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FORE! Oggi è crisi nera. Ma come uscirne?
Oggi è crisi vera, MA COME USCIRNE?
Donato Di Ponziano LA PROLUNGATA QUARANTENA, DOVREBBE PORTARE A UNA RIFLESSIONE APPROFONDITA DI CIÒ CHE SI DOVRÀ FARE PER MIGLIORARCI. IMPEGNIAMOCI NOI ADDETTI AI LAVORI, CHE DOBBIAMO PRESERVARE IL MERCATO IN CUI OPERIAMO, A FORMULARE IPOTESI DI INTERVENTO
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C’è poco da fare: se ancora fosse stato possibile mettere ancor di più in crisi il nostro golf già un po’ claudicante, il Coronavirus c’è sicura mente riuscito. A parte i numeri esigui a disposizione su cui poggiava il nostro mercato interno, numeri mitigati da qualche invenzione matematica molto spesso in eccesso, il panorama golfistico italiano oggi si ritrova a guardare urgentemente a nuove soluzioni per andare avanti, ha un grande bisogno di cercare nuove prospettive. Per carità, il problema è oggi un po’ di tutti, ma il nodo del ragionamento sta nel fatto che purtroppo noi eravamo fanalino di coda del movimento golfistico europeo in fatto di volumi, persino la Svizzera, con una popolazione inferiore alla sola nostra Lombardia, ci aveva superato. Quindi, a prescindere dalle nuove normative per evitare il contagio tra giocatori, che fanno parte della risposta momentanea a un evento eccezionale, su tutto c’è soprattutto il fatto di dover pensare al dopo. Dopo il diluvio, ci si dovrà concentrare a navigare verso una direzione virtuosa.
Tutti lo dicono e lo scrivono: questa prolungata quarante na, dovrebbe portare ad una riflessione approfondita di ciò che è stato fatto e soprattutto di ciò che si dovrà fare per migliorarci. Bene, proviamo anche nel golf a fare la stessa cosa. Proviamoci allora, impegniamoci noi addetti ai lavori, noi che con il golf ci guadagniamo da vivere, noi che più di qualsiasi altro, dobbiamo preservare il mercato in cui ope riamo, a formulare delle ipotesi di intervento. Questo al di là dei giocatori dilettanti che guardano al golf per divertimento, questo anche al di là di tutte le istituzioni.
La storia ci insegna, quella virtuosa, che non c’è altro gioco nel mondo che sia così influente rispetto alle fortune finan ziarie come il golf. È dimostrato dai fatti. Allora partiamo da questo inconfutabile dato e proviamo a fare un’analisi per
QUI ACCANTO, DONATO DI PONZIANO, FOTOGRATO ACCANTO AL TRICOLORE. IN MOMENTI COME QUESTI È INDISPENSABILE LAVORARE TUTTI INSIEME PER USCIRE DA UNA SITUAZIONE QUANTO MAI DIFFICILE
quanto possibile fuori dalla partigianeria della nostra posi zione di lavoratori del settore.
Partiamo dal considerare per esempio il rallentamento del passo riguardante le disponibilità economiche da destina re all’acquisto delle case. Sotto gli occhi di tutti l’aumento delle tasse sugli immobili che i governi di tutta Europa e ovviamente anche il nostro, hanno voluto imporre ai cittadini. altra nota dolente la difficoltà nel reperire crediti presso le banche. Queste condizioni hanno inevitabilmente influenzato
l’andamento della costruzione di nuovi campi da golf, proprio quelli che sino a ieri servivano quale elemento di attrazione, “specchietto per le allodole” per gli speculatori del mercato immobiliare/ residenziale.
Per tanti anni, direi per almeno tre decadi, il binomio campo da golf e realizzazione di case ha rappresentato un elemento di grandissimo successo, un contenitore con ottime opportu nità di guadagno. Un pochino lo è stato così anche in Italia. Poi è arrivata la crisi del settore con tutta la sua filiera: i club con le loro iscrizioni e i green fee, gli studi di architettura golfistica (la maggior parte dei quali ha dovuto fondersi tra loro), le industrie di macchinari per la manutenzione, le case costruttrici di golf cart e le aziende costruttrici di attrezza tura per il gioco. Per molti di loro, soprattutto in Europa e sicuramente in Italia, il mercato, già prima del corona virus, era praticamente fermo. Per alcuni, noi compresi, addirittura in fase di frenata.
Cosa sarà da oggi in poi, ora che le macchine si sono fer mate, è difficile dirlo. Nessuno è in grado di fare previsioni serie a medio e lungo termine. Prima della “pestilenza”, leggevo che c’era ancora qualcuno nel mondo che guardava alla realizzazione di nuovi impianti. Roba da pazzi. Ricor diamo che anche in Italia, nel piccolo dei nostri numeri, la tendenza alla realizzazione di nuovi percorsi e l’apertura di circoli “classici” di 18 buche ha seguito senza indugio e pedissequamente la spinta positiva della crescita economica della fine degli anni 90.
Una cosa è certa: ciò di cui oggi abbiamo bisogno non sono certamente nuovi percorsi, ma nuovi giocatori che riempiano quelli già realizzati e che sono vuoti per colpa della crisi.
Basta guardarsi intorno per comprendere che il fenomeno aveva già influenzato il comportamento e le scelte di molti cir coli blasonati, all’interno dei quali sino a ieri si poteva entrare solo versando una cospicua somma di denaro a fondo perso. Oggi non credo che in Italia club che possano permettersi una chiusura in tal senso si contano sulle dita di una mano.
Per consolarci, rimane da pensare che se è vero che il golf è una delle attività più complementari al business ed è entrata per ultima tra le vittime di questo lungo e difficilissimo momento, dovrebbe anche essere il primo ad uscirne.
Intanto prepariamoci alla ripartenza, tagliamo ciò che c’è da tagliare, cambiamo quello che non funziona, miglioriamo quello che serve. Guardo per esempio al ruolo e all’impegno della mia PGA e dell’Associazione Italiana dei Tecnici di Golf. Dopo aver valutato con attenzione i contorni del mercato dopo il Coronavirus, iniziamo creare almeno una base minima di offerta da condividere fra tutti i club, quantomeno per evitare quel cancro di dumping che negli ultimi 10 anni ha in pratica impoverito tutti allo stesso modo. C’è tanto bisogno di com petenza e non impegnarsi per affermarla significa mettere a repentaglio il futuro.
Per noi che all’interno del golf ci lavoriamo, dovrebbe essere un obiettivo scontato. O no? www.donatodiponziano.net