Scautismo in Liguria 42 Giugno-Luglio 2017

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Poste Italiane spa - Spedizione in A.P. DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB Genova N° 42/anno XI - Giugno / Luglio

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Elaborazione grafica di Aurora Congiu

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Speciale Convegno Amore

I 20 anni del Progetto Jarmina

Scopriamo la nuova Base di Cairo

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editoriale Apriamo con un ampio speciale sul Convegno regionale “Che confusione... Sarà perché ti amo” del Febbraio 2017. Argomenti: affettività, sessualità, con un'attenzione alle situazioni che chiamiamo “eticamente problematiche”. • Quando sono con te • La vita di relazione è (ancora) il nostro centro di gravità? Vediamo che ne pensa Maura dell'associazione La Dimora Accogliente a pag. 22. Sfiora questo tema con dolce stranezza il film Moonrise Kingdom, pag. 30, ambientato ad un campo reparto. Reparto che ci conduce ai recenti campi di specialità E/G, ai quali anche quest’anno hanno partecipato più di 500 ragazzi, pag. 14. • Sento dentro di me • Discernimento è la parola chiave. Metterci sopra la testa, il cuore e anche gli scarponi, dai. Come hanno fatto gli RS della zona La Spezia, pag. 16 e come ci invita a fare il nostro caro patto associativo, pag. 19. • Un frastuono, una musica • Ma come discernere con tutto questo rumore? Come trasformare il frastuono in musica? Abbiamo una proposta-bomba di Padre Cavallini, che con i padri gesuiti anima la vita spirituale dei giovani genovesi, a pagina 32.

In scout chi legge, a pagina 28, troviamo invece un assistente ecclesiastico decisamente fantozziano. Una menzione speciale merita il ventennale del gruppo scout di Jarmina (Croazia), nato da un progetto di Agesci Liguria nei Balcani che ha dato grande frutto. Uno stimolo per non disperdere il patrimonio di impegno e fiducia legato a questa esperienza così scout e realmente di frontiera.

Buona lettura! Francesco [cit. Quando sono con te, Ex-Otago] ps1: avremmo voluto raccontare anche delle due botteghe R/S sull'affettività, che però non si sono svolte per carenza di iscritti. ps2: il pensiero torna al caso recente: capo AGESCI gay che si unisce civilmente al compagno, parroco che lo invita a lasciare il suo ruolo educativo. Il discernimento, chiave del percorso in atto, richiede nervi saldi e alta qualità di pensiero e di relazione. Papa Francesco lo scorso Maggio a Genova ha detto ai giovani:

Navigatore: orizzonte e coraggio. E a tutti i genovesi lo dico: avanti! Con quella preghiera che io vi proponevo: “Signore, ti chiedo un favore, oggi sfidami”.

La redazione Scautismo in Liguria

Periodico di proprietà dell’Agesci Liguria Vico Falamonica 1/10 16123 Genova Tel. 010.247.44.04 - Fax 010.247.43.08 Aut. del Tribunale n. 23 del 5 novembre 2004 Direttore Responsabile: Giuseppe Viscardi Direttore: Francesco Bavassano Redazione: Carlo Barbagelata, Stefano Barberis, Aurora Congiu, Daniele Boeri, Andrea Borneto, Stefano Celentano, Giorgio Costa, Stefania Dodero, Doris Fresco.

Hanno collaborato: Giacomo Beretta, Federica Berlanda, P. Francesco Cavallini sj, Roberto Colombo, Riccardo D'Andrea, Matej Delaš, Genova 54, Andrea Piazze. Impaginazione: www.gooocom.it Stampa: Pixartprinting Spa Finito di impaginare il 23 giugno 2017 La tiratura di questo numero é stata di 1300 copie. Comunicazioni, articoli, foto e altro vanno inviati all'indirizzo stampa@liguria.agesci.it


Indice Speciale Convegno Amore Pag. 4 Speciale Convegno Amore

Passato prossimo Pag. 14 Scouting for Boys

Pag. 16 "A te l'è visto che artisto"

Pag. 17 MigrAzioni alla 3

Comunicazione di servizio Pag. 18 Comunicazione: c'é movimento!

Fare scautismo Pag. 19 Il Patto Associativo è maggiorenne

pag. 21 Una sede a prova di incendio?

Mondi paralleli pag. 22 Vivere l'accoglienza

Zoom Liguria pag. 24 I20 anni del progetto Jarmina

pag. 27 Il centenario dello scautismo sestrese

Scout chi legge! pag. 28 A day in the life. Ovidio, Assistente ecclesiastico di 45 anni

Arte Scout e Rock'n'Roll pag. 30 Moonrise Kingdom, una fuga d'amore

Spiritualità scout pag. 32 Zoe' - Spiritualità che diventa vita

Bacheca Le Gioiose pag. 34 Francesco vai, ripara la mia casa


Speciale amore A cura di Andrea Piazze e Federica Berlanda In collaborazione con il Pattuglino Amore

Un racconto di cosa è stato, gli spunti per proseguire.

Speciale Convegno Amore "Che cos'è l'amor? Chiedilo al vento che sferza il suo lamento sulla ghiaia del viale del tramonto all'amaca gelata che ha perso il suo gazebo guaire alla stagione andata all'ombra del lampione san soucì" (Vinicio Capossela – Che Coss'è l'Amor) Di Andrea Piazze, ICM Lo scorso 18 e 19 febbraio, una nutritissima rappresentanza di capi liguri (circa 300) si è trovata presso il Santuario Gesù Bambino di Praga ad Arenzano per interrogarsi e lasciarsi interrogare, su uno dei temi forse più intricati che l'essere educatori oggi ci propone: l'educazione all'amore e all'affettività. Il nostro progetto regionale (approvato durante l'assemblea regionale di Quiliano 2015) prevedeva (insieme ad una mozione approvata nell'assemblea successiva) un percorso sui temi legati all’educazione all’affettività che, con sintesi estrema, possiamo così identificare: • Confrontarci e approfondire la tematica dell'educare all'amore, con le sue criticità, tenendo conto dei valori fondanti della nostra Associazione contenuti nel Patto Associativo, partendo dalle Comunità Capi e dalle Zone. • Condividere un percorso su tematiche quali: omosessualità, convivenza, divorzio, rapporti prematrimoniali, inseminazione artificiale, aborto, che comprendesse incontri specifici: con esponenti della Chiesa per capire il messaggio proposto, con rappresentanti dell'AGESCI a livello nazionale per capire la posizione dell'Associazione e il suo rapporto con la Chiesa. Su queste basi confrontarci sulla posizione personale di capi e R/S all'interno della nostra regione. È così che nasce la "Pattuglia dell'Amore": nomignolo tanto leggero quanto impegnativo è stato ed è tuttora il lavoro da fare! L'affettività, con le sue sfide, i suoi nodi e i suoi slanci, non è argomento facile da trattare: richiama l'essenza

stessa delle persone e le loro sensibilità più profonde. La parola d'ordine, quindi, non poteva che essere DISCERNIMENTO (la facoltà e l’esercizio del discernere, cioè del distinguere il bene e il male). Il tema del “discernimento” è partito, a giugno dello scorso anno, con un primo spunto inviato alle Comunità Capi tratto dall'esortazione apostolica di Papa Francesco "Amoris Laetitia" con l'invito di iniziare questo nostro cammino liberandoci di quei preconcetti che possono impedirci di scendere quanto più in profondità nella riflessione e a trovare quelle "nuove risposte alla vita con l'inesauribile fantasia dell'amore". Da qui la riflessione della pattuglia e del comitato si è spostata su quale potesse essere il modo migliore perché questo "sogno" diventasse realtà... ed ecco arrivare le riunioni che nell'arco dell'anno che va da marzo 2016 a febbraio 2017 (una quindicina compresa una trasferta a Torino!) per mettere insieme i pezzi delle riflessioni che si evolvevano e uscivano dal regno delle idee per diventare un canovaccio credibile e concreto per quello che è stato il convegno e l'avvicinamento allo stesso. Nascono quindi altri spunti selezionati in modo che potessero essere uno slancio alle riflessioni delle comunità capi con la richiesta e la possibilità di 4


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La tavola rotonda: cosa ci hanno detto gli esperti.

condividere con tutti i frutti del lavoro di ogni gruppo (e per i quali ci sentiamo di ringraziarvi). E alla fine è stato anche il momento del convegno... ma cosa è stato il convegno? È stato: il titolo "Che Confusione... Sarà perché ti amo!" nato quasi per gioco, ma che, subito, ci è sembrato riassumesse molto bene, con una buona dose di "simpatica giocosità" quasi necessaria, i nodi che porta con sé il voler trattare di affettività e amore. È stato: la struttura, che voleva essere la più completa possibile, consentendoci di ascoltare ed entrare in contatto con tutti gli attori in gioco (professionisti, persone che vivono le tematiche trattate nella loro quotidianità, la nostra Associazione tramite gli Incaricati Nazionali al Coordinamento Metodologico e la Chiesa, rappresentata in via ufficiale da uno dei suoi Vescovi.) È stato: la volontà di percorrere la strada difficile di incontrare e prestare attenzione a pareri che potevano essere ritenuti "scomodi". È stato: il mandato finale che tramite i lavori di gruppo, ancora una volta, ha fatto il primo passo verso una nuova partenza su un percorso sempre più approfondito e inclusivo, perché il pensiero dell'Associazione non può prescindere dal pensiero di chi ne fa parte, che potesse coinvolgere le zone e le singole comunità capi. È stato: un momento durante il quale interrogarsi, riflettere insieme, mettersi in gioco come adulti e contribuire direttamente a creare del pensiero associativo nella nostra regione. È stato: impegno e partecipazione, è stato (e sarà) soprattutto quello che ogni capo che ha partecipato si è portato a casa. Ecco quindi nelle prossime pagine una prima rielaborazione degli interventi, con la speranza che possa essere un buon modo per tenere viva la discussione che tutti insieme abbiamo iniziato. Infine, ma importante, vorrei ringraziare quelli che in questi mesi hanno messo il loro tempo e il loro impegno per realizzare questa prima tappa fondamentale: Federica e Carlotta con le quali ho condiviso in prima persona il percorso insieme al Comitato; poi, in rigoroso ordine alfabetico, i componenti della Pattuglia: Barbara, Gabriele, Irene, Laura, Lorenzo, Marta, Matteo e Riccardo, per la profondità e la passione che hanno messo in campo per tutti noi; per finire Ilena e Mario, i nostri super IRO, per la gestione logistica superba dell'evento.

Dott.sa Cristina Zavaroni. Antropologa culturale Iniziamo dalla definizione di antropologia, scienza che si occupa di provare a dire qualcosa rispetto alla specie umana, partendo dall’osservazione delle pratiche di tanti piccoli o grandi gruppi umani. Questa disciplina si è dovuta confrontare con alcuni termini, come "natura" e "normale": che cosa c’entra il comportamento umano con la natura? Che cosa c’entra il substrato biologico della nostra presenza nel mondo con il nostro comportamento? Il termine "natura" è utilizzato in modi diversi secondo ciò di cui stiamo parlando quindi non si intende in modo chiaro e determinato. Spesso si fa semplicemente uno slittamento dalla naturalità alla normalità dei fenomeni: se e un fenomeno è “normale” si accetta che sia anche piuttosto naturale. Il significato della categoria “normale” è quindi esclusivamente di una cosa che succede numericamente più spesso. Spesso poi per “normale” s’intende anche buono, positivo, ma non è corretto mettere insieme il concetto di normalità con il concetto di bontà, di desiderabilità, di adeguatezza di un certo fenomeno. Le discipline che si occupano dei gruppi umani si occupano anche di dire che cosa è normale in un certo gruppo. Per chiunque è più facile crescere nel contesto della normalità, perché pone meno quesiti; ma questo è lontanissimo dal dire che sia necessario crescere nel contesto della normalità. Tornado al concetto di natura: in antropologia a cosa ci serve la natura? Ovvero nel comportamento umano quali e quanti fatti derivano eminentemente dalla natura? La risposta è piuttosto semplice: nessuno; niente dell’esperienza umana deriva dal fatto che siamo biologicamente fatti così. Non il modo in cui percepiamo i colori, i suoni, il numero delle volte in cui sbattiamo le ciglia, i battiti cardiaci, non il modo di stare seduti, assolutamente non il modo in cui ci incontriamo carnalmente con altri esseri umani. Ma è anche vero che tutti i gruppi umani hanno delle idee piuttosto precise su che cosa sia desiderabile nell’incontro carnale con un altro umano. 5


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Anche se si tratta di idee che, talvolta, non hanno nulla in comune fra loro, infatti, gruppi diversi possono desiderare cose molto diverse, ma per natura? No, per cultura. Il desiderio quindi è fenomeno culturale, costruito, perché ciascuno sia portato verso qualcosa e non verso altro, e questo avviene in ogni ambito non solo quello sessuale. Quindi è di fondamentale importanza il contesto: gli esseri umani sono dotati della facoltà del linguaggio ma nessun essere umano nasce dotato di linguaggio. Qualsiasi umano per attivare la facoltà del linguaggio deve essere immerso in un contesto linguistico totalmente umano e se non lo fosse, non la svilupperebbe per niente. Ampliando il ragionamento si può affermare che questo è vero per tutto: se non fossimo esposti al piacere per il cibo e certi cibi, alla modalità di usare il nostro corpo, al modo di pensare alla desiderabilità relazionale e sessuale degli altri, non ci sarebbe un livello base che si attiverebbe automaticamente. L’altra caratteristica fondamentale che si collega con il fatto che non esiste una natura umana preformata è che tutti i gruppi umani fanno il possibile per distinguersi dalla natura. Ovvero tutti i gruppi stabiliscono dei modi in cui le azioni necessarie per la società diventino i modi corretti, i modi possibili. Non c’è un gruppo umano che non sviluppi una cultura, ovvero una serie di concettualizzazioni, di parametri, elementi che plasmano il modo di fare. Domanda finale: come fanno gli umani quando si tratta di costruire i modi di innamorarsi, sposarsi,

avere rapporti sessuali, avere figli? Tutti più o meno, in tutto il mondo, si innamorano, si sposano, fanno sesso, hanno figli. Però, raramente in quest’ordine e, piuttosto raramente, con la stessa persona. Teniamo a mente quindi che le nostre progressioni sono le nostre e non sono un elemento naturale. Sicuramente etico, sicuramente morale, certamente per noi desiderabile, ma in definitiva non si può basare la nostra normatività, le nostre norme, sulla naturalità. Ad esempio tutti noi ci siamo costruiti l’idea che un buon matrimonio si fondi sull’amore, oggi inteso come la libera scelta individuale che deriva da un coinvolgimento romantico. Ma il matrimonio è, antropologicamente parlando, un contratto tra due gruppi (le famiglie di origine), non tra due individui, inoltre ne coinvolge sempre almeno tre. Ma quindi la famiglia in antropologia si fonda sul matrimonio? Dipende da cosa intendiamo per matrimonio: se per matrimonio intendiamo il fatto, socialmente noto, che due persone abbiano rapporti sessuali e mantengano congiuntamente il nucleo famigliare sì, forse, il matrimonio è la base della famiglia. Se invece intendiamo il vincolo sociale intenzionale esplicito, no. In pratica ovunque nel mondo le famiglie sono fatte di qualcosa che va al di là del matrimonio. Il matrimonio c’è e struttura la società. L’amore quindi non è la causa del matrimonio, antropologicamente parlando, ma l’amore è la conseguenza e questo è dimostrato dal fatto che, numericamente, i matrimoni combinati funzionano molto meglio dei matrimoni per libera scelta.

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Infine la domanda se il sesso sia una cosa naturale. La risposta antropologica è no, il sesso non è una cosa naturale e non c’è un istinto (istinto come risposta automatica innata a uno stimolo) riproduttivo tra gli umani. Ovvero, tutti lo fanno ma, o si è d’accordo su come, oppure non ci si incontra. Infatti, ci sono gruppi che considerano desiderabili certe cose, gruppi che ne considerano altre. In ultimo un’altra domanda spinosa: l’omosessualità è una cosa naturale? No. Perché la sessualità non è una cosa naturale. E quindi nemmeno l’eterosessualità è una cosa naturale. Sulla questione, cui neanche l’antropologia sa rispondere, perché certe persone siano semplicemente eterosessuali e altre no, probabilmente non ci conviene cercare nella natura, perché la risposta nella natura è una risposta che stringe che schiaccia e che non libera. Le risposte andrebbero cercate nelle funzioni sociali delle idee e dei concetti di amore, di sessualità di matrimonio e di figliolanza.

Possiamo tramandarla, migliorarla e portarla avanti nel tempo oppure no? Perché senza identità non esistiamo. Gli esseri umani sono in relazione per loro natura e di questa caratteristica non possono fare a meno. Inoltre gli esseri umani imparano per relazione empatica: noi abbiamo nella corteccia frontale i neuroni specchio che si illuminano quando una persona entra in relazione empatica, ossia quando si accorge che qualcuno si prende cura di lui; si creano modelli identificativi, che vanno a costituire tratti di personalità. Da questo deriva l’importanza ad esempio del tipo di comunità umana dove le persone vivono perché questo determina l’identità. Quindi l'uomo è colui che sa stare al centro di un sistema di relazioni complesso. Oggi però si tende a essere un individuo, all’interno di un sistema di individui, il self-made man, l’uomo che si fa da sé, che porta alla rottura di tutti i nostri legami relazionali. I nostri gruppi primari, dove cresciamo le nostre famiglie, sono stabili a livello relazionale? O forse a livello culturale è passata l’idea che si possono rompere i legami relazionali, che non esiste una relazione stabile e duratura e che tutto è contingente e tutte le scelte sono reversibili? Partiamo dalla definizione di socializzazione: quel processo che ogni società mette in campo per integrare le giovani generazioni all’interno di una struttura sociale esistente. In occidente è convenzionalmente divisa in due grandi fasi: la socializzazione primaria e quella secondaria.

Prof. Mario Salisci. Docente di sociologia dei processi culturali università LUMS di Roma. La costruzione dell’identità nella società liquida Il sociologo, non fa riferimento a molte culture e gruppi umani differenti ma si concentra sulla sua cultura. A questo proposito: ci riconosciamo parte di una stessa cultura? Abbiamo radici comuni, siamo eredi di una tradizione culturale che affonda nel tempo? Questa tradizione culturale che tipo di caratteristiche ha?

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Speciale amore Oltre alla distanza ci deve essere differenza, e la più grande differenza culturale che gli uomini abbiano mai elaborato è quella tra maschile e femminile, associati al giorno e alla notte, alla luce e alla tenebra, al bene e al male. La differenza sussiste e grazie alla differenza si può costruire la relazione. Se non c’è distanza, non c’è differenza, non ci può essere relazione. Questo è l’annullamento simbolico. Il mercato quindi sta spingendo verso un sistema omologante, in cui dobbiamo essere individui tutti uguali con poche relazioni, perché l’individuo solo è più manipolabile inoltre rompendo i nuclei famigliari si vende di più. Il vero problema delle persone oggi è quello di essere soli, non di essere liberi. Ricordiamo infine che l’amore è la relazione: saper stare in relazione con gli altri e con se stessi è un modo di amarsi, ma le relazioni implicano sempre limiti, regole e possibilità. È sempre un gioco di equilibrio tra sistemi dinamici: non si può appiattire tutto sulla categoria dell’ “io sono regola di me stesso” (i desideri) o dell’“io come misura del mondo”. Dott.sa Sara Semino. Psicologa.

Attraverso la socializzazione primaria si costruiscono le basi della personalità, mentre nel processo di socializzazione secondaria si apprende il ruolo sociale, che permetterà di aver un posto nella società. Le basi della personalità si costruiscono sulla base delle relazioni e due sono i meccanismi fondamentali: legame di attaccamento, che è la base per la fiducia in se stesso, che consente di aprirsi ad altri rapporti, mentre il secondo è il legame emotivo con l’altro da sé. Inizia così un processo d’individuazione, non più di sola identificazione. Queste relazioni normalmente si realizzano in famiglia, tra genitori e figli. Nel legame simbiotico iniziale viene introdotto il termine “no” che rompe il legame. “No” ha la stessa radice della parola greca “nomos”, “regola”. La regola consiste nella distanza da apporre. Ma sono regole cariche di affetto, perché la norma deve essere nella relazione, altrimenti non è. Nello specifico vi è differenza tra identificazione e individualizzazione. L’identificazione è un meccanismo mentale inconscio di difesa e va a costituire tratti interi di personalità. Se non scatta l’identificazione, proprio poiché siamo strutturati biologicamente per apprendere, iniziamo a imitare. Insieme a questo processo esiste il fenomeno dell’individualizzazione, ossia dell’individualismo. Tutto il sistema mira a creare l’individuo separato dagli altri, l’individuo non in relazione. L’individualismo non è un tratto del carattere ma è un prodotto sociale. Dall’individualismo nasce il narcisismo, che svela una difficoltà patologica di entrare in relazione sia con gli altri sia con se stessi. Oltre questo poi si è identificato un processo che è il processo dell’annullamento simbolico, provocato dall’enorme ondata comunicativa che scaturisce dai mass-media. I media hanno contribuito in maniera determinante a fondere i mondi del maschile e del femminile. Se io voglio entrare in relazione, ho bisogno dell’”io” e dell’”altro”.

È molto apprezzabile che il convegno ponga l’accento sull’argomento dell’amore, e non solo su sessualità e genere, perché dietro a qualsiasi relazione di questo tipo c’è un affetto e un amore che deve essere sempre il centro di quello di cui si parla. Partiamo dalle definizioni dei termini che normalmente si usano quando si parla di queste tematiche per eliminare una generica confusione e avere in mente il significato preciso. La prima distinzione è quella fra identità sessuale e identità di genere, sottolineiamo che queste due cose possano non coincidere: quando si parla di identità sessuale, intendiamo proprio il sesso biologico, che è quello alla nascita; invece quando parliamo di identità di genere subentra la consapevolezza, sensazione intima e profonda di essere maschio e di essere femmina. Esistono poi gli stereotipi di genere ed è importante il contesto: come ci si adatta a quello che l’ambiente ci propone (norme, attributi, condizioni fisiche, gesti, modo di vestirsi) e quindi ci porta a condividerlo sia in maniera cosciente sia come sottotesto, indicando ciò che è appropriato o inappropriato per il genere . È importante educare i ragazzi all'accoglienza della diversità, collegandolo anche al problema del bullismo. Secondo termine che non può essere tralasciato se si parla di identità sessuale e di genere: l'orientamento sessuale. 8


Speciale amore COSTANZA Ho 32 anni e vivo a Torino. Ho intrapreso il percorso scout da lupetta e nei primi anni di Co.Ca ho scoperto la mia omosessualità, mentre ero Capo Reparto. Ho voglia di raccontarvi il mio percorso e condividere con voi le sfide e le gioie affrontate negli anni!

Anche in questo caso vi è differenza tra orientamento e comportamenti sessuali. Il comportamento sessuale è ciò che uno fa e può essere legato anche alla cultura di riferimento. Per orientamento sessuale si intende l’attrazione che un individuo prova verso un altro, e, quindi esso definisce l’oggetto del proprio interesse, non solo sessuale, ma anche affettivo, e che porta a instaurare una relazione con una persona, che sia dello stesso sesso o di un altro, legando i due partner attraverso l’affettività. Si è provato a dare anche una definizione di affettività: avere obiettivi e valori condivisi, impegnarsi reciprocamente a instaurare una relazione, andando al di là di chi c’è da una parte e dall’altra. In qualsiasi relazione è importante che ci sia reciprocità, mutuo scambio e interesse reciproco. Un consiglio ai capi liguri in generale di non affrontare con leggerezza qualsiasi tema legato alla sessualità in adolescenza e di impegnarsi a fare passare il concetto che l’affettività è una cosa che va ben oltre la sessualità, nel senso che non si tratta tanto di dire “chi ci piace”, ma come agisco? Come uso il mio corpo rispetto alla sessualità? Come mi comporto? In generale il messaggio che deve passare è che prima ci deve essere l’affettività.

RICCARDO E LAURA 103 anni di vita e 78 di scoutismo in due, 11 anni di fidanzamento, 24 di matrimonio, 5 figli, una passione per l’Uomo e la sua Bellezza… Siamo stati chiamati a dare una testimonianza di famiglia “normale”, siamo qui per condividere la nostra esperienza di famiglia “in cammino”. GIORGIO PONTE Palermitano, precario per vocazione, nel 2014 è diventato scrittore realizzando il sogno di una vita: “raccontare la Speranza”. Dal 2015 ha donato la sua testimonianza pubblica di persona con attrazione per lo stesso sesso nella Chiesa, in difesa della famiglia naturale e dei suoi fratelli, “non omosessuali ma uomini”. I suoi romanzi sono “Io sto con Marta!” e da pochi giorni online la sua autoproduzione “LEVI”.

L’incontro con i testimoni Capi scout e non, esperienze di vita variegate e significative in relazione al nostro tema. Questi i loro profili.

ELENA BROGGI Sono genitore di 4 figli tutti ex scout, tranne una figlia che è ancora in Co.Ca. Mio figlio a 22 anni, quando era Capo Branco, ha dichiarato di essere gay e ha preferito lasciare lo scoutismo. Da 8 anni sono socia di AGedO – associazione genitori di omosessuali - e mi occupo di accoglienza, di prevenzione nelle scuole di bullismo omofobico e di formazione.

LAURA, portavoce del Gruppo Bethel (LGBT credenti liguri) Ho preso consapevolezza della mia omosessualità all’età di 13 anni. Sono qui per raccontarvi la mia testimonianza di persona, omosessuale credente che lavora attivamente per accogliere chi ha ancora difficoltà a conciliare fede e trans/omosessualità e per narrare la nascita e le attività del gruppo, nato nel 2009 grazie a Don Piero Borelli. LUISA Cinquant’anni fa pronunciavo con fierezza e trepidazione la mia promessa di Coccinella e insieme ad altri capi gridavo “lASCIateci AGIre!”, sognavo un mondo migliore e tutto sembrava facile, a portata di mano. Al Campo Scuola AGI per Capo Cerchio, pochi mesi prima di quella notte del 4 Maggio 1974 in cui alle 4 del mattino nasce l’AGESCI, si presenta Valentino, “inviato speciale” ASCI e dopo un anno ci sposiamo. Il sogno scout non riesce a sorreggere la nostra unione… ma non tutto è perduto (né lo scoutismo, né la famiglia). Vi racconto la storia di una famiglia scout mooooolto allargata… direiextralarge. 9


Speciale amore Gli interventi di Mons. Nicolò Anselmi (Vescovo Ausiliare nella Diocesi di Genova), Giorgia Caleari e Francesco Bonanno (Incaricati Nazionali al Coordinamento Metodologico) “Cos’è l’amore? La Chiesa, l’Associazione e i loro sentieri: sfide, passi e orizzonti da esplorare”. DON NICOLÒ ANSELMI La società di oggi, in cui noi siamo chiamati a giocare, è una società complessa che evidentemente fa una proposta culturale ai nostri ragazzi, per questo noi dobbiamo rispondere con una proposta chiara. La nostra proposta, per essere un buon servizio educativo, deve essere chiara, invitiamo le persone all’interno di questa proposta chiara poi dopo, con il tempo, saranno loro a scegliere. Qual è la proposta sull’educazione all’amore: la vocazione dell’uomo di unione tra un uomo e una donna per una fecondità e una comunione fedele. Ovviamente ci possono essere casi particolari e anche questi sono tutti da amare, tutti da rispettare e quindi ci saranno dei discernimenti particolari. Un'attenzione particolare è da porre nella differenza tra le persone e i loro atti, perché il discernimento va fatto sulle situazioni e non sui valori né sulla proposta educativa. Un’ulteriore riflessione sui capi che vivono alcune situazioni e sulla questione se possano fare i capi. L’invito è di fare un discernimento sulla persona, perché il bene quando è bene, è bene per tutti, se il bene per i bambini è di un certo tipo, lo è anche per il capo, non è che il bene è il bene per qualcuno e per qualcun altro no. È evidente che è difficile per un capo che vive in una situazione differente fare una proposta diversa da quella in cui è. Riconosciamo la fatica che questo comporta, ma riesce difficile pensare che Dio, poiché essere capo è una vocazione, ci chiami a fare delle cose troppo difficili per noi. È necessario essere leali e coerenti facendo attenzione perché noi possiamo contribuire veramente alla confusione, perché da una parte diciamo la legge poi dall’altra agiamo diversamente. Quindi in situazioni di qualsiasi fragilità è importante manifestare e chiarire la nostra fragilità.

Iniziamo con una riflessione sull’amore: “cosa c’è di più bello che parlare dell’amore? Pensando che Dio è amore, pensando che tutti siamo chiamati ad amare ed essere felici.”. Gettarsi nella logica dell’amore e nella chiamata all’amore potrebbe far paura, perché ci sentiamo inadeguati, incapaci, perché abbiamo paura anche di essere rifiutati. Ma amare vuol dire debolezza, fare un passo indietro, saper perdere, vuol dire anche sbilanciarsi un po' con il rischio che qualcuno dica: “ma cosa vuoi? Ma chi sei?” e invece c’è qualcuno che aspetta il nostro amore. Il fondamento è amare tutti, amare sempre, chiedere perdono, ma in tutte queste cose belle, che appartengono all’amore, fortunatamente noi non siamo soli, in questo cammino il Signore Gesù ci ha lasciato degli strumenti per amare: questo Padre, il cammino, l’Eucarestia, i sacramenti, la preghiera, la parola di Dio; se non ci fossero questi, amare sarebbe una cosa difficile. È necessario usare questi strumenti, perché senza non è possibile amare, e perché questi ci rendono come Dio, fanno vivere Dio che è dentro di noi, quindi è Gesù che ama in noi, il Signore ci dà vita ed è con noi, è Lui che ama con noi. La Chiesa rappresenta, o meglio, è Gesù oggi! Quindi vi è lo sguardo di Gesù sul mondo: “Essere cristiani, essere cattolici, in particolare, vuol dire avere lo stesso sguardo di Gesù” e la chiesa ha lo stesso sguardo di Gesù sul mondo, che è uno sguardo di amore per tutti, su questo non c’è dubbio. Perciò noi amiamo tutti, ben consapevoli delle fragilità di un uomo. Ma il punto cruciale è quello di essere un’associazione educativa e che questo faccia la differenza, perché abbiamo a che fare con delle persone che stanno crescendo, che stanno maturando la loro identità e che vorremmo accompagnare nell’operare delle scelte e questa è una grande responsabilità. Nelle nostre scelte, nella nostra discussione ci deve essere il bene dei bambini, dei ragazzi, degli adolescenti, non solo le nostre idee.

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Speciale amore FRANCESCO BONANNO E GIORGIA CALEARI Incaricati nazionali al coordinamento metodologico

che appartiene a tutti. C’è forse qualcuno tra noi che non sia - in qualche modo - “problematico”? Questo documento, e il suo valore, sono rimasti comunque come una base comune, e l’Associazione si è mossa da questo negli anni successivi. Prima e più che affaticarsi ad esaminare situazioni concrete che possono creare disagio ci si rende sempre più conto delle grandi potenzialità dell’educazione, e così l’Associazione ha continuato a ragionare su come educare all’amore. I documenti che seguono permettono di far emergere, di capire di più e meglio, come educare all’amore nella nostra proposta. Ci piace fare riferimento all’esempio prezioso costituito dal documento di Stefano Costa, Educare all’amore ed alla sessualità, un testo molto ampio che raccoglie e fa sintesi di tutto quello che è stato detto tra il 2005 e il 2010. Questi ragionamenti ci hanno portato ad approfondire il tema della coeducazione e della diarchia, così nel 2012 l’area metodo, ha prodotto un documento, approvato e condiviso in Consiglio Generale, dal titolo Coeducazione e diarchia, in cui si ribadisce che la coeducazione non è solo uno strumento ma è anche un valore, qualcosa che noi trasferiamo ed abbiamo in mente in ogni momento della nostra attività, noi educhiamo all’amore sempre, in ogni attività, e i modi della coeducazione dipendono dai i modi della diarchia. La coeducazione non è qualcosa di indipendente dalla diarchia, dalla condivisione dell’essere uomo e donna. Il documento che stiamo preparando, ad esempio, cerca di dire in modo semplice quali sono le attenzioni educative da avere. Gli anni appena trascorsi ci hanno condotto a misurarci con la possibilità di ri-comprendere e ri-raccontare la nostra esperienza educativa e la nostra identità associativa in dialogo con le categorie e le istanze culturali che emergono dal dibattito sull’identità di genere. Pur percependo le difficoltà legate alle sollecitazioni e alle provocazioni che vengono dal mondo esterno, l’Associazione non ha voluto mancare l’opportunità di rispondere a queste istanze e di continuare a rinnovare e a rendere adeguata la propria proposta di educazione sessuale. La domanda ricorrente negli ultimi incontri di area metodo, e in tutti i luoghi in cui abbiamo affrontato questi argomenti, è stata sempre più spesso legata a come l’Associazione possa declinare un pensiero così dinamico e attuale, non privo talvolta di contraddizioni, offrendo la ricchezza della propria identità all’interno della comunità ecclesiale. Rispondere non è semplice perché su questi temi i capi hanno sensibilità e prospettive che sembrano essere - e talvolta effettivamente sono - differenti.

Che cos'è l’amor? chiedilo all' amaca gelata che ha perso il suo gazebo Vinicio Capossela Mentre esprimiamo la gioia di trovarci insieme, vogliamo offrirvi alcune suggestioni su quanto impegna in questo momento la nostra Associazione sui temi rilevanti, decisivi e delicati dell’affettività, dell’amore e in particolare sul nostro ruolo di educatori dentro questo importante e coinvolgente movimento di pensiero, di idee, di vita. Se partiamo dalla possibilità di interrogarci su cosa sia l’amore, su quali siano le conseguenze di questa domanda sul nostro servizio di educatori, non possiamo avere un atteggiamento riduttivo o fondamentalista nella impegnativa ricerca delle risposte che sappiamo essere complesse. Ogni atteggiamento che astragga le esperienze dalla vita concreta delle singole persone e dalla loro storia si mostra come una inaccettabile decontestualizzazione. La fragilità è un elemento che ci sembra connotare un tratto caratteristico della molteplicità delle narrazioni dell’amore. Crediamo che la scoperta della fragilità come condizione della vita delle donne e degli uomini del nostro tempo sia da vedere con un occhio buono, con un occhio positivo. Ciò che era percepito come un pericolo, come una condizione negativa, è diventato un’opportunità, una chance per comprendere in profondità la nostra identità, e dunque per essere migliori, per crescere, per essere felici. L’Associazione si interroga da sempre sui sentieri dell’educazione all’amore. Pensiamo, ad esempio, ad alcuni documenti associativi molto diffusi che hanno contribuito a definire finanche la semantica dell’affettività nella vita delle Comunità Capi, o ad altri che hanno inteso sostenere la prassi educativa, negli scorsi anni. Di questo percorso, che costituisce la storia dell’evoluzione e della maturazione della nostra coscienza associativa su questi temi, non va persa la memoria. Per questo motivo abbiamo voluto raccogliere questi documenti, in particolare quelli scritti dopo il 2001, rendendoli adesso tutti facilmente accessibili nella sezione documenti della pagina web dell’Area Metodo. Uno di questi è un documento di Sergio Nicolli che parla di capi in situazioni eticamente problematiche, un’espressione diventata molto comune e che adesso a noi sta un po’ stretta, proprio per questa idea di fragilità 11


Speciale amore Ma il Papa invita ad andare per mare aperto, a non aver paura, a non voler cercare porti sicuri, a non mettere i valori del cristianesimo, in cui noi crediamo, dentro ad un museo, in una teca, ma a farli vivere, e invita ad andare per mare aperto, a non aver paura perché, dice, il viaggio non lo facciamo da soli, ma Gesù è con noi. Per questo viaggio Papa Francesco ci lascia tre parole come guide per la navigazione, noi vogliamo condividere con voi. L’irrequietezza è la prima, l’incompletezza è la seconda, l’immaginazione è la terza. L’irrequietezza è la capacità, è la condizione di chi si lascia interrogare costantemente dalle cose. Senza credere di potere in maniera troppo semplice o troppo superficiale risolverle. Non è il contrario della pace, della pace interiore, è invece l’atteggiamento di chi sa lasciarsi inquietare, interrogare dalle cose da dentro. Il secondo è l’incompletezza, perché Dio è comunque sempre più grande, ed è quel sentire di avere un pensiero incompleto, sentire che Dio ti stupisce. Tuttavia, è in questa condizione di parzialità e di mancanza che la fede genera visioni ampie e nuove. Da qui si giunge all’ultima parola, l’immaginazione, che è appunto una questione di visione, di capacità di sintesi della visione, di profondità dell’occhio, per utilizzare l’espressione profetica, «Oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante» (Nm 24). La capacità di vedere oltre non è il frutto di una capacità fuori dall’ordinario, ma è l’espressione della nostra condizione battesimale profetica. Lo sguardo profetico è uno sguardo ampio sul presente, che dà anche la possibilità di mettere insieme i pezzi e di immaginare ragionevolmente quale sarà il panorama ulteriore, il panorama successivo. L’amore è una cosa complicata, e la sua comprensione è un percorso che esige irrequietezza, coscienza della nostra incompletezza e immaginazione. Abbiamo provato a cercare cosa i bambini dicono dell’amore, questo perché il Signore ci invita a tornare come bambini, e questo ci interroga. Non vuol dire certo tornare immaturi, incapaci di tante cose o non autonomi, forse l’invito a tornare ad essere come bambini è un po’ recuperare la capacità di abbandonarsi che i bambini hanno perché si fidano, totalmente, si abbracciano e si lasciano abbracciare e si abbandonano completamente alla persona di cui si fidano, e in questo c’è una radice della fede che forse noi spesso smarriamo crescendo, diventando più diffidenti. Allora in questo percorso che stiamo facendo alla ricerca di cos’è l’amore, ricordarci che è anche affidamento, il fondamento della fede. Anche in questo pezzo di vita così complicato che stiamo

affrontando, questo tema così complicato che sembra non avere soluzione, questo mare aperto che abbiamo davanti perché ogni volta che torniamo a parlare di queste cose ci sembra di non trovare mai un punto comune, una direzione da prendere insieme. In realtà va affrontato questo mare con la fede che è fondamento di quello che ancora non vedo, ma c’è. Alla fine di questo percorso, il Consiglio Generale ha deciso di riprendere in mano tutti questi documenti e riportarli all’attenzione dell’Associazione, di riconsiderarli tutti quanti per capire a che punto siamo di questo cammino di comprensione di noi stessi e provare a fare un passo ulteriore. La struttura portante del documento Discernimento, un cammino di libertà è il concetto di discernimento, che è la spina dorsale di tutta l’esortazione postsinodale Amoris Laetitia. Il capitolo 8 di AL, Accompagnare, discernere e integrare la fragilità, ci permette di scoprire come i temi dell’accompagnare, del discernere e dell’integrare reggano l’approccio originale proposto dal Papa. Proprio il cuore di questo approccio vorremo fare nostro. Le risposte alle situazioni concrete dei capi nelle Comunità Capi e nel loro servizio non possono che venire da un percorso rigoroso, esigente ma sereno di accompagnamento, di discernimento e di integrazione. Non possono esistere risposte che esulino dalla fatica del discernimento complessivo che fa il singolo, con la sua comunità prossima che è la Comunità Capi, e questa all’interno della più ampia comunità cristiana locale in cui è inserita. Questa chiave ermeneutica complessiva viene declinata nella nostra particolare specificità, che è quella di adulti educatori. Il testo sul discernimento è un testo ampio che richiederà molta pazienza e anche voglia di navigare a lungo. Le risposte non possono giungere per così dire dall’alto, perché siamo un’associazione fatta di tante persone, fatta di Comunità Capi che sono inserite in una Chiesa locale. Quello che possiamo dire è che vogliamo fare questa strada di discernimento e vogliamo farla insieme, e che ciascuno di noi, come singolo e insieme alla propria comunità è chiamato a fare sintesi. Nella nostra Associazione il capo non è mai solo nell’offrire la propria testimonianza, e questo è il senso dell’alterità. Infondo, non siamo noi i testimoni, noi siamo una piccola parte, forse l’ultima parte, la mano che offre un pezzo di pane, non siamo noi il pane e non siamo noi il cibo; noi ci siamo, ma insieme alle nostre Comunità Capi, insieme agli altri, insieme all’altro, perché l’educazione è relazione con l’altro.

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Speciale amore Con queste attenzioni noi vi auguriamo buon lavoro, attendiamo le vostre sollecitazioni, i vostri consigli e le vostre richieste, perché la strada che stiamo facendo a livello nazionale è la strada di tutti. Voi siete un passo un po’ più avanti, però come in route, i passi vanno fatti insieme perché siamo associazione, e quindi l’altro è importante, sempre.

In generale è uscito forte il desiderio di interrogarsi, di conoscere e documentarsi (la parola più volte ripetuta è stata ASCOLTO, perché determinante è l'idea di non teorizzare, ma di partire da esperienze concrete e dalle persone). Si è definito che sarebbe importante lavorare sull'ACCOGLIENZA, con l'ottica generale di riportare la PERSONA AL CENTRO (per la sua interezza e globalità) e di essere aderenti alla realtà, per essere un' associazione che vive e sa rispondere alle sfide di oggi. Per i percorsi futuri è stato proposto quello di ampliare tema dell'amore (in tutte le sue sfaccettature) e di lavorare di zona x accrescere il confronto, ricordandosi che deve essere fondamentale il percorso della Co.Ca.. A livello associativo si sono trovati alcuni punti su cui porre l'attenzione: la diarchia, il ruolo della Co. Ca., la figura del capo (progetto del capo, educatore/ testimone). C'è una forte consapevolezza del fatto che il percorso porta sicuramente irrequietezza e fatica, ma allo stesso tempo si è percepita una gran voglia di affrontarlo con serietà e profondità. Vi è un forte desiderio di non fare questo percorso da soli, ma di condividerlo con la CHIESA (in particolar modo con i nostri AE). È stata riconosciuta l'importanza di ampliare questo percorso anche con i ragazzi (soprattutto gli R/S). Dal livello associativo nazionale non si vogliono regole, ma piuttosto delle linee guida e un'attenzione all'introduzione di spunti per la formazione capi e nei campi/eventi.

DONATELLA MELA Capo Guida Introduzione ai gruppi di lavoro – piste del futuro La Liguria sta facendo un percorso in linea con l’intera Associazione e questo è un buon modo per riprendere e rileggere quello che l’Associazione ci propone. Tutto il convegno è stato permeato da un senso di grande verità nel quale si è creata una situazione in cui qualsiasi cosa è stata detta con grande tranquillità e serenità, si è sentita la voglia di dialogo e confronto che in questo tempo non sono comuni. L’Associazione ci invita a fare fatica, l’irrequietezza, l’incompletezza, l’immaginazione sono tre parole che sono alla base del nostro metterci in relazione con le altre persone. Essere profetici oggi apre all’entrare in profondità per guardare al futuro, l’ultima parola: fidarci, avendo alla base l'ascoltarsi prima di giudicare. L’Associazione non ha paura, né di esprimersi né di confrontarsi con i propri Vescovi. Ricordiamoci di non dimenticare il patto associativo, nel quale si dice che le comunità capi vivono nell’adesione ai sacramenti e nella preghiera. Ed è proprio la preghiera la benzina del nostro percorso e in questo ci sono di aiuto le parole del Santo Padre che ci ricorda che la base delle buone relazioni ci sono: “scusa, grazie, prego, per favore”. Infine due spunti di lettura che potrebbero essere utili per futuri percorsi. Don Guido Gallese (Vescovo di Alessandria) che dice di se stesso e dei Vescovi: “non siamo carabinieri del sacro, facciamo rinascere la comunità”. L’altra suggestione di lettura è la lettera che il Santo Padre ha scritto alla chiusura del Giubileo che s’intitola “Misericordia et miseria”. Affrontate i lavori di gruppo cercando novità, cosa c’è di nuovo dentro ciascuno di noi alla luce dei due giorni vissuti.

Come continua il nostro cammino? Il convegno si è concluso con 10 gruppi che sono confrontati su: • "quali nuovi pensieri sono emersi dagli incontri di sabato e domenica?" • "come continuare il cammino?". 13


Passato prossimo A cura di Giacomo Beretta e i capi-campo

Scouting for Boys

Campi di Specialità 2017

Cosa ti spinge a fare questo servizio? Da capo tirocinante ho colto l'opportunità propostami dalla mia Staff che aveva già organizzato il campetto. Cercare di portare avanti l'educazione AGESCI di ragazzi mai visti prima è stato uno stimolo che ha rinsaldato la mia fiducia nel metodo scout, e spero di replicare nei prossimi anni. Per dare l'opportunità a ragazzi come i nostri di mettersi in gioco e perché, a piccole dosi, è bello tornare a fare E/G. I ragazzi stessi, mi sono reso conto dell'importanza che questi eventi hanno per loro, sono arricchenti e sono lo specchio migliore della bellezza del sentiero. Credo fermamente in questi campi, un E/G al suo I/II anno che progetta un evento del genere e decide di uscire dalla sua "comfort zone" del reparto compie un atto audace, si mette in gioco e noi capi dobbiamo essere all'altezza dei suoi sogni. E poi mi diverte, tanto, incontrare E/G nuovi, ma accomunati sempre dallo stesso entusiasmo! La possibilità di diffondere delle tecniche e far vivere a questi ragazzi/e un esperienza che li faccia sentire protagonisti. Per spirito di servizio e per metterci in gioco in qualsiasi momento. Per mettere la nostra esperienza a disposizione dei ragazzi e permettergli di vivere esperienze diverse e nuove in un clima di protagonismo e gioco. È una chiamata del cuore; un sentire di poter dare ancora qualcosa. È un'occasione di crescita individuale non solo per il ragazzo, ma anche per il capo! I campi di specialità hanno quel loro piccolo tocco magico che lascia sempre a tutti una traccia nel cuore. Per offrire ai ragazzi un'occasione diversa dalla "normale" vita di reparto, per conoscere e lavorare con persone diverse.

Il resoconto di un week-end ricco di emozioni, tanti ragazzi entusiasti e una moltitudine di attività disseminate in tutta la nostra speciale regione Il 25 e 26 marzo si è svolto l’evento più partecipato di AGESCI Liguria: i Campi di Specialità 2017. (580 E/G più tutti i capi, i maestri di specialità, gli R/S e gli esperti) Un evento importante per il sentiero dei ragazzi, per riscoprire le tecniche e renderle strumento principale per la progressione personale di ognuno. Negli ultimi anni quest’evento ha dato a molti ragazzi del I e II anno di reparto tante opportunità e la possibilità di tornare nel proprio reparto con tante cose da raccontare ed insegnare, ma possiamo fare molto più con un piccolo sforzo da parte di tutti: chiedendo ai ragazzi di avvisare in tempo della loro assenza (56 E/G hanno avvisato troppo tardi) e dando la propria disponibilità a partecipare all’evento (56 E/G sono rimasti in lista d’attesa). Quest’evento può dare tanto anche ai capi che partecipano ed è per questo che abbiamo chiesto a loro di raccontare la loro esperienza...

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Passato prossimo

Volevamo fare qualcosa di nuovo e stimolante, sapendo che c'è bisogno di capi per fare i campi di specialità abbiamo scelto di buttarci in questa avventura. L’entusiasmo che i ragazzi portano partecipando al campo; l’eccitazione che i nostri ragazzi riportano in reparto; la sensazione di conoscersi da tempo, di essere simili, di far parte della stessa grande famiglia, nonostante si abiti lontano. Penso che i campi di specialità siano una ventata d’aria fresca sia per i ragazzi che per i capi, un’occasione per rinnovarsi e per sperimentarsi. Nei campetti di specialità “regna” l’entusiasmo e vedere ragazzi che ci credono e si impegnano non può che essere un’occasione per noi capi di ri-entusiasmarci insieme a loro.

Di staff abbiamo deciso di buttarci in questa avventura, e nonostante tutti gli imprevisti, lavorando insieme siamo riusciti nel nostro obbiettivo . Come prima esperienza è stata molto positiva, nonostante qualche piccolo "intoppo tecnico". I ragazzi hanno risposto con entusiasmo, curiosità e tanta voglia di imparare. Si è creato un clima gioioso e allegro. I ragazzi sembravano molto interessati alle attività e si sono impegnati con gioia nella loro realizzazione. C'era voglia di fare e di mettersi in gioco, i ragazzi erano attivi e desiderosi di apprendere cose nuove. "Sorridono e cantano anche nelle difficoltà", la pioggia ha creato qualche problema, ma è stata anche maestra. I ragazzi sono stati contenti dell'esperienza e ciò di dà fiducia per un eventuale bis l'anno prossimo.

Come è stato il vostro campo? È andato benissimo, tra una corsa e l'altra. I ragazzi hanno mostrato entusiasmo fin da subito e hanno contribuito alla buona riuscita del campo. Con l'attività speleologica siamo riusciti a trasmettere delle tecniche di base, ma cosa ancora più importante, la loro soddisfazione è stata evidente. Anche la parte riservata alla specialità di "Maestro della Parola" (parte fatta anche in grotta) credo abbia dato i suoi frutti, senza annoiarli. È stato piccante, ringraziando una SQ che ha abbondato col peperoncino nella amatriciana. Però gli diamo comunque 3 stelle Michelin: abbiamo cucinato piatti stra buoni! È andato davvero bene, i ragazzi erano entusiasti e hanno subito creato un buon clima necessario per svolgere al meglio tutte le attività. È riuscito davvero bene, le attività sono state accolte con entusiasmo dai ragazzi e si è subito instaurato un bel clima. Durante l’arrampicata sono stati bravi a spalleggiarsi ed incoraggiarsi a vicenda! Inoltre hanno potuto vivere a pieno il loro protagonismo, mettendosi in gioco per loro e per gli altri. Unica pecca, erano tutti maschi.

Itinerante, tecnologico e colorato! Ogni SQ ha avuto la possibilità di creare una storia attraverso le fotografie scattate in giro per Genova, dei fotomontaggi e dei foto-ritocchi come in un vero set fotografico. Ogni storia ha messo in risalto le peculiarità di ogni SQ. Sono ormai un po’ di anni che proponiamo il campetto SCOUTLET, la specialità di atleta piace sempre molto ai ragazzi. Abbiamo sempre avuto un riscontro positivo e abbiamo sempre incontrato ragazzi super carichi di entusiasmo e grinta.

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Passato prossimo A cura di Doris Fresco

“A te l’è visto che artisto”

Un evento di Zona La Spezia per conoscere la disabilità La cittadinanza si è lasciata coinvolgere dai Clan che hanno collaborato con le numerose associazioni spezzine che operano in questo campo. Un evento di zona RYS che ha lasciato grande soddisfazione nell’aria, non solo per il significato positivo e valoriale che la giornata ha rappresentato, ma anche, e soprattutto, per l’impegno con cui i ragazzi hanno pensato e organizzato l’intera giornata e tutta la preparazione precedente. Domenica 12 marzo 2017, il Parco della Maggiolina, è stato invaso da “Te l’è visto che artisto?” manifestazione organizzata dai rover e dalle scolte dei Clan dei gruppi Spezia 1, Spezia 3, Lerici e Levanto, per indagare il rapporto tra abilità e disabilità. “I ragazzi ci hanno dimostrato che con il loro impegno possono realizzare cose bellissime, eventi coinvolgenti e davvero molto significativi”: queste le parole condivise da tutti i capi Clan, che, ancora oggi, a qualche mese dall’evento, lo ricordano come uno dei più bei momenti di zona degli ultimi anni. La cittadinanza è stata coinvolta ed invitata a ragionare sul tema dell’abilità e della disabilità: “Attraverso un processo democratico, sono stati i ragazzi dei clan a scegliere l’argomento da trattare- racconta Marco, capo clan del Lerici 1- Per questo, è stato organizzato un primo momento di condivisione, in cui a tutti i clan è stato chiesto di presentare, attraverso una Veglia, un argomento che stava loro a cuore. Già in quella giornata abbiamo visto le potenzialità dei nostri ragazzi, perché gli argomenti presentati sono risultati essere tutti interessanti e attuali: ludopatia, disabilità,

tossicodipendenza… insomma, una scelta difficile, ma ragionata. I ragazzi poi sono stati invitati a votare, democraticamente, l’argomento che secondo loro poteva essere quello giusto da presentare alla cittadinanza.Tutti hanno dimostrato la giusta maturità, anche quando un solo tema ha vinto: avevamo immaginato che ci sarebbero rimasti male, vedendo scartato il tema proposto sul quale avevano ragionato di clan. Invece tutti hanno capito che questa è democrazia e che tutti gli altri argomenti potranno essere sviluppati attraverso lo strumento del Capitolo di Clan”. Così i ragazzi hanno scelto di lavorare sulla disabilità, domandandosi se esiste davvero l’inclusione necessaria o se ci sono limiti invalicabili che favoriscono l’esclusione, contattando per prima cosa le associazioni della provincia che lavorano attivamente da anni su questo tema: il Centro terapeutico per disabili di Gaggiola; l’associazione LIS, progetto scuola G. Mazzini che ha allestito un laboratorio della lingua dei segni e ha organizzato uno spettacolo di canzoni; l’associazione Amici del parco Onlus che ha venduto street food il cui ricavato è andato in beneficenza; l’associazione Antares; Anffas e Special Olympics, presenti con un laboratorio; Unitalsi; Angsa e l’associazione Nuovo Volo. “Alcune sono associazioni che conosciamo bene, con le quali AGESCI collabora attivamente da anni, altre invece sono state coinvolte per la prima volta, ed è stato bello che i ragazzi abbiamo allargato i propri orizzonti cercando associazioni meno note”.

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Passato prossimo A cura di Branca RS

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PERCHÈ: le migrazioni sono una realtà che ci interpella direttamente, il nostro è territorio di frontiera, siamo chiamati a conoscere, capire, servire. CHI-COME-QUANDO-COSA 5-6 novembre 2016: 30 rappresentanti di 15 clan si incontrano a Ventimiglia per un week end di servizio e testimonianze. Lancio dell'idea “ancora un'azione di coraggio”: ogni clan è chiamato ad un impegno sul tema delle migrazioni 18 Dicembre 2016: Luce di Betlemme i rappresentanti con i loro clan portano la luce della Pace a Ventimiglia e pregano con la Bibbia ed il Corano insieme ai migranti ospiti a Parco Roja e nella parrocchia delle Gianchette. Partecipano circa 5O ragazzi. Dicembre 2016-Aprile 2017: i clan compiono le loro azioni di coraggio: servizio a Ventimiglia, servizio sul proprio territorio, capitoli... 20 maggio 2017: Veglia Rover ad Albisola dal titolo “S-Veglia!Sicuri di conoscere” all'interno della manifestazione Tutti Su Per terra. Presenti circa 500 persone di cui 250 ragazzi. I clan autori e realizzatori della veglia sono: Sanremo1, Albenga1, Loano Valmaremola2, Savona3, Savona7, Savona8, Genova25,Genova15,Tigullio.

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Comunicazione di servizio A cura di Francesco Bavassano e Luca Frisone

Comunicazione: c'è movimento! Continua il percorso del pattuglino di Rover e Scolte che si dedica alla pagina Facebook RYS 3.0 Liguria. La pagina è in continua crescita, con l'orizzonte più ampio è fare comunicazione e fare rete tra gli RS liguri. Questo percorso si appoggia sulla Bottega R/S Humans 3.0, giunta alla seconda edizione e dedicata ai temi della comunicazione, il mondo dei social e la definizione della propria identità. I ragazzi che si occupano della pagina sono attualmente Elia, del Savona 7, Gabriele del Genova 12, Mara del Genova 3, Riccardo del Genova 60 e Serena del Genova 21, con Francesco, Maestro dei Novizi del Genova 100 e il supporto degli incaricati regionali Alessandro e Michela. Stay tuned :) Qualcosa si muove anche tra i capi!

Hanno partecipato i rappresentanti di una ventina di Comunità Capi e Comitati di Zona e la redazione di SIL che, con interesse e curiosità, hanno creato un bel momento di confronto e provato a dare una prospettiva di cammino futuro per una tematica così importante e all'ordine del giorno nel nostro servizio quotidiano. Si è collegato in videoconferenza per raccontarci questo mondo che cambia Paolo Piacenza, capo clan, giornalista e docente nonché ex direttore di Camminiamo Insieme durante la Route Nazionale. L’intento per il futuro prossimo è quello di costituire due gruppi di lavoro regionali che possano rispettivamente trattare il tema comunicazione sotto vari aspetti: a. Pattuglino tecnico: composto da quanti interessati a gestire pagine, siti, social nelle strutture.

Martedì 16 Maggio si è tenuta in sede regionale la serata "ComunicAzione di Servizio", momento di formazione e confronto sulle tematiche inerenti la comunicazione, i social media ed il nostro specifico educativo ed associativo.

b. Pattuglino formativo: dedicato più all’elaborazione e al dibattito dei temi educativi e formativi inerenti alla comunicazione, dove potranno eventualmente sorgere proposte e riflessioni per le CoCa e le Zone. Se avete nominativi di R/S e Capi interessati a partecipare segnalatelo a focam@liguria.agesci.it e stampa@liguria.agesci.it

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Fare scautismo A cura di: Stefano Barberis

Il patto associativo è maggiorenne Uno strumento per verificare il nostro servizio insieme alla Co.Ca. e magari far partire una riflessione in associazione “dal basso” per rinfrescarlo un po’

Forse non tutti sanno che il nostro patto associativo compie quest’anno 18 anni! Ebbene sì, il nostro patto associativo è stato redatto/approvato dal consiglio generale AGESCI nel 1999. Ma cosa è oggi per le nostre CoCa il patto associativo? Domanda direi da manuale: Il Patto Associativo è il documento a cui tutti i soci adulti dell'Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI) si devono impegnare ad aderire per poter far parte di una Comunità Capi e per poter svolgere un servizio educativo. I soci adulti si riconoscono nel Patto associativo, documento che esprime la sintesi condivisa delle motivazioni che hanno sostenuto la loro scelta di svolgere un servizio educativo in Associazione.

che a loro in un’ottica di educazione condivisa? (Il Patto Associativo è rivolto anche alle famiglie dei ragazzi e a tutti coloro che sono interessati ai problemi dell’educazione, perché possano comprendere quali siano le caratteristiche dell’Associazione) Il Patto Associativo è secondo me bellissimo, molto più bello dei regolamenti metodologici: in pochi paragrafi riesce a descrivere tutto quello che è il nostro fare scoutismo e i valori che ogni giorno testimoniamo nel nostro servizio. Il patto associativo è fatto di parole pesanti, di parole significative e concrete: “l’associazione adotta i metodi della democrazia”,”…contribuisce alla crescita dei ragazzi come persone significative e felici”, “…la nostra azione educativa rende liberi..:”, etc.

Molto bene: dunque in teoria il Patto associativo entra in gioco nel nostro servizio soltanto all’inizio dello stesso? Soltanto per capire se e come vogliamo diventare soci adulti/Capi in associazione?

Il Patto Associativo ci chiama a essere capi ogni giorno, non solo quando iniziamo il nostro servizio in Co.Ca. per questo deve diventare uno strumento continuo di verifica per le Co.Ca. e i capi, un documento vivo, da tenere stampato in bella mostra in sede e in cui cercare risposte quando non sappiamo cosa fare con quella squadriglia che proprio sembra svogliata e non riesce neanche a costruire il tavolo al campo estivo e con il rover che non viene mai a bivacco per i suoi mille impegni.

Apparentamente il PA dovrebbe essere una sorta di Costituzione della nostra associazione in cui tutti noi ci riconosciamo: ma lo conosciamo veramente? Siamo capaci nelle nostre CoCa, durante le assemblee regionali quando dobbiamo prendere qualche decisione “scomoda” o importante, a fare riferimento a questo documento? Ma soprattutto….noi come singoli capi/CoCa sappiamo verificarci con il Patto Associativo anche per verificare il Patto stesso che, come dice la sua introduzione, è e deve essere la sintesi delle idee ed esperienze sviluppate nella nostra associazione? Le nostre famiglie conoscono il Patto Associativo: ci ricordiamo che è rivolto an-

Deve essere il primo strumento di verifica per il Capo durante la redazione del proprio progetto del Capo annuale; quante volte non sappiamo come fare il progetto del Capo e scriviamo i soliti due “pensierini”: proviamo a rileggere ogni anno in un momento di deserto il PA interrogandoci su

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Fare scautismo cosa ci stia chiedendo in quel momento: vogliamo essere testimoni laici e credibili della nostra fede? Come possiamo quest’anno rendere i nostri ragazzi protagonisti in un’ottica di autoeducazione e coeducazione? Sappiamo “rifiutare decisamente” come singoli “tutte le forme di violenza, palesi ed occulte, che hanno lo scopo di uccidere la libertà e di instaurare l’autoritarismo e il totalitarismo a tutti i livelli, di imporre il diritto del forte sul debole, di dare spazio alle discriminazioni razziali”?

stro branco, nelle nostre squadriglie essere “un’associazione di frontiera”? Facciamo la spesa solo al discount perché costa meno anche se i detersivi contengono milioni di tensioattivi o le scelte che prendiamo dentro alle nostre sedi e durante i nostri campi estivi “promuovono una cultura di responsabilità verso l’ambiente e un’equa redistribuzione delle risorse”? Se inizieremo a maneggiare ogni giorno il Patto Associativo, forse potremo anche capirlo meglio e provare a cambiarlo magari provando come CoCa/ Zona/Regione a proporre una modifica/integrazione per renderlo più vicino al nostro tempo, in un meccanismo di democrazia “dal basso” che è proprio della nostra Associazione e che incarna tutti i valori descritti nella nostra “costituzione”.

Deve essere il primo strumento di verifica in Co.Ca.: per le branche per i propri programmi di unità e per le Co.Ca per i propri progetti di gruppo, per potersi sentire parte di un’associazione che insieme cammina verso gli stessi obiettivi e verso la creazione di una cittadinanza più significativa e felice. Alcune frasi del PA devono interrogare le nostre Co.Ca. nel profondo: sappiamo di essere forse l’unica occasione di avvicinamento alla fede dei nostri ragazzi? Sappiamo quindi trasmettere la bellezze dell’amore di Gesù Cristo, lasciando che i nostri ragazzi si possano sentire “interpellati da lui”? Che cosa vuol dire nel nostro gruppo, nel no-

BUON COMPLEANNO PATTO ASSOCIATIVO P.S: Per una verifica guidata in comunità capi del proprio “rapporto” col Patto Associativo vi consiglio questo link dei fratelli scout di Chieri - http://www. chieriscout.it/DOCUMENTI/PattoAssociativo.pdf

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Fare scautismo A cura Giorgio Costa

Una sede a prova di incendio? Dopo un’esperienza di paura in una sede cittadina, proviamo a mettere in evidenza quali sono i possibili problemi nelle nostre sedi dal punto di vista della sicurezza antincendio. Fumo dalla sede di reparto. Allarme. Arrivano i pompieri. In sede non c’era nessuno, i danni sono contenuti: un angolo di squadriglia rovinato, una tenda da buttare l’impianto elettrico tutto bruciato è da rifare completamente. Il fumo però ha creato una denso strato tossico che va bonificato prima di poter usare nuovamente il locale. È andata bene, ma cerchiamo di capire cosa possiamo imparare da quanto accaduto e come possiamo migliorare la situazione. Quasi sempre le nostre sedi sono ricavate in vecchi edifici, talvolta locali di recupero, spesso rifinite in legno, con tanta carta e soprattutto tanto materiale per i campi. Un gran carico di combustibile, pensiamo anche alle eventuali palerie per costruzioni che non sempre riusciamo (come sarebbe auspicabile) a confinare in altri locali chiusi, separati da quelli in cui facciamo attività. Poi il peggior nemico di chi combatte gli incendi: le bombole di gas, piene o vuote, residuo dei campi. Delle vere bombe inesplose che si innescano col calore. Tante situazioni diverse difficili da gestire o da risolvere completamente, però proviamo ad elencare quelle attenzioni utili a prevenire da attuare nelle nostre sedi. • Non depositare o mantenere per nessun motivo bombole di gas piene o vuote in locali chiusi. Anche se non vengono utilizzate vanno conservate solo all’aperto, in aree definite e segnalate. Meglio poi se evitiamo di trasportarle dai campi: ci si può rifornire in sito e restituirle anche se non completamente utilizzate.

• Evitare di usare fiamme libere, lumini, candele etc. nelle sedi a meno che non siano perfettamente sicure, cioè protette da sistemi antincendio con carico di combustibile limitato e soprattutto senza verifica dei responsabili. • In tutte le sedi con ampie finiture in legno, con deposito di materiali infiammabili, installare idoneo estintore utile a intervenire nei principi di incendio. Poi ovviamente è importante imparare ad usarlo e soprattutto organizzarsi per le verifiche periodiche che deve sostenere. Un piccola spesa ma quando servisse è indispensabile, inoltre è utile averlo al campo in caso di incendio. • Verificare l’impianto elettrico: è facile proteggerlo almeno con interruttore differenziale e magnetotermico. In molti casi adeguare tutto l’impianto alla norma, opportunamente guidati, non è difficile né particolarmente costoso. Meglio poi se l’impianto viene certificato, soprattutto ai fini assicurativi. • Verificare col proprietario del locale (che spesso è la Parrocchia) la presenza di una copertura assicurativa che protegga nello specifico per danni da incendio provocati e subiti. l’ultima attenzione perché bisogna prevenire, ma in caso anche solo di fumo il danno è sempre ingente. Infine, una continua condivisione della coscienza del rischio e degli accorgimenti per ridurlo da parte di tutti gli utenti. I nostri comportamenti corretti e la presa di responsabilità di ciascuno sono sempre la migliore prevenzione per ogni tipo di incidente. 21


Mondi paralleli A cura di Stefano Celentano

Vivere l'accoglienza

Intervista a Maura della casa famiglia “La Dimora Accogliente” L’Associazione La Dimora Accogliente ONLUS nasce con l’obiettivo di accogliere bambini e ragazzi in età preadolescenziale e adolescenziale in stato di abbandono o con problemi di disagio sociale con l’attivazione di percorsi a lungo termine volti al raggiungimento dell’autonomia personale. La Dimora Accogliente nasce nel 2009 per volontà di Francesco De Vincenzi e Maura Scasso, coppia di genitori ritenuti idonei dal Comune di Genova per l’affido di minori.

In quegli anni stavamo ancora lavorando come spedizionieri, eravamo colleghi con contratto a tempo indeterminato, poi man mano che la famiglia si allargava abbiamo lasciato il lavoro per dedicarci completamente alla casa. Adesso, a 9 anni di distanza, viviamo con 10 figli, 3 naturali e gli altri in affido. A tal proposito, com’è il rapporto tra le tue figlie naturali e gli altri ragazzi che avete preso? Le vostre figlie capiscono e condividono quanto fate?

Come e perché nasce la casa famiglia?

Ci rendiamo conto che la nostra scelta condiziona la vita delle nostre figlie naturali. Come è normale, crescere in questo modo ti insegna l’accoglienza, la fraternità, ti educa a non chiudere le porte a nessuno e a voler conoscere prima le persone. Ovviamente c’è anche l’altra faccia della medaglia: essendo tre ragazze ancora piccole, a volte essere in così tanti può disorientarle, specie se messe a confronto con delle loro amiche. Oppure a volte c’è il rischio che “subiscano” un po’ quella che ormai è diventata la nostra impostazione. Penso che vedremo tra qualche anno, quando avranno una loro famiglia, come tutto

La casa famiglia nasce nel 2009, e cioè dopo aver fatto tutte le pratiche ed aver ricevuto il primo affido. L’idea, tanto semplice quanto rivoluzionaria per la nostra vita, era quella di spendere il nostro futuro in un servizio, e così abbiamo deciso di fondare una casa famiglia in cui far crescere bambini o adolescenti rimasti orfani. In origine, pensavamo di poter prendere ragazzi per un periodo di tempo limitato e avere un ricambio; presto però ci siamo resi conto che chi aveva realmente bisogno erano quei ragazzini che nessun altro voleva. 22


Mondi paralleli nostra realtà. In generale non tutti riescono ad astrarre quello che facciamo e traslarlo anche nelle loro realtà, e finisce che il loro concetto di solidarietà diventa dare una mano a noi, non applicare questo modello alle loro realtà. Per certi versi anche gli scout che vengono a trovarci rischiano di cadere in questo inganno, molti fanno raccolte di fondi o di beneficenza per noi, ma non capisci realmente quanto siano aperti al diverso e all’accoglienza nei loro gruppi. Quale futuro per i ragazzi che vengono presi alla casa? L’obiettivo è che i ragazzi poi una volta diventati maggiorenni possano trovare un lavoro e andare avanti autonomamente, anche per dare un ricambio qua con nuovi ragazzi. Il rischio, che vale per questi ragazzi come per moltissimi altri, è che resti l’idea che “sono bravi anche se sono…” e qua ci puoi mettere orfani, immigrati, rom, poveri etc etc. Cioè come se ci fosse (e c’è, purtroppo) un’idea di fondo per cui ci si stupisce del fatto che sono normali. Per fortuna basta la conoscenza e molti di questi pregiudizi e stereotipi cadono… ma è un processo difficile, che richiede tempo ed energia! Per noi è un bel successo il fatto che alcuni dei ragazzi più grandi che sono qui, e che quindi nel giro di pochi anni dovrebbero trovare una sistemazione, siano in qualche modo “richiesti” per andare a lavorare qua in zona, significa che le persone hanno visto che si tratta non solo di ragazzi disposti a lavorare ma che sono anche svegli!

questo si tradurrà: non è che dovranno aprire anche loro una casa famiglia, anzi, ma io e mio marito siamo felici di aver fatto vivere sulla loro pelle l’idea che si possono cambiare le cose, che la solidarietà si può insegnare ma si può anche vivere in prima persona. E da quello che vediamo, la nostra scelta “paga”: i ragazzi sono contenti di questo stile di vita. E al di là di quelle che possono essere le reazioni degli adulti, è evidente che sia i nostri figli naturali, sia gli altri, non hanno mai avuto problemi di alcun tipo nei contesti sociali che frequentano. Anche tra loro 10 vanno tutti d’accordo, perché nella loro semplicità vedono o, meglio, vivono, la condivisione e la diversità come un processo naturale, spontaneo, ricco. Nel rapporto con chi vi sta intorno, ricevete esempi concreti di solidarietà o capita di avere problemi? C’è un detto che calza bene, Nessuno è profeta in patria. Alcuni pensano che lo facciamo perché abbiamo un nostro tornaconto. Molte persone, tra cui nostri amici, si spaventano e rifiutano l’idea che quello che facciamo potrebbe in qualche modo interessarli. Scatta un meccanismo per cui si sentono messe in discussione e non riescono a uscire dal loro guscio di tranquillità e comodità.Tanti invece hanno voglia di capire quello che facciamo; di conoscere noi e i ragazzi, vedono che ci chiamiamo casa famiglia e decidono di approfondire la conoscenza. A seconda delle inclinazioni delle persone, si vedono svariate forme di supporto e solidarietà. Ci sono quelli che vengono nei fine settimana a darci una mano, quelli che sentono un po’ anche “loro” questo progetto e ci si dedicano tanto. Alcuni semplicemente si accontentano di conoscere la nostra storia. Penso che a seconda delle inclinazioni di una persona, e del suo vissuto, scattino diverse forme di relazionarsi con la 23


Zoom Liguria A cura di Riccardo D’Andrea, Matej Delaš e Roberto Colombo

I 20 anni del progetto Jarmina i semi di Agesci Liguria hanno dato frutto Qualcuno senz’altro ricorderà il progetto Jarmina. Dal 1994 al 2004 un intervento nelle zone colpite dalla guerra seguita al disfacimento della ex Jugoslavia, inserito nel vasto movimento che porto l’Agesci a muoversi per sostenere chi questa guerra la subiva, i bambini e i profughi in particolare. Gabbiano azzurro e poi progetto Balcani erano i nomi di queste operazioni a livello nazionale. In Liguria, dall’iniziativa di un gruppo di capi, partiva un progetto molto sperimentale: andare a Jarmina, un paesino della Croazia ai confini con la Serbia, quasi raso al suolo dai combattimenti, occupato e appena restituito all’amministrazione croata, sotto la protezione dell’Onu, per avviare un lavoro di animazione con i bambini che erano da poco ritornati con le loro famiglie dopo un lungo periodo di sfollamento. L’avvicinamento di qualche adulto incuriosito e l’entusiasmo di bambini e ragazzi che inconsapevoli cominciarono il gran gioco dello scautismo portarono da li a poco ad una richiesta. Era il 1997 e dopo circa 3 anni di attività con gli scout italiani, chiesero di essere aiutati ad aprire il gruppo scout di Jarmina.

Il progetto cambiò forma e il loro “piccolo grande sogno” cominciò a camminare. Nel 2004 il progetto si chiuse con un gemellaggio tra Regione Liguria e Gruppo Scout di Jarmina. Allora ci piaceva definire Jarmina la quinta zona esterna della Liguria… Il 4 febbraio 2017 con Titta e Roberto (la vecchia pattuglia operativa) siamo tornati a Jarmina invitati alla festa per il 20° anno dalla nascita del gruppo. Ci faceva piacere condividere con tutti voi l’articolo ufficiale scritto per l’occasione da Matej (un bambino allora, uno dei capi oggi). A noi un po’ ha emozionato… Ci ha ricordato un’esperienza di scautismo “di frontiera” davvero importante, che ha coinvolto per più di dieci anni tanti scout liguri nella costruzione della pace, nella fratellanza scout, nella dimensione politica ed internazionale. [N.d.R] Un riassunto della storia del Progetto Jarmina si può anche trovare qui:

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Zoom Visti Liguria da fuori IL BIMBO SCOUT, NATO NEL 1997, OGGI È UN ESPLORATORE ADULTO Sabato 4 febbraio 2017, con inizio alle ore 18, presso la “Casa dell’amicizia italiana” di Jarmina, il nostro gruppo ha marcato i vent’anni di esistenza: vent’anni di lavoro ininterrotto con bambini e ragazzi. Al programma di otto ore, che noi scout di Jarmina abbiamo preparato con il desiderio che si riunissero tutte le persone che hanno il merito di avere contribuito all’esistenza e alla crescita del nostro gruppo, hanno presenziato innanzi tutto i membri del gruppo medesimo (dai più giovani ai più anziani) con le loro famiglie; quindi gli scout di Genova che nel 1994 hanno dato inizio alla nostra storia, oggi così speciale, attraverso il progetto Gabbiano azzurro; il vicario generale della diocesi di Ðakovo e Osijek, monsignor Ivan Ćurić; il parroco di Jarmina, reverendo Ivan Bešlić; il cappellano della parrocchia dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria di Nova Gradiška, reverendo Roko Ivanoviˇc; i rappresentanti del consiglio comunale di Jarmina con il sindaco e i rappresentanti dell’associazionismo locale; i nostri amici scout di Nova Gradiška, Ðulovac, Krapina, Otok, Vinkovci e Osijek, nonché molti vecchi membri del nostro gruppo. Con l’occasione ringraziamo tutti

coloro che, con la loro venuta e la loro amicizia, hanno reso ancora più importante questo speciale anniversario, ma anche coloro che non sono potuti venire e si sono rivolti ai presenti con le loro lettere. Ringraziamo, per il suo patrocinio, il Comune di Jarmina, che ha donato denaro per la realizzazione della festa, nonché Žuća, Dada e Ivica, che ci hanno fatto divertire fino a tarda notte. Nella parte ufficiale della serata, della durata di due ore, gli scout hanno presentato ai loro ospiti le attività dell’anno precedente per mezzo di filmati e fotografie. Quindi è stato proiettato un video di venti minuti sui vent’anni di scautismo a Jarmina, nelle cui immagini molti vecchi scout, oggi genitori di bambini che frequentano il gruppo, hanno potuto riconoscersi. In due ore l’intera nostra storia non ci sta, ma abbiamo cercato di rivivere almeno in parte il momento in cui venne annodato il primo fazzolettone nel nostro paese. I nostri lupetti, i giovani esploratori, i membri del clan e i capi hanno poi cantato alcune canzoni, tra le quali quella presentata al festival della canzone scout di Osijek lo scorso anno, Mjesto koje zovemo dom [Il posto che chiamiamo casa - N. d. T.].

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Zoom Liguria

Prima che alcuni dei nostri ospiti si rivolgessero all’assemblea per le felicitazioni e gli auguri, è stato proiettato anche un video che era una sorpresa per «lo scout più giovane» [Tomislav, il capo gruppo - N. d. T.] - come è stato detto - e che i membri del clan hanno descritto come «qualcosa che tra dieci anni ci farà ridere». Si sono potute sentire e vedere molte cose divertenti e interessanti, come la dichiarazione di uno scout secondo la quale lo scautismo è uno stile di vita e il gruppo scout di Jarmina, semplicemente, la vita. Gli ospiti si sono trattenuti fino a tardi, mentre i giovani scout hanno aspettato la mattina per poi andare alla messa delle 7,30 assieme ai loro amici di Ðulovac.

lasciato questo mondo, senza il cui impegno per lo scautismo a Jarmina forse non verrebbero nemmeno ricordati; camicie azzurre con il tacchino [stemma del gruppo scout di Jarmina - N. d. T.], campi nei quali siamo cresciuti e in cui abbiamo vissuto a contatto con la natura e imparato a cucinare, riunioni domenicali con il fischietto e tanti bambini. Se fossimo nati in qualche altro tempo, probabilmente avremmo rinvenuto quei due locali, da qualche parte vicino alla posta [dove il gruppo di Jarmina ha la propria sede - N. d. T.], avremmo chiamato a raccolta una cinquantina di bambini, ci saremmo seduti in cerchio e ci saremmo messi a cantare la Zigla [canzone composta da un rover di un clan di servizio - N. d. T.], avremmo giocato e riso da bravi cittadini che sono chiamati a lasciare il mondo un po’ migliore di come lo hanno trovato. Come ha scritto il nostro Davor [giovane di Jarmina che aveva partecipato ad un campetto di competenza a Vara, ora sacerdote - N. d. T.], «quel bimbo, nato nel 1997, grazie alla bontà e al donarsi disinteressato da parte degli scout italiani, oggi è un adulto», ora ha vent’anni e da tempo vive come un gruppo maturo.

Vent’anni di lavoro con i bambini e i ragazzi non si possono descrivere a parole, ma penso che ognuna di queste parole ci faccia rivivere ogni passo – i primi passi, quando forse non c’eravamo ancora tutti, come i passi successivi, quando abbiamo iniziato a comprendere che cosa tutto questo significa per la nostra comunità, per i nostri bambini, per i nostri amici e per noi stessi. Infine, per la nostra Croazia, dove il nostro è stato il primo gruppo scout cattolico. Vent’anni di scautismo cattolico a Jarmina, di cui potrete presto leggere su Glas Koncila [La voce del concilio – N. d. T.]: gli inizi che adesso sono già leggenda, gli italiani che disinteressatamente, in quegli anni Novanta, hanno letteralmente dato loro stessi per i bambini e i ragazzi sfollati fino a poco tempo fa, strani uomini con le camicie azzurre che cantano per le vie del paese e insegnano insoliti giochi ai bambini; amicizie trasformatesi in legami forti e matrimoni, ricordi sui quali desideriamo ritornare, incredibile spirito d’avventura; bambini che sono diventati uomini adulti e hanno mandato i loro figli dagli scout, membri del gruppo che hanno

Ancora una volta ringraziamo tutti coloro che in questi vent’anni, in qualunque modo, hanno offerto il loro aiuto affinché il gruppo scout di Jarmina fosse oggi forte e maturo. Vi aspettiamo tutti alla prossima festa di gruppo, all’inizio di febbraio del 2018, e invitiamo i vostri bambini alle nostre riunioni domenicali, perché alla domenica siamo qui per loro. Estote parati! Matej Delaš (traduzione dal croato di Roberto Colombo) 26


Zoom Visti Liguria da fuori A cura del Genova 54

Il centenario dello scautismo sestrese Un’occasione per rinforzare l’appartenenza scout Mentre in Europa impazzava la Prima Guerra Mondiale, in un quartiere del ponente genovese tre amici raccoglievano la sfida educativa lanciata una decina di anni prima da Sir. Baden Powell e l’8 dicembre 1917 nasceva il gruppo Sestri Ponente 1°. Da allora è passato un secolo, in cui abbiamo conosciuto l’orrore di un altro conflitto mondiale, il boom economico, il terrorismo degli anni ’70, la televisione a colori e gli smartphone. In un mondo cambiato in modo così radicale, tuttavia, quella piccola fiammella è rimasta accesa, passando di mano in mano tra i tanti che hanno deciso di partecipare all’avventura. Fino a oggi, 2017, anno in cui lo scautismo sestrese ha celebrato i suoi primi 100 anni di storia. Il weekend del 13-14 maggio è stato il punto d’arrivo di un percorso iniziato quasi 2 anni prima con i tanti scout di ieri e di oggi che, divisi negli immancabili pattuglini, hanno affrontato un lavoro titanico perché la ricorrenza venisse festeggiata e vissuta come meritava. Agesci, Cngei e Masci, tutti insieme con le proprie differenze ma determinati a rendere il centenario non un semplice compleanno ma un’occasione per rinnovare il senso d’appartenenza a quella cosa grande che è lo scautismo.

Un’occasione, anche, per aprirsi alla cittadinanza, che ha risposto visitando in massa la mostra storica allestita nella chiesetta di S. Giuseppe o anche solo fermandosi incuriosita a vedere cosa facessero quei tipi strani vestiti di blu su un palco allestito nel cuore di Sestri, lo scorso 3 dicembre, quando l’anno del centenario è stato inaugurato ufficialmente. Nei mesi successivi, ci siamo costruiti momenti ed occasioni per riflettere insieme, giocare, mangiare e divertirci. Magari faticando più del solito, con riunioni extra che sono andate a occupare le nostre preziose serate libere e magari con qualche momento di sconforto per la quantità di lavoro da fare e le normali incomprensioni di quando bisogna gestire e coordinare tante teste diverse. Ma, al momento della verifica, tutto questo era già passato. C’era spazio solo per la soddisfazione e la consapevolezza di aver fatto del nostro meglio. Sguardo ai prossimi 100 anni, dunque! Perché le sfide del mondo di oggi non sono meno impegnative di quelle di ieri. L’ha ricordato don Andrea Parodi durante la Messa conclusiva: essere scout oggi significa accogliere nei nostri branchi fratellini e sorelline con la pelle di colore diverso, aprirci al prossimo, anche da chi viene da culture diverse ed esser capaci di far posto a chi viene da noi in cerca di aiuto. Sfide a cui sono chiamati tutti i cristiani (come non manca mai di ricordare papa Francesco) ma forse ancor di più noi scout, uomini e donne della frontiera per eccellenza.

Obiettivo raggiunto? Si direbbe proprio di sì, almeno a giudicare dalla partecipazione entusiasta (e a volte anche commossa) agli eventi. Che si trattasse della cena condivisa per le vie di Via Sestri o del fuoco serale in Villa Rossi, la voglia di esserci è stata evidente.

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Scout chi legge! A cura di Francesco Bavassano

A day in the life.Ovidio, Assistente ecclesiastico di 45 anni Ore 6 - Habemus Papam!- prorompe una voce acuta OVIDIUM PACEBENE! - La folla in Piazza San Pietro esulta, le suore piangono e lanciano il velo verso la finestra papale, le guardie svizzere si inchinano... -RONFQui sibi nomen imposuit... -ROOOOONFFFF.

del salterio. Lodi mattutine...VabbĂŠ, se mai dopo. E anche oggi si prega domani. Sono un debitore di preghiere cronico, indietro di 261 giorni e mezzo, in attesa di condono o qualche giubileo.

La sottile parete di cartongesso che divide i nostri appartamenti viene quasi spezzata dall'apocalittico russare di Don Bruno, il parroco, 65 anni, anche detto Orso Bruno. Batto sul muro per svegliarlo, ma dalla mensola mi cade in testa la statua in scala 1 a 2 di Madre Teresa in ghisa sferoidale. Buongiorno anche a te,Terry.

La talare svolazza mentre percorro a grandi passi il porticato dell'oratorio, mi guardo intorno con fierezza. Sono prete da soli 3 anni, “vocazione tardiva� uso dire con un sorriso tenero e i dentoni di fuori. Non sono proprio di primo pelo. Ho studiato agraria alle superiori e ho lavorato per 15 anni in un allevamento industriale di pecore, nel frattempo sono stato insegnante di Yoga, buddista, counselor, consigliere comunale, poi mi sono messo a

Ore 8

Mentre mi tolgo il pigiama, ossia la tonaca da notte con disegnati gli orsetti in tonaca, guardo il libricino marrone

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Scout chi legge! studiare teologia per diventare insegnante di Religione. Infine, avevo 45 anni, forse complice mia madre Adolfa, ho deciso di andar via da casa dei miei e farmi prete, rispondendo alla vocazione che in fondo in fondo ho sempre sentito. In seminario il Rettore mi chiamava Amplifon... Chissà.

immagini kitsch di Padre Pio e i santini più disparati con “1 like=1 preghiera, condividi se hai un quore” e immagini di cardinali in vesti sfarzose e stormi di corvi neri con scritto “Papa Francesco salva la chiesa e forse crederemo” Tra poco devo andare a Co.Ca... Che stress, invidio i miei amici preti che hanno l'ACR, loro almeno possono comandare. Io qui devo fare buon viso a cattivo gioco, “siamo tutti uguali, bla-bla, la chiesa non mi piace, corresponsabilità, non sono d'accordo con te don, ma il Consiglio Pastorale in teoria, e i gay?, bla-bla”

Ore 10 Mentre mi alleno per la messa di domani con due o tre calici di vino, ripasso la strategia per farmi approvare le messe al campo di gruppo degli scout. La scorsa volta ho contrattato aspramente con quegli illuministi della Co.Ca. Sarà facoltativa solo dopo i 12 anni e obbligatoria per un capo accompagnatore ogni 20 minori. Son soddisfazioni.

Ma intanto, chi è l'unico con i Poteri? IO. Ore 21

Ore 12.30

Guardo fuori dalla finestra verso il tetto della Curia. Il Batsegnale non si staglia nel cielo, stasera non sono richiesto. Posso andare a riunione. In quello scantinato infestato dove si ritrovano. Dovrei forse dar loro uno dei locali della parrocchia? E sì, poi dove ospiterei le assemblee condominiali e i corsi di ballo latinoamericano?

A pranzo mangio divinamente, è il caso di dirlo. Le suore dell'ordine delle Pie Colf dei Preti sono delle maghe dei fornelli. A tavola parliamo di gender, ovvio, e anche oggi rischio di rovinarmi l'appetito. - Ma non si prenderanno i nostri figli! - Vabbé non intendevo proprio i nostri “nostri” - aggiungo quando Don Piero mi guarda interdetto. A tavola si discute sempre su chi sia conservatore, chi progressista, chi vegano, chi... Il Papa lo amiamo tutti ovviamente, almeno a tavola. Don Luigi non si identifica in queste categorie, dice che quelli hanno gli attici in Vaticano, gli altri sono comunisti sotto copertura e che l'unico modo è che i fedeli si auto-pastorino. Allora arriva puntuale il coppino della Madre Superiora.

La riunione di Co.Ca. è un'esperienza lisergica. Parlano di cose assurde, dibattono per ore su minuzie, dicono anche le parolacce... Guardo il soffitto. Li interrompo solo per fare il mio pezzo, la preghiera, poi torno a immaginare Alda D'Eusanio e Rosita che mi sistemano i paramenti da cardinale. Quando mi dicono di celebrare la messa alle 14.37 del tale giorno e che avrò 28 minuti vorrei spezzare la schiena del ragazzino infedele che me lo ha chiesto (lo chiamano Kaa, non so il suo vero nome). Poi faccio due calcoli, una controproposta ed esco vincitore con due ore di permanenza in totale.

Ore 16 Al pomeriggio nessuno mi tolga le puntate registrate del 2003 di Alda d'Eusanio. Rosita, la perpetua che assomiglia a Belen Rodriguez da 100 metri di spalle col cappotto; è convinta di piacermi e viene a spolverare in abito lungo, a me basta che non passi davanti alla televisione. Passano da me i ragazzini del reparto a preparare la catechesi. Li accolgo con la lettura integrale del Siracide, mi lancio in un'invettiva generica sulla società di oggi e propongo che recitino due rosari, all'inizio e alla fine della riunione del sabato. Loro non hanno ancora proferito verbo, riabbasso lo sguardo e vedo il capo, quello col bastone col punteruolo, che controlla le ragazze su Instagram. Il più piccolo si tagliuzza distrattamente il braccio, - Sarà Blue Whale? - mi chiedo spaventato; devo contattare il comitato “Mamme in Azione” e qualcuno de Le Iene.

Ore 22.30 Sono uscito prima dalla riunione con la scusa di andare a dire i vespri, ehehe. Non prima di sincerarmi che le mie condizioni per il campo estivo fossero rispettate. Due bicchieri di vino a pasto, stanza privata con specchio e bagno in camera, massimo una o due confessioni al giorno (ci fosse la fila poi). Il tempo di girare qualche catena su whatsapp, firmare la petizione per avere il volo diretto a Medjugorje e si va a nanna.

Don Giacomo, uno del mio anno di seminario, curato della parrocchia limitrofa, un sognatore, mi scrive un sms: - Preghiamo per avere la forza di giocarci insieme ai capi e ai ragazzi, con tutte le loro e le nostre fragilità, per comunicare la gioia del Vangelo e il volto vivo di Gesù. Una preghiera per ciascuno dei nostri ragazzi. -

Ore 19

- Giusto!- Penso tra me e me, mentre chiudo gli occhi, i nostri ragazzi...

Minestra di verdure surgelata, in solitudine. Mia zia, santa donna, oggi è passata a sistemarmi la cameretta. Butto giù il classico post su facebook della sera. Ho capito che per avere i big likes devo far contenti tutti quindi alterno:

Buffon, Dibala e tutti gli altri. La finale di Champions... Forza Juve, incrociamo le dita.

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Arte Scout e Rock'n'Roll A cura di Andrea Borneto

Scout master, un khaki scout è fuggito dal campo estivo!

Moonrise Kingdom, una fuga d'amore

Il panico soprassale così all'improvviso: ne manca uno ed è proprio quello che necessitava più attenzione! Proprio quello che non si era ancora inserito nel gruppo e la cui situazione familiare/relazionale è sempre stata decisamente problematica.

gratuita e superficiale ma del tutto naturale nei piccoli gruppi. È una tipica dinamica sociale esclusiva che ha messo e metterà sempre in difficoltà noi educatori. Nel film i giovani esploratori si redimeranno ma solo attraverso l'autocoscienza di uno dei più grandi, esempio di trascinatore positivo. Per i più cinefili non mancheranno le tipiche carrellate al limite del virtuosismo maniacale, che immergeranno magicamente ogni inquadratura e ogni sequenza in un mood surreale, come se fossero le pagine di uno dei libri di Suzy (l'altra protagonista). Questa ricercatezza geometrica è presto diventata un marchio stilistico inconfondibile del regista americano, capace di creare veri e propri micro-mondi pastello nei quali ci si districa tra la bizzarria e l'eccentricità. Spesso lo scoutismo americano viene rappresentato (forse) superficialmente come l'incrocio tra un centro di formazione paramilitare e il campeggio estivo, e qui ne abbiamo una simpatica estremizzazione.

E tu capo scout adesso cosa puoi fare? Oltre ad immaginarti al fresco per il resto dei tuoi giorni, puoi rimboccarti le maniche e insieme al resto della truppa far partire le ricerche, sperando pregando e pregando sperando. In questa situazione siamo tutti come lo Scout master Ward (Edward Norton) che dal campo Ivanhoe ha smarrito Sam Shakusky, una sorta di alter-ego allegro del Sam di Cub-piccole prede1: entrambi orfani, considerati diversi e bersaglio degli altri giovani scout. Wes Anderson mette in scena con spiccata ironia la cattiveria dei ragazzini nei confronti dei più "sfigatelli", è interessante come questa malvagità sia

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Arte Scout e Rock'n'Roll

Battute importanti: Suzy: " Io ho sempre desiderato essere orfana, i miei personaggi preferiti lo sono. Credo che abbiate vite più speciali" Sam: " Io ti amo, ma tu non sai di che cosa parli"

La fuga d'amore di due dodicenni è il tema centrale del film, due ragazzi freak che hanno trovato nell'altro il conforto e l'appoggio che le rispettive famiglie e agenzie educative (scuola e kakhi scout) non sono riusciti a dargli. Il loro rapporto vive di avventura e libertà. Liberi di essere sé stessi senza paura e immersi nella natura, trovano nell'altro un fedele compagno e nella spiaggia il proprio regno. È una fiaba che in maniera delicata tocca anche il tema della sessualità. Geniale il personaggio di Servizi Sociali che incarna l'aberrazione istituzionale della tutela affidataria e ci viene presentato come una persona monocromatica falsamente gentile, umanamente distaccata e gelidamente burocratica. L'adozione e il rapporto con i minori sono temi importanti e che ci riguardano da vicino, tutto ruota attorno ad un concetto, quello di Famiglia, che oggi più che mai rimane sempre al centro del dibattito contemporaneo.

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- Sam " Sembra una poesia... le poesie non devono sempre fare rima, devono essere creative" Chicche da non perdere: -Edward Norton uno di noi! -La sequenza di presentazione del campo (alert capi reparto) -Harvey Keitel è la caricatura di B.P. -Bruce Willis nel modesto poliziotto di campagna è l'antitesi della sua versione action -Tilda Swinton che interpreta la fredda e spietata Servizi Sociali, vero antagonista del film. (capi aspiranti assistenti e operatori sociali non prendetela a male)

vedi SIL 40, Autunno 2016

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Spiritualità scout A cura di p. Francesco Cavallini sj

ZOE' Spiritualità che diventa vita

Una proposta per giovani e Capi che non si accontentano

Davvero l'uomo può avere una relazione vitale, dinamica, creativa, liberante con il Dio della Vita in Abbondanza rivelato dalla vita di Gesù, il carpentiere di Nazareth, “accreditato da Dio con opere e segni, morto e risorto ed elevato alla destra del Padre ha effuso il suo Spirito nel cuore di ogni uomo” ? (cfr. Atti degli Apostoli 2,5-36) Se così fosse si aprirebbe la possibilità per ogni uomo di poter vivere una vita “potenziata” dallo Spirito, quindi vitale, coraggiosa e quindi autentica e generosa. Ma per vivere una relazione di questo genere con Dio (e non ridotta solo a riti, devozioni, moralismi, ideologia, ecc.) c'è bisogno di attrezzarsi con strumenti adeguati...e come Scout sapete bene l'importanza dell'equipaggiamento adatto per affrontare la Strada.

Per questo è nata la proposta ZOE', dopo alcuni anni di sperimentazione e confronto con vari Capi Scout. ZOE' vuole dire “vita, vitalità della vita, vita in pienezza, vita risorta, vita spirituale” insomma sia a partire dalla tradizione filosofica greca che da quella spirituale della prima comunità cristiana, la parola zoè rimanda a qualcosa che è molto più della vita biologica (che infatti in greco si dice bios). Per questo come gesuiti impegnati nella pastorale giovanile e nella formazione umana e spirituale dei giovani abbiamo scelto questo nome per una proposta che vuole offrire una possibilità di formazione di vita spirituale adulta ed approfondimento di alcuni aspetti problematici della fede.

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Spiritualità scout Credendo che una vita spirituale adulta sia la premessa e la via per una vita in pienezza e realizzata. La proposta viene da un percorso iniziato qualche anno fa quando un paio di capi scout che assistevano alla Messa delle h. 21,00 alla Chiesa del Gesù mi chiesero se potevo aiutarli in un cammino spirituale visto che il loro gruppo non aveva un assistente che potesse dedicarsi a questo. Io risposi che sarei stato disposto ad accompagnarli ma se si fosse costituito un gruppo di almeno 10 persone. In pochi giorni si aggregarono una decina di capi scout di altri gruppi. Nel confronto con loro mi resi conto che l'approfondimento della fede e della vita spirituale in modo adulto, non bigotto o devozionale era una mancanza comune a vari gruppi scout a Genova (e un problema mediamente diffuso tra gli scout italiani). Il percorso fatto in questi anni e la sistematica rilettura, ci ha permesso di sistematizzare una proposta che ci sembra adeguata per Capi scout, sia per quanto riguarda i contenuti sia per quanto riguarda la modalità e la tempistica. La proposta si articola in tre tappe, tre moduli da cinque incontri l'uno (i mercoledì dalle 18,30 alle 20,00) nei seguenti periodi dell'anno: ottobre/ novembre; febbraio/marzo, maggio con la seguente scansione di temi: I° modulo: strumenti di vita spirituale e regole del discernimento degli spiriti – si prefigge di chiarire le dinamiche interiori, riconoscere l'azione dello Spirito nel cuore delle persone, apprendere strumenti di vita spirituale adulta per una fede incarnata e vitale. II° modulo: imparare a meditare la Parola, “viva ed efficace” - si prefigge di insegnare a meditare un brano biblico convinti che la meditazione sia una via per vivere la relazione con il Dio della Vita in modo diretto, personale, autentico ed attraverso questo permettere a Dio di operare nella propria vita. III° modulo: la razionalità della fede, capire e rendere comunicabile la fede – l'idea è quella di approfondire l'aspetto razionale ed intellegibile della fede perché la fede o è razionale o non è la fede cattolica in quanto l'uomo è anche ragione e non può prescindere da essa nella sua relazione con Dio. Questo aspetto è un esigenza diffusa tra gli universitari in virtù anche degli studi che fanno.

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Quest'anno è in corso la prima edizione della proposta così sistematizzata ed ha avuto una buona partecipazione in particolar modo per Capi scout ma anche animatori e responsabili di ragazzi di altri movimenti ed associazioni o universitari che non desiderano inserirsi in nessun gruppo specifico di appartenenza. Per un Capo scout risulta di fondamentale importanza vivere con più consapevolezza ed autenticità la propria vita spirituale in primis per la qualità della propria vita e poi per essere educatore e formatore dei ragazzi più giovani in modo più adeguato e credibile. In vista della proposta che inizierà da ottobre sarà interessante fare un'adeguata rilettura di quella di quest'anno per calibrare eventualmente meglio la proposta. E per valutare cosa offrire a quanti abbiano già vissuto quella di quest'anno. Sarebbe anche interessante un confronto con diversi Capi scout per valutare esperienze da proporre una tantum come “formazione permanente” tipo bivacchi di “drammatizzazione biblica”, brevi esperienze di Esercizi Spirituali, viaggio in sacco a pelo nei luoghi biblici (Terra Santa, Giordania, Libano, Turchia, Egitto…), ecc. Chissà che attraverso questo articolo si possa creare l'occasione per questo tipo di confronto. p. Francesco Cavallini sj Referenti e coordinatori Matteo Marrè Brunenghi, GE 40, matteomb7@ yahoo.it, cel. 331.5821789 Giulia Sparviero, GE 4, giuliasparviero@gmail.com, cel. 347.5527668 Pagina FB:

La voce dei partecipanti:

- Penso che il valore di questo percorso sia quello di distruggere quelle che sono tutte le consapevolezze spesso scorrette che si possono avere sulla fede per ricostruirle partendo dall'uomo. - ben strutturati concretamente e "facilmente riutilizzabili", sia per meditare per conto mio o riportare dei contenuti ad altri


Bacheca Le Gioiose

A cura di Daniele Boeri, Fagiano Ingegnoso

, i a v o c s e c n Fra ! a s a c a i m ripara la Nuovi spazi per vivere lo scautismo in Liguria La bacheca dalla base “Il Rostiolo” si trasforma e cresce nella bacheca delle basi liguri, accogliendo la nuova splendida struttura di Cairo Montenotte, “Base Scout San Francesco”.

Wikipedia lo descrive come il “monumento più prestigioso di Cairo”. La proprietà del convento è del comune di Cairo e, dopo un incontro con il sindaco Briano, siamo venuti a sapere che la struttura era in attesa di una assegnazione. La ristrutturazione era pressoché terminata e aveva previsto la sistemazione di una quindicina di camere, quasi tutte dotate di bagno, in quelle che erano le celle dei monaci mentre al piano terra erano stati resi operativi i tre saloni, i locali tecnici e – soprattutto - il chiostro interno, vero gioiello del complesso.

I primi gruppi hanno iniziato a utilizzare la grandissima casa ed i campi tenda ma, dato che per ora pochi hanno avuto la fortuna di vederla, facciamoci raccontare qualcosa di più su questa nuova base dalla pattuglia dedicata... “Possiamo dire che il tutto ha avuto inizio grazie alla festa di gruppo del Cairo M. 1°. Durante quella giornata di un paio di anni fa prese corpo l’idea di poterne fare qualcosa di quella meravigliosa struttura recentemente restaurata che è l’ex convento francescano di Cairo Montenotte. La struttura, nella sua parte originale, risale ai primi anni del 1200 ed è uno dei primissimi conventi francescani d'Italia, contemporanei a S. Francesco stesso, del quale si narra di un suo passaggio durante un viaggio verso la Francia. Le truppe napoleoniche lo saccheggiarono e incendiarono decretando la chiusura del complesso come convento nel 1805, ponendo fine ad ogni attività religiosa. 34


Bacheca Le Gioiose

La apertura dell’amministrazione comunale all'idea di rendere l’ex convento una “base scout Agesci” ha dato il via alla trafila fatta di incontri tecnici ed amministrativi tra il comune di Cairo e Agesci Liguria, arrivando ai primi mesi di quest’anno alla firma dell’accordo di assegnazione con la quale inizia il percorso di allestimento tuttora in atto.

bile inserire la base in Route tra il basso piemonte e l’Alta Via dei monti liguri sino alla costa. Per le prenotazioni, come per le altre basi di Agesci Liguria, occorre fare riferimento alla segreteria regionale: segreg@liguria.agesci.it ” A Vara, nel frattempo proseguono i lavori di manutenzione: il campetto Ora et Labora ha visto la partecipazione di 5 tra clan e noviziati che hanno svolto un servizio enorme e ai quali va la nostra enorme riconoscenza.

Al momento la base, di cui potete vedere immagini e descrizione anche sulla pagina FB “Base Scout San Francesco”, dispone di circa 50 di posti letto ma è possibile effettuare campi in tenda nei prati adiacenti.

Hanno partecipato il Milano 51, Milano 22, Genova 28, Genova 50 ed il Tigullio per un totale di circa 50 R/S. Grazie al loro impegno è stato possibile fare lavori importanti come il rifacimen-

Una buona rete di sentieri si può trovare al sito http://itinerari.provincia.savona.it/it/resource/ statictrack/category/bormida-natura/, ed è possi35


Bacheca Le Gioiose to del tetto di casa Pippo che da anni perdeva acqua, il rivestimento del controsoffitto di alcune stanze di casa Romana, pulizia del bosco, verniciature e la demolizione della vecchia cucina di rifugio Quercia che il MASCI Certosa si è offerto di ristrutturare come servizio.

Tra gli altri lavori, sia a Vara che a Cairo sono stati portati i materassi ignifughi in sostituzione di quelli vecchi, ormai logori, messi a disposizione da Costa Crociere. Finalmente e con grande gioia nella pattuglia Vara si vede qualche volto nuovo, ma rinnovo l'invito a chi avesse piacere di dare una mano allo scautismo senza avere un impegno molto grande di farsi avanti!

Inoltre, è stata chiamata una ditta del posto a tappare delle falle nel tetto e a riparare alcuni gabinetti di casa Mulino tappati a causa di un bicchiere di plastica incastrato in una tubazione.

Se invece qualche Clan volesse fare un servizio presso la base, vi aspettiamo dall'8 al 10 settembre, contattateci all'indirizzo

Nelle prossime attivitĂ della pattuglia verranno fatte delle manutenzioni urgenti a casa Mugnoli e Pino.

rostiolo@liguria.agesci.it

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