Il nostro Vescovo Nicolò Anselmi sul Sinodo dei giovani
La sfida di educare maschi e femmine
Le foto della manifestazione del 26 gennaio 2019
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Se sta a cuore a noi...
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Poste Italiane spa - Spedizione in A.P. DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB Genova N° 47/anno XI - Febbraio 2019
Editoriale
SIL online!
Pag. 3 Se sta a cuore a noi...
Speciale Manifestazione pag. 4 Per Genova, aperta, accogliente e solidale.
Futuro Semplice Pag. 8 Una struttura regionale rinnovata e al gran completo
Pag. 9 Nuovi eletti in regione
Pag. 12 Botteghe R/S 4-5 Maggio 2019
Be prepared
Essere capi oggi
Pag. 13 Cittadinanza e cultura
Pag. 15 Domanda seria: se avessi la bacchetta magica cosa cambieresti ora in associazione?
Pag. 18 Diamo i numeri!
Fare Scautismo Pag. 22 Aldo Gastaldi: primo partigiano d'Italia, uomo della partenza.
Zoom Liguria
pag. 29 Ricordando Don Andrea
Pag. 24 Attività separata maschi/ femmine?!
Pag. 27 Una Route speciale
Pag. 31 In viaggio dalla Spezia ll'Africa con Gocce di Sorriso
Mondi Paralleli
pag. 33 In viaggio sull'Alta Via
Spiritualità Scout
pag. 36 Il sinodo dei Vescovi su Giovani, Fede e il Discernimento Vocazionale
Arte, Scout e Rock&Roll pag. 35 Non ancora degli Eugenio in Via di Gioia
Pag. 38 Kalipè
Bacheca Le Gioiose pag. 39 Happy Birthday to you!
Scautismo in Liguria - La redazione Periodico di proprietà dell’Agesci Liguria Vico Falamonica 1/10 16123 Genova Tel. 010.247.44.04 - Fax 010.247.43.08 Aut. del Tribunale n. 23 del 5 novembre 2004 Direttore Responsabile: Giuseppe Viscardi Direttore: Francesco Bavassano Redazione: Carlo Barbagelata, Stefano Barberis, Stefano Cavassa, Daniele Boeri, Andrea Borneto, Giorgio Costa, Stefania Dodero, Doris Fresco, Amelia Moro. Foto di copertina: Giulia Bergamaschi
Hanno collaborato: Nicolò Anselmi, Massimiliano Costa, Giacomo Montanari, Pattuglino Partecipazione Impaginazione: www.gooocom.it Stampa: Pixartprinting Spa Finito di impaginare il 30 marzo 2019 La tiratura di questo numero é stata di 1300 copie. Comunicazioni, articoli, foto e altro vanno inviati all'indirizzo stampa@liguria.agesci.it
editoriale
Se sta a cuore a noi... L’ I Care, il mi sta a cuore di donmilaniana memoria, è anche il tratto caratteristico di questo numero di SIL, con la sua duplice natura: l’attenzione necessaria a cogliere un bisogno e l’azione concreta di cura.
Agesci Liguria si è mossa. Lo ha fatto dopo un tempo di riflessione nel quale singoli capi e altre Regioni hanno preso posizione pubblicamente sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione, seguiti da un comunicato a livello nazionale. È stato un poderoso comunicato vivente. Eravamo in tanti, azzurri e verdi, il 26 Gennaio “Per Genova, aperta, accogliente e solidale”; qualche assente magari dubbioso, ma si respirava chiaramente un sentire comune. È stato un momento di partecipazione gioiosa, dai piccoli lupetti ai quadri, che è entrato cristallino nel dibattito pubblico e associativo e ha costituito un’occasione educativa.
È Giacomo Montanari a parlarci della necessità di saper curare la cultura dei luoghi e dei paesaggi nelle nostre attività, qui e anche nell’esordio online di SIL sul sito di Agesci Liguria! È il genovese Aldo Gastaldi, “primo partigiano d’Italia” a esemplificare l’uomo della Partenza. È Non ancora una canzone degli Eugenio in Via di Gioia, a dirci di agire, di non covare le nostre competenze, ma di spenderle. È Don Nicolò Anselmi, Vescovo Ausiliare di Genova, tornato dal Sinodo per i giovani, a parlarci del tempo lento necessario per la nostra vita spirituale.
D’altronde, come Agesci non siamo arrivati lì per caso: da Lampedusa al Brennero, il servizio a Ventimiglia, la veglia R/S di Albisola, l’accoglienza diretta nei nostri gruppi, il caso della Nave Diciotti e molto altro, da tempo. È stato il Patto Associativo a portarci lì, gli avvenimenti e il clima sociale a convincerci ad uscire dalle nostre sedi per manifestare con tanti altri, più o meno affini a noi. Questo momento non va trascurato nella sua importanza e rarità. Che la sua eredità non sia: “fatto, coscienza pulita”, ma rinnovata consapevolezza del nostro ruolo di agenzia educativa. Che l’attenzione di tutti rimanga comunque alta, per non scivolare in un attivismo politico e mediatico che non sarebbe la nostra cifra.
Numero ricco! Cito ancora, per la rubrica Essere Capi oggi, due articoli che ci danno il polso della situazione quello di Massimiliano Costa che ha analizzato i numeri di Agesci Liguria dal 1974 ad oggi e quello del pattuglino Partecipazione che ha chiesto a tutti "cosa faresti con una bacchetta magica?" Wingardium Leviosa Buona lettura, Francesco
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Speciale assemblea 2018
Foto di Giulia Bergamaschi
In quanto membri di questa Associazione siamo invitati a partecipare per sostenere ciò che è contenuto nel nostro Patto Associativo, convinti che la difesa dei diritti umani e la centralità della persona siano elemento fondante dell'essere buoni cittadini e cristiani.
Il Consiglio Regionale AGESCI Liguria, riunitosi il 20 gennaio 2019, ha deciso di aderire, assieme ad altre Associazioni, all'appello del coordinamento "Per Genova, aperta, accogliente e solidale". AGESCI Liguria, attraverso le proprie realtà e livelli associativi, che operano sull’intero territorio regionale, si farà parte attiva della riflessione che si sta innescando e che troverà la sua prima espressione nella manifestazione, che si terrà a Genova sabato 26 gennaio.
Ciascun Gruppo e ciascuna Unità è invitata a partecipare in uniforme nei modi che reputa più opportuni. Il Consiglio regionale AGESCI Liguria
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Futuro Semplice
A cura di Giorgio Costa
Una struttura regionale rinnovata e al gran completo Con l’ultima assemblea elettiva è stata completata la composizione del Comitato regionale e degli incaricati alle branche. Come tradizione li presentiamo in modo del tutto informale attraverso una brevissima intervista. Ci hanno trasmesso una grande carica ed entusiasmo. Supportiamoli sempre in questo loro nuovo servizio.
Sono ben sei i nuovi eletti che vanno a completare la squadra regionale. Una nuova Responsabile regionale, due membri importanti del comitato e tre incaricati alle Branche.
BIGNAMI: Come funziona la struttura regionale. I due Responsabili regionali e l’AE regionale, si avvalgono per operare di un Comitato composto da sei persone: un incaricato e un’incaricata alla Formazione capi, che si occupano di questo compito fondamentale della regione che organizza i CFT e i CFM; un incaricato e un’incaricata al coordinamento metodologico, che si occupano di “contenuti educativi” in particolare coordinando l’attività delle Branche; un incaricato e un’incaricata all’Organizzazione che si occupano di questioni tecniche e logistiche compreso i rapporti con lo Scoiattolo e con la Fondazione Gioiose (basi). Tutti i membri del Comitato sono eletti dall’Assemblea Regionale per quattro anni e possono essere rinnovati una sola volta per altri due. Solo l’AE è di nomina vescovile. L’Assemblea inoltre elegge gli incaricati regionali alle Branche, che coordinano le pattuglie regionali e partecipano con diritto di voto al Comitato Regionale allargato che si riunisce almeno tre volte l’anno. Il Comitato infine nomina fra i capi della Regione un incaricato alla Comunicazione, Un incaricato alla Protezione Civile e, in Regione Liguria, un incaricato al Settore Competenze, un’incaricata ai Foulard bianchi, un’incaricata al Settore Nautico, un incaricato e un’incaricata al Settore Giustizia Pace Nonviolenza. Tutti gli incaricati coordinano pattuglie regionali e si rapportano con le zone ma sono anche membri delle corrispondenti pattuglie nazionali. L’attività regionale è indirizzata dal Consiglio regionale che è composto oltre che da tutti gli incaricati di cui sopra, dai Responsabili di Zona, dagli AE di Zona e dai Consiglieri Generali oggi eletti in zona. Tutti i membri di Comitato e Consiglio li potete trovare sul sito regionale.
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Futuro Semplice
Nuovi eletti in regione
ANNA RISSO Responsabile Regionale
SARA LO PINTO Incaricata regionale alla Formazione Capi
Gruppo di origine: Levante, ma cresciuta nel “valle Scrivia” e passata per il “Tortona”. Lunga esperienza nello scautismo internazionale e di formatore nazionale.
Gruppo di origine: cresciuta nell’attuale Genova 4, poi capo a lungo anche nel Genova 14. Nella vita: medico legale.
Nella vita faccio il consulente informatico.
Obiettivi e interessi nello svolgere questo incarico.
Obiettivi e interessi nello svolgere questo incarico.
Mi piacciono e mi attirano tutti gli aspetti della Formazione capi. Mi sembra il momento giusto per dedicarmi alla formazione dei ragazzi di questa età che vogliono diventare capi educatori.
Ho sempre guardato la struttura Associativa dall’esterno, soprattutto quella regionale. Ora mi piace l’idea di poter essere utile nel mio territorio, nel quotidiano, per un’esperienza meno spettacolare come quella internazionale ma più vicina a tanti capi in gamba che non conosco.
Da chi è arrivata la "chiamata". Dal comitato e in particolare da Luca con il quale interagisco da tempo.
Da chi è arrivata la "chiamata". Direi dal comitato attraverso Luca che incontravo a Pattuglia nazionale di FoCa.
Nome di Totem: Girasole d’estate Cosa ti piace dello scautismo: un po tutto, la vita all aria aperta, l essenzialità, il fare assieme.
Nome di Totem: Paperotta idealista. Cosa ti piace dello scautismo: tutto il mondo che c è al suo interno, la varietà e l enorme ricchezza.
Cosa non ti piace dello scautismo: la burocrazia, quando si fanno troppe parole. Messaggio ai capi della Liguria: pensate sempre alla Formazione come ad un momento utile alla vostra crescita personale e non tanto come ad un adempimento burocratico.
Cosa non ti piace dello scautismo: quando il suo operato è insipido e non è in grado di lasciare il segno . Messaggio ai capi della Liguria: spero di conoscervi tutti e di condividere le tante cose belle che fate.
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LUCA BEVILACQUA Incaricato regionale al coordinamento metodologico
GIULIA VILLA Incaricata regionale alla Branca R/S Gruppo di origine: cresciuta e capo nel Genova 26
Gruppo di origine: cresciuto e capo nel Savona 8.
Nella vita Specializzanda come Medico di Famiglia
Nella vita: ingegnere in una grande azienda genovese.
Obiettivi e interessi nello svolgere questo incarico.
Obiettivi e interessi nello svolgere questo incarico.
Sono contenta di mettermi al servizio dei capi RS di tutti i ragazzi della Branca. Mi attira molto anche il confronto a livello nazionale di una Branca fondamentale per l’agire dell’Associazione sul territorio.
Sono contento di poter rendermi utile a livello regionale sperando di produrre sempre ricadute concrete sui ragazzi. Gli obiettivi sono quelli del ruolo, molto stimolanti. La ricerca di unitarietà delle proposte e del metodo.
Da chi è arrivata la "chiamata": avevo lavorato da tempo in pattuglia regionale e la mia candidatura era stata preparata da Alessandro e Michela.
Da chi è arrivata la "chiamata": in particolare da Federica attraverso amicizie comuni cresciute in ambito RS.
Nome di Totem: Cavallina pasticciona
Nome di Totem: Ippocampo metodico
Cosa ti piace dello scautismo: fare strada, partire dalle piccole comunità per arrivare a migliorare la comunità globale, migliorarsi sempre per servire meglio il prossimo.
Cosa ti piace dello scautismo: quando vedi le risposte o le ricadute delle proposte e delle attività fatte. Cosa non ti piace dello scautismo: il contrario, quando non vedi risposte anche a fronte di un grande impegno e di un grande sforzo profuso.
Cosa non ti piace dello scautismo: partecipare ad eventi che non generino “cambiamenti”. Messaggio ai capi della Liguria: non dimentichiamoci mai del vecchio motto ”del nostro meglio!”
Messaggio ai capi della Liguria: Siamo qui al vostro servizio a vostra disposizione, non temete il confronto venite a cercarci su qualunque aspetto di metodo o contenuto.
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GIORGIO MASIO Incaricato regionale alla Branca R/S
PAOLO CASTELNOVI Incaricato regionale alla Branca E/G
Gruppo di origine: cresciuto e capo nel Savona 3.
Gruppo di origine: cresciuto e capo nell’Arenzano 1.
Nella vita: Birraio (3°premio nazionale nel 2018 .)
Nella vita: educatore, inserimenti lavorativi.
Obiettivi e interessi nello svolgere questo incarico In particolare ritengo importante in questo momento sviluppare percorsi associativi significativi per la Branca RS che è sempre più protagonista soprattutto verso l esterno. Da chi è arrivata la "chiamata". Dopo un bel lavoro di gruppo nella pattuglia Alessandro e Michela mi hanno lasciato questa eredità. Nome di Totem: Pico (De Paperis sottinteso) Cosa ti piace dello scautismo: la spiritualità della Strada, il senso della Strada, inteso come apertura all esperienza e alla novità. Cosa non ti piace dello scautismo: autoreferenzialità. Messaggio ai capi della Liguria: Provate a lasciarvi cambiare dai vostri ragazzi!
Obiettivi e interessi nello svolgere questo incarico Mi piace tutto il lavoro della Branca. In particolare vorrei sviluppare ancora tutte quelle attività collegate alle specialità e alle competenze, fondamentali in reparto. Da chi è arrivata la "chiamata". Sicuramente da Letizia e dal suo entusiasmo. Nome di Totem: panda burlone Cosa ti piace dello scautismo: tutto ciò che è correlato al lavoro manuale e soprattutto l idea di lavorare per formare un buon cittadino . Cosa non ti piace dello scautismo: difficile da dire, sicuramente l impatto con idee conservatrici diffidenti verso la possibilità di cambiare, quelle rigidità anacronistiche che non fanno crescere. Messaggio ai capi della Liguria: non è necessario che ogni capo sia supercompetente, metti a disposizione un po del tuo tempo e la passione, la competenza verrà un poco alla volta.
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Futuro Semplice
A cura della Branca R/S
Botteghe R/S 4-5 Maggio 2019 #CASALORO, Genova
"LA VERITÀ VI FARÀ LIBERI": LO SCOUTING AL TEMPO DELLE FAKE NEWS., Savona
CLEOPA ED IO, Spezia
ORA LEGALE! Sarzana (Sp)
CONOSCI TE STESSO IN CANOA Spezia. Indicata per Noviziato e 1 anno di clan, è preferibile saper nuotare.
SCATENATI! Genova
Humans 3.0, Genova
SCOUT DA SALOTTO O DA NAUFRAGIO? Deserto di Varazze
I SUOI SANDALI, I TUOI PASSI, LA MIA STRADA, Genova Voltri
SERVE THE CHILDREN Ospedale Gaslini e dintorni. Solo per maggiorenni.
IO NON ME NE FREGO! PASSI DI RESISTENZA OGGI COME IERI. Genova Voltri
SULLA MIA STRADA VOI CHI DITE CHE IO SIA? STORIE DI MIGRANTI Val Gargassa. Ventimiglia
È TEMPO DI EPPPI! • • • • •
uno strumento concreto e verificabile del punto della strada, un passo di coraggio per giocarsi in un contesto diverso dalla propria comunità, approfondire temi nuovi vivere esperienze diverse dal solito riportare tutto nel proprio clan!
…Le botteghe • Quando? Il 4 e 5 maggio in tutta la Liguria! • Le descrizioni in dettaglio degli eventi saranno a breve disponibili sul sito • Le iscrizioni per le botteghe apriranno il 20 marzo 2019 e chiuderanno il 15 aprile su Buona Caccia. Le ROSS primaverili in Liguria saranno: • 25 – 30 aprile 2019 Federica Berlanda - Andrea Bisogno; • 25 – 30 aprile Sara Pacetta - Giorgio Masio. • Iscrizioni su Buona Caccia dal 4 marzo. 12
Cittadinanza e cultura Dopo la recente tavola rotonda “Be prepared”, un intervento per approfondire l’intreccio tra competenza, cultura ed educazione.
Foto di Luca Frisone
“La testa nel cielo è vero, ma il camminare ti entra da terra”. La banalità della citazione di Scouting for Boys spero possa essere scusata dal soffermarsi qualche secondo in più sul significato sotteso a queste parole, ben più profondo e carnale di una semplice metafora della route come stile di vita. Come uomini del fare, la formazione che proponiamo nelle nostre unità è quella dell’esperienza, del confronto diretto, dello sporcarsi le mani con la concretezza delle scelte, costituite sempre da due momenti – entrambi decisivi: l’analisi della situazione e la messa in pratica di azioni. Oggi questi due momenti che tendono alla scelta consapevole sono uno degli strumenti più solidi di analisi critica di un mondo che -
anziché complicarsi - si sta drammaticamente semplificando in opposizioni nette e intollerabili: la tradizione contro la realtà delle nostre comunità; la sicurezza contro l’inclusione; il progresso contro il territorio; l’emozione contro la cultura; la velocità contro una più salutare “lentezza”. Chi oggi pretenda di educare non può prescindere da questo: per quanto sempre più sradicati dalla nostra storia, dai nostri luoghi, dalle nostre (reali) radici, sempre più dimentichi della nostra millenaria cultura oggi - al contrario - siamo disposti a farcene insegnare il bignami da chi - a diverso titolo - pretende di offrircene l’estratto migliore. È invece il processo contrario a restituire la reale profondità e il concreto valore (tangibile e spendibile) del patrimonio culturale del nostro Paese: l’acquisizione di competenze che vadano al di là delle pagine web, della retorica nazionalista o del “riassunto” da ufficio del turismo. La competenza come conoscenza del territorio e dei suoi landmark non è sfoggio di erudizione, ma è immedesimazione nelle mani che quella terra hanno smosso, che quelle pietre hanno cavato; è condivisione di prospettive con quegli occhi che hanno costruito paesi, città, strade ancora da pensare; è farsi carne e sangue, piedi, mani, testa, cuore degli uomini che hanno segnato quel paesaggio con le loro scelte personali e di comunità. La retorica dominante, che condanna senz’appello la conoscenza come elitarismo, ha come solo obiettivo l’atto
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Be prepared
A cura di Giacomo Montanari
Tanti anni fa, valicando il Colle delle Finestre partendo da Entracque, scoprii non senza commozione che i nostri scarponi erano transitati sulle tracce dei passi affannati di chi - a volte invano - aveva tentato di fuggire il regime fascista. Mi sono sempre rammaricato dell’occasione perduta nel non aver saputo costruire, con quei novizi, un percorso che non fosse solo “fisico”, ma che tenesse conto del valore di testimoni che quelle pietre e quelle caserme (ora) silenti avevano avuto nella storia recente dell’Europa. Ed è lo stesso per ogni chiesa, palazzo, pieve, paese, ogni luogo (d’arte e non) in cui ci troviamo ad agire come educatori.
eversivo di scompigliare gli strumenti più puri che possono permetterci di leggere la realtà e di progettare il futuro. Conoscere (e studiare) non significa impartire lezioni o assurgere a un più alto livello socio-culturale: significa farsi promotori di nuove modalità per conoscere il mondo, a partire dai risultati ereditati da chi ci ha preceduto. Mettere a frutto un’eredità (difatti, in inglese, il patrimonio è appunto l’Heritage) che ci rende cittadini del mondo e del nostro paese. Cosa ha a che fare, questo, con il metodo educativo scout? Tutto. Con le nostre unità viviamo chiese in popolosi quartieri cittadini; abbazie remote; passi alpini; fortificazioni di confini che (apparentemente) non esistono più; sentieri che furono trincee per difendersi dal nemico o antiche vie di transito per un fiorente commercio.
Non è certo richiesto di essere specialisti in ogni campo - sia chiaro - ma la consapevolezza di poter essere efficaci mediatori di un messaggio, risiede tra le necessarie competenze di un capo che voglia offrire strumenti e chiavi di lettura ai suoi ragazzi. Al di là poi dell’acquisizione di specifiche competenze (per le quali esistono gli esperti delle diverse discipline, che non è - quasi mai - una cattiva idea coinvolgere come testimoni), è lo sguardo a dover essere diverso: far precedere, senza neppure porsi il problema, l’attività sul luogo in cui essa verrà svolta, è una leggerezza che rischia di fare di noi più animatori che educatori. Un rischio che, al netto delle difficoltà che la nostra società sta vivendo, dobbiamo essere in grado di non correre.
Camminiamo nella storia, ma nella maggioranza dei casi rinunciamo a coglierne il profondo valore educativo. Invece, proprio dal saper riconoscere quei segni (artistici, storici, paesaggistici), passa la più grande lezione che il patrimonio culturale (nella sua più ampia accezione) può oggi fornirci: è la relazione con il territorio a forgiare le comunità e a farle vivere. Forse, addirittura, è il territorio stesso (la natura, se vogliamo ampliare a dismisura il concetto) a determinare le necessità dei gruppi umani. Per fare un esempio assai retorico, la prima preoccupazione della neonata comunità francescana fu quella di ri-conoscersi, ri-costruendo una chiesa e adornandola con una croce. Non si tratta di una metafora, ma di una reale identità che s’intesse tra gli uomini e i luoghi. Oggi i tanti Capi che svolgono servizio in Associazione dovrebbero sapere riconoscere questa identità, facendosi per primi portatori di questa conoscenza e di questa memoria: recuperare il racconto come strumento sia educativo, sia formativo, ma trasportandolo fuori dal fantastico per diventare narrazione della concretezza del reale.
Giacomo Montanari è storico dell’arte e divulgatore scientifico. Collabora con l’Università e il Comune di Genova ed è Curatore Scientifico delle manifestazioni relative al Patrimonio UNESCO dei Palazzi dei Rolli. È stato Responsabile della ex Zona Centro e IaBZ R/S
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Essere Capi oggi
A cura del Pattuglino Partecipazione
Domanda seria: se avessi la bacchetta magica cosa cambieresti ora in associazione? I risultati del sondaggio
Se avete partecipato all’Assemblea regionale al PalaCep, lo scorso 2 dicembre, avete notato come il Comitato abbia adottato nuove modalità di registrazione dei partecipanti, attraverso un Google Form. Il modulo di registrazione si chiudeva con una “domanda seria per migliorare l’Associazione: se avessi la bacchetta magica, cosa cambieresti ora in Associazione?”. La proposta è giunta dal Pattuglino Partecipazione.
i momenti assembleari più partecipati e più concreti anche alla luce dell’ultima Riforma Leonardo…di cui forse non sappiamo ancora abbastanza! Abbiamo allora deciso di “misurare la febbre” all’Associazione, proponendo la singolare domanda nel modulo di registrazione. Ecco quindi i dati: le risposte sono state 438. Questa la distribuzione fra le zone:
Il Pattuglino Partecipazione è stato costituito più o meno nello stesso periodo del pattuglino Amore, ma non ha avuto la stessa fortuna: in origine composto da circa una ventina di persone delle diverse zone, è andato via via perdendo pezzi, senza peraltro riuscire a incontrarsi. Insomma, il Pattuglino Partecipazione stava per morire per assenza di partecipazione. Con un sussulto di orgoglio, alcuni dei pochi superstiti sono riusciti ad incontrarsi il giorno prima dell’assemblea, ricevendo il mandato dai Responsabili Regionali di proseguire, o meglio, di iniziare a lavorare sul tema, per rendere
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Comitato Regionale
14
Zona Alpi Liguri
55
Zona Alta Via
61
Zona Tramontana
83
Zona Diamante
105
Zona Tre Golfi
98
Zona La Spezia
22
TOTALE
438
Come abbiamo processato le risposte?
Come prima cosa ci teniamo a sottolineare che 7 persone userebbero la bacchetta magica per “non fare domande nel form di iscrizione”. Non hanno gradito la nostra idea.
L’analisi è stata effettuata in due passaggi: con il primo abbiamo trasformato ogni risposta aperta in una risposta di sintesi equivalente. Quindi, per fare un esempio, la risposta di sintesi “Fo.Ca. - flessibilità e campi a moduli” racchiude risposte aperte del tipo: più apertura alle idee “strane” (cfm a moduli anyone???); campi di formazione divisi in più weekend; formazione a tappe; campi di formazione più accessibili; flessibilità maggiore sulla formazione, etc..
CAMBIAMENTO RICHIESTO Meno burocrazia
60
FO.CA. flessibilità e campi a moduli
27
Assemblea regionale
23
Iter di FO.CA.
20
Flessibilità/Meno impegni
18
Comunicazione - strumenti
16
Apertura mentale
15
Partecipazione associativa
14
FO.CA. più campi
12
Competenze
10
Comunicazione e rapporti fra gruppi
9
Presa posizione su temi sociopolitici
8
No a domanda nel form iscrizione
7
FO.CA. altro
7
Capi gay- presa posizione
7
Zona - migliorarla
6
Concretezza - più azione
6
Semafori
5
Rapporti fra livelli
5
AE
5
Altro
83
Nessun cambiamento
32
Non sa
18
Non risponde
25
TOTALE
438
Questo schema è stato applicato ad ogni risposta. Abbiamo poi deciso che tutte le risposte aperte che non ricorrevano almeno 5 volte finissero in una categoria “altro”, che è risultata la più ricca.
La tabella dimostra alcune tendenze evidenti: · Il punto di gran lunga maggiormente critico è l’insofferenza per gli aspetti burocratici dell’Associazione: il termine burocrazia ricorre per ben 44 volte nelle risposte, quindi in più di una risposta ogni 10. Tuttavia questa insofferenza generalizzata sembra un po’ “Fine a se stessa” o sicuramente poco dettagliata senza dare particolari indicazioni su quale burocrazia ci dia più fastidio. · Secondo cambiamento atteso è l’introduzione di una maggiore flessibilità nell’iter di Fo.Ca., per venire incontro alle esigenze dei capi e ai censimenti dei gruppi · Anche il tema dell’Assemblea regionale è molto sentito, con accenti diversi: chi auspica un giorno solo (e quindi non vorrebbe i laboratori il giorno prima); chi toglierebbe le assemblee regionali e vorrebbe meno democrazia diretta; chi più genericamente cambierebbe l’assemblea regionale.
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Abbiamo poi fatto un passo ulteriore, andando a individuare degli ambiti di risposte omogenee, ponendo come criterio che un ambito, per essere autonomo, dovesse ricorrere almeno 20 volte ottenendo la seguente tabella:
AMBITO
CAMBIAMENTO RICHIESTO
N.
FO.CA.
autorizzazioni; competenze; FO.CA. - flessibilità e campi a moduli; FO.CA. - iter; FO.CA. - più campi; FO.CA. - altro
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sostenibilità
concretezza; flessibilità / meno impegni; meno burocrazia
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luoghi e strument della partecipazione
assemblea regionale; comunicazione – strumenti; comunicazione e rapporti fra gruppi; partecipazione associativa; rapporti fra livelli; zona; altro
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frontiera
apertura mentale; capi omosessuali - presa di posizione; presa posizione su temi socio-politici; altro
36
altro
AE; no a domanda nel form iscrizione; altro
92
nessun cambiamento
nulla
32
non sa / non risponde
non risponde; non sa;
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Cosa salta agli occhi? Tre sono gli ambiti critici: FO.CA., sostenibilità del servizio e partecipazione. Il loro peso si equivale e sono comunque riconducibili all’ambito dell’organizzazione associativa e del suo funzionamento. Abbiamo poi un quarto ambito, che vale la metà di ciascuno dei primi tre, che attiene invece al posizionamento politico-sociale dell’Associazione e che abbiamo chiamato “frontiera”. Ma forse la vera sorpresa non è da cercare in ciò che si trova fra le risposte, ma in ciò che manca: il metodo e i ragazzi. L’unica risposta strettamente metodologica è: “rivedrei la divisione degli anni di LC e RS”. Una risposta su 438. Cosa significa questo? Non c’è una risposta sicura. Sicuramente il contesto dell’Assemblea regionale invitava a ragionare di più sulla struttura che sull’azione educativa. Resta però singolare il fatto che nessun tema strettamente educativo sia apparso come critico. Vuol forse dire che non abbiamo a cuore il tema? Oppure che ci sentiamo così bravi nell’azione educativa che non è ad essa che pensiamo quando ci viene chiesto cosa cambiare in Associazione? Chissà… al Consiglio regionale di gennaio qualcuno ha affermato che siamo diventati così bravi ad “abitare le domande”, come ci piace spesso affermare, che “nelle domande abbiamo preso pure la residenza”. Con questo piccolo lavoro il Pattuglino Partecipazione ha voluto provare ad abitare anche qualche risposta. Lasciamo ora alle nostre zone a lavorare su questi temi per rendere la nostra associazione più vera, più forte, più partecipe per il bene dei nostri ragazzi.
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Essere Capi oggi
A cura di Massimiliano Costa
Diamo i numeri! I numeri di Agesci Liguria dal 1974 a oggi, capitolo 1 di 2.
Nota di redazione: abbiamo chiesto a (San) Massimiliano di analizzare i numeri di Agesci Liguria dalla nascita (1974) ad oggi. Dagli archivi emergono molte tendenze interessanti; in questo numero pubblichiamo solo quelle più generali. Nel prossimo scenderemo nel dettaglio, con attenzione particolare alla permanenza dei capi giovani. Per uno sguardo più informato su come siamo giunti al nostro “Essere Capi Oggi”. Alcune brevi riflessioni
1) Sul numero delle unità Le unità censite riflettono nei primi anni dell’AGESCI un forte incremento dovuto soprattutto all’aumento dei censiti avvenuto dopo l’unificazione di AGI ed ASCI. Le unità nei primi anni solo raramente erano miste, poi progressivamente, prima la branca RS (attorno al ’90) poi la branca LC (attorno al 2000) ed infine la branca EG ha censito unità totalmente o in grande maggioranza quali unità miste, diminuendo chiaramente nel numero. I gruppi fino alla fine degli anni ’90 sono sempre risultati in aumento per poi calare progressivamente e stabilizzarsi poco sopra i sessanta. Le unità nei primi anni ’90 sono sempre state oltre 300 mentre nell’ultimo quinquennio si sono stabilizzate poco sopra le 230. Il numero delle unità è relazionato al numero dei ragazzi e al numero dei capi, oggi i gruppi sono più piccoli di qualche decennio fa.
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2) Sul numero dei censiti Il numero dei censiti è progressivamente salito nei primi quindici anni per rimanere oltre le 9000 unità dal 1988 al 1995. Successivamente è iniziato a scendere stabilizzandosi poco sotto le 7000 unità. Nei primi vent’anni di associazione i capi sono raddoppiati, negli ultimi venti sono sostanzialmente rimasti tra le 1100 e le 1200 unità. La branca RS nei primi vent’anni è cresciuta velocemente rimanendo per molto tempo in numero superiore alle coca mentre poi la sua diminuzione ha comportato che in alcuni anni, tra gli ultimi, in numero dei capi è superiore i rover e scolte. Tra la branca EG e la branca RS il numero dei ragazzi da sempre sostanzialmente si dimezza. La branca EG è sempre stata la più numerosa, poi tra il 1990 ed il 2000 ha avuto un fortissimo calo (oltre il 30%), soprattutto nei ragazzi delle alte sq. e la branca LC oggi è di gran lunga la più numerosa. Il forte calo dei censiti, non negli adulti, trova anche rispondenza nel calo dei minori nella popolazione ligure registratori negli ultimi decenni, non compensato dall’ingresso in associazione di minori stranieri. I sacerdoti sono in un numero poco superiore al numero dei gruppi, tra gli anni ’80 e ’90 erano quasi il doppio di oggi, ciò trova motivo nel calo generalizzato, in tutte le diocesi, del numero dei preti.
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3) Sui maschi e le femmine In questi 45 anni di Agesci il numero complessivo dei maschi è stato il 56% a fronte del 44% delle femmine. Al momento dell’unificazione i maschi erano il 75% mentre oggi sono il 52%. L’aumento delle femmine è stato costante fino al 2000 poi il rapporto percentuale si è stabilizzato attorno ai valori attuali. Anche tra i capi si avuto lo stesso andamento stabilizzandosi sulla media generale un decennio più tardi.
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4) Sul rapporto ragazzi/capi e capi/unità Il rapporto numerico tra capi e ragazzi era molto alto nei primi anni oltre 10 ragazzi per capo. Poi con il crescere delle unità miste la necessità di più capi ha fatto dimezzare tale rapporto attorno al 2000 ove si è posizionato in quasi 6 ragazzi per capo diminuendo fino ai 5,5 di oggi. Parallelamente il numero dei capi per unità è partito da poco più di 2 per arrivare a 4 nel 2000 e quasi a 4,5 oggi. Questa situazione all’inizio è dipesa dall’aumento delle unità miste, poi forse esiste anche una tendenza a moltiplicare i capi nelle unità per le molte incombenze che si hanno. Qualcosa può anche giocare il numero di capi censiti che però di fatto non prestano servizio diretto con i ragazzi, cosa che nei primi decenni non era nei fatti mai praticata, si verificava forse il contrario, ovvero capi che svolgevano più di un servizio.
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Fare Scautismo
A cura di Stefano Barberis
Aldo Gastaldi: primo partigiano d'Italia, uomo della Partenza. Da questa fede nasceva il suo spiccato senso di responsabilità, nel senso della capacità di rispondere a quello che Dio gli chiedeva, attraverso i fatti che gli capitavano: di mettere la firma sua e di Dio sulla propria vita come dice Lèzard (SCELTA DI FEDE). Al di là di qualsiasi ideologia, ma profondamente calato nelle emergenze del mondo in cui viveva (SCELTA POLITICA), Bisagno combatté per amore della sua Patria e dei suoi concittadini, pronto a servire la sua patria come recitiamo nella nostra promessa. Come si evince dal bellissimo documentario di Marco Gandolfo (disponibile anche in streaming su RAI Click), visse il dramma di dover utilizzare le armi, delle quali seppe fare l’uso più adeguato possibile, senza mai farsene dominare, né diventando un sanguinario; pur avendo un mitra in mano, continuò a guardare l’uomo anche nel nemico. Tutti sapevano che chiunque fosse stato fatto prigioniero di Bisagno, non sarebbe stato fucilato. La sua linea fu sempre la stessa: “ Chi sono io per decidere della vita dell’uomo che ho davanti?”. Anche quando avrebbe potuto sbarazzarsi di un gran numero di nemici, il suo pensiero era: “Anche loro hanno una madre che li aspetta a casa”. L’altro suo principio era quello di combattere l’avversario, con l’intenzione di portarlo dalla propria parte,
Ho scoperto la figura di Aldo Gastaldi attraverso un incontro con il suo nipote omonimo, Aldo con cui ho avuto piacere di collaborare per lavoro. Avevo appena iniziato il dottorato, ero un giovane Akela con tanti sogni in tasca e la prima cosa che ho pensato incontrando Bisagno per la prima volta fu: “Caspita, sono già più vecchio di lui!”. Leggendo le storie di Aldo, le sue testimonianze emergeva infatti la storia di un ragazzo di 22-23 anni, fervente cattolico, medaglia d’Oro al valor militare per le sue gesta durante la Resistenza e anche Bronze Star Medal, il più alto riconoscimento al valor militare che gli Stati Uniti concedevano agli stranieri. Leggendo e rileggendo la sua storia e diventato poi capo clan ho sempre di più visto Bisagno come un esempio di “uomo della Partenza”, quanto mai semplice, incisivo, concreto e attuale per i nostri ragazzi. Aldo: un ragazzo semplice e di poche parole, come tutti noi liguri, così distante dai nostri ragazzi eppure così vicino a loro, seppur la sua fede cattolica non germogliasse da alcun movimento, associazione o oratorio ma era essenzialmente il frutto dell’educazione religiosa ricevuta in famiglia. 22
come spesso fece con grande accuratezza (una volta si travestì da Alpino, introducendosi in un accampamento di Alpini avversari), ma mettendo sempre a repentaglio la propria vita. E mai quella dei suoi uomini (SCELTA DI SERVIZIO) che guidava come il miglior Capo Squadriglia da “ultimo della fila”: ultimo tra i suoi (quando c’era da prendere il pasto o da chiudere una fila in una missione pericolosa) insegnava a tutti i ragazzi della Brigata Cichero a non bestemmiare, non importunare donne e abitanti dei paesi locali, a chiedere sempre “Per Favore” , a non prendere tessere di partito, non per apostasia politica, ma per dare loro l’opportunità a quei giovani cresciuti senza riferimento di creare il proprio pensiero. Per loro Bisagno fu qualcosa di più di un comandante: fu un Fratello Maggiore, diventando così anche esempio per noi capi oltre che di Uomo della Partenza per i nostri ragazzi. Bisagno aveva visto infatti la Resistenza come una storica occasione per far nascere degli uomini liberi, laddove quelli che “aveva sotto di sé”, erano tutti ragazzi nati nel ventennio. Il suo carisma si esprimeva più che con le parole, con l’esempio concreto: spesso dormiva di notte “tappando” con la schiena le porte dei fienili dove i suoi partigiani si nascondevano nelle fredde notti intorno a Fascia e al Ramaceto. Come accadde il giorno della sua morte. Bisagno, infatti morì un mese dopo la liberazione, il 21 maggio 1945, riaccompagnando a casa gli Alpini del battaglione Vestone che lui stesso aveva convinto a passare alle file partigiane. Erano partiti dalle loro case in Lombardia e Veneto con l’etichetta di fascisti e repubblichini: se fossero tornati a casa da soli, avrebbero conservato l’etichetta di fascisti e sarebbero stati perseguitati.
Bisagno si prese l’incarico di riaccompagnarli personalmente a casa e garantire a tutti che era gente che aveva fatto la Resistenza con lui. Si disse che rientrando dopo aver accompagnato l’ultimo partigiano, vi fu un incidente stradale e lui cadde dal tetto della camionetta in cui viaggiava e morì. Aldo Gastaldi parla di una Resistenza fatta di coraggio e di fiducia in Dio, di gesti semplici e di amor di Patria. Ce ne parla dai sentieri delle nostre montagne, della nostra Liguria, dalle strade della nostra Genova dove anche qui si è fatta Resistenza: quei sentieri e strade che a volte i nostri ragazzi non sanno essere così vicini, sia geograficamente che umanamente alle loro vite. Aldo ci insegna a essere concreti, a prendere in mano a 20 anni la nostra vita come ha fatto lui, a non avere paura di gridare contro ciò che è ingiusto ricordandoci soprattutto che “Per combattere il falso, lo sgradevole, il disonesto, l’ingiusto, è necessario essere leali, onesti e giusti”. Parliamo di Aldo ai nostri ragazzi, raccontiamo la sua storia e raccontiamo la storia di tanti “partenti” della loro età che decisero di andare in montagna per noi. Ricordarci che siamo un’associazione anti-fascista è quanto mai importante in questo momento ed Aldo Gastaldi ha preso la partenza come noi.
IL 4-5 Maggio 2019 si terrà una Bottega R/S ispirata ad Aldo Gastaldi dal titolo: Io NON me ne frego! Passi di resistenza oggi come ieri.
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Fare Scautismo A cura di Amelia Moro
Attività separata maschi / femmine?! Una riflessione sui generi(s) si siano divertite, e di per sé si trattava di un’innocua attività di mani abili, ma dentro di me sentivo di aver mancato la finalità educativa che avrei dovuto raggiungere. Per porre in qualche modo rimedio ai miei “errori” del passato, dare qualche spunto a giovani capi che magari hanno avuto le mie stesse perplessità, o anche solo stimolare una discussione, propongo le riflessioni che ho sviluppato col tempo rispetto a questo argomento.
Comincio con una confessione: all’inizio avevo completamente frainteso il senso dell’attività separata tra maschi e femmine. Mi chiedevo che cosa organizzare per le sorelline, e con un po’ di ingenuità e inesperienza, il primo anno credetti di dover pensare a un “gioco da femmine”: così, in un piovoso pomeriggio di campo estivo, intrecciammo braccialetti e collane, mentre i fratellini in un’altra stanza imparavano mosse di lotta sui materassi. Credo che tutte 24
Maschi e femmine sono diversi? Certo. Ma in cosa sono diversi? Al di là dell’anatomia, esistono delle caratteristiche caratteriali prettamente femminili, e altre prettamente maschili? Ne discutemmo per un’attività di co.ca, e io non riuscivo a venirne a capo. Forse le femmine sono più riflessive, e i maschi più pragmatici? Sì, può darsi, in linea di massima, ma dentro la mia testa comparivano subito esempi di amici o amiche che smentivano questi esempi. Mi sembrava che fosse una forzatura, una semplificazione, attribuire qualunque aggettivo di questo tipo agli uni o alle altre. Che cosa c’è di male nel fatto che i vecchi lupi propongano alle bambine di intrecciare collane e ai maschi giocare alla lotta? Il problema, secondo me, sta nel fatto che stavo offrendo loro uno stereotipo (definizione da vocabolario: modello convenzionale di atteggiamento, di discorso ecc. In particolare, in psicologia, opinione precostituita, generalizzata e semplicistica, che non si fonda cioè sulla valutazione personale dei singoli casi ma si ripete meccanicamente, su persone o avvenimenti e situazioni). Del resto, proprio nel regolamento metodologico è indicato come uno degli obiettivi alla voce “educazione all’amore e coeducazione” il superamento della ruolizzazione stereotipata dei sessi. Ma quindi come mostrare che siamo diversi, senza ricadere nel tranello della semplificazione banale? Esiste un altro modo di affrontare la questione, ed è quello di ragionare per archetipi. Gli archetipi, secondo Jung, sono immagini primordiali contenute nell’inconscio collettivo, che si manifestano attraverso i miti, i racconti, le leggende. Semplificando molto, possiamo dire che ragionare per stereotipi significa pensare che, ad esempio, al maschile corrisponda la forza, e al femminile la grazia; mentre ragionare per
archetipi significa riconoscere che esiste una forza maschile, e che esiste una forza femminile; e, allo stesso modo, che esiste una grazia femminile, e che esiste una grazia maschile. Dunque, per fare un esempio, all’archetipo dell’eroe, come ad esempio Ares (il dio della guerra), corrisponde un’eroina: Atena, la dea nata già con l’armatura (oppure, facciamo un riferimento più nerd: Eowyn, la principessa guerriera del Signore degli anelli, o Arya in Game of thrones, o ancora S.Giovanna d’Arco). Tutti possiamo risvegliare queste doti in noi, ciascuno lo farà in un modo specifico. E quindi, veramente i maschi sono “pratici”, e le femmine sono “sensibili”? Non penso proprio. Guardate le vostre guide che con saracco e scalpello tirano su le costruzioni, o il rover che consola un fratellino che piange. E dunque c’è qualcosa di specifico da fare nell’attività di separata? Secondo me, no. E questo perché la femminilità sarà data già dall’ambiente: il valore dell’esperienza non sta nel tipo di gioco, ma nel fatto che a giocarlo sono, appunto, tutte femmine: e dunque se si giocherà a calcio sarà, inevitabilmente, un calcio femminile, se si reciterà, si farà una recita femminile. E per i maschi, ovviamente, viceversa. Aggiungo due suggerimenti pratici: un testo da cui si potrebbe partire per ideare delle attività è Storie della buona notte per bambine ribelli, una raccolta di 100 brevi storie basate sulle vite di 100 “eroine” moderne, dalla giornalista Anna Politkovskaja, alla pittrice Frida Kahlo, all’attivista Malala Yousafzai, alla scienziata Marie Curie, e tante altre. Sceglierne una, raccontarne la storia e poi “giocarla” può essere un buon punto di partenza per trasmettere attraverso una morale indiretta, come siamo soliti fare noi scout, il messaggio che le nostre sorelline
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be da scrivere, tuttavia sono convinta che nella cassetta degli attrezzi del metodo scout ci siano già tanti strumenti utili, che a volte mettiamo in atto senza neppure accorgercene, e che silenziosamente agiscono e lasciano tracce durature quanto e forse più di un’attività pensata ad hoc: esisterà pure lo stereotipo secondo cui spetta alle donne accudire, ma noi chiediamo ai nostri rover, non meno che alle scolte, di imparare a prendersi cura dei fratellini e di cantare loro l’Ula ula prima che si addormentino; esisterà pure lo stereotipo che la forza e la grinta sono prerogativa dei maschi, ma noi chiediamo alle nostre guide non meno che ai nostri esploratori di camminare con zaino e tenda sulle spalle.
e guide non dovranno per forza nella vita essere principesse da salvare, ma anche Giovanne d’Arco piene di forze e di grinta per lottare per quello a cui tengono. Volendo invece affrontare la questione di genere in modo diretto e innescare una bella discussione in e/g, o magari addirittura come spunto per un capitolo in r/s, consiglio il canale youtube Cmdrp che affronta con brevi video, divulgativi e semplici, ma non per questo superficiali, varie questioni inerenti al tema: il senso del femminismo oggi, il significato di parità di genere, il mansplaining, le quote rosa e moltissimo altro. Concludo con una considerazione: il tema è complesso, amplissimo, e molto altro ci sareb-
Ecco due link per approfondire il pensiero di Agesci sul tema della coeducazione di maschi e femmine. Diarchia e coeducazione, Consiglio Generale 2009,
Donne e uomini (non solo gente), Proposta Educativa 2015
https://www.agesci.it/?wpfb_dl=1682
https://pe.agesci.it/rivista/donne-e-uomininon-solo-gente/
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Fare Scautismo A cura del Clan Sand Creek, Ge XX
Una Route speciale Da Treviso a Chioggia in canoa passando dal fiume alla laguna veneta
La nostra Route in canoa inizia a Treviso sulle sponde del fiume Sile, un fiume placido che nasce direttamente da sotto terra (è il più lungo fiume risorgivo d’Europa) e per 95 chilometri attraversa il Veneto per immettersi nella Laguna Veneta. Molti di noi non sono mai stati in canoa e appena tutte le imbarcazioni sono in acqua, molti equipaggi iniziano a girare un po’ a caso per il fiume per capire come si usano le pagaie, destando ilarità nei passanti. Facciamo un po’ ridere e sembriamo un po’ ubriachi perché le canoe, ovviamente, vanno dove vogliono e, soprattutto, dove porta la pur debole corrente del fiume. E pensare che abbiamo anche grandi progetti, perché lo scopo di questa Route è discendere il fiume Sile fine alle cosiddette “PorteGrandi” che ci immetteranno con un sistema di chiuse nell’immensa Laguna Veneta, per poi attraversarla per tutta la sua lunghezza fino a Chioggia dopo aver passato Venezia e molte altre isole.
Naturalmente la canoa a due posti che riusciamo a stento a governare, non porta solo noi ma anche i nostri bagagli, le tende, il cibo, ecc. resi impermeabili …. Insomma… tutto il normale ben di Dio che ci portiamo in Route per essere autosufficienti ovviamente in assenza di appoggi esterni. Prima di partire ci siamo procurati le canoe dagli scout del posto e un po’ di informazioni che però si fermano a Venezia perché, ci dicono, fino a Chioggia non risultano fatte Route con traversate integrali come quella che vorremmo fare noi. L’impresa, quindi, si fa ancora più interessante e dopo le prime perplessità, seguendo il placido fiume Sile, eccoci entrare nella Laguna Veneta con i campanili dell’isola di Torcello e di Burano che ci guidano verso sud. Qui tra una pagaiata e un’altra, cominciamo a fare conoscenza con le briccole, i canali navigabili e non, con i barchini che sfrecciano ad alta velocità senza curarsi delle onde che pro-
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Per l’approvvigionamento di acqua, che era la nostra più grande preoccupazione, abbiamo previsto delle riserve supplementari da tenere in ogni canoa mentre per il cibo abbiamo integrato qualcosa a Burano e a Venezia.
vocano ma anche con l’assoluto silenzio delle infinite piccole lagune che incontriamo e con il magico gioco delle maree che ogni 6 ore cambiano l’aspetto dei luoghi e che deve essere ben studiato prima di montare le tende la sera o di ormeggiare le canoe la notte per evitare pericolose sorprese al risveglio la mattina.
Certo, come dei veri pirati, ci siamo lavati pochino in acqua dolce utilizzando qualche provvidenziale fontanella godendoci, però, spesso un bagno tonificante nelle cristalline acque della Laguna.
Oltrepassiamo quindi l’isola di Sant’Erasmo per poi immetterci nel vorticoso e caotico traffico di Venezia dove i taxi e le ambulanze hanno il timone e non le ruote, i pacchi di Amazon arrivano sulle barche e dove in pochi mostrano un po’ di pietà per cinque canoe (per di più genovesi) stracariche di bagagli che osano entrare a remi nelle acque della serenissima.
Il tempo, in compenso, è stato clemente regalandoci comunque della pioggia quasi ogni sera ed un bel sole caldo che ci ha accompagnato inclemente per tutta la Route. Le tende, come sempre, le abbiamo messe in luoghi improbabili nei quali abbiamo sempre attirato la simpatia e la cordialità della gente del posto incuriosita, dapprima, dal nostro consueto aspetto un po’ …come dire…“ folkloristico” ma subito rassicurata dal nostro sorriso e dal nostro fazzolettone.
Dopo una sosta turistica nella splendida città lagunare si riparte per Poveglia, un’isola dalla storia davvero molto intrigante. Dopo aver toccato anche il Lido di Venezia, traversiamo il Canale di Malamocco dal quale le grandi navi mercantili, dalle quali ci teniamo adeguatamente alla larga, entrano in Laguna.
Insomma, anche in canoa si può fare tanta e vera Strada, basta accettare di partire per una vera avventura in cui le incognite sono numerose, l’ambiente è diverso da quello tradizionale e dove è d’obbligo sapersi adattare, forse ancor più che in una Route di cammino.
Giunti in vista dell’Isola di Pellestrina, la percorriamo per tutta la sua lunghezza per poi terminare davvero, senza crederci fino all’ultimo, nella bella città di Chioggia. Durante la Route siamo passati, un po’ come dei pirati, da un’isola a un’altra in cerca di acqua, cibo e un posto sicuro per montare la tenda.
La scheda completa della Route con la relazione ed i dati tecnici è consultabile sul sito WWW. GENOVA20.COM
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Zoom Liguria A cura di Doris Fresco
Ricordando Don Andrea Il giovane parroco morto il 9 ottobre scorso ha lasciato un’importante eredità soprattutto nel cuore dei più giovani.
Ti ringraziamo, Signore, per avercelo donato”: sono queste le parole che, durante il funerale di Don Andrea Cappelli erano scritte sotto la foto a grandezza naturale esposta accanto alla sua bara che meglio possono descrivere la sensazione che ha scosso la provincia spezzina in autunno, quando don Andrea è venuto a mancare dopo mesi di malattia. L’immagine più significativa invece è la cattedrale gremita di gente per l’ultimo saluto al giovane parroco: sacerdoti, famiglie, giovani, studenti e scout. Ed è specialmente agli adolescenti che Don Andrea ha donato l’affetto fraterno che lo hanno portaato non solo ad essere ricambiato, ma soprattutto ad essere considerato una importante figura di riferimento. Insegnante in due suole superiori locali, AE al CFT e parroco in due piccole parrocchie nel comune di Lerici, don Andrea ha saputo lasciare il segno, riuscendo a parlare ai più giovani con vero spirito vocazionale e di servizio: quelle parole
scritte accanto alla sua immagine e quella cattedrale gremita nel momento dell’ultimo saluto ne sono state la prova; ma ancor più è stato significativo vedere, dopo alcuni mesi dalla sua morte, che nessuno lo ha dimenticato, ma che- anzi- è viva la volontà di continuare a vivere realizzando quello che lui stesso avrebbe voluto ed è così che, in un piccolo borgo del Golfo dei Poeti, La Serra, è stato recentemente aperto un oratorio, a lui intitolato. Il vescovo Luigi Ernesto Palletti ha parlato così il giorno del funerale di don Andrea: “Voglio ricordare l’impegno per l’insegnamento nella scuola e l’amore per lo studio teologico; l’amore per le sue parrocchie, che non ha mai abbandonato neanche nei momenti più difficili della malattia, è stato segno di una sincera dedizione pastorale. Inoltre, di fronte al venir meno nella salute, spesso aveva manifestato la volontà che tutto questo potesse trasformarsi in una donazione al Signore, 29
Al termine degli studi teologici fu ordinato sacerdote il 23 giugno 2012 dal Patriarca di Venezia, Mons. Francesco Moraglia, che tornò nella Diocesi della Spezia- Sarzana- Brugnato, allora vacante, per le ordinazioni sacerdotali.
offrendo consciamente la sua malattia e la relativa sofferenza per il bene della Chiesa”. Negli ultimi giorni, quando ormai le speranze di poterlo rivedere alla Spezia erano minime, la comunità spezzina si era mossa con commozione: significative le due veglie di adorazione e fra esse proprio l’ultima organizzata pochi giorni prima di quel triste 9 ottobre dalla pastorale giovanile. Anche dopo la sua morte, nei giorni immediatamente successivi, messaggi di stima e di cordoglio sono giunti non solo da chi lo aveva conosciuto da sacerdote e con don Andrea condivideva il dono della Fede, ma anche da persone lontane dalla Chiesa, che però hanno riconosciuto in lui un uomo sincero, un pastore per la sua comunità.
Tra le innumerevoli parole di stima e affetto riportiamo quelle di Don Federico, il parroco di Lerici che lo ha accompagnato nel difficile periodo della malattia, che ben descrivono l’eredità di don Andrea: “Aveva un grande cuore e per lui il sacerdozio era una gioia immensa. Uomo di cultura e sapienza, amava lo studio non fine a sé stesso, ma come trasmissione di conoscenza agli altri, anche per questo aveva sofferto molto nel dover rinunciare, per motivi di salute, all’insegnamento”. Don Andrea è stato un nostro fratello scout, era stato Akela e aveva seguito nel percorso di fede gli scout di Lerici e della zona, per questo al suo funerale, in prima fila, eravamo presenti con le nostre camice azzurre. La sua mancanza continua a farsi sentire, ma il suo messaggio di passione per l’educazione dei più giovani resterà per sempre.
Don Andrea era nato a Poggibonsi, in provincia di Siena, il 13 ottobre 1976; dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza ed il Baccellierato in filosofia alla Pontificia Università della S. Croce, fu accolto nel Seminario diocesano di Sarzana e contestualmente affidato alla Parrocchia di S. Rita, alla Spezia.
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Zoom Liguria
A cura di Doris Fresco
In viaggio dalla Spezia all'Africa con Gocce di Sorriso Un viaggio importante, partito dalla Spezia per portare aiuti umanitari, farmaci e un’ambulanza in Senegal (via Africa) dopo mesi di duro lavoro, impegno e lotta contro la "gabbia dorata della burocrazia".
Simone Bertoli, consigliere generale in zona La Spezia e Massimo Bonetti, capo clan del Lunae, hanno contribuito a fondare l’associazione Gocce di Sorriso e, insieme ad altri volontari, sono partiti sabato 19 gennaio. “Un sogno diventato realtà- ha spiegato Bertoli pochi giorni prima della partenza- Abbiamo lavorato tanto negli ultimi mesi, scontrandoci soprattutto con la burocrazia, ma trovando molto sostegno e aiuto nelle persone che abbiamo incontrato in tutta la provincia”. L’associazione si è fatta conoscere sul territorio grazie ad iniziative di promozione sul territorio: quest’estate Gocce di Sorriso, in collaborazione con la Pubblica Assistenza Croce Bianca di Monterosso al Mare, aveva allestito uno stand per raccogliere fondi e presentare il proprio progetto che si è sviluppato per circa un anno, raccogliendo offerte e medicinali da portare in Senegal. “Quando uomini e donne di buona volontà
decidono di collaborare al fine di una gratuita solidarietà cadono tutti i muri e si lavora in modo positivo allo sviluppo di progetti importanti”, con queste parole Simone raccontava il progetto durante gli appuntamenti nelle piazze della provincia. Insieme a lui è partito il presidente Massimo Bonetti, che con gli altri volontari (Tommaso Tallerini, Ngom Madiaw, Simona Danielli, Lorenzo Bertoli, Sara Pighi), ha lavorato duramente per questa importante missione e, da medico, ha potuto prestare servizio in Africa, come ha già fatto nel corso degli anni. Per Simone invece è la prima esperienza missionaria, per questo quando lo abbiamo sentito la gioia della partenza imminente era palpabile: “In questi mesi ho parlato del progetto anche ai clan e noviziati della zona, alcuni di loro ci hanno aiutato mettendosi al servizio di questo nostro sogno, catalogando le medicine, ad esempio. Credo proprio che per alcuni questa esperienza potrebbe dare vita ad un Capitolo o, perché no, ad un’esperienza di servizio in Africa”.
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costi per il trasporto via nave, lo sdoganamento e la nuova immatricolazione in Senegal.
L’associazione, che è formata da cittadini di ogni estrazione sociale ed è laica, nel 2018 ha scelto di occuparsi dell’invio di un’ambulanza, un fuoristrada attrezzato donato dalla Pubblica Assistenza di Fivizzano (MS), nel Villaggio di Kouthiaba in Senegal. Il villaggio ha una popolazione di circa 10.000 abitanti distribuiti in un vasto territorio in cui l’unico presidio sanitario è costituito da un Poste de Santè dove operano un medico e un infermiere impegnati a portare assistenza alle famiglie, mentre l’ospedale più vicino è a circa 30 km; sul posto non esistono né infrastrutture né sufficienti mezzi per lo spostamento e le emergenze. Data la caratteristica delle strade e del territorio un’ambulanza 4x4 è l’unico mezzo in grado di permettere l’arrivo nelle zone più disagiate e lontane garantendo ad un maggior numero di persone di poter ricevere un’assistenza medica o di primo soccorso. Il progetto ha necessitato di un cospicuo quantitativo di denaro necessario a revisionare il mezzo e coprire i
“Entro i primi mesi del 2019, una delegazione del gruppo Gocce di Sorriso, di cui fa parte anche Madiaw nato e cresciuto a Kouthiaba, si recherà in Senegal sia per conoscere la realtà locale sia per consegnare un primo stock di farmaci di prima necessità. In quell’occasione Gocce di Sorriso ha la speranza di consegnare ufficialmente l’ambulanza”: lo avevano annunciato nell’estate dello scorso anno e ci sono riusciti. Potete approfondire gli scopi, i progetti e come essere d’aiuto visitando il sito dell’associazione dove, durante il viaggio, sono stati caricati tutti gli aggiornamenti della missione in Africa.
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Mondi paralleli
A cura di Andrea Borneto
In viaggio sull'Alta Via Il documentario del rapper genovese che percorre l’Alta via dei monti liguri, da Ceparana a Ventimiglia Mike fC, è il nome d’arte di Michele Ferroni, cantante rap, musicista e ingegnere del suono cresciuto in Valpolcevera nella sua amata (Ascoltatevi “Campo”) Campomorone. Nell’Estate del 2017 percorre in solitaria l’Alta Via dei monti liguri. La sua esperienza è documentata tappa per tappa nel suo film (visibile gratuitamente su Youtube): “Diario d’Alta Via – Viaggio sull’Alta Via dei Monti liguri – Mike fc”. Chi sei e che cosa fai? Sono un essere umano e vivo, mi piace molto fare musica e cantare, sia in lingua italiana sia in lingua ligure. Sempre in questo ramo mi occupo di registrazioni e mixaggi a Bolzaneto presso il Mad Studio. Sto lavorando anche ad un progetto musicale legato alla mia esperienza sull’Alta Via: una canzone che racconta il viaggio con i suoi ostacoli, gli imprevisti, le gioie... quello che è la vita del resto. Lo scopo di questo tuo lavoro extra-musicale? Non è collegato strettamente alla mia musica, anche se la colonna sonora è tratta da alcune mie canzoni, però penso che faccia un po’ capire che tipo di persona sono. Lo scopo del documentario infatti è la veridicità, si vede che non è artefatto, è senza filtri è molto diretto (come la musica rap) e questo è un punto di forza anche per la mia musica.
Come ti è venuta l’idea? L’idea è nata da questa necessità che avevo, dopo aver concluso gli studi, di staccare un po’ dal mondo, prendermi un attimo i miei spazi. Io amo molto la Liguria e desideravo conoscere meglio i monti di quest’Alta Via di cui ho sentito tanto parlare. L’idea di farci sopra questo documentario nasce dalla mia passione per fare riprese e anche per il desiderio di mostrare quello che abbiamo di bello sui nostri monti. Noi capi scout cerchiamo di far vivere ai nostri ragazzi, proprio sotto l’aspetto dell’esperienza, il cammino solitario a contatto con la natura. Tu come l’hai vissuto? In casa avevo tutti contro, dalla ragazza con cui stavo ai genitori. Veramente lì sono stato testardo, però ci credevo tanto e secondo me ho avuto ragione. Se parti da solo è importante che qualcuno sappia sempre dove tu sia. Sapevo che l’Alta Via non era uno di quei cammini dove incontri tante persone. Ho incontrato una pellegrina francese che andava a piedi ad Assisi dalla Francia, e in un rifugio degli svizzeri che stavano affrontando la traversata delle Alpi su un percorso che dalla Svizzera porta a Ventimiglia, magari uno spunto per una nuova avventura.
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La tenda potrebbe non servire, dipende dal tipo di itinerario, se si è certi di dormire presso le strutture ricettive se ne può fare a meno, ma è importante documentarsi sul sito del CAI dell’Alta Via dei monti liguri perché alcuni rifugi potrebbero essere chiusi. Consiglio di indossare pantaloni lunghi e leggeri, ma che proteggano dal vento, e di portare delle pinzette, molto utili in caso di zecche. Nel tentativo precedentemente fallito avevo portato troppa acqua, insomma, ci vuole il giusto equilibrio: questa volta avevo una bottiglia da due litri nello zaino e una più piccola che riempivo ad ogni occasione, mi sono trovato bene. Bisogna sempre prestare attenzione ai segnavia, se non li vediamo per più di duecento metri, c’è qualcosa che non va, in tal caso è bene valutare se ritornare sui propri passi. In ogni caso un aspetto positivo dell’Alta Via è che comunque nel giro di due o tre ore di cammino un paesino c’è sempre.
Sicuramente tutte le fatiche sono ripagate proprio in termini di soddisfazione del paesaggio. Un giorno ero abbattuto per via di un forte acquazzone ma poco dopo ho incontrato un arcobaleno bellissimo ed è stato veramente impagabile. In una tappa ti hanno raggiunto i tuoi amici Matteo e Francesco Sono stato contento di condividere con loro quella giornata che è stata una delle più belle di tutto il viaggio. Mi ricordo che abbiamo riso veramente tanto. Stando a lungo da solo impari ad apprezzare ancora di più la compagnia delle persone giuste, quelle che ti aiutano a crescere e su cui sai di poter contare. Immagine centrale è quella in cui sei ripreso di spalle in vetta e ti liberi in un abbraccio al vento, oltre ad essere bella visivamente, dà un senso di purificazione
Un imprevisto particolare?
Un momento veramente di gioia, nel punto più alto dell’Alta Via il monte Saccarello a 2200 metri, è stata una soddisfazione grossa e poi davanti a me c’era uno spettacolo mozzafiato ed io ero completamente immerso in quell’atmosfera, non avevo strani pensieri per la testa. Ero lì a godermi il momento, felice di quello che avevo.
In una tappa nell’entroterra di Ventimiglia ho fatto un errore clamoroso, ho seguito i segnavia bianco-rossi senza scritta AV. Quando ormai ero sceso troppo, ho capito che ero finito su un sentiero di raccordo e così mi sono ritrovato a Buggio, un borgo bellissimo che non conoscevo. Anche perdersi può far scoprire cose molto interessanti.
Quando sei in un ambiente pulito e meno intossicato, trovi degli spazi a misura d’uomo, un ambiente così permette di purificarsi.
Il tuo rapporto con lo scoutismo? Non ho mai avuto occasione di conoscere da vicino la realtà scout, nel senso che da ragazzino sono stato mandato all’ACR e ricordo che c’era un po’ di sfottò da entrambe le parti. Il contatto con la natura, il senso di comunità e la possibilità di imparare a fare anche cose manuali, sono aspetti della realtà scout che mi hanno sempre affascinato. Non mi piace particolarmente l’utilizzo dell’uniforme, però capisco il suo valore per voi. Nel paese dove sono cresciuto non c’era un gruppo scout, il più vicino era a Pontedecimo, se ci fosse stato... chissà? Forse sarei uno scout anche io.
Come percorrere l’Altavia? Io l’ho fatto da Levante a Ponente. Il primo tentativo fu un fallimento, dopo due giorni mi son perso, perché forse lo ero anche nella mia vita. Due anni dopo mi sono organizzato meglio e sono ripartito più consapevole. Purtroppo l’ho dovuta comunque spezzare in più parti, però sono riuscito a riprendere dai posti in cui mi ero interrotto grazie alla raggiungibilità con i mezzi pubblici.
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Arte, Scout e Rock&Roll
A cura di Stefano Cavassa
Non ancora degli Eugenio in Via di Gioia Alla ricerca di nuovi spunti per interpretare l’attualità. Quando la musica è strumento per reagire al tam tam mediatico a cui – talvolta impotenti – assistiamo ogni giorno. Gli Eugenio in Via Di Gioia, con la loro Non ancora, invitano a non fare bilanci, a smetterla con le prospettive, mettersi in gioco e osare. Il giovane ed emergente gruppo di Torino parte da una quotidianità di impegni fissati da qualcun altro, fondata sul non rischiare troppo. La stella polare è la paura di rimanere delusi. Evitare brutte sorprese. Tutto è - paradossalmente - percepito come un invito a restare fermi (lanciamo i dadi ma non andiamo avanti). C’è sempre qualcosa di meglio che (forse) vale la pena aspettare. Si arriva addirittura a mettere in dubbio i proverbi, tradizionali punti di riferimento. Perché se (anche) chi semina non raccoglie, a lungo andare non ci sarà più nulla con cui crescere… Sono gli “Eugeni” a scuoterci chiedendoci con forza di uscire dal loop degli specializzandi all’infinito: il rischio che, vinti dall’insicurezza, si continui a studiare, ad approfondire e a perfezionare, senza mai mettere in pratica. Progettare senza attuare. Pensare, riflettere ma non agire. Qui non si tratta di vincere la pigrizia ma provare a mettersi in discussione con le proprie caratteristiche e abilità accettando il rischio che qualcuno non sia d’accordo. Desiderare il confronto. Andare fino in fondo. Ci sarà sempre qualcosa di non preventivato che metterà in crisi ma va affrontato! C’è di più. Il brano offre un interessante parallelo. Fornisce, infatti, un’attualissima applicazione del così detto “effetto Dunning-Kruger”, studio scientifico che teorizza la costante contrapposizione tra l’ignoranza di chi parla e agisce senza sapere (o capire?) e la conoscenza di chi, pieno di dubbi e indecisioni, troppo spesso rimane in silenzio e intimorito. Ciò accade per-
ché chi studia e approfondisce si aspetta dagli altri un grado di comprensione (e di giudizio) almeno equivalente al proprio. Ciò, semplicemente, porta a ritenere inutile il proprio contributo e, in definitiva, a rimanere inerti e immobili. Più ci avviciniamo e meno mettiamo a fuoco. La canzone, con la semplicità e la chiarezza che spesso appartiene solo alla musica, cerca di scrollarci da un certo torpore; ricorda che non avrebbe senso studiare senza condividere ciò che si è appreso, proprio come risulterebbe inutile seminare se poi non si raccolgono i frutti! Abbiamo tutti - ognuno secondo le proprie inclinazioni - grandi potenzialità e sensibilità che spesso reprimiamo voltandoci dall’altra parte, che riduciamo a chiacchiere da bar, che limitiamo al “vorrei ma non posso” o per le quali pensiamo non sia ancora il momento. A quanti buoni propositi stiamo pensando? Il rischio, allora, non è perdere tempo ma vederlo, all’improvviso e irrimediabilmente, scadere. Assistere a decisioni prese da altri; subire scelte che riguardano la società e il mondo. Puniti (in) giustamente, magari proprio da chi, l’altra faccia della medaglia, non riceve alcun feedback che lo costringa a cambiare. Una canzone che implora di agire, ora e subito, ciascuno per i propri ruoli e per le proprie competenze, perché, al contrario, aspettando che un giorno il clima sia migliore il rischio è ritrovarsi tutti in riga con le teste chine, marci(and)o senza aver avuto un fine. 35
Spiritualità Scout A cura di Mons. Nicolò Anselmi (vescovo Ausiliare di Genova)
Il Sinodo dei Vescovi su Giovani, Fede e il Discernimento Vocazionale Un’esperienza di comunione che insegna anche il tempo lento dell’educazione.
Lo stato d’animo prevalente che ancora oggi mi accompagna a tre mesi di distanza dalla conclusione del Sinodo è quello della gratitudine; esperienze di questo tipo aprono il cuore alla speranza.
È stato entusiasmante l’essere raccolti intorno al Papa, vescovi e laici provenienti dai cinque i continenti, in modo così prolungato, con l’intento di conoscersi, parlarsi e scoprire insieme la volontà di Dio.
Partecipare alla XV Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi su “Giovani, Fede e discernimento vocazionale” dal 3 al 28 Ottobre a Roma, è stata un’esperienza di Chiesa veramente straordinaria, un dono che il Signore ha voluto farmi e che ha segnato profondamente la mia vita.
La mia poltrona era in penultima fila: alla mia destra il vescovo ausiliare di Melbourne, alla mia sinistra uno dei vescovi ausiliari di Mexico City. Dall’alto della sala vedevo una grande quantità di zucchetti rossi e porpora; di fronte a me il tavolo della presidenza con al centro il Papa; alle spalle del Santo Padre una grande icona della Vergine Maria; ogni giorno, spontaneamente il mio cuore mi portava a meditare il mistero della Pentecoste: le invocazioni allo Spirito Santo, il fuoco della Pentecoste (rappresentato, dice qualcuno, dal copricapo rosso dei vescovi), le diverse lingue parlate (rese comprensibili grazie al lavoro dei traduttori), completavano la mia contemplazione del Cenacolo.
243 Padri Sinodali, 37 giovani uditori (con possibilità di intervenire anche se non di votare), esperti, religiosi e religiose, laici, educatori e il Santo Padre…. Il Papa sempre con noi, ad ascoltare, sempre disponibile all’incontro, anche nelle pause; al mattino e al pomeriggio il Santo Padre, prima di iniziare i lavori si faceva trovare per primo nell’atrio della sala Nervi per salutare tutti coloro che entravano.
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La presenza di rappresentanti della Chiesa Cattolica provenienti da ogni parte del mondo, compresi i due vescovi cinesi convocati all’ultimo momento, grazie al recentissimo incontro tra Cina e Santa Sede, hanno fatto risuonare nell’aula le gioie e le sofferenze del pianeta. In questa polifonia ecclesiale e policromia giovanile, si è creato da subito un clima di grande unità, un grande desiderio di camminare insieme… La sensazione prevalente è stata quindi quella di una Chiesa unita che vuole essere con i giovani al servizio dei giovani. La stessa parola “sìnodo” in greco. [σύνοδος parola composta da σύν «con, insieme» e ὁδός «via»] significa “strada insieme”… fare strada e, soprattutto, camminare insieme… mi riporta alla mente anche un certo modo di essere scout. In ogni caso la bellezza di camminare insieme, di ascoltare i fratelli alla ricerca della volontà di Dio, credo sia oggi una strada fondamentale per la vita della comunità cristiana e la società in genere. Fin dai primi interventi dei padri sinodali è affiorata la consapevolezza che ai giovani va dato uno spazio più ampio, che vanno ascoltati con più attenzione e va loro data una fiducia più concreta; i giovani sono già nella Chiesa, non sono semplici destinatari di azioni pastorali. I giovani presenti al Sinodo hanno dato freschezza e novità con i loro interventi a tutti il dibattito; essi chiedono una Chiesa sempre più autentica in cui gli adulti siano in grado di offrire una testimonianza della loro adesione a Gesù in tutti i modi possibili: dalla preghiera, alla comunione dei beni, al desiderio di aiutarsi e essere al servizio dei più giovani. Dal mondo giovanile, in questo periodo storico, sia nel mondo occidentale come altrove, viene fuori un urlo di sofferenza, unito a un
urlo di desiderio di speranza. Queste urla vanno ascoltate; sono la voce di chi ha perso il senso della vita, di chi sta male, dei disoccupati, di chi vive in situazioni di guerra, di chi è stato abusato, violato; sono la voce di chi ha bisogno di speranza, di chi vuole scoprire la propria vocazione, felicità e santità. Una cosa fra tutte mi ha molto colpito: in questa società che obbliga a vivere nella velocità e nell’efficienza, dove rimane effettivamente poco tempo per riflettere, per pensare alla propria vita, la richiesta dei giovani è di avere spazi e tempi in cui poter andare in profondità, alla luce del Vangelo, nell’incontro del Signore, alla scoperta di se stessi. Il Sinodo è durato 25 giorni, da 3 al 28 ottobre 2018, un tempo lungo. La comunione, le relazioni hanno bisogno di tempo; l’amore e l’educazione non fanno rima con rapidità. L’ascolto, la stima reciproca, i giovani, i poveri hanno bisogno di tempo. Per il bene delle persone, della Chiesa e dell’umanità credo meriti davvero che sia loro concesso. Ai giovani il compito di non ritirarsi nei propri recinti, di non stare in silenzio, di lasciarsi coinvolgere. L’assemblea sinodale ha prodotto un documento finale; sono stati affrontati temi importanti quali vocazione, mondo digitale, giovani migranti. Il Santo Padre mi è sembrato contento, soprattutto per come si è lavorato insieme. Il vero Sinodo comincia ora; mi sembra che lo Spirito Santo ci chieda uno stile pastorale più lento, coinvolgente, capace di ascoltare, di attendere, di rinunciare e qualcosa di nostro per stare insieme, di morire all’individualismo per risorgere nella comunione. Buona santa strada a tutti.
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Spiritualità Scout
A cura di Stefania Dodero
Kalipè Questo augurio ed di poter “camminare sempre a passo corto, lento” viene rivolto in Himalaya a chi si incammina verso le montagne In montagna non c’è nulla da conquistare, c’è solo da lasciarsi conquistare».
In questi giorni, quando la neve che scende lieve e lenta dal cielo rende il panorama quotidiano diverso, affascinante, mi fermo e rifletto su come questa, in città (non abituata e attrezzata a quotidiane nevicate come quelle in montagna), ci obbliga nostro malgrado, a rallentare i nostri ritmi e ad assaporare un po’ di lentezza, se non altro per non scivolare e cadere sulle strade rese viscide da neve e ghiaccio… E mi torna in mente una parola tanto semplice quanto ricca di significato: “Kalipe”.
Dalla prefazione dell’omonimo libro di Massimiliano Ossini (“Kalipe. Lo spirito della montagna”) si legge: «Kalipè, per me, è questo, passo lento e corto equivale a gesti piccoli ma concreti, ripetuti nella vita di tutti i giorni: solo così, partendo dal quotidiano ci abitueremo a cambiare il mondo» Da un lato, il fiume della realtà, bulimico e vorticoso. Dall’altro, l’abbraccio dolce e severo della montagna, la fatica del sentiero, la magia della vetta. In mezzo, un uomo alla perenne ricerca di senso… E ogni volta che, lasciato il caos della città, inizia a salire per respirare il divino panorama della natura, tra gli orizzonti e le rocce trova il silenzio, un maestro impagabile che gli insegna ad amarsi, a capirsi, a leggere dentro di sé. Perché la sfida più grande è svuotarsi del superfluo per tornare all’essenziale, cadere nei crepacci e imparare ad uscirne, mettersi in gioco ogni giorno per diventare testimone di quella bellezza che brilla inesauribile, fuori e dentro di noi.
Reinhold Messner racconta che «i pastori nomadi del Tibet invitano gli alpinisti a procedere ‘kalipé’, ‘con passo tranquillo’» Kalipè, appunto, è un termine usato nelle zone himalayane, viene rivolto a chi si incammina verso le montagne ed è un augurio di poter “camminare sempre a passo corto, lento”. Chi va in montagna ha di fronte a se due scelte: la prima è quella dell’atletismo, della fretta, della vetta a tutti i costi, anche quando è al di là dei limiti; la seconda, invece, è quella di un passo lento durante il cammino e di uno sguardo attento a tutto ciò che ci circonda, così da poterlo conoscere e fare nostro nel profondo.
Ecco quindi uno spunto in più per camminare come Capi… e, più che altro, un invito che vogliamo rivolgere a tutti noi, scout ben coscienti dell’importanza della strada e del sentiero, di riuscire, quando si può, ad allontanarsi dagli illogici ritmi che ci impone il vivere di oggi, provando a gustarsi il qui ed ora di un panorama, di una chiacchierata, di un abbraccio, di uno sguardo e quanto altro ci porti in armonia con Dio e con il Creato (e anche di testimoniarlo ai nostri ragazzi)… camminiamo kalipè!
Infatti, se camminare è un gesto che diviene famigliare fin da bambini, imparare a camminare sul sentiero è un traguardo tutt’altro che facile o scontato. Riusciamo a raggiungerlo solo se facciamo davvero umili e piccoli di fronte alla montagna, al respiro, a quell’equilibrio sempre fragile da ricercare e mantenere. Come dice Reinhold Messner, «in montagna bisogna regredire, non c’è spazio per la fretta. Bisogna tornare alla stasi e poi muoversi. 38
Bacheca Le Gioiose
A cura della Pattuglia Le Gioiose
Happy Birthday to you!
40 anni di campi alla Base “Il Rostiolo” Da circa un anno, il Comitato Regionale ha scelto di affidare le Basi Scout Liguri alla Fondazione Le Gioiose perché - oltre alla manutenzione ordinaria - ne curiamo la gestione in generale e perché elaboriamo progetti per un loro maggiore ed efficiente utilizzo. Le basi (Vara da oltre 40 anni, Cairo più recentemente) sono la “casa dello scoutismo ligure” e, in quanto tali, rivestono una duplice ricchezza: a fianco al loro valore patrimoniale esprimono un importante valore educativo. Le Basi sono il luogo privilegiato delle attività scout in quanto strutturate appositamente per le attività educative dell’associazione. Un luogo pensato per fare scoutismo e dove c’è tutto per farlo bene. Nel corso di questo primo anno abbiamo affrontato alcuni nodi gestionali e – soprattutto - abbiamo gettato le basi per i sogni futuri. Prima di tutto è stato riattivato il sito di prenotazioni e il calendario online. Da circa un anno le prenotazioni sono tutte gestite via internet tramite un programma di prenotazione alberghiero adattato alle nostre esigenze ed è di nuovo possibile vedere le disponibilità delle case in tempo reale. Sono state anche semplificate le procedure per le prenotazioni nei mesi estivi anticipando la risposta a metà novembre.
BASI GREEN
Il regolamento della Base già pone particolare attenzione a una gestione e fruizione della struttura dal punto di vista ecologico.
Vorremmo potenziare tale aspetto sia in termini sostanziali che educativi e di comunicazione.
La prima attenzione è in riferimento alla spazzatura. È incredibile quanti sacchi riempiamo nei nostri campi!
Crediamo che occorra imparare un diverso approccio al tema a partire dagli acquisti di materiali per i campi favorendo i prodotti senza o con poco imballaggio (potrebbe esser una attività da fare con i ragazzi, educandoli ad un consumo critico delle risorse del pianeta!), favorendo i prodotti non inquinanti (in base da tempo si usano solo saponi biodegradabili) e, infine, operando una corretta raccolta differenziata.
Da parte nostra stiamo valutando anche se dotare la base di compostiere per lo smaltimento dei rifiuti organici.
Vorremmo inoltre potenziare l’utilizzo di Energie alternative: La base di Vara già sfrutta alcune energie rinnovabili: biomasse per riscaldamento (stufe e camini) e mini impianto idroelettrico con turbina collegata alle vasche di accumulo dell’impianto di antincendio, Cairo analogamente utilizza pannelli solari e biomasse. Vorremmo potenziare anche questo aspetto sia in termini sostanziali (maggiori impianti) che educativi. Stiamo valutando progetti sia minimi (costruzione di mini pannelli solari), che più ampi (parco energia, pannelli solari…).
Sono state infine iniziate riflessioni in merito a tre diversi aspetti:
BASI SICURE
Obiettivo del progetto è far sì che la Base Scout sia un luogo sicuro per le attività degli ospiti. La sicurezza attiene sia alla parte “formale”, ma soprattutto a quella sostanziale, a rendere case e prati privi di pericoli. 39
Stiamo verificando anche eventuali finanziamenti o bandi per cercare fondi….
LAVORI STRAORDINARI
Lasciando volare la fantasia stiamo ipotizzando la costruzione di una batteria di bagni esterni per la base di Cairo e la ristrutturazione di alcuni ruderi a Vara, nonché terminare i lavori a casa Romana o ripristinare l’antica Pieve.
I progetti sono diversi dai più tradizionali a quelli maggiormente avveniristici, ma per ciascuno di loro occorrono i fondi!
A fianco alla progettazione, stiamo quindi monitorando diverse forme di finanziamento. Terminiamo questa breve relazione dando i numeri dell’anno appena trascorso.
CAIRO persone
scout liguria
947
notti notti casa
notti tenda
1.930
1.757
173
altri scout
54
270
252
18
non scout
155
263
263
-
eventi
72
109
109
-
VARA persone
notti notti casa
notti tenda
1.242
2.887
2.334
553
altri scout
739
5.008
2.494
2.514
non scout
416
1.872
1.872
957
2.043
1.508
535
3.354
11.810
8.208
3.602
scout liguria
eventi Totali
-
Appuntamenti per chi desidera fare un servizio utile per la Base! APRILE 17 – 20 Campo Ora et Labora, organizzato da AGESCI LIGURIA e dalla pattuglia della base, particolarmente adatto per piccole comunità di Clan/Fuoco/Noviziato MAGGIO 4-5 - Convegno MASCI e Bivacco Pattuglia MAGGIO 31 – 2 GIUGNO - Trivacco Pattuglia (Asfalto) SETTEMBRE 7 – 8 Festa della Pattuglia Per contatti e informazioni Rostiolo@liguria.agesci.it
Vuoi sapere se la base è libera? Cerchi informazioni sulle case? Vuoi prenotare un Bivacco? Non perdere tempo, usa il sito di prenotazione Online.
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