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SANITÀ
SANITÀ Diseguaglianze sociali
Sopravvivere è anche una questione di equità
Le ingiustizie sociali fanno sì che la probabilità di superare un tumore non sia uguale per tutti. L’organizzazione e l’approccio della sanità possono fare la differenza, nel bene e nel male
Le diseguaglianze pesano anche sul percorso da affrontare dopo essere guariti dal cancro. “L’esperienza di malattia causa in molte persone problemi nella vita lavorativa, sociale e familiare, e questo avviene ancora più spesso nelle persone con lo status sociale più basso” 14 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2018spiega Giuseppe Costa. Il tema delle
diseguaglianze tra coloro che hanno superato la malattia è nuovo, e il mondo oncologico ha iniziato a interessarsene solo di recente.
“In Italia abbiamo appena costruito un sistema di monitoraggio fondato sulla sorveglianza delle carriere lavorative dei malati oncologici che sta incominciando a dare risultati interessanti” racconta Costa. “Per ora ci siamo concentrati sul cancro del colon-retto e sui tumori di testacollo, scoprendo che le carriere lavorative vengono compromesse dall’esperienza della malattia in modo molto disomogeneo.”
Perché questo succede? Per ora nessuno conosce la risposta. “Gli studi condotti fin qui dimostrano che c’è un problema, serviranno altri studi per chiarire per quali ragioni un tumore del colon-retto debba compromettere la carriera lavorativa in modo così diseguale a seconda dello status sociale ed educativo del malato. Grazie alla ricerca abbiamo fatto passi da gigante nella cura del cancro e migliorato la sopravviven-
a cura di ELENA RIBOLDI Secondo un recente report dell’organizzazione Cancer Research UK, oltre 30.000 casi di cancro diagnosticati nel Regno Unito sono legati a iniquità sociali. Le persone che hanno uno status sociale più basso non solo hanno maggiori probabilità di ammalarsi di tumore, ma hanno anche un tasso di sopravvivenza più basso rispetto a chi appartiene a un gruppo privilegiato. Parte del problema, o della soluzione, è il modo in cui è organizzata l’assistenza sanitaria. I britannici, come gli italiani, hanno la fortuna di poter contare su un sistema sanitario pubblico e universalistico (ovvero che cura tutti senza distinzioni), ma nonostante ciò le diseguaglianze pesano lo stesso.
Disuguaglianze e rischio di tumore
“Le disuguaglianze sociali condizionano le strategie di prevenzione, la probabilità di sopravvivenza e le conseguenze sociali ed economiche del cancro” afferma Giuseppe Costa, professore presso l’Università di Torino, dove insegna epidemiologia e sanità pubblica, e direttore del SEPI (Servizio sovrazonale di epidemiologia).
Nascere e vivere in certi contesti, o in determinate aree della città, influenza il rischio di ammalarsi, e non solo per questioni ambientali. Per esempio, le persone con un basso
rischio ambientali e comportamentali” spiega Costa, che si occupa da molti anni di diseguaglianze in salute e della valutazione dell’impatto delle politiche sanitarie e non sanitarie sulla salute. “Invece i tumori legati a cause ormonali o a cause genetiche sono in genere distribuiti in modo socialmente uniforme.”
Il tumore della mammella e i tumori femminili sono fortemente legati alle abitudini riproduttive, anch’esse
status socioeconomico hanno mag- condizionate dalle differenze sociali. giori probabilità di iniziare a fumare, In questo caso, però, il rischio di amun’abitudine che aumenta drammati- malarsi è maggiore per le donne delle camente il rischio di sviluppare cer- classi sociali più elevate, che spesso riti tipi di tumore. “Le probabilità di Anche l’accesso tardano la maternità, un noto fattore di protezione dai tumori della mamsviluppare tumori di tipo epiteliale (come quelli che all’informazione determina mella e dell’ovaio. colpiscono polmone, faringe, laringe, la guarigione bocca, esofago e fegato) sono molto influenzate dalle differenze sociali perché determinate condizioni aumentano il rischio di esposizione ai fattori di
za, ora occorre prestare attenzione anche a questi aspetti perché fanno parte della storia della malattia e vanno inclusi nella personalizzazione della medicina oncologica.”
Non si tratta infatti di puro interesse accademico, ma di conoscenze utili per aiutare i malati. La prevenzione delle possibili conseguenze sociali ed economiche dell’esperienza di malattia potrebbe infatti essere inserita nel cosiddetto Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA), uno schema ben definito con cui si organizza l’assistenza per un gruppo specifico di pazienti. “Si potrebbe includere un obiettivo di accompagnamento o di riabilitazione, soprattutto per alcune categorie più vulnerabili, affinché non subiscano queste conseguenze” suggerisce Costa. “Un intervento come questo ha un valore ancora più grande nel momento in cui il tumore diventa una patologia trattabile.”
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Diseguaglianze e sopravvivenza
“La sopravvivenza è legata all’accessibilità e alla qualità delle cure” prosegue Costa. “Le diseguaglianze sociali influenzano le probabilità di sopravvivenza per tutti i tumori più facili da curare, mentre hanno meno peso in caso di neoplasie come quelle del pancreas o del sistema nervoso centrale, tumori per cui la sopravvivenza è più bassa.”
Avere accesso a cure di qualità, anche quando esistono, è infatti un percorso a ostacoli; prima di tutto bisogna che il paziente sia consapevole del fatto che ha un problema di salute e, una volta che se n’è reso conto, deve sapere che c’è una soluzione efficace, cercarla e infine trovarla. “Tutti questi sono passaggi in cui una persona meno istruita, con poche reti sociali di aiuto, con scarse risorse a disposizione, in situazioni di limitato controllo della propria vita e minore motivazione a cercare aiuto può incontrare difficoltà” sottolinea Costa.
I modelli sanitari
Le diseguaglianze sono generate anche dai modelli di sistema sanitario. Nel mondo, ne esistono essenzialmente di tre tipi: il servizio sanitario nazionale pagato dalle tasse dei cittadini (come in Italia); quello basato sull’assicurazione sociale obbligatoria (come in molti Paesi europei); e infine quello basato sull’assicurazione privata (come, per esempio, negli Stati Uniti).
“Il primo, il modello universalistico adottato in Italia, è quello con la performance migliore in termini di limitazione delle diseguaglianze e dunque di
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probabilità di sopravvivenza. Il secondo, vigente per esempio in Francia e Germania, quando raggiunge livelli di copertura vicini al modello universale ottiene risultati paragonabili al primo, ma questo dipende ovviamente dalla legge che lo governa. Il sistema assicurativo privato ha il problema di garantire cure efficaci solo a una fetta della popolazione, quella che si può permettere di pagare una parte delle terapie. Il sistema americano, per esempio, è ottimo dal punto di vista della qualità dell’offerta, è all’avanguardia, ma i costi, soprattutto per le cure oncologiche che si vanno sempre più personalizzando, sono di un ordine di grandezza insostenibile per il malato medio”.
Il ruolo della sanità
Oltre al modello generale, conta molto anche l’approccio utilizzato. “Esistono una sanità di iniziativa e una sanità di attesa. La prima è quella che riduce con maggiore potenza le diseguaglianze sociali: andare a cercare attivamente i problemi di salute e prenderli in carico diminuisce lo svantaggio delle persone di bassa posizione sociale” spiega Costa, specificando che la medicina di iniziativa è quella che, per esempio, investe negli screening per la diagnosi precoce rivolti a tutti i cittadini con determinate caratteristiche anagrafiche, a prescindere dalle differenze sociali. “Lo stesso atteggiamento proattivo va tenuto in ogni fase del percorso che dalla diagnosi porta alla cura e all’assistenza.” Una persona socialmente vulnerabile, che magari fatica a districarsi nella burocrazia, in genere ha maggiori difficoltà ad aderire alle raccomandazioni del medico: è possibile che non rispetti gli appuntamenti per la chemioterapia o la radioterapia o che non si presenti alle visite e agli esami di controllo. “Se ognuno di questi passaggi non è adeguatamente presidiato da un centro responsabile delle cure che prende in carico l’assistito, difficilmente si possono evitare le diseguaglian-
La sanità che funziona è quella che prende l’iniziativa
ze sociali, perché una persona con un livello di istruzione più basso e con minori risorse vive la complessità del sistema sanitario con maggiore difficoltà rispetto alle persone di alta posizione sociale. Può anche essere meno motivata ad affrontarle.”
Le reti oncologiche
“Con la creazione delle cosiddette Reti oncologiche, il modello di presa in carico che era stato studiato per gli screening di popolazione è stato esteso a tutti i tumori, in modo tale da assumersi la responsabilità del singolo assistito” spiega Costa. “Le Regioni, come la Regione Piemonte in cui lavoro, che hanno una solida Rete oncologica ottengono risultati abbastanza brillanti in termini di sopravvivenza dei malati e le diseguaglianze vengono ridotte.”
Le buone pratiche, però, devono proseguire nel tempo. “Non sono acquisizioni che valgono per sempre” ammonisce Costa. “Basta che si disinvesta, come in parte è successo durante la pandemia, per ritrovarsi con gli stessi problemi. Il rinvio degli screening e dei vari appuntamenti ha creato ritardi che hanno colpito in particolare le persone più svantaggiate. Per esempio, abbiamo dimostrato che la diminuzione nel numero di interventi chirurgici per le malattie oncologiche non è stata distribuita in modo uniforme. Le persone più istruite o più benestanti hanno trovato un modo di arrangiarsi e hanno avuto pochissime ricadute, mentre le persone più svantaggiate hanno subito le conseguenze più significative.” Il monitoraggio delle cure sospese o rinviate a causa della pandemia è un importante sistema di allarme per capire ciò che non funziona nel sistema sanitario e per cercare di trovare le soluzioni affinché nessuno sia lasciato indietro.