniziamo a tentennare, ad annaspare e ad annegare nell’acqua…(anche in un bicchiere d’acqua) Il brano di vangelo che ci presenta questo aspetto di Pietro è molto bello [Mt 14,2233]. Altrettanto bello il commento che ne ha fatto papa Francesco (all’Angelus del 10/08/2014): Questo racconto è una bella icona della fede dell’apostolo Pietro. Nella voce di Gesù che gli dice: «Vieni!», lui riconosce l’eco del primo incontro sulla riva di quello stesso lago, e subito, ancora una volta, lascia la barca e va verso il Maestro. E cammina sulle acque! La risposta fiduciosa e pronta alla chiamata del Signore fa compiere sempre cose straordinarie. Ma Gesù 33

Spiritualità scout

A cura di Stefania Dodero


stesso ci ha detto che noi siamo capaci di fare miracoli con la nostra fede, la fede in Lui, la fede nella sua parola, la fede nella sua voce. Invece Pietro comincia ad affondare nel momento in cui distoglie lo sguardo da Gesù e si lascia travolgere dalle avversità che lo circondano. Ma il Signore è sempre lì, e quando Pietro lo invoca, Gesù lo salva dal pericolo. Nel personaggio di Pietro, con i suoi slanci e le sue debolezze, viene descritta la nostra fede: sempre fragile e povera, inquieta e tuttavia vittoriosa, la fede del cristiano cammina incontro al Signore risorto, in mezzo alle tempeste e ai pericoli del mondo. È molto importante anche la scena finale. «Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a Lui, dicendo: “Davvero tu sei Figlio di Dio”!» (vv. 32-33). Sulla barca ci sono tutti i discepoli, accomunati dall’esperienza della debolezza, del dubbio, della paura, della «poca fede». Ma quando su quella barca risale Gesù, il clima subito cambia: tutti si sentono uniti nella fede in Lui. Tutti piccoli e impauriti, diventano grandi nel momento in cui si buttano in ginocchio e riconoscono nel loro maestro il Figlio di Dio. Quante volte anche a noi accade lo stesso! Senza Gesù, lontani da Gesù, ci sentiamo impauriti e inadeguati al punto tale da pensare di non potercela fare. Manca la fede! Ma Gesù è sempre con noi, nascosto forse, ma presente e pronto a sostenerci. Questa è una immagine efficace della Chiesa: una barca che deve affrontare le tempeste e talvolta sembra sul punto di essere travolta. Quello che la salva non sono le qualità e il coraggio dei suoi uomini, ma la fede, che permette di camminare anche nel buio, in mezzo alle difficoltà. La

34

fede ci dà la sicurezza della presenza di Gesù sempre accanto, della sua mano che ci afferra per sottrarci al pericolo. Tutti noi siamo su questa barca, e qui ci sentiamo al sicuro nonostante i nostri limiti e le nostre debolezze. Siamo al sicuro soprattutto quando sappiamo metterci in ginocchio e adorare Gesù, l’unico Signore della nostra vita. Il punto della questione, allora, forse è proprio questo: con la fede, o ancora meglio, come ci ricorda S.Paolo nella lettera ai Corinzi [1Cor 13], con l’Amore siamo tutti chiamati ad essere testimoni e Santi. Perché Dio si serve anche della nostra piccolezza per fare grandi cose. Altro brano del vangelo, come spunto di riflessione sull’argomento, che merita leggere (unitamente al commento fatto questa volta dal papa emerito Benedetto XVI) è quando Gesù chiede a Pietro “mi ami tu?” [Gv. 21,15-19]…Pietro, ovviamente, risponde subito di sì (come noi, che ci facciamo forza della nostra fede) ma poi, iniziamo a vacillare… e allora Gesù ci viene incontro e, ancora una volta, ci accoglie e si accontenta della nostra piccolezza. Benedetto XVI: Si rileva (in questo passo del Vangelo) un gioco di verbi molto significativo. In greco il verbo “filéo” esprime l’amore di amicizia, tenero ma non totalizzante, mentre il verbo “agapáo” significa l’amore senza riserve, totale ed incondizionato. Gesù domanda a Pietro la prima volta: «Simone... mi ami tu (agapâs-me)” con questo amore totale e incondizionato? Prima dell’esperienza del tradimento l’Apostolo avrebbe certamente detto: “Ti amo (agapô-se) incondizionatamente. Ora che ha conosciuto l’amara tristezza dell’infedeltà, il dramma della propria debolezza, dice con umiltà: “Signore, ti


voglio bene (filô-se)”, cioè “ti amo del mio povero amore umano”. Il Cristo insiste: “Simone, mi ami tu con questo amore totale che io voglio?”. E Pietro ripete la risposta del suo umile amore umano: “Kyrie, filôse”, “Signore, ti voglio bene come so voler bene”. Alla terza volta Gesù dice a Simone soltanto: “Fileîs-me?”, “mi vuoi bene?”. Simone comprende che a Gesù basta il suo povero amore, l’unico di cui è capace, e tuttavia è rattristato che il Signore gli abbia dovuto dire così. Gli risponde perciò: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene (filô-se)”.

Verrebbe da dire che Gesù si è adeguato a Pietro, piuttosto che Pietro a Gesù! È proprio questo adeguamento divino a dare speranza al discepolo, che ha conosciuto la sofferenza dell’infedeltà. Da qui nasce la fiducia che lo rende capace della sequela fino alla fine... Da quel giorno Pietro ha “seguito” il Maestro con la precisa consapevolezza della propria fragilità; ma questa consapevolezza non l’ha scoraggiato. Egli sapeva infatti di poter contare sulla presenza accanto a sé del Risorto.

35


Spiritualità scout

A cura di Andrea Borneto

Emergenza catechesi ai campi? M'aggrappo al santo Sottotitolo: I nostri Santi patroni come fonte d'ispirazione

Durante la preparazione di un campo può capitare di rimanere bloccati durante la scelta e lo sviluppo di un elemento essenziale come la catechesi. Calma, non siamo né teologi né predicatori, infatti il primo consiglio è di farsi aiutare da un volenteroso AE per quanto riguarda il rapporto con la Parola. Succede anche spesso di appoggiarsi a spunti extra-catechistici, bene, ma se avete ormai attinto a tutta la bibliografia del buon Paolo Coelho e il Piccolo Principe, proponiamo una nuova via, semplice ma efficace: affidarci ai nostri santi. Approfondire il proprio santo di branca è un modo per conoscere la fede attraverso una testimonianza figurativa diretta e anche sfidante.

36

Le storie personali di questi personaggi possono essere un veicolo di comunicazione coinvolgente anche perché si prestano molto bene a dialogare con i temi metodologici dello scautismo: gioco, avventura, servizio... Sono ricchi di sfaccettature quindi possono essere proposti senza limite d'età (capi compresi). In nostra salvezza, in stile Avengers, ecco i nostri santi (eroi), troverete una loro citazione originale e un film di riferimento (perdonate l'eccesso di cinefilia). A voi la gioia di riscoprirli!


Santa bonus: San Giovanna D'Arco: "Ogni uomo dà la sua vita per ciò in cui crede. Ogni donna dà la sua vita per ciò in cui crede. Spesso le persone credono in poco o niente e tuttavia danno la propria vita a quel poco o niente.”

L/C: San Francesco d'Assisi: "Sii lodato, o mio Signore, per nostra sorella madre terra, che ci sostiene e nutre, e produce diversi frutti con fiori colorati ed erba."

(Francesco Giullare di Dio, Roberto Rossellini, 1951) -------------------------------Santa Chiara: "Io Chiara, serva di Cristo, pianticella del nostro santo padre Francesco (...) Sono ripiena di grande gioia e respiro di esultanza nel Signore, quando posso constatare che tu cammini nella sequela di Gesù Cristo povero e umile."

(La passione di Giovanna d'Arco, Carl Thedor Dreyer, 1928) R/S: San Paolo: "Se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare le montagne,ma non avessi la carità, non sarei nulla."

(Pietro e Paolo, Robert Day, 1981) -------------------------------Santa Caterina: “L’amicizia che ha la sua fonte in Dio non si estingue mai.”

(Francesco d'Assisi, Micheal Curtiz, 1961) E/G: San Giorgio: “Non temere – le rispose San Giorgio – in nome di Cristo io ti porterò aiuto”

(Io Caterina, Oreste Palella, 1957) (George and the Dragon, Tom Reeve, 2004)

37


Bacheca Le Gioiose A cura di Daniele Boeri

Le mie mani, con le tue... Possono stringere, perdonare e costruire cattedrali. Le prime parole di questo articolo voglio usarle per ringraziare i clan e noviziati che hanno partecipato al campetto di Pasqua "Ora et Labora" organizzato da Agesci Liguria e Pattuglia Vara presso la base "il Rostiolo". Grazie alla fatica e all'entusiasmo dei partecipati, sebbene questo anno fossero meno del previsto, tutti i lavori in programma sono stati portati a termine. Casa Pino si può proprio dire che ha cambiato colore, casa Mulino ha ora una struttura per coprire i tavoli con teloni, la grande quantità di spazzatura accumulata nei lavori è stata smaltita attraverso una azienda specializzata, a casa Romana è stato modificato il cavedio per la messa a norma dell'impianto del gas, creando un muro divisorio; insomma tante, tante, tante cose che con le nostre sole forze non saremmo riusciti a fare in così poco tempo. Un altro ringraziamento va fatto agli RS della zona “tre golfi” che hanno approfittato di un evento presso la base per regalarci una mattinata di servizio permettendoci di fare tanto lavoro utile per tutti 38

gli ospiti che questa estate animeranno la base di Vara. Oltre a questi lavori va aggiunto l'impegno della pattuglia tecnica, instancabile, nonostante a portarlo avanti siano sempre troppo poche persone. Nei giorni 16, 17 e 18 Giugno saremo nuovamente al lavoro per riparare alcuni gabinetti e rubinetti rotti, per ripristinare i guadi e per asfaltare una parte della strada di accesso alla base, gravemente danneggiata dalle piogge. Il giorno 17 si terrà anche l'incontro con i tantissimi gruppi hanno scelto Vara come meta per i campi, cosa che ci rende molto orgogliosi nella speranza che il nostro lavoro sia di aiuto per le loro attività. Sulla falsa riga delle basi europee, proprio per dare un maggior supporto ai gruppi che utilizzano la base ci auguriamo di poter far partire il progetto del collaboratore, che affiancherà la figura di Luciano (storico custode) con il compito di dare consigli logistici, di risolvere piccoli problemi tecnici, di migliorare e velocizzare la comunicazione tra i grup-


pi e l'utilizzo di strutture comuni e dove necessario contattare tempestivamente i manutentori. Poche sono state le richieste per questo posto di lavoro, ma stiamo cercando di trovare persone interessate ed adeguate al compito. Grazie allo sguardo più a lungo termine portato da "Le Gioiose" gruppo a cui è stata affidata la gestione delle basi liguri ripartono i progetti di miglioramento della base e i grandi lavori affidati ad aziende per risolvere definitivamente i problemi che spesso si presentano in una base così grande. Appena saranno concluse le pratiche burocratiche sarà rifatto in parte il sistema fognario delle case Mugnoli, Pino e Quercia. Tra i nuovi progetti, per ora solo sogni, ma con concrete possibilità di realizzarli col passare degli anni, vi è anche quello di recuperare gli altri due ruderi nel bosco sopra a casa Mugnoli per renderli strutture di servizio, attività e rifugi, con grande attenzione all'impatto ambientale ed alla sostenibilità, con l'uso di strutture in legno ed impianti ad energia alternativa.

Ma prima di arrivare così in “alto” è necessario che tutti coloro che passano dalla base diano il loro contributo per mantenere e migliorare ciò che già è in uso e a rispettare le norme, come quella della raccolta differenziata, partita non senza problemi e disservizi, ma che si spera possa funzionare sempre meglio anche grazie all'attenzione di noi scout. Le Basi di AGESCI Liguria, assieme agli amici della base “Le Casette” di Nervi, hanno partecipato alla riunione della CBA ospitata dalla bellissima base “San Giorgio” in Umbria il 26 e 27 di Maggio. In questa riunione si sono discussi molti temi importanti riguardo la sicurezza e lo sviluppo delle strutture per attività scout, anche con il confronto delle diverse esperienze con lo scopo di offrire strumenti sempre migliori per fare scautismo. L'ultima attività della pattuglia tecnica si terrà nei giorni 8 e 9 settembre, in queste date dovremo mettere gli impianti e le case in modalità invernale; sarà anche un'occasione per verificare il lavoro durante l'anno e per fare un po’ di festa, vi aspettiamo!

“Rimaniamo in Contatto” E-mail: rostiolo@liguria.agesci.it Facebook:

Pagina Web:

Pagina CBA:

39

Open Map:


Aggiornamenti dalla Base Scout San Francesco di Cairo Montenotte

La base Scout San Francesco, dopo un sorprendente avvio nel 2017, ha avuto ottimi risultati anche nei primi mesi del 2018 : sono stati pochissimi infatti i fine settimana in cui la base non ha avuto ospiti, da gennaio a maggio, con il sole, la pioggia e qualche volta con la neve. I gruppi ospiti si sono adattati durante l’inverno al refettorio scaldato con la stufa e le camere con i termosifoni elettrici; la base dovrebbe riuscire d offrire un servizio di riscaldamento più adeguato in occasione del prossimo inverno, contando sull’utilizzo dell’esistente sistema di riscaldamento basato su pompa di calore non ancora testato. Tra i gruppi ospitati non solo gruppi liguri, ma anche un reparto di Fossano, che ha apprezzato la pace della base cairese, immersa nel verde e il fascino della struttura . Come da accordi con l’amministrazione comunale, la base è stata aperta al pubblico, con visite guidate ogni domenica dalle 16 alle 19 per tutto maggio e giugno in via sperimentale. Il prof. Lorenzo Chiarlone, esperto di storia locale, ha affascinato i numerosi visitatori che hanno partecipano alle visite di maggio con ampie descrizioni e racconti dei trascorsi storici del convento di San Francesco, struttura del 1200 abitata dai Frati Francescani sino al 1807.

40


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.