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DIGITAL HEALTH I dati dei pazienti

Le app sul cellulare, un accesso privilegiato al proprio medico

La raccolta delle informazioni sullo stato di salute giornaliero dei pazienti è utile alla cura e anche alla ricerca. Ora, grazie allo sviluppo di app, raccogliere queste informazioni è più facile, anche se, in Italia, manca un passaggio essenziale: la completa integrazione con il fascicolo sanitario

a cura di CRISTINA DA ROLD In un mondo ideale i cittadini disporrebbero di app con cui tenere traccia quotidianamente dei propri parametri – pressione, glicemia, eventuali sintomi, farmaci assunti e molto altro – in modo che possano essere facilmente accessibili al medico in caso di necessità e automaticamente inseriti nel Fascicolo sanitario elettronico (FSE) individuale. In questa maniera potrebbero essere utilizzati, in forma anonima, anche dalla ricerca clinica ed epidemiologica. Avere a disposizione dati clinici di questo tipo permetterebbe, per esempio, di capire quanti pazienti affetti da un particolare tipo di tumore assumono per altre ragioni terapie diverse da quelle prescritte dall’oncologo e con quali esiti. Oppure di comprendere se i pazienti che hanno avuto esiti migliori in termini di guarigione dal cancro presentano analogie di qualche tipo.

Intercettare le informazioni

In gergo medico queste informazioni vengono chiamate Patient Reported Outcomes (PRO). Una definizione che potremmo tradurre come Risultati riportati dai pazienti, e che sta a indicare tutti i dati che i cittadini possono automonitorare riguardo al proprio stato di salute, e che altrimenti non potrebbero essere intercettati dal medico. Per quanto si possa essere costanti nel recarsi dallo specialista una volta alla settimana a farsi misurare la pressione, o la glicemia, sarebbe sicuramente più efficiente ed efficace avere a disposizione un sistema che, oltre a verificare questi dati, monitori le sensazioni lungo tutta la giornata, compresi eventuali sintomi come nausea, problemi intestinali o digestivi, mancamenti, sbalzi di pressione, tachicardie, e molto altro.

Si può tenere traccia di tutti questi parametri anche su un quadernino ordinato, ma poter contare su un’applicazione ben costruita è tutt’altra cosa. Il dato digitalizzato è consultabile anche da remoto – per esempio da specialisti lontani da noi – e soprattutto confrontabile e integrabile con altri dati, sia per fare ricerca sia per aiutare i medici a intuire possibili nuove correlazioni.

app patient reported outcomes relazione medico-paziente

Diari digitali

Negli ultimi dieci anni questo approccio alla sanità digitale ha senza dubbio compiuto passi in avanti mai visti in precedenza. Le app legate al mondo della salute in tutto il mondo sono milioni, tantissime vengono sviluppate in Italia, e nella maggior parte dei casi si tratta proprio di supporti per tenere traccia di quanto avviene nel nostro organismo

DIGITAL HEALTH I dati dei pazienti

“LA CURA SONO IO, LA APP ”

L’associazione di promozione sociale La Cura Sono Io, fonda ta e presieduta dalla giornalista e curatrice culturale Maria Teresa Ferrari, nasce nel 2017 a Verona dall’esperienza personale di cura di Ferrari all’Istituto europeo oncologico di Milano. La sua iniziativa principale è lo Sportello oncologico digitale La Cura Sono Io, nato per aiutare le pazienti e i loro famigliari ad affrontare un cancro partendo dai servizi extra-ospedalieri. Nei prossimi mesi è previsto che lo Sportello, per ora sul sito lacurasonoio.it, diventi una app per smartphone e tablet.

Lo strumento, focalizzato sul cancro del seno ma presto utilizzabile anche per altre patologie omcologiche, ha due componenti fondamentali: da un lato fornisce informazioni su servizi dedicati alle pazienti, come l’estetica oncologica e i parrucchieri abituati a tagliare i capelli alle donne in cura; dall’altro ha una sezione, chiamata Il mio diario, che raccoglie in tempo reale diverse informazioni come sintomi o eventi avversi di un paziente prima e dopo un intervento, durante la chemio e la radioterapia e, infine, durante il follow-up sulla base dello standard internazionale PROCTCAE elaborato dal NCI, National Cancer Institute. Inoltre vengono raccolti i dati dei farmaci assunti, quelli nutrizionali, ematici e sull’attività fisica, oltre a informazioni come temperatura, peso e alimenti consumati, che vengono poi condivisi con il medico di riferimento.

L’app La Cura Sono Io è stata sviluppata dagli stessi esperti che hanno dato vita a PanDi, una app a supporto di pazienti con tumore del pancreas, realizzata da Codice Viola, associazione in stretto contatto con la comunità di pazienti. nel corso della giornata e condividerlo con il medico in caso di necessità.

“In una indagine abbiamo chiesto a pazienti cronici – inclusi gli oncologici – se utilizzavano app per controllare i propri parametri clinici, o per ricordarsi di assumere i farmaci: ha risposto sì rispettivamente il 22 per cento e il 18 per cento dei pazienti intervistati. Alla domanda se vorrebbero usare in futuro queste app, le percentuali di persone che hanno dato una risposta affermativa sono state almeno il doppio” spiega Paolo Locatelli, responsabile scientifico dell’Osservatorio sanità digitale del Politecnico di Milano.

I dati sono stati raccolti su 400 pazienti di ogni età in tutta Italia, coinvolgendo associazioni di pazienti. È in netto aumento anche la percentuale di persone che inviano informazioni al medico: ben il 46 per cento di chi ha affermato di utilizzare quotidianamente queste app. Gli stessi medici sono sempre più interessati a queste forme di “collaborazione” con il paziente, soprattutto in seguito all’arrivo sul mercato di app sempre più strutturate e solide.

“Non solo i medici stanno iniziando a diventare più propensi a suggerire ai pazienti soluzioni digitali e app per monitorare l’andamento della loro salute e gli stili di vita, ma una copiosa fetta di loro – il 44 per cento degli specialisti e il 37 per cento dei medici di medicina generale – vorrebbe poterle addirittura prescrivere, come qualsiasi altra terapia” continua Locatelli.

Questo però non è ancora possibile, perché non esiste in Italia (contrariamente a quanto accade in altri Paesi come la Gran Bretagna) un sistema ufficiale e condiviso di validazione delle app legate al mondo della salute, che in gran parte dei casi non sono classificate come dispositivi medici. Gli specialisti possono quindi consigliare informalmente una app ma non ancora prescriverne l’uso.

Una situazione diversa rispetto a quanto accade per i pazienti che usano strumenti tecnologici complessi, come

per esempio i diabetici che utilizzano il microinfusore. Anche questo strumento raccoglie continuamente i parametri del paziente e permette istantaneamente al medico l’accesso ai dati da remoto, ma si tratta di un dispositivo medico vero e proprio, il cui uso è normato.

Una app, al contrario, non rientra in protocolli validati. In futuro si dovrà arrivare a definire quali standard devono rispettare le app che i medici possono suggerire. “Ci sono tavoli di lavoro in corso sulle terapie digitali per chiarirne confini e percorsi di certificazione, per esempio all’Istituto superiore di sanità e all’interno di società scientifiche e di ordini professionali. Questo lavoro permetterà di collocare chiaramente app e terapie digitali all’interno dei percorsi clinici” spiega ancora Locatelli.

Fare sistema

C’è poi un secondo passo da compiere: l’integrazione fra questi dati e il “sistema”, cioè il FSE. A oggi, le app che raccolgono dati sanitari dei pazienti sono raramente collegate con il FSE. Pertanto l’inserimento di questi preziosi dati può avvenire solamente in forma sintetica, con grande impegno del paziente o del medico. Entrambi, tuttavia, alimentano ancora poco il fascicolo che, tra l’altro, è in forte ritardo. Il progetto del FSE ha più di dieci anni, ma, a così grande distanza dalla sua prima comparsa, pochissimi italiani sanno che esiste e come accedervi. AGID (l’Agenzia per l’Italia digitale), nel primo trimestre del 2022 evidenziava una forte disomogeneità nella percentuale di servizi realmente realizzati e registrati all’interno del FSE, con Regioni dove la percentuale di utilizzo da parte dei cittadini è prossima allo zero e una media nazionale non superiore al 20 per cento. Inoltre, solo in sette Regioni la quasi totalità dei medici ospedalieri è in grado di inserirvi le proprie osservazioni.

Secondo la rilevazione dell’Osservatorio sanità digitale, il 46 per cento dei pazienti non ha mai usato il FSE in prima persona; il 18 per cento non sa nemmeno della sua esistenza.

Pochi casi di successo

“Raramente le informazioni cliniche sul paziente raccolte all’interno delle aziende sanitarie vengono incrociate con altri dati gestionali, con i Patient Reported Outcomes o con quel che viene raccolto al domicilio. Quindi rimangono informazioni isolate a cui ha accesso solo il medico. Ci sono tuttavia realtà ospedaliere che stanno andando nella direzione di integrare i dati che provengono dalle app con i dati di cartella clinica, ma al momento sono progetti mirati ad alcune specifiche categorie di pazienti, come quelli guariti da Covid-19 o pazienti cardiologici” spiega Locatelli.

Le app per raccolta di informazioni di prima mano da parte dei pazienti possono funzionare? Le storie di successo non mancano, anche in Italia. “Nel 2020, all’interno di un progetto sulla gestione di pazienti con tumore alla mammella, realizzato con il Campus Biomedico di Roma e le Molinette di Torino, avevamo osservato che, quando il paziente poteva utilizzare un tablet in cui compilare periodicamente la propria scheda clinica, la sua percezione era di avere un canale di interazione privilegiato con la struttura sanitaria” racconta ancora Locatelli. I dati del progetto “Vicini di salute” – realizzato da Philips e Pfizer in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano – hanno mostrato che oltre il 50 per cento dei pazienti che aveva iniziato a condividere i dati con i propri medici tramite app aveva percepito un miglioramento nel rapporto con chi lo curava. Dall’altro lato, l’80 per cento dei medici considera aumentata la possibilità di accesso alle informazioni del paziente e migliorata nel complesso la relazione con l’assistito.

È questa la sfida per il futuro, da vincere anche grazie ai fondi che il PNRR ha stanziato in questo settore: connettere tutti i dati sanitari. Serve però una “visione” di sistema, di infrastruttura dell’informazione. Se una Regione offre un monitoraggio a distanza, dovrebbe mettere in piedi un sistema per raccogliere anche i dati provenienti dal paziente. “Il nuovo FSE 2.0 ha definito recentemente alcuni elementi come la gestione del dato strutturato. Che cosa significa? Che prima di decidere di usare una app connessa al FSE deve essere chiaro che tipo di dato si vuole gestire, e in che formato raccoglierlo, per poi condividerlo e integrarlo con le informazioni sanitarie raccolte in altro modo.” Parallelamente è importante continuare la ricerca, già ampia, su come utilizzare al meglio gli strumenti come le app, affinché diventino sempre più un valido supporto per il medico senza la ridondanza di informazioni non necessarie o non utilizzabili perché non precise o inutili.

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