La Metallurgia Italiana - Settembre 2018

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Metallurgia Italiana

International Journal of the Italian Association for Metallurgy

n. 9 Settembre 2018 Organo ufficiale dell’Associazione Italiana di Metallurgia. Rivista fondata nel 1909


in evidenza

Corso

Failure analysis X Edizione

21-22-28-29 novembre 2018 Milano . Monza . Soncino Organizzato da

In collaborazione con SRL Centro Ricerca - Prove Materiali - Tarature

Il termine inglese, “failure analysis” indica, in generale, lo studio delle cause all’origine di uno scopo non raggiunto. In ambito tecnico il termine è strettamente legato al concetto di avaria, in campo meccanico al concetto di rottura. Trovare le cause che hanno portato ad una “failure” consente di individuare le responsabilità, siano esse collocabili in fase di progetto, di fabbricazione o di esercizio e di predisporre le adeguate misure correttive; la “failure analysis costituisce dunque, se correttamente e regolarmente utilizzata, un fattore essenziale nello sviluppo tecnologico. Come ormai sua tradizione il Corso, intende fornire ai partecipanti un quadro completo dei presupposti e degli strumenti su cui si basa l’intera disciplina della Failure analysis. Verranno così affrontati e descritti i vari possibili meccanismi di danno e la loro dipendenza dalle condizioni d’esercizio che poi sfociano in difetti che propagandosi portano a rottura, le tecniche d’indagine oggi disponibili, la strumentazione d’indagine usualmente impiagata. La presentazione degli argomenti sarà affidata a docenti con comprovata competenza ed esperienza specifica sugli argomenti trattati, esperienza derivante da anni di attività in ambito industriale e accademico. Coordinatore del Corso: Carlo Fossati

IL PROGRAMMA COMPLETO E TUTTE LE INFORMAZIONI SONO DISPONIBILI SUL SITO www.aimnet.it

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International Journal of the Italian Association for Metallurgy

n. 7/8 Luglio Agosto 2018 Organo ufficiale dell’Associazione Italiana di Metallurgia. Rivista fondata nel 1909

International Journal of the Italian Association for Metallurgy Organo ufficiale dell’Associazione Italiana di Metallurgia. House organ of AIM Italian Association for Metallurgy. Rivista fondata nel 1909

Direttore responsabile/Chief editor: Mario Cusolito Direttore vicario/Deputy director: Gianangelo Camona Comitato scientifico/Editorial panel: Livio Battezzati, Christian Bernhard, Massimiliano Bestetti, Wolfgang Bleck, Franco Bonollo, Bruno Buchmayr, Enrique Mariano Castrodeza, Emanuela Cerri, Lorella Ceschini, Mario Conserva, Vladislav Deev, Augusto Di Gianfrancesco, Bernd Kleimt, Carlo Mapelli, Jean Denis Mithieux, Marco Ormellese, Massimo Pellizzari, Giorgio Poli, Pedro Dolabella Portella, Barbara Previtali, Evgeny S. Prusov, Emilio Ramous, Roberto Roberti, Dieter Senk, Du Sichen, Karl-Hermann Tacke, Stefano Trasatti Segreteria di redazione/Editorial secretary: Valeria Scarano Comitato di redazione/Editorial committee: Federica Bassani, Gianangelo Camona, Mario Cusolito, Carlo Mapelli, Federico Mazzolari, Valeria Scarano Direzione e redazione/Editorial and executive office: AIM - Via F. Turati 8 - 20121 Milano tel. 02 76 02 11 32 - fax 02 76 02 05 51 met@aimnet.it - www.aimnet.it

n. 9 Settembre 2018

Anno 110 - ISSN 0026-0843

Trattamenti termici e rivestimenti / Heat treatments & coatings Statistical modeling of heat exchange coefficient evolution during quenching M. Clenet, M. Bentivegni, G. Druart

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Future trends in gaseous surface hardening of titanium and titanium alloys T. L. Christiansen, M. S. Jellesen, M. A. J. Somers 13 Caratterizzazione della resistenza al rinvenimento di un acciaio per lavorazioni a caldo AISI H13 modificato F. S. Gobber, D. Ugues, P. Martelli, M. Rosso 23 Nitrurazione di acciai inossidabili: processo combinato ionico-gassoso R. Giovanardi, P. Veronesi, R. Sola, L. Borg, G. Parigi 30 Effetto della velocità di raffreddamento dopo solubilizzazione nei trattamenti termici T6 e T7 sulle proprietà meccaniche della lega EN AC-42000 D. Cico, E. Gianotti 37 Attualità industriale / Industry news

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Manifestazioni AIM

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La simulazione virtuale applicata ai trattamenti termici di forgiati a cura di: E. Anelli, M. Lucchesi, A. Chugaeva 46 Tribology Test Methods and Simulations of the Effect of Friction on the Formability of Automotive Steel Sheets a cura di: S. Jadhav, M. Schoiswohl, B. Buchmayr 56 Scenari / Experts' Corner Evolution of metal materials in the automotive field a cura di: M.Tedesco 64 Atti e notizie / Aim news Calendario degli eventi internazionali / International events calendar 67 Rubrica dai Centri

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37° Convegno nazionale AIM Bologna, 12-14 ottobre 2018

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In ricordo di Michele Martino

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l’editoriale La Metallurgia Italiana

Dott. Danilo Petta Presidente del Centro di Studio Trattamenti Termici e Metallografia

Lo scorso giugno la splendida Venezia ha fatto da cornice al più autorevole ed affermato evento sui Trattamenti Termici a livello nazionale, la cui prima edizione ricordiamo si è svolta a Genova nel lontano 1960. Sul successo degli eventi internazionali organizzati da AIM nell’ambito dei Trattamenti Termici, si è infatti deciso di associare il XXVI Convegno Nazionale Trattamenti Termici al Convegno Internazionale Science & Technology in Steelmaking- ICS 2018. Tutto questo per sottolineare ancora una volta come, anche nell’era dell’industria 4.0, il processo del trattamento termico sia baricentrico nell’intera catena di valore dei processi industriali che partono dalla fabbricazione dell’acciaio fino all’impiego del manufatto. L’arte del Trattamento Termico, concedetemi il termine, non solo risulta necessaria al raggiungimento delle caratteristiche metallurgiche ricercate in fase di progettazione, ma è anche strumento di innovazione e di opportunità di ottimizzazione dei costi e caratteristiche se opportunamente progettato. Si può stimare che tale processo in temperatura possa posizionarsi mediamente tra il 15 e 20% del costo finale di fabbricazione. Lanciando lo sguardo al nostro tessuto economico, stiamo assistendo proprio in questi ultimi anni ad una ripresa, in quasi tutti i settori, dalla pesante crisi che si è abbattuta trasversalmente lungo tutte le filiere di produzioni metallurgiche a cavallo del primo decennio di questo nuovo millennio. Anche il comparto del trattamento termico non è risultato immune ed ha patito pesantemente la riduzione dei volumi del materiale da trattare erodendo reddittività e faticando a ripagare i nuovi investimenti che fino al giorno prima sembravano necessari per stare al passo di un treno di produzione che appariva inarrestabile. Oggi che sicuramente il settore gode di una ripresa tangibile, evidenziata dagli stessi investimenti impiantistici, che prevedono crescite almeno fino al prossimo triennio, rimane fondamentale e determinante raggiungere livelli di efficientamento e produttività sempre maggiori. Proprio nelle capacità produttive bisogna spostare lo sguardo ad una sostenibilità circolare dove qualità, tessuto sociale, sicurezza e ambiente vengono plasmati sull’azienda dalle capacità manageriali. Investire in ricerca, impiantistica e formazione del personale con percorsi specifici altamente professionalizzanti che rendano le aziende interlocutori vivaci nel confrontarsi con le nuove generazioni di prestazioni richieste dai comparti strategici a livello europeo e internazionale. Non possiamo infatti ignorare quanto ad oggi sia decisamente collegato lo stato di salute di comparti quali ad esempio il settore Automotive ma non solo, che oramai da qualche anno registra livelli di continua crescita, e che richiede continui miglioramenti delle prestazioni con una ricerca continua di nuovi acciai e di trattamenti che rispettino severi protocolli e tolleranze sempre più stringenti. Proprio sulla conservazione ed evoluzione del know-how aziendale il settore del trattamento termico trova oggi la sfida più grande, affrontando la nuova competitività che dovrà passare essenzialmente da locale a globale con caratteristiche manageriali messe a disposizione di produzioni sempre più sostenibili e integrate nei contesti socio economici. Voglio ricordare con particolare orgoglio il centinaio di aziende, spesso di dimensione piccola o medio/ piccola a livello nazionale che offrono trattamento termico conto terzi e che possiedono elevatissime competenze e qualità tecniche rese disponibili su differenti settori con richieste ad altissima complessità. Vorrei per questo soffermarmi proprio sul ruolo strategico di AIM che si pone quale tessuto connettivo tra le esigenze delle aziende e i percorsi formativi cercando di intercettare e strumentare il percorso di formazione in anni dove fattori tecnologici e interconnessioni e automazioni tra macchine e tra macchina e uomo sono sempre più spinte finalizzate ad un controllo totale dei processi. Corsi di formazione e Giornate di studio costituiscono l’ossatura di percorsi formativi che si pongono proprio tale obiettivo, ovvero supportare il comparto nel continuo e necessario aggiornamento tecnico. All’interno dei Congressi vi è poi occasione di confrontarsi con linee di ricerca sia accademica che industriale in campo Nazionale e Internazionale. Con lo scopo di dedicare un momento di incontro tra l’imprenditoria del settore Italiano, la prima giornata del Convegno Nazionale Trattamenti Termici, è stata integralmente una giornata in lingua italiana, riservata ai tecnici ed agli imprenditori del comparto, con memorie ad invito da parte di esperti dell’Industria e dell’Università. Nei due giorni seguenti le sessioni tecniche-scientifiche, in lingua inglese, confluiti nel Convegno ICS 2018, hanno così permesso ai relatori di esporre i propri risultati e confrontarsi con una platea internazionale e dall’altro ai partecipanti di avere una visione più completa e globale sullo stato dell’arte e le novità nel campo trattamenti termici e termochimici. In conclusione, crediamo che tale settore debba continuare ad essere un’eccellenza incastonata in un panorama siderurgico europeo in grado di competere a livello globale per tecnologia e sviluppo. Guardare al futuro con la migliore tecnologia e competenza e investendo in sviluppo e innovazione permetterà di affrontare i cambiamenti futuri traducendoli come opportunità da cogliere più che come ansiosi momenti di riflessione su cosa accadrà nel futuro. Proprio per questo guardando al futuro e grazie alla collaborazione oramai consolidata con le altre associazioni europee legate al trattamento termico, AIM organizzerà nel 2019 la ECHT European Conference on Heat Treatment a Bardolino dal titolo Heat Treatment and Surface Engineering for Automotive In questo numero de “La Metallurgia Italiana” trovate disponibile alcuni lavori presentati nel corso del Convegno Nazionale Trattamenti Termici di Venezia-Mestre e delle sessioni Trattamenti Termici del 37° Convegno Nazionale AIM, che si è da poco concluso a Bologna. Buona lettura Dott. Danilo Petta

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Trattamenti termici e rivestimenti

Statistical modeling of heat exchange coefficient evolution during quenching M. Clenet, M. Bentivegni, G. Druart

In the premium steelmaking industry, the heat treatment of steel products is a key process in order to obtain the good final properties and in a correct range of values. In general, the heating processes are well managed as the modeling and the piloting algorithms for the furnaces are today widespread in many production plants. Industry 4.0 target is a complete management of things inside the plants. To do that it is important to model all the processes in a sufficiently accurate way. One of the most complex processes in steelmaking heat treatment is quenching. Fast convective phenomena are always complex to model, in particular, if the model is strictly linked to the process set up. The literature is not very rich in models that can be used in real production processes; each case has his own particularities that imply the associated model is in general unique. A way to understand a quenching process is to create a large database of trials with a variation of the process set up. The first point is how large this trials database could reasonably be, considering all the constraints of measuring a real production process and how to optimize the creation of DOE (Design of Experiment) considering all the possible process parameters. The basic idea is to combine the database trials with a statistical tool in order to predict the HTC (Heat Transfer Coefficient) during quenching with each particular set up. We tried different regressions analysis in order to optimize the combination of parameters to obtain the smallest possible error. Our first idea was to use the simplest tool to have quickly the dimension of the complexity of the quenching HTC, so Multiple Linear Regression was used. To improve the first results Local Regression (LOESS) and Random Forest Regression were tested in the second moment. To validate all models we used Leave-one-out cross-validation method and Determination Coefficient techniques.

KEYWORDS: QUENCH, IMPINGING JET, HEAT EXCHANGE COEFFICIENT (HTC), DATA ANALYSIS, STATISTICAL MODEL, MULTIPLE LINEAR REGRESSION, LOESS, RANDOM FOREST, LEAVE-ONE-OUT NOMENCLATURE MHF: Leidenfrost point (minimum heat transfer) CHF: maximum heat transfer HTC: heat transfer coefficient T: temperature v: speed of the steel product P: pressure INTRODUCTION A good understanding of the quenching industrial processes behaviour needs a modelling of heat exchange coefficient that takes into account the effects on cooling of each process set up variation. Today it is no more sufficient on a heat treatment line to consider only the starting and finishing temperature on quench process: what is happening in between is also important. The choice of the process set up is very often done with ÂŤ try and learn Âť technique in particular in quench; for sure this is not the best way and more than that this is not ensuring to have chosen the better set up for obtaining our target product without cracks or bending. The literature shows many heat exchange coefficient models in the different cooling phases defined by Nukiyama [ 1 ]. This description of cooling was developed since the beginning of last century and it is still the basis of quenching analysis. La Metallurgia Italiana - n. 9 2018

LOESS: LOcal RegrESSion RF: random forest K: number of samples DOE: design of experiment

Maxime Clenet Vallourec Research Center France /University of Lille 1, France

Marcello Bentivegni, Guy Druart Vallourec Research Center France, France

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Heat treatments & coatings

Fig. 1 – Nukiyama curve In terms of heat flux, 4 main phases are defined in the temperature decreasing direction: film boiling, transition boiling, nucleate boiling and surface evaporation. This could be translated in four heat exchange phases dependent on steel surface temperature with 2 main transition points: MHF or “leidenfrost” point that corresponds to minimum heat flux and CHF that

corresponds to maximum heat exchange. These two points can “move” changing the shape of the curve if the quench set up changes ([ 2 ] [ 3 ]). Also, the slopes of the curves in between each changing phase point could be of variable shapes, depending on the speed of the product, the rotation frequency and so on [ 4 ].

Fig. 2 – Influence of set up on heat exchange coefficient 6

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Trattamenti termici e rivestimenti At the end of the day, it is not possible to found a general model that could be applied to real cooling cases without passing from a strong characterization test matrix, covering as much as possible the whole multi-dimension space determined by the variation of the setup parameters. The last point is critical, as the set up possibility space in our case is at least 7 or 8 dimensions made, if we consider starting temperature of the steel, water flow distribution per quench module, nozzle angle, product speed, distance from the nozzle, product rotation frequency, water temperature, water cleanness and product surface state. Trying to work in a so big space is not so easy, it is important at first to choose a good Design of Experiment (DOE) in order to choose the better dataset as possible. Once the dataset exists the following problem is how to combine the data in order to have a model predicting the “empty”

zones between a trial and another trial. Classically the problem is solved searching functional equations depending on set up parameters [ 5 ], very often this is applied on simplifications of the process, making a hypothesis on some parameters that are in general neglected. In this paper, we tried with another technique that is more statistically based. QUENCHING BY IMPINGING JETS The impinging jet quench category includes many types of quench characterized by the fact that the water impacts on the hot surface with a certain speed, geometry of jet, flow, pressure and the hot surface travels through the quench with a movement of translation, rotative or both (that gives a helicoidal movement of each point of the hot surface). Four many families of industrial impinging jet quench have been detected in the industry.

Fig. 3 – Industrial impinging jet quench types The advantages of this type of quenching are the high productivity and the possibility to work on the parameters in order to obtain the desired cooling speed. Nevertheless, the complete control of this production tools needs big efforts of thermal characterization. QUENCHING BY IMPINGING JETS The aim is to find a mathematical model in order to be able to predict the HTC, starting from a dataset generated by trials on

the real process devices. We want an HTC model as a function of the surface temperature of the product for each possible set up in a specific quench process. The possibilities are 2: one is the classical research of a deterministic function of the HTC depending on the setup values; the other (that we choose for this work) is to use statistical tools. In the second option two mathematical choices are again possible:

1. The first is to establish a function determined by constant predictors. We can refer to that as to “functional data analysis”. HTC v,flow,angle,…(T) 2. The second is to predict a value in function of the others variables including the surface temperature in the form: HTC (T, v, flow, angle…)

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Heat treatments & coatings The first one is the best choice when the dataset is huge; in our case, we have an 8-D space, it is very difficult to generate enough test in order to have a dataset considered sufficient for functional analysis. More than that the literature on that technique is poor and not sufficiently explicit for our needs [ 11 ]. The second choice allows us to build models with statistical techniques with a more limited dataset. However, we must make a strong mathematical hypothesis: each measurement point is independent of the others.

To limit the previous hypothesis, the idea is to create a “basis” structure for the function HTC in the dependence of temperature. The choice of the basis type is the first step. Three possibilities have been taken into account: Lagrange basis, Fourier basis and B-spline basis. As we had not a periodic function (as you can see in Nukiyama curve behaviour) we choose the Bspline basis. This is a linear combination of positive splines that doesn’t need a periodic function as Lagrange or Fourier series.

Fig. 4 – Example of B-spline decomposition on a simple problem The idea is to decompose our function in single HTCj(T) with a B-spline basis in order to obtain something of the form : HTCj(T)=Σi(a_i * Bi) After this B-spline decomposition, the regression analysis has a bigger number of parameters because of the inclusion of the B-spline basis parameters. That helps in the solution of our multiple dimensions problems. The following step is to test and choose a statistically relevant method; after a bibliographic ([ 6 ], [ 7 ]) research we focused on three methods: Multiple Linear Regression, LOESS and Random Forest. The criteria we used for ranking the most accurate model is the K-fold cross-validation methods ([ 6 ], [ 7 ]). This method allows checking the performance of a statistical model used in prac-

tical cases. The principle is simple: the dataset is cut randomly into K groups. One part J of the sample is extracted and the model is built with the “K-J” remaining data. The extracted samples are used for the comparison with the model (that is used for simulating the extracted samples set up) and so the error is estimated. This is repeated for the “K-J” possible combinations. In our case we chose to use the “leave one out cross validation”, that means that J=1. To give a performance indicator of the model we used as an indicator the average error on the HTC.

Fig. 5 – “Leave one out” technique

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Trattamenti termici e rivestimenti The last point in order to create an efficient model is to use a stepwise regression process for adjusting the model parameters. We adjust our model by adding and removing one of the 8-D parameters: at each step, we're using leave one out to have an idea of the accuracy of the model. As we have D=8 parameters, we build 2D-1 models for our optimization. As the

number of parameters increase, the time to find the best model, can increase dramatically. In this condition, other methods can be useful like forward or backward stepwise regression ( see the graphic below ), this methods are quicker but this doesn't guarantee to find the best model.

Fig. 6 – Forward or backward stepwise regression scheme Multiple linear regression This is the classical method to represent the relationship

between the response variable and the predictors by a simple formula.

Where Y is the sample, X the variables, β the weight and ε the residuals

Fig. 7 – Example of multiple linear regression It is the simplest statistical method and had several advantages: it is simple to use, it expresses the HTC with a mathematical formula and it is not necessary to have a big data set. The drawbacks are the fact of not taking into account the nonlinearity, there is no functional aspect and it may be affected by outliers, which is sometimes the case with measurement.

[ 9 ]. The aim is to approximate the HTC in a local point of view. Several polynomial regressions are made and we join them together. The main advantage is to take into account the local peaks, that is not possible with a linear regression. It is a way to model the non-linearity of the function. The main disadvantage is the fact that you have to make a lot of regression for each point and you need a substantial data set.

LOESS The LOESS method was first developed in 1979 by Cleveland La Metallurgia Italiana - n. 9 2018

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Heat treatments & coatings

Fig. 8 – Example of LOESS regression Random Forest The classical machine learning methods need normally a big set of data as it is well known for neural networks. In our case the dataset was limited. Random Forest is also a machine learning method but it needs fewer data compared to the others for reaching a good precision. But for sure the more data we get the more precision we have. The Random Forest method is based on decision tree technique. Decision trees are better known for the classification, nevertheless, regression as in our case is also possible. In the CART method (Classification and Regression Tree) proposed by Breiman [7], the main idea is to split the sample into two

or more homogeneous sets. Each time we split a branch into 2 leaves, we try to get the smallest error in each decision node. The CART method is a binary tree (we only split our branch into 2 leaves). However, a disadvantage of the decision tree technique is the instability of the method: Random Forest method creates and makes a mean of several trees for improving the stability. That's the main idea of the Random Forest method invented by Breiman in 2001. Making a mean prediction of a lot of decision trees, it reduces the variance of the method, and that implies automatically the reduction of the error.

Fig. 9 – Random Forest example

This method as the other statistical method has the disadvantage of being a non “functional” method. To keep him stable and avoid non-linearity it needs an idea of the shape of the curve we want to predict. So finally, some physical knowledge of the phenomena we want to predict, has to be introduced in the “box” if we want to have a good accuracy.

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CONCLUSIONS The three methods have been tested on a set of 20 trials in order to evaluate the efficiency. The meter for the evaluation is the average of the difference between the model generated by the statistical method and the real measurement using the leave-one-out technique.

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Multiple regression

Local regression

Random Forest Fig. 10 – Test of the three methods on one case measured by trial

The better precision evaluated on the set of 20 trials has been estimated for random forest technique. The comparison gives 11% of estimated error on RF that is a quite good result considering the precision that is common in “convective� heat exchange measurement, considering the error propagation La Metallurgia Italiana - n. 9 2018

from temperature measurement to inverse method for evaluating the HTC. If we compare this result with other correlations that we can found in the literature [ 13 ], the error given by RF is comparable.

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Heat treatments & coatings Method

Multiple Regression

Local Regression

Random Forest

Estimated error

25%

18%

11%

Fig. 11 – Evaluation of the error on a dataset of 20 trials For sure improvements can be done on the size of the dataset and on the DOE, nevertheless, this first trial gives good perspectives on statistical techniques applied to physical measurement as heat exchange coefficient. In particular, when there are a lot of parameters influencing the physical phenomena, as in this case 8, it’s not so easy to build

a model in a classical way with a deterministic equation taking in account every parameter influence on the result. If well managed and checked, a statistical method, as in this case RF, gives an alternative to classical physical methods with errors that can be kept at the same level as measurement errors.

REFERENCES [ 1 ]

S. Nukiyama, Maximum and minimum values of heat q transmitted from metal to boiling water under atmospheric pressure. J. Soc. Mech. Eng. Jpn. 37 (1934) 53-54, 367-374.

[ 2 ]

Influence of the impact angle and the gravity direction on heat transfer during the cooling of a cylinder by a free planar subcooled impinging jet S Devynck, S Denis, JP Bellot, G Maigrat, M Varlez, T Benard, M Gradeck Key Engineering Materials 554, 1530-1538

[ 3 ]

J.Y. SAN, J.J. CHEN, Effects of jet-to-jet spacing and jet height on heat transfer characteristics of an impinging jet array, International Journal of Heat and Mass Transfer 71 (2014) 8-17

[ 4 ]

M. Bentivegni PhD et al., « Cooling rates analysis for steel pipes industrial quenching processes » Proceedings of the European Conference on Heat Treatment / Venice (It) 2015

[ 5 ] A.Sakamoto et al., “Water Cooling Technologies for Steel Pipe Production Processes”, NIPPON STEEL & SUMITOMO METAL TECHNICAL REPORT No. 111 MARCH 2016 [ 6 ] Gardner, MP Technical Specialist The SAS Institute Lafayette, “IN MODEL SELECTION Part 1 – Model Selection ProceduresASQ”, Statistics division newsletter vol 29 n2 [ 7 ] Gardner, MP Technical Specialist The SAS Institute Lafayette, “IN MODEL SELECTION Part 2 – Model Selection ProceduresASQ”, Statistics division newsletter vol 29 n3 [ 8 ] L. Breiman, "Random Forests", Statistics Department. University of California. Berkeley, CA 94720. January 2001. [ 9 ] W. Cleveland, " Robust Locally Weighted Regression and Smoothing Scatterplots" Journal of the American Statistical Association, Vol. 74, No. 368. (Dec., 1979), pp. 829-836. [ 10 ] J. Confais, M.e Le Guen, "PREMIERS PAS en REGRESSION LINEAIRE avec SAS®" Revue MODULAD n35 , (2006) [ 11 ] J. Ramsay ,B.W. Silverman, “Functional Data Analysis”, Sprnger Statistics, (2005) [ 12 ] Breiman L., et al. “Classification and Regression Trees”– Chapman & Hall/CRC, 1984 [ 13 ] N. Zuckerman, N. Lior “Jet Impingement Heat Transfer: Physics, Correlations, and Numerical Modeling”– Advances in Heat Transfer Volume 39 ISSN 0065-2717, 2006

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Trattamenti termici e rivestimenti

Future trends in gaseous surface hardening of titanium and titanium alloys T. L. Christiansen, M.S. Jellesen, M. A.J. Somers

An overview of existing surface hardening techniques applicable for titanium and titanium alloys with special emphasis on gaseous based processes is provided. New processes for gaseous surface hardening of titanium alloys and zirconium are presented. This entails low temperature oxidizing by chemically controlled partial pressures of oxygen resulting in deep and hard diffusion zones and the possibility for applying so-called mixed-interstitial phases for surface hardening. Mixed-interstitial phases (based on carbon, oxygen and nitrogen) can result in new intriguing microstructural features and properties in case-hardened titanium. Deep and very hard cases can be produced by these new techniques. Hardness values of metallic titanium of more than 1800 HV is possible by simultaneously dissolving three interstitial elements. Mixed-interstitial compounds based on oxygen and carbon can lead to hardness values in the range of 2000 to 3000 HV. Finally, examples of surface hardening of printed parts in titanium grade 5 are shown.

KEYWORDS: TITANIUM – SURFACE HARDENING – NITRIDING – OXIDATION – CARBO-OXIDATION - MIXED INTERSTITIAL PHASES

INTRODUCTION: TITANIUM – THE EXOTIC METAL AND AN ENGINEERING MATERIAL Titanium is a rather unique material due to its high specific strength, low density, excellent corrosion resistance and its inherent biocompatibility. Historically, titanium was developed in the 1940’s and 50s as a technological material. In the early days of titanium development (1930 and 1940’s) there were indeed visions of a new light weight, high strength and highly corrosion resistant engineering material that could be used instead of steel; it was contemplated that everything could be constructed of titanium, e.g. bridges etc. Here, the “wonder metal” still lacks its major breakthrough. The development was highly driven by the Cold War arms race in the wake of the Second World War. Popularly speaking, the Americans developed and used it for (military) aerospace and the Russians for making sub-marines. Many of the, today, well-known titanium alloys were actually developed in that period – mainly for military use. Today, titanium alloys are used in a plethora of different applications and industries spanning from sports equipment over chemical industry to bio-medical applications. Titanium has two different crystal forms: up to 882°C it is hexagonal (h.c.p.), -Titanium, and above 882°C it is body centered cubic (b.c.c.), β-Titanium. This transition temperature where alpha transforms into beta is denoted the transus temperature and is highly composition dependent. The interstitial elements carbon, oxygen and nitrogen are strong alpha-stabilizers whereas hydrogen stabilizes beta. The substitutional elements can be categorized into both alpha and beta stabilizers. Conventionally, titanium alloys are classified according to their structure, i.e. from com-

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mercially pure titanium (CP), near-alpha, alpha/beta, metastable beta and stable beta alloys. The beta alloys (containing beta stabilizers) can further be subdivided into alloys which contain eutectoid forming alloying elements (typically hardenable beta alloys) and beta alloys containing isomorphous alloying elements. One of the best known titanium alloys is the alpha/beta titanium alloy Ti6Al4V (grade 5) which can be heat treated to obtain high strength, analogous to treatment of steels, i.e. by a martensitic transformation and/or by (subsequent) ageing. The possibility to obtain high strength in a low density material

Thomas L. Christiansen, Morten S. Jellesen, Marcel A.J. Somers. Technical University of Denmark, Produktionstorvet b.425 DK 2800 Kongens Lyngby, Denmark tch@mek.dtu.dk

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Heat treatments & coatings (high specific strength) makes titanium alloys particularly relevant in aerospace applications. It is not always realized that the introduction of new (commercial) airplanes containing composites actually entails more use of titanium alloys, as the conventional aluminum alloys are incompatible with carbon fibers due to corrosion issues. For biomedical implants the material of choice has shifted to being titanium based materials at the expense of stainless steels and cobalt based materials, owing to its excellent biocompatibility. Moreover, the advent of additive manufacturing techniques such as 3D metal printing is also giving a renaissance to titanium, as 3D metal printing is widely based on titanium (powders). However, one of the weaknesses of titanium is its price – it is significantly more expensive than, say, stainless steels. The relatively high price of titanium is due to the costly extraction and production process, viz. the Kroll process. Actually, the element titanium is the seventh most abundant aggiungere metal dopo abundant in the earth’s crust (seventh most abundant metal) but it is chemically bound as minerals (oxides). Hence, metallic titanium is difficult to produce due to the high reactivity of the element and the propensity to form oxide (it has somewhat derisively been called the “street walker metal”, as it picks up everything!). A major shortcoming of titanium, which effectively hinders its use in many applications, is its poor wear resistance and tribological properties. Titanium cannot be used in applications that involve wear and in many existing applications poor wear performance is only accepted because of its highly favorable corrosion properties. For example, in biomedical implants titanium can be exposed to fretting, resulting in wear particle debris which can be detrimental for the performance of the implant. In order to remedy this inherent problem with titanium, surface hardening can be applied. Nitriding Gaseous nitriding of titanium is the classical way to obtain high surface hardness and improved wear resistance. The process was introduced in the 1950’s and entails the use of relatively high temperatures (e.g. 900 to 1000°C) and high purity gas, typically N2 (NH3 can also be used) [1,2]. The surface is transformed into TiN, which has a golden color; this compound is supported by a layer of Ti2N and an underlying diffusion zone where nitrogen is dissolved in metallic titanium. The solubility of nitrogen in titanium is significant, so the diffusion zone can possess a hardness of up to, say, 900 HV; the TiN layer is in the range 1800-2100HV, albeit relatively thin. This process is in many ways excellent as the surface layer of TiN is chemically anchored to the substrate (contrary to deposition processes such as CVD or PVD) and is supported by a relatively hard diffusion zone. Moreover, the friction coefficient of the TiN layer is low compared to untreated titanium. However, the material looks like gold, which can be undesirable for many applications. In addition, the total affected depth (hardened zone) is relatively shallow, e.g. 25-50 μm. Also, the fatigue performance can be negatively affected by having the hard and thin TiN layer. Oxidation 14

Oxidation or oxidizing is usually considered as something highly detrimental, i.e. formation of oxide scales is typically unwanted. In the titanium industry, the dissolution of oxygen in titanium during processing is normally considered as “contamination” and referred to as (unwanted!) “oxygen pick-up”. Hence, counterintuitively oxygen can be used for surface hardening. Titanium is rather unique when it comes to oxygen as it possesses a very high solid solubility of oxygen (up to 33 at.%). Oxygen is also an effective solid solution strengthener, which makes it possible to obtain a high hardness (e.g. in a diffusion zone). Titanium and oxygen also form a range of different oxides, which typically are not as hard as the titanium compounds based on carbon or nitrogen. Hence, in order to apply oxygen as a hardening element the formation of a surface oxide layer should be avoided. This can be extremely difficult as it requires very low equilibrium partial pressures of oxygen. Work on surface hardening of titanium with oxygen as the hardening element was published already in the 1960’s [3]; here a molten glass was used as a medium for supplying oxygen to the solid state resulting in significant hardening. Subsequent annealing processes were also performed, i.e. “boost” processing. Several other publications exist where oxygen has been used for surface hardening - a range of different process conditions have been applied. Also, gaseous boost processes have been shown to be effective in surface hardening [4]. It can be exploited that titanium will re-dissolve its own oxide layer at temperatures above approximately 550°C (provided that supply of oxygen from the gas phase is hindered, i.e. high vacuum). The boost process consists of oxidation by formation of a (thick) rutile oxide layer which is redissolved in a vacuum post treatment step. The oxygen rich rutile layer acts as a reservoir for oxygen for inward diffusion (into metallic titanium). Case depths of a few hundred micrometers and hardnesses up to 900-1000 HV can be achieved. Carburising Carburising is rather niche as a surface hardening process for titanium as it requires very high temperatures and an appropriate gas system that can exclusively provide the carbon. The solubility of carbon in titanium is very low compared to oxygen and nitrogen; on the other hand, the compound TiC is very hard. The low solubility of carbon entails a very limited load bearing capacity for the very hard (and thin) TiC compound. This situation can result in an eggshell effect. Hence, carburizing is not a real option for surface hardening. Other processes There is a range of other processes for surface hardening of titanium. There are deposition processes, such as PVD and CVD, numerous variants of plasma/ion-based/assisted processes and laser assisted types; these will not be discussed here. The 4th interstitial element, not mentioned so far, is boron which forms extremely hard titanium borides - these are even harder than the carbides. Boriding cannot be performed directly as a gas-based process due to the toxicity of boron-containing La Metallurgia Italiana - n. 9 2018


Trattamenti termici e rivestimenti gases. Therefore, boriding of titanium is typically performed as a powder pack process, where the donating gasses are produced “in-situ”. Powder pack boriding requires high temperatures, typically more than 1000°C, and dictates that parts have to be embedded in powder during processing. The boron solubility in titanium is rather low which means that a situation analogous to carbon exists; the formation of a hard thin layer on a soft substrate. It is also possible to combine different interstitial systems, i.e. to produce layers containing so-called mixed interstitial phases. Work by Fedirko et al. [e.g. 5] has clearly shown that layers containing several interstitials can have intriguing properties. Mixed phases can have different chemical and physical properties compared to the “pure” systems; this is also something that is exploited for titanium based coatings (CVD & PVD). Recent research in the authors’ lab has also shown new possibilities of using mixed interstitial phases [6,7]. Again, titanium has a special behavior: the isomorphous rock-salt type compounds TiC, TiN and TiO ostensibly exhibit intersolubility between the different series (when in equilibrium), i.e. carbon, nitrogen and oxygen can substitute each other. However, these ternary and tertiary systems have not been fully investigated. Moreover, mixed interstitial solid solutions in titanium (solubility in metallic alpha titanium) are also possible. Early work by Stone and Magolin [8] has indeed indicated augmented interstitial solubility by combining interstitials. High interstitial solubility can result in an enhanced strengthening effect and can be exploited for surface hardening. Hitherto, the synergistic effects in mixedinterstitial phases in the titanium system have not been well investigated. The remainder of this article is intended to provide, in a kaleidoscopic way, some snapshots of ongoing research on surface hardening of titanium in the authors’ lab. In particular, emphasis is on the possibilities of using mixed interstitial phases for

surface hardening and the possibility of applying controlled gaseous conditions. Several of the processes are currently proprietary and in the progress of being patented, thus some process details are deliberately left out. General details of the processes and materials are provided in the figure captions throughout. NEW GASEOUS SURFACE HARDENING PROCESSES Chemically controlled oxidation Oxidation as a surface hardening method has the potential to enhance the surface hardness of metallic titanium significantly due to the very high solid solubility of oxygen in titanium and due to the effectiveness of oxygen as an interstitial strengthener. However, this comes at the expense of ductility (but this is the classical trade-off in many surface engineering processes). The partial pressure of oxygen, which is required to avoid or suppress formation of unwanted oxide (viz. rutile TiO2), is extremely low. Hence, it is impossible to achieve a physical pressure, which is low enough to avoid formation of oxide (thermodynamically speaking). However, the formation of a surface oxide is a flux- or mass balance between the imposed pressure and related surface kinetics and transport into the material by diffusion. This means that a kinetically controlled process, where the flux of oxygen determined by the imposed (low) pressure equals the inward diffusion flux in the solid state, can in principle be established, but will in reality be difficult to control. In Fig.1 a different approach for oxidation of titanium in a controlled way has been adopted. Here a chemically controlled partial pressure is established at atmospheric pressure. The process is operated under controlled conditions where the partial pressure of oxygen is adjusted and kept at pO2 = 2.8*10-22 bar by controlling the gas composition in the reactive gas system.

Fig. 1 – Surface hardening of titanium grade 5 with a low oxidizing temperature (60 hours 690°C) using a chemically controlled (low) partial pressure of oxygen of 2.8*10-22 bar. Micrograph of the hardened case consisting of a diffusion zone (oxygen in solid solution). Hardness depth profile showing that the hardness is positively affected to a depth of almost 200 μm [9].

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Heat treatments & coatings The micrograph in Fig.1 shows the microstructure of a titanium grade 5 component with an equi-axed structure (alpha grains surrounded by minor fractions of partly decomposed beta). The low temperature applied (690°C) does not affect the overall microstructure. The process results in a thick diffusion zone of oxygen dissolved in the alpha titanium; it is not fully clear if the beta regions have been transformed into alpha due to dissolution of oxygen, which is a strong alpha stabilizer. The hardened zone extents to a depth of more than 150 μm; the surface hardness is close to 1200 HV, which is higher than what can be achieved at higher temperatures for this alloy and higher than what can be obtained in CP titanium. The presence of aluminum in the alloy is likely to have a beneficial effect at the relatively low surface hardening temperature due to its high affinity to oxygen. This type of process can also be performed under different process conditions, e.g. at higher temperatures, shorter durations etc. Fig.2 shows an example of surface hardening CP titanium grade 4 by a boost type process. The part was firstly treated at low temperature in a highly oxidizing atmosphere to obtain a shallow diffusion zone with a relatively thick, dense and hard oxide layer. This resulted in an anthracite-like surface finish. Se-

condly, the part was treated in a vacuum at a slightly higher temperature in order to redissolve the oxide and redistribute the oxygen; this results in a diffusion zone which extents more than 40 μm into the material. The surface finish of this duplex treated part is shiny metallic and unaffected by the treatment. The hardness profile (Fig.2) has a smooth gradual transition from the high surface hardness of approximately 900 HV to the hardness of the core of approximately 250 HV. Controlled (chemical) oxidation of zirconium is also possible as it is highly similar to titanium, i.e. it has an even higher solid solubility of oxygen. Zirconium is somewhat more exotic than titanium (as a metal), but is currently considered as an attractive material for implants. Fig. 3 shows an example of surface hardened zirconium using an oxidation treatment with a chemically controlled partial pressure of oxygen. The hardened case consists of a hard ZrO2 compound layer at the surface supported by a diffusion zone where oxygen is in solid solution in zirconium. Contrary to titanium, zirconium forms a dense, welladhering and hard oxide (ZrO2). The conditions applied in Fig.3 are intended to deliberately produce ZrO2 having a hardness of around 1200 HV.

Fig. 2 – Surface hardening of CP titanium grade 4 dental implant part by a duplex hardening process: controlled low temperature oxidation with a high oxygen partial pressure followed by vacuum treatment for redistribution of oxygen and concomitant dissolution of the (thin) oxide layer. The surface is metallic bright after the treatment. Micrograph of the hardened case and corresponding hardness depth profile.

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Trattamenti termici e rivestimenti

Fig. 3 – Surface hardening of zirconium by oxidation treatment (12 hours at 820°C using a chemically controlled partial pressure of oxygen of 1.2*10-18 bar). Micrograph and corresponding hardness depth profile. The surface consists of a dense and hard layer of ZrO2 supported by a relatively thick diffusion zone where oxygen is dissolved in Zr [10]. Mixed-interstitial phases; multiple interstitial elements So far only single element hardening has been shown (oxygen), but there is also the possibility of mixed-interstitial phases, i.e. mixed compounds and solid solutions. Surface hardening by mixed interstitial compounds typically requires higher temperatures, i.e. above the beta transus temperature. This also implies that the core microstructure is affected. Fig. 4 shows examples of carbo-oxidation of CP titanium grade 2, i.e. simultaneous incorporation of both carbon and oxygen. Clearly, very thick har-

dened layers are obtained at the applied temperatures (1000°C and 1050°C). The case resulting from carbo-oxidation consists of a diffusion zone where carbon and oxygen are dissolved in ( ) titanium and a compound layer or compound network of mixed interstitial rock-salt type compound, TiCxO1-x has formed. The exact ratio between carbon and oxygen in solid solution and in the compound is presently not fully determined; however, preliminary thin foil experiments indicate that a ratio close to 50:50 is obtained (overall average in the foil).

Fig. 4 – Micrograph of a surface hardened (carbo-oxidation) of titanium grade 2. Left) 20 hours at 1000°C; Right) 20 hours at 1050°C. The hardened case consists of a diffusion zone (C and O dissolved in the titanium) and a carbo-oxide compound zone / network (“stringers”). The hardness of the diffusion zone can reach up to 1500 HV depending on treatment and the compound zone (carbo-oxide) spans over a broad hardness range, say, 2000 to 3000 HV. The hardness of the compound zone relies heavily on process parameters and titanium alloy composition.

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Heat treatments & coatings The hardness of the mixed compound depends strongly on the applied process conditions, i.e. values in the range 2000 to 3000 HV (or slightly higher) have been measured. In the two shown examples in Fig.4 the hardness of the compound is in average around 2500 HV. The diffusion zone, i.e. metallic titanium with dissolved interstitials, has a hardness of up to 1500 HV, which is significantly harder than what can be obtained using single interstitial elements (e.g. dissolving just oxygen). The growth of the hardened case is much faster than what is observed for nitriding and oxidizing (as stand-alone treatments). The hardened case can also be considered as a kind of composite, where a very hard phase (the compound TiCxO1-x) is “embedded” in a “softer” matrix phase (where the interstitials are in solid solution). The core structure has undergone a transformation because of treatment in the beta temperature range: it consists of lamellar alpha or Widmanstätten structure. These microstructural forms are harder than the equi-axed alpha form. Fig 5. shows examples of carbo-oxidation of two different titanium alloys, i.e. titanium grade 5 and the beta implant alloy Ti13Nb13Zr (TNZ). The titanium grade 5 alloy has a largely different response to the treatment than the CP titanium alloys.

The carbo-oxide compound layer takes a different morphology and forms uniformly at the surface. This can be attributed to the presence of aluminum, which is a stronger oxide former than titanium. Moreover, aluminum is likely not to reside in the rocksalt structure of the carbo-oxide compound layer, which implies that redistribution occurs. Such redistribution can be rate determining for the growth of the carbo-oxide layer. However, the exact behavior needs further investigation. The TNZ alloy has been developed for use in implants. It has a low E-modulus, which is more compatible with the human bone (stress shielding effect). Interestingly, the response of this material resembles CP titanium and yields a practically dense layer of carbooxides at the surface. These carbo-oxides develop within the diffusion zone where carbon and oxygen are in solid solution. The core does not seem to be affected by the treatment based on the microstructure, but it has a hardness of approximately 1000 HV, which hints at a hardening effect from interstitials. It is suggested that this is due to interstitials dissolved in beta (the presence of alloying elements in titanium can enhance the interstitial solubility in beta). Applying mixed interstitials may also result in synergistic effects on (beta) solubility. Again, further investigation is needed.

Fig. 5 – Micrographs of surface hardened titanium alloys (carbo-oxidation). Left) Titanium grade 5 carbo-oxidized for 2 hours at 1000°C [9]. The hardened case consists of a uniform compound layer (carbo-oxide) at the surface supported by a diffusion zone with mainly oxygen in solid solution. Right) The implant beta alloy Ti13Nb13Zr carbo-oxidized for 2 hours at 1050°C [10]. The hardened case consists of a zone with dense rounded carbo-oxide compounds in a diffusion zone; the core has a hardness of 1000 HV, which suggest the presence of interstitials.

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Trattamenti termici e rivestimenti

Fig. 6 – Surface hardening of titanium grade 2. Hardening effect of three interstitial elements, i.e. carbon, oxygen and nitrogen. The sample was initially carbo-oxidized followed by nitriding. Left) hardness depth profile and corresponding micrograph. The hardness depth profiles are subdivided into two profiles: one for the compound region and one for the diffusion zone (interstitials dissolved in the titanium). The effect of adding all three interstitial elements is a very high hardness in the metallic titanium, reaching almost 1900 HV. A carbo-oxidation treatment is shown for comparison. Right) Photo of a treated (three interstitials) and mirror-polished specimen. The surface is extremely scratch resistant; even brute force using a mechanical tool will not affect the surface [11].

It is also possible to introduce three interstitial elements into titanium, which can be done simultaneously (nitro-carbooxidation) or by combining carbo-oxidation with pre- or post nitriding. The behavior of titanium containing three interstitialselements has hitherto not been investigated in any detail, but is the topic of ongoing research in the authors’ lab. For example, the mixed interstitial solubility is presently unknown. Fig. 6 shows a CP titanium grade 2, which contains all three interstitial in the surface region. The treatment was performed by firstly carbo-oxidizing the sample followed by nitriding. The hardness profiles shown in Fig. 6 are divided into two: a profile for the diffusion zone (interstitials in solid solution in metallic titanium) and one for the compound zone/network. The effect of adding nitrogen by a post nitriding treatment to a carbo-oxidized sample is obvious. There is a marginal change in hardness for the compound(s), which suggests that substitution of O and C by N does not occur to any large extent or that the substitution does not result in a change in hardness. However, the diffusion zone is markedly affected by the addition of nitrogen; the hardness increases in the entire diffusion zone. Hardness values reaching 1800-1900 HV are obtained for metallic titanium, which indicate an augmented interstitial solubility by the presence of several types of interstitials. Evidently, the presence of mixed interstitials can result in a very high total interstitial solubility in titanium. This is an unprecedented high hardness in metallic titanium; interestingly, the material does not appear brittle (the very high hardness taken into account).

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A more “practical” way of illustrating the applicability of surface hardened titanium containing N, C and O is also shown in Fig.6: a treated and mirror polished flat plate is contacted with a mechanical tool – the surface is extremely scratch resistant even when applying “brute” force on the surface. In addition to very high hardness and extreme wear resistance (not shown herein) is chemical resistance of mixed interstitial phases. As stated in the beginning, mixed interstitial compounds are claimed to possess different physical and chemical properties compared to the single interstitial systems. The corrosion resistance of carbo-oxidized titanium grade 2 is shown in Fig. 7. A treated and an untreated sample were submerged in a solution containing 0.25 wt.% HF with pH=1. The untreated titanium sample corroded upon contact with the solution exhibiting violent gas development and after 16 days of exposure the sample had lost 10% of its original weight; the carbo-oxidized part was unaffected after 16 days of exposure. This resistant behavior can be attributed to the chemical inertness of mixed interstitial phases. In addition to mixed interstitial compounds also so-called Magnéli phases (see [12,13]), which are suboxides of Ti that have a graphite like structure with the general structure TinO2n-1 (where n= 4 to 10), can be produced together with the carbo-oxides (results not shown here). Magnéli phases also possess highly intriguing properties, e.g. special electrochemical behavior, very high corrosion resistance in certain media and photocatalytic and lubricating properties.

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Heat treatments & coatings

Fig. 7 – Stereo microscopy of corrosion exposed titanium grade 2 after 16 days in a 0.25 wt% HF solution with pH=1 adjusted with HCL. Left) no surface treatment; Right) after carbo-oxidation. The surface treatment renders the material fully corrosion resistant, i.e. no material loss is detected; the untreated part loses approximate 10% of its weight by corrosion [11]. Future trends: surface hardening of AM parts The advent of additive manufacturing techniques, in particular 3D metal printing, has paved the way for a renaissance in the use of titanium and titanium alloys. Titanium is one of the materials of choice for 3D metal printing. The technique can exploit the favorable properties of titanium and to some extent overcome one of its weaknesses, which is price. Printed parts have a highly beneficial “buy to fly” ratio, i.e. a term used for conventional processing on how much material needs to be

machined away in order to arrive at the desired shape. 3D parts are typically printed with internal voids and hollow structures – see an example of a 3D printed part, a so-called pulley wheel for a high-end racing-bicycle, in Fig. 8. The printed part is extremely light-weight due to the use of titanium (grade 5) and the internal hollow structure. A weak point for this specific application is the poor wear resistance of the part; a remedy for this is found in surface hardening. Also, in Fig. 8 is shown a carbo-oxidized pulley wheel (black surface finish).

Fig. 8 – 3D printed pulley wheels in titanium grade 5 (printed by the Danish Technological Institute, DTI). Left) Part after post finishing; Right) after surface hardening (carbo-oxidation) – cf. treatment in Fig. 9.

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Trattamenti termici e rivestimenti

Fig. 9 – Carbo-oxidized 3D printed titanium grade 5. 1050°C / 16 hours in a carbon and oxygen providing atmosphere. Left) micrograph showing a dense surface layer of hard carbo-oxide and an underlying diffusion zone of oxygen (and carbon) in solid solution in titanium. Right) Hardness depth profile [14].

The microstructure of carbo-oxidized 3D printed titanium grade 5 (not the pulley wheel but a printed test cube) is shown in Fig. 9. The microstructure of carbo-oxidized titanium grade 5 is different from grade 2 due to the presence of Al and V; Al is a strong oxide former and influences the growth mode of the compound layer (cf. above). The carbo-oxidation yields an extremely deep zone, which actually penetrates through the part. The micrograph in Fig. 9 shows a well-defined and uniform surface layer of mixed interstitial compound (carbo-oxide). Below the compound layer is a diffusion zone consisting of relatively large alpha grains or alpha region stabilized by a high interstitial content (mainly oxygen). This zone extends beyond the area depicted in the micrograph. The hardness-depth profile given in Fig.9 reflects the outermost compound layer, which has a hardness of more than 2000 HV. The remainder (up to 0.4 mm depth) is the diffusion zone. Such carbo-oxidized 3D printed grade 5 components possess an excellent wear and corrosion resistance. SUMMARY AND OUTLOOK Surface hardening of titanium and titanium alloys has hitherto been considered somewhat niche due to limited process possibilities. The present paper has shown that new routes exist for performing chemically controlled low temperature surface har-

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dening by using oxygen as a hardening element. Low temperature oxidizing results in deep diffusion zones where oxygen is in solid solution in the titanium and with a gradual transition from the surface to the core. Zirconium has a largely similar response as titanium on surface hardening by an oxidation treatment. Zirconium can form a hard and dense oxide at the surface with a hardness of 1200HV. Simultaneously, introducing several interstitial elements, leading to mixed-interstitial phases, results in deep hardened cases with a very high hardness, i.e. in the range 2000 to 3000 HV. Mixed interstitial phases can be obtained in CP titanium but also in alloys of titanium, e.g. grade 5 and Ti13Nb13Zr. Introduction of nitrogen, carbon and oxygen in titanium results in unprecedentedly hard metallic titanium reaching values up to 1900 HV. The corrosion resistance in HF containing media is vastly improved for hardened titanium containing mixed interstitials as compared to untreated titanium. Surface hardening of 3D metal printed titanium parts is indeed possible e.g. carbo-oxidation of printed grade 5 yields a surface hardness of more than 2000 HV supported by a deep diffusion zone. It is anticipated that introduction of gas-based surface hardening methods can expand the application range of titanium and titanium alloys in the future. In particular, when AM produced parts find more widespread industrial application.

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Heat treatments & coatings REFERENCES 1]

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Trattamenti termici e rivestimenti

Caratterizzazione della resistenza al rinvenimento di un acciaio per lavorazioni a caldo AISI H13 modificato F. S. Gobber, D. Ugues, P. Martelli, M. Rosso

Gli acciai per stampi per lavorazioni a caldo sono spesso soggetti a temperature di servizio che possono superare i 500°C. I processi di formatura quali la pressocolata delle leghe di alluminio, la forgiatura e l’estrusione comportano l’impiego di condizioni di utilizzo critiche per la vita degli stampi in acciaio. Temperature di servizio troppo elevate portano al decadimento delle proprietà meccaniche di resistenza a caldo, mentre il ciclaggio periodico genera effetti di fatica termica. In questo studio sono stati indagati gli effetti dell’esposizione a temperature superiori ai 500°C sulla resistenza al rinvenimento di un acciaio per lavorazioni a caldo AISI H13 modificato. Nella prima parte dello studio è stata caratterizzata la resistenza al rinvenimento dell’acciaio dopo trattamento termico, con mantenimenti in forno a temperature comprese tra 500 e 650°C per tempi crescenti fino a 150 ore. Nella seconda fase dello studio è stato impiegato un banco di prova sperimentale in grado di simulare i fenomeni di fatica termica su campioni in acciaio, per caratterizzarne la resistenza al rinvenimento in condizioni di riscaldamento ciclico, più vicine a quelle di utilizzo degli utensili per lavorazioni a caldo. Le analisi effettuate al termine di 3.000 cicli di prova hanno evidenziato come la temperatura massima di 560 – 580°C, seppur raggiunta per pochi secondi durante ogni ciclo di prova, comporti un’alterazione della durezza confrontabile con un mantenimento statico in forno alla stessa temperatura.

KEYWORDS: ACCIAIO PER STAMPI – AISI H13 – ADDOLCIMENTO – CICLAGGIO TERMICO – MICROSTRUTTURA

INTRODUZIONE I processi di formatura a caldo, ampiamente diffusi nella formatura delle leghe metalliche, comportano condizioni di esercizio piuttosto gravose per gli stampi che lavorano a contatto con il pezzo. Le temperature a cui lo stampo lavora dipendono dal processo e dalle caratteristiche del materiale da formare e variano a seconda che questo sia una lega leggera, caratterizzata da temperature di formatura relativamente basse come ad esempio l’alluminio, oppure una lega altofondente caratterizzata da temperature di formatura più elevate come ad esempio acciai o superleghe [1 – 3]. L’addolcimento (thermal softening) può essere considerato un meccanismo indiretto di danneggiamento degli acciai per stampi, poichè se la durezza superficiale di uno stampo per pressocolata diminuisce, questo sarà maggiormente suscettibile a danneggiamenti superficiali, che ne possono ridurre la vita e costringere ad interventi onerosi. Il lavoro presentato all’interno di questa memoria riguarda la caratterizzazione della resistenza all’addolcimento di un acciaio per utensili per lavorazioni a caldo AISI H13 modificato (Uddeholm Dievar) la cui composizione è riportata in Tab. 1. Mediante prove di invecchiamento in forno o di ciclaggio termico alternando riscaldamento e raffreddamento, a temperature

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confrontabili con quelle caratteristiche dei processi di formatura a caldo (laminazione, forgiatura, estrusione), è stata caratterizzata l’influenza della temperatura sulla durezza e sulla microstruttura dell’acciaio bonificato.

Federico Simone Gobber, Daniele Ugues, Pietro Martelli, Mario Rosso Politecnico di Torino, Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia (DISAT) Viale T. Michel 5, 15121 Alessandria, Italia

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Heat treatments & coatings Tab. 1 – Composizione chimica dell'acciaio AISI H13 caratterizzato in questo studio / Chemical composition of the AISI H13 steel characterized in this study. COMPOSIZIONE CHIMICA [% peso] %C

%Si

%Mn

%Cr

%Mo

%V

%Fe

0.35

0.2

0.5

5.0

2.3

0.6

Balance

Materiali e metodi L’acciaio per utensili a caldo oggetto di questo studio è stato ricevuto nello stato ricotto (180 HB) e sottoposto a trattamento termico (Fig. 1) ottenendo una durezza di circa 49 ± 1 HRC. Il trattamento termico è stato eseguito in un forno in vuoto alla

pressione di 10-2 mbar, temprando l’acciaio con azoto a 5 bar dopo austenitizzazione di 30 min a 1020°C e raffreddandolo con azoto a 3 bar per i rinvenimenti effettuati rispettivamente a 515 e 615°C dopo 2 h di mantenimento per ciascun rinvenimento.

Fig. 1 – Trattamento termico per i campioni in AISI H13 modificato / heat treatment for the samples made of modified AISI H13 steel Due tipi di test sono stati impostati per caratterizzare la resistenza al rinvenimento dei campioni in acciaio: . prove di invecchiamento in forno per correlare l’addolcimento al tempo e alla temperatura di trattamento mediante il para[1]

TP = T * (C + logt)

dove TP è il cosiddetto Tempering Parameter (cioè il parametro di Hollomon – Jaffe), T la temperatura assoluta, t il tempo di esposizione in ore e C una costante funzione del materiale (che per gli acciai da utensile ≈ 20) . prove di ciclaggio termico con un banco prove sperimentale per osservare l’influenza dei cicli termici sulla resistenza al rinvenimento dell’acciaio. Prove di invecchiamento in forno Per queste prove è stato impiegato un forno a muffola, i campioni sono stati inseriti nel forno ed estratti a tempi via via crescenti secondo il piano di prove riportato in Tab. 2. Per ogni campione è stata misurata la durezza Vickers (HV 30) con duro24

metro di Hollomon – Jaffe (tempering parameter –TP, calcolato secondo l’equazione [1]) e definire così una curva di addolcimento del materiale

metro EMCO – Tester e convertita nel valore HRC equivalente. L’evoluzione della microstruttura è stata valutata, dopo 50 ore di mantenimento in forno per i tempi di 500, 550, 650°C e confrontata con lo stato di fornitura (ricotto) e dopo trattamento termico (bonificato). I campioni sono inglobati a caldo con resina fenolica e sottoposti a preparazione metallografica con carte abrasive e successivamente lucidati con panni e sospensioni diamantate da 3 e 1 μm, attaccati con Nital 2 per un tempo variabile a seconda del campione tra 2 e 10 secondi per evidenziare la microstruttura. L’osservazione microstrutturale è stata svolta con un microscopio metallografico Leica MEF 4.

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Trattamenti termici e rivestimenti Tab. 2 – Temperature e tempi adottati per le prove di resistenza al rinvenimento / Experimental temperatures and holding times for softening resistance tests. PIANO DI PROVE Temperatura [°C]

Tempo [h]

350, 400, 500, 530, 550, 570

1, 18, 50, 100, 150

650

1, 5, 7, 18, 150

Prove di ciclaggio termico L’obiettivo delle prove di ciclaggio termico è quello di osservare l’influenza di un riscaldamento discontinuo sulla resistenza al rinvenimento dell’acciaio studiato; tali condizioni infatti sono più vicine a quelle di impiego del materiale. In applicazioni come la pressocolata, la forgiatura o l’estrusione il materiale è soggetto a periodici cicli di riscaldamento (coincidente con la fase di formatura/deformazione) e raffreddamento (coincidente con la fase di applicazione di lubrodistaccanti, o di semplice raffreddamento tra un ciclo e il successivo). Sono stati impiegati dei campioni di forma cilindrica cava, lunghi 60 mm, diametro 33 mm e spessore di parete 13 mm. Due diverse condizioni sono state adottate per lo svolgimento di queste prove sulla base dei risultati delle prove di resistenza al rinvenimento: la temperatura più alta per cui l’acciaio non abbia manifestato addolcimento dopo 50 ore (500°C) e la temperatura più bassa per cui questo si sia verificato a parità di tempo (570°C). Il ciclo è stato quindi tarato con un campione strumentato con termo-

coppia tipo – K fissando la temperatura del forno a 950°C e variando il tempo di mantenimento del campione in forno per raggiungere la temperatura obiettivo di 500 o 570°C. Alla fase di riscaldamento segue il raffreddamento del campione mediante 4 ugelli disposti solidalmente a 90° lungo una circonferenza di raggio 140 mm (denominata testa di spruzzatura) che spruzzano acqua ad una pressione di 4 bar. La temperatura del campione dopo 4.5 s di spruzzatura è di circa 180 – 220°C, ben al di sotto delle temperature critiche per l’addolcimento dell’acciaio. La durezza superficiale dei campioni è stata tenuta sotto controllo dopo ogni 1000 cicli mediante misure di durezza Vickers (HV 30) ed è terminata dopo 3000 cicli totali. Al termine della prova i campioni sono stati sottoposti a preparazione metallografica, misure di microdurezza Vickers con carico pari a 0.1 kgf sono state effettuate per escludere la presenza di un eventuale rinvenimento superficiale localizzato. Tali misure sono state effettuate impiegando un microdurometro Leica VMHT con carico 0.1 kgf.

Fig. 2 – Immagine del ciclatore termico / Image of the thermal cycling rig.

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Heat treatments & coatings RISULTATI E DISCUSSIONE Resistenza al rinvenimento in forno: curve di addolcimento e microstruttura Dal grafico presentato in Fig. 3a si osserva come il materiale non risenta del fenomeno di addolcimento fino ad una temperatura di trattamento di circa 500°C, mentre per temperature più elevate si ha una diminuzione della durezza misurata dopo rinvenimento.. A parità di tempo di permanenza tale diminuzione è tanto più marcata quanto più è alta la temperatura di trattamento. Le prove in forno alla temperatura di 650°C sono state interrotte dopo 50 ore poiché il valore di durezza misurato non è più significativo per il materiale. In Fig.3b si riporta l'andamento della durezza espressa in funzione del parametro di Hollomon – Jaffe (TP); questo comportamento è

confrontabile con dati di letteratura [4] di acciai per lavorazioni a caldo tipo AISI H11 e AISI H13. L’intersezione tra i due tratti di interpolazione lineare si assesta su valori del TP di circa 17.6 * 103: per valori inferiori di TP la durezza si mantiene costante mentre come osservato per altri acciai [4] questa può diminuire già nel primo tratto. Il motivo di tale comportamento è da ricercarsi innanzitutto nella composizione del materiale ed in seconda analisi nel trattamento termico. Secondo [5] la temperatura del trattamento di austenitizzazione per questo acciaio può modificare la popolazione di carburi nell’acciaio in seguito al rinvenimento favorendo la crescita di carburi del tipo M23C6 e M7C3 ricchi in Cr a discapito degli MC ricchi in V e più stabili al rinvenimento.

Fig. 3 – Curva di addolcimento in relazione al parametro di Hollomon – Jaffe per l'acciaio AISI H13 modificato / Softening curve of the modified AISI H13 steel as a function of the Hollomon – Jaffe parameter. In In Fig.4 sono riportate le microstrutture dei campioni nei vari stati metallurgici analizzati: ricotto, trattato termicamente e tre temperature caratteristiche per quelli sottoposti a trattamento in forno. La microstruttura del campione ricotto rispetto a quella ottenuta in seguito al trattamento termico di bonifica (Fig. 4a e 4b) mostra il passaggio da una microstruttura costituita da una matrice di ferrite α ed isole di carburi micrometrici a quella martensitica con carburi fini di difficile risoluzione al microscopio ottico, ottenuta dopo bonifica. In Fig.4c si osserva come la microstruttura rimanga invariata rispetto a quella del campione bonificato fino alla temperatura di 500°C. Tale osservazione è in accordo con i risultati riportati in Errore. Fig.3 a queste temperature di trattamento dopo 50 h non si osserva un addolcimento significativo. Sempre sulla base dei risultati di Fig. 3a, il tempo di mantenimento di 50 h risulta deleterio per la durezza a temperature di trattamento pari a 570°C e 650°C, dove si

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riscontra rispettivamente un calo nella durezza pari al 18,6% e al 48,9% e, in misura minore, per la temperatura di 550°C, per la quale la perdita di durezza è dell’ordine del 4,0%. Per i campioni trattati a 570°C e 650°C, parallelamente ad un addolcimento elevato si osserva in Fig.4d e 4e una variazione sensibile nella microstruttura. Per il campione trattato a 570°C si osserva un parziale rinvenimento della matrice, con una martensite che appare più grossolana se confrontata con quella del campione bonificato. Per il campione trattato a 650°C la trasformazione metallurgica varia in modo sostanziale la microstruttura rispetto allo stato bonificato al punto da rassomigliare più allo stato ricotto. Non si distingue più la struttura martensitica e si osserva anzi una matrice ferritica nella quale sono presenti carburi cresciuti in modo grossolano a causa dal mantenimento a 650°C e risolvibili anche al microscopio metallografico.

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Trattamenti termici e rivestimenti

Fig. 4 – Micrografie dell'acciaio AISI H13 modificato, nei diversi stati microstrutturali a) ricotto, b) bonificato, e dopo mantenimento in forno per 50 h a c), 500°C d) 570°C, e) 650°C / Micrographs of the modified AISI H13 steel in the two metallurgical states a) annealed, b) quenched and double tempered, and after hoding in furnace for 50h at c) 500°C, d) 570°C, e) 650°C. Resistenza al rinvenimento in condizioni di ciclaggio termico Come si può osservare in Fig. 5a e Fig. 6, il campione ciclato con Tmax=500°C non ha risentito di alcun tipo di addolcimento dopo 3000 cicli. A differenza di questo, il campione ciclato a Tmax=570°C Fig.5b presenta un calo nella durezza dopo 2000 e dopo 3000 cicli, ma solo per quanto riguarda la sezione a 20 mm dalla superficie superiore del campione e quella a 40 mm e, fra queste, si nota un addolcimento differente. Questo diverso comportamento non è verosimilmente legato alla disomogeneità termica all’interno del

forno, che è nell’ordine di 5°C da verifiche sperimentali, bensì è probabilmente legata al tempo necessario affinché tutto il campione venga immerso nel forno (ca. 2 – 3 secondi), che permette un riscaldamento tanto maggiore quanto più la sezione considerata si trova immersa (basti pensare che una differenza di 2 secondi è sufficiente ad innalzare di 50 – 60°C la temperatura del campione nella zona di lettura della termocoppia); inoltre occorre considerare che la spruzzatura non è una tecnica di raffreddamento omogenea lungo l’asse del campione, ma è grossomodo localizzata.

Fig. 5 – Durezza in funzione del numero di cicli termici, a) Tmax = 500°C, b) Tmax = 570°C / Hardness as a function of the number of thermal cycles, a) Tmax = 500°C, b) Tmax = 570°C La Metallurgia Italiana - n. 9 2018

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Heat treatments & coatings Dai dati riportati in Fig. 6 non si osserva un rinvenimento localizzato sulla superficie, la durezza nello spessore dei campioni si mantiene costante. Tale comportamento è giustificabile, dal momento che è da ricondursi ai lunghi tempi di immersione impostati nella prova e alla geometria del campione, che hanno portato durante il ciclaggio ad una omogeneizzazione termica nel campione durante le fasi di riscaldamento e raffreddamen-

to. Non sono stati generati dei gradienti termici intensi sulla superficie tali da contribuire all’addolcimento sottoforma di fatica termica, perciò il contributo termico all’addolcimento è principale. I parametri di riscaldamento impiegati in questo lavoro hanno permesso di isolare il contributo termico preponderante, rispetto al contributo termo – meccanico.

Fig. 6 – Valore medio dei profili di microdurezza per sezioni profondità crescente dei campioni sottoposti a ciclaggio termico / Average microhardness profiles of thermal cycled samples for increasing furnace depth. CONCLUSIONI All’interno di questo studio è stata caratterizzata la resistenza al rinvenimento di un acciaio per stampi AISI H13 modificato, sia in condizioni di invecchiamento isotermo, sia in condizioni di ciclaggio termico. Dalle prove effettuate si conclude che il materiale sia stabile sia da un punto di vista meccanico (rilevata dalla durezza) che microstrutturale fino alla temperatura di invecchiamento di 500°C, su una base temporale di 150 h. Oltre tale temperatura, la durezza decresce tanto più rapidamente quanto più elevata è la temperatura di trattamento, a causa dei fenomeni diffusivi che stanno alla base del meccani-

smo di addolcimento. Dalle prove di ciclaggio termico è stato isolato il solo contributo termico e si è osservato come anche in queste condizioni una temperatura massima di 500°C non causi alterazioni nella durezza del campione anche dopo 3000 cicli, cosa che invece accade per una temperatura massima di 570°C, in accordo con i dati ottenuti dalle prove di invecchiamento in forno. Le osservazioni metallografiche hanno rilevato una microstruttura stabile fino a 550°C mentre per i campioni invecchiati a 570°C e 650°C per 50 h si un rinvenimento della struttura martensitica sempre più marcato.

RINGRAZIAMENTI Gli autori desiderano ringraziare Enrico Pallavicini e Dario Pezzini per il supporto nello svolgimento delle prove e della caratterizzazione. Si ringrazia inoltre Riccardo Zanchetta per aver fornito il materiale per lo studio.

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Trattamenti termici e rivestimenti BIBLIOGRAFIA 1]

S. Shankar, D. Apelian, Die Soldering: Mechanism of the Interface Reaction between Molten Aluminum Alloy and Tool Steel, Metallurgical and Materials Transactions B, 476, 33B (2002).

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M. Fazarinc, T. Muhič, G. Kugler, M. Terčelj, Thermal fatigue properties of differently constructed functionally gaded materials aimed for refurbishing of pressure-die-casting dies, Engineering Failure Analysis, 25 (2012).

3]

A. Long, D. Thornhill, C. Armstrong, D. Watson, Predicting die life from die temperature for high pressure die casting aluminum alloy, Applied Thermal Engineering, 44 (2012).

4]

E. Virtaten, C. Van Tyne, B. S. Levy, G. Brada, The tempering parameter for evaluating softening of hot and warm forging die steels, Journal of Materials Processing Technology, 213 (2013).

5] J. Sjöström, Chromium martensitic hot-work tool steels – damage, performance and microstructure, Division for Engineering Science, Physics and Mathematics, Department of Materials Engineering, Karlstad University, 2004.

Characterization of the resistance to thermal softening of a modified AISI H13 hot – work tool steel F. S. Gobber, D. Ugues, P. Martelli, M. Rosso

Hot work tool steels are subject to a service temperature that can exceed 500 ° C. Processes such as die casting of aluminum alloys, forging and extrusion involve the use of critical conditions for the life of molds made of steel. Hot hardness and mechanical resistance can be affected by either too high processing temperatures or by mechanical strains due to thermal cycles that eventually will lead to thermal fatigue failures. In this study the effects of static and cyclic heating on softening were studied for a modified AISI H13 hot work tool steel. In the first part of the hot work tool steel was heat treated and then heated to temperatures between 500 and 650 ° C for increasing holding times up to 150 hours. Modifications of the mechanical properties were recorded by hardness measurements while the microstructural evolution of the alloy was assessed by optical microscopy. In the second part of the study, the resistance to thermal softening was characterized by thermal cycling tests. An experimental test rig was used to simulate working conditions typical of hot work tools. The samples are subjected to several heating / cooling cycles with a peak temperature of 500 - 520°C and 560 - 580°C; such temperatures are compatible with hot forming processes. From experimental results it can be concluded that cyclic overheating to temperatures above the softening limit for a tool made of a modified AISI H13 hot work tool steel can cause thermal softening and thus degradation of both microstructural and mechanical properties similarly to a static heating in furnace at the same temperature.

KEYWORDS: HOW WORK TOOL STEEL – AISI H13 – SOFTENING – THERMAL CYCLING – MICROSTRUCTURE

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Heat treatments & coatings

Nitrurazione di acciai inossidabili: processo combinato ionico-gassoso R. Giovanardi, P. Veronesi, R. Sola, L. Borg, G. Parigi

In questo lavoro è stato sperimentato un processo combinato per la nitrurazione di acciai inossidabili, dove un primo trattamento di nitrurazione al plasma, che funziona da “attivatore” della superficie, è seguito da una nitrurazione gassosa, per aumentare la diffusione dell’azoto e quindi la penetrazione del trattamento. Oggetto dello studio sono due diversi acciai inossidabili, AISI 304 e AISI 422, sottoposti al singolo trattamento di nitrurazione al plasma (NP) e al trattamento combinato nitrurazione al plasma seguito da gassosa (NPNZ). I provini ottenuti sono stati successivamente caratterizzati (e confrontati con i due materiali non trattati, NT) eseguendo profili di microdurezza in sezione, analisi metallografica (SEM), prove di usura (tribometro pin-on-disk) e prove di corrosione accelerate (polarizzazioni in ambiente acido, H2SO4, e salino neutro, NaCl). I risultati ottenuti confermano che il trattamento combinato (NPNZ) è in grado di incrementare notevolmente le profondità di indurimento, senza compromettere in maniera eccessiva la resistenza a corrosione in cloruri degli acciai testati.

PAROLE CHIAVE: NITRURAZIONE – ACCIAI INOSSIDABILI – CORROSIONE

INTRODUZIONE Gli acciai inossidabili sono ampiamente impiegati in ambienti corrosivi ma, come è ben noto, hanno proprietà meccaniche e tribologiche scarse. I trattamenti necessari ad incrementare la loro resistenza meccanica superficiale, come la nitrurazione, possono risultare poco efficaci e compromettere parzialmente la resistenza a corrosione. Gli acciai inossidabili infatti, grazie al loro elevato tenore di cromo in lega, possiedono uno strato di ossido di cromo superficiale continuo che conferisce loro buone proprietà di resistenza a corrosione; di contro tuttavia questo strato impedisce la diffusione sulla superficie del materiale di elementi chimici che possano migliorarne le proprietà meccaniche, quali ad esempio l’azoto. Altra difficoltà nel trattamento degli acciai inossidabili è data dal fenomeno della sensibilizzazione: se mantenuti per lunghi tempi ad una temperatura compresa fra 450° e 850°C (tempi e temperature tipici dei più comuni trattamenti termochimici e termodiffusivi) si ha la precipitazione dei carburi di cromo, con il rischio che ci sia una riduzione del tenore di cromo localizzato a bordo grano, con conseguente innesco della corrosione intergranulare; il cromo inoltre può combinarsi con l’azoto atomico (diffuso durante i trattamenti di nitrurazione) per formare nitruri che impoveriscono ulteriormente il tenore di cromo in soluzione solida, con conseguente peggioramento del comportamento a corrosione del materiale. Dal punto di vista esclusivamente tribologico, la comparsa di CrN determina un importante miglioramento delle proprietà superficiali dell’acciaio, innalzando la microdurezza fino a valori superiori ai 1250 HV, ma studi precedenti [1, 2] hanno sottolineato l’importanza di evitare la formazione di nitruri qualora si voglia preservare la resistenza a corrosione 30

dell’acciaio. Trattamenti che portano alla formazione di elevati tenori di CrN sono pertanto da escludere, in quanto determinano un impoverimento di cromo tale da rendere l’acciaio non più in grado di passivarsi. La presenza di elevati tenori di azoto in soluzione solida è invece risultata fondamentale per garantire un’elevata resistenza a pitting dell’acciaio trattato, in quanto l’azoto presente nell’acciaio è liberato durante il processo di corrosione è in grado di reagire con gli ioni H+ e di abbattere l’acidità all’interno dei pit che si stanno formando: [N] + 4H+ + 3e- → NH4+ [3-5]

R. Giovanardi, P. Veronesi, R. Sola, L. Borg Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Ingegneria ‘Enzo Ferrari’, Via Vivarelli 10, 41125 Modena

G. Parigi STAV srl, Via della Lora 18/I-N, 50031 Barberino del Mugello (FI)

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Trattamenti termici e rivestimenti molto basse. In questo lavoro si è pensato pertanto di sperimentare un processo combinato dove un primo trattamento di nitrurazione al plasma, che funziona da “attivatore” della superficie, è seguito da una nitrurazione gassosa (ZeroFlow®), per aumentare la diffusione dell’azoto e quindi la penetrazione del trattamento. I due acciai oggetto dello studio (AISI 304 e AISI 422) saranno sottoposti al singolo trattamento di nitrurazione al plasma (NP) e al trattamento combinato nitrurazione al plasma seguito da gassosa (NPNZ).

L’azoto agisce anche da stabilizzante per il film di passivazione dell’acciaio, rendendolo più resistente all’attacco degli ioni cloruro e può produrre ioni nitrato che aumentano la resistenza al pitting [6-8]. In questo lavoro verranno studiati due acciai inossidabili molto diversi per quanto riguarda il contenuto di carbonio (AISI 304 e AISI 422), entrambi capaci di creare un efficace strato di ossido di cromo superficiale continuo che conferisce loro buone proprietà di resistenza a corrosione ma che potrebbe impedire la diffusione dell’azoto all’interno del materiale. Per questo motivo il trattamento di nitrurazione ottimale dovrebbe essere quello supportato dal plasma, in cui si ha una fase di sputtering iniziale in grado di asportare lo strato di ossido presente e permettere la diffusione dell’azoto atomico. Inoltre, questo tipo di trattamento può operare a temperature più basse, in quanto l’energia necessaria per la scissione della molecola viene fornita dagli elettroni opportunamente accelerati. Di contro, operare a temperature non molto elevate riduce notevolmente la diffusione dell’azoto, che è già ostacolata dalla presenza di elevati tenori di elementi di lega (in particolare il nichel), portando ad avere profondità di penetrazione del trattamento

PARTE SPERIMENTALE I materiali impiegati nel presente lavoro sono l’AISI 304, a struttura austenitica, e l’AISI 422 a struttura martensitica, le cui composizioni sono riportate in Tabella 1. I campioni (dischetti di 40mm di diametro e 5mm di spessore) sono stai sottoposti ai seguenti trattamenti: NP = nitrurazione ionica alla temperatura di 430°C per una durata complessiva di 21 ore; NPNZ = attivazione con nitrurazione ionica a 430°C per 21 ore seguita da nitrurazione gassosa in impianto ZeroFlow® alla temperatura di 520°C per 15 ore.

Tab. 1 – Composizione degli acciai inossidabili oggetto di studio / Chemical composition of the studied stainless steels

C

Mn

Si

Cr

Ni

AISI 304

≤0,07

≤2,00

≤1,00

17,00 19,50

8,00 10,50

AISI 422

0,2 0,25

≤1,00

≤0,75

11,00 13,00

0,50 1,00

I campioni ottenuti sono stati sottoposti alle seguenti caratterizzazioni: 1. osservazione delle sezioni (esposte e lucidate mediante opportuna preparativa metallografica) al microscopio ottico e al microscopio elettronico a scansione (SEM); 2. valutazione delle fasi presenti in superficie tramite analisi di diffrazione dei raggi X; 3. acquisizione del profilo di durezza per determinare la profondità di nitrurazione efficace, con l’impiego di un durometro per prove di microdurezza Vickers, applicando un carico di 0.100 Kgf; 4. prova di usura in configurazione pin-on-disk, eseguita con un pin in allumina di diametro 6mm, carico costante di 10 N, velocità di strisciamento di 0.2 mm/s, per una distanza di 1000 m e in assenza di lubrificazione; 5. prova di corrosione accelerata (polarizzazione) secondo normativa ASTM-G5 per valutare la resistenza a corrosione in due diversi ambienti: soluzione di cloruro di sodio (NaCl) 3.5%m/m (che simula l’azione aggressiva degli ioni cloruro tipica di un’acqua marina) e soluzione di acido solforico (H2SO4) 0.5M (che simula un ambiente acido tipico da condensa in atmosfera La Metallurgia Italiana - n. 9 2018

Mo

V

W

0,75 1,25

0,20 0,30

0,70 1,25

industriale e che rappresenta l’ambiente tipico di prova per gli acciai inossidabili secondo normativa ASTM-G5); nelle prove di corrosione è stata esposta un’area superficiale di campione pari ad 1cm2 ed applicata una polarizzazione secondo il seguente ciclo: a) polarizzazione catodica dal potenziale di riposo del campione (Er) fino al potenziale (Er - 0.4)Va; b) polarizzazione catodica dal valore raggiunto precendemente, (Er - 0.4) V, fino al valore (Er + 1.6)Va; le velocità di scansione applicate sono di 0.0004 V/s e tutti i potenziali sono stati misurati rispetto ad un elettrodo di riferimento Ag/AgCl/KCl(saturo). RISULTATI E DISCUSSIONE In Figura 1a,b,c,d sono riportate le microstrutture ottenute in sezione (in prossimità della superficie) sui diversi provini nitrurati; le immagini, oltre a mostrare la tipica microstruttura austenitica per l’AISI304 e martensitica per l’AISI 422, permettono di valutare la profondità raggiunta dal trattamento di nitrurazione sui diversi acciai e con le due diverse tecniche. Per entrambi i materiali il trattamento NPNZ si dimostra molto più efficace in termini di profondità di trattamento (oltre 60 μm per AISI304, contro i circa 10 μm ottenuti con il trattamento NP, e quasi 100 31


Heat treatments & coatings μm per AISI422, contro i circa 15 μm ottenuti con il trattamento NP), anche se nel caso dell’acciaio a struttura martensitica si

nota la presenza di cricche subsuperficiali, che possono comportare il distacco degli strati nitrurati.

Nel caso della prova in H2SO4 i potenziali applicati sono diversi, per assicurarsi di raggiungere la completa transpassivazione dell’acciaio durante la prova: a) polarizzazione fino a (Er – 0.2)V; b) polarizzazione fino a (Er + 1.8)V

a

Fig. 1 – Micrografie SEM ottenute sulle sezioni dei campioni nitrurati AISI304 NP (a), AISI304 NPNZ (b), AISI422 NP (c) ed AISI422 NPNZ (d) / SEM micrographs acquired on the cross section of the following nitrided samples: AISI304 NP (a), AISI304 NPNZ (b), AISI422 NP (c), AISI422 NPNZ (d) I profilo di microdurezza HV, riportati in Figura 2a,b,c,d, confermano quanto osservato al microscopio, infatti nel caso della sola nitrurazione al plasma si ottiene una profondità di nitrurazione efficaceb, per entrambi i materiali, inferiore ai 40 μm.

Dopo il trattamento combinato si ottiene una profondità di nitrurazione efficace di circa 75 μm per l’acciaio AISI 304 e di circa 115 μm per l’AISI 422.

calcolata come distanza tra la superficie esterna dello strato indurito ed il punto in cui la durezza di questo assume il valore convenzionale di 100 HV superiore alla durezza a cuore del materiale b

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Trattamenti termici e rivestimenti

Fig. 2 – Profili di microdurezza HV0.1 ottenuti sulle sezioni dei campioni nitrurati AISI304 NP (a), AISI304 NPNZ (b), AISI422 NP (c) ed AISI422 NPNZ (d) / HV0.1 microhardness profiles obtained on the cross section of the following nitrided samples: AISI304 NP (a), AISI304 NPNZ (b), AISI422 NP (c), AISI422 NPNZ (d)

Dai risultati delle prove tribologiche, espressi come tasso di usura in Figura 3, si può notare come entrambi i trattamenti adottati (NP ed NPNZ) migliorino notevolmente le proprietà antiusura dei due materiali rispetto allo stato non trattato (NT), diminuendo il tasso di usura dei due materiali di oltre un ordine di grandezza. Il trattamento NPNZ si dimostra ancora una volta il più efficace, in quanto è in grado di portare entrambi gli acciai inossidabili al medesimo (ed estremamente ridotto) valore di tasso di usura (circa 1 x 10-6 mm3/Nm). Questo significa

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che con il trattamento combinato NPNZ è possibile ottenere uno strato di nitruri superficiali sufficientemente omogeneo e spesso per entrambi i materiali, eliminando le differenze fra i due acciai legate al contenuto di carbonio in termini di proprietà tribologiche; questo non accade invece con il semplice trattamento NP, dove seppur la nitrurazione determini una notevole riduzione del tasso di usura permane una supremazia dell’acciaio a matrice martensitici (e ricco di carbonio) rispetto all’AISI304.

33


Heat treatments & coatings

Fig. 3 –Tassi di usura calcolati per i diversi campioni nitrurati e confrontati con quelli dei relativi materiali non trattati, NT / Wear rates of the nitrided samples compared with the wear rate of the untreated materials, NT. In Figura 4 sono riportati i risultati delle prove di corrosione accelerata (curve di polarizzazione) ottenuti per i due materiali

nei diversi stati studiati (NT = non trattato, NP = nitrurazione al plasma, NPNZ = processo combinato ionico-gassoso).

Fig. 4 – Curve di polarizzazione ottenute per i diversi campioni in due ambienti di test (NaCl 3.5% in peso ed H2SO4 0.5M) / Polarization curves obtained for the different samples in two different testing solutions (NaCl 3.5% in weight and H2SO4 0.5M). 34

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Trattamenti termici e rivestimenti Dai grafici è possibile osservare come entrambi i trattamenti termochimici applicati (NP ed NPNZ) vadano a modificare in maniera contenuta la resistenza a corrosione dei due materiali in ambiente salino (NaCl 3.5%); il risultato può essere interpretato come un bilanciamento fra gli effetti di i) impoverimento di cromo della matrice (determinato dalla precipitazione di carburi di cromo e di nitruri di cromo durante il trattamento), che dovrebbe portare ad una notevole diminuzione dell’intervallo di passivazione dei due inossidabili, e di ii) arricchimento superficiale di azoto in soluzione solida, in grado di migliorare la resistenza a pitting del materiale come riportato nell’introduzione [3-8]. Questo è da considerare come un ottimo risultato, in quanto a fronte del notevole miglioramento delle proprietà tribologiche ottenuto il prezzo da pagare in termini di riduzione di resistenza a corrosione è estremamente contenuto in ambiente salino. Diversi i risultati in ambiente acido, in quanto in questo caso l’azoto in soluzione solida non porta benefici in termini di resistenza a corrosione, quindi prevale l’effetto di impoverimento di cromo che determina un notevole peggioramento della resistenza a corrosione dei due acciai (sia in termini di ampiezza dell’intervallo di passivazione che in termini di corrente media di passivazione); il trattamento più lungo (NPNZ), come logico aspettarsi, porta al peggioramento più marcato (in quanto si

può ipotizzare che la precipitazione di nitruri e carburi di cromo sia maggiore incrementando il tempo di permanenza dei materiali ad alta T in atmosfera nitrurante). CONCLUSIONI I risultati ottenuti permettono di affermare che l’innovativo trattamento combinato di nitrurazione ionica-gassosa (siglato NPNZ) applicato ad acciai inossidabili sia a matrice austenitica (AISI304) che matensitica (AISI422) porta a: - un notevole incremento della profondità di nitrurazione efficace, con conseguente netto miglioramento delle proprietà tribologiche (tasso di usura) dei materiali, soprattutto per quanto riguarda l’AISI304; - una resistenza a corrosione in ambiente salino (NaCl 3.5%) pressoché invariata rispetto ai materiali non trattati, grazie alla presenza di azoto in soluzione solida in grado di ostacolare il meccanismo di corrosione di tipo pitting; - un netto peggioramento, atteso, della resistenza a corrosione in ambiente acido (H2SO4 0.5M), in quanto in tale ambiente il meccanismo di corrosione (generalizzata) non trova beneficio nella presenza di azoto in soluzione solida, ma è legato soprattutto alla quantità di cromo disponibile in matrice per la passivazione superficiale, quantità sicuramente ridotta a causa della formazione di carburi e nitruri di cromo in fase di nitrurazione.

BIBLIOGRAFIA [1]

R. Giovanardi, G. Poli, P. Veronesi, G. Parigi, N. Raffaelli. Trattamenti termochimici di nitrurazione e post-ossidazione su acciai 17-4PH: ottimizzazione dei parametri di processo per massimizzare la resistenza a corrosione. La Metallurgia Italiana 2015;107:15-23.

[2]

R. Giovanardi, G. Poli, P. Veronesi, G. Parigi. Trattamenti termochimici di nitrurazione ionica su acciai inossidabili: ottimizzazione dei parametri di processo per massimizzare la resistenza a corrosione. Giornate nazionali sulla corrosione e protezione XI edizione. 2015 Jun 15-17 Ferrara.

[3]

C.X. Li , T. Bell, Corrosion properties of active screen plasma nitrided 316 austenitic stainless steel. Corrosion Science 2004;46:1527-1547.

[4]

S.D. Chyou, H.C. Shih, The Effect of Nitrogen on the Corrosion of Plasma-Nitrided 4140 Steel. Corrosion 1991;47:31-34.

[5]

H.J. Grabke, The Role of Nitrogen in the Corrosion of Iron and Steels. ISIJ International 1996;36:777-786.

[6]

I. Olefjord, L. Wegrelius, The influence of nitrogen on the passivation of stainless steels. Corrosion Science 1996;38:1203-1220.

[7]

H. Baba, T. Kodama, Y. Katada, Role of nitrogen on the corrosion behavior of austenitic stainless steels. Corrosion Science 2002;44:2393-2407.

[8]

U. Kamachi Mudali, P. Shankar, S. Ningshen, R.K. Dayal, H.S. Khatak, B. Raj, On the pitting corrosion resistance of nitrogen alloyed cold worked austenitic stainless steels. Corrosion Science 2002; 44:2183-2198.

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Heat treatments & coatings

Nitriding of stainless steels: combined plasma-gaseous process R. Giovanardi, P. Veronesi, R. Sola, L. Borg, G. Parigi

In this work a combined process for the nitriding of stainless steels was developed, applying a first plasma nitriding treatment, which acts as an "activator" of the surface, then followed by a gaseous nitriding step, to increase the diffusion of the nitrogen and therefore the penetration of the treatment. The substrates for the process are two different stainless steels, AISI 304 and AISI 422, subjected to the single treatment of plasma nitriding (NP) and to the combined treatment of plasma nitriding followed by gaseous nitriding (NPNZ). The samples obtained were characterized (and compared with the two non-treated materials, NT) by cross-section micro-hardness profiles, metallographic analysis (SEM), wear tests (pin-on-disk tribometer) and accelerated corrosion tests (polarizations in acidic environment, H2SO4, and neutral saline, NaCl). The results obtained confirm that the combined treatment (NPNZ) is able to significantly increase the hardening depths, without excessively compromising the corrosion resistance in chlorides of the tested steels.

KEYWORDS: NITRIDING – STAINLESS STEELS – CORROSION

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Trattamenti termici e rivestimenti

Effetto della velocità di raffreddamento dopo solubilizzazione nei trattamenti termici T6 e T7 sulle proprietà meccaniche della lega EN AC-42000 D. Cico, E. Gianotti Lo scopo di questo lavoro è evidenziare l’influenza della velocità di raffreddamento della lega EN AC-42000 durante la fase di spegnimento successivo alla solubilizzazione ed invecchiamento come prevista nei processi denominati T6 (Solubilizzazione ed invecchiamento artificiale) e T7 (Solubilizzazione e sovra-invecchiamento) e la conseguente caratterizzazione dello stato metallurgico ottenuto mediante prove meccaniche, prove di durezza Brinell, prova di trazione uniassiale, analisi micrografica ed analisi della frattura mediante microscopia elettronica a scansione. Sono state prese in considerazione le seguenti procedure di spegnimento dopo tempra di solubilizzazione: . raffreddamento in aria forzata . raffreddamento in acqua nebulizzata (doccia) . spegnimento in acqua

PAROLE CHIAVE: TRATTAMENTO TERMICO - PROPRIETÀ MECCANICHE - MICROSTRUTTURA

INTRODUZIONE Le leghe di alluminio hanno visto negli ultimi anni un forte incremento nell’utilizzo in campo automobilistico per l’eccellente resistenza rapportata al peso dei manufatti prodotti. Difatti, una delle principali sfide nel campo automotive è l’alleggerimento del veicolo in virtù dell’impatto ambientale delle autovetture. I materiali leggeri, ed in particolare l’alluminio, offrono la possibilità concreta di venire incontro alle richieste di vetture più leggere che comportano di conseguenza minori consumi di combustibile e, quindi, minore immissione di gas combusti nell’atmosfera. Le leghe fonderia tra cui per esempio le Al-Si (e derivate Al-Si-Mg) scelte per la loro eccellente colabilità, sono fabbricate tramite diversi processi di colata, tra i quali quello in conchiglia oppure sotto pressione. Successivamente tali leghe sono sottoposte a trattamento termico per massimizzare le proprietà meccaniche ottenibili. Il tutto viene effettuato attraverso un indurimento per solubilizzazione e precipitazione. Il trattamento di solubilizzazione mira ad ottenere una microstruttura il più omogenea possibile, solubilizzando tutti gli elementi di lega (soluto) all’interno della matrice, ed il successivo invecchiamento induce i precipitati per nucleazione ed accrescimento, al fine di ottenere un indurimento per precipitazione.

Fig. 1 – Sample size used for the heat treatment tests: 50x70x30 mm

D. Cico, E. Gianotti TRATTAMENTI TERMICI FERIOLI & GIANOTTI S.p.A, Via Asti 80, 10098, Cascine Vica (TO)

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Heat treatments & coatings CARATTERIZZAZIONE DEL MATERIALE DI PARTENZA Per questo lavoro abbiamo utilizzato una lega da fonderia EN-AC 42000. Le leghe alluminio silicio forniscono una buona combinazione di colabilità e proprietà meccaniche. Per tale motivo sono utilizzate ampiamente nell’ industria automobilistica e aerospaziale. L’aggiunta del silicio è importante per

aumentarne la fluidità e quindi la colabilità del materiale. Nelle leghe al Magnesio, quest’ultimo, a seguito dei trattamenti T6 e T7, conferisce una elevata resistenza meccanica, sufficiente duttilità ed una buona resistenza alla corrosione. In prima fase si è analizzata la composizione chimica della lega mediante tecnica O.E.S. (Optical Emission Spectroscopy).

Tab. 1 – Composizione chimica della lega utilizzata / Chemical composition of the alloy

Fe

Si

Mn

Ni

Ti

Cu

Pb

Mg

Zn

Sn

0.14

6.97

0.007

0.012

0.13

0.002

0.002

0.323

0.004

0.002

Le proprietà meccaniche dei getti sono strettamente legate alla microstruttura del materiale che è determinata da composizione chimica e condizioni di colata del getto. È quindi importante valutare i parametri strutturali del getto di partenza. Abbiamo eseguito una misura preliminare dello SDAS (secondary dendrite arm spacing), distanza tra i rami dendritici secondari ben individuabili nella fase primaria α-aluminio dei getti. Il valore dello SDAS è strettamente correlato al tempo di solidificazione, ovvero al diminuire del tempo di solidificazione si

ha una diminuzione dello SDAS e quindi una struttura più fine. Lo SDAS medio misurato sui campioni in esame è stato rilevato intorno ai 20-25 micron. La qualità delle proprietà ottenute dal trattamento termico sono strettamente legate alla qualità della fusione del materiale di partenza è quindi importante valutarne la presenza di difetti. Durante l’analisi del materiale di partenza non sono state rilevati particolari difetti all’interno del getto (cavità ritiro, microporosità da gas o presenza di fasi indesiderate) [5].

Fig. 2 – Microstruttura della lega allo stato di colata. Per valutazione SDAS e individuazione eventuali difetti / Microstructure of the alloy in the as-cast state. For SDAS evaluation and identification of possible defects. Trattamento termico Per valutare l’effetto della velocità di spegnimento dopo solubilizzazione sono stati eseguiti dei trattamenti T6 (tempra di solubilizzazione ed invecchiamento artificiale) e T7 (tempra di solubilizzazione e sovra-invecchiamento) per valutare le differenze riguardanti le proprietà meccaniche. Per le prove di trattamento è stato utilizzato un forno continuo di classe 4 con uniformità di ±10°C dotato di tre sistemi per il raffreddamento dopo solubilizzazione (tempra in acqua, sistema di doccia mediante acqua nebulizzata, sistema di raffreddamento in aria forzata.). 38

In seguito alla solubilizzazione i particolari vengono trasportati automaticamente nella camera di preriscaldo del forno di invecchiamento in classe 2 uniformità di ±6°C. Il trattamento eseguito sui campioni è composto da un primo processo di solubilizzazione 530°C per 8 h seguito da invecchiamento artificiale di 160°C per 5 ore (trattamento T6) e invecchiamento di 230°C per 5 ore (trattamento T7). Trattamento di tempra di solubilizzazione La tempra consiste in un raffreddamento rapido della lega da La Metallurgia Italiana - n. 9 2018


Trattamenti termici e rivestimenti

Invecchiamento artificiale Il processo di invecchiamento artificiale consiste nel mantenimento di una lega allo stato di soprassaturazione ad una certa temperatura tale da indurre precipitazione critica dei componenti solubilizzati. L’indurimento avviene secondo le seguenti fasi: 1) formazione agglomerati atomici di soluto detti “zone GP (Guiner e Preston), 2) formazione di agglomerati più densi e precipitati stabili indurenti a partire dalle zone GP, 3) generazione a partire dalla fase precedente di un precipitato semi coerente con la matrice di alluminio che per fenomeno microstrutturale di rafforzamento produce durezza e l’aumento delle caratteristiche meccaniche. Il prolungamento eccessivo di questo processo incide sulle dimensioni dei precipitati in modo tale

i da produrre un decadimento dell’effetto di indurimento [2]. Il massimo dell’indurimento viene quindi ottenuto quando la concentrazione di zone di GP e precipitati fini in dispersione critica per unità di volume è massima. Ciò avviene per effetto dei movimenti delle dislocazioni esercitato da tali disomogeneità. In conclusione l’indurimento dovuto al processo di invecchiamento di una lega soprassatura è una conseguenza di fenomeni di riprecipitazione di composti caratterizzati da proprietà indurenti in ragione della propria natura e della possibilità di precipitare con le modalità descritte in precedenza. Anche variazioni piccole dei componenti di alligazione possono indurre a non lievi variazioni sull’andamento delle curve relative alle caratteristiche fisico meccaniche ottenibili [2] [4]. Le leghe nello stato metallurgico T7 sono definite sovra invecchiate. Tale trattamento viene utilizzato nei casi in cui risulta particolarmente critica la stabilità dimensionale e termodinamica soprattutto per particolari operanti ad alte temperature e per minimizzare eventuali stress residui e quindi ottimizzare le lavorazioni meccaniche successive e diminuire l’infragilimento del componente [7]. Il controllo dei trattamenti termici è avvenuto mediante l’inserimento di termocoppie annegate all’interno dei quattro campioni sistemati ai vertici ed al centro del “Rack” sottoposto al trattamento termico. Le velocità di tempra misurate risultano di 8 minuti per raffreddamento in aria forzata (Fig.3), 1’ 04’’ per acqua nebulizzata (Fig.4) e 13’’ per lo spegnimento in acqua (Fig.5).

Fig. 3 – Velocità di raffreddamento dei campioni sottoposti a spegnimento in aria forzata / Cooling rate of samples subjected to forced air quench

Fig. 4 – Velocità di raffreddamento dei campioni sottoposti a spegnimento doccia / Cooling rate of samples subjected to nebulized water quench

una temperatura determinata fino alla temperatura ambiente. La temperatura di solubilizzazione viene scelta al gradiente ottimale per solubilizzare la massima parte possibile dell’elemento indurente. L’obiettivo di tale trattamento è massimizzare il tenore in soluzione degli elementi di lega il cui trattamento successivo di invecchiamento farà precipitare finemente all’interno della matrice di alluminio. La permanenza alla temperatura di solubilizzazione deve essere sufficientemente lunga da permettere di solubilizzare la totalità degli elementi in lega. Tale parametro deve tenere conto del tipo di lega e delle fasi di processo precedenti di fabbricazione quali fusione, pressofusione, lavorazione plastica e dimensione dei pezzi [6] [2].

Fig. 5 – Velocità di raffreddamento dei campioni sottoposti a spegnimento in acqua / Cooling rate of samples subjected to water quench La Metallurgia Italiana - n. 9 2018

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Heat treatments & coatings Velocità di raffreddamento Nello svolgimento della tempra di solubilizzazione la velocità di raffreddamento gioca un ruolo fondamentale nell’ottenere una soluzione solida soprassatura senza inizio di precipitazione. Tale velocità è detta velocità critica di tempra. In funzione del metodo di spegnimento si possono sottoporre i particolari a diverse “drasticità di tempra”; la tempra mediante immersione in liquido risulta il metodo più efficiente per la dissipazione del calore accumulato, mentre si ottengono raffreddamenti più lenti con il metodo di aria forzata. In questo caso il particolare è sottoposto all’azione di un sistema di corrente d’aria che dissipa il calore per conduzione. Con quest’ultimo sistema si realizza un gradiente termico di raffreddamento modesto rispetto a quello ottenibile con tempra in liquido permettendo quindi di realizzare una tempra meno drastica. Un metodo intermedio ai due precedenti consiste nel raffreddare i pezzi estratti dal forno mediante nebulizzazione di acqua (fog quenches)[4]. La drasticità di tempra più elevata è la condizione migliore per trattenere la massima parte di costituenti attivi, conferendo così ottime proprietà meccaniche e resistenza a corrosione. Tuttavia può indurre ad elevati stati tensionali e deformazioni

per le quali le procedure di recupero risultano a volte molto costose, quando e se applicabili. Le tensioni che si generano nelle leghe di alluminio sono esaltate dalla diversa velocità di raffreddamento tra superficie ed il cuore, fra sezioni di spessore diverso nello stesso pezzo e dal decadimento delle caratteristiche di plasticità del materiale man mano che la temperatura diminuisce [2]. Caratterizzazione del materiale dopo trattamento termico A eseguito dei trattamenti termici eseguiti con tempre di solubilizzazione diverse si è proceduto alla verifica e comparazione dei diversi stati metallurgici della medesima lega. La microstruttura è stata riscontrata composta da α-Alluminio ed eutettico alluminio-silicio. La distribuzione dell’eutettico alluminiosilicio risulta globulare ed uniforme per i tre casi. La verifica dei fenomeni di riprecipitazione viene solitamente condotta per via indiretta, mediante prove meccaniche a causa delle dimensioni dei precipitati fini responsabili dei fenomeni di invecchiamento che vanno ben al di sotto del limite risolutivo imposto dai sistemi ottici utilizzati nella metallografia ottica classica [4].

Fig. 6 – Microstruttura del campione nello stato di colata/ Microstructure of the alloy in the as-cast state.

Fig. 7 – Microstruttura del campione dopo trattamento T6 (con spegnimento in doccia) / Microstructure of the sample after T6 treatment (with nebulized water cooling after solubilization)

Fig. 8 – Microstruttura del campione dopo trattamento T6 (con spegnimento acqua) / Microstructure of the sample after T6 treatment (with cooling in water tank after solubilization)

Fig. 9 – Microstruttura del campione dopo trattamento T6 (con spegnimento in aria forzata) / Microstructure of the sample after T6 treatment (with colling in forced air system)

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Trattamenti termici e rivestimenti Tab. 2 – Prove di trazione eseguite sui provini sottoposti a trattamento termico (T6 / T7) al variare del metodo di raffreddamento dopo solubilizzazione / Tensile tests performed on specimens subjected to heat treatment (T6 / T7) as the cooling method varies after solubilization. Campioni (stato T6)

Rm

Rp 0,2

A%

Campioni (stato T7)

Rm

Rp 0,2

A%

Spegnimento in acqua

325

253

13.8

Spegnimento in acqua

233

183

15.2

Spegnimento doccia

260

162

16.5

Spegnimento doccia

221

170

14.6

Spegnimento aria forza

244

156

14.3

Spegnimento aria forza

219

170

13.8

Tab. 3 – Prove di durezza (HBW 10/1000) eseguite sui provini sottoposti a trattamento termico (T6/T7) al variare del metodo di raffreddamento dopo solubilizzazione / Hardness tests (HBW 10/1000) performed on specimens subjected to heat treatment (T6 / T7) as the cooling method varies after solubilization. Campioni (stato T6)

HBW

Campioni (stato T7)

HBW

Spegnimento in acqua

103-105

Spegnimento in acqua

73-76

Spegnimento doccia

79-81

Spegnimento doccia

71-74

Spegnimento aria forza

76-77

Spegnimento aria forza

70-73

Morfologia di frattura mediante Microscopio elettronico a scansione SEM (presso Laboratorio metallurgico TT Ferioli Gianotti SpA) Abbiamo osservato la superficie di frattura di due provini dopo le prove meccaniche di trazione mediante microscopio elettronico a scansione per valutare la morfologia della frattura e valutarne eventualmente le differenze. Entrambi i provini sotto-

posti all’esame presentano una morfologia di tipo misto (Brittle ductile - cellular fracture) ovvero presentano simultaneamente elementi tipici sia del clivaggio sia della frattura plastica. Questo tipo di frattura è tipico delle leghe leggere soggette a modifica allo stato solido o trattate termicamente. La morfologia a frattura di tali leghe è fortemente influenzata dalla frazione in volume, dalla distribuzione e forma del silicio [3].

Fig. 10 – Superficie di frattura campione sottoposto a prova di trazione (trattamento T6 spegnimento in acqua) / Surface fracture of sample subjected to tensile testing (after treatment T6 water cooling).

Fig. 11 – Superficie di frattura campione sottoposto a prova di trazione (trattamento T6 spegnimento in aria forzata) / Surface fracture of sample subjected to tensile test (after treatment T6 forced air cooling).

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Heat treatments & coatings Tensioni residue Sono state effettuate delle analisi per valutare le tensioni residue dei campioni dopo trattamento termico mediante tecniche non distruttive di diffrattometria a raggi X (XRD). La tecnica si basa sul principio secondo il quale un metallo presenterà una distorsione del reticolo cristallino se sottoposto ad uno sforzo. La valutazione viene elaborata sfruttando la misura degli angoli di diffrazione e l’ampiezza del picco di diffrazione che permettono la valutazione delle tensioni residue. Le tensioni residue rilevate risultano in trazione di 7 MPa per il campione con spegnimento in acqua e 5 MPa per campione con spegnimento in aria forzata. Conclusioni La tempra in acqua ha presentato migliori caratteristiche meccaniche sui particolari sottoposti a trattamento termico, ma può presentare controindicazioni riguardo le tensioni residue

interne e le distorsioni nel caso di geometrie complesse. I metodi di spegnimento in acqua nebulizzata oppure aria forzata producono proprietà meccaniche meno brillati ma con minor rischio di rotture o tensionamenti del materiale. Riassumendo, è importante quindi conoscere la qualità strutturale del materiale di partenza in termini di difetti e finezza della microstruttura e valutare il metodo di spegnimento opportuno durante il T6 - T7 in funzione della geometria e lo spessore del particolare. Tale accorgimento è necessario per ottenere il miglior compromesso possibile tra caratteristiche meccaniche/stabilità alla corrosione ed eventuali variazioni dimensionali. Possiamo quindi concludere che la scelta del trattamento T6 - T7 con diverse opportunità di velocità di raffreddamento a seguito della solubilizzazione è subordinata alla complessità della figura della fusione, ai rischi di deformazione ed alle tensioni residue a seconda della criticità del componente costruito in lega di alluminio.

BIBLIOGRAFIA 1]

Veschi D. L’alluminio e le leghe leggere, Milano, 2014, 51-58 p.

2]

Cabibbo M. Leghe e metalli non ferrosi, 2016, 67-74 p.

3]

Warmuzek M. Aluminium Silicon Casting Alloys. Atlas of Microfractographs, ASM International, 2004 16-126 p.

4]

Panseri C. Manuale di fonderia dell’alluminio III Ed, Milano, 1996, 158-184 p.

5]

Donnini R, Montanari R, Vedani M. Tenacità e resistenza a fatica delle leghe metalliche, AIM, 2011, 285-301 p.

6]

Gianotti E. Alluminio e le sue leghe, Classificazione e trattamenti termici, 2006 Torino, Avaible from: https://www.gianottielio. it/pubblicazioni-59910.php.html

7] 42

AA.VV. ASM Handbook, Volume 4 Heat Treating, ASM International, 1991, 1923-1924 p. La Metallurgia Italiana - n. 9 2018


Trattamenti termici e rivestimenti

Effect of the cooling rate after solubilization in the T6 and T7 heat treatments on the mechanical properties of the EN AC-42000 alloy The aim of this work is to highlight the influence of the cooling speed on the EN AC-42000 alloy after the execution of the T6 treatments (solubilization and artificial aging) and T7 (solubilization, and artificial over-aging) and the subsequent characterization of the metallurgical state obtained by means of mechanical tests: Brinell hardness tests, uniaxial traction test, micrographic analysis and fracture’s analysis with scanning electron microscopy on the tensile test specimen following uniaxial traction test. The following procedures of cooling rate after solution quench have been taken into consideration: forced air, nebulized water (shower), and in water tank quench.

KEYWORDS: HEAT TREATMENT – MECHANICAL PROPERTIES – MICROSTRUCTURE

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Giornata di Studio valida come aggiornamento per ASPP e RSPP

Giornata di Studio

La sorveglianza sanitaria ed epidemiologica nel settore metallurgico tra tutela del lavoratore e del datore di lavoro 25 ottobre 2018

Brescia c/o Associazione Industriale Bresciana Organizzata da

Con il patrocinio di

CENTRO DI STUDIO AMBIENTE E SICUREZZA L’obiettivo della Giornata di Studio è quello di affrontare i temi legati alla gestione della sorveglianza sanitaria di idoneità, limitazioni, proponendo sintesi di carattere normativo e giudiziario, nonché alcune soluzioni concrete adottate dalle aziende che sono riuscite a conciliare il pieno rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro con le difficoltà operative che spesso sorgono in realtà articolate e complesse come le aziende metallurgiche. L’iniziativa è rivolta in particolare ai Direttori Operativi e/o Tecnici di Stabilimento, ai Responsabili di Produzione e dei Servizi di Manutenzione Meccanica o Elettrica, a tutti i Preposti che non hanno una competenza specifica in medicina del lavoro, ma si trovano quotidianamente a dover gestire comunque collaboratori nei loro reparti di competenza. Inoltre la Giornata di Studio si rivolge ai Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), agli Addetti al Servizio di Prevenzione e Protezione (ASPP), ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) ed ai Medici Competenti (MC). La manifestazione si articola secondo la consolidata formula che prevede l’integrazione tra la presentazione di alcune tematiche da un punto di vista tecnico e normativo ed il confronto con i tecnici che li gestiscono attraverso casi concreti di applicazione: questa impostazione consente ai partecipanti di aggiornare le proprie conoscenze teoriche e nello stesso tempo di osservare soluzioni implementate da alcune aziende operanti nel settore siderurgico/metallurgico. Coordinatori: Maurizio Zanforlin, Ettore Bordon

#aggiornamento #formazione #salute #tutela #lavoro #sicurezza #rspp #aspp 44

programma completo e iscrizioni su

www.aimnet.it

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Le manifestazioni AIM AIM meetings and events 2018

EOSC 2018 - 8TH EUROPEAN OXYGEN

LA PRODUZIONE DI GETTI PER APPLICAZIONI

STEELMAKING CONFERENCE

STRUTTURALI. ASPETTI METALLURGICI E DI PROCESSO

Convegno Internazionale

GdS - Centro P

Taranto, 10-12 ottobre

Travagliato (BS) c/o IDRA, 9 novembre

TRATTAMENTI TERMICI DEGLI ACCIAI PER STAMPI A

RIVESTIMENTI - 1° modulo Rivestimenti

CALDO E A FREDDO PER IL SETTORE AUTOMOTIVE

PVD e CVD

GdS - Centro TTM Ivrea c/o Confindustria Canavese, 11 ottobre GLI ACCIAI INOSSIDABILI - 10a EDIZIONE Corso - SEGR Milano, 17-18-24-25 ottobre/7-8-14-15 novembre

Corso modulare - Centro R Roma, 14-15 novembre FAILURE ANALYSIS Corso - Centro CCP 20-21-28-29 novembre

RISCHIO AZIENDALE E CONTRATTUALE GdS - Centri FOR e A

UTENSILI DIAMANTATI

Milano, 24 ottobre

GdS - Centro MP Vicenza, 22 novembre

LA SORVEGLIANZA SANITARIA ED EPIDEMIOLOGICA NEL SETTORE METALLURGICO TRA TUTELA DEL

CLEAN TECH - 4TH EUROPEAN CONFERENCE ON

LAVORATORE E DEL DATORE DI LAVORO

CLEAN TEHNOLOGIES IN THE STEEL INDUSTRY

GdS - Centro AS

Convegno Internazionale

Brescia, 25 ottobre

Bergamo, 28-29 novembre

OTTIMIZZAZIONE DEI TRATTAMENTI TERMOCHIMICI E DEI PROESSI MECCANICI NELL’INDUSTRIA MECCANICA GdS - Centro TTM

CREEP Corso - Centro ME Milano, 11-12 dicembre

Provaglio d’Iseo c/o GEFRAN, 8 novembre

Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Segreteria AIM e-mail: info@aimnet.it oppure visitare il sito internet www.aimnet.it

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Industry news La simulazione virtuale applicata ai trattamenti termici di forgiati a cura di: E. Anelli, M. Lucchesi, A. Chugaeva Nell’ambito di un progetto pluriennale di ricerca e sviluppo, diretto allo sviluppo di componenti forgiati a prestazioni migliorate, è in corso la messa a punto e l’applicazione di strumenti di calcolo per prevedere l’evoluzione termica e microstrutturale durante il trattamento termico. In questo lavoro, dopo una descrizione degli approcci modellistici, attraverso alcuni esempi di simulazioni virtuali, si discutono le condizioni di trattamento termico ottimale per forgiati di grosse dimensioni in acciai medio e alto legati. Con riferimento a componenti forgiati per applicazioni in campo energetico e dell’oil & gas, sono analizzati i seguenti aspetti: drasticità di diversi fluidi di tempra industriali; previsione della microstruttura dopo tempra e delle durezze, queste ultime anche dopo trattamento di rinvenimento; disegno delle modalità di trattamento termico al fine di ridurre il rischio di cricche da tempra.

PAROLE CHIAVE: FORGIATI – TEMPRA – RINVENIMENTO – MODELLI TERMO-MICROSTRUTTURALI – TRASFORMAZIONI DI FASE – FLUIDI DI TEMPRA – STATO TENSIONALE

Ettore Anelli, Michele Lucchesi, Angelina Chugaeva Franchini Acciai S.p.A., Mairano (BS)

INTRODUZIONE Nell’ambito del progetto pluriennale “INNOCOMP”, diretto allo sviluppo di componenti forgiati ad alte prestazioni è in corso la messa a punto e l’applicazione di strumenti di calcolo per prevedere l’evoluzione termica e microstrutturale durante il trattamento termico. Il progetto nasce all’interno di un piano di investimenti per una nuova manifattura capace di sistemi produttivi ad alta efficienza, in grado di fabbricare prodotti personalizzati ispirati a criteri di sostenibilità ambientale. In particolare, si sono: . Implementate le linee esistenti per poter trattare grandi pezzi forgiati con sistemi di movimentazione e di riscaldamento ad alta automazione e con ridotto impatto ambientale ed energetico (forni dotati di bruciatori autorecuperativi, a bassi consumi ed emissioni ridotte; caricatrici indipendenti automatiche; vasche di tempra ad agitazione controllata), con miglioramento della sicurezza degli operatori; . Introdotti strumenti di calcolo per avere elementi utili per stabilire le condizioni di processo ottimali per garantire il raggiungimento delle caratteristiche microstrutturali e delle proprietà meccaniche richieste ed evitare distorsioni eccessive o 46

la formazione di cricche da tempra in manufatti critici. Dopo una descrizione degli approcci modellistici e delle attività per la loro specializzazione e validazione agli acciai di interesse e agli impianti in dotazione, attraverso alcuni esempi di simulazioni virtuali, si discutono le condizioni di trattamento termico ottimale per grossi forgiati. Sono anche mostrate le capacità di questi software nella previsione dell’effetto delle modalità di trattamento termico sulla microstruttura e sulla durezza, ottenendo indicazioni sull’omogeneità nello spessore/raggio, senza dover ricorrere a prove industriali per la messa a punto del processo al fine di raggiungere per un dato acciaio i requisiti chiesti dal cliente. MODELLI PREVISIONALI Sono stati sviluppati e messi a punto vari algoritmi per calcolare a partire dai parametri di processo macro disponibili (ad esempio condizioni di riscaldamento, condizioni di raffreddamento), l’evoluzione termica e microstrutturale dei manufatti in vari punti, a diversi stadi del processo. In primo luogo è stato sviluppato un modello termico proprietario (Franchini-HT), bidimensionale, che utilizza come La Metallurgia Italiana - n. 9 2018


Attualità industriale solutore del campo termico un algoritmo ai Volumi Finiti in cui la mesh di calcolo è generata con un sistema automatico. Tale modello è specifico per manufatti di forma semplice (cilindrica piena, cilindrica cava, parallelepipeda), adatto a prevedere l’evoluzione termo-microstrutturale di barre, tubi e piastre. La microstruttura può essere calcolata con due approcci: a) In caso di raffreddamento continuo e acciai basso-medio legati, note le velocità medie di raffreddamento in un punto, la microstruttura si calcola in base alle velocità critiche per la formazione di definite frazioni di costituenti microstrutturali stabilite mediante formule empiriche (1,2) e metodi di interpolazione; b) in caso di raffreddamento discontinuo (es. tempra scalare), si effettua un calcolo termico-metallurgico accoppiato, mediante approccio semi-empirico in cui la cinetica della trasformazione di fase è descritta a partire dai diagrammi di trasformazione isoterma. Allo stato attuale, le formulazioni per descrivere l’evoluzione temporale della microstruttura, si basano nel caso di costituenti derivanti da processi diffusivi (ad esempio ferrite, perlite) su relazioni quali la legge di Johnson-Mehl-Avrami (3), mentre per l’evoluzione della martensite, dipendente solo dal sottoraffreddamento rispetto alla temperatura critica di inizio formazione M S, viene descritta con leggi come quella proposta da KoistinenMarburger (3,4), adatte a processi atermici. La procedura consiste nella valutazione del tempo di incubazione per l’inizio di ciascuna trasformazione di tipo diffusivo. L’inizio della trasformazione di fase è calcolato in base alla legge di additività di Scheil (5). Successivamente l’entità della frazione trasformata è calcolata approssimando il profilo termico tempo-temperatura con una sequenza di intervalli tempo

sufficientemente brevi da consentire di assumere che il processo avvenga in condizioni isoterme. L’approccio è stato adottato estensivamente e molti esempi possono essere trovati in letteratura (3,6,7), dove vengono anche analizzati gli aspetti teorici. Il modello proprietario è in grado di prevedere con tempi di calcolo di alcune decine di minuti, l’evoluzione termica e microstrutturale nel raffreddamento ed è stato dotato di un modulo in grado di stimare le durezze in relazione alle frazioni in volume dei costituenti microstrutturali formatisi dopo raffreddamento/tempra e anche dopo rinvenimento, utilizzando le equazioni empiriche proposte da Maynier et al. (7,8) e assumendo valida la regola delle miscele. Il modello proprietario è stato predisposto anche per il calcolo della precipitazione, noti i diagrammi isotermi PTT (Precipitazione-Temperatura-Tempo). Parallelamente, è stato specializzato ed applicato il software commerciale DeformTM-HT (versione 11.2, Scientific Forming Technology Corporation, Columbus, Ohio, USA), agli elementi finiti, tridimensionale, per la descrizione dell’evoluzione termica e microstrutturale di manufatti di forma complessa, quali alberi/rotori a sezione variabile, componenti per l’industria dell’oil&gas (christmas tree, BOP, corpi valvola, ecc.). DeformTM-HT, consente di eseguire un calcolo termo-microstrutturale-meccanico e quindi di arrivare a calcolare anche lo stato tensionale durante il trattamento termico, anche se con tempi di calcolo necessariamente dell’ordine delle ore. Attualmente, la precipitazione di carburi o di composti intermetallici e la previsione della durezza dopo trattamento di rinvenimento non sono incluse in questo software commerciale. Un confronto tra le principali caratteristiche dei due modelli è mostrato in Tab.1.

Tab. 1 – Caratteristiche dei due modelli previsionali/ Characteristics of the two prediction models Caratteristica/Feature

DeformTM-HT

Franchini-HT

Calcolo termico/Thermal calculation

Si/Yes

Si/Yes

Calcolo frazioni costituenti microstrutturali/Calculation of microstructural constituents fractions

Si/Yes

Si/Yes

Calcolo precipitazione/Precipitation calculation

No

Si/Yes

Calcolo dello stato tensionale/Calculation of stress state

Si/Yes

No

Calcolo durezze a fine tempra/Calculation of hardness after quenching

Si/Yes

Si/Yes

Calcolo durezze a fine rinvenimento/Calculation of hardness after tempering

No

Si/Yes

Tipico tempo di calcolo/Typical run time

Ore/Hours

Minuti/Minutes

La Metallurgia Italiana - n. 9 2018

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Industry news Per i diversi acciai di interesse si è proceduto a recuperare dalla letteratura tecnica oppure a calcolare mediante il software J-Mat-Pro (Sente Software Ltd., Surrey, United Kingdom) da un lato i dati termo-fisici (quali calore specifico, conducibilità termica, calore di trasformazione di fase, ecc.) in funzione della temperatura e della tipologia delle fasi presenti, dall’altro i diagrammi di trasformazione isoterma (TTT) e in raffreddamento continuo (CCT), i primi per utilizzarli come dato di input ed i secondi per la validazione degli algoritmi di calcolo per le microstrutture e le durezze dopo raffreddamento. Mentre il software J-Mat-Pro nel calcolo dei diagrammi TTT tiene conto della dimensione del grano, qualora si avessero dei diagrammi TTT sperimentali determinati per una dimensione media dei grani austenitici sensibilmente diversa da quella derivante dal trattamento da simulare, è necessario traslare le curve TTT sperimentali in relazione alla dimensione di interesse. A tal fine è stato sviluppato un algoritmo basato sull’approccio proposto da Kirkaldy (6), in cui il contributo della dimensione del grano al tempo di inizio

trasformazione viene espresso come un fattore 2 N/8 dove N è la dimensione del grano come numero ASTM. DETERMINAZIONE DEL COEFFICIENTE DI SCAMBIO TERMICO Per una stima attendibile dell’evoluzione termica dei componenti durante la tempra industriale è fondamentale conoscere la dipendenza del coefficiente di scambio termico dalla temperatura superficiale del pezzo e dai parametri di processo come la percentuale di polimero nell’acqua e l’agitazione del fluido di tempra. Vari fluidi di tempra sono stati caratterizzati misurando l’andamento della temperatura di una sonda cilindrica in lega IN600 di geometria standard quando immerso in laboratorio nei fluidi (soluzioni di acqua e polimeri in percentuali dal 5% al 35%) in condizioni controllate (metodo Tensi secondo norma ASTM D6482). In particolare, si sono misurati parametri come la velocità di raffreddamento massima e quella a 300 °C. In Fig.1 sono mostrati alcuni esempi dei valori misurati.

Fig. 1 – Velocità di raffreddamento massima (a) e a 300 °C (b) in funzione della percentuale di polimero per vari prodotti industriali / Maximum cooling rate (a) and cooling rate at 300 °C (b) as a function of polymer percentage for various industrial products Le differenze di velocità di raffreddamento riscontrate a parità di percentuale di polimero sono da mettere in relazione con la formulazione del polimero e con il suo tempo in servizio. Infatti, anche se si eseguono periodicamente dei rimbocchi, il polimero durante il suo utilizzo tende a modificare le sue proprietà fisiche, rompendosi le catene polimeriche iniziali. Per vari casi di interesse industriale, si sono individuate le funzioni descrittive del coefficiente di scambio

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termico in relazione alla temperatura superficiale, da dare come input ai modelli termici. Il “reverse engineering” delle curve di raffreddamento è stato effettuato utilizzando il modello agli elementi finiti per descrivere la geometria della sonda e le condizioni di raffreddamento della prova tecnologica Tensi. Alcuni esempi dei valori del coefficiente di scambio termico così determinati sono mostrati in Fig.2.

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Attualità industriale

Fig. 2 – Coefficiente di scambio termico in funzione della temperatura: a) 7% polimero in acqua, b) 25% polimero in acqua / Heat transfer coefficient as a function of temperature: a) 7% polymer in water, b) 25% polymer in water VALIDAZIONE DEI MODELLI Evoluzione termica Un blocco in acciaio austenitico 316L è stato appositamente strumentato con termocoppie disposte a diverse profondità al fine di misurare le curve di raffreddamento in varie posizioni del pezzo e confrontarle con quelle calcolate con il modello termico, utilizzando i coefficienti di scambio termico determinati con prova di laboratorio (metodo Tensi secondo norma ASTM D6482). Il blocco è stato immerso in vasca

industriale per 10 min poi sollevato in aria per circa 5 min e immerso nuovamente nel fluido di tempra agitato. I coefficienti determinati in laboratorio già consentono di riprodurre gli andamenti termici industriali con discreta accuratezza, come nell’esempio mostrato in Fig.3, quando le condizioni fluidodinamiche tra laboratorio e vasca di tempra industriale sono abbastanza simili (fluido a 35-40 °C e velocità del fluido di 0.4-0.6 m/s).

Fig. 3 – Curve di raffreddamento misurate per un blocco in acciaio austenitico 316L strumentato con termocoppie a diverse profondità confrontate con quelle calcolate da modello termico utilizzando i coefficienti di scambio termico determinati con prova di laboratorio (ASTM D6482) / Cooling curves measured for a 316L austenitic steel piece instrumented with thermocouples at different depths compared to those calculated by the thermal model using the heat transfer coefficients determined by laboratory test (ASTM D6482) La Metallurgia Italiana - n. 9 2018

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Industry news Quando le condizioni fluidodinamiche sono sensibilmente diverse tra laboratorio e processo industriale, ad esempio velocità del liquido di tempra più alte (es. 1-1.5 m/s) e temperature inferiori a 35 °C, per migliorare l’accuratezza previsionale, le relazioni tra coefficiente di scambio e temperatura determinate in laboratorio sono “corrette” in base agli andamenti dei coefficienti di scambio termico determinati tramite analisi di Fourier inversa dei rilievi termici effettuati su pezzi strumentati con termocoppie e sottoposti a tempra su impianti industriali.

Microstrutture e durezze Per la validazione del modello microstrutturale, in primo luogo si sono confrontati i valori calcolati delle frazioni dei costituenti microstrutturali formatisi dopo raffreddamento continuo con quelli sperimentali (diagrammi CCT), per diversi acciai aventi differente temprabilità, utilizzando il modello proprietario insieme con l’approccio empirico di Maynier (Fig.4), ossia senza fare uso dei diagrammi TTT (sperimentali o calcolati) relativi agli acciai di interesse.

Fig. 4 – Frazioni dei costituenti microstrutturali formatisi dopo raffreddamento continuo (curve CCT) e relativi valori di durezze per acciai aventi diversa temprabilità: confronto tra valori calcolati e sperimentali / Fractions of microstructural constituents formed after continuous cooling (CCT curves) and related hardness values for steels having different hardenability: comparison between calculated and experimental values Il confronto tra dati calcolati e sperimentali è da ritenersi soddisfacente tenendo presente l’accuratezza dei modelli empirici e che per alcuni acciai possono esserci difficoltà a misurare le percentuali di martensite e bainite essendo questi costituenti non sempre chiaramente distinguibili al microscopio ottico. Nel complesso i risultati ottenuti indicano che il modello empirico può essere utilizzato per eseguire rapidamente dei calcoli per una prima stima delle microstrutture e durezze ottenibili nel manufatto quando sottoposto a raffreddamen-

to di tipo continuo, senza necessita di conoscere le caratteristiche di trasformazione di fase in condizioni isoterme (diagramma TTT sperimentale o calcolato) dell’acciaio in studio. Per quanto concerne la stima delle microstrutture e delle durezze, queste ultime anche dopo rinvenimento, in Fig.5 sono riportate le curve Jominy misurate e calcolate con il modello proprietario per l’acciaio 42CrMo4 per il quale erano disponibili anche i valori dei profili di durezza dopo rinvenimento a varie temperature dei provini Jominy.

Fig. 5 – Profili di durezza Jominy misurati e calcolati con il modello proprietario per l’acciaio 42CrMo4, anche dopo rinvenimento a varie temperature / Jominy hardness profiles, both experimental and calculated by the proprietary model, even after tempering at various temperatures and experimental values 50

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Attualità industriale La stima delle durezze, sia per il provino Jominy tal quale, sia dopo trattamenti di rinvenimento a temperature comprese tra 550 °C e 650 °C, appare adeguata. Ovviamente, per calcoli più accurati, oppure per acciai molto legati o leghe e quando si vuole stimare anche lo stato tensionale nel raffreddamento, si ricorre all’uso di un diagramma TTT dell’acciaio da investigare, opportunamente digitalizzato, e al modello termico e microstrutturale accoppiato. ESEMPI APPLICATIVI Verificato che le previsioni dei modelli sono sufficientemente attendibili, è iniziata la loro applicazione parallelamente allo svolgimento delle attività per la loro specializzazione a casi di interesse industriale. Infatti, la simulazione virtuale è un fattore chiave sia per comprendere i complessi fenomeni fisici che avvengono durante la tempra e che influenzano le proprietà dei materiali sia per arrivare a massimizzare l’efficienza e l’efficacia dei trattamenti termici. In particolare, consente di analizzare: . l’ottimizzazione di un trattamento termico già in uso, . una geometria del componente o un materiale che si fabbrica per la prima volta, . la ricerca e l’eliminazione di eventuali cause che possono provocare la non completa idoneità all’utilizzo del componente (es. microstrutture che non permettono di sviluppare i livelli di resistenza meccanica richiesti), distorsioni eccessive o la formazione di cricche. Alcuni esempi applicativi sono riportati nei paragrafi successivi.

Rotori di grande diametro in acciai medio-legati La fabbricazione di generatori di potenza e grandi apparecchiature per la trasmissione di momenti torcenti o, comunque, di moti rotatori, ha come presupposto l’utilizzo di alberi di grosse dimensioni in acciaio debolmente legato. Le proprietà meccaniche richieste sono ottenute agendo sul trattamento termico che va progettato per ottenere le microstrutture e le caratteristiche desiderate. La possibilità di simulare il trattamento termico di pezzi di grande dimensione, innanzi tutto, consente di stimare la microstruttura e la durezza anche all’interno del manufatto, in particolare fino sull’asse centrale, posizione da cui spesso non possono essere ricavati dei provini. Talvolta, per verificare le proprietà meccaniche ottenibili anche in posizioni non campionabili sul pezzo richiesto, il cliente può richiedere un prototipo sacrificale di diametro pari a quello massimo del componente reale che dopo trattamento industriale viene campionato e caratterizzato in varie posizioni lungo il raggio. Di seguito si riportano per un tondo di diametro 1150 mm e lunghezza 2000 mm in acciaio 30CrMoNiV5.11 (1.6946), alcuni risultati della simulazione del trattamento di tempra (in acqua e polimero) e successivo rinvenimento, messi a confronto con le microstrutture e durezze rilevate sperimentalmente. Dalla simulazione termica si stimano velocità di raffreddamento che vanno da 30-10 °C/s in prossimità della superficie, a circa 0.07 °C/s a metà raggio, fino a circa 0.04 °C/s in corrispondenza dell’asse centrale (Fig.6).

Fig. 6 – Velocità di raffreddamento calcolate a varie distanze dall’asse centrale per un tondo di diametro 1150 mm temprato in polimero / Cooling rates calculated at various distances from the central axis of a round bar of 1150 mm diameter quenched in polymer

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Industry news Data la temprabilità dell’acciaio, il modello indica che si sviluppano strutture prevalentemente bainitiche, indurite per precipitazione e la durezza risulta poco variabile muoven-

dosi dalla superficie al cuore del pezzo, come confermano i risultati sperimentali (Fig.7).

Fig. 7 –Durezze e microstrutture in prossimità della superficie e al centro di un tondo di diametro 1150 mm in acciaio 30CrMoNiV5.11 temprato e rinvenuto: confronto con i valori sperimentali e calcolati / Hardness and microstructures close to surface and at the center of a Q&T round piece of 1150 mm diameter made of 30CrMoNiV5.11 steel: comparison between experimental and calculated values Tempra di manufatti con fori E’ stata simulata la tempra in acqua di corpi valvola (Fig.8a) in acciaio AISI 4130 caratterizzati da un diametro interno relativamente piccolo, considerando due condizioni di scambio termico: ideale (Fig.8b), ossia senza formazione di va-

pore all’interno del corpo valvola, e con intrappolamento di vapore (Fig.8c), ossia con coefficiente di scambio termico interno molto più basso rispetto a quello della superficie esterna.

Fig. 8 –Calcolo della sollecitazione massima principale nella tempra in acqua di un corpo valvola in acciaio AISI 4130 (a) considerando due condizioni di scambio termico: ideale (b), senza formazione di vapore all’interno, e con intrappolamento di vapore nel foro (c) / Calculation of maximum principal stress during water quenching of valve body made of AISI 4130 steel under two heat transfer conditions: ideal (b), without steam formation in the inner part, and with vapour trapping inside the bore 52

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Attualità industriale I risultati del calcolo termo-microstrutturale-meccanico con modello agli elementi finiti mostrano che lo stato di sollecitazione è sensibilmente più alto nel secondo caso, con pericolo di formazione di cricche a partire dalla zona centrale del foro interno. Diventa quindi fondamentale facilitare l’asportazione del vapore agendo sulla fluidodinamica della vasca e sulla orientazione del pezzo al fine di ridurre il rischio di formazione di difetti da tempra. CONCLUSIONI In generale, si può constatare una buona corrispondenza tra i valori calcolati e quelli sperimentali di riferimento per cui i modelli numerici utilizzati possono ritenersi già sufficientemente affidabili nel riprodurre il comportamento osservato nella realtà. Inoltre, l’accuratezza previsionale del software proprietario ai volumi finiti e quello commerciale agli elementi finiti è migliorabile attraverso procedimenti di messa a punto e taratura in base a rilievi industriali finalizzati a conoscere meglio i valori del coefficiente di scambio termico per diverse condizioni di processo, la temprabilità degli acciai e lo stato tensionale dei manufatti. La presente panoramica ha evidenziato come sia possibile simulare il trattamento termico di un componente in acciaio, così da individuare le condizioni ottimali di processo, oppure di comprendere le cause di problematiche qualitative riconducibili al trattamento stesso.

La disponibilità di idonei strumenti per la simulazione numerica, combinata con adeguate competenze determinano un binomio vincente per la produzione di componenti forgiati high-tech per il settore energetico e dell’oil & gas. Questi strumenti sono stati già implementati in ambito aziendale, con benefici in termini di riduzione dei tempi e dei costi per la messa a punto dei processi di tempra per acciai critici. Le simulazioni continueranno sia per valutare sistematicamente tempi di calcolo ed accuratezza di entrambi i pacchetti software, a pari condizioni al contorno, sia per stimare l’entità delle tensioni e distorsioni associate a diversi acciai, geometrie dei componenti e velocità di immersione. RINGRAZIAMENTI Gli autori ringraziano G. Franchini per l’autorizzazione alla pubblicazione e tutti i colleghi della FRANCHINI ACCIAI che hanno contribuito alle prove industriali, in particolare A. Goglio, P. Sangiovanni e P. Frialdi. Un riconoscimento va anche a P.E. Di Nunzio, L. Langellotto e G.Jochler del RINA CONSULTING – CENTRO SVILUPPO MATERIALI per il contributo allo sviluppo e validazione dei modelli termo-metallurgici proprietari. Si ringraziano anche C. Viscardi della ECOTRE VALENTE per l’assistenza nella specializzazione del software DeformTM-HT, MACDERMID, HOUGHTON e GEARCHEM per la caratterizzazione di vari fluidi di tempra.

BIBLIOGRAFIA 1]

Maynier Ph, Dollet J, Bastien P. “Prediction of microstructure via empirical formulae based on CCT diagrams”, Hardenability Concepts with Applications to Steel, ed. by Doane DV and Kirkaldy JS, AIME, Chicago, (1978), pp. 163-178.

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53


Industry news 3]

Anelli E. “Application of Mathematical Modelling to Hot Rolling and Controlled Cooling of Wire Rods and Bars”. ISIJ International, Vol. 32 (1992), pp. 440-449.

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Kirkaldy JS, ”Diffusion-Controlled Phase Transformations in Steels”, Scand. J. Met. Vol. 20 (1991), pp. 50-61.Proceedings of the Copper Conference, 2016

Virtual simulation applied to heat treatment of forgings edited by: E. Anelli, M. Lucchesi, A. Chugaeva As part of a multi-year R&D project, aimed at developing forged components with improved performance, the development and application of calculation tools to predict the thermal and microstructural evolution during heat treatment is in progress. In this work, after description of the modeling approaches, the optimal heat treatment conditions for large forgings made of medium and high alloy steels are discussed through virtual simulation examples. With reference to forged components for applications in the power generation and oil & gas sectors, the following aspects are analyzed: cooling characteristics of different industrial quenching fluids; prediction of the microstructure and hardness after quenching, and the latter even after tempering treatment; design of the heat treatment in order to reduce the risk of quenching cracks.

KEYWORDS: FORGINGS – QUENCHING – TEMPERING – THERMAL-MICROSTRUCTURAL MODELS – PHASE TRANSFORMATIONS –- QUENCHING FLUIDS – STRESS FIELD

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Misura Non Distruttiva e istantanea della Profondità di Tempra

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PREMIO aim AMBIENTE 2018 Il Centro di Studio Ambiente e Sicurezza di AIM ha deciso di contribuire alla promozione della cultura dell’Ambiente e della Sostenibilità con il conferimento di Attestati di Merito relativo a progetti di miglioramento ambientale implementati dalle aziende associate ad AIM. Il Premio è rivolto a tre distinte categorie di aziende / progetti per ciascuna delle quali sarà rilasciato un Attestato di Merito. Il bando completo e tutte le informazioni sono disponibili sul sito: www.metallurgia-italiana.net

Per informazioni e candidature: Associazione Italiana di Metallurgia Via Filippo Turati 8 20121 Milano (MI) tel. +39 02 76397770 e-mail: info@aimnet.it

DEADLINE CANDIDATURE

30/09/18


Industry news Tribology Test Methods and Simulations of the Effect of Friction on the Formability of Automotive Steel Sheets edited by: S. Jadhav, M. Schoiswohl, B. Buchmayr The light weighting and crashworthiness are the core interest of the automotive manufacturers. To achieve this, different grades of high strength materials are used for the body panel and structural members, but manufacturability of high strength material is a challenging task. The tribology plays a key role in the formability of material and quality of product. Surface roughness of sheet and tooling surfaces, surface coating, lubrication type and lubrication quantity are the fundamental parameters of tribological performance. In order to develop sheet metal parts for automobile, formability tests using experimental devices as well as numerical software tools are used. The prediction accuracy mainly depends on the input parameters. Friction testing at room temperature is performed by draw-bead tests and the formability is measured using Nakajima tests. The effect of different friction coefficients on the results in case of deep drawing is simulated using AutoForm and the effect on the forming limit diagram is discussed in detail. KEYWORDS: TRIBOLOGY - FRICTION COEFFICIENT - SURFACE ROUGHNESS – LUBRICATION - FORMING LIMIT DIAGRAM

Jadhav Sandip, Schoiswohl Martin, Buchmayr Bruno Chair of Metal Forming, Montanuniversitaet Leoben, Austria

INTRODUCTION In recent years manufacturing processes of sheet metal forming have become more challenging due to geometrical complexity, advanced high strength steels (AHSS) und the expectation of high quality products. To overcome these challenges, the sheet metal forming community is continuously working on improvements of the forming processes. It is well known that not only material parameters have a major effect on the deep drawing behaviour, but tribology also plays a key role in metal forming. These tribological effects are usually taken as a given rigid parameter which is mostly given by Coulomb’s friction law. The simulations are done using a constant value, which does not describe the real behaviour. Because of this, friction conditions and tribology become an important research area. In this paper, the effect of friction condition and the dynamic

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change of the tribological parameters are examined. First, the surface roughness of a sheet metal (DC04) and the friction coefficient during drawing are measured. To compare the results different lubricants like oil, Mo2S and graphite are used. The second task is to measure all relevant parameters. Therefore draw-bead tests and Nakajima tests were done. To see the effect of friction, there are two sets provided. The first set will be tested without lubrication, the second with specific coatings, to lower the friction coefficient. After the physical simulations, numerical simulation will be done using the software AutoForm. With the support of TriboForm the effect of surface morphology on the dynamic friction change will be simulated as well. The final part of this paper gives a comparison between physical and numerical simulation and a discussion of the friction effect for manufacturers.

56


Attualità industriale Tab. 1 - Nominal chemical composition of steel sheet DC04 [4] Chemical analyses of DC04

C [%]

P [%]

S [%]

Mn [%]

0,00 – 0,08

0,00 – 0,03

0,00 – 0,03

0,00 – 0,04

EXPERIMENTAL SETUP Draw–bead testing The Draw-bead test is a widely used method to analyse the friction coefficient during a drawing process with given parameters. The sample is clamped with a known normal Force FN in the lower side of the machine (rigid part), the other end is mounted in the upper moving part (Fig. 1). The clamping force

is measured through the whole process as is the movement of the upper part, which moves upwards with a given velocity. The friction force FR is measured by the force which is needed to pull the strip through the clamps. With an evaluation unit exact values of the friction coefficient at every position during this test is calculated. [1]

Fig. 1 - a) Scheme of Draw–bead test; b) Real Draw – bead device Nakajima test The Nakajima test is based on the deformation of sheet metal blanks with different geometries using a spherical punch [2]. The metal is centrically placed on the drawing die. The blank holder applies a constant blank holding force on the sheet, which is supported by a constant drawbead (Fig.2). After the metal is clamped between the drawing die and the blank holder, a punch moves upwards through the blank. To achieve 57

better results a lubricant layer (foil + oil) is applied between the punch and the sheet metal [3]. The strain path of this drawing process is measured with an optical measurement system which spots points on the metal surface and traces their shift during the test. By plotting the strain rate over a selected length on the surface, major and minor strains are calculated.

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Industry news

a)

b)

Fig. 2 - a) Sketch of the clamp and punch used in Nakajima test [3]; b) Real Nakajima testing device EXPERIMENTAL APPROACH Surface roughness measurement Before the experimental tests started, all samples were measured using an Alicona Infinite Focus measurement system. This system measures surface roughness (Fig.3). Roughness has a main effect on the adhesion and wear resistance [5]. Therefore it also has an effect on the spring back and flow behaviour of the material, which has a negative effect on

benchmark problems. This effect is caused by the different stress states in the material which occur because of friction (Fig. 9). For the experimental approach 6 samples for the draw–bead test (Strip_1-6) and 3 samples for the Nakajima test (60_1-3) are provided with a thickness of 1mm (Tab. 2). All specimen are measured along a centrically line in the 0° direction. For the Nakajima test samples with 60mm width are selected.

Fig. 3 - 3D measurement and surface roughness along the center line measured with Alicona confocal system

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Attualità industriale Tab. 2 - Surface roughness of steel strip DC04 Roughness of DC04

Sample

Ra [μm]

Rz [μm]

Rq [μm]

Strip_1

2,20

21,71

2,82

Strip_2

2,22

20,74

2,85

Strip_3

2,18

21,71

2,81

Strip_4

2,19

19,78

2,78

Strip_5

2,10

17,90

2,66

Strip_6

2,31

21,12

2,95

60_1

2,81

27,52

3,77

60_2

2,48

23,83

3,32

60_3

2,65

23,78

3,40

Average roughness of Strip_1 - 6

2,20

20,49

2,81

The roughness level of the material only varies in a small range (2,10μm – 2,81μm). The average Ra of the stripping test samples is 2,20 [μm]. This data is used for the numerical simulation with the software AutoForm. The tribological part of the simulation is calculated by TriboForm software, which takes into account surface morphologic and a kind of load curve. Using this approach, the coefficient of friction is replaced by a contact model or ultimate collapse load, resp.

Draw–bead test The samples Strip_1 and Strip_2 are tested without any coating, Strip_3 and Strip_4 are covered with oil (Tonna S3 M68) and Strip_6 and Strip_7 are sprayed with a graphite spray (Graphite Assembly Paste + MoS2). A fixed clamping force (FN) of 2100 N and a testing speed of 8 mm/s is set.

Fig. 4 - Measured results of Draw–bead test on steel strip DC04

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Industry news Fig. 4 shows the measured results of the stripping test. Average value of friction is 0,19 for uncoated samples, 0,17 for oiled specimen and 0,15 for graphite sprayed steel strips. The uncoated samples Strip_1 and Strip_2 show the highest deviations because of the influence of the surface roughness. Coated samples show a more even behaviour during this test considering the lower influence of the surface roughness and a lower friction coefficient caused by the optimization of the surface between the friction pads and the metal strip. Nakajima Test For the Nakajima test the samples are tested without coating and with graphite coating to show the effect of friction. With

an ARAMIS system major and minor strain is measured during the deformation caused by the punch. The critical area around the crack is observed. For uncoated blanks the crack does not occur in the middle of the punch as the Nakajima test predicts because of the high friction influence. Fig. 5 shows the measured results for the Nakajima test. Samples with graphite coating show a better drawing behaviour. In the figure the numbers behind the lubrication type are the tested lines in the area where the crack appears. The Aramis system measures the minor and major strain until short before crack initiation. For evaluation reasons the system uses three parallel lines through this area and predicts exactly the strain path there (Fig. 7).

Fig. 5 - Nakajima test for steel strip DC04 For this test, the crack should appear in the middle of the punch, every deviation means an influence of the friction [6]. Also the tested samples show that the crack primary moves

from the edge of the punch to its centre by lowering the friction by adding lubrication (Fig 6).

Fig. 6 - Position of the crack. Left without lubrication, right with graphite coating. La Metallurgia Italiana - n. 9 2018

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AttualitĂ industriale Finite Element Simulation In the finite element (FE) simulation stage, the AutoForm solver is used for the FE simulation purpose. As demonstrated in [7,8], material properties data include hardening, yield surface and material failure. The results from the draw-bead test and the Nakajima test of the experimental study are implicated in the initial stage of FE simulation. With TriboForm, the friction is simulated as similar to the draw-bead test as possible. For the numerical simulation with AutoForm, the geometry of every part from the physical simulation such as punch, blank holder and die is recreated. Also velocity and forces are applied as in the Nakajima test.

Fig 7. shows the results for the simulations with and without coating. The sample with no coating on it, on the left hand side, shows a variation of the appearance of the crack. The picture shows that by reducing the influence of the friction by using lubrications such as graphite or foils, the crack moves to the centre of the sample. For the simulation on the right hand side TriboForm software was used to create a coating which is similar to the Graphite Assembly Paste. By reducing the friction, the flow behaviour gets more stable and as the draw-bead test shows, there is a smoother contact between the surfaces of punch and specimen.

Fig. 7 - Comparison physical and numerical simulation. Left without coating, right with graphite coating. RESULTS AND DISCUSSION With lubrication it is possible to achieve a higher major strain path during a forming process without any failure. The lower the friction coefficient the better are the results compared to a simulation or other predictions. Fig. 8 shows the difference of the simulation with a constant Coulomb friction coefficient and the dynamic friction model created with TriboForm. By comparing this result to the physical simulations (Fig. 6), differences in the prediction of the position of the crack can be seen. This deviation is one of the main reasons for misinterpretations of numerical simulations and often leads to costly

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reworking of tools created by such a simulation with Coulomb’s friction law. To avoid this, it is important to know the surface and friction behaviour of every produced part. The friction has also an effect on the spring back behaviour (Fig. 9). This is caused by the different strain distribution in the material. Better lubrication can lead to a higher amount of insufficient stretching, which causes higher spring back, especially for materials like aluminium. Also this effect can change the position of critical areas by causing different flow directions. Changing lubrication or coatings can be difficult and should be characterized before using them [9].

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Industry news

Fig. 8 - Left simulation with Coulomb’s friction law, right friction model by TriboForm

Fig. 9 - Influence on the spring back behaviour caused by friction [9]

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Attualità industriale OUTLOOK AND FURTHER WORK Future work will include more variations of lubrication and using different surface roughnesses for the same material. Also materials with higher anisotropy and Young’s modulus like Aluminium, 22MnB5 and advanced high strength steels (AHSS) will be considered. In the draw-bead test variations with foils will be used. By using this test and a foil, the foil is going to tear before any values can be measured. By trying to change forces and fric-

tion pads, we try to get rid of this effect. For the Nakajima test more samples with different geometries will be provided. This variation of geometries can cause problems during the test with other lubrication types than the one used for the laboratory tests which approximates the coefficient of friction to zero. Most of these specimen show cracks out of the area which can be observed with any optical measurement system.

REFERENCES 1]

Smith RH: Analyzing friction in the design of rubber products. Taylor & Francis Group, 2008. 7-14

2]

GOM optical measurement System; Material Properties: Determination of Process Limitations in Sheet Metal Forming - Forming Limit Diagram, 15.03.2018 (https://www.gom.com/fileadmin/user_upload/industries/flc_fld_EN.pdf)

3]

Björklund O., Larsson R., Nilsson L.: Failure of high strength steel sheets: Experiments and modelling, Journal of Material Process Technology 213, 2013, 1103-1117

4]

Salzgitter Flachstahl DC04 data sheet; https://www.salzgitterflachstahl.de/fileadmin/mediadb/szfg/informationsmaterial/produktinformationen/kaltgewalztes_feinblech/eng/dc04.pdf, 15.03.2018

5]

Schuth M., Buerakov W.: Handbuch Messtechnik - Praktische Anwendungen für Entwicklung, Versuch, Fertigung und Qualitätssicherung. Carl Hanser Verlag GmbH&Co.KG, 2017. 181-183

6]

Bergström Y., Ölund S.: The Forming Limited Diagram of Sheet Metals and Effects of Strain Path Changes on Formability: a Dislocating Treatment, Materials Science and Engineering 56, 1, 1982, 47-61

7]

Hol,J.; Meinders, V.,T.; Rooij, M., B.; Boogaard, A.,H.: Multi-scale friction modeling for sheet metal forming: The boundary lubrication regime, Tribology International 81, (2015), 112–128

8]

Sigvant,M.; Pilthammar,J.; Hol,J.;Wiebenga,J.,H.; Chezan, T., Carleer, B.; and Boogaard, A.,H.: Friction and lubrication modeling in sheet metal forming simulations of a Volvo XC90 inner door, IOP Conf. Series: Materials Science and Engineering 159 (2016), 1-8

9]

Jadhav S., Schoiswohl M., Buchmayr B., Applications of Finite Element Simulation in the Development of Advanced Sheet Metal Forming Processes, BHM 163, 3, 2018. 109-118

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Experts’ corner Evolution of metal materials in the automotive field a cura di: Michele Tedesco CRF GML Metals Evoluzione del mercato automobilistico Il mercato automobilistico è un campo estremamente competitivo dove soddisfare le esigenze dei customer è un must: sicurezza, comfort, design, qualità, competitività nel prezzo e nei consumi. Negli ultimi anni quest’ultimo punto è divenuto di fondamentale importanza sia per i car maker che per le autorità, infatti, in tutto il mondo, le normative circa le emissioni di CO2 sono in evoluzione verso limiti sempre più stringenti. In Europa nel 2020, le emissioni massime ammes-

se di CO2 calcolate sulla media della flotta venduta, passeranno da 130 a 95 gCO2 per km percorso. I principali driver per raggiungere questi obiettivi, sempre più sfidanti, sono: l’ottimizzazione dei processi di combustione nei motori termici, miglioramento dell’aerodinamica del veicolo, elettrificazione del powertrain ed infine l’alleggerimento. L’alleggerimento passa attraverso l’ottimizzazione delle geometrie dei componenti, per aver a parità di prestazione meno materiale, e l’introduzione di materiali innovativi con performance

migliori. Negli ultimi 20 anni c’è stata una forte spinta in campo automotive nell’utilizzo di nuovi acciai, basti pensare che nel 2004 i low carbon steel avevano una quota del 33% in peso sul Body in white, oggi questa percentuale è scesa al 21%. Al loro posto hanno preso piede acciai al boro da stampaggio a caldo per i componenti antintrusione ed acciai altoresistenziali con migliorata formabilità per realizzare le geometrie più complesse (Trip).

Lamiere innovative in FCA FCA, inoltre, si può vantare di essere la prima azienda automobilistica al mondo ad avere introdotto l’acciaio TWIP (twinning induced plasticity) per realizzare i bumper beam di diversi modelli, tra cui Panda, Jeep Renegade e 500X. Questo materiale, da 1000MPa a rottura ed

allungamenti superiori al 45%, ha permesso la riduzione peso del componente in questione assieme anche ad una riduzione costo (1 componente invece di 2). Non è l’unico primato di FCA, a dimostrare la spinta del gruppo verso materiali innovativi e la ricerca esasperata della massima performance, c’è l’appli-

cazione, in anteprima mondiale, dell’acciaio TBC (Trip Bainitico) nei modelli Alfa Romeo Giulia e Stelvio nel componente traversa sotto sedile.

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Scenari

Trattamenti termochimici innovativi L’evoluzione dei trattamenti termochimici di cementazione, in area Powertrain, ha portato alla cementazione in bassa pressione con successiva tempra in gas. Rispetto alla cementazione tradizionale in atmosfera e successiva tempra in olio, garantisce una serie di vantaggi, sia nella fase di carburazione che in quella di

tempra. In particolare, durante la fase di arricchimento di carbonio, si evita la formazione dello strato di ossidazione intergranulare, che, a parità di durezze e profondità di indurimento, garantisce un incremento della resistenza a fatica del componente. La successiva tempra in gas, permette una maggiore flessibilità dell’impian-

to; è possibile modularne la velocità di raffreddamento, agendo sulla pressione dell’azoto, in funzione della temprabilità Jominy della colata da trattare. Dal punto di vista ambientale, il miglioramento è rappresentato dall’eliminazione delle vasche di tempra, di lavatrici e detergenti per la pulizia dei componenti, prima del montaggio.

Processi meccanici superficiali L’utilizzo della pallinatura controllata (shot peening), garantisce un incremento della vita a fatica del componente dell’ordine del 20-25%; trattandosi dell’ultima operazione, evita la modifica

dei parametri a monte della filiera (lavorazioni meccaniche/trattamenti termici). Negli ultimi anni ha avuto importanti evoluzioni; in particolare nella scelta di parametri mirati all’ottenimento di profili specifici di tensioni residue in com-

pressione, in funzione del tipo di danneggiamento che si vuole contrastare. La valutazione della qualità del processo di pallinatura è rappresentato dalla misura delle tensioni residue, mediante diffrattometria Rx.

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Experts’ corner

La terza generazione di lamierati di acciaio Il lavoro della divisione Metals, Group Materials Labs appartenete al Centro Ricerche Fiat, si svolge anche inchiestando i diversi fornitori per ricercare e sviluppare nuovi materiali customizzati sulle esigenze del mercato automotive. Un esempio di questa interazione forni-

tore-utilizzatore si esprime con la nascita della terza generazione di acciai. Le linee guida con cui sono stati concepiti questi acciai sono principalmente due: a parità di grado aumentare la formabilità per ovviare a problematiche di stampaggio oppure utilizzare un grado superiore a parità di formabilità (quanto fatto su Giulia e Stelvio). Focalizzandoci sulla

microstruttura, la terza generazione di acciai ha una struttura mista, che mixa le struttura dei predecessori (Dual Phase – Complex Phase – Trip) sfruttando l’effetto dell’austenite residua per ottenere un extra di formabilità durante i processi di stampaggio.

Le possibili applicazioni in campo automotive della terza generazione di acciai spaziano dai componenti antintrusione

ad assorbitori di energia fino ad arrivare a pannellerie esterne. I nuovi acciai avranno un ruolo fondamentale nella

riduzione peso dei prossimi veicoli e nel raggiungimento del target di CO2 emessa.

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Aim news Calendario degli eventi internazionali International events calendar

QUOTE SOCIALI AIM 2018 (ANNO SOLARE) Benemeriti (quota minima) 1.750,00 €

October 14-18, Seattle, USA Furnace Tapping 2018 Conference October 16-19, Stockholm, Sweden 3rd Ingot Casting, Rolling and Forging Conference, ICRF 2018

Sostenitori (quota minima)

750,00 €

Ordinari (solo persona)

70,00 €

Seniores

25,00 €

Juniores

15,00 €

La quota dà diritto di ricevere

October 8-12, Lillafüred, Hungary The 5th International Conference on Competitive Materials and Technology Processes October 10-12, Taranto, Italy 8th European Oxygen Steelmaking Conference (EOSC 2018) October 24-26, Tianjin, China 1st China Symposium on Sustainable Steelmaking Technology (CSST 2018) November 18-21, Jeju, South Korea 4th European Conference on Clean Tech Technologies in the Steel Indutry (CLEAN TECH 4) 2019 March, 10-14, San Antonio, USA TMS 2019 148th Annual Meeting & Exhibition June 13-15, Guangzhou, China 2019 China International Metal & Metallurgy Exhibition

la rivista dell’Associazione, La Metallurgia Italiana (distribuita in formato digitale). Ai Soci viene riservato un prezzo speciale per la partecipazione alle manifestazioni AIM e per l’acquisto delle pubblicazioni edite da AIM. Per ulteriori informazioni, iscrizioni, rinnovi:

AIM, Via F. Turati 8 20121 Milano Tel.: 02 76021132/76397770, fax: 02 76020551 e-mail: amm.aim@aimnet.it www.aimnet.it

June 25-29, Düsseldorf, Germany METEC & 4th ESTAD 2019 September 1-5, Stockholm, Sweden EUROMAT 2019 September 9-13, Cracow, Poland EUROCORR 2018 September 30 - October 2, Graz, Austria 10th European Stainless Steel Congress, Science and Market - 6th European Conference and Expo Duplex August, Xi’an, China 10th Pacific Rim International Congress on Advanced Materials an Processing (PRICM10)

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Le Rubriche - Centri di studio Attività dei Comitati Tecnici CT METALLURGIA FISICA E SCIENZA DEI MATERIALI (MFM) (riunione del 06 aprile 2018) Consuntivo di attività svolte - Il workshop “Materiali in condizioni estreme di corrosione, temperatura ed usura – Le materie prime critiche che li rendono speciali” (Milano, 20 novembre 2017) ha permesso di discutere le problematiche inerenti la sostituzione di elementi critici nelle leghe metalliche commerciali. - Il corso “Solidificazione” organizzato a Milano in due giornate (28 febbraio e 1 marzo) ha avuto una partecipazione soddisfacente; i presenti hanno valutato la riuscita della manifestazione tra il buono e l’ottimo, un risultato decisamente positivo vista anche la presenza di nuovi relatori. Per il futuro si cercherà di evitare la prossimità di altri eventi AIM con tematiche simili. Iniziative future - Il comitato ha discusso della possibilità di riproporre iniziative che hanno già riscosso successo e interesse in passato. In particolare il corso “Microscopia elettronica in scansione SEM per metallurgisti” del 2017, il corso “Additive Metallurgy – Materiali metallici e fabbricazione additiva”, sempre del 2017, e la giornata di studio sulla caratterizzazione delle superfici (del 2013). Di questi argomenti si discuterà nelle prossime riunioni. - Sembra invece prematuro organizzare una manifestazione sulla tematica dei “Metalli Bioassorbibili” in quanto l’argomento interessa al momento troppo pochi ricercatori in Italia. Stato dell’arte e notizie - Il Comitato ha accettato la partecipazione di un nuovo membro. CT ACCIAIERIA (A) CT FORGIATURA (F) (riunione congiunta del 17 maggio 2018)

I due CT si riuniscono nuovamente in seduta congiunta dopo la precedente positiva esperienza di febbraio: la partecipazione è molto numerosa e lo scambio di esperienze altrettanto proficuo. Manifestazioni in corso di organizzazione - Rampinini, presidente del CT Forgiatura, presenta e commenta la bozza di programma della GdS su “Rischio aziendale e contrattuale”, organizzata con il CT Acciaieria per il 24 ottobre a Milano. Iniziative future - La GdS “Difettosità in Colata Continua e Lingotti”, prevista per la prima metà del 2018, viene confermata da Mapelli, neo-presidente del CT Acciaieria, ma spostata verso la fine dell’anno. - Viene proposta una giornata sul tema del nucleare, ed in particolare sullo smaltimento dei prodotti siderurgici presenti nella filiera, viste le richieste crescenti da parte di nazioni come Francia e Germania che affrontano sempre di più l’obsolescenza dei loro impianti e quindi la necessità di sostituirne parti fondamentali. Stato dell’arte e notizie - Sono state rinnovate le cariche nel CT Acciaie-

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ria: Mapelli è il nuovo presidente, Magni viene nominato vice presidente mentre Barella è confermata alla segreteria. CENTRO TRATTAMENTI TERMICI E METALLOGRAFIA (TTM) (riunione del 28 giugno 2018) Consuntivo di attività svolte - Il corso “Metallurgia di base propedeutica ai trattamenti termici” si è svolto nei giorni 16, 17 e 23 maggio a Milano con circa 60 partecipanti e un programma derivato da quello del corso precedente implementato con una parte sulla failure analysis. I commenti dei questionari di soddisfazione sono prevalentemente molto positivi, con apprezzamento dei casi pratici di danneggiamento. Il titolo di studio dei partecipanti era a metà tra diplomati e laureati.
Petta ringrazia tutti i membri del comitato ristretto che si sono adoperati per la revisione dei programmi e tutti i docenti in generale. - Il XXVI Convegno Nazionale Trattamenti Termici si è svolto il 13 giugno a Mestre nella location utilizzata in contemporanea con il Convegno internazionale ICS, che ha raccolto 403 partecipanti in totale e 25 stand nell’area espositiva. I membri del CT presenti al convegno plaudono pubblicamente alla capacità organizzativa della segreteria AIM, che ha garantito un clima ottimale per lo svolgimento del convegno. Il presidente Petta auspica per la prossima edizione una presenza ancora più massiccia degli imprenditori italiani, considerando le varie iniziative per facilitare la presenza. Petta invita a pensare se per il futuro si possa prevedere di tornare al vecchio modulo di 2 o addirittura 2,5 giorni per il solo convegno nazionale, eventualmente proprio nella tradizionale sede di Salsomaggiore, con un numero molto maggiore di stand integrati maggiormente nel Congresso: su questo argomento i presenti discutono ampiamente. Manifestazioni in corso di organizzazione - Il 37° Convegno Nazionale AIM di Bologna (1213-14 sette 2018) prevede una sessione e mezza interamente dedicata ai trattamenti termici. Molte di queste presentazioni saranno tenute dai membri dei CT TTM. - La GdS “Trattamenti termici degli acciai per stampi a caldo e a freddo per il settore automotive” si terrà a Ivrea nella sede di Confindustria Canavese l’11 ottobre 2018. La giornata segue un corso sugli acciai per stampi, organizzato nella stessa sede e sempre con la collaborazione di Confindustria Canavese, e vuole essere un approfondimento di alcune tematiche specifiche del settore automotive. L’organizzazione è definita e la locandina è pronta.
Rivolta, coordinatore della GdS, sottolinea che la manifestazione si rivolge sia a costruttori che a utilizzatori di stampi: si parlerà degli acciai e dei relativi trattamenti termici e termochimici, per concludere con alcuni casi applicativi ed una discussione per gli approfondimenti.

di potenza e diffrattometria per il settore automotive” sarà modificato in “Ottimizzazione dei trattamenti termochimici e dei processi meccanici nell’industria meccanica”. Il coordinatore della giornata Morgano ha inviato la scaletta completa degli interventi. La manifestazione si terrà l’8 novembre 2018 nello stabilimento Gefran di Provaglio d’Iseo (BS). - Pellizzari, coordinatore della GdS su “Trattamenti termici e finiture per Additive Manufacturing”, organizzata con il CT “Metallurgia delle polveri”, sta prendendo gli opportuni contatti per definire il programma. La data prevista è l’inizio del 2019, ma un programma completo non è ancora definito. - Il CT ha discusso di possibili argomenti per future manifestazioni, quali la bonifica di pezzi molto grossi e le possibili strutture/caratteristiche meccaniche ottenibili e il trattamento termico dei fasteners a fronte della norma ISO 898-1: su questo argomento il coordinatore De Sario farà opportune verifiche per definire il programma di una giornata da tenere a inizio 2019. CT METALLI LEGGERI (ML) (riunione del 13 settembre 2018)

Consuntivo di attività svolte -La GdS “Estrusi di alluminio per un mercato che vuole qualità, competenza e valore aggiunto” si è svolta il 7 giugno a Milano. Il coordinatore Grillo, nel commentare che la partecipazione non ha raggiunto i numeri sperati, sintetizza i questionari compilati dai presenti: il giudizio è positivo, mediamente buono. Sono stati elencati alcuni argomenti da trattare nelle prossime edizioni della GdS. Iniziative future -Il presidente Grillo suggerisce di approfondire il tema della saldatura di leghe leggere (controllo arco, distorsioni, normative), eventualmente coinvolgendo l’Istituto Italiano della Saldatura di Genova. Il possibile titolo della manifestazione potrebbe essere: “Discrepanza tra normativa e realtà nella saldatura delle leghe di alluminio”. -Il tema di un’altra giornata di studio potrebbe essere quello dei laminati. I coordinatori incaricati di valutare questo argomento sono Giordano e Conserva. -Altro argomento proposto per una GdS è la simulazione numerica nella deformazione plastica delle leghe, in modo da valutare i diversi processi (piegatura di estrusi, processi di formatura allo stato solido). Si discute in dettaglio dei possibili argomenti di discussione. Stato dell’arte e notizie -I partecipanti alla riunione auspicano una maggiore presenza di membri del CT Metalli Leggeri, per rendere più fruttuose le riunioni e per organizzare nuove iniziative.

Iniziative future

- Il convegno, dal titolo: “Heat Treatment & Surface Engineering for automotive”, si svolgerà a Bardolino del Garda (VR) dal 5 al 7 giugno 2019. La conferenza è co-organizzata con altre associazioni europee, come già avvenuto nel 2015, ma stavolta senza il supporto di IFHTSE (Bassani cerca di ottenere almeno il patrocinio). La locandina è stata già fatta circolare con le scadenze per la presentazione degli abstracts. Morgano sarà Chairman del convegno. - Il titolo della giornata prevista su “Pallinatura

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Aim news 37° CONVEGNO NAZIONALE AIM Bologna, 12-14 ottobre 2018 Il 37° Convegno Nazionale AIM si è tenuto quest’anno presso la Scuola di Ingegneria e Architettura dell’Università degli Studi di Bologna, dal 12 al 14 settembre. Anche questa volta, il Convegno ha avuto un carattere multi seminariale, con particolare attenzione ai settori automotive, packaging e della meccanica in generale, in accordo con la vocazione industriale del territorio dell’Emilia Romagna. Il Convegno ha raccolto circa 270 partecipanti, che hanno potuto assistere all’esposizione di oltre 120 memorie in tre sessioni orali parallele ed una sessione poster, concernenti i seguenti argomenti: ∙ Rivestimenti, Trattamenti superficiali e Tribologia ∙ Metallurgia fisica e Scienza dei Materiali . Sicurezza ∙ Lavorazioni plastiche dei metalli ∙ Acciai e ghise ∙ Leghe leggere

∙ Metallurgia delle Polveri ∙ Additive manufacturing ∙ Trattamenti termici ∙ Pressocolata . Materiali per l’Energia ∙ Saldatura . Leghe non ferrose ∙ Corrosione ∙ Controllo e caratterizzazione dei prodotti ∙ Creep Il Convegno ha avuto inizio con la consueta Cerimonia di apertura, con i saluti di benvenuto del Presidente AIM Ing. Federico Mazzolari, del Presidente del Convegno Prof.ssa Lorella Ceschini e del prorettore per la Ricerca dell’Università di Bologna, Prof. Antonino Rotolo, oltre altri rappresentanti.

Fig. 1 - Tavolo di Presidenza - Cerimonia di apertura Durante la Cerimonia sono stati consegnati i premi e le medaglie AIM: • Medaglia di Titanio - conferita al Dott. Antonio Alunni (Fucine Umbre srl) e all'Ing. Massimo Calderini (Acciai Speciali Terni Spa) • Medaglia e Premio De Carli 2018 – conferito alla Dott.ssa 69

Alessandra Fava (Università di Roma "Tor vergata") • Medaglia e Premio Daccò 2018 - conferito all’Ing. Stefania Toschi (Università degli studi di Bologna) • Premio AIM Sicurezza 2018 - conferito a AFV Acciaierie Beltrame e Tenaris Dalmine • Premio Paolo Spinedi 2018 - conferito all’Ing. Marialaura Tocci (Università degli Studi di Brescia) La Metallurgia Italiana - n. 9 2018


Atti e notizie

Trattamenti termici e rivestimenti

Fig. 2 - Medaglia di Titanio - Dott. A. Alunni

Fig. 3 - Medaglia e Premio De Carli 2018 Fig. 4 - Medaglia e Premio Daccò 2018 - Ing. – Dott.ssa A. Fava S. Toschi

Fig. 5a e 5b - Premio AIM Sicurezza 2018 - AFV Acciaierie Beltrame e Tenaris Fig. 6 - Premio Paolo Spinedi 2018 - Ing. M. Tocci Dalmine

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Aim news Poiché l’AIM da sempre costituisce terreno di incontro tra mondo universitario-scientifico e mondo industriale-produttivo, è stato previsto anche uno spazio in cui le aziende dei diversi settori rappresentati nel Convegno hanno potuto far conoscere i loro prodotti e le ultime novità. Questa edizione ha contato la collaborazione di 19 sponsor, di cui 14 espositori.

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Il Convegno Nazionale, oltre che offrire un’unica ed imperdibile occasione di confronto e di aggiornamento professionale, è stato una preziosa opportunità di incontro, di scambio di idee e di condivisione. Sono state organizzate a tal proposito la visita guidata al centro storico di Bologna e la Cena Sociale la sera del 13 settembre presso la dimora storica Palazzo Isolani.

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Atti e notizie

Trattamenti termici e rivestimenti

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Aim news AIM - UNSIDER Norme pubblicate e progetti in inchiesta (aggiornamento 31 agosto 2018) NORME UNSIDER PUBBLICATE DA UNI NEL MESE DI AGOSTO 2018 UNI EN ISO 4957:2018 Acciai per utensili UNI EN ISO 15138:2018 Industrie del petrolio e del gas naturale - Installazioni per la produzione in mare - Riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell'aria UNI EN ISO 10855-3:2018 Container per strutture in mare e relativi dispositivi di sollevamento - Parte 3: Ispezione periodica, esame e collaudo UNI EN ISO 10855-2:2018 Container per strutture in mare e relativi dispositivi di sollevamento - Parte 2: Progettazione, produzione e marcatura dei dispositivi di sollevamento UNI EN ISO 10855-1:2018 Container per strutture in mare e relativi dispositivi di sollevamento - Parte 1: Progettazione, produzione e marcatura di container per strutture in mare NORME UNSIDER RITIRATE DA UNI NEL MESE DI AGOSTO 2018 UNI EN ISO 15138:2008 Industrie del petrolio e del gas naturale - Installazioni per la produzione in mare - Riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell'aria UNI EN ISO 4957:2002 Acciai per utensili NORME UNSIDER PUBBLICATE DA CEN E ISO NEL MESE DI AGOSTO 2018

ISO/DIS – SETTEMBRE 2018 PREN – PROGETTI DI NORMA EUROPEI prEN ISO 11960 Petroleum and natural gas industries - Steel pipes for use as casing or tubing for wells (ISO/DIS 11960:2018) prEN ISO 13679 Petroleum and natural gas industries - Procedures for testing casing and tubing connections (ISO/DIS 13679:2018) prEN 1753 Magnesium and magnesium alloys - Magnesium alloy ingots and castings prEN 10210-3 Hot finished structural steel hollow sections - Part 3: Tolerances, dimensions and sectional properties prEN 10219-2 Cold formed welded steel structural hollow sections - Part 2: Tolerances, dimensions and sectional properties prEN ISO 683-3 Heat-treatable steels, alloy steels and free-cutting steels - Part 3: Case-hardening steels (ISO/ FDIS 683-3:2018)

ISO 18632:2018 Alloyed steels -- Determination of manganese -Potentiometric or visual titration method

ISO/DIS 13679 Petroleum and natural gas industries -- Procedures for testing casing and tubing connections

ISO 15835-3:2018 Steels for the reinforcement of concrete -- Reinforcement couplers for mechanical splices of bars -- Part 3: Conformity assessment scheme

ISO/DIS 11960 Petroleum and natural gas industries -- Steel pipes for use as casing or tubing for wells

-------------------------------------------PROGETTI UNSIDER IN INCHIESTA PREN E

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FprEN ISO 15630-1 Steel for the reinforcement and prestressing of concrete - Test methods - Part 1: Reinforcing bars, rods and wire (ISO/FDIS 15630-1:2018) FprEN ISO 15630-2 Steel for the reinforcement and prestressing of concrete - Test methods - Part 2: Welded fabric and lattice girders (ISO/FDIS 15630-2:2018) FprEN ISO 15630-3 Steel for the reinforcement and prestressing of concrete - Test methods - Part 3: Prestressing steel (ISO/FDIS 15630-3:2018) ISO/FDIS – PROGETTI DI NORMA INTERNAZIONALI

ISO/FDIS 20088-3 Determination of the resistance to cryogenic spillage of insulation materials -- Part 3: Jet release

ISO/DIS 20257-1 Installation and equipment for liquefied natural gas -- Design of floating LNG installations -- Part 1: General requirements

PROGETTI UNSIDER MESSI ALLO STUDIO DAL CEN (STAGE 10.99) – SETTEMBRE 2018

FprEN 10348-2 Steel for the reinforcement of concrete - Galvanized reinforcing steel - Part 2: Galvanized reinforcing steel products

ISO/DIS – PROGETTI DI NORMA INTERNAZIONALI

EN ISO 8434-1:2018 Metallic tube connections for fluid power and general use - Part 1: 24° cone connectors (ISO 8434-1:2018)

ISO 204:2018 Metallic materials -- Uniaxial creep testing in tension -- Method of test

FprEN 15655-1 Ductile iron pipes, fittings and accessories - Requirements and test methods for organic linings of ductile iron pipes and fittings - Part 1: Polyurethane lining of pipes and fittings

ISO/FDIS 20915 Life cycle inventory calculation methodology for steel products

ISO/DIS 35102 Petroleum and natural gas industries -- Arctic operations -- Escape, evacuation and rescue from offshore installations

ISO 4978:2018 Steel sheet and strip for welded gas cylinders

FPREN – PROGETTI DI NORMA EUROPEI

prEN ISO 13520 Determination of ferrite content in austenitic stainless steel castings (ISO 13520:2015)

EN 1563:2018 Founding - Spheroidal graphite cast irons

ISO/TR 10400:2018 Petroleum and natural gas industries -- Formulae and calculations for the properties of casing, tubing, drill pipe and line pipe used as casing or tubing

PROGETTI UNSIDER AL VOTO FPREN E ISO/ FDIS – SETTEMBRE 2018

ISO/FDIS 19277 coating systems under insulation Petroleum, petrochemical and natural gas industries -- Qualification testing and acceptance criteria for protective ISO/FDIS 15630-1 Steel for the reinforcement and prestressing of concrete -- Test methods -- Part 1: Reinforcing bars, rods and wire ISO/FDIS 15630-2 Steel for the reinforcement and prestressing of concrete -- Test methods -- Part 2: Welded fabric and lattice girders

ISO/DIS 11484 Steel products -- Employer's qualification system for non-destructive testing (NDT) personnel

ISO/FDIS 15630-3 Steel for the reinforcement and prestressing of concrete -- Test methods -- Part 3: Prestressing steel

ISO/DIS 6935-2 Steel for the reinforcement of concrete -- Part 2: Ribbed bars

ISO/FDIS 683-3 Heat-treatable steels, alloy steels and free-cutting steels -- Part 3: Case-hardening steels

ISO/DIS 6306 Chemical analysis of steel -- Order of listing elements in steel standards ISO/DIS 3085 Iron ores -- Experimental methods for checking the precision of sampling, sample preparation and measurement ISO/DIS 2597-4 Iron ores -- Determination of total iron content -- Part 4: Potentiometric titration method

La Metallurgia Italiana - n. 9 2018


Atti e notizie IN RICORDO DI MICHELE MARTINO Il 14 settembre scorso è mancato, dopo una breve e dolorosa malattia, l’amico e collega Michele Martino. Ci conoscevamo da quasi quarant’anni, io emerso dal mondo illusorio dell’Università, lui già figura importante nella ricerca alla Sanac di Genova Bolzaneto. Una realtà in cui mi ero trovato catapultato da circostanze e necessità - acciaio e refrattari non mi avevano minimamente interessato in quegli anni di petrolchimica e chimica fine – che lui, insieme ad altri, mi avrebbe aiutato ad affrontare negli anni a venire. Diplomato chimico presso il prestigioso Istituto Tecnico Industriale “G. Galilei” di Genova, fucina di generazioni di Periti Industriali, era poi passato a Geologia presso l’Università di Genova, materia che gli permetteva di coniugare la sua passione per i minerali con il piacere di camminare nella natura. Questa sua incapacità di stare fermo lo avrebbe caratterizzato per il resto della sua vita, fosse per visitare cave o impianti, cercare funghi o guidare gruppi di amici in gita. Nei successivi vent’anni di lavoro insieme, lui sempre più elemento chiave del Laboratorio R&D, io diviso tra Italsider e resto del mondo, il suo essere referente tecnico d’eccellenza è andato via via crescendo, sia che si trattasse di reperire materie prime refrattarie, sia di trovare nuove soluzioni di prodotti, sia di scoprire le cause di un fallimento nell’esercizio. Allo stesso tempo si è allargato il suo ruolo di formatore per le nuove generazioni di tecnici che si affacciavano al mondo del lavoro, sia in Sanac come nei corsi organizzati dall’AIM, dove non ha mai mancato di dare il suo contributo e il suo impegno in prima persona nel Comitato Refrattari. La pensione non ha arrestato questo processo: consulente apprezzato per la grande esperienza e la facilità di esposizione, segno di una profonda conoscenza della materia, ha sempre mantenuto una fitta rete di contatti in tutto il mondo, portando spesso la voce dei refrattaristi italiani nei congressi internazionali. Dall’inizio di quest’anno aveva deciso di ritirarsi dall’attività professionale e, come Cincinnato, tornare alle sue campagne piemontesi e fare il nonno. La malattia non gli ha concesso di coronare il suo sogno.

Dr. Ferruccio Pastorino

La Metallurgia Italiana - n. 9 2018

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in evidenza

Corso

Gli acciai inossidabili X Edizione

17-18-24-25 ottobre . 7-8-14-15 novembre 2018 Milano Centro Congressi Fast Organizzato da

L’Associazione Italiana di Metallurgia propone una nuova edizione del Corso avanzato sugli acciai inossidabili, dedicato a tecnici, ricercatori, professionisti e in generale agli operatori italiani del settore. Questa iniziativa offre ai partecipanti l’opportunità di approfondire e aggiornare le proprie conoscenze ed in particolare consente alle aziende del settore di programmare un’adeguata azione di formazione e aggiornamento del proprio personale. La decima edizione del Corso si sviluppa su un unico modulo distribuito in 8 giornate. Il Corso tratta in modo esaustivo la metallurgia ed i trattamenti termici degli acciai inossidabili, le diverse famiglie e le relative proprietà, i processi produttivi, le lavorazioni ed i prodotti, la saldatura e la sinterizzazione. Ampio spazio sarò inoltre dedicato alle norme di riferimento e alle specifiche di acquisto, oltre che ai criteri di progettazione e alla scelta del materiale in funzione degli impieghi. L’ultima giornata vedrà protagonista il mercato e le applicazioni degli acciai inossidabili. Le lezioni, di carattere monografico, sono connesse tra loro in modo logicamente consequenziale, così da facilitare ai partecipanti l’apprendimento e l’approfondimento panoramico degli argomenti trattati. I docenti di estrazione industriale e in minor parte accademica sono in grado di fornire ai partecipanti, nelle lezioni e nei dibattiti che le seguono, la diretta testimonianza delle proprie esperienze professionali. Per favorire inoltre il contatto tra i partecipanti e le realtà del mercato degli inossidabili, è organizzata durante le prime due giornate del Corso (17 e 18 ottobre 2018) la presentazione di “tavoli informatori” approntati a cura di diverse aziende sponsor. Coordinatori del Corso: Mario Cusolito, Sandro Fraccia

#corso #formazione #acciai #inossidabili #inox #metallurgia #processi #prodotti

IL PROGRAMMA COMPLETO E TUTTE LE INFORMAZIONI SONO DISPONIBILI SUL SITO www.aimnet.it


8th European Oxygen Steelmaking Conference Taranto . Italy 10-12 October 2018 Organised by

2018

With the support of

Exhibition & Sponsorship opportunities As an integral element of the event, EOSC 2018 will feature a table top Exhibition that will enable excellent exposure for company products, technologies, innovative solutions or services. At this opportunity the Organizers will set an area strategically located. This area will be a focal point of the Conference, so that enough time will be available to guarantee a perfectly targeted potential customer’s environment.

Companies will be able to reinforce their participation and enhance their corporate identification by taking advantage of the benefits offered to them as Sponsor of the Conference. Companies interested in exhibiting and/or sponsoring the event may contact the Organising Secretariat: aim@aimnet.it

CONTACTS

AIM - Associazione Italiana di Metallurgia Via Filippo Turati 8, 20121 Milan - Italy Tel. +39 02 76021132 Fax +39 02 76020551 E-mail: aim@aimnet.it

www.aimnet.it/eosc2018


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