La Metallurgia Italiana - Febbraio 2019

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La

Metallurgia Italiana

International Journal of the Italian Association for Metallurgy

n. 2 Febbraio 2019 Organo ufficiale dell’Associazione Italiana di Metallurgia. Rivista fondata nel 1909


GIORNATE NAZIONALI SULLA

xiii edizione

PALERMO - 3-5 LUGLIO 2019

La XIII edizione delle Giornate Nazionali sulla Corrosione e Protezione si terrà a Palermo dal 3 al 5 luglio 2019, presso il Campus dell’Università degli Studi di Palermo. Le Giornate rappresentano l’evento di riferimento a livello nazionale per la discussione ed il confronto sulle questioni scientifiche, tecnologiche e produttive, nell’ambito della corrosione e protezione dei materiali. In particolare, il Convegno prevede la presentazione dei risultati raggiunti da vari gruppi di studio e da numerose aziende del settore, in forma orale e poster.

Aree tematiche principali

spazio aziende e sponsorizzazione

segreteria organizzativa

Sulla pagina www.aimnet.it/gncorrosione sono disponibili numerose proposte per le aziende interessate alla sponsorizzazione dell’evento o ad uno spazio per l’esposizione di apparecchiature, la presentazione dei servizi e la distribuzione di materiale promozionale.

Organizzate da

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Corrosione delle strutture metalliche esposte all’atmosfera Corrosione e protezione delle reti idriche interrate Corrosione negli impianti industriali Protezione catodica: progettazione, collaudo, gestione e monitoraggio Comportamento a corrosione di leghe di titanio, nichel e acciai inossidabili Corrosione delle opere in calcestruzzo armato Corrosione dei beni culturali Corrosione negli impianti Oil & Gas Degrado e rilascio dei biomateriali metallici Rivestimenti e trattamenti superficiali Inibitori di corrosione Impatto delle nuove tecnologie produttive sulla corrosione Tecniche di studio e monitoraggio della corrosione Meccanismi di corrosione Case histories

ASSOCIAZIONE ITALIANA DI METALLURGIA Via Filippo Turati 8 · 20121 Milano · Italy tel: +39 02 76397770 · +39 02 76021132 info@aimnet.it www.aimnet.it

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gnC PALERMO 2019


La Metallurgia Italiana

La

Metallurgia Italiana

International Journal of the Italian Association for Metallurgy

n. 2 Febbraio 2019 Organo ufficiale dell’Associazione Italiana di Metallurgia. Rivista fondata nel 1909

International Journal of the Italian Association for Metallurgy Organo ufficiale dell’Associazione Italiana di Metallurgia. House organ of AIM Italian Association for Metallurgy. Rivista fondata nel 1909

n. 2 Febbraio 2019

Anno 111 - ISSN 0026-0843

Direttore responsabile/Chief editor: Mario Cusolito Direttore vicario/Deputy director: Gianangelo Camona Comitato scientifico/Editorial panel: Livio Battezzati, Christian Bernhard, Massimiliano Bestetti, Wolfgang Bleck, Franco Bonollo, Bruno Buchmayr, Enrique Mariano Castrodeza, Emanuela Cerri, Lorella Ceschini, Mario Conserva, Vladislav Deev, Augusto Di Gianfrancesco, Bernd Kleimt, Carlo Mapelli, Jean Denis Mithieux, Marco Ormellese, Massimo Pellizzari, Giorgio Poli, Pedro Dolabella Portella, Barbara Previtali, Evgeny S. Prusov, Emilio Ramous, Roberto Roberti, Dieter Senk, Du Sichen, Karl-Hermann Tacke, Stefano Trasatti Segreteria di redazione/Editorial secretary: Valeria Scarano Comitato di redazione/Editorial committee: Federica Bassani, Gianangelo Camona, Mario Cusolito, Carlo Mapelli, Federico Mazzolari, Valeria Scarano Direzione e redazione/Editorial and executive office: AIM - Via F. Turati 8 - 20121 Milano tel. 02 76 02 11 32 - fax 02 76 02 05 51 met@aimnet.it - www.aimnet.it

Rivestimenti & tribologia / Coatings & Tribology Layered Double Hydroxides (LDH): applicazioni di interesse per la metallurgia M. Richetta, A. Varone, R. Pizzoferrato

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Valutazione della degradazione della lega di magnesio AZ31 rivestita con polidopamina per impianti bio-riassorbibili A. Acquesta, A. Carangelo, T. Monetta 15 Wear behaviour of a plasma-sprayed Al2O3-13%TiO2 ceramic coating/steel couple under high constant and variable loads C. Soffritti, R. Vazquez Aguilar, A. Fortini, M. Merlin, G.L. Garagnani 21 Ghisa sferoidale / Ductile iron Caratterizzazione meccanica di getti di grande spessore in ghisa sferoidale E. Foglio, M. Gelfi, A. Pola, D. Lusuardi

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Attualità industriale / Industry news Manifestazioni AIM

siderweb LA COMMUNITY DELL’ACCIAIO

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Zincatura per diffusione come alternativa ecologica ai processi tradizionali a cura di: L. Montesano, M. Tocci, B. Delibashi, M. Gelfi, A. Pola 51 Rivestimenti industriali di DLC ad alte prestazioni con sistemi di deposizione PVD e PPD a cura di: A. Neri, V. Pasello, C. Martini, A. Morri 59 Scenari / Experts' Corner Intervista a Donato Mattavelli

Intervista all’Ing. Alessandro Farinotti

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Atti e notizie / Aim news Calendario eventi internazionali Rubrica dai Centri Norme pubblicate e progetti in inchiesta

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l’editoriale La Metallurgia Italiana

Ing. Mariangiola Brisotto Italfond Spa/Presidente del Centro di Studio AIM Rivestimenti

Ing. Giovanni Bolelli Università di Modena e Reggio Emilia/Vicepresidente del Centro di Studio AIM Rivestimenti

Da un punto di vista ingegneristico, la superficie può essere definita come la regione di un materiale che interagisce con l’ambiente esterno. La superficie controlla quindi la risposta di un componente a sollecitazioni di varia natura (meccanica, tribologica, termica, ottica, ecc.), determinandone, in larga misura, la funzionalità. La modifica delle proprietà delle superfici ha perciò assunto un ruolo di primaria importanza nella tecnologia moderna. A seconda dello specifico fenomeno di interazione in esame, la profondità della regione definibile come “superficie” varia da una scala nanometrica o sub-micrometrica, in ambiti come l’ottica e la microelettronica, fino al micrometro o, talora, al millimetro ed oltre, soprattutto quando si considerino interazioni meccaniche e tribologiche. Altrettanto varia è quindi la gamma di tecnologie che attualmente costituiscono il settore denominato “ingegneria delle superfici”. Fra queste, le tecnologie di rivestimento offrono forse la più ampia versatilità, consentendo di accoppiare, a un materiale base, strati superficiali di vario spessore, composizione chimica, struttura e/o microstruttura. Il rivestimento è diventato in molti casi un elemento essenziale, senza il quale un componente o un intero sistema non potrebbero soddisfare le specifiche di progetto. Si pensi ad esempio all’importanza dei rivestimenti protettivi anti-usura e/o anti-attrito per il funzionamento di accoppiamenti tribologici caratterizzati da elevate pressioni di contatto e/o elevate velocità relative, particolarmente ricorrenti in settori quali l’automotive, il packaging, l’oil & gas, ecc. Anche la funzionalità estetica (colore, lucentezza, finitura), di fondamentale importanza per numerosi prodotti destinati al consumo, viene spesso gestita tramite riporti superficiali. Dati di mercato confermano una continua espansione dell’industria dei rivestimenti. Ad esempio, mentre nel 2000 il mercato dei rivestimenti ottenuti per termospruzzatura e placcatura in Europa è stato stimato a 800 M€ [1], nel 2013 il mercato della sola termospruzzatura (considerando Europea e vicino oriente) era già cresciuto fino a oltre 2000 M€ [2]. Analogamente, nel settore dei rivestimenti PVD, una crescita globale annua di oltre il 6% è attesa per il periodo 2019-2025 [3]. In queste e in altre tecnologie di rivestimento, l’Europa ha un ruolo di primo piano a livello mondiale. Le memorie presentate in questo volume sono rappresentative della varietà e vitalità del settore dei rivestimenti: gli argomenti trattati includono riporti ceramici anti-usura ottenuti per termospruzzatura, film tribologici in DLC, nuovi metodi di zincatura a basso impatto ambientale, rivestimenti organici per impianti medicali bio-riassorbibili, e nuovi additivi per passivazioni anti-corrosione esenti da cromati. I contributi provengono sia da enti di ricerca, sia dall’industria, confermando l’importanza della collaborazione fra tali realtà per garantire un’effettiva trasferibilità dei risultati. Nelle loro tematiche, si rileva chiaramente un filo conduttore: la ricerca di nuovi materiali e nuovi metodi che garantiscano sostenibilità, eco-compatibilità o bio-compatibilità. Tali requisiti sono di fondamentale importanza per numerosi settori industriali, e l’ingegneria delle superfici può giocare un ruolo fondamentale per il loro raggiungimento.

[1] Thermal Coatings in Europe: A Business Perspective, J. Therm. Spray Technol. 10(3) (2001) 407 [2] Challenges and strategies for the growth of thermal spray markets: the sixpillar plan, J. Therm. Spray Technol. 22(5) (2013) 559-563 [3] https://www.grandviewresearch.com/industry-analysis/physical-vapor-deposition-pvd-market (ultimo accesso: 8/02/2019) 4

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Rivestimenti & tribologia

Layered Double Hydroxides (LDH): applicazioni di interesse per la metallurgia M. Richetta, A. Varone, R. Pizzoferrato

I Layered Double Hydroxides (LDH) sono nano-materiali lamellari ionici bidimensionali, appartenenti alla classe delle argille anioniche. La loro struttura consiste in strati tipo – brucite, carichi positivamente, intercalati con anioni che garantiscono la neutralità del materiale. La morfologia a strati, unita alla flessibilità d’intercalare specie anioniche differenti (sia inorganiche che organiche) e in composizioni variabili, ha suscitato, e suscita, un crescente interesse in campi di ricerca molto distanti fra loro, dalla medicina all’ingegneria. Con lo scopo di soddisfare le specifiche esigenze, tra loro molto distanti, sono stati compiuti notevoli sforzi per progettare LDH ingegnerizzati e adattarne le proprietà chimico/fisiche alle differenti applicazioni. Tra queste, di particolare rilevanza, sono quelle concernenti i processi e i prodotti della metallurgia. Questo documento presenta le caratteristiche, alcuni percorsi di preparazione e rivede le applicazioni degli LDH alla metallurgia con esempi tratti dalla ricerca sperimentale degli autori.

PAROLE CHIAVE: LDH – NANOMATERIALI – RAFFINAZIONE DELL’ALLUMINA – RIVESTIMENTI ANTICORROSIONE – FUNZIONALIZZAZIONE DI SUPERFICI – CATALISI – BONIFICA DI COMPOSTI VOLATILI ORGANICI – RIMOZIONE DI METALLI PESANTI

INTRODUZIONE I Layered Double Hydroxide (LDH) sono materiali lamellari ionici 2D appartenenti al gruppo delle argille anioniche. La struttura degli LDH si basa su strati di tipo-brucite contenenti cationi, sia divalenti che trivalenti, coordinati a sei gruppi idrossilici OH [1,2]. La sostituzione di cationi M2+ con M3+, a causa dello squilibrio di carica, dà luogo alla ripetizione infinita di strati positivamente carichi (lamelle) alternati ad anioni (vedi Figura 1) necessari a bilanciare la carica positiva degli strati d’idrossido. Il rapporto molare x = M3+ / (M3++ M2+) varia generalmente da 0,2 a 0,4. Recentemente la specificità di tale struttura ha suscitato un crescente interesse e molti lavori in letteratura riguardano svariati campi e applicazioni. Innanzitutto, vi è una grande varietà di scelta per i due metalli cationici, con una conseguente ampia gamma di proprietà strutturali, fisiche e chimiche; in secondo luogo, la ripetizione di domini inter-lamellari consente di progettare solidi con un enorme rapporto superficie/volume; terzo, gli LDH possono ospitare e scambiare ioni metallici di valenza mista, molecole d'acqua e anche molecole organiche relativamente complesse, intercalate nello spazio inter-lamellare. Queste precipue proprietà fisicochimiche sono state sfruttate La Metallurgia Italiana - n. 2 2019

per applicazioni in campi molto distanti, dall'ingegneria alla medicina e tra queste di particolare interesse sono quelle riguardanti la metallurgia. Il numero di applicazioni è molto elevato e rende impossibile una trattazione esaustiva, pertanto la presente trattazione sarà focalizzata su quelle di maggiore rilevanza. Precisamente: i) processo Bayer, ii) bonifica di composti organici volatili (VOC) in gas di scarico da impianti industriali, iii) cattura di metalli pesanti in rifiuti liquidi di impianti industriali, iv) rivestimenti anticorrosivi.

M. Richetta, A. Varone, R. Pizzoferrato Dipartimento di Ingegneria Industriale, Università di Roma “Tor Vergata”, Roma, Italia

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Coatings & Tribology

Fig. 1 – Struttura schematica di LDH / General structure of LDHs. In questo lavoro saranno descritte brevemente le caratteristiche di LDH, alcune procedure di sintesi e presentate specifiche applicazioni metallurgiche. Saranno inoltre riportati risultati sperimentali ottenuti dagli autori. CARATTERISTICHE La struttura di un LDH ideale è basata su unità M(OH)6 ottaedriche con bordo condiviso che formano strati complanari tipo brucite, impilati gli uni sugli altri a formare strutture 3D [3-7],

come mostrato nella Figura 1. A differenza della brucite, formata solo da idrossido di magnesio neutro, i fogli di LDH acquisiscono una carica positiva netta dovuta alla sostituzione di una certa frazione “x” di cationi M2+ con M3+. Queste cariche positive sono bilanciate da una varietà di anioni ospiti, intercalabili tra gli strati, insieme a molecole d'acqua. Di conseguenza, si forma una struttura stratificata, simile all'idrotalcite, che può essere rappresentata con la formula generale seguente:

[1] Vi sono alcuni vincoli sul rapporto molare “x” poiché la stabilità del reticolo richiede 0.2 < x < 0.4. Il limite superiore è essenzialmente dovuto alla repulsione elettrostatica tra cationi trivalenti vicini e alle regole di Pauling. Mentre è necessaria una concentrazione minima di M3+ poiché il conseguente squilibrio di carica fa sì che le forze elettrostatiche mantengano tanto la suddivisione in strati che l'intera struttura 3D. Sono stati sintetizzati LDH contenenti vari cationi metallici (divalenti: Zn, Mg, Mn, Fe, Co, Ni, Cu e Ca; trivalenti: Al, Mn, Cr, Fe, Co, Ni, La) e anche preparati con più di due diversi, con la possibilità di ulteriori variazioni delle proprietà fisicochimiche. I due cationi metallici si ritengono distribuiti casualmente negli strati su una struttura esagonale e la costante reticolare “a” è una combinazione lineare dei raggi ionici e della frazione di sostituzione “x”. Anche se ci sono alcune prove di ordinamento locale dei cationi, si hanno ancora risultati controversi per l'or6

dine a lungo raggio delle sovrastrutture [4,10]. Pertanto, l'uso di formule stechiometriche rappresenta solo una formalizzazione semplificata giacché gli LDH studiati sono essenzialmente non stechiometrici anche a livello microscopico. I domini interlamellari contengono anioni, molecole d'acqua e, in alcuni casi, altre specie organiche/inorganiche neutre o cariche. Queste frazioni sono in genere debolmente legate alle lamelle ospiti e possono quindi essere localizzate durante la formazione della struttura 3D o inserite mediante scambio anionico. Gli anioni possono essere i più disparati, quali, ad esempio: alogenuri, ossoanioni non metallici, anioni ossometallati, anioni organici, biomolecole anioniche, ecc. Sono state intercalate anche molecole neutre, possibilmente con successiva dissociazione nell’acqua interlamellare come nel caso dei liquidi ionici [11]. Tecniche di caratterizzazione strutturale, come XRD ed EXAFS, e alcune caratteristiche fisiche degli LDH, (conduttività elettrica, La Metallurgia Italiana - n. 2 2019


Rivestimenti & tribologia proprietà di idratazione) confermano che i domini interlamellari sono in uno stato disordinato, considerato da alcuni quasiliquido [12]. Ciò è anche dovuto alla significativa presenza di acqua. In effetti, l'acqua negli LDH è generalmente distinta in due tipi [13]: quella legata ai domini degli strati intermedi e alla superficie esterna degli LDH anche in condizioni asciutte: acqua cristallizzata; quella adsorbita/desorbita a varie temperature, a seconda delle condizioni di umidità e di pressione di vapore: acqua adsorbita. Questo contenuto variabile d'acqua favorisce una delle caratteristiche più peculiari degli LDH: lo scambio anionico. È, infatti, facile scambiare un gran numero di anioni interlamellari con una varietà di altri semplicemente immergendo lo LDH sintetizzato con i "vecchi" anioni in una soluzione con un eccesso di "nuovi" preparando così nuovi LDH. La reazione di scambio anionico è rivelata dalle variazioni della distanza tra due fogli successivi d’idrossido, che è correlata alla forma e alla densità di carica degli anioni intercalati. Come risultato di quest’adattabilità, gli LDH possono ospitare anche molecole relativamente grandi e complesse. Questa spaziatura interstrato “d”, definita come lo spessore di un foglio d’idrossido più uno spazio interstrato, è comunemente determinata dalla diffrazione dei raggi X (XRD). TECNICHE DI SINTESI Gli LDH possono essere sintetizzati attraverso un ampio numero di tecniche. La scelta dipende da: i cationi che formano gli

strati idrossido, gli anioni intercalati e le proprietà desiderate per il materiale finale (cristallinità, porosità, morfologia, ecc.) [3-7]. I vari metodi possono essere schematicamente raggruppati in due classi principali: metodi diretti e metodi indiretti. I metodi diretti comprendono: co-precipitazione, metodo “salt-oxide”, sintesi sol-gel, sintesi elettrochimica, crescita “in situ”. Quelli indiretti, che sono piuttosto trattamenti aggiuntivi e modifiche di LDH pre-sintetizzati, comprendono: scambio anionico, ricostruzione e delaminazione. In quanto segue ci limiteremo a riportare una breve descrizione della sintesi per co-precipitazione e della crescita del film “in situ”. CO-PRECIPITAZIONE La co-precipitazione è stata il primo approccio per la preparazione di LDH misti [14]. Spesso è abbinata a un trattamento idrotermale per migliorare cristallinità e dimensioni [15-17]. Fondamentalmente, si tratta di una reazione chimica a bassa temperatura che avviene all'interno di una soluzione mista di sali metallici bivalenti e trivalenti, in proporzioni appropriate, in presenza di una base metallica alcalina, a temperatura controllata, valore di pH selezionato e sotto vigorosa agitazione. La presenza della base provoca la contemporanea precipitazione dei cationi metallici nella forma d’idrossido:

[2]

dove A rappresenta l'anione selezionato. Il precipitato è raccolto per filtrazione, lavato ed essiccato in forno. Il trattamento termico o idrotermale può quindi essere eseguito per migliorare la cristallinità. Il metodo di co-precipitazione può essere effettuato a pH variabile o costante, corrispondente a condizioni di sovrasaturazione alta e bassa. In generale, la co-precipitazione fornisce un percorso diretto per preparare un LDH con composizione definita. Offre altresì un elevato controllo dei parametri di sintesi come temperatura, pH, rapporto cationico, concentrazione e tempo d’invecchiamento. In questo modo è possibile ottenere fasi ben cristallizzate e una buona sintonizzazione del rapporto M2+/M3+. Inoltre l'intercalazione di diverse specie anioniche negli spazi interlamellari può essere facilmente ottenuta utilizzando il corretto controione nei sali metallici e/o dissolvendo le specifiche specie, inorganiche o organiche, nella stessa soluzione acquosa della sintesi [4]. CRESCITA “IN-SITU” Si tratta di un altro metodo one-step per la deposizione diretta di film LDH con buona adesione e morfologia controllabile [18-20]. Potrebbe essere considerato una sorta di metodo di La Metallurgia Italiana - n. 2 2019

co-precipitazione modificato giacché uno dei due metalli non è fornito dal corrispondente sale disciolto ma dal substrato stesso. Infatti, il substrato agisce sia come fonte di reazione del metallo sia come substrato parzialmente sacrificale per la crescita del film. Questo approccio è più semplice della deposizione elettrochimica poiché richiede solo l'immersione del substrato nella soluzione acquosa dell'altro sale metallico e una base per controllare il pH. Inoltre, in linea di principio, consente di depositare film di LDH su qualsiasi superficie, a condizione che un sottile strato del metallo reagente copra la superficie. Aspetto estremamente importante è che il layer metallico può essere modellato in modo da formare circuiti stampati con tracce e/o placche che supportano la crescita di LDH. Ciò potrebbe ovviamente essere molto utile per la realizzazione sia di sensori che di dispositivi integrati [21]. D'altra parte, finora è ancora da dimostrare un controllo adeguato del film depositato sia in termini di composizione sia di morfologia [22,23]. ANALISI MORFOLOGICA In un precedente lavoro (Richetta et al. [22]) le nanostrutture di (Zn-Al) LDH sono state cresciute su fogli di alluminio. Una 7


Coatings & Tribology soluzione, in rapporto 1:1, di cloruro di zinco ZnCl2 ed esametilentetrammina (C6H12N4), alla concentrazione di 5mM, è stata impiegata per la crescita idrotermale di LDH, con anioni intercalati Cl-. La stessa concentrazione di Zn(NO3)2 è stata utilizzata per campioni intercalati con anioni NO3-. L'esametilentetramina ha agito come regolatore del pH per la basicità della soluzione, attraverso l'idrolizzazione e il rilascio di ammoniaca.

(A)

Lo spettro XRD, visualizzato in Figura 2 (A), ha evidenziato la struttura cristallina esagonale dello (Zn, Al) LDH. Per tutti i campioni (intercalati con Cl- e NO3-) il parametro reticolare “a” (distanza tra due cationi metallici) è risultato a = 3.065 Å, mentre il parametro reticolare “c” (spaziatura tra i piani basali di celle esagonali) ha mostrato alcune differenze a seconda degli anioni intercalati variando da 7,55 a 7,57 Å, rispettivamente.

(B)

(C)

Fig. 2 – Spettro XRD di (Zn-Al) LDH, intercalato con anioni Cl- (A). Micrografie SEM di (Zn-Al) LDHs cresciuti su substrati di Al con anioni Cl- (B) e NO3- (C) intercalati / XRD spectrum of (Zn-Al) intercalated with Cl- anions (A). SEM micrographs of (Zn-Al) LDHs grown on an Al substrate with Cl- (B) and NO3- (C) intercalated anions.

Le Figura 2 (B) e 2 (C) mostrano le strutture ottenute operando a T=80°C con tempi di crescita diversi. I campioni mostrano una morfologia petal-like e si è osservato che un tempo di crescita più lungo dà origine a una struttura più grossolana. La spettroscopia fotoelettronica a raggi X (XPS) e la spettroscopia con fotoemissione ultravioletta (UPS) hanno dimostrato una correlazione tra il contenuto di Al e la morfologia degli LDH. In particolare, un alto contenuto disponibile di Al è collegato a una piccola dimensione di petali, in quanto esso potrebbe favorire la nucleazione aumentando il numero di siti di nucleazione [22]. La cinetica di crescita è stata studiata misurando lo spessore del petalo in funzione di temperatura e tempo di trattamento. Partendo dal presupposto che la diffusione degli atomi di Al controlli la velocità del processo, abbiamo calcolato un'energia di attivazione Q = 0,73eV. Tale valore è molto più basso dell'energia di auto-diffusione di Al (Qsd = 1,31eV [24]), quindi sembra che la crescita dipenda fortemente dalle specifiche caratteristiche microstrutturali del substrato di alluminio. Per questi motivi, il valore Q calcolato è stato confrontato con l'energia di attivazione della diffusione lungo le dislocazioni (Qp = 0,85 eV [25]), e l'energia di attivazione della diffusione lungo i bordi di grano (Qgb = 0,55 eV [26]). Poiché Qgb <Q <Qp il valore di 0,73 eV è un'energia di attivazione apparente, non dipendendo da un singolo fenomeno fisico ma dalla diffusione

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lungo entrambi i tipi di difetti: bordi di grano e dislocazioni. In altre parole, la crescita sarebbe controllata dai difetti reticolari presenti nel substrato di Al. Conclusioni simili sono state tratte da Forticaux et al. [27] che hanno evidenziato come la morfologia osservata dei “nanoflower” potrebbe essere il risultato di una crescita incontrollata di nanopetali dislocati in modo discreto e/o di un parziale distacco di strati a spirale ancorati al core della dislocazione. E’ stato inoltre suggerito che la crescita delle nanostrutture di LDHs possa essere guidata dalle dislocazioni. Naturalmente, una crescita controllata dei cristalli può portare grandi benefici alla preparazione di LDH con nanostrutture definite e proprietà potenzialmente migliorate. Sono in corso ulteriori lavori per valutare i risultati ottenuti e controllare la cinetica di crescita LDH cambiando la microstruttura del substrato di alluminio attraverso trattamenti meccanici e termici. APPLICAZIONI METALLURGICHE Il numero di applicazioni degli LDH è molto elevato e rende impossibile una descrizione completa, pertanto l'attenzione sarà focalizzata su quelle più rilevanti: 1) processo Bayer, 2) bonifica di composti organici volatili (VOC) nei gas di scarico d’impianti industriali, 3) cattura di metalli pesanti in rifiuti liquidi d’impianti industriali, 4) rivestimenti anticorrosione. 1) Processo Bayer - Il processo Bayer è il metodo più impor-

La Metallurgia Italiana - n. 2 2019


Rivestimenti & tribologia tante ed economico per estrarre Al2O3 dalla bauxite. L'estrazione e la lavorazione dell'allumina derivano da una serie di operazioni, per lo più indipendenti, che si svolgono in diversi impianti. I passaggi di tale processo sono ben noti. Ci limiteremo pertanto a considerare le fasi in cui gli LDH possono giocare un ruolo significativo. (A) Gli LDH possono essere utilizzati per rimuovere specie organiche e/o inorganiche nel processo Bayer e sono stati brevettati vari metodi. Il meccanismo di rimozione accoppia l'intercalazione di piccoli anioni con l'adsorbimento di molecole organiche più grandi sulle superfici esterne [28,29]. Tuttavia, l'obiettivo principale del processo è estrarre la quantità massima di allumina dalla bauxite. Molti hanno proposto nuovi processi per il recupero dell’allumina dal liquor [28-30]. La maggior parte si basa su: i) trattamento del primo liquor con un idrossido di un metallo diverso dall'alluminio per formare un Al-LDH-cuscinetto e produrre un flusso trattato di primo liquor, con una concentrazione finale di ioni alluminati inferiori a quella iniziale; (ii) separazione dell'Al-LDH dal flusso trattato del primo bagno; (iii) restituzione del flusso trattato in una prima ubicazione all'interno di una raffineria. L'Al-LDH separato può essere immagazzinato, venduto o sottoposto ad ulteriore trattamento nella raffineria di allumina per utilizzare i valori di allumina ivi contenuti. Molti tipi di LDH a base di alluminio possono essere adottati come: idrotalcite, idrocalcite, (Li,Al)LDH, (Mg,Al)-LDH. Un esempio è rappresentato dal processo brevettato da Rosenberg [31]. Un trattamento di acque naturali o di acque reflue contenenti Mg disciolto o Al disciolto è stato sviluppato da Douglas [32]. 2) Bonifica di Composti Organici Volatili (VOC) nei Gas di Scarico di Impianti Industriali - Uno dei principali inconvenienti di alcune attività industriali è il rilascio di composti organici volatili (VOC). Questo è il caso di vari solventi, richiesti in una serie di processi tecnologici, che sfuggono e contribuiscono all'inquinamento atmosferico. I VOC più comuni che richiedono un trattamento sono: (i) carbonio alifatico; (ii) idrocarburi

aromatici; (iii) idrocarburi clorurati; (iv) alcoli, eteri e fenoli; (v) chetoni e aldeidi. Una tecnologia efficace per il controllo dei VOC è l'ossidazione, sia termica sia catalitica. Le unità di ossidazione possono distruggere quasi il 75% di VOC e di emissioni tossiche. Se un VOC è riscaldato a una temperatura sufficientemente alta in presenza di ossigeno, si convertirà in un prodotto finale innocuo. Durante l'ossidazione termica, l'aria inquinata da VOC è catturata da un sistema di ventilazione, preriscaldata e bruciata ad alta temperatura per formare anidride carbonica e acqua. L'ossidazione catalitica, simile a quella termica, combina uno scambiatore di calore convenzionale con un catalizzatore: un letto di materiali attivi che facilita la reazione di combustione complessiva. Il catalizzatore all'interno dell'unità di combustione abbassa l'energia di attivazione per la combustione, che avviene a temperature inferiori (320-540°C) evitando la formazione di sottoprodotti NOx [33]. Tipici materiali per catalizzatori sono: platino, palladio e ossidi metallici come cromo-allumina, ossido di cobalto, ossido di rame e ossido di manganese. Spinti dalla necessità di ridurre i costi di produzione e aumentare la resistenza all'avvelenamento dei catalizzatori commerciali, ci si è sforzati di trovarne di nuovi che presentassero un'attività simile o superiore rispetto a quella dei catalizzatori di metalli nobili [34]. Gli LDH mostrano potenzialità promettenti per la generazione di ossidi misti ben dispersi, attivi e stabili [35], inoltre presentano un'elevata attività e una stabilità robusta per la combustione dei VOC. Il metodo di sintesi, la temperatura di calcinazione, i precursori e i promotori influenzano l'attività e le proprietà fisico-chimiche dei catalizzatori. Strutture nano-dimensionate mostrano un'attività più elevata a causa della superficie specifica più alta, anche grazie all'ossigeno in superficie. Di conseguenza, molte attività di ricerca sono ora focalizzate sullo sviluppo di nuove vie di sintesi che portano a campioni termicamente stabili con una dimensione cristallina ancora inferiore (<10 nm).

Fig. 3 – Ossidazione di etanolo su catalizzatori ottenuti mediante calcinazione di Co: Mn: Al - LDHs (ridisegnato da Kovanda et al. [36]) / Oxidation of ethanol over catalysts obtained by calcinations of Co:Mn:Al - LDHs (redrawn from Kovanda et al. [36]). La Metallurgia Italiana - n. 2 2019

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Coatings & Tribology 3) Cattura di metalli pesanti in rifiuti liquidi d’impianti industriali - La presenza di vari inquinanti ambientali nell'acqua ha sollevato preoccupazioni a livello mondiale. I contaminanti tossici includono composti organici e inorganici. La maggior parte di questi sottoprodotti, in particolare i metalli pesanti, non sono biodegradabili, si accumulano negli organismi viventi e costituiscono una seria minaccia per l'ambiente e la salute [37]. Oltre all'ampia area superficiale e all'elevata capacità di scambio anionico, gli LDH hanno una regione di interstrato flessibile e accessibile a varie specie anioniche e molecolari polari, ciò garantisce un’elevata efficienza di rimozione dei contaminanti. Sono stati proposti tre diversi meccanismi per controllare la rimozione dal mezzo acquoso mediante LDH: (i) adsorbimento superficiale, (ii) scambio di anioni interstrato, (iii) ricostruzione, per effetto memoria, di precursori LDH calcinati [38]. Negli ultimi anni sono state pubblicate molti lavori sull'assorbimento di contaminanti da LDH. I contaminanti includono ossoanioni [39], anioni monoatomici [40] cationi [41], sostanze organiche [42] e gas [43]. Ad esempio, Kovanda et al. [44] hanno dimostrato le capacità di Co: Mn: Al LDH (calcinato a 500 ° C) nell'ossidazione totale di etanolo (vedi Figura 3). Un certo numero di studi ha anche dimostrato che gli LDH caricati con ossoanioni potrebbero essere rigenerati [93-98]. La capacità di adsorbimento degli LDH si riduce gradualmente dopo alcuni cicli di rigenerazione. Inoltre, alcuni lavori di ricerca sono apparsi sul possibile recupero di adsorbati, come As (V), PO43- e Cr (VI) dagli LDH esausti [45]. 4) Rivestimenti anticorrosivi - I progressi nell'ingegneria delle superfici, nei nanomateriali e nelle nanotecnologie consentono la manipolazione del materiale fino alla scala molecolare. I rivestimenti funzionali sono stati studiati per varie applicazioni, comprese quelle che richiedono protezione dalla corrosione. In quest'ultimo caso, i rivestimenti devono comportarsi come una barriera fisica contro l'attacco di specie aggressive verso l'interfaccia metallica. Inoltre, il rivestimento deve essere anche in grado di inibire il processo di corrosione se la barriera protettiva è interrotta. Pertanto, la protezione dalla corrosione richiede pigmenti anticorrosione o inibitori di corrosione per proteggere il metallo sottostante. Lo spessore del sistema di rivestimento e il numero di strati dipendono dall'applicazione finale del materiale rivestito e può variare da poche fino a diverse centinaia di micron. Per molto tempo, i sistemi di protezione si basavano sull'uso di trattamenti superficiali ricchi di cromato e/o di primer e pigmenti basati su cromati. Tuttavia, l'uso del cromo esavalente in quasi tutti i settori è attualmente vietato. Molte alternative sono state esplorate. In particolare, sono state perseguite due strategie principali: i) incapsulamento/caricamento di specie attive funzionali nei trasportatori ospiti; ii) manipolazione della composizione della matrice di rivestimento per l'inclusione di gruppi funzionali bulk e/o di superficie. Gli LDH sono stati utilizzati per immagazzinare inibitori di corrosione inorganici, rilasciandoli mediante meccanismi di scambio ionico [46]. Recentemente, è stata data attenzione alla composizione di LDH, alla capacità di immagazzinare differenti specie funzionali e all'impatto sulle proprietà barriera dei rivestimenti ibridi e organici. Ad esempio, 10

ioni diversi come vanadati e inibitori organici sono stati intercalati in LDH, con un'efficace capacità di guarigione studiata in dettaglio [47]. L'effetto inibitore di LDH caricato con mercaptobenzotiazolo e aggiunto ai rivestimenti epossidici applicati su AA2024 è stato rivelato mediante spettroscopia di impedenza localizzata. L'efficienza d’inibizione della corrosione è stata testata in difetti artificiali formati nel rivestimento AA204. Snihirova et al. [48] hanno dimostrato che i contenitori di LDH forniscono un'inibizione efficace della corrosione nella fase iniziale. Gli LDH hanno evidenziato una proprietà interessante, cioè agiscono come cacciatori di ioni cloruro. Tedim et al. [49] evidenzia la capacità dell'LDH contenente nitrato di intrappolare gli ioni cloruro che si diffondono attraverso un rivestimento, un processo che può contribuire ad aumentare la protezione dalla corrosione dei rivestimenti organici. Si prevede che l'LDH invii l'inibitore di corrosione alle aree corrosive quando la matrice di rivestimento è danneggiata. Le dispersioni di LDH in matrici polimeriche possono anche determinare migliori proprietà meccaniche e capacità di dissipazione dello stress. Un altro vantaggio è che non danneggiano le proprietà barriera delle matrici organiche come dimostrato in studi recenti [50]. Gli LDH caricati con inibitori di corrosione efficaci sembrano essere una potente opzione per progettare nuovi rivestimenti organici intelligenti e presentare un potenziale di scala. Un'applicazione molto importante è quella delle leghe di magnesio. Hanno proprietà meccaniche eccellenti, quindi dovrebbero essere applicate nell'industria automobilistica, aerospaziale e elettronica, tuttavia sono vulnerabili all'aggressione degli ioni di cloro in un ambiente neutro o acido a causa dei loro potenziali inferiori. La corrosione delle leghe di magnesio è un problema critico per le loro applicazioni industriali su larga scala. Zeng et al. [51] hanno preparato un rivestimento Zn-Al LDH (ZnAl-LDH) di dimensioni nano mediante co-precipitazione e metodo di trattamento idrotermale su lega AZ31 Mg e al fine di prolungare la durata del rivestimento ZnAl-LDH, un acido polilattico (PLA) il rivestimento è stato sigillato sullo strato superiore del rivestimento usando un metodo di liofilizzazione sotto vuoto. CONCLUSIONI Ad oggi molti articoli evidenziano diversi aspetti della sintesi e/o delle applicazioni degli LDH in numerosi e svariati campi. Il presente documento ha fornito una panoramica delle caratteristiche e dei principali percorsi di preparazione degli LDH. Inoltre, rivede le loro applicazioni a processi e prodotti metallurgici. Dal 1960 sono stati utilizzati nel processo Bayer di raffinazione di allumina, come dimostrato dall'ampio numero di brevetti industriali. Altre domande più recenti riguardano: i) bonifica di composti organici volatili (COV) nei fumi di scarico; ii) cattura di metalli pesanti in rifiuti liquidi d’impianti industriali; iii) rivestimenti anticorrosione. Alcuni esempi sono stati presi dalla ricerca sperimentale degli autori. Inoltre, quando gli LDH vengono cresciuti su substrato metallico, è importante conoscere le caratteristiche microstrutturali del substrato. Sulla base dei precedenti risultati dell'autoLa Metallurgia Italiana - n. 2 2019


Rivestimenti & tribologia re e dei collaboratori, il documento mostra come la densità di dislocazione e la dimensione dei grani del substrato di alluminio possano influenzare il tasso di crescita degli LDH. Pertanto, in alcuni percorsi di preparazione la metallurgia diventa di fondamentale importanza per controllare il processo di crescita di LDH e le caratteristiche finali. Infine, è interessante osservare

che l'alta frequenza con cui appaiono le applicazioni innovative è stimolata dall'elevata versatilità e dal basso costo degli LDH e suggerisce che questi nanomateriali potrebbero svolgere un ruolo sempre più importante nella metallurgia nel prossimo futuro.

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Coatings & Tribology

Layered Double Hydroxides (LDH): applications of interest to metallurgy Layered Double Hydroxides (LDHs) are 2D ionic lamellar nano-materials belonging to the group of anionic clays. Their structure consists of positively charged brucite-like layers and intercalated anions. The layered structure, together with the flexibility to intercept different anionic species (both inorganic and organic) in variable compositions has attracted increasing interest. In order to meet specific requirements in very distant fields, considerable efforts are made to tailor the physical/chemical properties of LDHs and to design engineered LDH for several applications among which those related to metallurgical processes and products are of particular interest. This paper presents the characteristics, some preparation routes and reviews the applications of LDH to metallurgy with some examples taken from the experimental research of the author.

KEYWORDS: LDH – NANOMATERIALS – ALUMINA REFINEMENT – ANTICORROSION FILM – SURFACE FUNCTIONALIZATION – CATALYSIS – VOCS REMEDIATION – HEAVY METAL REMOVAL

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Rivestimenti & tribologia

Valutazione della degradazione della lega di magnesio AZ31 rivestita con polidopamina per impianti bio-riassorbibili A.Acquesta, A. Carangelo, T. Monetta

Il magnesio e sue leghe presentano caratteristiche meccaniche e di biocompatibilità di estremo interesse per l’applicazione nel settore dei biomateriali, in particolare nel campo dei dispositivi bio-riassorbibili. Il loro principale svantaggio è l’elevata reattività e la formazione di idrogeno gassoso quando sono in contatto con i fluidi biologici. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare l’influenza di un film intermedio a base di polidopamina sulla degradazione della lega di magnesio AZ31 rivestita con una resina organica, esposta alla soluzione fisiologica di Hank. L’analisi morfologica del film polidopaminico ha mostrato la formazione di uno strato macroscopicamente disuniforme e microscopicamente fessurato. Le prove elettrochimiche, eseguite nella soluzione di Hanks a 37 °C, hanno evidenziato l’effetto della presenza del film di dopamina come strato intermedio, mettendo in luce la capacità di migliorare la resistenza a corrosione del substrato metallico quando accoppiato ad una resina organica.

PAROLE CHIAVE: DISPOSITIVI BIODEGRADABILI – CORROSIONE – RIVESTIMENTI “BIO-INSPIRED" – TRATTAMENTI SUPERFICIALI INTRODUZIONE La bassa resistenza a corrosione del magnesio e sue leghe è la caratteristica fondamentale che ha da sempre limitato il suo utilizzo in molti settori industriali, soprattutto quello biomedicale. Nel campo dei biomateriali questo limite potrebbe rappresentare, in realtà, un vantaggio. Si potrebbe sfruttare la degradazione del magnesio per la realizzazione di dispositi bio-riassorbili [1], in grado di dissolversi nel tempo in maniera controllata evitando tutte le conseguenze, quali ad esempio il rilascio di sostanze tossiche nei tessuti, infiammazioni, infezioni, detriti di usura, presentate dai classici metalli (titanio e sue leghe, acciaio inox) che vengono ordinariamente utilizzati nelle applicazioni biomediche [2]. La bio-assorbibilità consente, inoltre, di non lasciare traccia dell’evento traumatico ed evita successivi interventi chirurgici per la rimozione dell’impianto nel caso questo si rendesse necessario. La principale difficoltà nell’utilizzo del magnesio è legata alla difficoltà di controllare la velocità di corrosione, ovvero il rilascio di ioni di magnesio, e di limitare la produzione di idrogeno gassoso durante il processo di degradazione, con una conseguente alterazione del pH dell’ambiente biologico con cui è a contatto. Molti sono i trattamenti superficiali studiati per migliorare la resistenza corrosione del magnesio e sue leghe, quali ossidazione anodica, thermal spraying, conversione chimica, elettroplaccatura, ect [3-5]. Di recente, sono stati utilizzati rivestimenti organici biodegradabili a base di policaprolattone e acido polilattico [6-

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8]. La scarsa adesione di tali rivestimenti alla lega metallica e la loro particolare sensibilità all’alterazione del pH, generata dalla degradazione del magnesio, sta portando la ricerca su altre possibili alternative. Un metodo semplice e poco costoso, che non richieda l’applicazione di particolari strumentazioni, potrebbe essere la realizzazione di rivestimenti biomimetici, come quello riportato da Lee e suoi colleghi [9], in grado di conferire un’ottima adesione di rivestimenti organici su supporti metallici. Questi, ispirati dalla capacità dei molluschi di aderire sulle rocce anche in ambienti umidi, hanno rivestito diverse tipologie di materiali (metalli, ossidi, ceramici) con un sottile e adeso strato di polidopamina, ottenuta per polimerizzazione della dopamina, la sostanza di cui sono costituiti le proteine adesive dei molluschi. Pochi autori, finora, hanno studiato l’efficacia di uno strato intermedio

Annalisa Acquesta, Anna Carangelo, Tullio Monetta

Dipartimento di Ingegneria Chimica, dei Materiali edella Produzione Industriale, Università degli Studi di Napoli

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Coatings & Tribology a base di polidopamina per il miglioramento della resistenza a corrosione della lega di magnesio AZ31 [10, 11], analizzando però soltanto il comportamento subito dopo l’immersione nella soluzione di prova. E’ chiaro che l’utilizzo di dispositivi bioassorbibili richiede una finestra temporale dettata dai processi di sviluppo e crescita dei tessuti corporei in cui l’impianto è inserito. E’ pertanto importante valutare la risposta elettrochimica del dispositivo a lungo termine. In letteratura, nessun lavoro ha indagato la variazione nel tempo del comportamento a corrosione della lega di magnesio AZ31rivestita con un film di polidopamina. L’obiettivo di questo articolo è quello di studiare l’influenza di un film intermedio a base di polidopamina sulla degradazione della lega di magnesio AZ31 rivestita con una resina organica, esposta alla soluzione fisiologica di Hank a 37 °C per 15 giorni. Indagine sperimentale Alcune lamine in lega di magnesio AZ31(composizione chimica: 2.89 % wt Al, 0.92 % wt Zn, 0.05 % wt Mn, 0.01 % wt Si, 0.002 % wt Cu, 0.001 % wt Ni, 0.004 % wt Fe balance Mg) sono state utilizzate come substrato, mentre l’acido cloridrico (HCl) al 97% è stato utilizzato per il pretrattramento chimico. Il film di polidopamina è stato ottenuto utilizzando cloridrato di dopamina e Trizma base. Le analisi elettrochimiche sono state eseguite in una soluzione che simula i fluidi biologici, quale quella di Hank’s, composta da 0.185 g/L CaCl2∙2H2O, 0.09767 g/L MgSO4, 0.4 KCl g/L, 0.06 KH2PO4 g/L, 0.35 g/L NaHCO3, 8.0 g/L NaCl, 0.04788 g/L Na2HPO4, 1.0 g/L D-Glucose. Preparazione campioni Le lamine sono state preventivamente pretrattate mediante lappatura meccanica e decapaggio chimico in una soluzione 0.15 M HCl per 10 sec e poi, sono state immerse in una soluzione acquosa (pH 8.5), composta da 2 mg/ml di cloridrato di dopamina e 10 mM di Trizma-base, per 24 ore a temperatura ambiente [12, 13]. Successivamente, i campioni sono stati sciacquati con acqua distillata e curati in forno a 150 °C per 10 min. Infine, alcune di esse sono state rivestite con resina epossidica a base d’acqua (Sikkens, Henkel, Torino), mediante l’utilizzo di coltelli di Gardner (Gardco, Florida, USA). L’uso di una resina epossidica, priva di alcun inibitore di corrosione, a base d’acqua e stabile in un ampio range di pH, nasce dalla scelta di voler studiare l’efficacia del rivestimento polidopaminico in un processo come quello della degradazione del magnesio, che

comporta notevoli variazioni di pH. Le lamine rivestite sono state poi curate in forno a 150 °C per 10 min. La nomenclatura utilizzata per l’individuazione dei campioni è la seguente: i) lamine lappate e decapate, Mg; ii) lamine lappate, decapate e rivestite con film polidopaminico, Mg_Dop; iii) lamine lappate, decapte e rivestite con solo resina epossidica, Mg_Epo; iv) lamine lappate, decapate, rivestite con film polidopaminico e con film epossidico, Mg_Dop-Epo. La morfologia dei campioni è stata valutata mediante microscopia a scansione elettronica SEM, (Hitachi TM3000, Hitachi, Giappone). Le misure di rugosità sono state effettuate utilizzando un microscopio confocale a scansione laser (Leica DCM-3D, Leica Microsystems Srl, Milano, Italia). Le prove elettrochimiche sono state eseguite mediante l’utilizzo di un potenziostato (Gamry Interface 1000, Gamry Instruments, Pennsylvania, USA) collegato ad una convenzionale cella elettrochimica costituita dall’elettrodo di lavoro (le lamine in lega di magnesio in esame), dall’elettrodo di riferimento al calomelano (SCE) e dal contro-elettrodo costituito da un filo di platino. I test sono stati condotti ad una temperatura che simula la temperatura corporea, ovvero a 37 °C + 0.5 °C, esponendo un’area di circa 3 cm2. Prima di ogni prova elettrochimica è stata eseguita la misura del potenziale di libera corrosione, definito come Open Potential Circuit (OCP), per circa 60 min. Le misure di spettroscopia di impedenza elettrochimica (EIS) sono state eseguite imponendo un’ampiezza della tensione sinusoidale di 10 mV in uno spettro di frequenze compreso fra 10 kHz e 0.02 Hz, per un tempo di 15 giorni. Tutte le misure sono state triplicate per garantirne la ripetibilità. Risultati e discussione Le misure di rugosità sono state effettuate sui campioni pretrattati, Mg, al fine di valutare il profilo superficiale creato a seguito del decapaggio nella soluzione acida a base di acido cloridrico. Sono stati presi in considerazione solo quattro dei numerosi parametri di rugosità previsti dalla norma ISO 25178. I parametri scelti sono Sa, Sq, Sku ed Ssk, di cui il parametro Sa rappresenta la rugosità superficiale media, Sq è la rugosità superficiale media geometrica, Sku (Skewness) permette l’analisi della forma dei picchi della superficie analizzata, Ssk (Kurtosis) è una misura della simmetria del profilo in relazione alla sua linea media [14]. In Tabella 1 sono riportati i valori dei parametri suddetti ottenuti sul campione Mg.

Tab. 1 – Parametri di rugosità del campione, Mg, decapato in una soluzione acquosa di acido cloridrico 0.15 M per 10 sec / Roughness parameters of Mg sample etched in a 0.15 M acid hydrochloridric acqueous solution for 10 sec PARAMETRI DI RUGOSITÀ

16

SA

0.22 μm

SQ

0.31 μm

SKU

>3

SSK

-2.39 μm

La Metallurgia Italiana - n. 2 2019


Rivestimenti & tribologia Un valore negativo del parametro di Skewness comporta la presenza di molte più valli che picchi. D’altra parte, un valore del parametro di Kurtosis maggiore di 3 è indice di un profilo di rugosità costituito da picchi molto pronunciati. La particolare morfologia, costituita da una maggiore presenza di valli e picchi appuntiti, ottenuta mediante il pretrattamento chimico, ha favorito un’ottima adesione del film polidopaminico al substrato di magnesio, come dimostrato dalle prove di tape test

riportate in un nostro precedente lavoro [15]. La morfologia dei campioni rivestiti con il film di polidopamina è stata analizzata mediante un microscopio a scansione elettronica. La superficie, a seguito dell’immersione nel bagno di polidopamina, si presenta disuniforme, con chiazze chiare e scure. L’analisi SEM mette in evidenza una superficie fessurata, dovuta al ritiro del film depositato.

Fig. 1 – a) Fotografia e b) immagine SEM dello strato di polidopamina ottenuto immergendo una lamina in lega di magnesio AZ31 in un bagno di dopamina per 24 h (campione Mg_Dop) / Picture and b) SEM magnification image of the polydopamine layer obtained by immersing the magnesium alloy AZ31 sheet in the dopamine bath for 24h (Mg_Dop sample) Analisi Elettrochimica La resistenza a corrosione è stata studiata mediante prove di polarizzazione potenziodinamica e spettroscopia di impedenza elettrochimica [16] immergendo i campioni nella soluzione fisiologica di Hank. [17] T. Monetta, A. Acquesta, A. Carangelo, and F. Bellucci, Metals 7(6) (2017). Le curve di polarizzazione sono riportate in figura 2. Come si può notare, il potenziale di corrosione, Ecorr, registrato sia per i campioni rivestiti che per il campione tal quale raggiunge un valore di circa -1.5 V, senza mostrare alcuna significativa variazione tra gli stessi. Dall’analisi delle densità di corrente è possibile constatare come il valore di icorr diminuisca nel seguente ordine: Mg> Mg_Dop >

Mg_Epo > Mg_Dop-Epo. La presenza del solo film polidopaminico (vedi campione Mg_ Dop), apparentemente, sembra non migliorare il comportamento a corrosione della lega di magnesio utilizzata. In realtà, l’azione congiunta del bio-coating e del rivestimento epossidico fa registrare il valore di densità di corrente di corrosione più basso, circa quattro ordini di grandezza inferiori al campione tal quale, e circa un ordine di grandezza inferiore al campione rivestito solo con la resina epossidica. Quindi, è evidente che lo strato di dopamina abbia un’influenza sulla resistenza a corrosione della lega, che non può essere legato semplicemente ad un effetto barriera, essendo uno strato sottile e disuniforme.

Fig. 2 – Confronto delle curve di polarizzazione potenziodinamica del campione tal quale, Mg, del campione rivestito con il film polidopaminico, Mg_Dop, del campione rivestito con la resina epossidica, Mg_Epo, e del campione rivestito con il film dopidopaminico e con la resina epossidica, mg_Dop-Epo, ottenute per immersione nella soluzione di Hank. / Potentiodynamic polarization curves of the Mg sample , Mg_Dop sample, Mg_Epo sample and Mg_Dop-Epo sample immersed in Hank’s solution. La Metallurgia Italiana - n. 2 2019

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Coatings & Tribology Le curve EIS ottenute immergendo i campioni nella soluzione di Hanks a 37 °C per 15 giorni, sono riportate nelle figure 3a, 3b, 4a e 4b. Il campione tal quale presenta, all’inizio dell’esposizione con la soluzione elettrolitica, una bassa resistenza alla corrosione, come mostrato dal modulo dell’impedenza che a basse frequenze registra un valore di circa 3 x 10-3 Ω ∙cm2. Dopo 24 ore dal contatto del metallo con l’elettrolita, essendo il magnesio un metallo molto reattivo, si osserva un significativo

a)

aumento del modulo di impedenza, dovuta alla formazione in superficie di uno strato di ossido che tende a proteggere il substrato dalla penetrazione degli elettroliti. E’ noto che l’ossido di magnesio è poroso e poco adeso, pertanto, al passare del tempo si registra una nuova diminuzione del modulo, fino a valori inferiori a quelli registrati inizialmente, indice dello sviluppo del processo di degradazione.

b)

Fig. 3 – Modulo di impedenza dei campioni: a) lappato e decapato (Mg) e b) rivestito con film polidopaminico (Mg_Dop) al variare del tempo di immersione nella soluzione di Hanks a 37 °C. / Bode impedance plot for: a) Mg sample and b) Mg_Dop sample immersed in the Hanks solution for 15 days at 37 °C.

La presenza del film polidopaminico non migliora significativamente il comportamento del metallo nudo, come mostrato in figura 4b. In realtà, dopo un giorno di immersione nella soluzione elettrolitica, anche il campione Mg_Dop mostra un aumento del modulo di impedenza alle basse frequenze, seppur

a)

di minore intensità rispetto a quello registrato dal campione Mg. D’altra parte, il film di dopamina conferisce al substrato metallico una maggiore stabilità, come attestato dalla quasi sovrapponibilità delle curve per tempi successivi di immersione.

b)

Fig. 4 – Modulo di impedenza dei campioni: a) rivestito con resina epossidica (Mg_Epo) e b) rivestito con film polidomanico e resina epossidica (Mg_Dop-Epo) al variare del tempo di immersione nella soluzione di Hanks a 37 °C. / Bode impedance plot for: a) Mg_Epo sample and b) Mg_Dop-Epo sample immersed in the Hanks solution for 15 days at 37 °C.

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Rivestimenti & tribologia Il rivestimento di resina epossidica, privo di inibitori di corrosione, conferisce un comportamento poco resistente alla corrosione, infatti all’inizio dell’immersione nell’elettrolita il valore del modulo di impedenza, alle medie frequenze, è pari a circa 105 Ω cm2. Questo valore tende progressivamente a decrescere al passare del tempo, fino a raggiungere i valori registrati per il substrato metallico nudo. Presumibilmente, l’elevata permeabilità all’acqua ed agli elettroliti, ed una scarsa adesione tra rivestimento e metallo, hanno determinato una repentina delaminazione del rivestimento, ed hanno permesso la rapida espansione dei fenomeni corrosivi. Dalla figura 4b è possibile constatare, invece, che la presenza del film di dopamina abbia avuto un significativo effetto, sul comportamento a corrosione del sistema, già dai primi istanti di tempo di immersione nella soluzione di prova. Infatti il modulo di impedenza registrato a t=0, presenta un valore di circa due ordini di grandezza maggiore del campione rivestito con la sola resina organica. Ciò non può essere dovuto, meramente alla presenza di un stato intermedio che funga da barriera, essendo questo sottile e disuniforme, come già osservato, ma, invece, ad un miglioramen-

to dell’adesione della resina epossidica sul substrato metallico. Una buona adesione, infatti, contribuisce ad impedire la veloce delaminazione tra il rivestimento e il substrato, evitando l’esposizione di nuove aree anodiche e riducendo, quindi, la velocità di corrosione del metallo. Conclusioni In questo lavoro, un film a base di dopamina è stato applicato, come layer intermedio, su una lega di magnesio AZ31 rivestita con una resina epossidica all’acqua, priva di inibitori di corrosione, al fine di valutare l’influenza dello strato polidopaminico sulla resistenza a corrosione di dispositivi bio-riassorbili. L’analisi morfologica effettuata sui campioni rivestiti di polidopamina ha rivelato una superficie ricoperta di uno strato fessurato e, macroscopicamente, disuniforme. Le prove elettrochimiche hanno messo in luce la capacità del layer intermedio di migliorare la resistenza a corrosione del substrato metallico, quando è combinato con una resina organica che lo riveste, probabilmente per la migliore adesione che il bio-coating riesce ad esplicare all’interfaccia metallo/resina epossidica.

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Degradation of AZ31 magnesium alloy coated with polydopamine film for bio-resorbable implants Magnesium and its alloys with their mechanical and biocompatibility features have been attracting a strong interest for the application in the biomaterial field, in particular as bio-resorbable devices. Their main drawbacks are the high reactivity and the formation of gaseous hydrogen when they are in contact with biological fluids. The aim of this work was to evaluate the influence of an intermediate film based on polydopamine on the degradation of the magnesium alloy AZ31 coated with an organic resin, exposed to the Hank’s solution. The morphological analysis of the polydopamine film showed the formation of a macroscopically uneven and microscopically cracked layer. The electrochemical tests, performed in the Hank’s solution at 37 °C, underlined the effect of the presence of dopamine film as an intermediate layer, highlighting the ability to improve the corrosion resistance of the metal substrate when coupled to an organic resin.

KEYWORDS: BIODEGRADABLE DEVICES – CORROSION – "BIO-INSPIRED” COATINGS – SURFACE TREATMENTS

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Rivestimenti & tribologia

Wear Behaviour of a Plasma-Sprayed Al2O3-13%TiO2 Ceramic Coating/Steel Couple Under High Constant and Variable Loads C. Soffritti, R. Vazquez Aguilar, A. Fortini, M. Merlin, G.L. Garagnani

This work investigates the effects of heavy loadings on an Al2O3-13%TiO2 ceramic coating/steel couple under dry sliding and in conditions similar to those occurring in heavy-duty diesel engines. Two types of wear tests were performed by a standard pin-on-disc tribometer under high constant and variable loads. Before wear tests, microstructure and mechanical properties of coating and steel were determined by optical emission spectrometry, optical microscopy, roughness, hardness, fracture toughness, elastic modulus and X-ray diffractometry. The coefficient of friction was instantly calculated by the tribometer. The wear rate of Al2O3-13%TiO2 ceramic coating was evaluated by the wear volume and that of pins by weighing them before and after the tests. The wear depth of pins was calculated by measuring the decrease in length by calipers before and after the tests. The wear tracks on pins and coating surfaces were analyzed by X-ray diffractometry and by scanning electron microscopy with energy-dispersive spectroscopy. For all loads except the lowest constant one, the results indicated high friction and wear involving material removal from the coating surface, through a severe-oxidational wear associated with extensive cracking of the surface of the coating, softening of the carburizing steel and removal of the carburized layer of pins. The wear mechanism was between mild- and severe-oxidational under the lowest constant load, which was therefore suggested as the limit for acceptable performance of the sliding couple under study.

KEYWORDS: DIESEL ENGINES – HEAVY LOADINGS – CARBURIZING STEEL – PLASMA-SPRAYED COATINGS – WEAR

INTRODUCTION Friction and wear are the major causes of loss of mechanical performances and energy dissipation in engine subsystems such as the engine block with pistons and cylinders, the transmission, the fuel system, the valve train and the exhaust system [1]. Concerning wear resistance of mechanical components, thermal-sprayed ceramic coatings on steel represent an efficient and economical alternative, when common thermo-mechanical processes and heat treatments are inadequate. These coatings may exhibit high hardness and chemical stability, are able to withstand high temperatures and are resistant to many corrosive environments. Some types of ceramics have already found application in engineering as tribological components, for example in cylinder head fire decks, piston crowns, exhaust valve faces and braking devices [2,3]. Among thermal-sprayed ceramic coatings, plasma-sprayed of Al2O3-TiO2 coatings provide protection against abrasive wear superior to that of traditional wear resistant hard chromium [4,5] and molybdenum [6,7] coatings. Under dry sliding conditions, plasma-sprayed Al2O3TiO2 coatings are known to form a porous tribofilm composed La Metallurgia Italiana - n. 2 2019

of plastically deformed wear debris, which does not protect the substrate from wear [4]. On these ceramic coatings, many different wear mechanisms are detected, involving abrasive wear [8], delamination and crack nucleation [9,10], and adhesive wear [9]. Several studies deal with the sliding wear resistance

C. Soffritti, A. Fortini, M. Merlin, G.L. Garagnani Department of Engineering (DE), University of Ferrara, via Saragat 1, 44122 Ferrara, Italy

R. Vazquez Aguilar

Facultad de Arquitectura, Universidad Autonóma de Coahuila, Blvd. Los Fundadores, Ciudad Universitaria, CP 25350, Arteaga, Coahulla, Mexico

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Coatings & Tribology of ceramics against steel [4,11–19]. In [4], the wear resistance of a plasma-sprayed Al2O3-13%TiO2 coating/steel couple has been investigated through pin-on-disc testing, and correlated to microstructural and micromechanical characteristics: the results showed that the ceramic coating exhibits high friction and wear, and inflicts high wear on the counterpart. In common operating conditions, most components under mechanical loading undergo dynamic rather than static stresses. Recently, the effects of variable loads on wear resistance of carbon steel in unlubricated condition have been extensively investigated [20,21]. A ‘‘quasi-mild wear mode’’ has been proposed, resulting from the generation of a severely oxidized, work-hardened surface under heavier loads. Its appearance is apparently affected by several factors such as the sliding distance at low loads before an increase in load, the morphology of wear debris, the flattening and degree of oxidation of the worn surfaces [22,23]. The effects of heavy loading and sliding speed conditions have been previously evaluated for a plasma-sprayed Al2O3 coating in dry sliding conditions, using a pin-on-disc tribometer [24]. Our study investigates the tribological effects of high constant and variable loads on a plasma-sprayed Al2O3-13%TiO2 ceramic

coating in dry sliding contact with carburizing steel, in conditions similar to those occurring in heavy-duty diesel engines. Two types of wear tests were conducted, respectively, under high constant and variable loads using a standard pin-on-disc tribometer. EXPERIMENTAL PROCEDURE Substrate and coating In this study, a carburized steel disc (80 mm in diameter, 6 mm in thickness) was used as a substrate in the deposition of a 190 μm-thick ceramic coating of Al2O3-13%TiO2. To improve ceramic adhesion, a 20 μm-thick Ni-20%Cr bond coat was deposited directly onto the steel substrate. Both top and bond coatings were obtained by air plasma spray (APS) technique. The chemical composition (wt. %) of discs and pins used for wear tests was determined by a SPECTROLAB OES analyzer (SPECTRO Analytical Instruments GmbH, Kleve, Germany) and is listed in Tab.1 The feedstock powders characteristics and chemical composition of top and bond coatings, provided by the manufacturer, are summarized in Tab.2 The plasma spray operating parameters were confidential.

Tab. 1 – Chemical composition (wt. %) of discs and pins used for wear tests. Chemical composition (wt. %) C

Mn

Ni

Cr

Si

Cu

Mo

S

V

P

Fe

Disc

0.22

0.88

0.87

0.84

0.30

0.20

0.06

0.03

0.02

0.02

Bal.

Pin

0.23

0.86

0.95

0.91

0.26

0.10

0.06

0.02

0.02

0.01

Bal.

Tab. 2 – Feedstock powder characteristics and chemical composition of top and bond coatings.

Feedstock powder type Chemical composition [wt. %]

Particle dimensions [μm]

Al2O3-13%TiO2

Ni-20%Cr

FST C-335.23

Metco 43CNS

13.12 % TiO2, 0.22 % ZrO2, 0.1 % SiO2, 19.07 % Cr, 1.1 % Si, 0.4 % Fe, 0.02 % 0.09 % MgO, 0.07 % CaO, 0.39 % other C, balance Ni oxides, balance Al2O3 -45 + 15

The coating microstructure was investigated by X-ray diffractometry (XRD) with a Philips X’PERT PW3050 diffractometer (Philips, Amsterdam, Netherlands), using Cu K-alpha radiation (λ = 1.54 Å), with an intensity scanner versus diffraction angle between 15° and 120° (0.06° step size, 2 s/step scanner velocity and 1.5 grid), a 40 kV voltage and a 30 mA filament current. Properly polished cross-sections were also examined by a Zeiss EVO MA 15 (Zeiss, Oberkochen, Germany) scanning electron microscope equipped with an Oxford X-Max 50 (Oxford Instruments, Abingdon-on-Thames, UK) microprobe for energydispersive spectroscopy (SEM/EDS) and a Leica MEF4 M (Leica, 22

-45 + 15

Wetzlar, Germany) optical microscope. The SEM micrographs were recorded in secondary electron imaging (SEI-SEM) and back-scattered electron (BSE-SEM) mode. The optical micrographs were processed by an image analysis software to evaluate coating porosity. Roughness parameters (Ra and Rz) were calculated by a Talysurf CCI-Lite non-contact 3D profilometer (Taylor-Hobson, Leicester, UK). Before each measurement, all coating surfaces were cleaned in an ultrasonic bath. Hardness (300 gf load and 15 s loading time) and fracture toughness (1000 gf load) were measured on polished cross-sections of the coating by a Future-Tech FM-110 Vickers microindenter La Metallurgia Italiana - n. 2 2019


Rivestimenti & tribologia (Future-Tech Corp., Kawasaki, Japan). A mean of 15 indentations were carried out for each hardness and toughness measurement. Fracture toughness was assessed by measuring the

length of indentation diagonals and cracks through optical micrographs, employing the Evans–Wilshaw equation:

(1) where a is the half-length of indentation diagonal (μm), c is the crack length (μm) and P is the load (mN). This formula was developed for ‘‘half-penny-shaped’’ cracks, but it is considered valid also for Palmqvist cracks when the ratio between the crack and the half-length of diagonal indentation is between 0.6 and 4.5 [25,26]. A depth-sensing Nanotest 550 microindenter (Micro Materials Ltd., Wrexham, UK) was employed to measure elastic modulus on polished cross-sections of the coating. Elastic modulus was calculated from the unloading part of instrumented indentation loading-unloading curves, by the Oliver–Pharr formula [27]. A 5 N indentation load was chosen, with 5 N/min loading rate, 4 N/min unloading rate, 15 s loading time and a minimum of 15 indentations was performed. Sliding wear tests Pin-on-disc dry sliding tests were conducted by using the Multispeciment Tester tribometer, supplied by Ducom Instruments of Bengaluru (India) in accordance with ASTM G99-17 standard. Cylindrical steel pins (6 mm in diameter, 22 mm in height) were used as a counterbody material. All unworn surfaces of original pins were carburized up to about 500 μm in depth. This value represents the effective thickness, i.e., the thickness of the material layer with hardness equal or greater than 550 kgf/mm2 [28]. The Vickers hardness (500 gf load and 15 s loading time) was determined on cleaned cross-sections of the pins by the Future-Tech FM-110 microindenter (Future-Tech Corp.). The measurements were taken at a distance of about 100 μm from the sliding interface, up to about 13 mm in depth. Wear tests were performed at room temperature and in dry conditions. Tests were conducted under two different conditions of normal load: (1) under a constant load of 250, 450 and 650 N, at a sliding speed of 1 m/s, for a total sliding distance of 7500 m; (2) under variable load in a range between 250 and 650 N, with an increase of 100 N every 30 min (corresponding to a sliding distance of 1500 m), at a sliding speed of 1 m/s and for a total sliding distance of 7500 m. All measurements were repeated five times for each condition of applied load. The coefficient of friction (COF) was instantly calculated by the tribometer. The total wear of pins and discs was measured by a Gefran PY-2-F-010-S01 M linear voltage resistance transducer (LVRT) (Gefran, Brescia, Italy) (accuracy: 1 μm) and quantified with a potentiometric wear measuring device. Characterization of the worn surfaces The wear rate of the coated discs was evaluated by measuring La Metallurgia Italiana - n. 2 2019

the cross-section area of the wear track with the Talysurf CCILite non-contact 3D profilometer (Taylor-Hobson). Each area value, obtained as an average of five measurements of crosssection areas along the wear track, was used to calculate the wear volume. The wear rate of pins was assessed by weight measurements before and after tests using a microbalance (METTLER TOLEDO, Columbus, Ohio, USA) with a resolution of 0.01 mg. Weight loss was converted into volume loss by dividing it by the material density. The wear depth of pins was calculated by measuring the decrease in length by calipers before and after tests. In order to clarify the wear mechanisms, the worn surfaces of the coating were investigated by XRD with the Philips X’PERT PW3050 diffractometer (Philips). The wear tracks on pins and coating surfaces were then observed by SEM/EDS with the Zeiss EVO MA 15 scanning electron microscope (Zeiss) equipped with the Oxford X-Max 50 microprobe (Oxford Instruments) for semi-quantitative EDS analyses. Finally, the worn cross-sections of pins were characterized by optical microscope analyses with the Leica MEF4 M (Leica) and Vickers hardness measurements at 500 gf load and 15 s loading time by the Future-Tech FM-110 microindenter (Future-Tech Corp.). The Vickers hardness measurements were taken at a distance of about 100 μm from the sliding interface, up to about 20 mm in depth. RESULTS AND DISCUSSION Microstructure and mechanical properties The cross-sectional morphology of the Al2O3-13%TiO2 coating with the elements distribution is shown in Fig. 1. The Al2O3-13%TiO2 exhibits the typical lamellar microstructure of a plasma-sprayed ceramic coating, characterized by partially melted particles and long inter- and intra-lamellar cracks. Isolated light gray Ti-rich splats are also visible, suggesting the inhomogeneous interdissolution of alumina and titania phases during the spraying process [4,29]. The irregular Ni-20%Cr bond coat promotes the adhesion of the ceramic coating to the steel substrate, in spite of the presence of rare pores and sandblast residues. The porosity is about 13 %, as determined by image analysis, due to splat-stacking faults [4]. The XRD diffractograms recorded on the surface of Al2O3-13%TiO2 coating before wear tests revealed the presence of metastable γ-Al2O3 (due to splats quenching) and minor quantities of α-Al2O3 as crystalline phases, and glassy phase (Fig. 2). The mean value of Vickers hardness measured on the coating cross-section is 7.78 23


Coatings & Tribology ± 0.5 GPa, whereas those of the roughness parameters are 0.25 ± 0.01 μm (Ra) and 2.66 ± 0.24 μm (Rz). The mean fracture toughness of the Al2O3-13%TiO2 coating calculated by Eq. (1) is 1.93 ± 0.65 MPa m1/2. The mean value of elastic modulus results in 128 ± 9 GPa. Optical micrographs of the cross-section of the pin before wear tests are reported in Figs. 3a,b. As seen, the carburized layer shows a martensitic microstructure with low carbide content

(Fig. 3a), whereas the non-carburized material is characterized by lower bainitic microstructure (Fig. 3b). The Vickers hardness profile resulting from the carburizing treatment is depicted in Fig. 3c. At the surface, the Vickers hardness is maximum and then decreases toward the inside, finally reaching the typical value of the non-carburized steel at the core of the material. The Vickers hardness profile also confirms an effective thickness of about 500 μm for the carburizing treatment.

Fig. 1 – BSE-SEM micrograph of the cross-sectional morphology of Al2O3 -13%TiO2 coating with the elements distribution.

Fig. 2 – XRD diffractogram recorded on the surface of Al2O3 -13%TiO2 coating before wear tests.

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Rivestimenti & tribologia

Fig. 3 – (a, b) Optical micrographs of the microstructure of pins in cross-section before wear tests; (c) Vickers hardness profile resulting from the carburizing treatment, measured from 0.1 mm from the sliding interface up to about 13 mm in depth. Wear tests The COF and the total wear variations against sliding distance under constant load (250 N, 450 N and 650 N) and under variable load (from 250 N to 650 N) are summarized in Fig. 4. Under a constant 250 N load (Fig. 4a) the COF maintains a quasi-steady state (μ ≈ 0.10) until the end of the tests. Under constant loads of 450 N and 650 N (Fig. 4b,c) the COF curves follow a similar pattern. At the beginning of each test, the COF maintains a quasi-steady state (μ ≈ 0.15) up to a sliding distance of about 4000 m for 450 N and 2000 m for 650 N, and then rapidly increases up to about 0.35 for 450 N and 0.40 for 650 N. Under variable load (Fig. 4d) a running-in wear takes place until about 1500 m, after which a quasi-steady state (μ ≈ 0.32) is reached. Nevertheless, small COF variations occur at sliding distances of about 3000, 4500 and 6000 m, corresponding to the transitions 350/450, 450/550 and 550/650 N in the applied load. In all cases, the increase of COF values may be related to the metal transfer from pins onto Al2O3-13%TiO2 coatings. The mean COF data calculated over the five tests under the higher constant loads and the variable load are similar (between 0.25 and 0.32), but that under the constant load of 250 N is 0.11. The recorded values are slightly lower than previously reported COF values for plasma sprayed Al2O3 coating/steel couple un-

der dry sliding and heavy loading conditions [24]. Concerning the total wear variation, under a constant 250 N load the values are negative until the end of tests (Fig. 4a). Under the constant loads of 450 N and 650 N (Fig. 4b,c) the total wear curves follow a similar pattern: the total wear is negative up to a sliding distance of about 7000 m for 450 N and 5500 m for 650 N, and then it progressively increases, reaching final positive values of about 0.06 and 0.29 mm, respectively. Under variable load, the total wear variation is negative until about 2500 m, then slowly increases reaching a final positive value of about 0.92 mm (Fig. 4d). One slope change may also be observed at a sliding distance of about 5000 m, corresponding to the 550/650 N transition in the applied load. In all cases, the negative total wear suggests pin lifting due to material build-up at the Al2O3-13%TiO2 coating/steel pins interface. As reported in [17,30], the tribofilm is generated by wear particles sufficiently small to penetrate the grooves and later be sintered by the high temperature at the surface (e.g. due to high load conditions). As sliding continues, the fragmentation of the tribofilm occurs and the total wear becomes positive: the surface layers of the tribofilm, partially removed, may produce wear debris between the sliding surfaces, acting as three-body abradens [17].

(a)

(b)

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Coatings & Tribology

(c)

(d)

Fig. 4 – Variations of COF and total wear with sliding distance in different conditions: (a) constant 250 N load, (b) constant 450 N load, (c) constant 650 N load and (d) variable 250-650 N load. The mean wear rates of pins and Al2O3-13%TiO2 coating in all tested conditions are reported in Fig. 5. In any case, the pin undergoes a significant loss of material. Especially, the mean wear rate of pins is in the range of 2÷4*10-6 mm3/(Nm). Studies concerning the wear resistance of carbon steels under dry sliding assess that when the mean wear rate is higher than 1*10-8 mm3/(Nm), the wear may be considered severe [31,32]. Besides, other authors suggest that higher mean wear rates correspond to higher friction temperatures [31–34]. Concerning the Al2O3-13%TiO2 coating, when the wear tests are performed

under constant loads, the mean wear rates increase with increasing load. When the constant 250 N load is applied, the mean wear rate is the lowest. Under variable load, the mean wear rate is comparable to that recorded under the constant 450 N load. Comparing the obtained mean wear rates of the Al2O3-13%TiO2 coating with previous research on wear of sintered ceramics [35,36], the present Al2O3-13%TiO2 coating is under a severe wear regime for all constant loads except at the constant 250 N load where the wear regime is between mild and severe.

Fig. 5 – Mean wear rates of pins and Al2O3-13%TiO2 coatings in all tested conditions. Error bars represent standard deviation. Characterization of the worn surfaces: SEM/EDS and optical microscope observations, and XRD analyses The SEI-SEM micrographs of the worn surfaces of Al2O313%TiO2 coating after wear tests under variable load and under the constant 250 N load are shown in Figs. 6a,b and Figs. 6c,d, respectively. Two types of morphologies may be identified on the worn surfaces of Al2O3-13%TiO2 coating after wear tests under variable load: (i) material removal for delamination of the 26

surface layers, with pits and microcracks randomly distributed over the wear track (Fig. 6a), and (ii) metallic film deposition (Fig. 6b). In the first case, during dry sliding, microcracks and dislocation networks may produce wear debris as detected inside pits. The wear particles are entrapped in the contact interface and subjected to continued fracture, deformation or chemical reaction, producing microsized powders [4,37]. In agreement with the literature information, the amount of wear debris La Metallurgia Italiana - n. 2 2019


Rivestimenti & tribologia increases with increasing load. Moreover, the pits are deeper in higher loading conditions [4,37]. Regarding to the metallic film deposition, the tribofilm is firmly attached to the Al2O313%TiO2 coating because of the strong adhesion between the sliding surfaces: it is plastically deformed and oriented in the direction of the sliding motion. The tribofilm, detected by SEM/ EDS, also suggests an oxidational wear mechanism. Previous research stated that, under a mild-oxidational wear regime, oxidation is caused by frictional heating [30]; when a transition to severe-oxidational wear occurs, extended oxidation may be observed and the tribofilm is thicker and more plastic. For the constant loads of 450 and 650 N, the morphology of the worn surfaces of Al2O3-13%TiO2 coating is similar to that under variable load. The amount of metallic film deposition may be compared to the metal transfer observed in Fig. 6b, but the pits are shallow. Under the constant 250 N load, the amount of metallic film deposition on the worn surfaces of Al2O3-13%TiO2 coating is

lower than that observed under the higher constant loads and the variable load (Figs. 6c,d). Comparing the semi-quantitative EDS analyses of the elements in the tribofilm and in other regions of the wear track, the percentage of iron in the tribofilm is about five times higher than in the rest of the wear track (Fig. 7). The XRD examinations on the tribofilm (Fig. 8) identifies Fe2O3, a ferrous oxide that forms when the temperature at the contact surface raises over 200 °C and remains stable when the temperature lowers to room temperature. The SEI-SEM micrographs of the worn surfaces of pins after wear tests under variable load and under the constant 250 N load are depicted in Fig. 9a and Fig. 9b, respectively. Under variable load (Fig. 9a) and the constant loads of 450 and 650 N, a very rough and plastically deformed metallic film of iron oxide uniformly covers the worn surfaces, with ploughing and cutting appearance. On the contrary, for the constant 250 N, the worn surfaces show a lower amount of metallic oxide (Fig. 9b).

(a)

(b)

(c)

(d)

Fig. 6 – SEI-SEM micrographs of the worn surfaces of Al2O3-13%TiO2 coating after wear tests (a, b) under variable load and (c, d) under the constant 250 N load. La Metallurgia Italiana - n. 2 2019

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Coatings & Tribology

Fig. 7 – SEI-SEM micrograph of Al2O3-13%TiO2 coating after wear tests under variable load, together with the semi-quantitative EDS analyses (wt. %) of (a) the tribofilm and of (b) another region of the wear track.

Fig. 8 – XRD diffractogram recorded on the surface of the Al2O3-13%TiO2 coating after wear tests.

Fig. 9 – SEI-SEM micrographs of the worn surfaces of pins after wear tests (a) under variable load and (b) under the constant 250 N load. 28

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Rivestimenti & tribologia An example of an optical micrograph of the cross-section of pins after wear tests under variable load and the higher constant loads is reported in Fig. 10. Beginning from the worn surface, the sliding wear between Al2O3-13%TiO2 coating and carburizing steel results in a porous and spalled iron oxide layer about 50 μm in thickness (the dark gray layer in Fig. 10). During the tests, it is continuously removed and reformed and does not protect the coating, accounting for the high mean wear rates. The microstructure is then composed of a very fine and unoriented layer, a fine and oriented layer, a plastically deformed layer and the unaffected microstructure. The layered

microstructure indicates that severe-oxidational wear involves a series of processes, such as shear fracture and plastic deformation of the surface layers. It is known that the thickness of the plastically deformed layer is related to the properties of the material itself [31,34]. Microstructures with low thermal conductivity, such as the martensitic plus carbide microstructures, are difficult to deform, thus promoting an increase in surface temperature and the formation of a thin plastically deformed layer. For the constant 250 N load, the layers of the microstructure are less evident and the spalled iron oxide is less than 50 μm thick (Fig. 11).

Fig. 10 – Example of an optical micrograph of the cross-section of the pins after wear tests under variable load and under the higher constant loads. The labeled areas indicate the boundary between layers. From left to right: (a) porous and spalled iron oxide layer, (b) fine and unoriented layer, (c) fine and oriented layer, (d) plastically deformed layer and (e) unaffected microstructure.

Fig. 11 – Optical micrograph of the cross-section of the pins after wear test under the constant 250 N load.

Hardness profiles of the cross-sections of pins before and after wear tests in all conditions are reported in Fig. 12. For the constant 250 and 650 N loads and the variable load, the hardness profiles follow a similar pattern. The hardness is very low at a distance of about 100 μm from the sliding interface, then progressively increases reaching a value comparable to that of the original pin. For the constant 450 N load, the hardness profile is similar to that of the original pin, but the hardness values close to the sliding interface are 200 HV0.5 lower than those recorLa Metallurgia Italiana - n. 2 2019

ded on the carburized layers of the original pin. Concerning the mean wear depths of pins calculated over the five tests, that under the constant 650 N load is greater than the effective thickness for the carburizing treatment and equal to 0.68 mm. Conversely, the mean wear depths of pins calculated over the five tests under variable load and the constant 450 and 250 N loads are lower than the effective thickness for the carburizing treatment and equal to 0.42, 0.28 and 0.16 mm, respectively. The hardness profile of the cross-section of pins and the mean 29


Coatings & Tribology wear depths obtained after wear tests under the variable load and the constant 450 and 250 N loads suggest a softening of the martensitic plus carbide microstructure, associated with partial removal of the carburized layers. Under the constant 650 N load, the hardness profile and the mean wear depth of pins indicate the softening of the lower bainitic microstructure

and the total removal of the carburized layer. Wear resistance is known to be negatively related to the softening of the worn surface layers [31,32]: accordingly, the softening of the material under the highest constant load is related to a worsening of wear resistance.

CONCLUSIONS The effects of high constant and variable loads on a plasmasprayed Al2O3-13%TiO2 ceramic coating/steel couple are evaluated under dry sliding and in conditions similar to those occurring in heavy-duty diesel engines. On the basis of the above-reported results, the following observations can be drawn: • High friction and wear involve both material removal from the coating surface and oxidational wear. The sliding wear between Al2O3-13%TiO2 coating and carburizing steel results in a Fe2O3 metallic film transferred onto the ceramic surface. • The Al2O3-13%TiO2 coating is under a severe-oxidational wear regime for all constant loads except at the constant 250 N load where the wear regime is between mild- and severe-oxidational. Under variable load the mean wear rate is comparable to that recorded under a constant 450 N load. • The transition from mild- to severe-oxidational wear is associated with delamination and extensive cracking of the surface

of plasma-sprayed Al2O3-13%TiO2 ceramic coating, softening of the carburizing steel and removal of the carburized layer of pins. • The usefulness of the plasma-sprayed Al2O3-13%TiO2 ceramic coating/steel couple under dry sliding and in heavy-duty diesel engines may be limited to applied loads lower than 250 N.

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ACKNOWLEDGMENTS The authors would like to thank Zocca Officine Meccaniche (Funo, Bologna, Italy) for the thermally sprayed coating manufacturing, and Engineer Marco Vitali for his contribution to the experimental activity. The authors thank Prof. Fernando Guiberteau and the group GEMA in the Department of Mechanical, Energy and Materials Engineering of the Industrial Engineering School at Universidad de Extremadura for the elastic modulus measurements.

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Ghisa sferoidale

Caratterizzazione meccanica di getti di grande spessore in ghisa sferoidale E. Foglio, M. Gelfi, A. Pola, D. Lusuardi

In questo articolo viene presentata la caratterizzazione meccanica di diverse tipologie di ghisa sferoidale prodotte con tempi di solidificazione fino a 20 ore, finalizzata all’identificazione dei parametri metallurgici e di processo che influiscono maggiormente sulla resistenza a fatica. A tal scopo è stato progettato e sviluppato un sistema di colata sperimentale per riprodurre su campioni di piccola scala le microstrutture tipiche di getti di grande spessore, soprattutto per quanto concerne la morfologia della grafite e delle porosità, basato sulla solidificazione controllata all'interno di un forno elettrico. Per la messa a punto e la validazione e di questo nuovo approccio sperimentale sono state confrontate le temperature misurate, le microstrutture e le proprietà meccaniche dei campioni ottenuti in laboratorio con quelle dei componenti reali. Sono state eseguite campagne di prova su una ghisa ferritica standard, una ghisa ferritica ad alto contenuto di silicio e una ghisa perlitica, realizzando prove di trazione, durezza Brinell e fatica a flessione rotante. Sono state eseguite anche analisi al microscopio ottico e osservazioni al microscopio elettronico a scansione delle superfici di frattura, ottenendo una caratterizzazione completa dei diversi tipi di ghisa per getti fino a 50 t, senza ricorrere al sacrificio di componenti reali. I risultati hanno mostrato che le porosità da ritiro e la grafite spiky hanno un effetto deleterio sulla nucleazione delle cricche, riducendo in modo significativo la resistenza a fatica dei getti, mentre la grafite chunky ha un effetto minore, agendo come percorso preferenziale nella fase di propagazione. La ghisa a matrice ferritica ad alto contenuto di silicio è risultata la più performante per la produzione di elementi di grande spessore soggetti a fatica, anche grazie alla sua elevata duttilità e uniformità di caratteristiche.

PAROLE CHIAVE: GHISA SFEROIDALE − GRAFITE CHUNKY − GRAFITE SPIKY − FATICA − MICROPOROSITÀ − ANALISI DELLA FRATTURA

INTRODUZIONE Le ghise sferoidali sono ampiamente utilizzate per componenti strutturali di grandi dimensioni grazie alle loro buone proprietà meccaniche unite alla bassa temperatura di fusione e l'eccellente colabilità [1], che permettono di ottenere geometrie molto complesse senza bisogno di operazioni di giunzione o saldatura. Tuttavia, l’aumento dello spessore di parete dei getti comporta la diminuzione della velocità di raffreddamento e la possibile formazione di difetti e anomalie microstrutturali che riducono le proprietà meccaniche del materiale, specialmente nelle applicazioni a fatica [2]. Una corretta progettazione a fatica di getti di grandi dimensioni richiede un database di informazioni inerenti a microstrutture e proprietà meccaniche che, ad oggi, è assente o incompleto perché grandi campioni, o addirittura componenti interi, sono difficili da testare [3]. I risultati in letteratura inerenti a prove cicliche e i dati presenti nelle norme di riferimento sono basati su test effettuati su componenti più piccoli, dove la solidificazione è più veloce e la microstruttura è meno influenzata dai problemi sopracitati [4]. Nel caso di getti del peso di diverse tonnellate, la difficoltà di controllare il processo di fonderia introduce nel materiale difetti intrinseci come cavità da ritiro, dross e grafite degeneLa Metallurgia Italiana - n. 2 2019

rata [5-7]. Più grandi sono le dimensioni dei getti e i tempi di solidificazione, maggiori sono le probabilità di trovare tali difetti che diminuiscono le proprietà meccaniche e la resistenza a fatica [6,8]. In particolare, vengono fortemente penalizzati la resistenza e l’allungamento a rottura, mentre durezza e carico di snervamento non sembrano esserne influenzati [9]. Inoltre, la rottura per fatica si origina spesso da discontinuità della ma-

E. Foglio, M. Gelfi, A. Pola

Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale, Università degli Studi di Brescia, via Branze, 38 – 25123 Brescia (Italia)

D. Lusuardi

Fonderie Ariotti S.p.A., via E. Fermi, 5 – 25030 Adro, BS (Italia)

33


Ductile iron trice, come inclusioni non metalliche o microporosità e elementi di grafite [9,10]. Diversi lavori hanno mostrato che questi difetti sono siti d’innesco preferenziale per le cricche di fatica [7,11], soprattutto le micro cavità da ritiro [12]. In getti di grandi dimensioni, si possono formare diverse morfologie della grafite (vermicolare, compatta, esplosa, spiky e chunky) nelle aree dove la solidificazione è più lenta [13]. Più la grafite si allontana dalla forma ideale, più si riducono duttilità e resistenza a rottura. Alcuni studi hanno anche definito il ruolo della morfologia della grafite nella propagazione delle cricche di fatica [11,14], ma pochi dati sono disponibili riguardo il suo effetto nella fase di nucleazione. Questo lavoro è stato finalizzato alla determinazione delle reali proprietà di componenti in ghisa sferoidale di grandi dimensioni, in modo da identificare, attraverso una serie di prove sperimentali, i parametri metallurgici che più ne influenzano la resistenza a fatica. Lo studio vuole quindi favorire la comprensione dell’incidenza dei difetti dovuti al processo di colata in sabbia sulla resistenza meccanica e il comportamento a fatica della ghisa. A tale scopo è stata ideata una linea di produzione innovativa capace di riprodurre le condizioni di solidificazione di grandi

getti su campioni di piccola scala, evitando di dover sacrificare getti reali di produzione. I campioni prodotti con questo processo hanno composizioni chimiche diverse e tempi di solidificazione fino a 20 ore. Sono stati caratterizzati con prove meccaniche statiche e dinamiche, seguite da analisi metallografiche e frattografiche, finalizzate ad identificare l’area di nucleazione delle cricche, i differenti meccanismi di frattura e le anomalie microstrutturali responsabili della rottura. È stato infine studiato l’effetto competitivo della grafite degenerata rispetto alle microporosità nella fase iniziale di nucleazione della cricca. I dati prodotti in questo lavoro rappresentano una buona base per la ridefinizione delle regole di progettazione a fatica di elementi strutturali di grande spessore e possono contribuire allo sviluppo di modelli sempre più accurati per prevedere la resistenza a fatica di getti di grande spessore in presenza di difetti di solidificazione [15]. Procedura Sperimentale Sono state studiate tre diverse tipologie di ghisa: ghisa ferritica standard, ghisa ferritica ad alto contenuto di silicio e ghisa perlitica. La loro composizione chimica tipica è mostrata in Tab.1.

Tab. 1 – Composizione chimica delle ghise studiate (peso percentuale, Fe la parte restante) / Chemical composition of investigated ductile irons (wt%, Fe the rest) C%

Si%

Cu%

Mn%

Ghise sferoidali ferritiche (F)

3,5-3,6

2,4-2,5

0,1-0,2

<0,25

Ghise sferoidali ferritiche ad alto silicio (HSi)

3,3-3,4

3,3-3,5

<0,1

<0,25

Ghise sferoidali perlitiche (P)

3,5-3,6

2,0-2,2

0,8-1,0

0,2-0,35

Campioni di dimensioni relativamente piccole (240 mm di diametro, 260 mm di altezza e circa 80 kg di peso) sono stati realizzati mediante un apparato sperimentale capace di riprodurre le caratteristiche di getti di grande spessore con peso di decine di tonnellate. Esso consiste in un forno elettrico che consente la solidificazione controllata di campioni per periodi fino a 20 ore. La descrizione dettagliata del processo di produzione dei campioni è riportata in [3]. Preliminarmente, sui campioni prodotti, rappresentativi di un ampio range di spessori e tempi di solidificazione, è stato effettuato un controllo a ultrasuoni per individuare ogni possibile porosità da ritiro. Provini di trazione e fatica sono stati quindi ricavati dai getti. Le prove di trazione sono state eseguite a temperatura ambiente, in accordo con la norma UNI EN ISO 6892-1: 2009, determinando il carico di snervamento, il carico di rottura e l’allungamento percentuale a rottura. La durezza Brinell è stata misurata con durometro B3000J con 34

una sfera di diametro 10 mm e un carico applicato di 29.4 KN. Per ogni campione sono state eseguite almeno 3 misurazioni. Le proprietà di fatica sono state studiate tramite prove di flessione rotante, secondo il metodo stair-case in accordo con la norma UNI 3964/85. Tutti i test sono stati eseguiti a temperatura ambiente con una frequenza di 100 Hz. Il livello di sforzo iniziale è stato impostato per ogni campione sulla base del carico di rottura e del rapporto tra limite di fatica e carico di rottura tipico delle ghise sferoidali. Ad ogni step, l’incremento o il decremento nel carico applicato è stato di 10 MPa. Le prove di fatica sono state interrotte alla rottura del provino o al superamento di 5 milioni di cicli. I dati sono stati poi elaborati statisticamente ed è stato calcolato il limite di fatica con una probabilità di sopravvivenza del 50%, unitamente alla relativa deviazione standard. La geometria dei provini utilizzati per le prove di trazione e fatica ricavati dai getti è mostrata in Figura 1.

La Metallurgia Italiana - n. 2 2019


Ghisa sferoidale

Fig. 1 – Geometria dei provini utilizzati per i test di a) trazione e b) fatica. Tutte le dimensioni sono espresse in millimetri / Samples geometry used for a) tensile and b) fatigue tests. All sizes are in mm Risultati e Discussione Al fine di verificare la validità dell’approccio sperimentale utilizzato, le curve di raffreddamento, la microstruttura e le proprietà meccaniche di alcuni campioni prodotti con il processo descritto sono state confrontate con quelle di componenti reali di grandi dimensioni già testati in precedenza. Le analisi metallografiche hanno mostrato che la microstruttura risultante nei campioni di laboratorio era molto simile a quella dei corrispettivi componenti di grande spessore per quanto riguardava la matrice, la morfologia della grafite e il numero di noduli. Allo stesso modo, è apparsa evidente l’ottima corrispondenza di proprietà meccaniche statiche e dinamiche tra campioni e getti. Ciò ha confermato la validità dell’approccio sperimentale, permettendo di intraprendere il lavoro di caratterizzazione dei diversi materiali. Nelle tabelle 2-4 è riportato l’elenco dei campioni studiati suddivisi per tipologia di ghisa, con i relativi parametri significativi ricavati dalle curve di raffreddamento fornite dalle termocoppie.

Sono state poi condotte analisi metallografiche su tutti i campioni per verificare la microstruttura della matrice, la morfologia della grafite ed il conteggio dei noduli (numero di particelle di grafite per mm2 di area). Le superfici di frattura dei provini di trazione e fatica sono state analizzate mediante un microscopio elettronico a scansione SEM (Zeiss LEO EVO 40), equipaggiato con microsonda EDS, per identificare l’area di nucleazione della cricca e i diversi meccanismi di frattura. In particolare, le immagini SEM di alcuni campioni in ghisa ferritica tradizionale, rappresentativi di un ampio range di spessori e tempi di solidificazione, sono state analizzate con il software di analisi d’immagine Leica Q-Win e la dimensione dei difetti è stata misurata ed espressa in termini di √area, come proposto da Murakami [16]. Le misure sono state anche ripetute considerando solamente l’estensione lineare (in μm) del difetto di innesco affiorante sulla superficie, che nelle prove di fatica a flessione rotante costituisce la zona maggiormente sollecitata.

Tab. 2 – Lista dei campioni in ghisa ferritica tradizionale e relative condizioni di solidificazione / List of traditional ferritic ductile irons and corresponding solidification conditions

Campione

Ghisa

Tempo di solidificazione [ore]

Temperatura dell’ eutettico [°C]

Durata dell’ eutettico [ore]

F-A

Ferritica

3,5

1153

3

F-B

Ferritica

6,5

1160

5

F-C

Ferritica

10

1169

7

F-D

Ferritica

11,5

1159

9

F-E

Ferritica

15,5

1158

13

F-F

Ferritica

19,5

1153

18

La Metallurgia Italiana - n. 2 2019

35


Ductile iron Tab. 3 – Lista dei campioni in ghisa ferritica ad alto silicio e relative condizioni di solidificazione / List of high silicon ferritic ductile irons and corresponding solidification conditions Campione

Ghisa

Tempo di solidificazione [ore]

Temperatura dell’ eutettico [°C]

Durata dell’ eutettico [ore]

HSi-A

Ferritica alto Si

6

1159

5

HSi-B

Ferritica alto Si

11,5

1164

9,5

HSi-C

Ferritica alto Si

18,5

1161

12

HSi-D

Ferritica alto Si

24

1158

22,5

Tab. 4 – Lista dei campioni in ghisa perlitica e relative condizioni di solidificazione / List of traditional perlitic ductile irons and corresponding solidification conditions

Campione

Ghisa

Tempo di solidificazione [ore]

Temperatura dell’ eutettico [°C]

Durata dell’ eutettico [ore]

P-A

Perlitica

5,5

1159

3,5

P-B

Perlitica

7

1160

4,5

P-C

Perlitica

8,5

1160

6

P-D

Perlitica

12,5

1159

8,5

P-E

Perlitica

15

1160

11

Con la dicitura “tempo di solidificazione” si intendono le ore totali trascorse dal momento della colata fino al raggiungimento della temperatura di solidus alla quale la ghisa è completamente solidificata, determinata nel punto di flesso della curva termica. La durata dell’eutettico è invece calcolata dall'inizio della trasformazione eutettica fino al termine della solidificazione.

Proprietà meccaniche Le tabelle 5-7 riassumono i valori medi e le deviazioni standard del carico di snervamento (Rp0,2%), del carico di rottura (Rm), dell’allungamento (A%), della durezza Brinell (HB) e della resistenza a fatica (σf,50%) dei tre gradi di ghise sferoidali. I dati sono riportati anche nei grafici delle Figure 2-4, in relazione ai tempi di solidificazione dei campioni.

Tab. 5 – Proprietà meccaniche delle ghise sferoidali ferritiche tradizionali / Mechanical properties of traditional ferritic ductile irons

36

Campione

Tempo solid. [ore]

Rm [MPa]

Rp0,2% [MPa]

Rp0,2%/Rm

A%

HB

σf,50% [MPa]

F-A

3,5

329±17

286±3

0,87

3,1±1,4

153±4

145±6

F-B

6,5

353±8

298±2

0,84

4,2±0,8

165±8

167±18

F-C

10

311±13

290±2

0,93

1,9±1,2

156±6

156±10

F-D

11,5

295±8

275±4

0,93

2,9±0,2

144±2

138±4

F-E

15,5

284±17

282±14

0,99

0,3±0,7

156±5

-

F-F

19,5

249±29

-

1,00

0,0

162±8

130±17

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Ghisa sferoidale Tab. 6 – Proprietà meccaniche delle ghise sferoidali ferritiche ad alto contenuto di silicio / Mechanical properties of high Si ferritic ductile irons Campione

Tempo solid. [ore]

Rm [MPa]

Rp0,2% [MPa]

Rp0,2%/Rm

A%

HB

σf,50% [MPa]

HSi-A

6

394±1

365±4

0,93

3,6±0,8

166±5

188±11

HSi-B

11

347±9

342±6

0,99

0,9±0,9

165±8

157±10

HSi-C

18,5

361±6

-

1,00

0,0

176±2

146±10

HSi-D

24

368±7

365±5

0,99

0,8±0,8

176±5

-

Tab. 7 – Proprietà meccaniche delle ghise sferoidali perlitiche / Mechanical properties of perlitic ductile irons

Campione

Tempo solid. [ore]

Rm [MPa]

Rp0,2% [MPa]

Rp0,2%/Rm

A%

HB

σf,50% [MPa]

P-A

5,5

380±23

345±4

0,91

0,8±0,6

174±4

176±9

P-B

7

334±19

314±12

0,94

1,9±0,6

199±10

148±8

P-C

8,5

343±19

318±8

0,93

2,0±0,2

185±5

161±14

P-D

12,5

330±28

309±14

0,94

1,1±0,4

185±3

158±12

P-E

15,5

313±14

293±7

0,94

1,2±0,7

173±8

155±9

Le prove di fatica non sono state eseguite per i campioni F-E e HSi-D per via della presenza di macroporosità individuate durante il controllo ad ultrasuoni. Conseguentemente, la maggior

parte del materiale è stata scartata, e la rimanente quantità è stata sufficiente solo per le prove di trazione.

Fig. 2 – Risultati delle prove di trazione in relazione al tempo di solidificazione delle ghise sferoidali ferritiche tradizionali / Results of tensile tests as a function of solidification time of traditional ferritic ductile irons

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Ductile iron

Fig. 3 – Risultati delle prove di trazione in relazione al tempo di solidificazione delle ghise sferoidali ferritiche ad alto contenuto di silicio / Results of tensile tests as a function of solidification time of high silicon ferritic ductile irons

Fig. 4 – Risultati delle prove di trazione in relazione al tempo di solidificazione delle ghise sferoidali perlitiche / Results of tensile tests as a function of solidification time of perlitic ductile irons È importante notare che per tutte e tre le tipologie di ghisa le alterazioni microstrutturali dovute ai tempi di solidificazione molto lunghi hanno portato a valori di resistenza a rottura e allungamento totale molto inferiori a quelli prescritti dalla norma per getti a spessore di parete sottile [17]. Per tempi di solidificazione molto lunghi, le norme non forniscono alcun valore di riferimento che possa essere confrontato con questi risultati sperimentali. Il rapporto tra il carico di snervamento e il carico di rottura tendente a 1 ha sottolineato il comportamento fragile del materiale, mentre il carico di snervamento è è stato meno influenzato. Per le ghise sferoidali ferritiche tradizionali, le proprietà meccaniche hanno mostrato un andamento decrescente all’aumentare del tempo di solidificazione, tranne per la durezza che è rimasta praticamente costante. L’unica eccezione ha riguardato il campione F-A, che ha mostrato modeste proprietà meccaniche nonostante il tempo di solidificazione ridotto (3,5 ore). Analisi micrografiche e frattografiche sono state eseguite successivamente per capire le cause di questa incongruenza. Confrontando i diversi materiali, le proprietà meccaniche statiche delle ghise ferritiche ad alto contenuto di silicio sono risultate significativamente migliori di quelle delle ghise ferritiche tradizionali, perché il silicio determina un rafforzamento per soluzione solida. In generale, per lunghi tempi di solidificazione, le proprietà di 38

trazione delle ghise ad alto silicio si sono rivelate migliori anche rispetto a quelle delle perlitiche, che hanno mostrato un calo più accentuato all’aumentare delle ore di solidificazione. Le proprietà tensili delle ghise sferoidali ad alto silicio sono apparse meno sensibili all’effetto negativo dei lunghi tempi di solidificazione e, dopo un calo molto marcato attorno alle 10 ore, esse sono rimaste praticamente invariate anche per tempi molto più lunghi (fino a 22,5 ore). Questo tema è già stato affrontato anche in un precedente lavoro [18], dove le ghise sferoidali ad alto silicio avevano evidenziato una resistenza a rottura solo leggermente inferiore a quella misurata nelle perlitiche. Inoltre, la riduzione in percentuale delle proprietà meccaniche tra provini ricavati dai getti e dai campioni colati a parte (secondo la definizione data dalla norma UNI EN 44 1563:2012) era risultata più contenuta rispetto alle perlitiche e la struttura a matrice completamente ferritica rafforzata per soluzione solida si era mostrata meno sensibile all’aumento dello spessore di parete [19]. Questo comportamento potrebbe essere spiegato dalla presenza degli elementi di lega che stabilizzano la perlite che potrebbero portare a maggiori effetti segregativi in diverse posizioni all’interno del componente. In Fig.5 è mostrata la resistenza a fatica a 5 milioni di cicli delle diverse ghise in funzione del tempo di solidificazione.

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Ghisa sferoidale

Fig. 5 – Resistenza a fatica in relazione al tempo di solidificazione / Fatigue resistance as a function of solidification time

Come per le proprietà meccaniche statiche, la resistenza a fatica delle ghise sferoidali è diminuita al crescere dei tempi di solidificazione, con l’unica eccezione del campione F-A (3,5 ore), già evidenziata nelle prove statiche. A parità di velocità di raffreddamento, le ghise ad alto contenuto di silicio hanno mostrato sempre resistenze a fatica superiori rispetto a quelle delle ferritiche tradizionali. Ne consegue che il rafforzamento per soluzione solida è un metodo efficace per migliorare anche la resistenza a fatica del materiale. I risultati a fatica dei campioni ad alto silicio sono molto positivi anche ri-

spetto alle ghise perlitiche. Nonostante le differenze di matrice, infatti, le ghise ad alto silicio e le perlitiche mostrano risultati comparabili per velocità di raffreddamento molto basse. Analisi metallografica La microstruttura dei diversi campioni è stata osservata al microscopio ottico dopo preparazione metallografica e attacco Nital al 4%. Immagini rappresentative della microstruttura sono mostrate in Fig.6.

Fig. 6 – Esempi di microstruttura tipica di (a) ghisa ferritica tradizionale, (b) ghisa ad alto contenuto di silicio e (c) ghisa perlitica (attacco Nital al 4%, 25X) / Examples of microstructure typical of (a) traditional ferritic, (b) high silicon ferritic and (c) perlitic ductile iron (4%Nital etching, 25X) La Metallurgia Italiana - n. 2 2019

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Ductile iron In generale, la grafite ha mostrato una morfologia sferoidale, ma in alcuni campioni sono state riscontrate aree di grafite degenerata (chunky, esplosa e spiky). Nei campioni in ghisa ferritica tradizionale e ad alto contenuto di silicio, la matrice è stata confermata essere prevalentemente ferritica con meno del 10% di perlite dovuta a segregazioni locali, mentre in quelli in ghisa perlitica, con un contenuto di rame di 1,0%, la perlite è risultata superiore al 75%. Per tutti i campioni, il numero di noduli è risultato sempre molto basso, nell’ordine dei 3-10 noduli/mm2. Va però sottolineato il fatto che in questo lavoro si è deciso di evitare l’inoculazione, dal momento che prove effettuate in precedenza hanno mostrato come essa non abbia effetto in componenti di grande spessore per via dei lunghi tempi di solidificazione. Analisi delle superfici di frattura Le superfici di frattura dei provini di trazione e fatica sono state osservate al SEM, sia in modalità back-scattering (BSE) che con elettroni secondari (SE). I provini che hanno mostrato il comportamento migliore e peggiore per ogni condizione sperimentale sono stati selezionali per le analisi. L’indagine è stata condotta per determinare la morfologia della grafite, il tipo di frattura, l’innesco della cricca e la presenza di segregazioni chimiche o ossidi. Per tutti i campioni, il meccanismo di frattura è stato prevalentemente il clivaggio, con la presenza di dimples tipici della frattura duttile, solamente in piccole aree tra i noduli. In generale, nei campioni senza grafite degenerata, sono state individuate microporosità da ritiro come punto d’innesco della cricca di fatica, come riportato anche in letteratura [20, 21]. È noto che il limite di fatica delle ghise in cui la grafite è sferoidale è controllato principalmente dalla presenza di porosità [22] e che esiste una buona corrispondenza tra numero di cicli a rottura e dimensioni del difetto iniziale. Di seguito viene riportata l’analisi al microscopio elettronico delle superfici di frattura di fatica. Le considerazioni presentate per tutte e tre le tipologie di ghisa valgono anche per le superfici di frattura di trazione che hanno mostrato le medesime caratteristiche. Per quanto riguarda le ghise ferritiche tradizionali (Fig.7), le proprietà meccaniche inferiori di F-A rispetto a F-B sono dovute alla presenza di alcuni addensamenti di spiky, non riscontrati in F-B, caratterizzato invece da una discreta percentuale

40

di chunky (Fig.7a-b). Nel campione F-C sono stati evidenziati agglomerati di noduli grossolani di grafite e tracce di grafite esplosa (Fig.7c). Nel campione F-D oltre alla chunky è stata riscontrata anche grafite compatta (Fig.7d), mentre la grafite spiky si estende su quasi tutta la superficie di frattura di F-F (Fig.7e). Considerati i valori minimi di resistenza a fatica misurati su quest’ultimo campione, si può concludere che la grafite spiky ha un effetto estremamente negativo sulle proprietà meccaniche, sicuramente superiore a quello prodotto dalla grafite chunky o dall’ingrossamento dei noduli. Per spiegare la presenza di grafite spiky in campioni con tempi di solidificazione relativamente brevi, come il campione F-A, si deve considerare che anche piccole quantità di elementi contaminanti, come il titanio, possono causare la formazione di spiky nella matrice, che può portare ad un deterioramento delle proprietà della ghisa come la duttilità e la tenacità [23]. Questi elementi non sono sotto controllo e probabilmente nel campione F-A il loro contenuto era più alto che negli altri campioni. La formazione di tale forma di grafite degenerata è attribuita in letteratura alla presenza nel bagno metallico di altri elementi dannosi come il piombo, l'antimonio, il bismuto [24]. L'uso di sferoidizzanti contenenti terre rare può prevenire questo tipo di difetto [25], ma la totale assenza di spiky non è facile da ottenere e alcune tracce possono verificarsi in alcune aree di getti di grande spessore. È stato confermato che la presenza di grafite chunky determina la diminuzione della resistenza a fatica della ghisa. Ciò avviene secondo un meccanismo già noto in letteratura, secondo il quale la cricca penetra all'interno degli agglomerati di chunky interconnessa mentre, nel caso della grafite sferoidale, si propaga muovendosi attorno ai noduli all'interfaccia con la matrice [6, 8]. Molto più deleteria è la presenza di grafite spiky, anche in piccole quantità, poiché influenza negativamente l'innesco della frattura, che è la parte più lunga nella vita a fatica di un componente [26]. Sotto sollecitazioni alternate, la grafite spiky funge da intensificatore degli sforzi e le micro-cricche innescano all'interfaccia grafite-matrice, estendendosi rapidamente lungo l'interfaccia [23]. Al contrario, la grafite chunky non fornisce alcun effetto di innesco aggiuntivo per la nucleazione delle cricche di fatica, ma, come già detto, agisce da percorso preferenziale per la loro propagazione [1].

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Ghisa sferoidale

Fig. 7 – Superfici di frattura delle prove di fatica dei campioni in ghisa sferoidale ferritica: a) F-A; b) F-B; c) F-C; d) F-D; e) F-F / Fractured surfaces of fatigue samples of ferritic ductile iron (a) F-A; b) F-B; c) F-C; d) F-D; e) F-F

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41


Ductile iron Anche le ghise ad alto contenuto di silicio hanno confermato queste osservazioni (Fig.8).

Fig. 8 – Superfici di frattura delle prove di fatica dei campioni in ghisa sferoidale ferritica ad alto silicio: a) HSi-A; b) HSi-B; c)-d) HSi-C / Fractured surfaces of fatigue samples of high silicon ferritic ductile iron: a) HSi-A; b) HSi-B; c)-d) HSi-C

Nel campione HSi-A la grafite è risultata prevalentemente sferoidale con aree di chunky (Fig.8a), mentre il campione HSiB ha mostrato grafite più degenerata e sporadiche aree con piccole tracce di spiky (Fig.8b). Il peggiore comportamento a

42

fatica è stato infine riscontrato nel campione HSi-C, dove sono stati osservati considerevoli accumuli di chunky e, in aggiunta, tracce di grafite esplosa molto simile alla morfologia della spiky (Fig.8c-d).

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Ghisa sferoidale Le immagini frattografiche SEM delle prove di fatica dei campioni perlitici sono mostrate in Figura 9.

Fig. 9 – Superfici di frattura delle prove di fatica dei campioni in ghisa sferoidale perlitica: a) P-A; b) P-B; c) P-C; d) P-D; e)-f) P-E / Fractured surfaces of fatigue samples of high silicon perlitic ductile iron: a) P-A; b) P-B; c) P-C; d) P-D; e)-f) P-E

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43


Ductile iron Per quanto riguarda le ghise perlitiche, nel campione P-A la grafite è risultata prevalentemente sferoidale (Fig.9a). La bassa resistenza a fatica ottenuta per il campione P-B è giustificata dalla diffusa presenza di spiky (Fig.9b). Alcune aree contenenti spiky sono state trovate anche nel campione P-C, ma in quantità molto più ridotte (Fig.9c). Il campione P-D è caratterizzato invece da una grande presenza di chunky e gra-

fite degenerata (Fig.9d). Anche nel campione P-E la chunky è risultata molto abbondante e in alcuni provini si è evidenziata anche la presenza di grafite esplosa simile a spiky (Fig.9e-f). Tutte le correlazioni tra microstruttura e proprietà meccaniche riscontrate nei campioni analizzando le superfici di frattura sono state riassunte in Tabella 8.

Tab. 8 – Confronto tra microstruttura e proprietà meccaniche (○○>○>×) / Comparison between microstructure and mechanical properties (○○>○>×)

Per quanto riguarda la forma della grafite sulla superficie di frattura, il simbolo OO in tabella significa che il tipo di grafite considerato è presente in grandi quantità, il simbolo O che è stato trovato solamente in aree contenute e il simbolo X che è risultato completamente assente. Aree più o meno estese di grafite sferoidale sono state trovate in tutti i campioni, quindi in questo caso i simboli nella tabella rappresentano la qualità dei noduli di grafite in termini di forma e dimensione: piccoli e nodulari nella situazione migliore (OO), grossolani e tendenti alla degenerazione nei casi peggiori (X). Osservando i dati in tabella, è possibile notare una buona correlazione tra proprietà meccaniche e morfologia della grafite sulla superficie di frattura. In particolare, è stato confermato che la grafite chunky diminuisce le proprietà meccaniche delle ghise sferoidali, ma molto più cruciale è la presenza di grafite spiky che è responsabile di un significativo calo della resistenza a rottura e soprattutto a fatica. In letteratura esistono pochi lavori che hanno studiato l’effetto competitivo tra grafite 44

degenerata e microporosità sulla fase di innesco della cricca di fatica, per il semplice fatto che nei campioni normalmente testati la degenerazione della grafite è limitata e dunque prevalgono sempre gli effetti della microporosità. Questo aspetto è stato indagato nell’ultima parte del lavoro, dove si è cercato di identificare in maniera precisa i difetti che incidono maggiormente sulla resistenza a fatica delle ghise, al fine di permettere alla fonderia di adottare le contromisure più adeguate. Sono stati quindi selezionati alcuni campioni ferritici rappresentativi dell’intero range di solidificazione e tutte le superfici di frattura dei provini di fatica sono state analizzate al microscopio elettronico per individuare e misurare i difetti che hanno innescato la cricca. Le diverse tipologie di difetti d’innesco trovate sono state: microporosità da ritiro, grafite spiky e noduli degenerati di grandi dimensioni. Alcune immagini esemplificative di questi difetti sono mostrate in Figura 10.

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Ghisa sferoidale

Fig. 10 – Porosità da ritiro (a), grafite spiky (b) e noduli degenerati (c) all’origine della cricca di fatica / Shrinkage porosity (a), spiky graphite (b) and degenerated nodules (c) at the crack nucleation site

Nei grafici di Figura 11 sono riportate le misurazioni della radice dell’area e dell'estensione lineare in superficie di questi difetti in relazione alla vita a fatica dei provini rotti, per sollecitazioni di 130 MPa e 160 MPa. Si può notare come all’aumentare della dimensione del difetto iniziale, diminuisca la durata a fatica. In particolare, questa correlazione migliora sensibilmente se si considera l'estensione lineare del difetto sulla superficie, anziché la radice dell’area. Ciò conferma che nelle prove di flessione rotante la nucleazione della cricca non è influenzata solo dalla dimensione del difetto iniziale, ma è molto importante anche la sua posizione rispetto alla superficie.

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I valori medi di radice dell’area dei difetti iniziali sono stati quindi messi in relazione ai tempi di solidificazione dei campioni in Figura 12a. La linea rossa rappresenta la dimensione media di tutti i difetti d’innesco rilevati indipendentemente dalla loro tipologia. Si può osservare che questo andamento è inverso rispetto a quello della resistenza a fatica mostrato in Figura 12b, confermando che è la fase di nucleazione a determinare il limite di fatica dei componenti. Nel grafico di Figura 12a sono riportate anche le dimensioni medie degli stessi difetti, distinguendo però tra microporosità (linea verde) e grafite degenerata (linea blu).

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Ductile iron

Fig. 11 – Dimensione del difetto iniziale vs. vita a fatica dei provini: a) carico applicato di 130 MPa; b) carico applicato di 160 MPa / Size of initial defect vs. samples fatigue life: (a) applied load of 130 MPa; (b) applied load of 160 MPa

Fig. 12 – a) √area media vs. tempo di solidificazione; b) resistenza a fatica vs. tempo di solidificazione / a) average √area vs. solidification time; b) fatigue resistance vs. solidification time A 3,5 ore di solidificazione, le microporosità da ritiro sono risultate i siti di nucleazione più comuni. Frequentemente, in prossimità della porosità, è stata rilevata anche grafite spiky che è andata ad aumentare la dimensione complessiva dei difetti. In alcuni casi, sono stati trovati grandi agglomerati di grafite spiky come punto di innesco della cricca, anche in assenza di microporosità. Anche a 6,5 ore di solidificazione, le micro cavità da ritiro sono state identificate come principali responsabili della formazione di cricche. La grafite chunky è stata spesso osservata sulla superficie della frattura, ma senza nessuna relazione con il sito di innesco e solamente in alcuni casi, la cricca è iniziata da noduli degenerati di grafite grossolani. A 11,5 ore di solidificazione i difetti d’innesco sono stati sia microporosità che agglomerati di grafite compatta di grandi dimensioni, ma con una predominanza di questi ultimi. Sulla superficie di frattura è stato osservato un aumento significativo 46

della grafite chunky, ma anche in questo caso essa non ha avuto alcun effetto nella nucleazione delle cricche. Infine, nei campioni a 19,5 ore l’analisi delle fratture ha mostrato una presenza massiccia di grafite spiky che, nella maggior parte dei casi, ha agito da intensificatore degli sforzi nucleando le cricche. Solo nei pochissimi casi in cui la spiky non era presente, l’innesco è partito da microporosità. Conclusioni In seguito alle prove sperimentali e alle analisi effettuate, è stato possibile formulare le seguenti conclusioni, alcune delle quali utili anche alle fonderie per migliorare e ottimizzare i processi produttivi. - Le prove effettuate sui campioni di piccole dimensioni solidificati in maniera controllata hanno fornito risultati paragonabili a quelli dei getti di produzione di grande spessore in termini di microstruttura e proprietà meccaniche, confermando la validità La Metallurgia Italiana - n. 2 2019


Ghisa sferoidale della procedura sperimentale adottata. - Le ghise sferoidali ferritiche ad alto contenuto di silicio sono risultate più convenienti per la realizzazione di getti di grandi dimensioni sottoposti a carichi ciclici rispetto a quelle perlitiche, perché mostrano proprietà meccaniche e resistenza ad esse confrontabili, garantendo però una migliore lavorabilità e minori costi di produzione. - L’effetto delle microporosità è predominante nella nucleazione di cricche di fatica rispetto alla presenza di grafite chunky. Quest’ultima agisce come percorso preferenziale nella fase di propagazione della cricca, ma non mostra alcun effetto sinergico alle cavità da ritiro sulla fase d’innesco. - La grafite spiky si è dimostrata molto più dannosa rispetto alla chunky, poiché la sua presenza, anche in limitate quantità, ha sempre determinato una notevole diminuzione delle proprietà meccaniche. - Per tempi di solidificazione molto lunghi, gli agglomerati di

grafite degenerata, specialmente in forma di spiky, hanno avuto un’influenza sulla nucleazione della cricca superiore anche rispetto alle microporosità. In accordo con i risultati ottenuti, è stata valutata l’introduzione di alcuni accorgimenti nel processo produttivo per ottimizzare le caratteristiche del materiale. Per tempi di solidificazione molto lunghi, i trattamenti di pre-condizionamento e inoculazione della ghisa liquida non sembrano avere un effetto determinante. Molto più influenti risultano essere una corretta progettazione dei sistemi di alimentazione e l'utilizzo di raffreddatori per controllare la solidificazione e ridurre al minimo la presenza di zone calde a rischio di difetti. Ringraziamenti Gli autori desiderano ringraziare Fonderie Ariotti S.p.A. per il supporto durante lo svolgimento di tutta la ricerca.

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Ductile iron [15] Borsato T, Ferro P and Berto F. Novel method for the fatigue strength assessment of heavy sections made by ductile cast iron in presence of solidification defects. Fatigue and Fracture of Engineering Materials and Structures, 41(8):1746-1757 (2018) [16] Murakami Y. Metal Fatigue: Effects of Small Defects and Nonmetallic Inclusions. 1st ed. Ed. ELSEVIER SCIENCE Ltd The Boulevard, Oxford OX5 IGB, UK (2002). [17] Standard UNI EN 1563:2012 (2012). [18] Borsato T, Berto F, Ferro P and Carollo C. Proceedings of 21st European Conference on Fracture 2016 (ECF21) Catania, Italy (2016). [19] Borsato T, Berto F, Ferro P and Carollo C. Mechanical and Fatigue Properties of Heavy Section Solution Strengthened Ferritic Ductile Iron Castings. Advanced Engineering Materials, 18(12):2070-2075 (2016). [20] Larker R. Solution strengthened ferritic ductile iron ISO 1083/JS/500-10 provides superior consistent properties in hydraulic rotators. Overseas Foundry, 6(4):343-351 (2009). [21] Kainzinger P, Guster C, Severing M and Wolf A. Influence of micro-shrinkage on the fatigue behavior of ductile iron. 13th International Conference on Fracture, Beijing, China, pp. 1-9 (2013). [22] Pyttel B, Brunner I, Schwerdt D and Berger C. Influence of defects on fatigue strength and failure mechanisms in the VHCFregion for quenched and tempered steel and nodular cast iron. Int J Fatigue, 41:107-118 (2012). [23] Costa N, Machado N and Silva FS. A new method for prediction of nodular cast iron fatigue limit. Int J Fatigue, 32(7):988-995 (2010). [24] Sarkar PP, Dhua SK, Dhara S, De SK, Metallurgical investigation into the failure of an iron ore sintering car pallet. Eng Fail Anal, 63:31-42 (2016). [25] Borsato T, Berto F, Ferro P and Carollo C. Effect of in-mould inoculant composition on microstructure and fatigue behaviour of heavy section ductile iron castings. Procedia Structural Integrity, 2:3150-3157 (2016). [25] Borsato T, Berto F, Ferro P and Carollo C. Effect of in-mould inoculant composition on microstructure and fatigue behaviour of heavy section ductile iron castings. Procedia Structural Integrity, 2:3150-3157 [26] Foglio E, Gelfi M, Pola A and Lusuardi D. Effect of Shrinkage Porosity and Degenerated Graphite on Fatigue Crack Initiation in Ductile Cast Iron. Key Engineering Materials, 754: 95-98 (2017).

Mechanical characterization of heavy section ductile cast iron components This article is about the mechanical characterization performed on different types of ductile iron with solidification times up to 20 hours, in order to identify the metallurgical and process parameters affecting fatigue resistance. For this purpose, an experimental casting apparatus, based on controlled solidification within an electric furnace, was designed and developed to reproduce on small-scale samples the typical microstructures of heavy section castings, especially concerning the graphite morphology and the porosity. Preliminary, to validate this new experimental approach, the microstructures and the mechanical properties of small-scale samples were compared with those measured on samples machined from real large castings. Test campaigns were carried out on ferritic, high-silicon ferritic and pearlitic cast irons, by performing tensile tests, Brinell hardness and rotating bending fatigue. Optical and scanning electron microscope observations of the fracture surfaces were also performed, obtaining a complete characterization of the different types of cast iron for castings up to 50 t, without the need of using real heavy parts. The results showed that the shrinkage porosity and the spiky graphite have a deleterious effect on the cracks nucleation, significantly reducing the fatigue resistance of the castings, while the chunky graphite has a minor effect, acting as a preferential path in the propagation step. Ferritic cast iron with high silicon content was the most performing for the production of thick parts undergoing fatigue, thanks to its high ductility and uniform properties.

KEYWORDS: DUCTILE CAST IRON − CHUNKY GRAPHITE − SPIKY GRAPHITE − FATIGUE − MICROPOROSITY − FRACTURE ANALYSIS 48

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tradizione ed innovazione nelle tecnologie di lavorazione del titanio

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12 marzo 2019, Milano (c/o Centro Congressi Fast)

Il Centro di Studio “Metalli e Tecnologie Applicative” dell’AIM propone una Giornata di Studio, che riassume l’attuale stato dell’arte nel settore del Titanio e delle sue tecnologie di lavorazione. Uno degli scopi della Giornata vuole essere di riunire le competenze del mondo della ricerca con quelle degli operatori industriali. Tale confronto verrà introdotto da una panoramica iniziale sulle caratteristiche chimico –fisiche e metallurgiche del Titanio e sue leghe. Questa iniziativa segue quelle sviluppate dal nostro Centro di Studio negli anni precedenti, con lo scopo di recepire le richieste di informazione emerse nelle precedenti giornate, nonché di presentare le recenti innovazioni. Saranno presenti relatori provenienti sia dal mondo industriale, che dal mondo universitario e dei Centri di ricerca. Il Centro di Studio Metalli e Tecnologie Applicative con questa manifestazione ritiene di venire incontro alle esigenze di tutti coloro che, a vario titolo, vogliono conoscere, approfondire o discutere il variegato mondo delle tecnologie di lavorazione ed applicazione del titanio. Il programma completo è disponibile su www.aimnet.it

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metallurgia fuori forno

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28-29 marzo, 4-5-10-11 aprile 2019 MILANO, CREMONA, NARNI SCALO, TERNI, MARONE, SAN ZENO NAVIGLIO

L’iniziativa si sviluppa come di consueto alternando alla didattica in aula le visite agli impianti e alle aziende del comparto che si sono rese disponibili ad ospitare il Corso. I partecipanti possono così fruire di informazioni di carattere teorico e pratico, che consentono di migliorare la qualità dei prodotti senza compromettere l’efficienza produttiva e gli impianti. In un’ottica di consolidamento delle realtà siderurgiche, risultano determinanti fattori quali il contenimento dei costi produttivi, la produttività, la qualità dei prodotti e la rispondenza puntuale alle specifiche dei clienti. La conoscenza e la corretta applicazione dei processi di “metallurgia secondaria” riveste un ruolo fondamentale per il raggiungimento di questi obiettivi da parte delle imprese siderurgiche. In questo Corso, saranno approfonditi temi fondamentali per la buona riuscita del processo di “metallurgia secondaria”. Il programma completo è disponibile su www.aimnet.it Organizzato con collaborazione di

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Le manifestazioni AIM AIM meetings and events TRATTAMENTO TERMICO DI MATERIALI E COMPONENTI PRODOTTI PER MANIFATTURA ADDITIVA Gds - Centri MP e TTM c/o Dallara Academy, Varano de’ Melegari (PR), 7 marzo

ECHT 2019 - HEAT TREATMENT & SURFACE ENGINEERING FOR AUTOMOTIVE Convegno Internazionale Bardolino (VR), 5-6-7 giugno

CAUSE E SOLUZIONI DEI DIFETTI NEI GETTI PRESSOCOLATI Giornata di Studio c/o Kilometro Rosso, Bergamo, 8 marzo

POLVERI E PROCESSI PER ALTE PRESTAZIONI Giornata di Studio Milano, 6 giugno

TRADIZIONE ED INNOVAZIONE NELLE TECNOLOGIE DI LAVORAZIONE DEL TITANIO Giornata di Studio Milano, 12 marzo

RIVESTIMENTI - II MODULO - Rivestimenti spessi Placcatura e Termospruzzatura Corso Milano, 19-20 giugno

METALLURGIA FUORI FORNO Corso itinerante 28-29 marzo, 4-5-10-11 aprile

MICROSCOPIA ELETTRONICA IN SCANSIONE SEM PER METALLURGISTI - II ed. Corso Lecco, 26-27-28 giugno

METALLOGRAFIA Corso modulare Milano, 9-10-22-23 maggio, 12-13 giugno

LEGHE DI ALLUMINIO Corso di base Bologna, 27 giugno

MASTER PROGETTAZIONE STAMPI Corso aprile/maggio

PRESS & SINTER: EVOLUZIONE DI PRODOTTI, MATERIALI E TECNOLOGIE Giornata di Studio giugno

LEGHE DI NICHEL E SUPER LEGHE Giornata di Studio Milano, maggio DIFETTOSITA’ IN COLATA CONTINUA E LINGOTTI Giornata di Studio Brescia, maggio METALLI A SCALA MICRO - NANOMETRICA: TECNICHE DI INDAGINE Giornata di Studio Roma, 17 maggio BULLONERIA E TRATTAMENTI TERMICI Giornata di Studio c/o Vimifasterners - Reggiolo (RE), 21 maggio PROVE MECCANICHE Corso Milano, Monza, Crema 29-30 maggio, 5-6 giugno

XIII GIORNATE NAZIONALI SULLA CORROSIONE E PROTEZIONE Convegno Palermo, 3-4-5 luglio DEFORMAZIONE DEI PRESSOCOLATI: CAUSE E RIMEDI Giornata di Studio Torino, 18 settembre “ADDITIVE METALLURGY”. MATERIALI METALLICI E FABBRICAZIONE ADDITIVA Corso Milano, 18-19 settembre PROVE NON DISTRUTTIVE Corso Milano, 20-21 novembre

Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Segreteria AIM e-mail: info@aimnet.it oppure visitare il sito internet www.aimnet.it

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Attualità industriale Zincatura per diffusione come alternativa ecologica ai processi tradizionali a cura di: L. Montesano, M. Tocci, B. Delibashi, M. Gelfi, A. Pola Il presente lavoro ha come obiettivo quello di illustrare i risultati preliminari ottenuti nell’ambito di un progetto finanziato dalla Regione Lombardia, finalizzato a sviluppare e ottimizzare una tecnologia innovativa di zincatura per diffusione. In una prima parte del lavoro, sono stati analizzati manufatti in acciaio reperibili sul mercato rivestiti con due processi basati su meccanismi di diffusione: uno convenzionale (sherardizzazione) e uno più innovativo, che rappresenta il punto di partenza per lo svolgimento del progetto. Le analisi morfologiche e chimiche sono state condotte tramite microscopio elettronico a scansione, considerando superfici e sezioni dei pezzi, per valutare qualità ed omogeneità dei rivestimenti. Sono state inoltre eseguite prove di corrosione, di adesione e di durezza. Parallelamente, è stato realizzato un impianto pilota per replicare e ottimizzare il processo innovativo esistente. I test sono stati finora condotti su minuteria in acciaio, ma l’obiettivo finale del progetto sarà quello di rivestire componenti di maggiori dimensioni e geometrie complesse. PAROLE CHIAVE: ZINCATURA – RIVESTIMENTO PER DIFFUSIONE – SEM-EDS – FLOW PATTERN

L. Montesano, M. Tocci, B. Delibashi, M. Gelfi, A. Pola Università di Brescia, Dip. Ingegneria Meccanica e Industriale, Brescia, Italia

INTRODUZIONE L’applicazione di rivestimenti in zinco su componenti in acciaio è una tecnologia molto diffusa per migliorarne la resistenza a corrosione. Come noto, infatti, i rivestimenti in zinco proteggono il substrato di acciaio dalla corrosione in diversi modi: come barriera che separa il substrato dall’ambiente circostante, come anodo sacrificale che fornisce protezione galvanica al substrato, in presenza di graffi o altre imperfezioni del rivestimento stesso. Infatti, in termini di potenziale di corrosione, lo zinco è meno nobile dell’acciaio nella maggior parte degli ambienti a temperature ambiente, corrodendosi più facilmente dell’acciaio in caso di esposizione ad un agente corrosivo. La stessa corrosione dello zinco, inoltre, porta alla formazione di idrossido di zinco che, precipitando sulle zone di acciaio esposte, fornisce un’ulteriore protezione al substrato. A livello industriale i processi più diffusi per la zincatura utilizzati sono: zincatura a caldo, elettrozincatura e, in misura minore, sherardizzazione (1) Il trattamento di sherardizzazione permette di realizzare rivestimenti in Zn sfruttando principalmente fenomeni di diffusione allo stato solido. Infatti, durante questo processo, il componente viene collocato all’interno di un reattore insieme a una certa quantità di polvere di Zn. Generalmente, viene anche aggiunto materiale granulare inerte con lo scopo di La Metallurgia Italiana - n. 2 2019

assicurare una buona miscelazione delle poveri. Quindi, il reattore viene chiuso e posto all’interno di un forno dove viene mantenuto a temperature fra 320 e i 400°C, quindi non superiori a quella di fusione dello Zn. Inoltre, solitamente, il reattore è posto in rotazione per rinnovare continuamente lo strato di polvere a contatto con il componente stesso (1). In questo modo, lo Zn si deposita tramite deposizione chimica da vapore (Chemical Vapor Deposition, CVD) e aderisce alla superficie del componente tramite diffusione allo stato solido, fino alla formazione di un vero e proprio rivestimento, spesso diverse decine di micron. Il rivestimento ottenuto tramite sherardizzazione è solitamente di spessore uniforme, anche in presenza di geometrie complesse, presenta una finitura grigia e opaca, con una rugosità sufficiente per permettere l’adesione di ulteriori strati, quali olii, vernici, ecc. A causa delle basse temperature di processo, inoltre, non vengono alterate le proprietà meccaniche del componente, come per esempio la durezza. Dal punto di vista microstrutturale, il rivestimento è costituito da fasi intermetalliche contenenti Fe e Zn, sempre più ricche in Zn procedendo verso l’esterno del rivestimento. La proporzione tra Zn e Fe varia principalmente in funzione della composizione del substrato (1). Nel caso di rivestimenti realizzati a partire da polveri miste 51


Industry news di Zn e Al, viene solitamente individuata una struttura a due strati. Lo strato più esterno contiene principalmente diversi intermetallici Fe-Al, mentre quella più interno è prevalentemente costituita da intermetallici Zn-Fe. Si può quindi interpretare questo processo come il risultato della sovrapposizione di due diversi rivestimenti, il primo analogo a quello che viene ottenuto tramite sherardizzazione, il secondo invece corrispondente a un processo di alluminizzazione (2). Per quanto riguarda la resistenza alla corrosione, a parità di processo, il rivestimento ottenuto partendo da polveri di Zn puro risulta essere leggermente meno resistente di quelli realizzati tramite polveri miste di Zn e Al (3). Nell’ambito di questo studio, verranno presentati i risultati della caratterizzazione di componenti realizzati con una nuova tecnologia, che sfrutta sempre la diffusione allo stato solido, confrontata in termini di performances con una sherardizzazione tradizionale. Il processo innovativo si configura, infatti, come una sorta di sherardizzazione, in quanto sfrutta il meccanismo di deposizione da vapore e la diffusione allo stato solido per la realizzazione del rivestimento, ma utilizza polveri di zinco miscelate con altri elementi quali, per esempio, alluminio e magnesio per garantire migliori performances a corrosione grazie alla formazione di inclusioni Zn-Al-Fe all’interno del rivestimento. Queste inclusioni, attive dal punto di

vista elettrochimico, costituiscono una fase sacrificale che si corrode preferenzialmente rispetto alle altre fasi intermetalliche Fe-Zn che costituiscono il rivestimento. Saranno inoltre presentati i primi risultati ottenuti in un impianto pilota, realizzato per migliorare e ottimizzare il processo sia dal punto di vista qualità del coating che di eco sostenibilità del processo, nell’ambito di un progetto finanziato da Regione Lombardia (CUP E87H16001810009). PROCEDURA SPERIMENTALE Caratterizzazione dei prodotti industriali Il processo di rivestimento studiato segue le fasi indicate nello schema in Fig. 1. In dettaglio, dopo la pulizia superficiale i componenti da rivestire sono inseriti in un contenitore cilindrico che viene posto in rotazione all’interno di un forno mantenuto ad una temperatura compresa tra i 370 e 450°C. Oltre ai pezzi, nel contenitore viene inserita anche polvere di zinco, alluminio, magnesio, silicio, potassio ed eventualmente altri elementi che andranno a depositarsi sulla superficie dei pezzi durante il processo. Al termine del trattamento i pezzi sono estratti dal contenitore, puliti e, in caso di necessità, può essere applicato un ulteriore rivestimento per modificare le caratteristiche estetiche o funzionali dei pezzi (4).

Fig. 1 – fasi principali del processo / process steps.

Per valutare le performances del rivestimento innovativo (di seguito indicato come rivestimento B) rispetto ad uno ottenuto per sherardizzazione (di seguito indicato con la lettera A) sono stati inizialmente ricavati i campioni a partire da piastre in acciaio precedentemente rivestite con le due tecnologie. Come substrato si è stato scelto un acciaio al carbonio, senza presenza di elementi di lega e come spessore dei rivestimenti circa 45 micron, in accordo con le pratiche industriali. La caratterizzazione delle diverse tipologie di rivestimento è consistita principalmente in una analisi morfologica e chimica delle polveri e dei rivestimenti, sia in pianta che in sezione, eseguita tramite microscopio elettronico a scansione LEO EVO 40 dotato di micro-analisi EDS. Successivamente, è stata valutata la resistenza a corrosione dei campioni tramite prove elettrochimiche, utilizzando un potenziostato AMEL 7050 in configurazione standard con tre elettrodi. Sono state eseguite 52

prove in soluzione di NaCl 3.5% in peso, impostando una rampa di potenziale da -250 mV fino a +250mV rispetto al potenziale di corrosione libera. La velocità di scansione è stata fissata a 0.25 mV/s. La caratterizzazione meccanica dei rivestimenti è stata svolta tramite prove di scratch sulla superficie e di nanoindentazione sulla sezione lucidata dei campioni. Le prove di scratch sono state condotte con un Revetest Xpress (CSM instruments) utilizzando un indenter Rockwell con raggio di punta di 200 μm. Per ogni campione sono state effettuate tre tracce lunghe 4 mm applicando un carico da 1 a 20 N con una rampa lineare di 40 N/min. È stato quindi individuato tramite microscopio ottico il carico corrispondente alla delaminazione del rivestimento. Infine, i valori di durezza sono stati ottenuti come la media di 8 impronte, realizzate con un nanoindenter TTH-NHT (CSM instuments) applicando un carico pari a 50 mN. La Metallurgia Italiana - n. 2 2019


Attualità industriale Prove con impianto pilota Le prove con impianto pilota sono state svolte utilizzando per ogni test circa 1 kg di cilindretti in acciaio al carbonio e diversi quantitativi di una polvere analoga a quella usata industrialmente (Fig. 2a). Al fine di introdurre migliorie nel processo esistente, è stato realizzato un contenitore per la deposizione del rivestimento dotato di valvole per l’immissione di gas inerte o per aspirare l’aria e lavorare in vuoto. Il

forno, appositamente realizzato, è stato dotato di un sistema per la rotazione del contenitore durante i test (Fig. 2b). Tutti i parametri di lavoro, quali temperatura del forno e all’interno del contenitore, velocità di rotazione, ecc, possono essere monitorati durante l’intero ciclo di rivestimento. I campioni così rivestiti (campioni P) sono stati caratterizzati in modo analogo ai campioni A e B.

Fig. 2 – contenitore con campioni e polvere (a) e forno con sistema di rotazione del contenitore (b) / powder and sample retort (a) and oven equipped with rotational system Al fine di ottimizzare il nuovo processo, sono in corso prove per valutare l’influenza dei parametri di lavoro, quali temperatura e tempo processo, nonché ambiente, rapporto polvere/ materiale da rivestire, tipo di preparazione e finitura del substrato sulla qualità del rivestimento. I pezzi prodotti sono stati caratterizzati tramite analisi al microscopio elettronico delle superfici rivestite e della qualità

del coating sulla sezione dei pezzi. RISULTATI Caratterizzazione dei prodotti industriali Dalle immagini condotte al SEM-EDS e riportate in Fig. 3 è possibile osservare la diversa morfologia delle polveri utilizzate nei due processi A e B.

Fig. 3 – analisi SEM-EDS delle polveri utilizzate nel processo di sherardizzazione (a) e nel processo innovativo (b) / SEM-EDS analyses powder for sherardization (a) and for the innovative process (b). La Metallurgia Italiana - n. 2 2019

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Industry news

a)

b)

c)

d)

e)

f)

Fig. 4 – analisi SEM-EDS dei rivestimenti studiati: vista in superficie (a, b), in sezione (c, d) e composizione chimica nello spessore del rivestimento (e, f) / SEM-EDS analyses pf the studied coatings: top view (a,b), cross section (c, d) and chemical composition along the coating thickness (e,f)

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Attualità industriale Dal punto di vista chimico, entrambi i rivestimenti appaiono simili: il primo strato a contatto con il substrato di acciaio è costituito prevalentemente da una lega Zn-Fe, che si arricchisce di zinco man mano che si muove verso la superficie (Fig. 4e-f). La principale differenza tra i due coating risiede nella presenza di aggiunte di Al, Si, K, Mg e O, sotto forma di inclusioni di colore più scuro presenti nel rivestimento ottenuto con il processo innovativo, segno che gli elementi contenuti nelle polveri vengono effettivamente inglobati nello strato di zinco e possono quindi influenzare la resistenza a corrosione dei pezzi. I risultati delle prove di corrosione potenziodinamica sono riassunti Tab. 1.

La presenza delle fasi sacrificali contenenti Al, Si e K, riscontrate nel rivestimento B portano da un lato all’aumento della densità di corrente di corrosione, dall’altro ad una aumento sensibile della deviazione standard della misura. Questo suggerisce che le seconde fasi non siano disperse omogeneamente all’interno del rivestimento e che, quindi, zone adiacenti del coating presentano una velocità di corrosione piuttosto diversa in funzione della quantità di inclusioni presenti. I campioni sherardizzati mostrano un comportamento molto buono e ripetibile, a conferma dell’omogeneità del rivestimento. Non si sono notati inneschi localizzati di corrosione segno che le cricche osservate al microscopio elettronico non rappresentano un problema per la resistenza dei pezzi.

Tab. 1 – risultati delle prove di corrosione / corrosion tests results

Densità di corrente di corrosione [μA/cm2] Media

Deviazione standard

(A) sherardizzazione

5.32

0.02

(B) processo innovativo

10.78

6.56

Da punto di vista meccanico la sherardizzazione presenta una durezza leggermente inferiore a quella del coating innovativo (Tab. 1), il quale risulta anche più aderente al substrato, come

mostrato dal carico di delaminazione che risulta circa il 50% superiore a quello dei campioni sherardizzati (Tab. 2).

Tab. 2 – risultati delle prove di durezza e di scratch / scratch and nanoindentation results

Durezza HV

Carico critico di delaminazione [N] Deviazione Media standard

Media

Deviazione standard

(A) sherardizzazione

451

35

2.43

0.30

(B) processo innovativo

501

58

3.82

0.44

Prove con impianto pilota I rivestimenti ottenuto con l’impianto pilota appaiono promettenti. In tutte le prove eseguite è stato possibile individuare nel campione uno strato di diffusione Fe-Zn, la cui qualità e spessore appaiono fortemente influenzati dai parametri di processo. In Fig. 5 sono riportate le immagini significative di alcune delle condizioni sperimentali indagate: P1 - rotazione intermittente del contenitore e alta temperatura di processo; P2 - rotazione continua del contenitore e bassa temperatura di processo; La Metallurgia Italiana - n. 2 2019

P3 - rotazione continua del contenitore ed alta temperatura di processo. Per questi test sono stati mantenuti costanti il tempo di lavoro e il rapporto polvere/materiale da rivestire. Nelle immagini di Fig. 5 si possono osservare normalmente due strati: in basso (griglio scuro) l’acciaio del substrato, al di sopra lo strato di diffusione (più chiaro) la cui composizione chimica media è riportata in Fig. 5d. In alcuni casi è anche presente un deposito di polvere non reagita e ossidata (grigio/bianca con striature scure).

55


Industry news

a)

b)

Composizione media (% in peso) Rivestimento Fe Zn

c)

P1

12.41

87.59

P2

11.84

88.16

P3

12.01

87.99

d)

Fig. 5 – analisi SEM-EDS dei rivestimenti ottenuti con l’impianto pilota / SEM-EDS analyses of the coating realized with the pilot plant

Dall’analisi dei tre campioni, appare evidente che la rotazione ha un ruolo fondamentale nel processo di deposizione del rivestimento. A parità di tutte le altre condizioni, infatti, per ottenere uno strato di diffusione continuo è opportuno mantenere continuo il movimento del contenitore. I risultati migliori a parità di tempo si ottengono alla temperatura di lavoro superiore (campione P3) anche se è ipotizzabile riuscire a raggiungere analogo spessore lavorando a temperature inferiori ma aumentando i tempo di processo. Confrontando il caso P3 con i campioni ottenuti industrialmente con il processo innovativo (rivestimento B) si può notare una morfologia analoga ma, nonostante il minore spessore del coating C, quest’ultimo appare depositato in modo più uniforme sulla superficie. CONCLUSIONI Dalle indagini finora condotte è possibile trarre le seguenti 56

conclusioni: • il rivestimento ottenuto per sherardizzazione industriale risulta continuo e piuttosto omogeneo, al contrario del coating innovativo usato anch’esso industrialmente, per il quale lo spessore risulta molto variabile; • è stato appurato che entrambi i rivestimenti sono costituito da una lega Fe-Zn, che si arricchisce in Zn muovendosi dal substrato verso la superficie. Nel caso del coating innovativo sono inoltre presenti inclusioni ricche in Al e Si disperse in modo casuale all’interno del riporto di zinco; • la resistenza alla corrosione misurata con il metodo elettrochimico è risultata inferiore per il coating ottenuto mediante metodo innovativo e, in particolare, si è notato che la presenza delle fasi sacrificali induce una disomogeneità di comportamento ed un aumento non trascurabile della deviazione standard delle misure; • le caratteristiche meccaniche del rivestimento innovativa La Metallurgia Italiana - n. 2 2019


Attualità industriale sono più elevata di quelle del rivestimento ottenuto per sherardizzazone, in particolare per quanto riguarda l’adesione; • dalle prove con impianto pilota, volte ad ottimizzare il processo innovativo, è emerso che esistono margini di miglioramento, soprattutto per quanto riguarda l’omogeneità dello spessore e che, combinando opportunamente i parametri di processo è possibile ottenere depositi di diffusione continui anche su piccola scala.

RINGRAZIAMENTI I dati riportati in questo lavoro sono stati ottenuti nell’ambito di un progetto finanziato da Regione Lombardia (CUP E87H16001810009, id: 147153). Gli autori ringraziano ing. G. Vermeulen (Greenkote PLC) per i consigli nello svolgimento delle prove e il PhD. ing. D. Rollez (Grillo-Werke AG) per le proficue discussioni sulla zincatura.

BIBLIOGRAFIA [1] [2] [3]

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Industry news Zinc-based diffusion coating as an environmental-friendly alternative to conventional processes edited by: L. Montesano, M. Tocci, B. Delibashi, M. Gelfi, A. Pola The aim of the present work is to show the first results obtained in a project about an innovative and environmental-friendly galvanizing technology. This research activity is founded by Regione Lombardia. To this aim, commercial items coated by diffusion were analyzed and compared in terms of chemical composition, microstructure, corrosion and mechanical resistance. In particular two processes were considered: a conventional technique (sherardization) and an innovative technology that represents the starting point of the project. Morphology and chemical composition of the coated samples were studied, as well as corrosion resistance, hardness and coating adhesion. Moreover, an industrial pilot plant able to replicate the innovative technique was realized in order to optimize process parameters and to improve process efficiency. In these initial project steps, only small steel items were coated. However, one of the final project goal is to coat large structural parts with complex geometry. KEYWORDS: – ZINC-BASED COATING – GALVANIZING – SEM-EDS

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Attualità industriale Rivestimenti industriali di DLC ad alte prestazioni con sistemi di deposizione PVD e PPD a cura di: Alessandro Neri, Vittorio Pasello, Carla Martini, Alessandro Morri Ad oggi, esistono numerosi settori industriali che richiedono rivestimenti ad alta durezza e/o basso attrito, ed il principale materiale utilizzato per questo genere di rivestimenti è il Diamond-Like Carbon (DLC). Gli alti costi di produzione, insieme alla bassa adesione del rivestimentoed alla bassa produttività, sono i principali fattori che ne limitano gli utilizzi. Qui viene proposto l'uso di due tecniche industriali di deposizione di DLC: un sistema sputtering PVD ed un secondo sistema basato sull'innovativa tecnologia Pulsed Plasma Deposition (PPD). In particolare, verranno affrontati e discussi sia l'uso di interlayer finalizzati ad una migliore adesione dei film di DLC, che le modalità per ottenere film con proprietà meccaniche elevate (durezza > 30GPa) e basso attrito. La deposizione su componenti metallici risulta particolarmente importante, sia per le numerose applicazioni in settori esclusivi come: aereonautica, automotive, motorsport e utensileria, ecc., sia per la necessità di trattare grosse quantità di pezzi simultaneamente. PAROLE CHIAVE: DLC - DUREZZA - DEPOSIZIONE INDUSTRIALE - ADESIONE -PVD - PPD

Alessandro Neri OrganicSpintronicssrl - via Gobetti 101 - 40129 Bologna, Italy

Vittorio Pasello Pasello Trattamenti Termici - via Via Torretta 39/A - 40012 Calderara di Reno (Bo), Italy

Carla Martini, Alessandro Morri Department of Industrial Engineering University of Bologna - Viale Risorgimento 4 - 40136 - BOLOGNA, Italy

INTRODUZIONE Le tecnologie per ottenere ricoprimenti ad alta durezza sono da tempo utilizzate in molti settori industriali quali l'automotive, l'aeronautica, i motorsports e l'utensileria meccanica, con lo scopo di migliorare al contempo le caratteristiche meccaniche dei componenti, la resistenza all’usura del sistema e l’adesione del rivestimento al substrato. Purtroppo le tecniche di rivestimento disponibili sul mercato sono spesso molto onerose, in termini di costi e tempi di produzione. Tra i vari rivestimenti ad alta durezza, il materiale che risulta più adatto a unire le proprietà di indurimento superficiale con la necessità di un basso attrito e conseguentemente di una alta resistenza ad usura, è il DLC. Con questo acronimo si indicano una grande varietà di ricoprimenti a base di carbonio amorfo in forma di film sottile. In generale i ricoprimenti di DLC risultano conformi alla superficie del substrato e mostraLa Metallurgia Italiana - n. 2 2019

no notevoli durezze. Tuttavia, i ricoprimenti di DLC possono presentare, in funzione dalla tecnica di deposizione, un’ampia gamma di proprietà, che dipendono dal modo in cui gli atomi di carbonio si legano fra di loro e dalla eventuale presenza di altri atomi estranei. Esistono nfatti due diverse tipologie di ibridazione per gli atomi di C nel DLC: sp2 e sp3. Il primo tipo forma una rete planare (grafitica) e il secondo una rete tridimensionale (diamante). La percentuale relativa delle due forme e la distribuzione dei relativi cluster di sp2e sp3 è all’origine della diversità di durezza e coefficiente di attrito dei diversi tipi di DLC. [1] La durezza infatti dipende direttamente dal rapporto sp2/sp3 e varia tra 10 e 100 GPa. Nella Fig. 1 sono mostrate le varie forme di DLC infunzione sia del rapporto di sp2/sp3 che del contenuto di idrogeno.

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Industry news

Fig. 1 – Forme di DLC a seconda del contenuto di carbonio sp2 ed sp3 e del contenuto di idrogeno / Different type of DLC as a function of sp2 and sp3 carbon and hydrogen concentration [2] Nel lavoro saranno riportati i dati relativi a diverse tipologie di DLC in funzione del tipo di tecnologia utilizzata per la sua realizzazione. Per il sistema PVD sarà considerata la deposizione di a-C:H, mentre con la tecnica PPD (Pulsed Plasma Deposition) sarà preso in esame il carbonio tetraedrico (ta-C), la forma più dura di DLC. La scelta di queste due tecniche, che permettono di depositare due tipologie molto differenti di DLC, è legata al fatto che entrambe risultano essere metodi non molto costosi per la produzione industriale e quindi con un potenziale impatto sul mercato. Tra i principali problemi di utilizzo di questi rivestimenti c'è la bassa adesione del materiale ai substrati metallici: infatti, in questo lavoro si affronterà l’ottimizzazione sia dell’interstrato di adesione, che sarà depositato con differenti modalità a seconda della tecnica usata, che delle proprietà meccaniche dei materiali. Infine, verrà dedicata particolare attenzione alla specificità di un processo di deposizione industriale, che dovrà tenere conto della possibilità di rivestire componenti sia in grande che in piccola serie, dando la possibilità di adattare facilmente le modalità di deposizione in funzione della quantità di oggetti da ricoprire simultaneamente. Materiali e metodi Descrizione dei Sistemi di deposizione Il sistema PVD, impiegato per questa attività, è un sistema di deposizione industriale provvisto di 4 sorgenti sputtering in grado di funzionare sia in simultanea che separatamente, che permette di depositare più materiali in step successivi. Il sistema è munito di un sistema di gestione del Bias interno e 60

di resistenze termiche, che consentono di pulire efficacemente i campioni prima della deposizione. La camera di crescita, con un volume di qualche m3, ha al suo interno una giostra rotante rimovibile, sulla quale vengono fissati i pezzi da trattare. Inoltre, un software di controllo permette di memorizzare condizioni di deposizione, opportunamente scelte per diversi scopi, e di controllare e modificare i parametri di ogni processo, quali la quantità di gas da introdurre in camera, la potenza fornita alle sorgenti sputtering ed in generale ogni componente del sistema. Il sistema PPD è sempre un sistema di tipo industriale, ma in fase d'implementazione, che risulta provvisto di 3 sorgenti di deposizione che possono lavorare in simultanea o separatamente a seconda degli step di deposizione necessari. Anche in questo caso il sistema è munito di sistema di gestione del bias, necessario sia per la pulizia iniziale che per l'ottenimento di una buona qualità del materiale depositato. La camera di deposizione è leggermente più piccola della precedente e contiene, come l'altra, una giostra rotante rimovibile.Il software di controllo permette la gestione di tutti i parametri del sistema, di particolare importanza risulta soprattutto la gestione del gas di processo che, a differenza del precedente sistema, viene introdotto sia all'interno delle sorgenti PPD sia in camera di deposizione. Le principali differenze tra i due sistemi sono riscontrabili sia nella pressione di lavoro, che risulta essere notevolmente più bassa nel sistema PPD, sia nel metodo effettivo di deposizione: la PPD infatti ionizza il materiale ablato dal target, favorendone la deposizione ad energie elevate pur con una bassa temperatura di lavoro [3, 4]. La Metallurgia Italiana - n. 2 2019


Attualità industriale

a)

b)

c)

d)

Fig. 2 – Immagini del sistema PVD e della deposizione PPD: a) Sistema PVD fronte, b) Sistema PVD laterale, c) sistema PPD visuale sorgenti, d) sorgenti PPD in fase di deposizione. /Pictures of PVD system and of PPD deposition: a) PVD system frontal view, b) PVD system right view, c) PPD system sources view, d) PPD sources during the deposition.

Caratterizzazione micromeccanica Il lavoro svolto si è concentrato sull'analisi delle prestazioni dei due sistemi di deposizione. In particolare, si è cercato di ottenere un confronto diretto dei provini rivestiti con entrambi i metodi. Per fare questo si è deciso di utilizzare come substrato dei cilindretti (diametro 20 mm, altezza 20 mm) in acciaio per cuscinetti UNI100Cr6 temprati e rinvenuti, sottoposti a sabbiatura e lucidati a specchio su una delle due facce piane. I provini così preparati sono stati puliti mediante lavaggio in solvente e successivamente inseriti nelle rispettive camere di deposizione.Di seguito vengono elencate tutte le strumentazioni usate per le misure effettuate sui provini, con i relativi settaggi di base: - Durometro KB1000 BVRZ-E per effettuarela prova di adesione qualitativa mediante macroindentazione Rockwell nota come “Mercedes Test” [5]; - Microscopio ottico Nikon ECLIPSE LV150NL; - Scratch tester Revetest XPress con punta Rockwell (raggio di curvatura: 200 μm); condizioni di misura secondo ISO 20502 (scratch a carico progressivo da 0 a 100 N con velocità di incremento del carico di 100 N/min e avanzamento di 10 mm/ min). - Nanoindenter Nanovea SB1000 con punta di tipo Berkovich; carico lineare da 0 a 50 mN; - Microdurometro Vickers FUTURE TECH con misurazione manuale al microscopio (HV0.1); - Calo tester (ISO 1071-2)

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- Sistema XPS SPECS Phoibos HSA con sorgente Mg Ka(1253.6 eV). Risultati I parametri fondamentali su cui ci si è concentrati per il confrontodei rivestimenti a base di C depositati con le due tecniche industriali sono principalmente: l'adesione pratica, la struttura e la durezza. Adesione (Mercedes Test) L’adesione pratica che il film riesce a realizzare con il substrato è legata in genere a problemi di mis-match sia reticolare che in termini di proprietà fisiche. Per risolvere tali problemi, solitamente si utilizzano uno o più interlayer che rendano più graduale la transizione dal substrato al DLC, riducendo così le tensioni interfacciali e favorendo l’adesione. Le soluzioni proposte con i due sistemi industriali sono differenti e consistono: (i) nel caso del sistema PPD, nell’uso di un singolo interlayer a base di Ti e (ii) nel caso del sistema PVD, di un doppio interlayer (a base di Cr dal lato substrato e a base di WC dal lato DLC). Di seguito (figura 3) vengono mostrate alcune immagini ottiche delle impronte calo test nelle quali si possono osservare sia il DLC che gli interlayers, in particolare dall'immagine a) si verifica come il DLC sia spesso 2,33μm, il WC0,42 μm ed il Cr 0,31μm; similmente la foto b) mostra il DLC spesso 2,59μm, il WC 0,6μm ed il Cr 0,32μm, dando anche un'idea della ripetibilità delle deposizioni.

61


Industry news

a)

b)

Fig. 3 – Misure degli spessori con calo test secondo UNI 1071-2: sono visibili sia il layer esterno di DLC che gli interlayer precedenti. a) deposizione statica PVD, b) deposizione dinamica PVD/ Thickness measurements according to UNI 1071-2, showing both the DLC top layer and the bond interlayers a) static PVD deposition, b) dinamic PVD deposition. Lavorando sulla qualità degli interlayers è possibile migliorare l'adesione totale del sistema. Usando il Mercedes Test, si è potuta valutare qualitativamente in via preliminare l'adesione dei singoli interstrati, e quindi intervenire ove necessario per migliorarel’adesione complessiva. In particolare, nel caso della deposizione PVD ci si è concentrati su vari aspetti quali potenza, pressione del gas, mix dei

a)

b)

materiali e valore di bias dei singoli interstrati, mentre per la deposizione PPD ci si è concentrati sull'energia fornita dalla sorgente e sui valori di bias. Di seguito alcune micrografie ottiche acquisite dopo macroindentazione (Mercedes Tests),che mostrano i miglioramenti di adesione conseguiti mediante la modifica delle condizioni di deposizione:

c)

d)

Fig. 4 – Deposizione PVD: miglioramento dell'adesione qualitativa valutata mediante Mercedes test (da classe 3 ad classe 2): a) classe 3, b) classe 2-3, c) classe 2-3, d) classe 2 / PVD deposition, Mercedes test (improvement of adhesion from class 3to class 2): a) class 3, b) class 2-3, c) class 2-3, d) class 2

Adesione (Scratch Test) Per una valutazione più dettagliata, basata sulla quantificazione dei carichi critici che misurano l’adesione pratica, è stato utilizzato il metodo dello scratch testa carico progressivo [6,7]. In figura 5 sono riportate alcune immagini al micro-

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scopio ottico delle tracce di scratch in corrispondenza della rilevazione dei carichi critici, mentre in Tabella 1 sono riportati i valori dei carichi critici LC2 ed LC3 (primo cedimento adesivo e completa delaminazione, rispettivamente).

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Attualità industriale

a)

b)

c)

d)

Fig. 5 – Micrografie ottiche acquisite lungo le tracceprodotte dallo scratch test; a,b) esempi di delaminazioni LC2; c,d) esempi di delaminazioni LC3 / Optical micrographsof scratch tracks;a,b) Examples of LC2 delaminations; c,d) Examples of LC3 delaminations.

Tab. 1 – Carichi critici misurati mediante scratch test /Critical loads measured by progressive load scratch test.

PPD LC3, N

PVD

DLC A

DLC B

DLC C

DLC D

DLC E

14,2

21,9

48,0

3,0

26,1

I valori riportati in Tabella1 mostrano come variando le condizioni di deposizione dei materiali sia possibile ottenere differenti livelli di adesione: in particolare i valori di LC3 risultano particolarmente sensibili alle modifiche di condizioni di deposizione. I due sistemi di deposizione permettono adesioni differenti, che hanno subito dei miglioramenti notevoli ottimizzando la scelta dei materiali depositati, tanto che è stato possibile migliorare i valori diLC3 da 1-3N fino a valori di 48N. In particolare, i campioni DLC A-B-C sono stati realizzati ad una potenza scelta della sorgente PPD ed incrementando successivamente il valore del Bias. Al contrario i campioni DLC D-E sono stati depositati con il sistema PVD variando solamente i valori di potenza delle sorgenti sputtering durante la deposizione di carbonio. Analisi XPS Con lo scopo di verificare i risultati ottenuti dal punto di vista del comportamento meccanico, sono state condotte analisi sulla struttura dei rivestimenti ottenuti, in particolare suirapportiCsp3/sp2 che si vengono a creare all’interno degli strati DLC.Normalmente, ottenere un’alta frazione di atomi di C ibridatisp3 e fra loro interconnessi, dà luogo ad alti valori di durezza, erisulta quindi l’obiettivo da raggiungere per le deposizioni di ta-C. Gli spettri XPS sono stati deconvoluti per isolare i contributi sp3edsp2al segnale del C1s. Il lavoro di sviluppo svolto ha permesso di capire come variare la percen-

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tuale di C sp3 presenti negli strati DLC depositati con PPD: la frazione di C sp3è stata aumentata dai valori iniziali intorno al 20-30% fino ad un valore massimo misurato di C sp3 pari al 72% nel caso del campione sul quale è stato registrato il valore massimo di durezza superficiale (33GPa). Misure di Microdurezza e nanoindentazione Uno degli scopi principali di un film di DLC è quello di incrementare la durezza superficiale del substrato su cui viene depositato: risulta quindi estremamente importante verificare che i valori di durezza raggiunti dopo deposizione, sia su scala micro (valori di microdurezza composita riferiti al sistema rivestimento/substrato), che in termini di valori di durezza intrinseca del rivestimento (ricavabili mediante prove di nanoindentazione, nell’ipotesi di soddisfare la regola di Bückle, recentemente rivista per rivestimenti superhard [8]). Analizzando nello specifico le deposizioni mediante i due sistemi adottati in questo lavoro, si è osservato come in entrambi i casi si sia partiti da valori medio bassi, per poi arrivare a migliorare notevolmente le prestazioni in termini di durezza del rivestimento in conseguenza dell’ottimizzazione delle condizioni di deposizione (passando dal rivestimento 1 al rivestimento 3 per ciascuna delle due tecniche). In Tabella 2 è possibile osservare i valori di durezza misurati con la relativa deviazione standard.

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Industry news PDV 1

PDV 2

PDV 3

PPD 1

PPD 2

PPD 3

Durezza da prove di nanoindentazione (GPa)

-

-

-

16,5 ± 1,7

26,2 ± 3,6

33,8 ± 1,8

Microdurezza composita (HV0.1)

1177±36

1715 ± 27

1854 ± 42

-

-

-

Adattamento alla produzione I due sistemi di deposizione, realizzati per la produzione industriale, devono essere dotati della flessibilità necessariaalla produzione di molteplici pezzi in simultanea, senza che variazioni anche consistenti del volume occupato in camera di deposizione diano luogo a cali di omogeneità dei rivestimenti e riproducibilità del processo. Questi obiettivi sono stati raggiunti da entrambi i sistemi grazie alla messa a punto di accorgimenti che permettono di mantenere invariate le condizioni iniziali delle camere da vuoto. Bisogna far notare che se si vogliono trattare quantità differenti di oggetti, ottenendo gli stessi risultati, il sistema PVD ha mostrato la necessità di adattare le condizioni di deposizione ad ogni singolo caso. Questo accade in quanto una differente carica di oggetti modifica le dinamiche interne alle camere di deposizione, richiedendo quindi delle piccole modifiche alle modalità di deposizione. Il sistema PPD mostrerà quasi sicuramente le medesime necessità, ma essendo in fase d’implementazione non ha consentito ancora questo particolare tipo di analisi. Alla luce di quanto osservato, il valore aggiunto di queste tecniche è costituito dalla ripetibilità e la possibilità di memorizzare le specifiche di ciascuna deposizione. Questo permette di sviluppare molteplici "ricette", in funzione dei carichi di lavoro, in grado di mantene restabilela qualità dei rivestimenti depositati.

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Conclusioni A seguito delle analisi effettuate, si può concludere che il DLC depositato con i due sistemi industriali descritti, consente di avere un’ampia gamma di proprietà del materiale, con risultati particolarmente soddisfacenti sia per quanto riguarda la durezza intrinseca (33,8 GPa), sia per quanto riguarda l'adesione pratica (LC3 48 N). E’ inoltre possibile constatarecome i due sistemi di deposizione DLC siano complementari tra loro, in quanto permettono di ottenere due differenti intervalli di proprietà dei rivestimenti DLC depositabili. A fronte di un’ottima adesione in entrambi i casi, la durezza è più elevata nel caso della PPD rispetto alla PVD. Occorre comunque considerare la combinazione ottimale di durezza e tenacità a frattura per ciascun rivestimento, con riferimento ai diversi requisiti che le possibili applicazioni richiedono (ad esempio, in molte applicazioni packaging è richiesta un’alta resistenza all’impatto e alla fatica da contatto, quindi architetture altamente tenacizzate, mentre per componenti soggetti a contatti di strisciamento può essere necessario privilegiare un’elevata durezza). Tecnologie di deposizione complementari, in grado di produrre un’ampia gamma di proprietà, risultano quindi particolarmente interessanti. Si può quindi concludere che il nuovo sistema PPD, a sviluppo e implementazione completati, non andrà a sostituire il sistema di deposizione PVD preesistente, ma permetterà di estendere la gamma di possibili applicazioni per i rivestimenti DLC depositati.

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High performance industrial DLC coatings deposited by PVD and PPD edited by: Alessandro Neri, Vittorio Pasello, Carla Martini, Alessandro Morri Thin hard coatings are used in many different industrial sectors due to their high hardness and low friction. The most used material for this type of coatings is Diamond-Like Carbon (DLC). Main limitations to the use of these coatings are high production costs, low adhesion and low productivity. We propose two industrial techniques for DLC deposition: a PVD sputtering system, and a new Pulsed Plasma Deposition (PPD) system. In particular,we discuss the use of interlayers for a better adhesion of DLC films as well as the possibility to obtain high mechanical properties (hardness>30GPa) and low friction. Depositions on metal components is particularly important for many applications in sectors such as aeronautics, automotive, motorsports and cutting/forming tools, as well as for the possibility to coat a high number of objects simultaneously. KEYWORDS: DLC - HARDNESS - INDUSTRIAL DEPOSITION - ADHESION - PVD - PPD

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premio

edizione 2019

aldo

Dacco

L’AIM è lieta di indire il bando per l’edizione 2019 del prestigioso Premio Aldo Daccò, con l’obbiettivo di stimolare i tecnici del settore e contribuire allo sviluppo e al progresso delle tecniche di fonderia e di solidifiazione con memorie e studi originali. L’Associazione invita tutti gli interessati a concorrere al Premio “Aldo Daccò” 2019, inviando a mezzo email (info@aimnet.it), il testo di memorie inerenti le tematiche fonderia e solidifiazione, unitamente al curriculum vitae dell’autore concorrente, entro il 30 novembre 2019. Saranno presi in considerazione e valutati i lavori riguardanti le varie tematiche di fonderia e di solidifiazione, sia nel campo delle leghe ferrose che in quello delle leghe e dei metalli non ferrosi. Il premio, pari a Euro 3500 lordi, è offrto dalla Fondazione Aldo e Cele Daccò, istituita dalla signora Cele Daccò per onorare la memoria del marito Aldo Daccò, uno dei soci fondatori dell’AIM e suo encomiabile Presidente per molti anni. Le memorie verranno esaminate da una Commissione giudicatrice designata dal Consiglio Direttivo, il cui giudizio sarà insindacabile. Nel giudicare, la Commissione terrà conto, in particolar modo, dell’originalità del lavoro e dell’argomento in relazione alla reale applicabilità dei risultati. Non sono ammesse candidature da chi abbia già ottenuto riconoscimenti, anche per lavori diversi, dalla Fondazione Aldo e Cele Daccò per la ricerca scientifica. Le memorie premiate e quelle considerate meritevoli di segnalazione, potranno essere pubblicate sulla rivista La Metallurgia Italiana. La cerimonia di premiazione avrà luogo in occasione dell’Assemblea dei Soci AIM, che si terrà a Milano nella primavera del 2020. Per informazioni e candidature: Associazione Italiana di Metallurgia Via Filippo Turati 8 · 20121 Milano Tel. 02-76397770 · E-mail: info@aimnet.it


Scenari Intervista a Donato Mattavelli Classe 1958, si diploma nel 1977 in metallurgia presso l’ITIS Hensemberger di Monza. Nel 1979 inizia l’esperienza presso il Centro Ricerche e Controlli delle “Acciaierie e Ferriere Lombarde Falck” di Sesto san Giovanni, dapprima come metallografo e in seguito come metallurgista per tutti i prodotti dell’azienda. Nel 1988 viene fondata la CRT S.r.l. Immediatamente dopo la creazione della società intraprende un percorso in un settore allora quasi sconosciuto – il rivestimento PVD. Dopo più di trent’anni di esperienza nel campo del coating, dei trattamenti termici e della metallurgia, si occupa della risoluzione e del miglioramento di problematiche relative ai settori sopra descritti, contribuendo inoltre come relatore a convegni e giornate di studio.

Breve descrizione dell’azienda: CRT S.r.l. viene fondata nel 1988 da T.T.N. – Trattamenti Termici Nervianesi, insieme ad altri soci; è stata la prima azienda italiana ad occuparsi esclusivamente di rivestimenti PVD conto terzi. La società, grazie alla conoscenza e all’esperienza maturate dal suo responsabile e da T.T.N. nei diversi settori dello stampaggio (stampaggio a freddo e a caldo, stampaggio polimeri e pressocolata) sin da subito si pone l’obiettivo di trasmettere la propria competenza in questi campi, oltre al già consolidato utilizzo del rivestimento per utensili. In questo modo nel corso degli anni i benefici portati dai rivestimenti si estendono a molteplici applicazioni, puntando ad un aumento della vita utile del componente e ad un incremento delle prestazioni di utilizzo. Le dimensioni medio-piccole dell’azienda favoriscono una attenzione specifica verso le esigenze del cliente: in questo

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modo, partendo da un gamma base di rivestimenti è possibile “personalizzare” sia la fase di coating che i trattamenti termici preliminari e l’eventuale lucidatura. Che tipo di rivestimento effettuate? CRT dispone di sei impianti di rivestimento PVD/PACVD con tecnologia di deposizione ad arco e magnetron sputtering. Il sistema ad arco permette una crescita più rapida del coating, garantendone un’adesione ottimale; la tecnologia sputtering consente di ottenere rivestimenti con bassissima rugosità e difetti superficiali quasi assenti. Il settore dello stampaggio necessita di riporti con spessori sensibilmente più elevati di quelli richiesti per gli utensili, ciò si traduce nella deposizione di rivestimenti multistrato ad elevate prestazioni, in grado di sopportare condizioni di utilizzo gravose. La presenza di alluminio e silicio nella composizione ne

migliora alcune caratteristiche, come la resistenza all’ossidazione a caldo. Le dimensioni massime dei particolari rivestibili sono: diametro 900mm e altezza 2800mm (utile 2000mm). Questa capacità produttiva permette di rivestire brocce, viti di plastificazione e stampi con dimensioni particolarmente generose. Camere di deposizione più piccole garantiscono invece tempi rapidi di rivestimento per utensili e componenti. Gli impianti di ultima generazione consentono di effettuare trattamenti di nitrurazione in plasma e rivestimento in un unico ciclo. Ciò permette, mantenendo le caratteristiche a cuore, di creare un gradiente ad elevata durezza in grado di supportare al meglio il rivestimento; si evita la formazione di coltre bianca, garantendo una adesione ottimale senza necessità di operazioni intermedie. L’azienda è inoltre dotata di tre forni propri e personale specializzato per la bonifica sottovuoto, oltre agli impianti presenti presso TTN.

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Experts’ corner Qual è il profilo dei vostri clienti e che tipo di richieste vi vengono poste? Il profilo dei nostri clienti è molto vario e diversificato. In tutti i casi l’esigenza è quella di ottenere un prodotto tecnologico che migliori le condizioni di funzionalità con un corretto rapporto qualità prezzo. Spesso il cliente necessita di essere guidato rispetto alle potenzialità dei diversi tipi di coating, pur conoscendone i miglioramenti ottenibili; è quindi importante fornire una consulenza tecnica imparziale, per ottenere il risultato migliore. Non è raro che i nostri clienti decidano di effettuare il rivestimento spinti dall’utilizzatore finale, a volte più informato sui benefici che il coating può fornire. La conoscenza e lo sviluppo dei riporti PVD è in continuo aumento, così come il loro utilizzo. E’ quindi importante sapersi porre come interlocutori preparati nelle più svariate applicazioni. Il vantaggio di operare come terzisti è quello di conoscere molteplici tecnologie e processi, incrementando continuamente le proprie competenze. Come è evoluto il settore dei rivestimenti in questi anni? Il rivestimento PVD è stato concepito in origine per ridurre l’usura di utensili per asportazione truciolo, settore nel quale è diventato oramai quasi indispensabile. L’applicazione si è espansa a tutti gli ambiti in cui fosse necessario ridurre l’usura, aumentando la vita delle parti rivestite e, in generale, diminuendo i costi di produzione.

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Risultati molto importanti sono stati ottenuti nel settore stampi e attrezzature per stampaggio, in particolar modo la deformazione a freddo e la pressocolata , campo in cui CRT è stata pioniera in Italia. Il termine inglese washout descrive bene l’insieme dei fenomeni di danneggiamento causati dall’alluminio fuso; il riporto PVD ne riduce fortemente gli effetti negativi. Da tempo si stanno sviluppando rivestimenti specifici per componenti, dove la riduzione del coefficiente di attrito è il principale obiettivo, e in cui è richiesta una elevata ripetibilità del processo. L’ottenimento delle certificazioni di compatibilità alimentare ottenute dalla maggior parte dei rivestimenti favorisce nuove prospettive nel settore food&beverage e farmaceutico, con possibili estensioni al campo più severo dei componenti biocompatibili.

carbonio) per minimizzare i fenomeni di attrito e usura, riducendo consumi ed emissioni. I nostri impianti di ultima generazione permettono la deposizione di rivestimenti DLC a bassissimo coefficiente di attrito, sia nella versione amorfa che in quella con struttura simile al diamante (ta-C) con durezze fino a 6000 HV. Vorrei concludere con la seguente citazione di Albert Einstein, che ho sempre interpretato come una sfida: “La teoria è quando si sa tutto e niente funziona. La pratica è quando tutto funziona e nessuno sa il perché. Noi abbiamo messo insieme la teoria e la pratica: non c'è niente che funzioni... e nessuno sa il perché!” E’ una soddisfazione quando possiamo dire “Tutto funziona e sappiamo anche il perché”

Quali sono le prospettive future? Le prospettive future riguardano l’estensione del rivestimento ad un numero sempre crescente di campi applicativi. Le normative europee stanno limitando fortemente l’utilizzo di processi dannosi come la cromatura galvanica; in questo contesto il PVD si pone come possibile alternativa ecologica e non dannosa che potrebbe sostituire in parte i processi elettrochimici. Proprio in quest’ottica la CRT sta intraprendendo lo sviluppo di coating PVD che possano contrastare in maniera efficace i fenomeni corrosivi. Il settore dei componenti si sta focalizzando su rivestimenti DLC (a base di

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Scenari Intervista all’Ing. Alessandro Farinotti Laureato nel 1996 in Ingegneria Meccanica al Politecnico di Milano, prima esperienza lavorativa dal 1996 al 2000 come Responsabile Prove Meccaniche e Analisi Metallografiche in una Azienda del settore raccordi per Oil&Gas, dal 2000 in Lafer SpA, attualmente Product Manager per tutti gli utensili per asportazione truciolo

Breve descrizione dell’ azienda Lafer è attiva nel campo coating a film sottile dal 1986, attualmente dispone di 19 impianti PVD ed occupa circa 110 persone nella sua unica sede di Piacenza, è attiva nel coating di componenti, stampi ed utensili. La nostra filosofia è quella del "Full Service in One Site". Che tipo di rivestimento effettuate? La gamma dei coating disponibili è molto ampia, disponiamo sia della tradizione tecnica di deposizione ad arco catodico sia della tecnica Magnetron Sputtering, i principali coating per utensili e stampi sono a base AlTiN (denominazione Hyperlox), AlCrN (Kronos) e CrN/NbN (Superlattice) mentre per i componenti disponiamo di coating tipo DLC e WC/C uniti anche ad un servizio di lucidatura e preparazione delle superfici.

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Qual è il profilo dei vostri clienti e che tipo di richieste vi vengono poste? Il profilo dei nostri Clienti è molto vario, principalmente si tratta di grandi gruppi che ci affidano il servizio di gestione dei loro utensili e dei loro stampi ma serviamo anche i piccoli utilizzatori, mettendo a disposizione le stesse tecnologie e competenze. Le richieste principali sono quelle di fornire prodotti al top della tecnologia attuale e, nello stesso tempo, garantire affidabilità, ripetibilità e puntualità del servizio. Come è evoluto il settore dei rivestimenti in questi anni? Trattandosi di un settore ad elevato contenuto tecnologico è normale assistere ad uno sviluppo continuo delle soluzioni di coating, ad esempio sviluppando tecniche di adesione dei rivestimenti a materiali base molto diversi fra loro e creando coating sempre più defect-free,

cioè il più possibile fedeli alle superfici di base. L'idea di Lafer è sempre stata quella di seguire le richieste dei clienti e proporre spesso soluzioni di tipo custom, sapendo ascoltare e proponendosi più come partner che non come semplice fornitore. Quali sono le prospettive future? Lafer è al servizio di tutti i settori della meccanica avanzata ed il trend degli ultimi 10 anni testimonia che è sempre forte la domanda per questo tipo di applicazioni. Lafer crede anche fermamente nella sinergia fra il coating e tutti gli altri elementi che costituiscono la surface engineering (progettazione, scelta dei materiali e trattamenti termici, lavorazioni meccaniche e finiture); ogni applicazione ha le sue caratteristiche ed un risultato rilevante si ottiene solamente quando tutti gli elementi in gioco sono stati valutati correttamente insieme al Cliente.

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Aim news Calendario degli eventi internazionali International events calendar 2019 March 10-14, San Antonio, USA TMS 2019 148th Annual Meeting & Exhibition March 11-13, Cairo, Egypt, 2nd International Conference on Materials Science and Engineering March 25-26, Sydney, Australia Future of Mining Australia 2019 March 25-29, Khao Lak, Thailand 11th International Conference on the Science of Hard Materials (ICSHM11) April 3-5, Auckland, New Zealand PACRIM 2019: Mineral Systems of the Pacific Rim May 6-9, Houston, USA Offshore Technology Conference (OTC) 2019

QUOTE SOCIALI AIM 2019 (ANNO SOLARE) Benemeriti (quota minima) 1.750,00 € Sostenitori (quota minima)

750,00 €

Ordinari (solo persona)

70,00 €

Seniores

25,00 €

Juniores

15,00 €

La quota dà diritto di ricevere la rivista dell’Associazione, La Metallurgia Italiana (distribuita in formato digitale). Ai Soci viene riservato un prezzo speciale per la partecipazione alle manifestazioni AIM e per l’acquisto delle

May 18-25, Perth, Australia ALTA 2019 Nickel-Cobalt-Copper, Uranium-REE, Gold-PM, In Situ Recovery and Lithium Conference & Exhibition

pubblicazioni edite da AIM.

May 22-24, Brno, Czech Republic 28th International Conference on Metallurgy and Materials (Metal 2019)

Per ulteriori informazioni, iscrizioni, rinnovi:

May 27-29, Sydney, Australia 9th International Conference on Sustainable Development in the Minerals Industry (SDIMI)

AIM, Via F. Turati 8

June 5-7, Bardolino, Garda Lake, Italy ECHT 2019 - heat treatment & surface engineering for automotive

Tel.: 02 76021132/76397770,

June 10-14, Nantes, France 14th World Conference on Titanium (Ti-2019) June 13-15, Guangzhou, China 2019 China International Metal & Metallurgy Exhibition

20121 Milano fax: 02 76020551 e-mail: amm.aim@aimnet.it www.aimnet.it

June 23-27, Portsmouth, USA NUMIFORM 2019: The 13th International Conference on Numerical Methods in Industrial Forming Processes June 25-29, Düsseldorf, Germany METEC & 4th ESTAD 2019 July 21-25, Indianapolis, USA 5th World Congress on Integrated Computational Materials Engineering (ICME 2019) JJuly 22-24, Perth, Australia Iron Ore Conference 2019 August 13-15, Toronto, Canada 8th International Conference on Modeling and Simulation of Metallurgical Processes in Steelmaking (STEELSIM2019) September 1-5, Stockholm, Sweden EUROMAT 2019 September 9-13, Cracow, Poland EUROCORR 2018 September 30 - October 2, Graz, Austria 10th European Stainless Steel Congress, Science and Market - 6th European Conference and Expo Duplex August, Xi’an, China 10th Pacific Rim International Congress on Advanced Materials an Processing (PRICM10)

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Le Rubriche - Centri di studio Attività dei Comitati Tecnici CT METALLI LEGGERI (ML) (riunione del 23 novembre 2018) Iniziative future -Verso la fine del 2019 sarà riproposta la GdS “Igiene delle leghe di alluminio”, già tenuta nel 2015. Il coordinatore della giornata sarà Muneratti. Restano da definire la location e il programma. -Il corso di base leghe di alluminio si terrà presso l’università di Bologna nel mese di giugno 2019. I coordinatori Morri e Ceschini cercheranno di migliorare il programma già svolto nel 2017, evitando di ripetere gli stessi interventi. Per la prossima riunione del comitato sarà messa a punto la locandina e definita la manifestazione. -Si conferma l’interesse ad organizzare una GdS sulla saldatura delle leghe leggere dal titolo “Discrepanza tra normativa e realtà nella saldatura delle leghe di alluminio”. Il coordinatore Lombardo ha raccolto i suggerimenti dei presenti e preparerà il programma. -Si discute della possibilità di organizzare una giornata di studio sul tema “Progettazione e strutture leggere” in quanto il mondo dei progettisti e ancora poco sensibile all’utilizzo di materiali come Al, Mg, Ti. -Si conferma ancora l’interesse per i temi, già discussi nella precedente riunione, di due GdS: una rivolta ad approfondire la laminazione e l’altra rivolta alla simulazione numerica nella deformazione plastica delle leghe leggere. Di entrambi questi argomenti si discuterà nella prossima riunione.

CT METALLURGIA FISICA E SCIENZA DEI MATERIALI (MFM) (riunione del 30 novembre 2018) Iniziative future -Il 26-27-28 giugno 2019 a Milano e Lecco si ripeterà il corso “Microscopia

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elettronica in scansione SEM per metallurgisti”. I coordinatori Angella e P. Bassani stanno valutando la possibilità di svolgere una terza giornata, durante la quale i partecipanti interessati possano portare campioni di materiale di loro interesse per poterli osservare direttamente. Viene esclusa al momento la possibilità di coinvolgimento di altri comitati tecnici perché pensano ad una manifestazione con taglio differente. Ad inizio 2019 sarà pronta la bozza del programma per organizzare al meglio i docenti coinvolti e la logistica. -In relazione al prospettato corso “Additive Metallurgy” – coordinatori Biffi e Casati – il presidente Cerri informa che Molinari, presidente del CT “Metallurgia delle polveri e Additive Manufacturing”, vorrebbe coordinare le iniziative su questo argomento per evitare accavallamenti e sovrapposizioni; inoltre, il CT MP ha già due manifestazioni pianificate nella seconda metà del 2019: il corso “Additive Manufacturing” dovrà essere quindi rivalutato alla luce di queste informazioni, e si svolgerà probabilmente a settembre 2019. -I coordinatori Kaciulis e Mezzi definiranno l’organizzazione della GdS “Metalli a scala micro e nanometrica: tecniche di indagine”, prevista per il 17 maggio 2019 a Roma. Si tratteranno argomenti come la spettroscopia meccanica, la diffrazione, la microscopia SEM e la nano-indentazione.

CT METALLI E TECNOLOGIE APPLICATIVE (MTA) (riunione del 04 dicembre 2018) Manifestazioni in corso di organizzazione -Nel mese di marzo 2019 si terrà la GdS sul “Titanio”, che segue quelle analoghe organizzate da AIM nel 2007 e 2015. Le tematiche saranno riferite sia agli operatori industriali del settore che a Università e Centri di ricerca che operano nell’innovazione di prodotto e di processo. Saranno riprese e riadatta-

te anche tre memorie già presentate al 37° Convegno Nazionale AIM di Bologna per fornire una panoramica sull’attuale attività di ricerca italiana. Il presidente Debernardi e il vice-presidente Varalda contatteranno gli operatori del settore commerciale/industriale. E’ stata anche definita la memoria introduttiva sulle caratteristiche metallurgiche e chimico-fisiche del Titanio. Iniziative future

-Durante la giornata sopra descritta sarà impossibile, per motivi di tempo, trattare gli usi del titanio e in genere di tutti i materiali metallici in campo biomedicale. Per questo motivo il CT ritiene utile per il futuro mettere in programma l’organizzazione di una GdS sui biomateriali, non limitata al titanio ma estesa a tutti i materiali metallici.

CT METALLI E TECNOLOGIE APPLICATIVE (MTA) (riunione del 04 dicembre 2018) Consuntivo di attività svolte

-Il convegno internazionale “Clean Tech 4 – European conference on clean technologies in steel industry” si è svolto a Bergamo il 28 e 29 novembre 2018 suscitando un buon interesse generale. I partecipanti erano prevalentemente italiani ed erano presenti anche fornitori di tecnologie e servizi attinenti il mondo metallurgico in generale. -La GdS “La sorveglianza sanitaria ed epidemiologica nel settore metallurgico tra tutela del lavoratore e del datore di lavoro” si è svolta a Brescia il 25 ottobre 2018. Il coordinatore Bordon ha presentato la sintesi dei questionari di soddisfazione compilati dai partecipanti, da cui emerge un ampio apprezzamento della giornata (giudizi da buono ad ottimo) oltre che numerosi spunti per argomenti da approfondire in occasione di prossime giornate. La

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Le Rubriche - Centri di studio partecipazione è stata rilevante, probabilmente grazie anche all’assegnazione dei crediti connessa con la presenza.

sarà eletto il successore.

Iniziative future

CT METALLURGIA DELLE POLVERI E TECNOLOGIE ADDITIVE (MP) (riunione del 18 gennaio 2019)

-Per il settore sicurezza nel 2019 si ripeterà il corso itinerante di 3 giornate, cercando di legare una visita aziendale pomeridiana con il tema tecnico trattato in aula al mattino. Sono stati suggeriti diversi temi tra cui scegliere gli argomenti del corso itinerante ed eventualmente le tematiche per successive giornate di studio. -Per il settore ambiente si organizzerà una giornata di studio su “Emission trading”, anche se sarà necessario attendere la definizione delle assegnazioni, il che avverrà probabilmente nell’autunno del 2019. -In connessione con la citata giornata sulle malattie professionali, Bordon ha presentato alcune slide relative all’analisi di un incidente in colata continua. Questo, ed altri eventi simili, potrebbero essere temi di approfondimento per futuri incontri, soprattutto riferiti alle nuove tecnologie e alla movimentazione in sicurezza dei carichi. Stato dell’arte e notizie

-Il premio ambiente, strutturato su tre categorie, ha avuto solamente due candidature e pertanto non sarà assegnato. Si è discusso lungamente sulle modalità di gestione di questo premio nei prossimi anni. Molte sono le idee suggerite dei membri del comitato che sono state annotate e saranno valutate prima di procedere ai prossimi premi. -Il comitato approva l’ingresso di due nuovi membri: uno è un esperto legale in materia penale e l’altro è un esperto di sicurezza negli impianti siderurgici. -Il presidente Fusato ha annunciato le sue dimissioni dalla presidenza del CT, e ringrazia tutti i presenti per la collaborazione che hanno fornito nel diffondere le tematiche della sicurezza e dell’ambiente. Nella prossima riunione

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Consuntivo di attività svolte

-Il 22 novembre 2018 si è svolta, presso la sede della Confindustria di Vicenza, la GdS “Utensili diamantati”. Il presidente Molinari si congratula con le coordinatrici Rampin e Tiziani per l’ottimo risultato. I questionari compilati dai partecipanti mostrano un forte apprezzamento dell’iniziativa. Manifestazioni in corso di organizzazione

-La GdS “Trattamento termico di materiali e componenti prodotti per manifattura additiva”, co-organizzata con il CT “Trattamenti termici e metallografia”, si svolgerà il 7 marzo a Varano de’ Melegari in provincia di Parma, e comprenderà una visita allo stabilimento Beamit di Rubbiano. Il programma è già stato definito e viene distribuita la locandina. Iniziative future

-La GdS “Press & Sinter: evoluzione di prodotti, materiali e tecnologie” era programmata per giugno 2019. Il coordinatore Federici manifesta perplessità circa l’opportunità di proporre questa giornata in un momento di grande incertezza per il mercato automotive. In attesa degli sviluppi della situazione generale, la giornata viene confermata ma spostata al 2020. -In sostituzione della giornata spostata al 2020, il CT discute e decide di organizzare una GdS su “Polveri e processi per alte prestazioni” – coordinatori Veronesi e Molinari. La manifestazione si potrebbe tenere nello stesso periodo di quella posticipata (giugno 2019), quin-

di la locandina sarà preparata entro febbraio. -La GdS “Materiali innovativi per additive manufacturing”, dedicata all’analisi critica dell’AM – coordinatori Biffi, Casati e Molinari – sarà suddivisa in due distinte giornate, una dedicata alle tecnologie e una ai materiali: quest’ultima, con taglio più scientifico, potrebbe essere organizzata per inizio dicembre a Milano. -Come conseguenza, la GdS “Tecnologie per additive manufacturing”, con gli stessi coordinatori, potrà essere organizzata nella primavera del 2020. Il CT ha discusso i temi principali da trattare durante la giornata. I dettagli saranno definiti nella prossima riunione. -Il presidente Molinari riferisce che il CT “Metallurgia fisica e scienza dei materiali” ha chiesto di organizzare il corso “Additive Metallurgy” il 18 e 19 settembre 2019 a Milano presso il Politecnico – sede di Bovisa. Il CT approva la proposta. Stato dell’arte e notizie

-Sono presenti alla riunione tre nuovi membri, uno proveniente dall’università e due dal mondo aziendale. -Come previsto, vengono rinnovate le cariche all’interno del comitato. L’ing. Ilaria Rampin viene nominata presidente per acclamazione, il professor Riccardo Casati sarà il vice presidente e la professoressa Lisa Biasetto fungerà da segretario del CT

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Atti e notizie AIM - UNSIDER Norme pubblicate e progetti in inchiesta (aggiornamento 28 gennaio 2019)

NORME UNSIDER PUBBLICATE DA UNI NEL MESE DI DICEMBRE 2018

cutting steels -- Part 3: Case-hardening steels

2: Steel castings for highly stressed components

UNI EN ISO 20815:2019 Industrie petrolifere, petrolchimiche e del gas naturale - Assicurazione della produzione e gestione dell'affidabilità

PROGETTI UNSIDER MESSI ALLO STUDIO DAL CEN (STAGE 10.99) – FEBBRAIO 2019

PROGETTI UNSIDER AL VOTO FPREN E ISO/FDIS – FEBBRAIO 2019

prEN ISO 23063 Safety of machinery - Safety requirements for pressure metal diecasting units

FPREN – PROGETTI DI NORMA EUROPEI

UNI EN ISO 17782:2019 Industrie petrolifere, petrolchimiche e del gas naturale - Schema per la valutazione della conformità dei produttori di materiali speciali UNI EN ISO 11961: 2019Industrie del petrolio e del gas naturale - Aste di perforazione di acciaio UNI CEN/TR 10261:2019 Ghisa e acciaio: norme europee per la determinazione della composizione chimica

NORME UNSIDER RITIRATE DA UNI NEL MESE DI GENNAIO 2019 UNI EN ISO 20815:2010 Industrie del petrolio, petrolchimiche e del gas naturale - Garanzia della produzione e gestione della affidabilità EC 1-2009 UNI EN ISO 11961:2009 Industrie del petrolio e del gas naturale Aste di perforazione di acciaio UNI EN ISO 11961:2009 Industrie del petrolio e del gas naturale Aste di perforazione di acciaio UNI CEN/TR 10261:2008 Ghisa e acciaio - Compendio dei metodi disponibili per l'analisi chimica

NORME UNSIDER PUBBLICATE DA CEN E ISO NEL MESE DI GENNAIO 2019

PROGETTI UNSIDER MESSI ALLO STUDIO DAL CEN (STAGE 10.99) – FEBBRAIO 2019 PREN – PROGETTI DI NORMA EUROPEI prEN 877 Cast iron pipes systems for the evacuation of water from works - Characteristics and test methods prEN 10216-5 Seamless steel tubes for pressure purposes - Technical delivery conditions - Part 5: Stainless steel tubes

ISO/DIS – PROGETTI DI NORMA INTERNAZIONALI ISO/DIS 20088-2 Determination of the resistance to cryogenic spill of insulation materials -- Part 2: Vapour release ISO/DIS 19901-10 Petroleum and natural gas industries -- Specific requirements for offshore structures -Part 10: Marine geophysical investigations ISO/DIS 11971 Steel and iron castings -- Visual testing of surface quality

ISO 5952:2019 Steel sheet, hot-rolled, of structural quality with improved atmospheric corrosion resistance

ISO/DIS 4992-1 Steel castings -- Ultrasonic testing -- Part 1: Steel castings for general purposes

ISO 683-3:2019 Heat-treatable steels, alloy steels and free-

ISO/DIS 4992-2 Steel castings -- Ultrasonic testing -- Part

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FprCEN/TR 10367 Alloyed steels - Determination of chromium content - Inductively coupled plasma optical emission spectrometric method FprEN 10136 Steels and cast irons - Determination of nickel content - Flame atomic absorption spectrometric method (FAAS) FprEN 10177 Steels - Determination of calcium content - Flame atomic absorption spectrometric method (FAAS)

ISO/FDIS – PROGETTI DI NORMA INTERNAZIONALI ISO/FDIS 23251 Petroleum, petrochemical and natural gas industries -- Pressure-relieving and depressuring systems ISO/FDIS 21809-11 Petroleum and natural gas industries -External coatings for buried or submerged pipelines used in pipeline transportation systems -- Part 11: Coatings for in-field application, coating repairs and rehabilitation ISO/FDIS 19906 Petroleum and natural gas industries -- Arctic offshore structures ISO/FDIS 11484 Steel products -- Employer's qualification system for non-destructive testing (NDT) personnel ISO/FDIS 4701 Iron ores and direct reduced iron -- Determination of size distribution by sieving

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www.aimnet.it/echt2019.htm

Heat Treatment & Surface Engineering for Automotive

Organised by

REGISTRATION FEES Early bird registration fees (by May 8, 2019) SPEAKER (presenter) SESSION CHAIRPERSON

MEMBER (*)

NON MEMBER

€ 480

€ 580

COMMITTEE MEMBER PARTICIPANT (non-presenter) EXHIBITOR / SPONSOR

€ 690

€ 590

STUDENT **

Patronized by

€ 360 € 630

€ 530

assofluid

REGISTRATION FEES Standard registration fees (after May 8, 2019) SESSION CHAIRPERSON COMMITTEE MEMBER PARTICIPANT (non-presenter)

NON MEMBER

€ 480

€ 580

€ 640

€ 740

STUDENT ** EXHIBITOR / SPONSOR

FEDERATA

MEMBER (*)

COMITATO ITALIANO DEI COSTRUTTORI DI FORNI INDUSTRIALI

Unione P roduttori Italiani Viteria e B ulloneria

Sponsor and exhibitors

€ 400 € 530

€ 630

* AIM, ASSIOT, ASSOFLUID, CICOF and UPIVEB Member ** Students will have to provide valid proof of student status. The social event on June 6 is not included in the student registration fee.

Additional ticket for Social event for accompanying persons: € 122 (22% VAT included) (Includes only the social event on June 6)

CONFERENCE REGISTRATION FEES INCLUDE: • • • • •

Admittance to technical sessions and to the exhibition Conference bag with electronic proceedings Social event on June 6 coffee breaks lunches

For non-members the fee includes AIM Membership for the second half of 2019 and for the year 2020.

EXHIBITION & SPONSORSHIP

registration informaation

5-7 June 2019

The Conference will feature a table-top exhibition that will represent many areas of industry with latest equipment, facilities and instruments, products and services in the field of heat treatment and surface engineering. Companies will be able to reinforce their participation and enhance their corporate identification by taking advantage of benefits offered to them as Contributing Sponsors of the Conference. Companies interested in taking part in the table-top exhibition or sponsoring the Conference may contact the Organising Secretariat.


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1st announcement call for papers

10th european conference on continuous casting 2020

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Bari . Italy 17-19 June 2020

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www.aimnet.it/eccc2020

c c Organised by

The 10th European Continuous Casting Conference - ECCC 2020 - will be organised by AIM, the Italian Association for Metallurgy, in Bari (Italy) on 17-19 June 2020 with focus on the status and future developments in the casting of steel. The ECCC is a unique forum for the European continuous casting community to exchange views on the status and the future development of the continuous casting process. The Conference program is abreast of the latest developments in control and automation, advanced continuous casting technologies, application of electromagnetic technologies and mechanical devices to improve the core microstructure, the lubrication issues for improving the surface qualities. Steel metallurgical issues will be addressed as well as their physical and numerical simulation. The exchange of experience in operational practice, maintenance and first results from the recently commissioned plants will integrate the program. The Conference aims at promoting the dialogue among the delegates with industrial and academic background and among the participants in former Conferences and new members of the continuous casting community.

Topics • Trends of innovation in casting technologies • New developments and advanced technologies for the casting of slabs, blooms and billets • Ladle and tundish recent metallurgical solutions for steel cleanness • Flow control, refractories and clogging • Mold lubrication and heat transfer • Product quality control: Surface quality and internal soundness • Numerical simulation and modelling (solidification, metallurgy, fluid flow, validation) • Safety and environmental aspects • Continuous casting technologies and circular economy • Operational practice and maintenance • Measurement, automation and process control • Post-processing of semi-finished products (Scarfing, machining and heat treatment) • Modernization and new implementations • Industry 4.0, machine learning and digitalisation

Call for Papers - Abstract Submission Prospective authors wishing to present papers are invited to submit, by 31 October 2019, a tentative title and an abstract of about 300 words (in English), specifying a maximum of two topics for each proposal, to the Organising Secretariat (aim@aimnet.it). The abstract should provide sufficient information for a fair assessment and include the title of the paper, the author’s names and contact details (address, telephone number and e-mail address). The name of the presenting author should be underlined. A poster session might be organized as well. There are two ways to submit papers: • fill in the form on the Conference website at: www.aimnet.it/eccc2020 • send the requested information by e-mail to: aim@aimnet.it.

Contacts ECCC 2020 Organising Secretariat AIM - Associazione Italiana di Metallurgia Via Filippo Turati 8, 20121 Milan - Italy Tel. +39 02 76021132 / +39 02 76397770 aim@aimnet.it - www.aimnet.it/eccc2020


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