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TRATTAMENTI
TRATTAMENTI Immunoterapia
Approcci diversi per rendere più efficace l’immunoterapia
La Fondazione Pezcoller ha organizzato un simposio internazionale per fare il punto su un problema importante nella ricerca oncologica odierna: come far sì che le terapie immunologiche funzionino in molti tipi di cancro diversi
Il Premio Pezcoller, attribuito in collaborazione con AACR, è stato assegnato quest’anno a Steven A. Rosenberg, Senior investigator del National Cancer Institute, negli Stati Uniti. Rosenberg è stato premiato per la scoperta e lo sviluppo delle prime immunoterapie cellulari efficaci nei pazienti con cancro, compresa la prima terapia con cellule T approvata dalla Food and Drug Administration (FDA) per pazienti con tumori ematologici.
Le prime ricerche di Rosenberg si sono concentrate sull’interleuchina-2 (IL-2), fattore di crescita per le cellule T antitumorali, e hanno dimostrato che il trattamento di pazienti con melanoma metastatico con alte dosi di IL-2 era capace di indurre una regressione tumorale a lungo termine. L’IL-2 è stato il primo farmaco immunoterapico contro il cancro approvato dalla FDA. Oltre che nel melanoma metastatico, l’IL-2 si è dimostrata efficace anche nei pazienti con carcinoma renale metastatico, sin dagli anni Novanta. Rosenberg ha poi sfruttato l’attività dell’IL-2 per stimolare la crescita dei linfociti infiltranti il tumore isolati sia dai pazienti con melanoma sia
a cura della REDAZIONE Combattere il cancro sfruttando e potenziando le capacità del sistema immunitario del paziente: è una delle strategie più innovative per combattere la malattia, sulla quale, dopo i primi brillanti successi ottenuti nella cura del melanoma e di alcuni tumori ematologici, la comunità dei ricercatori e dei clinici puntava per guadagnare ulteriormente terreno nella lotta al cancro. Anche l’immunoterapia, però, ha rivelato i propri limiti, spesso legati alla ancora incompleta conoscenza della relazione tra sistema immunitario, cellule tumorali e organismo del paziente. Per questa ragione la Fondazione Pezcoller di Trento, che ogni anno, oltre ad attribuire – in collaborazione con l’American Association for Cancer Research (AACR) – un premio prestigioso alla carriera di un ricercatore in oncologia, organizza un simposio internazionale di alto livello per favorire lo scambio di risultati e idee tra ricercatori, ha scelto come tema dell’incontro 2022 “Quali sono gli ostacoli a una immunoterapia del cancro che abbia successo?”.
La presenza di AIRC
Tra i relatori e i membri del comitato di programma figuravano numerosi ricercatori so-
stenuti da AIRC, tra i quali Giannino Del Sal, professore di biologia all’Università di Trieste, che ha guidato la discussione sull’interazione tra metabolismo cellulare, microambiente ed efficacia dell’immunoterapia; Maria Rescigno, della Fondazione Humanitas di Rozzano, che ha spiegato in che modo il microbioma intestinale contribuisce a modulare le reazioni immunitarie e, di conseguenza, anche l’efficacia delle cure; e Fabrizio d’Adda di Fagagna, che dirige il proprio laboratorio presso l’IFOM di Milano e ha portato l’attenzione sul tema dell’immunità innata, cioè sui meccanismi non specifici che sono in grado di difenderci da agenti infettivi nuovi e anche da alcuni tipi di tumore.
Alberto Bardelli, direttore scientifico di IFOM, ha spiegato come sia possibile costringere le cellule dei tumori a rendersi visibili al sistema immunitario, tema di ricerca grazie al quale ha vinto un prestigioso finanziamento dello European Research Council. “La capacità delle cellule tumorali di nascondersi al sistema immunitario è una delle principali cause di inefficacia delle nuove cure” ha spiegato Bardelli.
Infine Alberto Mantovani, direttore scientifico di Fondazione Humanitas, ha tirato le fila del convegno, moderando una sessione dedicata ai fallimenti terapeutici di alcune nuove molecole, come i bloccanti di PD-1 e di altri checkpoint immunitari. “Sono molecole tra le più mirate e avanzate che abbiamo a disposizione, ma talvolta, per via di mutazioni subentranti nel tumore, smettono di funzionare dopo aver dato buoni risultati con un primo ciclo” ha spiegato Mantovani, che ha presentato nuove linee di ricerca che tentano di evitare il fallimento affiancando due immunoterapie diverse oppure andando ad agire in modo mirato sulle mutazioni che provocano la perdita di efficacia della cura.
Nobel ed esperti
Tra i numerosi ospiti stranieri del simposio, anche il premio Nobel 2019 per la medicina William G. Kaelin, noto per i suoi studi sugli effetti dell’ipossia (ovvero la scarsa concentrazione di ossigeno) sui tessuti tumorali. “L’ipossia ha un impatto negativo sulla risposta tumorale alle chemioterapie e radioterapie, ma ora sappiamo che è anche uno dei fattori principali che fanno fallire la risposta immunitaria e riducono la sensibilità delle cellule maligne all’azione delle cellule di difesa” ha spiegato il premio Nobel. “È possibile prendere di mira l’ipossia agendo contro HIF-1α, una molecola che viene prodotta dalla cellula tumorale pro-
Nobel ed prio in mancanza di ossigeno.” Infine, per dare spazio a tutte le foresperti per risolvere me di immunoterapia oggi in via di sviluppo, Philip D. Greenberg, direttore del programma di immunologia il problema del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, uno dei massimi esperti al mondo di immunoterapia, ha spiegato come i ricercatori stanno cercando di superare i limiti dell’immunoterapia cellulare, e in particolare delle cure con le cosiddette CAR-T (cellule del sistema immunitario ingegnerizzate per potenziarne le capacità anticancro). “Le CAR-T sono molto efficaci in una piccola percentuale di pazienti” ha spiegato Greenberg. “Speravamo di poter estendere il loro uso anche ad altre categorie di pazienti, ma dobbiamo considerare che spesso il trattamento con CAR-T dà origine a resistenze e a forme di tossicità importante. Ora stiamo provando a superare alcuni di questi limiti utilizzando linfociti T attivati dall’organismo e il cui recettore (T-cell receptor – TCR) viene ingegnerizzato in vitro. Le CAR-T si legano agli antigeni presenti naturalmente sulla superficie delle cellule tumorali. Purtroppo gli antigeni tumorali sono rari e spesso non bastano a distruggere il tumore. Grazie alla tecnica di modificazione genetica di TCR si rendono visibili al sistema immunitario anche le proteine del complesso maggiore di istocompatibilità, presenti in tutte le cellule. È una tecnica che migliora notevolmente la personalizzazione del trattamento e le chance di cura per i pazienti.” Il simposio, che torna a tenersi in presenza dopo essersi svolto per anni online a causa della pandemia, è dedicato sia alla formazione dei ricercatori più giovani sia allo scambio di idee tra scienziati di primo piano, e sarà d’ora in poi organizzato proprio sotto la guida scientifica del premio Nobel William G. Kaelin.
da quelli con cancro al seno, al colon-retto e al fegato.
Rosenberg e il suo gruppo hanno anche scoperto che le cellule T possono essere geneticamente modificate per esprimere recettori chimerici dell’antigene (CAR). Le cellule T che esprimono CAR sono in grado di mirare specificamente alle cellule tumorali e possono quindi essere utilizzate per curare pazienti con leucemie e linfomi a cellule B, refrattari alla chemioterapia.
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