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Datemi una birra, solleverò il mondo A beer, a beer, my kingdom for a beer
Sono più di 500 le specie vegetali che si possono utilizzare per produrre questa bevanda apprezzata a livello planetario. Dalle gemme di pino alla zizzania ci guida alla scoperta di questo mondo Giuseppe Caruso, botanico e birrofilo A beer, a beer, my kingdom for a beer! There are over 500 species of plants, fruits and vegetables you can use to make beer, one of the most popular drinks on the planet. From pine buds to weeds, Giuseppe Caruso, botanist and beer enthusiast extraordinaire, illustrates the fascinating world of beer
Datemi una birra, solleverò il mondo
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Gusti personali
È la sensibilità del mastro birraio a unire insieme nuovi ingredienti per dar vita ad uno stile nuovo da far conoscere al consumatore
Personal tastes
It’s down to each master brewer’s expertise when it comes to trying new ingredients to create new styles for consumers
by GIOVANNI DE LUCA
Da qualche anno la birra si è trasformata pas-
sando da “bevanda” a “oggetto di culto”. E la crescita esponenziale dei microbirrifici ha permesso non solo di legare al territorio i prodotti artigianali, ma anche di proporre agli appassionati birre ottenute dalla lavorazione di erbe che sino a poco tempo fa nessuno si sarebbe mai sognato di utilizzare. In realtà qualcuno l’ha fatto: è Giuseppe Caruso, calabrese di nascita, una laurea in Scienze agrarie con tesi in viticoltura e una passione inarrestabile per la botanica e la buona birra. Giuseppe è anche l’autore di un massiccio volume dedicato alla “Botanica della birra”, pubblicato per i tipi di Slow Food Editore (www.slowfoodeditore.it), in cui si parla delle oltre 500 specie vegetali utilizzate (o utilizzabili) nei birrifici. Se considerate che il Reinheitsgebot, l’editto bavarese del 1516 sulla purezza della birra, ammetteva solo tre ingredienti (acqua, orzo e luppolo), è evidente che di strada da allora se ne è fatta tanta, “rendendo la birra – dice Giuseppe – adatta agli spiriti più sperimentali e creativi”. Uno spazio ricco di contaminazioni dove il mosto di malto
Over the last few years beer has morphed from being just a drink to become
something of a cult. And the huge growth of micro-breweries has fostered not only the forging of close links between artisanal products and their place of production but also the chance for enthusiasts to try beers made from plants that nobody would even have dreamed of using up until a few years ago. Although to say nobody would not be strictly true: Calabrian-born Giuseppe Caruso, a graduate in Agricultural Sciences with a final degree thesis in viticulture and an all-consuming passion for botany and great beer, actually did. Because Giuseppe is the author of a massive tome dedicated to “The Botany of Beer”, published by Slow Food Editore (www. slowfoodeditore.it), which details over 500 vegetable species which are, or can be, used to make beer. Considering that the Reinheitsgebot, the 1516 Bavarian edict on the purity of beer, only contemplated three ingredients, water, barley and hops, progress has obviously been made. “This makes beer more of a field for creative, experimental spirits” explains Giuseppe. An area where positive contamination is the watchword, where even wort and grape must can be fermented together to create what might be perceived as a new style, but in reality goes back to China nine millennia ago, where it was apparently a usual practise. Of the over 500 plants Caruso details in his book, many are cultivated, but many also grow wild, and
Assetato di sapere
Per Giuseppe Caruso le birre locali sono un ottimo stimolo per sviluppare la fantasia e la voglia di mettersi in gioco di tutti i mastri birrai
Thirst for knowledge
Giuseppe Caruso feels local beers are an excellent stimulus for encouraging master brewers to get creative and go beyond their comfort zones
Edizione internazionale
Il successo editoriale del libro di Caruso ha spinto anche un editore americano a pubblicare il volume in lingua inglese. Il titolo? “The Botany of Beer” International edition The success of Caruso’s book has led to an American edition in English entitled “The Botany of Beer”
Ingrediente chiave
Il luppolo, uno degli ingredienti base per costruire una birra di successo
Key ingredient
Hops, a leading component when it comes to great beer
e il mosto d’uva possono addirittura fermentare insieme per dar vita ad uno stile tutto nuovo, ma antico come il mondo visto che nella Cina di 9.000 anni fa sembra ci fosse questa consuetudine. Delle oltre 500 piante di cui Caruso parla nel suo libro, molte sono coltivate, ma moltissime sono erbe spontanee, che prima di essere birrificate vanno trovate, raccolte e preparate per la lavorazione. Un legame strettissimo con il territorio, visto che i sapori e gli aromi nascono lì dove il cacciatore d’erbe va a rifornirsi, vere e proprie “forest beer”. Esattamente il contrario della standardizzazione, il processo che consente ad una delle tante birre globali di avere lo stesso sapore in tutto il mondo, 12 mesi all’anno. have to be foraged and prepared before they can be turned into beer. This means the results are truly local, as the scents and flavours of the foraged ingredients come straight from their native soil, what is sometimes called forest beer. This is exactly the opposite of the sort of standardised production method which so many global beer labels employ to ensure they can provide exactly the same product worldwide and year-round. The great thing about Caruso’s book is that, despite being in many ways a manual, it was clearly written with a keen
Nuove scoperte
L’orzo è il padre della birra, ma ci sono altre decine di cereali diversi da provare
New discoveries
Barley is the big daddy of beer, but there are dozens of other cereals that can be used for brewing too
In Italia sono attivi più di 800 microbirrifici In Italy there are over 800 micro-breweries
Il bello del libro di Caruso è che, nonostante il rischio di finire nella manualistica tecnica, è scritto con la voglia di fare nuovi adepti, spiegando con chiarezza anche ai non addetti ai lavori concetti complessi. E, soprattutto, cercando di far comprendere in cosa una “Pale Malty European Lager” sia diversa da una “America Porter and Stout”, tanto per fare un esempio, così quando andate a farvi una birretta con gli amici “birrofili” potrete finalmente stupirli a dovere. Sono 600 pagine da gustare, comprendendo finalmente perché nelle “Maple Beer” della tradizione canadese lo sciroppo d’acero sia diventato l’ingrediente chiave per dare il caratteristico aroma di caramello, ma ci sarebbero altre centinaia di curiosità da citare. “Per me i mastri birrai sono come degli chef – dice Giuseppe – e studiando gli stili antichi si scoprono vicende storiche che hanno contribuito a cambiare il mondo. Un esempio fra tanti riguarda le “Spruce Ale”, birre nella cui preparazione si usano anche le gemme di abete e che grazie a questo ingrediente ricco di vitamine consentirono a James Cook di sconfiggere lo scorbuto a bordo, riducendo drasticamente l’incidenza della malattia”. Il tutto grazie ad una birra che Giuseppe Caruso ed un gruppo di appassionati calabresi hanno ricreato per la gioia di tutti coloro che si spingono nel Mezzogiorno d’Italia, viaggio meno lungo rispetto a quelli del navigatore britannico, ma altrettanto ricco di tesori da scoprire. desire to attract converts, explaining complex concepts so clearly that they can be grasped even by those who know very little about the subject.
He’s also the man to turn to if you want to know the difference between a “Pale Malty
European Lager” and a “America Porter and
Stout”, for example, a golden opportunity for one-upmanship the next time you settle down for a pint with a group of beer aficionado friends. These are 600 pages to savour, where you finally get to understand why Canadian “Maple Beer” must have maple syrup in it to give it that characteristic caramel taste, together with literally hundreds of other quirky facts and a barrel load of fascinating lore. “As far as I’m concerned master brewers are like chefs” explains Giuseppe. “And when we study the history of brewing, we see that sometimes it has changed the world. Just one example is spruce beer, which is flavoured with the buds, needles or essence of evergreen pines and is rich in vitamins. It was spruce beer which saved the bulk of James Cook’s crew from scurvy.” This is all thanks to a beer Giuseppe Caruso and a group of Calabrian beer enthusiasts have brewed up for the delectation of those exploring the south of Italy, a somewhat shorter journey than Cook’s, but one equally rewarding in terms of things to discover.