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IL MICROSCOPIO

Avanti con tenacia e paziente continuità

FEDERICO CALIGARIS CAPPIO Direttore scientifico AIRC

Tutti vorremmo che la ricerca sul cancro producesse risultati rapidi, risolutivi, definitivi. In realtà si procede a piccoli passi, ognuno dei quali va verificato e confermato, soprattutto quando i risultati hanno un impatto sul trattamento dei pazienti. In questo contesto vale la pena soffermarsi sul tumore mammario, il tumore più frequente in Italia, diventato negli anni sempre più “curabile”, con una sopravvivenza media attuale dell’88 per cento. Questo successo, ottenuto negli anni grazie alla ricerca, ci impone di capire cosa ancora ci sfugge dei tumori che non rispondono alle terapie e il cui andamento clinico è spesso aggressivo. Il problema è stato ampiamente trattato al congresso annuale della American Society of Clinical Oncology (la più importante società scientifica in oncologia) e in articoli pubblicati su riviste prestigiose quali il New England Journal of Medicine e il Journal of Clinical Oncology.

Alcuni risultati ottenuti applicando le indagini molecolari alla clinica modificheranno l’approccio terapeutico in pazienti con età e caratteristiche diverse. Sta diventando infatti evidente che i tumori mammari nelle pazienti con meno di 40 anni presentano alterazioni genetiche diverse rispetto a quelli che colpiscono donne più anziane e quindi in un certo senso rappresentano una malattia “diversa”. La definizione di queste differenze sta suggerendo terapie più personalizzate per adattare il trattamento alle caratteristiche genetiche del tumore.

Un importante passo in avanti riguarda HER2, una proteina localizzata sulla superficie della cellula e coinvolta nella trasmissione dei segnali che ne causano la crescita. Una forma modificata di HER2 (HER2/ neu) è presente in notevole quantità nel 25-30 per cento dei casi di carcinoma mammario, per curare i quali vengono ora utilizzati anticorpi monoclonali anti-HER2 (il più noto dei quali è il trastuzumab) che, bloccando la funzione di questa proteina, arrestano la proliferazione tumorale. Spesso però HER2 è sì presente nelle cellule tumorali, ma in bassa quantità: le pazienti con questa caratteristica sono definite HER2-low (cioè a bassa espressione) e finora erano accomunate a quelle cosiddette HER2 negative, caratterizzate dall’assenza totale di HER2 nelle cellule tumorali, condizione in cui gli anticorpi sono inefficaci. Le pazienti HER2-low non erano quindi considerate candidate al trattamento con anticorpi anti-HER2 e venivano trattate solo con chemioterapia. Un importante studio ha però identificato casi in cui il tumore esprime una quantità di HER2 modesta ma sufficiente per essere aggredita da un nuovo anticorpo anti-HER2 coniugato con un farmaco – trastuzumab deruxtecan – il cui impiego migliora i risultati della chemioterapia. Sono disponibili inoltre nuovi stu-

La ricerca di sui tumori mammari cosiddetti triè la chiave per plo negativi, cioè terapie sempre i tumori che non presentano recetpiù efficaci tori per gli ormoni (estrogeni e progesterone) e sono HER-2 negativi. In questi casi non ha senso utilizzare la terapia ormonale, perché le cellule tumorali mancano dei recettori, ed è inutile utilizzare anticorpi antiHER-2. I tumori triplo negativi sembrano invece beneficiare della immunoterapia, perché nel loro microambiente sono espresse proteine che rappresentano il bersaglio di specifici anticorpi monoclonali. Poiché questa espressione è potenziata dalla chemioterapia, la combinazione chemioterapia/immunoterapia nei tripli negativi offre risultati promettenti. Come AIRC sostiene da sempre, la ricerca è la chiave per portare alla clinica trattamenti sempre più efficaci. I risultati che stanno migliorando le attuali terapie derivano dagli instancabili progressi della ricerca, progressi ancora troppo lenti per i nostri desideri, ma innegabilmente continui.

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