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periodico di Cultura Turismo Economia direttore responsabile NICOLA BELLOMO sommario n. 3/2008 anno 42esimo Edizioni NUOVA GEDIM S.R.L. Direzione - Amministrazione - Pubblicità via Suppa, 28 - tel. 0805232468 70122 Bari - NUOVA GEDIM S.R.L. iscritta alla Camera di Commercio di Bari il 14/01/2008 al numero 503184 - “NELMESE” periodico di cultura turismo economia iscritto al n. 333 del “Registro dei giornali e periodici” del Tribunale di Bari 9 /11 / 1967 - Spedizione in abbonamento postale comma 34 - art. 2 - Legge 549/95 - Filiale di Bari - E’ vietata la riproduzione, anche parziale, di scritti e la riproduzione in fotocopia -. Nicola Bellomo ideazione Grafica. Massimo Clori Fotocomposizione. - Stampa: Pubblicità & Stampa - Via dei Gladioli 6 - 70026 Modugno/Bari tel. 0805382917 ABBONAMENTO ANNUO PER IL 2008 Euro 30,00 - LA COPIA - euro. 3,00 (con copertina plastificata euro 3,20) - CONTO CORRENTE POSTALE 20109708 INTESTATO A GEDIM GRUPPO EDITORIALE MERIDIONALE S.N.C. VIA SUPPA 28 BARI 70122

E-mail: nelmese@virgilio.it nelmese - 3/2008 - 2


ECONOMIA / STORIA

CREDITO

I 60 ANNI DELLA CARTA COSTITUZIONALE

IL PROGETTO “PATTICHIARI CON L’ECONOMIA”

Costituzione & Artigianato “Meridiana”, una banca per di Francesco De Palo 4 lo sviluppo del territorio MEDICINA/INDAGINE SUI NON VEDENTI/1. 28 di Tonino Ancona

Nel mondo dei ciechi

6 RICORDI / PERSONAGGI 6 Giuseppe Calabrese 7 un big dell’industria 9 di Alessio Rega

di Claudia Serrano

Tutti mi hanno “visto” Per superare il buio Il senso dello spazio

IL PROF. CARLO SBORGIA SULLE CAUSE DI CECITA’

Occhio alla vista

di Marisa Di Bello

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UNIVERSITA’ INAUGURAZIONE DELL’ANNO ACCADEMICO

L.U.M. Università Europea di Nicola Bellomo

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ECONOMIA / INDUSTRIE UN PROGETTO DI CONFINDUSTRIA BARI

Editoria, una nuova scommessa

di Claudia Serrano

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UN CONCETTO BASE, COME LA FORMAZIONE

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La “Conoscenza” vero patrimonio delle pmi

Il rettore Degennaro

di Enrico Pollio

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di Daniela Maggiulli

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Così la Tubinsud, l’azienda 35 Diritto e Democrazia 15 barese premiata Il Pianeta Degennaro 17 INIZIATIVA PER L’AUMENTO DELLA COMPETITIVITA’ Molmec, consorzio LIBRERIE & LIBRI tra aziende PRESENTATO IL LIBRO SUL DOPO CROCE di meccatronica LA PROLUSIONE DEL PROF. MARINO

Casa Laterza, la svolta di Marisa Di Bello

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PRESENTAZIONE DEL SAGGIO DEL SENATORE MARCO FOLLINI “LA VOLPE E IL LEONE” A CURA DELL’ASSOCIAZIONE “IDENTITA’ E DIALOGO” PRESIEDUTA DA MARIO DE DONATIS

Politica con morale

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CREDITO APPROVATO IL BILANCIO 2007

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Bi-Mu Mediterranea

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Abbonatevi a nelMese da 42 anni al servizio dei pugliesi e della Puglia,

Gruppo Banca Popolare di Bari, i positivi di Nicola Bellomo

SUCCESSO ALLA FIERA DEL LEVANTE DELLA SESTA MOSTRA BIENNALE INTERNAZIONALE MACCHINE UTENSILI ROBOT AUTOMAZIONI

30 euro per 11 numeri da qualsiasi mese L’amministratore delegato Marco Jacobini

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ECONOMIA / ARTIGIANATO

Costituzione Artigianato

&

Celebrati dalla Confartigianato barese i 60 anni della Carta Costituzionale. L’on. Antonio Laforgia: “E’un patrimonio che va salvaguardato a tutti i livelli”

di Francesco De Palo

Pietro Pepe Carta Costituzionale e Artigianato, un rapporto antico nel tempo, solido e al tempo stesso proficuo. L’on. Antonio Laforgia, presidente UPSA Confartigianato di Bari, in occasione della celebrazione dei 60 anni della Costituzione Italiana, organizzata presso la Camera di Commercio: “Intendiamo rimarcare l’attualità della Carta Costituzionale, in particolare dell’art. 45, in cui si dice chiaramente che la legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”. Alla manifestazione sono intervenuti il prof. Aldo Loiodice ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Bari e il presidente del Consiglio regionale pugliese dott. Pietro Pepe. Il punto di partenza per un’analisi lucida del rapporto tra gli artigiani e “quel” documento elaborato il 22 giugno del 1946 da 75 individui di alto spessore, sta proprio all’interno dell’art. 45, che segnò lo spartiacque tra un’Italia segnata dalle macerie della guerra ed impegnata nella difficile opera di ricostruzione, ed una categoria altamente desiderosa di essere tutelata dal punto

Antonio Laforgia di vista delle norme e dei principi. Da quel momento in poi si sono susseguite dure battaglie, affinché l’artigianato fosse riconosciuto al pari di tutte le altre categorie economiche del nostro Paese. “Ma all’inizio non fu facile - confessa Laforgia - perché di fronte avevamo un muro di cecità che escludeva l’artigianato e la piccola impresa a vantaggio esclusivo della grande produzione industriale. La bottega artigiana va considerata invece una vera e propria arena per apprendere il mestiere - ha proseguito Laforgia -. Modificando recentemente la legge sull’apprendistato si è messa in pericolo la visione della

Carta Costituzionale articolo 45 “La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”

Aldo Loiodice formazione nelle botteghe artigiane”. L’on. Laforgia ha ricordato le principali tappe della categoria, dalla legge quadro n. 860 (“pietra miliare che ha dato i connotati all’impresa artigiana, dotandola di organismi di autogoverno”) alla creazione del credito agevolato (“altro strumento utile contro il nanismo”), dall’istituzione dell’Artigiancassa alla consegna dei primi libretti di pensione in occasione della Festa di San Giuseppe del 1959, che Laforgia rammentava consistere nelle vecchie cinquemila lire. Un excursus storico, supportato dalla proiezione di un video sulle fasi salienti del binomio tra Costituzione e Confartigianato, culminato nella consapevolezza che oggi i piccoli imprenditori non rappresentano più un settore marginale dell’economia del Paese. “I principi della Costituzione dopo 60 anni sono ancora validi ed efficaci - ha sostenuto il prof. Loiodice nella sua analisi giuridica - dal momento che è scritta in un italiano prosegue a pag. 23

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SOCIALITA’ / MEDICINA / 1.

Nel mondo dei ciechi

Come è sua tradizione, NelMese dà ampio spazio a uno dei gravi problemi aperti della nostra società: la realtà dei non vedenti. Una realtà complessa e a volte dimenticata dall’opinione pubblica, una realtà delicata, poiché inevitabilmente segnata da un’esperienza di dolore, ma allo stesso tempo formativa per chiunque le si accosti. Attraverso la visita alla sede provinciale di Bari dell’Unione Italiana Ciechi e le interviste al presidente Luigi Iurlo e al direttore della Clinica Oculistica dell’Università di Bari prof. Carlo Sborgia, si avvia questa indagine, con la volontà di accostarsi ad un mondo poco conosciuto, incontrarne i protagonisti e portarne a galla le conquiste così come i problemi ancora da affrontare e risolvere.

Visita alla sede della sezione provinciale di Bari dell’Unione Italiana Ciechi, luogo di aggregazione, di lavoro, di speranza

Tutti mi hanno “visto” “Ogni giornalista sa di non poter cogliere tutta la storia che racconta. Più la storia è vasta, meno possibilità c’è di controllarla”. Lo ha affermato, in una recente intervista, lo scrittore e giornalista Peter Dexter, aggiungendo che al giornalista non resta che cercare di avvicinarsi a una verità che non potrà raccontare se non in modo approssimativo. La consapevolezza di questo limite è il segno della mia visita, e del racconto che ne faccio, alla sezione provinciale di Bari dell’Unione Italiana Ciechi. La sede provinciale dell’Unione è in viale Ennio, in un complesso nei pressi del Policlinico. Tutta l’attività si svolge all’interno di un grande appartamento al primo piano, una piccola e modesta targhetta sul campanello. Quando busso, viene ad aprirmi una ragazza non vedente, alla quale mi presento con un po’ di imbarazzo e spiego che ho un appuntamento con il presidente Iurlo per un’intervista. “Vado a chiamarlo” mi dice, e per alcuni minuti rimango nell’ingresso ad aspettare. Intorno a me l’attività è febbrile: ci sono molte persone, tutte non vedenti, si affaccendano da una stanza all’altra, si destreggiano tra i corridoi, evitano gli ostacoli con grande disinvoltura, si riconoscono dalla voce, e, cosa che mi lascia più sorpresa, mi dicono

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buonasera quando mi passano accanto, pur non avendo proferito parola: di Claudia non solo sentono Serrano la mia presenza, ma la riconoscono come estranea. La ragazza che mi ha aperto la porta torna da me e mi guida (davvero è lei a guidarmi) verso la stanza del presidente. Luigi Iurlo è una persona affabile, disponibile, è in riunione quando arrivo, ma la sospende per rispondere alle mie domande. Mi fa subito accomodare, mi chiede se mi dà fastidio il fumo e se vedo un posacenere da qualche parte. Sì, lo vedo, e glielo porgo. Sembra quasi sorpreso del mio interesse per le loro attività e mi domanda cosa voglio sapere. Comincia così la nostra chiacchierata, e il tempo passa mentre mi racconta delle attività che promuovono, dei problemi da affrontare e dei progetti da portare avanti. Davanti a me ho una persona mite, straordinariamente sensibile, ma evidentemente anche molto risoluta. All’inizio ho quasi paura ad ascoltare le sue parole, a entrare in quel microcosmo di dolore a me sconosciuto, ma poi, man mano che la conversazione va avanti, scopro che in quel mondo


non c’è solo privazione, ma anche forza, operosità, professionalità. E mi stupisce la sua dignità quando mi dice “ma in fondo stiamo benino”. Alla fine della nostra chiacchierata, Luigi Iurlo mi chiede quanti anni ho e se sono contenta di quello che faccio, poi mi presenta Vito Mancini, l’addetto stampa dell’Unione, che si mette subito a disposizione e promette di tenermi aggiornata sulle iniziative future. Ci scambiamo i numeri di cellulare e scopro che il suo telefono ripete a voce ciò che digita sulla tastiera. Quando la tecnologia è davvero intelligente! Mentre mi avvio all’uscita mi accorgo che nel frattempo è arrivata ancora tanta gente in sede, soprattutto tanti ragazzi ciechi, e in una stanza stanno seguendo il corso di informatica. C’è un’atmosfera serena, tutti ridono, scherzano, si prendono in giro affettuosamente da una stanza all’altra, quando suona la porta corrono ad aprire ai loro amici; evidentemente sono molti quelli che trascorrono qui gran parte della loro giornata. Di fronte a questo capisco l’importanza di organizzazioni come l’Unione, il valore del lavoro delle persone che vi passano il loro tempo, impegnandosi e combattendo davvero per qualcosa. Sono persone che con la loro opera danno una chance in più: di aggregarsi, di imparare a fare qualcosa,

di entrare nel mondo del lavoro, di poter vivere la propria esistenza e di poter camminare nel mondo che li circonda proprio come gli altri, di non privarsi dello sport, della lettura, e di altre opportunità che senza il loro impegno, e anche senza supporti tecnologici, sarebbero impossibili. E quindi danno una chance anche di speranza, che sarà pure una parola inflazionata, ma senza la quale non ha più senso non solo il lavoro di organizzazioni come l’Unione e la vita dei non vedenti, ma anche la vita di tutta una società che si possa definire progredita. Arrivata all’ingresso i ragazzi mi salutano, ancora una volta prima che lo faccia io, e penso che forse è stato il rumore dei tacchi a rendermi riconoscibile. Quando sono per strada sento la testa vuota, i pensieri si sono bloccati. Ma nei giorni successivi qualunque cosa io faccia (le cose più stupide, come scrivere un sms, andare all’università, connettermi a internet), la mente non può che ritornare a quell’incontro. Sì, ha ragione Peter Dexter, ci sono storie che si possono raccontare, ma che non si possono cogliere fino in fondo. Però non si può dimenticarle.

L’impegno dell’Unione Italiana Ciechi raccontato dal presidente della sezione provinciale di Bari Luigi Iurlo

Per superare il buio

Presidente, da quanti anni opera l’Unione Italiana Ciechi? “L’Unione Italiana Ciechi esiste dal 1920, poi negli anni si è organizzata sempre meglio radicandosi nel territorio su tre livelli: nazionale, regionale e provinciale”. Le sedi regionale pugliese e quella provinciale di Bari invece da quanto tempo sono attive? E quanti sono gli iscritti? “Sul nostro territorio l’Unione opera da circa 60-70 anni, ha trenta rappresentanze dislocate nelle diverse sedi dei vari Comuni. In Bari e provincia ci sono circa 1700-1800 iscritti, su un totale di circa 3mila non vedenti”. Quali sono le finalità dell’Unione Italiana Ciechi? “Noi siamo una Onlus, un’organizzazione di utilità sociale non a scopo di lucro, e ci occupiamo di tutte quelle attività di promozione finalizzate all’integrazione dei soggetti non vedenti, e ipove-

denti, nella società. Siamo una sorta di patronato che si occupa di tutti, dai più piccoli agli adulti, e soprattutto accompagniamo i bambini in tutto il loro percorso, dalle elementari all’università”. Quali sono le attività svolte per conseguire tali finalità? C’è una buona partecipazione? “Le attività sono molte e la partecipazione è sempre ottima. Attualmente si sta svolgendo un corso di informatica di primo livello, possibile grazie a sussidi didattici particolari. A Natale organizziamo tombolate, d’estate campi estivi, tra le attività a progetto permanente c’è lo studio del pianoforte, ma anche partite e tornei di calcio… lei si starà sicuramente chiedendo come sia possibile giocare a calcio…”. Effettivamente sì… “Si gioca su campi particola-

Luigi Iurlo ri, con il rettangolo di gioco ben tracciato e perimetrato, e si utilizza un pallone a sonagli perché il giocatore non vedente possa individuarlo”. Ma ci sono anche altre attività sportive accessibili ai non vedenti, vero? “Sì. Proprio l’anno scorso siamo riusciti ad ottenere dal Comune un terreno per tentare di realizzare un nostro grande progetto: una struttura sportiva polifunzionale per ciechi, per l’attività calcistica, ma anche per il nuoto, l’atletica leggera, il tandem…è un progetto importante, e l’acquisi-

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zione di questo terreno è stato uno dei maggiori successi che abbiamo ottenuto l’anno scorso”. Ci sono stati altri obiettivi raggiunti nel 2007? “Sì, grazie al presidente dell’Amministrazione provinciale di Bari, Vincenzo Divella, il Centro “Messeni-Localzo” di Rutigliano è diventato un’istituzione con gestione autonoma, il che significa anche meno burocrazia. E poi a dicembre abbiamo ricevuto dal Comune di Bari il premio ‘Nicolino d’oro’”. Ci sono progetti anche per la prevenzione? Quanto è importante prevenire? “La prevenzione è uno dei nostri primi compiti, ed è fondamentale

“Quello del lavoro dei non vedenti è il primo problema e ad oggi, insieme all’elevazione culturale, è la più importante delle questioni aperte. Bisogna poter garantire a queste persone un lavoro. Noi organizziamo dei corsi di formazione per operatori telefonici, per docenti, e proprio in questo periodo ne sta partendo uno. Certo sono molte le professioni a cui i non vedenti possono accedere: ci sono fisioterapisti, avvocati, musicisti e molti insegnanti ciechi, anche di sostegno”. A proposito di elevazione culturale, mi risulta che presso la sede del Consi-

gni dei non vedenti? Ci sono agevolazioni sul piano urbanistico? “Qui sotto, all’angolo tra viale Ennio e via Foggia, c’è un impianto semaforico acustico. Il piano urbanistico dovrebbe prevederli anche in altri punti della città, oltre a passamani, segnaletica di un certo tipo, marciapiedi con canaletti, ma anche scivoli per le altre forme di inabilità. Tra i vari progetti in cantiere c’è il ‘Percorso di luce’, un percorso Loges (Linea Orientamento Guida e Sicurezza) che realizzeranno i Lions Club, partirà dalla stazione e attraverserà tutta via Sparano, un percorso pensato proprio per favorire l’autonomia dei non vedenti e

Da sinistra, attività centro diurno pluriminorati lavoro argilla; uso del pc pluriminorati; unità mobile oftalmica soprattutto nelle scuole, perché intervenire immediatamente può significare risparmiare a dei bambini tanta infelicità. Provi a immaginare quanta sofferenza si può evitare con la prevenzione. Per questo una delle nostre iniziative, portate avanti anche con la collaborazione dei Lions Club, è quella di un’unità mobile oftalmica: un camper con tutta la strumentazione per misurare la vista, con il quale muoversi soprattutto nelle scuole per svolgere attività di prevenzione. Per quanto riguarda l’ambito lavorativo, invece, so che una delle ultime creazioni dell’U.I.C. è l’A.L.A. (Agenzia per la promozione del lavoro dei ciechi)”. A questo proposito, un tempo le attività lavorative dei non vedenti erano limitate ai centralinisti o ai massaggiatori. Ora si può parlare di un pieno inserimento dei non vedenti nel mondo del lavoro?

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glio regionale è presente il Centro Nazionale di Distribuzione del Libro Parlato di Bari. Di che cosa si tratta? “È un servizio gratuito finanziato dal Parlamento. È una raccolta di 10-15mila opere librarie registrate su cassetta, anche se ora si sta passando dalle cassette ai cd, e comprende tutti i tipi di opere, anche riviste mensili. È possibile inoltre farsi registrare delle opere su richiesta”. E poi sempre presso la sede regionale c’è il Centro Tiflotecnico. “Il Centro Tiflotecnico si occupa della produzione e distribuzione di quella strumentazione che favorisce l’autonomia personale del non vedente e gli è d’ausilio quotidiano per il lavoro e lo studio, ma anche per il tempo libero”. Parlando di Bari, qual è la risposta della città ai biso-

fornire loro tutte le informazioni direzionali: semafori acustici, segnaletica in braille agli angoli per riconoscere i nomi delle strade e una particolare pavimentazione con canaletti per tracciare il percorso”. Ci sono ancora molte conquiste da fare? Quali sono oggi quelle per cui vi battete maggiormente? “Gli obiettivi da raggiungere sono molti, soprattutto nell’ambito lavorativo. Ripeto, l’inserimento nel mondo del lavoro e l’elevazione culturale dei non vedenti sono le questioni aperte su cui c’è ancora molto da fare”. Mi sembra di capire che qui il lavoro non manca… “Guardi, qui c’è da lavorare dalla mattina alla sera! Ma noi siamo determinati, siamo testardi, e soprattutto lo facciamo con passione. E poi, ogni tanto, qualche soddisfazione c’è”. Claudia Serrano


Eccezionale fenomeno durante la visita alle grotte di Castellana di un gruppo di giovani non vedenti. Il confronto con i pipistrelli

Il senso dello spazio che dove toglie aggiunge, in loro In un incontro svoltosi nel 1971 la privazione della vista si rovesci con Peter Zeller, allora collaboin una straordinaria ricchezza del ratore di NelMese, lo scopritore sentire. Allo stesso modo per cui nel 1938 delle straordinarie l’oscurità dell’eclissi non è solo Grotte di Castellana, il profesminaccia da sventare, ma è quel sor Franco Anelli, raccontava che ha consentito osservazioni questo significativo aneddoto: altrimenti impossibili e aperto così “Una cosa che ricordo molla via a nuove conoscenze. to volentieri è la visita di un Ricordo la vicenda eccezionale gruppo di ciechi e cieche che della pittrice Carolyn James che, in occasione di un convegno cieca da più di vent’anni, contifurono accompagnati in grotnua a dipingere acquarelli allineta; ci si potrebbe chiedere: che ando ogni volta davanti a sé i 24 cosa vedevano? Il risultato fu contenitori per i colori, disposti sconcertante soprattutto per in un ordine ben preciso mandato Il prof. Franco Anelli e le descrizioni e l’entusiasmo a memoria, cosicché continua a uno scorcio della Grotta che comunicarono. Attraverso rappresentare, fuori di sé, su una Bianca (foto Guglielmi) il tatto sentivano le forme e la tela, le immagini cromatiche che, natura delle superfici, ma la dentro di sé, continua a elaborare. Per i suoi cosa più impressionante fu il senso spiccatisocchi esiste un’unica ombra scura, ma il suo simo dello spazio che dimostravano di avere; cervello vede e manipola, autonomamente, luce chiamandosi ad alta voce ed ascoltando l’eco e colore. delle loro parole ottenevano delle idee precise Il buio dei ciechi allora non è solo assenza di ed efficaci delle distanze e dei grandi vuoti. Ma luce. Penso al primo atto della creazione, un non sapremo mai a quali sconosciute percezioni erano dovute le loro emozioni, i loro sentimenti: “atto di luce”: tutto ha inizio dalla parola originaria, il Fiat di “che la luce sia”. Nel racconto è una conoscenza che non ci appartiene. Si può biblico alla luce si contrappongono le tenebre, supporre però che loro fossero più di casa nelle e l’universo sarà il frutto del rapporto tra la grotte di chiunque altro. In fondo gli abitatori luce, emanazione divina, e le tenebre, il nulla. abituali in questi sotterranei, i pipistrelli, sono Ma, come ragionava nel IX secolo Fredergiso di appunto privi di vista”. Tours, se il termine luce ha un significato, il terEssere privi di uno dei cinque sensi significa per mine tenebre non può non significare anch’esso i non vedenti imparare a sfruttare al massimo qualcosa. Così, pare che le persone colpite da gli altri sensi, fino a riconoscere una persona cecità sviluppino un loro eccezionale modo di dal profumo o dal rumore dei suoi passi, a perrapportarsi a ciò che li circonda, di vederlo, di cepire lo spazio circostante a partire dai suoni sentirlo e di comprenderlo, a volte molto più che lo attraversano, a identificare le superfici ricco e acuto di quello normale. Valga per tutti e a riconoscere gli ostacoli pur non vedendoli. l’esempio di Omero, se è vero che fu lui l’autore Essi acquisiscono così un modo unico di percepire il mondo, quella “conoscenza che non ci ap- dell’Iliade e dell’Odissea e che fu cieco: quanti hanno saputo vedere il mondo, l’uomo e la vita partiene” di cui parlava Anelli, non solo perché con uno sguardo più intenso? riescono a “vedere” con gli altri sensi, ma perClaudia Serrano chè sembra che, per quell’equilibrio della natura

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MEDICINA

Occhio alla vista

Intervista al prof. Carlo Sborgia, direttore della Clinica oculistica dell’Università di Bari. Le principali cause di cecità, le malattie congenite ed ereditarie che portano a questa grave menomazione. Indispensabile la visita oculistica nei primi anni di vita per scongiurare future patologie. Gravi rischi per i prematuri nati in bassissima età gestionale E’ la vista il più complesso degli organi di senso e proprio per questo, la possibilità di un suo recupero, attraverso un impianto tecnologico come l’occhio bionico di cui tanto si parla, è al momento di là da venire. Lo conferma il prof. Carlo Sborgia, direttore della Clinica Oculistica dell’Università di Bari, che sull’argomento ha tenuto numerose conferenze. Egli esorta ricercatori e mass media ad usare molta cautela prima di creare pericolose illusioni a ciechi e ipovedenti gravi che sono persone dotate di una grande sensibilità e seguono con comprensibile ansia gli sviluppi della ricerca in questo settore. E’ capitato più di una volta, infatti, che questi pazienti si siano imbattuti in falsi guaritori o nel farmaco miracoloso fasullo, con conseguenti cocenti delusioni e spesso con un peggioramento del loro stato. Il perché dell’attuale difficoltà a creare impianti tecnologicamente efficienti, spiega, è dovuto al fatto che il processo della visione si sviluppa in tre fasi, di cui si conoscono bene solo le prime due, quella iniziale in cui l’occhio fotografa l’immagine e la seconda in cui avviene la conduzione dello stimolo visivo della luce trasformato in impulso nervoso e trasmesso attraverso le vie ottiche alla corteccia cerebrale. “Da questo punto in poi - dice - noi non sappiamo più niente, semplicemente perché non conosciamo il nostro cervello. Probabilmente in futuro, sarà possibile capirne i meccanismi con le moderne attrezzature, tipo la PET. Con gli occhi bionici che abbiamo a disposizione oggi, in una fase assolutamente sperimentale, si riesce a distinguere solo il chiaro dall’oscuro. Inoltre, alcuni soggetti che si sono prestati alla sperimentazione, facendosi inserire a livello della corteccia occipitale questi impianti, sono morti di encefalite, avendo

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contratto delle infezioni.Ci sono attualmente delle sperimentazioni sull’impianto di retina artificiale, ma anche queste come l’occhio bionico non hanno applicazione clinica”. Se sulla cecità al momento non è possibile intervenire, cosa si può fare per gli ipovedenti? “Questo è un discorso che ci coinvolge molto perché possiamo intervenire dal punto di vista tecnico-medico e dal punto di vista educativo, per cercare di sfruttare al massimo il residuo visivo, con una serie di attrezzature al cui utilizzo i pazienti vengono istruiti dal personale medico e paramedico specializzato. Come delegato regionale incaricato dal Ministero della Sanità, per ciò che riguarda l’ipovisione, insieme all’assessore regionale, Alberto Tedesco, stiamo promuovendo l’attivazione sul territorio di centri che funzionino bene. Ne bastano pochi e spero che uno di questi sia allogato nel Policlinico”. Ritornando alla cecità, quali sono le cause di quella congenita? “Innanzitutto, ci sono quelle anomalie nello sviluppo dell’organo della vista che possono intercorrere in gravidanza, le malattie infettive tipo la rosolia, contratte dalla madre, soprattutto nei primi mesi. Una delle cause più frequenti di cecità è proprio quella che contrasta col progresso tecnologico e che può colpire i bambini prematuri, quelli che nascono tra la 27esima e 28esima settimana”. In che modo? “Da una parte i neonatologi oggi riescono a far sopravvivere questi bambini che nascono con una bassissima età gestionale e che a volte pesano poco più di 400 grammi, ma si tratta di soggetti

di Marisa Di Bello che presentano un’immaturità maggiore soprattutto a livello polmonare e cerebrale. Da qui il pericolo che può derivare, anche di ordine neurologico”. Ci sono altre cause? “C’è una miriade di malattie ereditarie, tra cui la retinosi pigmentosa conosciuta come retinite, una malattia degenerativa che colpisce la struttura retinica, per cui non si nasce ciechi ma lo si può diventare nel corso della vita”. E non è possibile bloccarne il processo degenerativo? “No, perché si tratta di un’alterazione cromosomica, per cui ci si aspetta molto dalla terapia genica sulla quale si stanno conducendo molti studi, specialmente negli USA”. Questa retinosi pigmentosa è una malattia rara? “Fa parte del gruppo delle malattie rare, ma è una patologia molto conosciuta, tant’è che esiste un’associazione italiana di pazienti affetti da retinosi pigmentosa e dei loro familiari. La nostra clinica ospita l’associazione regionale che periodicamente si riunisce per aggiornarsi e trattare i problemi del settore, e a Bari, l’autunno scorso, si è tenuto il convegno nazionale”. Quale altra malattia congenita provoca la cecità? “C’è la cataratta congenita che può essere ereditaria, iatrogena o infettiva, in cui, fortunatamente, i casi di cecità sono meno frequenti, perché si può intervenire. I risultati non sono brillantissimi, ma i pazienti non diventano ciechi”. Il glaucoma può anche essere


una malattia congenita? “Certamente ed è importante che la diagnosi sia precoce. Siccome però la malattia è caratterizzata dall’ingrandimento dei globi oculari, i familiari di questi bambini magnificano inizialmente la bellezza dei loro occhi che invece sono deformi e possono portare alla cecità”. E quando si rivela in età adulta? “Tranne che in alcuni casi particolari, se la diagnosi è tempestiva lo si può curare con i nuovi farmaci entrati in commercio, che sono davvero eccezionali. In casi estremi, si interviene chirurgicamente”. Di quanti tipi può essere il glaucoma? “Di due tipi. Il glaucoma nella sua forma ad angolo aperto, che è la più comune, è una malattia molto subdola perché asintomatica. Il glaucoma ad angolo chiuso o stretto è meno pericolosa perché essendo sintomatica, provoca nel soggetto crisi dolorose e quindi si rivela. La distinzione tra le due viene fatta in

Ci sono tipologie di lavoro che possono portare alla cecità? “Tutti possono essere pericolosi se si disattendono le norme sulla sicurezza. E’ ovvio che chi lavora ad un tornio o con degli acidi o con materiali infiammabili rischia di più. Ma non rischia meno chi va a raccogliere le olive e si ferisce con i rami. I traumi più frequenti li riscontriamo proprio tra questi agricoltori”. Cosa pensa degli occhiali da vista venduti in farmacia e nei market? “Ci vede in forte disaccordo perché non si tratta di occhiali da sole che una volta garantiti dal marchio Cee vanno bene. Si tratta di occhiali da vista, nella fattispecie da presbite, che devono essere sempre precedute da una visita medica, sia per appurare l’effettivo stato della vista, che per diagnosticare in tempo l’insorgere di patologie come il glaucoma”.

Il prof. Carlo Sborgia base alla struttura anatomica della camera anteriore dell’occhio”. Le consta che questa patologia sia in aumento? “E’ difficile dirlo perché i dati statistici vanno interpretati in maniera molto attenta. L’ aumento apparente di una malattia, infatti, può benissimo derivare dalle minori diagnosi che si facevano in passato. Ad esempio, la cataratta che nei paesi industrializzati si cura senza problemi, nel terzo mondo è la prima causa di cecità, come avveniva un tempo da noi”.

Può far male ai bambini l’eccessivo utilizzo di computer e tivù? “E’ una domanda che mi fanno spesso i genitori a cui sono solito rispondere, scherzando ma dicendo il vero, che il male maggiore lo subisce il cervello”. Cos’altro consiglierebbe, a livello preventivo? “La visita ai bambini nella cosiddetta età plastica, da 0 a 6 anni, quando è possibile correggerne i difetti o una funzionalità insuffi-

ciente. Il bambino deve imparare a vedere come impara a camminare e l’apprendimento avviene in questo periodo in cui è possibile appurare per tempo se uno dei due occhi lavora allo stesso modo dell’altro oppure non. In questo caso, il soggetto, affetto da ambliopia o occhio pigro, non curato attraverso determinati mezzi rieducativi, diventerebbe monocolo dal punto di vista funzionale”. Cosa rappresentano rispetto alla cecità i trapianti di cornea? “Una realtà della medicina italiana eccezionale perché se ne fanno tantissimi ed in diversi centri distribuiti in tutto il territorio italiano. Oggi ce ne sono troppi e quelli che fanno pochi trapianti non possono raggiungere la stessa abilità tecnico-chirurgica di chi ne fa tanti. Esistono anche numerose banche degli occhi, che però, a mio parere, dovrebbero essere in numero di tre, al Nord, al Centro e al Sud, per coprire bene tutto il territorio. Sarebbe necessaria una programmazione territoriale per i centri e per le banche degli occhi che, meglio, dovrebbero chiamarsi banche dei tessuti, in quanto conservano cornee e sclera. La nostra al momento è chiusa per ristrutturazione, per cui ora siamo collegati ad altre banche nazionali”. Quale tipo di cecità risolve il trapianto di cornea? “Nei casi di cheratocono quando cioè la cornea, invece di essere sferica, è a forma di cono, e in tutte quelle patologie in cui viene persa la trasparenza della cornea”. E le donazioni come vanno? “Questo è un punto dolente, in quanto siamo a livelli bassissimi e la cosa ci rattrista molto perché ci siamo battuti da sempre per diffondere la cultura della donazione. Ma urtiamo contro un muro di gomma”. Dove sta il problema? E’ un fatto culturale? “No. E’ un fatto organizzativo perché in Veneto dove c’è un alto numero di donatori, hanno seguito un modello organizzativo molto interessante. Hanno incentivato gli operatori, i prelevatori di organi, per cui si è formata una rete che contatta i possibili donatori. E’ questo che si dovrebbe fare anche da noi”. Nel mondo dei ciechi 1. continua

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UNIVERSITA’ Il ruolo della istituzione illustrato dal rettore Emanuele Degennaro alla cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico 2007-2008. La scelte delle facoltà e delle specializzazioni. Prolusione del prof. Ignazio Marino su “Diritto e Democrazia”. Il saluto del giudice costituzionale Giuseppe Tesauro e dei rappresentanti degli studenti “Farsi crogiolo di culture e di metodi di analisi differenti, nella consapevolezza che solo il pluralismo può costituire cultura e professionalità capaci di rispondere al cambiamento e generarlo”. Sono parole del fondatore della Università Lum Jean Monnet, il compianto senatore Giuseppe Degennaro, che sembrano scolpite su pietra non solo in senso metaforico ma in senso reale cioè sulle pietre fondamentali di un’istituzione pensata e avviata 13 anni fa. Non è retorica poichè la frase rispecchia la realtà della Libera Università Mediterranea di Casamassima con alla guida da alcuni anni il figlio del fondatore il dott. Emanuele Degennaro, rettore magnifico che ha seguito l’iniziale tracciato. In attesa della nuova sede Una testimonianza di questa viva

L.U.M. Università Europea realtà l’ha fornita la cerimonia dell’Anno Accademico 2007/2008 l’ultima che si è svolta nella prima sede in attesa della nuova di 24mila metri quadri, quasi ultimata. Quindi un’ambizione di proporsi come fautori di nuovi e importanti stimoli di trasformazione e sviluppo, una specie di “continuazione culturale” che genera innovazione e creatività in tutti gli ambiti della società. In pratica “celebriamo e riaffermiamo - ha sottolineato Degennaro - la libertà di pensiero, il rispetto delle convinzioni altrui il prevalere della cultura sul dogmatismo”. Per passare dai concetti teorici alla pratica, si è tenuto conto delle esigenze formative delle imprese cioè alla creazione di una università al servizio della cultura d’impresa e di quelle professioni che interloquiscono abitualmen-

di Nicola Bellomo te con essa, quelle aziendalistiche, giuridiche e delle pubbliche amministrazioni. In altre parole si è pensato di formare laureati con una preparazione “riconosciuta, spendibile e soprattutto garantita” idonea al mercato del lavoro. Pochi titpi di laurea Il rettore Degennaro ha detto che si è preferito puntare su pochi tipi di lauree al fine di realizzare una preparazione più intensa. Il primo ciclo di studi prevede i corsi di laurea triennale in “Economia dell’azienda moderna” (con 4 indirizzi: Economia delle amministrazioni pubbliche e sviluppo del territorio, banche mercati e finanza immobiliare; management del turismo, sport e spettacolo).

Da sinistra, il giudice costituzionale Giuseppe Tesauro, i rettori dell’Università di Bari Corrado Petrocelli, del Politecnico Salvatore Marzano, dell’Università del Salento Domenico Laforgia, dell’Università di Foggia Antonio Muscio, il prof. Domenico Ferrari ordinario alla Bocconi di Milano in rappresentanza del rettore, il prof. Ignazio Marino professore di Diritto amministrativo che ha letto la prolusione, il serbo Payevic Mladen vice rettore dell’Università di Belgrado. Nella pagina accanto, uno scorcio dell’Aula Magna

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IL RETTORE EMANUELE DEGENNARO: “Rivolgendo lo sguardo a quest’ultimo anno è doveroso considerare i nuovi ed importanti stimoli di trasformazione e sviluppo che hanno investito il nostro Ateneo mobilitando tutte le sue componenti: la nostra ambizione è quella di proporci come fautori, mi si lasci passare il termine, di quella ‘contaminazione culturale’ che genera innovazione e creatività in tutti gli ambiti della società”

Altro elemento che caratterizza la Lum è quello di puntare alla meri-

La Libera Università cura molto anche i rapporti con il mondo del lavoro e delle professioni attraverso una formazione post laurea. Tra gli altri i corsi di perfezionamento organizzati in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità per creare “manager sanitari” e l’altro di diverso genere, il Master in Management dell’e-learning che prepara formatori di metodi per l’apprendimento in rete. Accanto a questi nuovi strumenti: i classici Master in General management, Master in Retail Management, Master in Auditing e controllo interno che prepara figure professionali nell’area della revisione aziendale, organizzato in collaborazione con Price WaterhouseCoopers. Degennaro ha sottolineato - con evidente soddisfazione - che

tocrazia e all’eccellenza tanto che ai più meritevoli saranno dedicati semestri di specializzazioni nelle materie scelte, in realtà nazionali ed internazionali, a spese della stessa Lum.

almeno venti partecipanti al master potranno svolgere il loro stage di tre mesi presso una delle sedi della società e almeno dieci saranno inseriti nella selezione del personale da assumere.

Inoltre, la laurea magistrale in Giurisprudenza con due percorsi: Professioni legali e International Business Lawyer che delinea la figura professionale di avvocato di affari internazionale, figura che va sempre più affermandosi anche in virtù dell’integrazioe a livello globale degli studi legali. A questi indirizzi si affianca la laurea triennale in Diritto internazionale. A queste fanno seguito lauree specialistiche in General management e Marketing Comunicazione e Pubbliche Relazioni per le Imprese e Diritto e Cooperazione internazionale e Legislazione di impresa per la facoltà di Giurisprudenza. Meritocrazia ed eccellenza

Ancora: al termine dello scorso Anno Accademico si era realizzata l’assunzione di cinque studenti della Lum. Altri Master riguardano quello in Management dei Trasporti e della Logistica Integrata e quello in Sicurezza Pubblica con il contributo del Fondo Sociale Europeo dello Stato e della Regione Puglia. Per le professioni legali Infine, a compimento del percorso professionalizzante degli studi giuridici, la scuola di specializzazione per le professioni legali prepara i futuri avvocati, magistrati e notai. Positiva anche l’azione per il radicamento della Lum nel territorio, attraverso convegni, seminari e accordi internazionali. Tra gli altri spicca la European Week su temi europei quali l’integrazione comunitaria, e l’Europa e sviluppo nonchè l’armonizzazione degli ordinamenti. Di particolare spicco la Lectio Magistralis dell’ex presidente della Repubblica islamica dell’Iran S.E. Seyyed Mohammad Khatami su “Il dialogo tra le civiltà nel mondo attuale”. Degennaro ha ricordato poi che anche quest’anno la Notte dei ricercatori nata dalla collaborazione tra le Università di Bari, Foggia, Lecce e il Politecnico di Bari ed alcuni enti di ricerca, ha ricordato ai cittadini che se la qualità di vita migliora il merito è anche dei risultati della ricerca, che applicati al nostro quotidiano ci permettono di progredire. Inoltre, l’impegno per garantire la ricerca - elemento imprescindibile e altamente catalizzante del per-

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corso formativo - non è mai venuto meno alla Lum. Di qui il bando per dieci borse di studio della durata di due mesi per un periodo di ricerca presso un’istituzione straniera con un programma di ricerca scelto dai candidati. “Con orgoglio - ha aggiunto il Rettore - sottolineo che la Lum partecipa all’intesa programmatica tra Regione Puglia e tutte le Università pugliesi che per la prima volta costituiscono un vero e proprio ‘sistema universitario pugliese’ per il coordinamento degli interventi per lo sviluppo regionale. Il Sistema utilizzerà le risorse e le opportunità messe a disposizione dai fondi europei”. Altre iniziative nel 2007: la pubblicazione di “Illuminist” una rivista quadrimestrale a cui si affiancherà da quest’anno “Ritagli di Economia e di Diritto”. Inoltre, un ruolo indiscutibilmente centrale lo rivestono i dottorati di ricerca e gli assegni di ricerca. Altra tappa molto importante per la Lum è la realizzazione della nuova sede che disporrà di 24mila metri quadri per spazi destinati alla didattica, alla ricerca, alla biblioteca, ai laboratori informatici e linguistici, alla ristorazione ed il servizio agli studenti. Università residenziale Degennaro ha poi illustrato anche quello che è stata l’idea di creare una università residenziale che favorisca un’intensa partecipazione degli studenti alle attività accademiche. “Ci sentiamo - ha aggiunto il rettore - a pieno titolo università europea seppure con profonde radici nel territorio. Abbiamo continuato a sviluppare contatti con le università del mondo Mediterraneo oltre quelle europee. La Lum è entrata a far parte nell’Associazione Mondiale delle Istituzioni Educative Superiori emanazione dell’Unesco”. Particolamente attivo anche il Servizio orientamento professionale e placement, in collaborazione con Italia Lavoro Spa utilizzando fondi del progetto FIxo per l’assistenza a studenti e laureati al fine del loro inserimento nel mondo del lavoro. Di particolare interesse infine, la costituzione dell’Associazione Laureati Lum Giuseppe Degennaro e l’Associazione Studenti Lum.

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Uno scorcio dell’esterno della Università L.U.M. Jean Monnet realizzata nell’ambito del complesso del “Baricentro”, nel territorio di Casamassima, alle porte di Bari

Gli interventi alla cerimonia inaugurale Il giudice costituzionale e gli studenti L.U.M. In rappresentanza del presidente della Corte costituzionale il giudice Giuseppe Tesauro che da docente si è detto favorevole al contatto con gli studenti perchè loro sono il motivo stesso dell’esistenza dei docenti. Soffermandosi sul ruolo della Costituzione Tesauro ha detto che essa è “un insieme di valori, avvicinati univocamente da approcci ideologici diversi. Vivere insieme con persone diverse che la pensano diversamente è la scommessa che ci affascina”. Il rappresentante dell’Associazione degli Studenti della Lum, Bartolomeo D’Aprile riferendosi al 60esimo anniversario della Costituzione Italiana, ha affermato che da qui parte la rifles-

Bartolomeo D’Aprile

sione sul ruolo della formazione universitaria che deve avere come stelle polari dell’impegno studentesco l’umiltà e la perseveranza. Dal canto suo Gianfranco Cotrone, presidente dell’Associazione Laureati Lum intitolata al fondatore Giuseppe Degennaro che proprio in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Accademico ha ricevuto il suo battesimo, ha ricordato che i convegni e seminari che periodicamente si affrontano, in collaborazione con i presidi delle Facoltà sono il perno di un percorso formativo che poggia sulla coopèerazione e sullo scambio di idee per meglio affrontare il delicato passaggio dall’università al mondo del lavoro.

Gianfranco Cotrone


Prolusione per l’inaugurazione dell’Anno Accademico 2007/2008 della Università L.U.M. Jean Monnet di Ignazio Maria Marino, professore di Diritto amministrativo e presidente del Nucleo valutativo della L.U.M.

Diritto e Democrazia Articolata su cinque domande la prolusione all’Anno Accademico svolta con profonda dottrina, con chiarezza e con approccio eminentemente storico su un tema sempre di viva attualità quale diritto e democrazia, da Ignazio Maria Marino, professore di Diritto amministrativo e presidente del Nucleo Valutazione della Università Lum. Partendo da lontano cioè dalla Magna Charta e dalle carte inglesi del 600 fino alle Dichiarazioni dei diritti statunitensi e francese e alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo deliberata dall’Assemblea degli Stati Uniti del dicembre del ‘48 cui seguì la Convenzione Europea del 1950/53, il prof. Marino si è avvicinato a quanto avvenne successivamente all’Unità d’Italia nel 1882 allorchè lo Stato iniziò a considerare la collettività come una società che si sviluppa attraverso l’apporto dei singoli e non più soltanto come la destinataria di uno Stato/Potere che si prende cura dell’interesse pubblico da lui impersonato. Lo stesso Stato che in seguito ai rivolgimenti di fine 800 e delle riforme sociali del periodo Giolittiano appronta ed offre ai propri cittadini una serie di utilità facendosi nel contempo carico dei loro bisogni elementari ed offrendo servizi a prezzi accessibili a tutti, mentre una parte dei costi viene recuperata nel sistema della giustizia redistributiva. Nel percorso per la democrazia le leggi elettorali hanno avuto un ruolo molto importante. Il prof. Marino ha fatto riferimento al famoso “listone” che nel 1923 fece sì che fascisti e conservatori conquistassero i due terzi dei seggi (il 64,9% dei voti e 374 deputati) il che portò all’instaurazione del regime totalitario del fascismo. Di quì il chiarimento sul concetto di governabilità il che è

tale solo se espressione di un regime democratico e non fine a se stessa. Rispondendo poi alla domanda se “si riesce ad avere un rapporto umano, personale con le istituzioni pubbliche”, il docente ha detto che la democrazia contemporanea inizia proprio con la personalizzazione dei rapporti tra il cittadino e le istituzioni locali. In particolare proprio nell’articolo 28 della Costituzione repubblicana italiana si palesa e si consolida la personalizzazione dei rapporti tra istituzioni pubbliche e cittadino. Poi con l’articolo 67 si riafferma che ad esercitare le funzioni senza vincolo di mandato e a rappresentare la Nazione non è il Parlamento, ma “ogni membro del Parlamento”. Il prof. Marino si è poi soffermato sui problemi della legittimazione democratica che non si realizza con il “diritto” di voto anche perchè se pur essendo la premessa essenziale della democrazia lo stesso può essere anche utilizzato contro la democrazia. E’ il caso di quando per un certo meccanismo elettorale la volontà dell’elettore è irrisoria perchè le scelte sono state fatte già dai partiti. Di qui la constatazione che la politica non coincide con i partiti e meno che mai con una sorta di esclusiva intermediazione partitica che mortificherebbe il rapporto diretto che la Costituzione vuole tra elettore ed eletto. Accennando infine al problema di educare alla democrazia e alla legalità il prof. Marino riferendosi appunto alle promesse mancate della democrazia - come afferma il Nobel, Norberto Bobbio - quella forse più grave è la mancata educazione della cittadinanza: la democrazia promette cittadini attivi ma il degrado di costumi e governanti preferisce cittadini inerti, disinteressati, disinformati, peggio, malamente informati. (d.m.)

L’Aula Magna della Università L.U.M. inserita nel complesso del Baricentro nel Comune di Casamassima

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Il Pianeta Degennaro

NelMese ha seguito per molti anni le iniziative e le attività di Giuseppe Degennaro con l’obiettivo puntato su una realtà multiforme della Puglia. Dapprima l’esperienza politica e l’impegno per i problemi dello sviluppo del Sud. Poi via via l’idea geniale e molto impegnativa del Centro commerciale all’ingrosso di Casamassima, un complesso residenziale di alto livello, il settore sportivo con il campo di golf alle porte di Bari, le infrastrutture dei trasporti e quindi il “gioiello” della Università L.U.M.. NelMese nell’ottobre del 1998 gli ha dedicato la copertina ed un inserto descrivendo nei particolari tutti i settori creati, un vero e proprio “pianeta”, dall’on. Giuseppe Degennaro, scomparso quattro anni fa IL PROFILO DEL FONDATORE Economista ed imprenditore, profondo conoscitore dei problemi del Mezzogiorno, realizzatore di importanti opere tra le quali “IL BARICENTRO”, insediamento commerciale di Terziario avanzato (1.500.000 mq. e 500 aziende) a Casamassima (Ba) e “BARIALTO” piccola città residenziale progettata dai maggiori architetti italiani. Iscritto nell’Albo dei Giornalisti, è stato Direttore Responsabile del Periodico “Nuovocorso”, oltre che editore di apprezzate pubblicazioni. E’

stato assessore ai Trasporti al Comune di Bari dal 1971 al 1979, anno in cui è stato eletto Deputato al Parlamento e successivamente rieletto ininterrottamente per quattro legislature. E’ stato il Fondatore ed il Presidente della Libera Università Mediterranea “Jean Monnet” nonchè presidente dell’Interporto della Puglia (struttura di rilevanza nazionale ed internazionale di coordinamento intermodale dei vari sistemi di trasporto); è stato promotore della realizzazione di un

centro agro-alimentare e di vari insediamenti turistico alberghieri nella provincia di Bari. E’ stato per due volte campione del Mondo di vela di altura. E’ stato Presidente della Confcommercio della Provincia di Bari. Nel maggio del 2001 è stato eletto al Senato della Repubblica ed ha ricoperto la carica di vice capogruppo di Forza Italia. LA STORIA DELL’UNIVERSITA’ L’Università Lum Jean Monnet nasce, nel 1995, dalla esigenza di formare una classe dirigente

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competente ed autorevole. Già nella fase di avvio, i docenti sono selezionati tra i più noti e prestigiosi professori italiani e stranieri e la programmazione didattica privilegia una rigorosa attenzione alla fruibilità e qualità dei corsi. I primi passi, improntati ai valori che animano tutta la storia dell’Ateneo, sono mossi con l’esperienza e l’entusiasmo di accademici e di uomini di cultura e di impresa, che hanno dato corpo ad azioni, attività formative ed indirizzi di ricerca, consentendo di raggiungere importanti traguardi. Il primo di tali traguardi, raggiunto nel 1996-1997, ha procurato alla LUM il riconoscimento da parte dell’Action Jean Monet – Commissione Europea di Bruxelles - come sede di Cattedre, Corsi permanenti e Moduli d’insegnamento, orientati a diffondere la cultura dell’integrazione europea. Il succedersi negli anni di personalità autorevoli del mondo della ricerca e delle professioni, alla guida della Facoltà di Economia ed alla conduzione delle attività didattiche, si conferma come la più alta testimonianza del costante impegno della LUM ad offrire una formazione europeista di alto profilo, che ottiene il riconoscimento legale dal Ministero dell’Istruzione nel 2000. Al prof. Michele Donato Cifarelli, primo Preside della Facoltà di Economia e noto docente della Università Bocconi di Milano, è succeduto nel 2004 il prof. Dominik Salvatore, economista di fama mondiale, consulente della Banca Mondiale. Attualmente è preside di Facoltà il prof. Roberto Bocchini, noto giurisprivatista italiano. Anche alla guida della facoltà di Giurisprudenza si sono succedute personalità di primo piano nel mondo della ricerca e del diritto: il prof. Giuseppe Tesauro, già presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato ed ora giudice della Corte Costituzionale; il prof. Antonio Maria Fusco, autorevole economista; il prof. Stefano Pagliantini, noto giurista italiano; da ottobre 2006 è preside il prof. Roberto Martino, esperto in diritto processuale

e civile. L’esperienza ed autorevolezza della classe docente, non meno che l’entusiasmo nella condivisione del progetto di sviluppo del fondatore, hanno determinato, negli anni, un tasso di crescita del numero degli iscritti che, rispetto al primo anno accademico, seguito al riconoscimento Ministeriale – a.a. 01-02 - è pari a: 25,69 % per l’a.a. 0203, 79,40 % per l’a.a. 0304, 138,66 per l’a.a. 04-05 e 504,34% per l’a.a. 05-06. Tali cifre narrano senza incertezze la storia di un Ateneo che ha ragione e possibilità di esistere solo nella efficacia delle azioni intraprese, capaci di interpretare esigenze ed aspirazioni dei giovani studenti e dare loro utili risposte. Conscia dell’importanza crescente di garantire percorsi formativi qualificanti anche post-lauream, la LUM promuove ed organizza, nel corso degli anni, numerosi master rivolti alla qualificazione professionale, attiva corsi di alta formazione tra cui il Master per Managers dei Trasporti nell’Unione Europea, il Master in Gestione Manageriale MIGEM, il Master in retail marketing MIREM ed il Corso permanente dell’Action Jean Monet dell’Unione Europea; istituisce una scuola di specializzazione per le Professioni legali. A testimonianza della spiccata vocazione internazionale e del crescente impegno europeista, sigla convenzioni con Università straniere, finalizzate a scambi culturali e scientifici ed alla realizzazione di Master post-laurea congiunti. Medesimo impegno è profuso nella realizzazione di importanti attività di elevato valore scientifico: la LUM attiva al suo interno corsi di dottorato, in alcuni casi anche consorziandosi con altre università italiane, promuove molteplici iniziative seminariali ed importanti convegni, istituisce e realizza la ‘Settimana europea’, occasione di incontro e dibattito su problematiche nazionali ed internazionali, partecipa

alla realizzazione di scuole sperimentali su metodologie di ricerca scientifica. Negli anni si consolidano, numerosi e proficui, i rapporti con le Istituzioni pubbliche e con le autonomie locali, rispetto alle quali l’Università si propone quale interlocutore privilegiato, volto ad offrire competenze e risorse, per collaborare con il tessuto produttivo, istituzionale e culturale che quotidianamente profonde il medesimo impegno nel miglioramento e nella crescita del Mezzogiorno e del Mediterraneo. Attualmente l’Università Lum Jean Monnet presenta una organizzazione moderna, capace di tradurre in efficienza i principi che ne informano la stessa fondazione, di strutturare e consolidare percorsi di contatto e scambio tra docenti e studenti, tra mondo accademico e tessuto produttivo, generando preziose sinergie a favore degli studenti: è particolarmente attiva nella creazione di intese e convenzioni con importanti realtà produttive del territorio, finalizzate anche allo svolgimento di stage formativi; segue i giovani anche nel loro percorso post universitario grazie alla attività della Associazione Laureati Giuseppe Degennaro. Le scelte operate e le azioni intraprese ribadiscono, negli anni, il ruolo e l’importanza dei destinatari di ciascuna azione: i giovani e, a mezzo dei giovani, l’intero territorio verso il quale la Lum si protende, proponendo un piano di sviluppo strutturale che prevede la realizzazione di un Campus Universitario tra i più avanzati a livello nazionale ed internazionale, dotato di supporti didattici ad alta tecnologia, di ampi spazi destinati allo studio ed alla ricerca, di una accogliente area riservata alla residenza ed alla socialità degli studenti. La storia futura dell’Ateneo è ancora da scrivere: pagine che sapranno narrare l’orgoglio e la passione di chi partecipa alla difficile avventura di costruire il progresso con la forza delle idee.

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LIBRERIE & LIBRI

Casa Laterza, la svolta di Marisa Di Bello

Una paziente ricerca condotta nel ricco archivio Laterza che si conserva presso l’Archivio di Stato di Bari, ha consentito a Luigi Masella, docente di Storia Contemporanea all’Università di Bari, di ricostruire e ripercorrere col libro “Laterza dopo Croce” l’iter che ha portato la storica casa editrice ad assumere quel profilo che oggi la caratterizza di confronto e apertura verso tutti i fermenti culturali, politici e sociali, che animano il dibattito intellettuale e che sono alla base delle trasformazioni del Paese.

Un percorso non facile, quello di superare gradualmente l’eredità del grande filosofo, Benedetto Croce, che alla Casa aveva dato prestigio nazionale e internazionale, ma che rischiava con la sua presenza ingombrante e con l’immobilismo della sua dottrina di cristallizzarla su temi e interpretazioni non più in linea con i tempi. Un passaggio cruciale che avviene intorno agli anni ’40 e in maniera più chiara nel secondo dopoguerra, quando a gestire il cambiamento, morto Giovanni Laterza nel 43, sono i due giovanissimi cugini, Franco e Vito, protagonisti loro per primi, dei mutamenti politici e sociali che andavano realizzandosi anche nel Mezzogiorno d’Italia e anche a Bari. SCELTE POLITICHE Già negli anni precedenti la guerra, Casa Laterza, scrive Masella, non è solo il terminale dell’idealismo crociano, ma punto di incontro di diverse

esperienze intellettuali che, pur nel solco di quel prestigioso magistero, sentono il bisogno di allargare l’orizzonte culturale verso scelte politiche più radicali. Nasce da questa esigenza il Partito d’Azione che “nei primi anni Quaranta rappresentava il coagulo ancora indistinto di orientamenti fra loro diversi, tenuti insieme, soprattutto nel Mezzogiorno, da un’identificazione di progetti antifascisti, nel liberalismo crociano non ancora irrigidito nelle sue versioni più moderate”. Ma è dopo la fine della guerra che le istanze del nuovo contesto politico e culturale dell’età repubblicana impongono quasi naturalmente alla Casa editrice Laterza un rinnovamento nelle collaborazioni e nelle relazioni intellettuali. In politica, è proprio Vito tra i protagonisti più attivi del cambiamento, tanto che con altri giovani promuove nel settembre del ’45 la

scissione a sinistra nella sezione barese del partito liberale voluta da Croce, che aveva preso un indirizzo troppo conservatore, a seguito della fusione con il partito agrario. IPOTECHE CONSERVATRICI Per quanto riguarda il discorso culturale, si tratta da una parte di svincolarsi dalle ipoteche conservatrici dell’ultimo Croce e dall’altra dall’opzione comunista, accettando il confronto con le proposte culturali e i modelli politici che in quegli anni sembrano attirare l’attenzione, anche al di fuori delle aree tradizionalmente di sinistra. L’ingresso di nuovi autori dall’orientamento diverso da quello

Da sinistra, Beppe Vacca, Giuseppe Laterza, Luciano Canfora e Alessandro Laterza

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Da sinistra, Benedetto Croce e Giovanni Laterza crociano fa nascere forti contrasti tra questi e il filosofo che rivendica una sua guida politico culturale sulla Casa editrice. Sono contrasti che i due cugini Laterza cercano di attenuare, con sempre maggiore difficoltà, presi come sono dal rispetto verso il grande filosofo napoletano che nutre per loro quasi un sentimento paterno e considera la casa editrice una sua creatura. C’è la preoccupazione di non urtare la sua suscettibilità, ma altrettanto forte è l’esigenza di aprire il liberalismo crociano ai tempi nuovi. FITTA CORRISPONDENZA Di tutto questo è testimonianza una fitta corrispondenza - Masella ne riporta ampi stralci nel suo libro- tra Franco e Vito Laterza e Croce. Vito addirittura si reca personalmente dal filosofo a Napoli, nel tentativo di convincerlo sulla bontà di alcune innovazioni.

Da sinistra, Vito e Franco Laterza

Le personalità più rappresentative intorno a cui si sviluppa il cambiamento sono quelle di Luigi Russo, direttore degli ‘Scrittori d’Italia’, di Armando Saitta, responsabile della collana storica e di Eugenio Garin, direttore della collana filosofica. E’ prevalentemente grazie alla loro opera, alle loro riflessioni e alle loro proposte testimoniate da un fitto carteggio con l’editore, che Masella ha visionato (“non ero solo interessato ma quasi divertito a nuotare nell’immenso archivio laterziano”) e che si sviluppa per un quindicennio dopo la guerra, che la Laterza assumerà una nuova e complessa identità culturale ed editoriale e un ruolo importante nel rinnovamento civile del Paese, pronta a cogliere le nuove domande di consumo culturale proveniente da una crescente società di massa e da un progressivo processo di alfabetizzazione.

Proprio con Luigi Russo scoppiano violenti i contrasti con Croce che non ne condivide le scelte e che prima di lui sulla collana ‘Scrittori d’Italia’ aveva esercitato un controllo scientifico preliminare all’accettazione di ogni nuovo libro, cosa che chiede perentoriamente di continuare a fare. Il filosofo contesta l’inesperienza in campo filosofico al Russo che dal canto suo lo accusa di irrigidimento dottrinario e politico. Tra i due il contrasto si fa più aspro, in occasione della raccolta dell’opera omnia di Francesco De Sanctis affidata al Russo, al punto che Croce preferisce caldeggiare la stessa impresa affidata al Muscetta da Einaudi. Il grande filosofo napoletano, però, da quanto emerge dal libro di Masella, negli ultimi anni, vive contraddizioni molto forti. Se da un lato sente che forse sarebbe opportuno rivedere parte della sua dottrina, avverte tuttavia l’angoscia di non riuscire a farlo,

Da sinistra, Donato Barbone, Luigi Masella e Oscar Jarussi (foto Vito Signorile)

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Casa Laterza, con e senza Croce

Trentatrè anni fa, nel gennaio del 1975, NelMese pubblicò un’intervista di Rosaria Beneduce a Vito Laterza, appunto sui motivi che avevano spinto la Casa editrice a “superare” l’epoca di Benedetto Croce. Ne riportiamo solo un breve ma significativo brano. Dott. Laterza, nell’ultimo venticinquennio ha assunto la Casa editrice Laterza una nuova connotazione ideologica quale poteva essere, ai tempi di Giovanni Laterza, l’idealismo crociano? “Questo è stato senza dubbio uno dei problemi più assillanti che io ho avuto specialmente nei primi anni, da quando ho cominciato a lavorare, dal ‘49, dal ‘50, fino al ‘56-’58. Per molti anni, forse anche troppi, mi sono arrovellato sulla fisionomia ideologica, diciamo ideologica-culturale, che la Casa editrice doveva assumere, avendo avuto alle spalle quella famosa tradizione per cui la nostra etichetta significava tout-court cultura idealistica in un primo momento, fino al ‘25, e dopo il ‘25 addirittura cultura esclusivamente crociana. Non si poteva obiettivamente pensare ad una continuazione di questa ortodossia, nè si poteva rinverdirla. Ogni cultura ha il suo tempo, rimangono le vette, rimangono i libri di Benedetto Croce, rimangono pagine indimenticabili, ma non si continua un movimento di pensiero quando questo movimento forzosamente non corrisponde più alle esigenze di un Paese. D’altra parte in Italia, ancora più che negli altri paesi europei, c’è stato negli anni Cinquanta un rinnovamento della scienza e della cultura per filoni diversi: il marxismo, l’esistenzialismo, l’analisi del linguaggio, lo strutturalismo. A questo punto, identificarsi in una di queste tendenze non era veramente possibile; l’unica cosa che si poteva fare era quella di favorire in tutti i modi possibili per noi, per questa Casa editrice, la promozione di ogni ricerca scientifica e culturale che potesse portare avanti la conoscenza della societa italiana, dei problemi della nostra societa, della nostra storia. Questo fa sì certo che la Casa editrice non abbia una connotazione che la distingua nettamente da altre case editrici: la connotazione bisogna cercarla in un altro ambito, per livello di cultura e aderenza demistificata ai problemi del nostro tempo. Ecco, queste sono cose che sembrano facili, ma in verità non sono raggiunte con facilità. Non è facile tenere un livello alto e nello stesso tempo non fallire, come non è facile impegnarsi, in una produzione che faccia i conti in maniera demistificata con i problemi del nostro tempo - perchè questa è anche una scelta evidentemente - senza condividere una linea di partito”. perché si sarebbe trattato di porre mano a tutto l’impianto teorico su cui essa poggiava, ma contemporaneamente chiede la ristampa delle sue opere che avevano contribuito a formare le generazioni antifasciste, al fine, è il suo convincimento, di formare le nuove classi dirigenti. Di tali richieste sono testimonianza diverse lettere inviate ai cugini Laterza che però riescono a convincere il filosofo della grave crisi economica che la Casa editrice sta attraversando, data la scarsa richiesta di quelle opere e della necessità di dare incremento ai testi di scuola - siamo nel ’52, anno della scomparsa di Croce - e a quelle opere, tipo i ‘Libri del Tempo’ che trovano un mercato più facile e favorevole. Vito e Franco Laterza a quel punto si rendono anche conto che non si

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tratta solo di stampare titoli di facile consumo, ma che stavano cambiando gli orientamenti culturali nazionali, i caratteri e la composizione dei consumatori del prodotto librario e i termini del rapporto tra cultura e politica. PRESENTAZIONE DEL LIBRO “Laterza dopo Croce” di Masella che ricostruisce questo complesso processo di trasformazione, è stato presentato alla libreria Laterza dal filologo Luciano Canfora e dal presidente della Fondazione Gramsci, Beppe Vacca. Gli interventi sono stati coordinati dal giornalista Oscar Iarussi, presente la quarta generazione al timone della casa editrice, il presidente Giuseppe e l’amministratore

Il dott. Vito Laterza all’epoca dell’intervista nel 1975

delegato Alessandro, e l’autore che ha sottolineato l’importanza di un archivio privato forse unico a Bari, e l’apertura al nuovo, di grande respiro democratico operata da Vito Laterza, in una città le cui tradizioni politiche andavano molto spesso in direzioni diverse. Beppe Vacca ha ricordato il suo lavoro anche se breve, presso casa Laterza, l’influenza che sulla sua formazione intellettuale ha avuto Vito, ed ha indicato negli anni Cinquanta il periodo decisivo del cambiamento di cui la pubblicazione dei ‘Libri del Tempo’ furono il principale ma non l’unico vettore perché un folto numero di intellettuali contribuì a quell’apertura democratica che rimane il carattere peculiare della Casa. Vacca, che a proposito di questo periodo preferisce parlare di


rifondazione più che di transizione, indica nei”Libri del Tempo” e in altre opere del periodo un mezzo strategico funzionale con cui Vito mirava alla formazione di una nuova classe dirigente. Ha poi definito il libro di Masella un saggio che lascia molti appetiti insoddisfatti. Ha trovato troppo ridotto lo spazio dato al carteggio e la poco chiara definizione dei ruoli dei vari protagonisti. Ad esempio, ha fatto notare, sorprende constatare quanto Franco Laterza che si riteneva occupato solo nell’amministrazione, fosse partecipe delle scelte editoriali e come non emerga il ruolo progettuale di Donato Barbone – arrivato da Milano per partecipare a questa presentazione – e di altri intellettuali. Insomma, un lavoro encomiabile ma che deve proseguire. Luciano Canfora ha trovato molto ben trattato il periodo centrale del cambiamento, dal 44 al 52, anni decisivi in cui il governo crociano della casa editrice entra in crisi, contemporaneamente al modificarsi dell’orientamento politico. Non è solo il distacco da una figura incombente con cui tuttavia la convivenza non era mai stata subalterna, ha detto Canfora, ma l’aver capito quel mutamento che stava avvenendo nel Paese, cosa che Croce non aveva voluto o saputo comprendere. Vito Laterza, quindi, prende le distanze dall’orientamento del grande filosofo, nel momento in cui non è più l’orientamento egemone nel Paese, un distacco dalla duplice valenza, culturale e politica in cui un’influenza determinante ha Luigi Russo che aderisce al Fronte Popolare. Canfora ha poi sottolineato il forte contrasto tra questi, interprete dei testi della letteratura italiana strutturalmente agli antipodi dell’astrattezza crociana, e Croce che lo accusa di avere una “mente poco disposta al cauto e vigile filosofare”. Passato e presente che si scontrano nelle forti personalità dei due grandi intellettuali, passato e presente dell’editrice barese e della società italiana che i due giovanissimi cugini Laterza hanno saputo interpretare, ponendosi quale punto di riferimento culturale in senso lato del

prosegue da pag. 5 chiaro e comprensibile. Mentre attualmente le leggi sono difficili da capire ed in uso solo a giudici ed amministratori”. Ancora oggi essa svolge una funzione propulsiva grazie ai suoi principi lineari e onnicomprensivi. Non dimentichiamo infatti che la Costituzione deve rappresentare “un quadro per l’operatività della vita sociale. Essa rivive di generazione in generazione, ma proprio le nuove generazioni sarebbero in pericolo se non percepissero al meglio il valore della Carta”. A tal proposito, l’illusione di poter risolvere i problemi del Paese cancellandone alcune parti con un tratto di penna rivela, secondo il prof. Loiodice, la “superbia di chi non ha cultura e di chi non l’ha nemmeno letta”, il che è molto grave, se solo si riflette sul fatto che la nostra Carta, definita imprudentemente da alcuni vecchia e superata, è invece stata presa ad esempio da molti Paesi occidentali, in virtù delle sue caratteristiche innovative. “Fu ideata rigida per evitare di ripetere l’esperienza del fascismo - ha proseguito il costituzionalista - quando lo Statuto Albertino venne facilmente modificato”. Ad oggi occorre una procedura particolare per apportarvi delle variazioni sostanziali, “ed è una fortuna. Meglio non toccarla questa Costituzione - conclude il prof. Loiodice - ci hanno provato in più occasioni, ma essa ha reagito, ha resistito anche con l’aiuto del nostro parere (chiaro il riferimento all’ultimo referendum), per questo dobbiamo avere più fiducia nella nostra popolazione”. “Difendiamola”, è stato l’appello del presidente del Consiglio regionale Pietro Pepe, che ha puntato l’attenzione sul fatto che dovrebbe essere un obbligo preservarla e tutelarla, dal momento che “la democrazia è fragile, non è un fatto completamente acquisito. E allora guai a mettere in discussione le fondamenta della nostra coesione sociale”.

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LIBRERIE & LIBRI

Politica con morale E’ condizione indispensabile secondo Marco Follini. Necessaria anche una nuova “stagione dei doveri” ha ribadito il presidente dell’Associazione Identità e Dialogo, Mario de Donatis

Marco Follini autore del saggio e Mario de Donatis presidente dell’Associazione “Identità e Dialogo” “I fondamenti dell’etica pubblica”, il tema di forte attualità discusso a Bari in occasione della presentazione del saggio del sen. Marco Follini “La volpe e il leone”, promossa dall’Associazione “Identità e Dialogo”, nell’Aula Aldo Moro della Facoltà di Giurisprudenza. Il presidente di “Identità e Dialogo” Mario de Donatis nell’illustrare le attività dell’Associazione rivolte ad alimentare il dibattito politico–culturale del Paese ed a divulgare la dottrina sociale della Chiesa, anche per favorire la nascita di una nuova classe dirigente, si è soffermato sullo spirito de “La volpe e il leone”, che impegna tutti a riflettere sulla libertà della persona, da difendere da possibili incursioni dello Stato, ed a inaugurare “una stagione di doveri” per evitare – come diceva Moro – che la “stagione dei diritti possa diventare effimera”.

Dal canto suo il sindaco di Bari, Michele Emiliano, nel richiamare i temi affrontati da “La volpe e il leone” edita da Sellerio, ha ripercorso le varie stagioni della vita della Repubblica analizzate da Follini, evidenziando le ragioni ideali che lo hanno portato all’ impegno politico. Emiliano si è, poi, soffermato sull’importanza della partecipazione democratica ai processi decisionali, segnalando l’impegno che l’Amministrazione comunale di Bari riserva, nell’ambito della pianificazione strategica, nel coinvolgere il sistema delle autonomie e la società civile. Il giornalista Giuseppe Detomaso – che ha moderato il dibattito – dopo aver richiamato i traguardi più alti della politica nazionale, quelli dell’unità del

Paese operata da Cavour e De Gasperi, entrambi “non italiani”, ha invitato Marco Follini, sulla base delle sue stesse analisi, a manifestare quali siano le prospettive per il Paese e se queste inducano all’ottimismo o meno. Beppe Vacca, presidente della Fondazione Istituto “Gramsci” riconosciuto che le autentiche svolte della storia nazionale, quelle che, poi, hanno inciso sulla collocazione internazionale dell’Italia, hanno avuto un carattere elitario, riconducibile proprio alle personalità di Cavour, Giolitti e De Gasperi, ha indicato nell’ingresso in Europa e nella moneta unica l’ultimo evento politico di portata storica, peraltro rimasto incompiuto per le tensioni che, soprattutto in alcuni Paesi, ha registrato il processo di integrazione europea. Vacca si è poi soffermato sulle cause della crisi della prima Re-

Da sinistra, Michele Emiliano, Beppe Vacca, AntounGiulio de’Robertis, Angelo Grasso e Giuseppe Detomaso (foto Vito Signorile)

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pubblica, chiarendo che la “questione morale” sollevata da Berlinguer, all’inizio degli anni Ottanta, ha alimentato la denuncia politica della “partitocrazia” e che, ancora, oggi si è alla ricerca del sistema per ricostruire i fondamenti dell’etica pubblica. Nel passaggio dalla prima alla seconda Repubblica ha rilevato che non sono stati creati gli strumenti della rappresentanza e che la politica, nel nuovo scenario globalizzato, “o è democratica o non è” ricordando che è attraverso il processo democratico che “è possibile pervenire ad un rapporto tra mezzi e fini eticamente sostenibile”. Vacca ha concluso, poi, che questo snodo dello sviluppo della democrazia “ha bisogno di una fase costituente e di una capacità di mediazione culturale” che la politica non ha ancora espresso e che è prioritaria perché gli accadimenti recenti, se vogliamo, sono ancora più rilevanti che non quelli del dopoguerra. AntonGiulio de’ Robertis, già segretario generale della Fondazione “De Gasperi”, riferendosi ai due valori ispiratori dell’azione politica evocati in “La volpe ed il leone”, ha osservato come le figure allegoriche della classe politica attuale siano piuttosto il gatto e la volpe, ben lontana da quella del “dopoguerra” che ha raggiunto “il più elevato livello di etica pubblica”. Per realizzare la loro missione, ha proseguito de’ Robertis, “i leader politici di quegli anni si limitavano a farsi guardiani del criterio del giusto nei diversi ruoli di cui di volta in volta venivano investiti”, senza derogare al riconoscimento della competenza e della professionalità che li portava a ricorrere a “gran commis”, di riconosciuta e ufficiale capacità, ed a operare con funzionari di provato ed elevato spessore professionale. Questo schema, messo in discussione nel ’68 e travolto negli anni successivi, indusse Enrico Berlinguer a denunciare la “questione morale” che, come sostiene Follini, ha concluso de’ Robertis, ha trovato alimento nel “il ‘68 più lungo del mondo”. Onda lunga e interminabile di quella prevalenza dei bisogni sul merito, ispiratrice della sinistra fin dagli albori della Repubblica. Angelo Grasso, direttore dell’Ipres, nel suo intervento si è soffermato sulla radicalizzazione del confronto politico proprio sui profili etici delle classi dirigenti operata da Berlinguer e di altri dirigenti “storici” del Partito comu-

nista: quella contrapposizione si è rivelata un errore politico, non solo perché i fatti successivi ne hanno dimostrato i limiti oggettivi, ma soprattutto, per la distanza da un comune sentire, diffuso nel Paese al di là delle appartenenze, che ha impresso alla politica nazionale un orientamento morale “fondato tradizionalmente sull’ascolto delle persone e sul loro accudimento piuttosto che sulla scrittura di regole impersonali”, “una democrazia di genti piuttosto che di leggi”. Questo “carattere italiano”, insieme alla radicalizzazione etica dello scontro politico, rappresentano alcune cause della crisi attuale del “senso” delle istituzioni. Una crisi che, mentre tarda a riconoscere in esse il “luogo della ricerca del bene comune”, continua, invece, a coltivare forti sentimenti di conquista, se non di occupazione, delle leve del potere per affermare visioni di parte. Angelo Grasso ha, poi, richiamato la necessità di un processo inclusivo delle energie migliori presenti nel Paese, di quelle realtà sociali per loro natura “identitarie”, che conservano legami profondi con quelle stesse tradizioni ideali che hanno trovato sintesi nella Carta costituzionale. Nella scelta di tali percorsi – ha concluso Grasso - occorre mobilitare le energie morali dei singoli e delle formazioni sociali riservando attenzione particolare alla questione educativa ed ai rapporti tra le generazioni. Infine, Marco Follini, richiamato l’origine de “La volpe e il leone” - il desiderio di chiarire le riflessioni politiche alla base delle proprie recenti posizioni espresse in Parlamento - si è soffermato sulla crisi dell’etica pubblica che ha portato alla seconda Repubblica senza risolvere antiche contraddizioni. Nel contesto segnato della globalizzazione e dal “ritorno delle civiltà”, la politica non può più fare a meno della morale, che “non è più solo un dovere. E’ per così dire la condizione del piacere. Un investimento non un costo”. E’ perciò necessario, ha aggiunto Follini, che la politica ritrovi l’”etica della misura”, per cogliere attraverso il dialogo gli apporti di tutte le forze in campo operando perché esse tornino “a parlarsi di più e a capirsi meglio”. (cl.ser)

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CREDITO Approvato il bilancio 2007 dall’assemblea dei soci della Banca dopo una densa e propositiva relazione dell’amministratore delegato dott. Marco Jacobini. Incremento degli utili. Continua l’espansione nelle varie regioni italiane Per una Banca i risultati positivi del bilancio annuale, è ovvio, costituiscono l’essenza della sua vitalità. Ma non è tutto. Hanno anche un grande valore la stima dei clienti e dell’opinione pubblica, la fiducia e l’attaccamento dei soci, il dinamismo della struttura, gli intelligenti e cauti intuiti dei dirigenti, i programmi equilibrati e realistici, la preparazione del personale. Tutto questo è alla base dell’eccezionale sviluppo della Banca Popolare di Bari - nata nel 1960 buona ultima quando alcune consorelle celebravano il loro primo centenario - che ormai da anni ha travalicato i confini cittadini e pugliesi, operando in altre nove regioni con le recenti acquisizioni. Una testimonianza di tutto questo l’ha fornita l’affollata assemblea dei soci,1600 con deleghe per oltre 2000, svoltasi nell’ampio padiglione 7 del quartiere fieristico, per l’approvazione del bilancio dell’anno e in pratica anche delle linee fondamentali del programma di sviluppo già elaborato che sarà attuato nel 2008. Unanimità su tutti fronti.

di Nicola Bellomo

L’amministratore delegato Marco Jacobini e la sede centrale della Banca Popolare di Bari che nasce nel 1960 ed è la capofila dell’omonimo Gruppo sorto nel 1998, nel quale lavorano 1.800 persone. Il Gruppo ha una base sociale di oltre 37mila azionisti e dispone di 206 filiali distribuite soprattutto nel Mezzogiorno oltre che in Lazio, Lombardia, Marche, Umbria e Veneto

CONSENSI UNANIMI Una novità, a mio parere, ha caratterizzato la giornata. Hanno preso la parola per la prima volta soci veneti, campani, lucani, calabresi che hanno rivolto calorosi e convinti apprezzamenti alla conduzione della Banca che sta per “conquistarsi”, e a buon diritto, la qualifica di “nazionale”. Non è mancato il rituale e appassionato intervento dell’operatore industriale barese Lorenzo De Fronzo in ideale rappresentanza delle forze economiche della regione. Del tutto assenti i rappresentanti delle istituzioni che nell’assemblea del 2007 furono numerosi e qualificati. L’amministratore delegato della Banca dott. Marco Jacobini, definito da alcuni un “bulldozer” per la sua tenace e continua azione per lo sviluppo della Popolare, ha snocciolato una

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Popolare di Bari, i positivi

serie di cifre tutte positive. Iniziamo dall’utile netto, pari a 25,1 milioni di euro (+8,1% rispetto al 2006) con dividendo di 0,30 euro ad azione (+10% rispetto al 2006). La notizia è stata accolta con soddisfazione dai soci presenti in rappresentanza ideale dei 37mila risultanti a fine 2007, 4mila in più rispetto all’anno precedente con un incremento quindi del 13,7%, “a riprova – ha detto Jacobini - della forte attrattività che la Banca riesce a produrre in tutti i territori in cui opera, da quelli di insediamento storico a quelli di nuova espansione dove si sono registrati i più significativi incrementi”. L’amministratore delegato ha ricordato che la banca riserva una particolare attenzione ai soci attraverso iniziative che vanno dalla politica di pricing dei più diffusi e utilizzati prodotti bancari (quali conti correnti, mutui, prestiti) al crescente sviluppo del Club Soci, una struttura


L’IMPROVVISA SCOMPARSA DEL PROF. SALVATORE DISTASO PRESIDENTE DELLA BANCA POPOLARE DI BARI In chiusura di questo numero è giunta la notizia della morte improvvisa del prof. Salvatore Distaso, 71 anni, ordinario di Demografia alle Facoltà di Economia delle Università di Bari e di Lecce. I rapporti di Distaso con il periodico sono stati intensi soprattutto nel periodo dal 1995 al 2000 quando era presidente di una giunta di centro-destra alla Regione Puglia. In passato è stato anche presente con alcuni articoli. L’ultimo intervento nel 2006 nel dibattito su una dichiarazione fatta nel settembre del 2005 dal presidente della Regione Puglia dott. Nichi Vendola, esponente a livello nazionale di Rifondazione Comunista, circa i suoi “legami” con il pensiero di Aldo Moro destinata a valorizzare lo status di socio, sia garantendo il presidio di ogni aspetto e di ogni problematica della relazione degli stessi con la Banca, sia proponendo servizi informativi e offerte commerciali pensate in via esclusiva o privilegiata per i soci. RACCOLTE E CREDITI EROGATI Per quanto riguarda invece la raccolta globale, si è registrato un incremento del 2,1% rispetto ai 7,4 miliardi di fine 2006 portandolo a fine 2007 a 7,6 miliardi. Incremento anche per la raccolta diretta che è cresciuta del 6,6% con una consistenza finale di 3,9 miliardi. Interessante anche l’incremento per quanto riguarda i crediti erogati: da 2,8 miliardi dell’anno precedente hanno raggiunto nel 2007 i 3,9 miliardi con un incremento del 16,6%. Da ricordare che nell’ultima parte dell’anno scorso la Banca Popolare ha realizzato, con un notevole successo superiore ad ogni ottimistica previsione, un aumento di capitale di circa 150 milioni che sono serviti a sostenere lo sviluppo aziendale ed in particolare l’acquisizione di 43 sportelli del Gruppo Intesa San Paolo, che si è conclusa a fine febbraio di quest’anno. Opera-

Particolarmente caloroso l’ormai rituale intervento dell’imprenditore industriale Lorenzo De Fronzo, presidente della Sezione Trasporti di Confindustria Bari, che si è detto or-

zione che ha portato gli sportelli della Banca Popolare a 206, dislocati in 24 province e 10 regioni. L’operazione di acquisizione rappresenta “un’occasione di crescita unica per la Banca e assolutamente coerente con le tendenze in atto nel sistema bancario caratterizzato da un crescente grado di concentrazione, dall’attiva presenza di istituzioni finanziarie estere dall’attività di indirizzo delle Autorithy tesa a favorire lo sviluppo dimensionale delle banche e la crescente complessità dei mercati e dei bisogni dell’utenza”. 2007 UN ANNO DA RICORDARE Marco Jacobini, ha sottolineato che l’anno 2007 ha rappresentato per il Gruppo Banca Popolare di Bari un anno di grande rilevanza nel corso del quale, dal punto di vista strategico, sono state poste le basi per una nuova stagione di forte sviluppo. In particolare l’attività 2008 si muoverà secondo le linee-guida fissate dal piano strategico biennale che si fonda sullo sviluppo della Banca in termini sia quantitativi che qualitativi.

goglioso di appartenere come socio ad una realtà economica, barese e pugliese in partenza, che si sta espandendo in tutto il Sud, nonchè in varie regioni del Centro e Nord Italia , assumendo così dimensioni nazionali, ma conservando sempre vivo il rapporto umano con i clienti e non freddi, per così dire, come avviene talvolta con le grandi banche. In pratica, per merito anche della Popolare di Bari si sta invertendo in questo vitale settore una tendenza : il Sud invade ora pacificamente il Nord. Ciò è un segno del riscatto del Sud qualificato e intraprendente. La Banca Popolare di Bari è già presente in 10 regioni. De Fronzo ha quindi riferito il giudizio positivo di vari imprenditori sull’approccio con la Banca nei territori nei quali è presente .

Tutto ciò scaturisce dall’impegno e dalle capacità degli amministratori e dirigenti , con in testa l’amministratore delegato Marco Jacobini, il presidente Salvatore Distaso, il direttore generale Pasquale Lorusso, il vice Sandro Cogo, i consiglieri, i sindaci e tutto il personale. L’imprenditore ha poi rivolto un’esortazione a proseguire nella continua valorizzazione delle risorse interne della Banca di provata”fedeltà”. Dopo aver sostenuto che i risparmi del Sud devono servire per investimenti nel Sud, De Fronzo ha auspicato che di pari passo al sostegno della “nostra” Banca Popolare ,deve essere intensificato quello alle nostre produzioni agro-alimentari, alla valorizzazione del nostro territorio anche sul piano turistico.

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CREDITO

“Meridiana” una banca per lo sviluppo del territorio Il presidente della Banca dott. Flavio Trinca ed il neo-direttore generale Armando Bressan hanno illustrato il progetto “PattiChiari con l’economia” per sviluppare negli studenti la conoscenza del mondo bancario Una corsia privilegiata per i giovani verso l’industria finanziaria. Il progetto, concepito per le classi IV e V delle scuole secondarie di secondo grado, è della Banca Meridiana–Gruppo Veneto Banca, per avvicinare gli studenti degli ultimi due anni ai mercati finanziari. Nasce, così, “PattiChiari con l’economia”, progetto didattico per sviluppare un positivo e moderno sistema di relazioni tra il settore bancario, il mondo della scuola e le varie componenti della società attraverso un percorso pedagogico concreto che, nella sua fase finale, coinvolga i destinatari nello sviluppo di una vera e propria progettazione imprenditoriale. L’iniziativa è stata illustrata, in una conferenza stampa, dal dott. Flavio Trinca, presidente di Banca Meridiana, a quasi un anno di distanza dall’inaugurazione della nuova sede della Direzione generale a Bari in Corso Vittorio Emanuele, realizzata nello storico e prestigioso

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Da sinistra, il presidente della Banca Meridiana dott. Flavio Trinca e il direttore generale Armando Bressan Palazzo Barone Ferrara. Il dott. Trinca ha colto l’occasione per sottolineare l’impegno profuso dalla Banca nei confronti del territorio. Il 12 febbraio è partito “PattiChiari con l’economia” promosso in collaborazione con il Consorzio PattiChiari, costituito nel 2003 tra alcune banche italiane. L’intento è quello di fornire ai cittadini strumenti che, attraverso semplici informazioni, aiutino a capire meglio i prodotti finanziari e a scegliere quelli più adatti alle loro esigenze. La proposta ha indubbiamente un valore sociale poichè riduce i rischi di emarginazio-

ne, migliora gli standard di vita, ma ha anche ha una valenza economica, perché scelte finanziarie consapevoli garantiscono una maggiore efficienza dei mercati e minori costi a livello Paese. Riferendosi ai casi Cirio e Bond Argentina il dott. Trinca si è chiesto appunto: “Che peso hanno avuto, in queste vicende, la insufficiente informazione e la scarsa consapevolezza che ad alti rendimenti corrispondono alti rischi? Di quì la necessità di promuovere e favorire un maggior livello di maturità sui temi economico-finanziari. in questo la Banca intende fare la sua parte”. In un recente studio interna-


L’esterno dello storico Palazzo Barone Ferrara, in Corso Vittorio Emanuele a Bari nuova sede della Direzione generale della Banca Meridiana zionale è risultato che l’Italia presenta un gap di cultura finanziaria rispetto ad altri paesi. “Lo studio dimostra come ad un maggior livello di partecipazione ai mercati finanziari da parte dei consumatori culturalmente più evoluti potrebbe corrispondere un notevole aumento del volume del risparmio investito dalle famiglie. Se tale aumento fosse anche solo dell’ordine dell’1%, nel caso dell’Italia equivarrebbe a 32,7 miliardi di euro, circa il 2,3 % del PIL nazionale”. Dal canto suo il nuovo direttore generale della Banca, Armando Bressan, ha fornito dati molto significativi riguardanti appunto il progetto “PattiChiari”. “L’iniziativa ha coinvolto 750 classi per un bacino potenziale di 15mila ragazzi. Il piano prevede 14 incontri: tre di questi si sono già tenuti nell’Aula Magna della Facoltà di Economia a Bari. Il progetto risponde alla necessità di creare un collegamento tra il mondo della scuola e quello delle imprese. PattiChiari si sta sviluppando a livello nazionale, e ha ottenuto l’adesione di 17 banche. E’ stato proposto in 27 città, in 1000 scuole, interessando 8.700 classi per il coinvolgimento di circa 200mila alunni e 500mila famiglie. I pubblici di riferimento sono: gli insegnanti e gli allievi. La Banca lo scorso novembre ha spedito alle scuole un

kit didattico. Gli insegnanti hanno potuto sviluppare in aula temi come l’etica e l’economia, il sistema bancario, lo sviluppo di un’impresa. Successivamente incontri plenari nell’ambito dei quali un esperto della Banca illustra il valore e le modalità di redazione di un business plan, relativo ad un’opera da collocare nel proprio tessuto urbano. Nel corso di questi incontri sono stati illustrati casi aziendali di successo, stranieri e italiani, facendo anche riferimento alle aziende pugliesi più conosciute”. Il direttore Bressan si è detto stupito per il notevole interesse degli studenti a questi incontri all’Università perchè si immaginava che il tema sviluppato potesse essere ostico e lontano dalla loro mentalità. Alla fine del percorso didattico le classi potranno partecipare a un concorso “Sviluppa la tua idea imprenditoriale” nella realizzazione di un Business Plan relativo ad un’opera da collocare nel proprio tessuto urbano. Inoltre, le classi sarranno chiamate a preparare una lettera di accompagnamento con la motivazione di una concessione da parte di una banca del finanziamento per lo sviluppo della loro idea imprenditoriale. I lavori saranno valutati da una giuria locale e la classe vincitrice parteciperà alla selezione nazionale che ha

come premio un viaggio a Bruxelles. Bressan si è detto convinto che l’iniziativa, indubbiamente di ampio respiro, sia la testimonianza concreta del’impegno che la Banca Meridiana ha profuso nel territorio pugliese e lucano sin dalla sua nascita nel 2002. * * * Al termine dell’incontro una domanda particolare al presidente dott. Flavio Trinca, sugli effetti che ha avuto il trend del 2007 sull’economia pugliese: “Direi che non si può parlare di una

GLI SPORTELLI PER PROVINCIA DELLA BANCA MERIDIANA

Avellino Bari Brindisi Foggia Lecce Matera Potenza Totale

1 12 5 2 1 6 9 36

crisi: se si vanno ad analizzare i dati, si evince che il territorio meridionale, in particolare quello sulla dorsale adriatica, sta crescendo e sta dando dei risultati soddisfacenti. Sia nel Nord-Est Italia , sia nelle regioni del Sud nascono, crescono ed emergono in misura crescente le PMI. Negli imprenditori pugliesi vedo una grande voglia di raggiungere obiettivi sempre più ambiziosi che, come si può ben analizzare, sono confermati da una crescita graduale ma positiva”. Tonino Ancona

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RICORDI / PERSONAGGI

Giuseppe Calabrese un big dell’industria

Per recuperarne la memoria intitolata a suo nome una strada di Bari

di Alessio Rega Nel solco tracciato dall’intitolazione di una strada al Cav. Lav. Leonardo Lorusso, l’Amministrazione comunale di Bari ha voluto dare continuità alla sua operazione di recupero della memoria, rendendo omaggio anche ad un altro importante e illustre concittadino, Giuseppe Calabrese, uno dei principali artefici dello sviluppo economico della città e della regione negli anni Sessanta e Settanta. E così, nell’attuale zona industriale, è stata inaugurata una strada intitolata in suo onore, situata nelle vicinanze delle omonime “Officine” che per decenni sono state la sua seconda casa. Se si vuole ripercorrere la biografia di don Peppino, così come era chiamato affettuosamente dagli amici ma anche dai suoi stessi operai, ci si accorge di aver a che fare con un uomo che non si è mai sottratto alle fatiche del lavoro, ma che ne ha fatto, anzi, un vero e proprio credo di vita. Calabrese, infatti, era un operaio tra gli operai e questo, molto probabilmente, è stato il vero fattore chiave del suo successo. La sua lunga e ricca storia lavorativa e imprenditoriale ha inizio negli anni Venti quando, a soli sette anni, diventa apprendista nella bottega del padre, acquisendo i primi trucchi del mestiere che gli permetteranno nel 1939 di aprire la prima officina. Con il passare degli anni le commesse sono aumentate e all’inizio degli anni Sessanta, in pieno boom economico, Calabrese fa costruire, nella zona industriale, il nuovo stabilimento che gli consente di ampliare la produzione e di far diventare l’azienda un vero e proprio leader del settore in grado di competere con le più grandi industrie italiane ed europee.

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Giuseppe Calabrese Per tutto quello che hanno rappresentato, le Officine Calabrese hanno per lungo tempo incarnato, così come è stato evidenziato da Marina Comei, docente di Storia Economica presso l’Università degli Studi di Bari, il sapore del miracolo economico di questa città. E a testimoniarlo ci sono i molti risultati raggiunti e gli altrettanti brevetti realizzati dall’azienda. Tra questi spicca il veicolo compattatore per

Il dott. Lorenzo Calabrese

l’igiene urbana utilizzato anche dall’Amministrazione comunale di Bari che nel 1956 aveva deciso di meccanizzare tutto il settore della nettezza urbana. Tutto questo è stato possibile grazie alla guida di Giuseppe Calabrese, un uomo capace di vedere oltre, di anticipare e prevedere i tempi. Egli aveva capito l’importanza della globalizzazione molto tempo prima che diventasse il fenomeno mondiale che oggi conosciamo. Le Officine, infatti, sono state tra le prime industrie del Sud Italia ad esportare in Europa, in Asia e soprattutto in Africa. Ed è proprio nel continente nero che Calabrese ha ottenuto i maggiori riconoscimenti come la nomina a console onorario di Etiopia a Bari che l’imperatore Haile Selaisse ha voluto conferirgli come ringraziamento per l’imponente fornitura di veicoli ricevuta. Inoltre, è doveroso ricordare gli stretti legami economici instaurati in Libia con il Colonnello Gheddafi. Il Sindaco Michele Emiliano, nella cerimonia di intitolazione della strada, ha voluto ricordare Giuseppe Calabrese come il simbolo del coraggio, un esempio non solo per tutti gli imprenditori

L’ing. Vincenzo Calabrese


ma anche per la stessa città che, pur avendo a disposizione enormi risorse e potenzialità, molto spesso proprio in questo difetta. Un coraggio che esiste ancora ma che necessita di essere risvegliato e nuovamente sostenuto. In quest’ottica, come si legge nella motivazione, il compito della Toponomastica, di cui è assessore Antonella Rinella, è quello di far ricordare alle future generazioni

città, nonchè da tutti quegli operai ed impiegati che hanno avuto modo di lavorare al fianco di persone come Giuseppe Calabrese, apprezzandone tutte le sue qualità. Le capacità imprenditoriali e umane, che gli hanno consentito di ricevere l’alta onorificenza di Cavaliere del Lavoro, non passavano inosservate a tal punto che Gianni Agnelli arri-

lo ha definito come un punto di riferimento imprescindibile per tutti gli industriali baresi. Ripercorrendo l’album dei ricordi, De Bartolomeo ha, inoltre, rivelato come sia stato proprio Calabrese a dargli, quando era ancora un giovane imprenditore, un’iniezione di fiducia e sicurezza per mettercela tutta per riuscire nel lavoro e soprattutto nella vita. Toccante, infine, il ricordo dei figli,

Anni 60: Giuseppe Calabrese con il ministro Pastore in visita al nuovo stabilimento insieme al presidente del Consorzio dell’Area di Sviluppo Industriale Vito Rosa. Accanto, all’edizione della Fiera del Levante del 1978 il presidente del Consiglio on. Giulio Andreotti si congratula con Lorenzo Calabrese per la vasta esposizione della produzione delle Officine Calabrese in un grande stand nel quartiere fieristico; al centro, il presidente della Fiat, cav. lav. Giovanni Agnelli e il presidente della Fiera del Levante cav. lav. Stefano Romanazzi il nome di tutti quegli uomini, tra cui appunto Giuseppe Calabrese, che hanno dato lustro alla città e che si sono distinti per essere stati un modello da seguire. Dedicare una via, dunque, non è solo un atto formale ma è l’espressione di un sentimento di gratitudine che proviene dal cuore della

vò a definirlo come “l’imprenditore più spicciolo, ma anche il più bravo che abbia mai incontrato”. La profonda stima che ha sempre circondato Calabrese è stata espressa anche dal presidente di Confindustria Puglia, Nicola De Bartolomeo, che

Vincenzo e Lorenzo, che hanno definito il padre un galantuomo di altri tempi che dietro ad un’apparenza a volte severa nascondeva un cuore grande, dolce e disponibile di cui tanti baresi hanno beneficiato.

Una veduta parziale dello stabilimento barese della Calabrese Veicoli Industriali e un contingente di semirimorchi cisternati in procinto di venire imbarcati al porto di Bari diretti in Iran

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ECONOMIA

Editoria, una nuova scommessa Nasce Cadmo un progetto di Confindustria Bari per una Puglia sempre più presente e competitiva

E se la Puglia diventasse punto di riferimento nazionale e comunitario dell’industria editoriale, grafica e cartotecnica? Non ci sarebbe poi da meravigliarsi così tanto, visto che capacità produttiva e professionalità in questi settori sono fatti accertati nella nostra regione. È un dato di fatto (anzi, un dato Istat!) che nel 2006 la Puglia è risultata la settima regione italiana e la prima nel Mezzogiorno per numero di titoli prodotti nel settore Varia Adulti, con circa 1600 titoli; così come nel settore dell’industria grafica è apparsa all’ottavo posto su scala nazionale e, nel settore della cartotecnica, seconda nel Mezzogiorno subito dopo la Campania. Né si può dimenticare la solida tradizione su cui poggia il sistema pugliese dell’editoria, della grafica e della cartotecnica: la Tipografia Vecchi di Barletta e la fabbrica di carte da gioco Murari di Bari sono solo alcune delle esperienze che maggiormente hanno segnato la storia dello sviluppo di questi settori in Puglia. È sulla base di questi dati che si fonda una delle iniziative promosse da Confindustria Bari d’intesa con alcune organizzazioni sindacali, datoriali ed enti di formazione: la nascita del Distretto regionale dell’editoria, dell’industria grafica e cartotecnica. Il nome scelto per designare questo Distretto è Cadmo, nome del mitico principe a cui si attribuisce l’introduzione dell’alfabeto dalla Fenicia in Grecia, e raggruppa al momento quaranta delle imprese più produttive del settore (85 milioni di euro è il fatturato complessivo delle aziende partecipanti). È, ad oggi, come hanno sottolineato il presidente di Confindustria Bari Alessandro Laterza (Gius. Laterza

Alessandro Laterza e Giacomo Gorjux

& figli SpA) e Giacomo Gorjux (Sedit srl Servizi Editoriali) che hanno presentato l’iniziativa, una delle più interessanti e importanti scommesse per il nostro territorio. Una sfida che trae origine e giustificazione dai dati confortanti dell’Istat e dalla certezza, espressa dagli addetti ai lavori, che la Puglia abbia tutte le potenzialità per diventare area leader in un arco di tempo non troppo lungo, ma che considera anche con grande realismo quelli che sono ancora i freni per un pieno sviluppo su scala nazionale: la grande frammentazione (si consideri per esempio che in media sono solo quattro gli addetti per l’industria grafica) e la debolezza nello sviluppare adeguati piani di innovazione, formazione e commercializzazione. Superare questi limiti puntando sulle politiche di integrazione e sul coordinamento delle aziende promotrici e mettendo insieme le migliori competenze editoriali e industriali, è la strategia del nascente Distretto. L’obiettivo è di ampliare la capacità di offerta del settore su scala nazionale e comunitaria, fare del nostro territorio un polo di rilevanza nella progettazione e produzione di servizi grafici ed editoriali, valorizzare la filiera produttiva, rendersi riconoscibili attraverso un marchio. Per conseguire i risultati auspicati sarà necessario creare delle “eccellenze di rete” aggiuntive rispetto alle eccellenze dei singoli attori del Distretto, aumentare la competitività, intensificare la formazione tecnologica e produttiva delle risorse umane, attrarre risorse nazionali e comunitarie.

In altre parole essere sempre più presenti e competitivi sul mercato editoriale, grafico e cartaceo. Quella promossa da Confindustria, come sottolineato da Alessandro Laterza, è un’iniziativa industriale e non culturale, ma è anche vero che oltre a generare volume di affari e occupazione, i settori dell’editoria, dell’industria grafica e cartotecnica svolgono un innegabile ruolo per il valore culturale e per la promozione dell’immagine del nostro territorio in Italia e all’estero. Al momento si è ancora in attesa di un’ufficiale approvazione dell’iniziativa da parte della Regione Puglia, che entro sessanta giorni dovrà pronunciarsi in merito, benché su questo punto ci sia un generale ottimismo da parte degli organizzatori, visto che il progetto sembra avere tutte le carte in regola per essere sottoscritto. In ogni caso, come ha precisato Giacomo Gorjux, una piccola sfida già vinta è stata mettere insieme intorno ad un tavolo tante realtà economiche differenti, quali quelle dei quaranta attori del Distretto, senza contare che in futuro anche altre aziende (grandi o piccole che siano, l’importante è il rispetto dell’etica), potrebbero aggregarsi. Il fatto che l’incontro sia avvenuto è già un tiro messo a segno per l’editoria pugliese e garantisce che, qualora non si realizzi il Distretto, non mancherebbero comunque i presupposti per un accordo di programma. Se poi si riuscirà a trasformare questa proposta in una concreta occasione di sviluppo, si avrà la dimostrazione che questo progetto, pur prendendo il nome da un personaggio mitologico, può dare risultati assolutamente reali. Claudia Serrano

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ECONOMIA / INDUSTRIE

La “Conoscenza” vero patrimonio delle pmi

Come la formazione, è un concetto che dovrebbe entrare a far parte del Dna delle imprese

di Enrico Pollio il fattore interno strategico più imporIl processo di globalizzazione ha tante. Proprio per la caratteristica di profondamente modificato le carattetali beni (la tangibilità), però, si sconta ristiche della competizione e dell’ofil fatto che questi sono facilmente imiferta di beni al mercato. Alla variabile tabili e soffrono l’influenza del tempo, di efficienza (minor costo per unità di con la conseguenza di dover essere prodotto) si accompagnano altre tre sostituiti o aggiornati frequentemente. condizioni di “efficacia”, essenziali per Da qui la necessità di innovare, contila sopravvivenza nel mercato: l’innonuamente e a 360°. vazione, la qualità e la personalizzazioMa l’innovazione è l’effetto di un prone, che non si limitano ad interessare cesso molto articolato e non la causa. solo i beni finali, ma ridefiniscono L’attenzione, quindi, va spostata sul profondamente la natura dei passaggi patrimonio intangibile delle organizzaintermedi o, meglio, la logica con cui è zioni (1) ossia, in particolare, sulla cogovernata la catena di fornitura. noscenza che risulta essere un bene L’evoluzione del sistema competitivo molto più complesso da gestire. ha portato ad un forte aumento della Ma cos’è la conoscenza? complessità da governare, in rapporAnche questa, come la formazione” to al tempo, allo spazio, alla natura sembra una parola di “moda”, spesso stessa dei prodotti (spostamento priva di significato. verso un maggior valore della compoÈ, invece, un “concetto”, che dovrebnente di servizio; maggior importanza delle relazioni con i clienti), al grado be essere profondamente interiorizzato ed entrare a far parte del DNA delle di incertezza strategica (definizione Il general manager della imprese. delle politiche di offerta, delle alleanze, Tubinsud, Enrico Pollio del La conoscenza è una miscela comdel livello di investimenti sostenibili) e gruppo di lavoro “Formaplessa di saperi taciti ed espliciti, di operativa (governo della produzione zione” di Confindustria Bari esperienze strutturate, di valori e di rispetto alle minori possibilità di proinformazioni contestuali. È quindi una grammazione). struttura complessa, soggettiva e, per questo, difficilLa variabile discriminante, la questione attorno a cui si mente imitabile. gioca lo sviluppo dell’impresa o la sua progressiva marLe aziende che riescono a creare nuova conoscenza ginalizzazione, è allora la sua capacità di operare nella e, soprattutto, a condividerla e trasferirla al meglio logica del valore. all’interno della loro organizzazione, sono quelle che Le aziende hanno sempre considerato le tecnologie, i “brillano” nei mercati di tutto il mondo (vedi Geox Techprodotti realizzati e tutto quanto fosse tangibile come

Formazione professionale

Livelli di istruzione della forza lavoro

da Isfol indagine 2007

Elaborazione Isfol indagine 2007 su dati ISTAT

• Senza Titolo e con lic. elem. 7,9%

• Corsi realizzati

60.000

• Con licenza media

32,9%

• Allievi coinvolti

697.000

• Con diploma

44,2%

• Con titolo universitario

15,0%

Isfol - Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori

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di cui: • Nord

477.000

• Centro

118.000

• Sud

102.000 (14,6%)

Isfol - Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori


Terzo Premio Nazionale “Orientagiovani 2007” per l’eccellenza nella formazione, indetto dalla Confindustria Il Premio “Orientagiovani”, indetto dalla Confindustria e giunto alla sua terza edizione, viene attribuito alle imprese che in modo significativo investono nella formazione dei giovani e dei propri dipendenti e si impegnano a diffondere nel paese la cultura scientifica e tecnologica dedicando a tale scopo un importante capitolo nel loro bilancio sociale. Il Premio 2007 è stato assegnato a ENI, iGuzzini e alla Tubinsud. La Tubinsud opera a Bari ed è, a livello nazionale, la prima “Piccola Impresa” a ricevere l’ambìto riconoscimento con la seguente motivazione: “Per la significativa e rilevante attività svolta nell’ambito della sperimentazione dell’Alternanza Scuola Lavoro”.

Così la Tubinsud l’azienda barese premiata La Tubinsud, azienda impiantistica termofluidica sorta a Bari nel 1969, ha avviato nel settembre 2004 il progetto di Alternanza Scuola Lavoro - con l’ITIS Marconi di Bari e che ha visto coinvolti dieci ragazzi. Il progetto, si è concluso nel settembre 2007 con lo stage full-time della durata di un mese. Al termine del biennio di Alternanza (terzo e quarto superiore) l’azienda, in convenzione diretta con l’ITIS Marconi ha proseguito la “sperimentazione” anche per tutto il 5° anno. La costante presenza in azienda (4 giorni al mese da settembre a maggio) non ha creato alcuna ripercussione negativa sul percorso di studi dei ragazzi che anzi hanno migliorato il loro rendimento scolastico. Tutti si sono diplomati con buoni, e in alcuni casi eccellenti, voti. In questi anni gli allievi hanno avuto la possibilità di sperimentare una sorta di “scuola-lavoro a tempo pieno” e hanno messo in pratica la teoria appresa sia a scuola, che in azienda (saldatura, lavorazioni meccaniche, disegno CAD, inglese tecnico, ecc., oltre a comunicazione, team building, public speaking, gestione dello stress e altre tematiche prettamente “umanistiche). L’efficace e sistematica interattività con gli allievi e con l’Istituto e l’efficace “co-progettazione/taratura”

dei piani didattici attuata di concerto con il corpo docente, hanno determinato il successo dell’iniziativa. Al termine del percorso di Alternanza 3 ragazzi sono entrati a far parte dell’organico aziendale. Per altri 2 prosegue la “sperimentazione” in ambito IFTS e se ne prevede l’assunzione definitiva nel 2008, al termine del percorso di specializzazione (tecnologo meccatronico: 800 ore d’aula e 400 di stage in azienda). Altri tre ragazzi hanno trovato collocazione in altre aziende. Artefice e gestore del progetto è stato Enrico Pollio, general manager della Tubinsud, il cui impegno è stato dapprima premiato da Confindustria Bari (Premio Impresa Formativa 2007) e, successivamente, da Confindustria Nazionale (Premio Nazionale Orientagiovani 2007 per l’eccellenza nella formazione – ***vedi sotto). Anche RAI EDUCATIONAL ha dedicato una puntata di “Fuoriclasse” (n. 22 del 2006) al progetto di Alternanza Tubinsud/Marconi. In questi anni numerose altre attività formative sono state svolte dalla Tubinsud in collaborazione con ITIS Marconi, Politecnico e Università di Bari (stage, tirocini, alternanza scuola-lavoro, avviamento al lavoro di giovani che avevano abbandonato gli studi medi superiori).

nogym). Quanto detto porta, quindi, alla ribalta i concetti di economia della conoscenza (2) e dell’apprendimento, riconosce rilevanza chiave alle risorse intangibili, in particolare al capitale umano ed intellettuale (3), ed enfatizza lo sviluppo di modelli e pratiche di gestione della conoscenza. Finora le piccole e medie imprese sono cresciute soprattutto grazie alla capacità dell’imprenditore di capitalizzare le esperienze, ma nello scenario attuale questa caratteristica da sola, pur rimanendo necessaria, non è più sufficiente. Il livello di istruzione/formazione dell’imprenditore, dei suoi famigliari collaboratori e dei suoi dipendenti (ancora troppo basso, soprattutto al sud – vedi tabelle sotto riportate), è una variabile importante soprattutto per la piccola azienda, capace di condizionarne fortemente la configurazione degli assetti aziendali e le strategie. L’istruzione e la formazione, di ingresso e continua, vengono così a rappresentare le leve fondamentali di innovazione del sistema produttivo e dei servizi, capaci di migliorare la competitività delle imprese e di valorizzare le capacità professionali dei lavoratori migliorandone l’occupabilità sul mercato del lavoro interno ed esterno alle imprese. L’istruzione/formazione è poi una risorsa decisiva

perché aumenta la propensione all’innovazione, non solo tecnologico-produttiva, ma anche commerciale, organizzativa, societaria, di ampliamento degli spazi produttivi e commerciali. La recente indagine Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione dei Lavoratori) evidenzia che le imprese con un alto numero di “formati” sono quelle che hanno un maggior numero di clienti, maggiore propensione all’esportazione, sono più diversificate, utilizzano meglio le risorse del territorio, reinvestono meglio i profitti, privilegiando ambiti innovativi e quelli più congruenti con una prospettiva di riposizionamento dell’impresa. In una parola, sono più attente e più aperte al cambiamento, caratteristica che in economia è vitale. È allora chiaro come le piccole imprese abbiano un interesse diretto allo sviluppo di un’offerta formativa di livello “superiore” aderente alle loro caratteristiche e ai fabbisogni professionali che esprimono, possibile solo se i due mondi (scolastico/universitario e lavorativo) trovano un modo efficace/efficiente di avvicinarsi e formare così un “nuovo contesto di insegnamento/apprendimento, innovativo e a valore aggiunto”. In un mondo che cambia rapidamente devono cambiare, altrettanto rapidamente, le conoscenze, le modalità e i contesti di insegnamento/apprendimento, le competenze. In quest’ottica deve mutare la concezione “clas-

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sica” di istruzione e formazione: un cambiamento di atteggiamento che richiede una modifica delle politiche educative e formative istituzionali. Gli attuali scenari evidenziano la necessità di un vero e proprio “rapporto strategico” tra apprendimento e sviluppo socio-economico capace di portare ad un nuovo modello di competitività socialmente sostenibile in cui sia garantito il diritto individuale di accesso alle competenze al fine di mantenere nel tempo i requisiti di occupabilità (long life learning). Le “nuove” esigenze richiedono, sistemi educativi/formativi basati su un modello di rete fortemente sensibile al contesto locale e integrato a livello globale (in grado cioè di consentire la mobilità degli individui senza perdita del valore di scambio del loro proprio capitale di competenze). Le Istituzioni da tempo sottolineano l’importanza di “realizzare un governo integrato delle politiche del lavoro, delle politiche formative e dell’istruzione” e i “lenti” processi di riforma dei sistemi educativi/formativi appaiono orientati verso modelli di rete. Ma è necessario imprimere una decisa accelerazione e noi imprenditori possiamo e dobbiamo agire in tal senso (4). Volendo fotografare la situazione attuale si può affermare che: • C’è scarsa cultura della formazione in azienda. La formazione, seppur erogata, è frutto di un processo talvolta percepito come imposto o obbligato (es.626), sia da parte degli imprenditori che dei lavoratori. • C’è scarsa consapevolezza del valore strategico della formazione: ed anche quando alla formazione viene riconosciuta importanza, si ricorre ancora a modalità tradizionali e standard per erogarla, ricorrendo tipicamente all’affiancamento trascurando modalità formative diverse. • Esistono oggi numerose offerte formative, ma appaiono tra loro “slegate” e a volte ridondanti. Manca una “cabina di regia”. • Ciononostante nel territorio si fa formazione. Nelle maniere più disparate e a diversi livelli di raffinatezza metodologica (aula, affiancamento, mentoring…), ma si fa. • Le aziende piccole, spesso inconsapevolmente, rilevano i fabbisogni formativi e danno loro risposta in maniera del tutto spontanea, asistematica, senza un Piano Formativo e senza un processo articolato di analisi dei fabbisogni, nemmeno a livello informale. • I fabbisogni di formazione vengono quasi sempre stabiliti dalla direzione e non seguono un percorso bottom-up (spesso i percorsi formativi vengono “imposti” ai dipendenti). Raramente la formazione è concertata. • La formazione spesso viene fatta solo per una “piccola” parte del personale. • Raramente la formazione riguarda l’acquisizione di conoscenze/competenze trasversali; quasi sempre è di tipo specialistico. • Spesso la formazione è finanziata direttamente dalle aziende. • La formazione non viene fatta nel momento in cui il mercato o le condizioni interne sono sfavorevoli. Questa fotografia evidenzia la necessità di dotare tutti gli attori del sistema imprenditoriale, della cultura della formazione e di strumenti di valorizzazione della conoscenza.

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Bisognerebbe tenere presente che la formazione non è (solo) informazione o addestramento ma è un processo che fa crescere la qualità complessiva dell’azienda. Programmare per tempo gli interventi formativi è sicuramente fonte di vantaggio competitivo. Il Piano Formativo (5) dovrebbe essere parte integrante del processo di programmazione di un’azienda e l’analisi dei fabbisogni dovrebbe essere un’importante attività di supporto ai processi di pianificazione strategica interna. Le piccole aziende difficilmente possiedono consapevolezza e strumenti formali per attraversare l’intero percorso. Solitamente, come già detto, il processo di formazione è percorso in maniera incompleta e informale, quando non inconsapevolmente. Come Associazione dovremmo cercare di fornire al mondo delle piccole imprese know how e strumenti che permettano agli associati, coerentemente agli obiettivi di sviluppo aziendali, di effettuare una corretta analisi dei fabbisogni di competenze individuando i metodi formativi più efficaci. In altre parole dovremmo fornire un repertorio strumentale semplice e alla portata dei “non addetti ai lavori”, già in altri contesti sperimentato con successo, che permetta alle aziende, indipendentemente dalla loro dimensione o dal settore di attività, di elaborare un Piano Formativo. Tale documento è utile e indispensabile. Utile in quanto permette all’azienda di monitorare e svolgere il processo di formazione (analisi dei fabbisogni, validazione dei fabbisogni, definizione del budget) secondo criteri condivisi e non lasciati alla pura soggettività degli attori coinvolti. Utile, inoltre, in quanto coinvolgendo i molteplici ruoli aziendali ne alza il livello di partecipazione, consapevolezza e quindi motivazione alla formazione. Ma tutto ciò ha senso, ripeto, solo se l’azienda attribuisce valore strategico alla conoscenza e alla formazione. NOTE 1) “Risorse umane, marchi, innovazione e brevetti, ossia gli asset intangibili di un’azienda, stanno diventando voci sempre più importanti perchè giocano un ruolo determinante nelle performance economiche delle imprese. Sono intangibili, ma se gestiti strategicamente danno risultati più che concreti. E chi sbuffa etichettandoli come ‘sterili concetti filosofici’ sbaglia di grosso. Guai a perdere di vista, dunque, perchè oggi più che mai sono loro a fare la differenza tra un’azienda e l’altra”. 2) E’ una branca dell’Economia che si occupa di studiare le caratteristiche della conoscenza e dell’informazione, con particolare attenzione a natura, creazione, diffusione, trasformazione, trasferimento e utilizzo della conoscenza in ogni sua forma. Possono considerarsi facente parte dell’Economia della Conoscenza, l’Economia dell’Innovazione e l’Economia della Scienza. 3) “La conoscenza esiste solo in quanto esiste una mente in grado di contenerla e un’intelligenza che possa utilizzarla”. 4) Detto popolare “chi va piano va sano e va lontano” non è più valido; oggi chi va piano forse va sano, ma sicuramente non va lontano. 5) Un piano formativo è una “risposta organizzata e personalizzata ai fabbisogni di competenze di individui o gruppi di individui e ai risultati attesi o desiderati da parte delle organizzazioni alle quali appartengono”.


ECONOMIA / INDUSTRIE

Molmec, consorzio tra aziende di meccatronica

La struttura del Nord-Barese servirebbe ad aumentare la competitività attraverso lo sviluppo di prodotti di alto valore aggiunto Il Consorzio Nord-Barese della Meccatronica MOLMEC è stato ufficialmente presentato presso la sala convegni della Sezione Meccanica, Elettrica ed Elettronica di Confindustria Bari in occasione della mostra internazionale BIMU-Mediterranea, nel corso del seminario: “Distretti produttivi e nuovi orizzonti collaborativi regionali e metaregionali”. Nel corso del convegno - coordinato dalla dott. Tina Luciano, presidente della Sezione Meccanica di Confindustria Bari -, sono stati appunto presentati il MEDIS, distretto regionale della meccatronica e il MOLMEC, Consorzio Nord-Barese della Meccatronica, rispettivamente da Michele Vinci e Mauro Vitulano. In particolare il presidente Vitulano ha illustrato i principi ispiratori dell’aggregazione e gli obiettivi che il Consorzio si propone di raggiungere nel breve-medio termine: dalla creazione di un solido gruppo che possa portare forza al territorio pugliese e alle singole imprese, aumentandone la competitività attraverso lo sviluppo di prodotti di alto valore aggiunto basati su tecnologie meccatroniche, alla creazione di un distretto di produzioni innovative e tecnologicamente avanzate all’interno dell’area produttiva del Nord-Barese con una visione di riferimento nazionale ed internazionale; dal potenziamento e accrescimento delle competenze scientifiche e tecnologiche nella meccatronica del sistema della ricerca pugliese per finire al coinvolgimento di un numero sempre maggiore di aziende per portare all’eccellenza l’intero territorio. Il Consorzio MOLMEC è formato al momento da 14 aziende (di cui un laboratorio di ricerca riconosciuto dal MIUR n.37), ed è aperto a quei soggetti che abbiano la volontà e le caratteristiche per farne parte. Le aziende consorziate appartengono a settori diversi ma complementari tra loro, ed offrono pertanto una vasta gamma di competenze come la progettazione e realizzazione di sistemi per l’automazione, i servizi specialistici d’ingegneria integrata, le produzioni meccaniche e

Tina Luciano, Mauro Vitulano e Michele Vinci meccanica di precisione, lo studio dei materiali ed altro. Le società consorziate al 31 gennaio 2008 sono: A&D, ALFA ENGINEERING, ALTECO, BELLINO, INDECO, MASTERMECH, MBL SOLUTIONS, MECTRONIK, MIT CONSULTING, PROMOVE, RESPA INFORMATICA, RTM BREDA, SITEC, TECNODEMA. Il presidente Vitulano ha espresso piena soddisfazione per le attività sin qui condotte dal Consorzio: “Crediamo che il Consorzio sia una concreta opportunità per le nostre aziende al fine di realizzare progetti tangibili volti alla valorizzazione, promozione, miglioramento e tutela dei prodotti della meccatronica e della metalmeccanica in generale, nonché dei beni o servizi prodotti dalle Consorziate. Certamente il Molmec promuoverà anche la realizzazione di programmi di ricerca e sviluppo di applicazioni tecnologiche mirate all’adozione, allo sviluppo, ed alla commercializzazione, di nuovi sistemi meccatronici, di macchine, attrezzature, apparecchiature elettroniche, meccaniche e di robotica industriale. Grande attenzione verrà inoltre rivolta a progetti formativi specialistici e manageriali, nonché ad occasioni di visibilità internazionale come fiere e missioni all’estero. Siamo ancora nella fase iniziale dell’operatività del Consorzio e offriamo la possibilità ad altre aziende del settore di aderire al progetto, in modo da aumentare la nostra forza politica ed istituzionale e soprattutto la capacità interna di formulare nuovi progetti industriali”. Daniela Maggiulli

MOLMEC, Consorzio Nord-Barese della Meccatronica Lotto C9/C10 70056 Molfetta (BA) Tel. 346.09 63 323 - Fax 080.33 82 059 molmec@libero.it nelmese - 3/2008 - 37


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INDUSTRIE

Alla Fiera del Levante

BI-MU

Mediterranea Sesta mostra biennale internazionale macchine utensili robot automazione

Ottomila visitatori, 260 imprese presenti, su una superficie espositiva netta di circa 7.000 metri quadrati, oltre 200 incontri tra espositori italiani e una ventina di operatori commerciali di Croazia, Egitto, Grecia, Marocco, Slovenia, Tunisia, Turchia e Emirati Arabi Uniti, paesi caratterizzati da una domanda di sistemi per produrre estremamente vivace. Questi i numeri della sesta edizione di BI-MU Mediterranea, vetrina biennale delle tecnologie funzionali allo sviluppo produttivo delle regioni centro-meridionali italiane, dei paesi balcanici, di quelli dell’Europa sud-orientale e dell’Africa settentrionale, e rivolta ai costruttori di macchine utensili, robot e automazione interessati a cogliere le straordinarie opportunità offerte dal mercato che ha nel capoluogo pugliese il proprio centro naturale. “Con BI-MU Mediterranea – ha affermato il dott. Cosimo Lacirignola, presidente della Fiera del Levante - siamo in grado di offrire un forte impulso allo sviluppo industriale del territorio, grazie alla connotazione internazionale dell’evento, capace di attrarre a Bari visitatori da ogni parte del mondo”, anche in considerazione del fatto che ha acquisito la prestigiosa qualifica di “fiera internazionale”, giustificata dal crescente successo ottenuto presso espositori e visitatori. Una conferma è venuta dal numero degli operatori convenuti a Bari, che si è mantenuto sui livelli della passata edizione in relazione al valore e dell’autorevolezza espressi dalla bien-

nale, diventata ormai appuntamento consueto per gli utilizzatori di sistemi di produzione che operano nell’area del bacino del Mediterraneo. E’ stata organizzata dalla Fiera del Levante, in collaborazione con Ceu-Centro Esposizioni Ucimu e promossa da Ucimu Sistemi per produrre, l’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione. Lo scopo di BI-MU è quello di favorire il contatto tra domanda e offerta di innovazione. “I numeri di questa sesta edizione - ha affermato Alberto Tacchella, presidente Ucimu-Sistemi per produrre - confermano l’interesse dell’area, che comprende il Mezzogiorno d’Italia e i paesi che si affacciano sul bacino del

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COSIMO LACIRIGNOLA, presidente della Fiera del Levante

Mediterraneo, per l’innovazione dei sistemi di produzione, da cui dipende in larga parte lo sviluppo dell’intero sistema manifatturiero”. Oltre alla panoramica di prodotti in mostra, BIMU ha offerto un fitto programma di convegni. La mostra si è aperta, in concomitanza con MACPLAS’08, con il convegno inaugurale “L’innovazione nei materiali compositi: un ponte tra i mondi dei polimeri e della macchina utensile”. In occasione della biennale inoltre sono stati forniti interessanti dati circa lo studio su “Il parco macchine utensili e sistemi di produzione dell’industria italiana” realizzato da Ucimu con cadenza decennale: da un’indagine condotta su tremila imprese italiane risulta che il Mezzogiorno è la seconda area dopo il Piemonte con la più bassa età media del parco macchine utensili e la seconda area per livello di automazione ed integrazione degli impianti. Numeri che hanno soddisfatto soprattutto Giuseppe Morandini, presidente Piccola Industria di Confindustria intervenuto nel capoluogo pugliese alla presentazione dello studio: “Leggendo questi dati vi dico bravi e grazie. Bravi, perché le aziende pugliesi stanno dimostrando che puntando sulla qualità e sul marchio si può eliminare lo svantaggio di operare al Sud. Grazie, perché investendo come state facendo sull’innovazione, offrite l’occasione di incrementare l’attrattività del Mezzogiorno”. Infatti l’industria meccanica pugliese, che ri-

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ALESSANDRO LATERZA, presidente Confindustria Bari

scontra la sua punta di maggior concentrazione a Bari è all’avanguardia nell’innovazione di processo e di prodotto. “La recente definizione del Distretto tecnologico della Meccatronica, - ha evidenziato il dott. Alessandro Laterza, presidente di Confindustria Bari - si confronta con il grande tema dell’incontro tra ricerca pubblica ed industriale in una prospettiva nazionale, europea e mediterranea, in cooperazione con i sistemi produttivi di Vicenza, Padova e Reggio Emilia”. Numeri che fanno ben sperare per il futuro, ha concordato l’ing. Michele Vinci presidente Masmec anche in considerazione del fatto che l’Italia è il terzo costruttore al mondo di macchine e la provincia di Bari è ricca di costruttori di sistemi di robotica come la stessa Mermec di Monopoli, leader mondiale nella diagnostica ferroviaria. “I risultati della ricerca - ha rilevato Alberto Tacchella - dimostrano che l’industria del Mezzogiorno si è resa protagonista, nell’ultimo decennio, di un processo di rapido e continuo sviluppo. Il mutato contesto competitivo e la globalizzazione dei mercati, l’affacciarsi di nuove realtà economiche come quelle dell’area del Mediterraneo impongono un ampliamento del parco macchine, al fine di poter rispondere alle esigenze sempre crescenti della domanda e di mantenere il passo dei competitors”. Francesco De Palo


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