NelMese 4/2008

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periodico di Cultura Turismo Economia direttore responsabile NICOLA BELLOMO sommario n. 4/2008 anno 42esimo Edizioni NUOVA GEDIM S.R.L. Direzione - Amministrazione - Pubblicità via Suppa, 28 - tel. 0805232468 70122 Bari - NUOVA GEDIM S.R.L. iscritta alla Camera di Commercio di Bari il 14/01/2008 al numero 503184 - “NELMESE” periodico di cultura turismo economia iscritto al n. 333 del “Registro dei giornali e periodici” del Tribunale di Bari 9 /11 / 1967 - Spedizione in abbonamento postale comma 34 - art. 2 - Legge 549/95 - Filiale di Bari - E’ vietata la riproduzione, anche parziale, di scritti e la riproduzione in fotocopia -. Nicola Bellomo ideazione Grafica. Massimo Clori Fotocomposizione. - Stampa: Pubblicità & Stampa - Via dei Gladioli 6 - 70026 Modugno/Bari tel. 0805382917 ABBONAMENTO ANNUO PER IL 2008 Euro 30,00 - LA COPIA - euro. 3,00 (con copertina plastificata euro 3,20) - CONTO CORRENTE POSTALE 20109708 INTESTATO A GEDIM GRUPPO EDITORIALE MERIDIONALE S.N.C. VIA SUPPA 28 BARI 70122

E-mail: nelmese@virgilio.it nelmese - 4/2008 - 2


UNIVERSITA’

ECONOMIA / CREDITO

DIBATTITO PER L’INTITOLAZIONE ALLO STATISTA UCCISO DALLE BRIGATE ROSSE

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Ateneo Aldo Moro?

BANCA POPOLARE DI PUGLIA E BASILICATA

Tutti i più del bilancio 2007

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MEDICINA / CARDIOLOGIA PANORAMICA SULL’UNITA’ OPERATIVA CARDIOLOGICA OSPEDALIERA DEL POLICLINICO DI BARI DIRETTA DAL PROF. ITALO DE LUCA

Un colpo al cuore di Marisa Di Bello

Carta dei Servizi

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MEDICINA / FUORICASA IMPORTANTI RISULTATI OTTENUTI A BOLOGNA DA PASQUALE SANSONE CON DUE COLLEGHI

Ricerca oncologica “golden boy” pugliese

Il presidente Raffaele D’Ecclesiis e l’esterno della sede centrale ad Altamura

ECONOMIA TRA LA CAMERA DI COMMERCIO ITALO-ORIENTALE DI BARI E LA CONFINCOM DI TIRANA

Intese Puglia-Albania 14

di Mary Sellani

LIBRERIE & LIBRI / FUORICASA

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ECONOMIA SAGGIO DEL SOCIOLOGO DEL LAVORO

L’empatia: strumento prezioso per comunicare Alla ricerca di identità 15 meglio di Angelo Battista 30 RACCOLTA DI TUTTI I LAVORI DELL’AUTRICE TEATRALE, LA BARESE LETIZIA COMPATANGELO

PERSONAGGI / STORIA

PRESENTATA LA TERZA EDIZIONE DEL PREMIO BIENNALE DI GIORNALISMO E DI LAUREA

Ricordi e stima per Franco Sorrentino Le passioni di Sorrentino di Michele Buquicchio

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Mussolini come Murat? Bari, con il Lungomare non si aiutò la città a crescere di Franco Sorrentino

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LIBRERIE & LIBRI LA BANCA POPOLARE DI BARI LE DEDICA UNA PREZIOSA MONOGRAFIA EDITA DA ADDA

Trani, non solo Duomo di Claudia Serrano

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NUOVA COLLANA DELLA CASA EDITRICE PROGEDIT

I protagonisti

ATTUALITA’ / SPECIALE INTERVISTA A NICOLA BELLOMO

Giornalista da mezzo secolo di Claudia Serrano

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UN LUNGO PERCORSO

Il treno della vita di Nicola Bellomo

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Abbonatevi a NelMese da 42 anni al servizio dei pugliesi e della Puglia, 30 euro per 11 numeri da qualsiasi mese

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UNIVERSITA’

Dal 1927, due anni dopo la sua istituzione, l’Università di Bari era intitolata “Regia Università Adriatica Benito Mussolini”

E’ prossima la decisione del Senato accademico per l’intitolazione del Palazzo di Piazza Umberto all’illustre Statista assassinato nel 1978 dalle brigate rosse. Costituirebbe una doverosa testimonianza per ricordarlo a 30 anni dalla sua scomparsa. Priorità assoluta del periodico nell’avanzare la proposta

Ateneo Aldo Moro? Sembra imminente, mentre chiudiamo questo numero, la conferma della decisione del Senato Accademico di intitolare l’Università di Bari ad Aldo Moro, in occasione del trentennale dell’uccisione dello Statista da parte delle brigate rosse. A questo punto, cogliamo l’occasione per rivendicare ancora una volta la priorità dell’iniziativa del periodico che già nel 1990 avanzò un’articolata proposta di dedicare l’Università di Bari ad Aldo Moro, suffragata dal riferimento a significativi documenti e testimonianze quali riconoscimenti del contributo dato da docente, da parlamentare, da uomo di Governo allo sviluppo e

al prestigio dell’Università di Bari. Prima testimonianza - ed esclusiva su NelMese - un articolo del giugno 1978 del prof. Pasquale Del Prete, già Rettore dell’Università di Bari. Scrisse, tra l’altro, che la “Scuola, specialmente quella universitaria, ha costituito una parte essenziale dell’impegno di Aldo Moro, e non per implicazioni ideologiche o politiche”. La validità dell’azione di Moro fu sintetizzata, nel dicembre del 1975 dall’allora Rettore dell’Università prof. Ernesto Quagliariello che nel conferirgli, a nome del Senato Accademico, del Corpo Accademico e del Consiglio di

14 dicembre 1975, in occasione del cinquantenario dell’Università di Bari, il presidente del Consiglio on. Aldo Moro ricevette il Sigillo d’Oro dal Rettore Ernesto Quagliariello, al centro della foto, con a sinistra il preside della Facoltà di Giurisprudenza De Robertis e a destra il preside della Facoltà di Ingegneria Cotecchia

amministrazione il Sigillo d’Oro dell’Ateneo di Bari, disse: “questo riconoscimento va ad Aldo Moro che con limpida chiarezza di intelletto e profondità di cultura, dopo aver per anni insegnato nel nostro Ateneo, offre oggi la sua sapienza ai giovani dell’Università di Roma”. Altro valido supporto lo si può individuare nel documento che il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione dell’Università di Bari, di cui era Rettore all’epoca il prof. Luigi Ambrosi, sottoscrissero nel giugno del 1979 a conclusione di un convegno internazionale di studi sul “Pensiero ed opera di Aldo Moro” organizzato a Bari, presente il Capo dello Stato, Sandro Pertini. Nel documento si legge tra l’altro che: “l’Università degli Studi ha visto nel suo seno maturare ed affinare Aldo Moro prima come studente, poi come assistente ed infine come professore ordinario di Diritto penale, la sua personalità di eminente studioso e di eccelso uomo di Stato”. Nel documento si sottolineava che la presenza del Capo dello Stato ha simboleggiato la partecipazione di tutta la Nazione italiana nell’illustrazione dei grandi ed originali contributi di Aldo Moro alla causa ed allo sviluppo della democrazia, della pace e della libertà.

NICOLA BELLOMO

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MEDICINA / CARDIOLOGIA / SPECIALE

La serie continua C’è un tema che interessa tutti, è quello della Sanità perché dal benessere fisico e psichico dipende un sereno percorso di vita per tutti noi. Nelmese ha fatto da sempre di questo tema uno degli argomenti centrali della rivista per informare e mettere in luce i punti di forza, le eccellenze, la capacità di tanti professionisti che in questo settore operano sul nostro territorio, molto spesso nonostante l’inadeguatezza dei mezzi a disposizione. Perché se è vero che di Sanità si parla tanto, il più delle volte è per metterne in rilievo inadeguatezze, negligenze, episodi negativi purtroppo dovuti non solo a quel famoso errore umano naturalmente in agguato in ogni campo, ma spesso a un sistema che non premia i più bravi perché non è fondato sulla meritocrazia. Di rado, invece, i riflettori si accendono su sistemi organizzativi, risultati, professionalità, che svolgono la loro opera senza clamori e sono quindi poco conosciuti dal grande pubblico. Così, ultimamente, viaggiando tra i reparti del Policlinico di Bari, ci siamo occupati, tra gli altri, della Clinica pediatrica I diretta dal prof. Lucio Armenio in cui si sperimentano interessanti ricerche, delle esperienze all’estero del prof. Antonio De Tommasi di neurochirurgia, del problema della cecità trattato da un illustre esperto della materia qual è il prof. Carlo Sborgia, direttore della Clinica Oculistica dell’Università di Bari, per arrivare a questo numero nel quale ci occupiamo dell’organizzazione e della qualità che contraddistingue l’unità di cardiologia coronarica diretta dal prof. Italo de Luca, convinti di offrire ai nostri lettori un utile servizio di informazione. Il Direttore nelmese - 4/2008 - 6

Un colpo al cuore

E’ l’infarto, il nemico subdolo che mette a repentaglio la vita. L’Unità di Marisa Operativa Cardiologica Di Bello Ospedaliera del Policlinico di Bari, diretta dal prof. Italo de Luca, è in grado di far fronte a questa e ad altre patologie cardiache, grazie ad una struttura complessa tra le prime in Italia, che ha realizzato standard di eccellenza e ottenuto la certificazione di qualità per tutte le attività. Due gli obiettivi cui è stata finalizzata tutta l’attività dell’Unità di Cardiologia del Policlinico da quando il prof. Italo de Luca ne è divenuto il direttore, qualità ed eccellenza. E’ la prima infatti al Sud e tra le prime in Italia ad essere una struttura complessa certificata che raccoglie tutte le attività, il reparto, l’unità coronarica, l’ambulatorio per l’utenza esterna e interna, l’emodinamica interventistica, la riabilitazione cardiologica e tutti i laboratori di cardiologia di ergometria, di ecocardiografia che utilizza anche tecniche sofisticate come l’eco fetale “e di tutto ciò che necessita per seguire il paziente dal primo all’ultimo battito” come ama dire il prof. de Luca. “Abbiamo teso – aggiunge – soprattutto a certificarci per la qualità, cosa che abbiamo ottenuto da un ente certificatore internazionale, il BVQI, per tutte le attività che svolgiamo, compresi i vari laboratori e la ricerca”. Il Bureau Veritas Quality International Italia, ha infatti certificato all’Unità Operativa Cardiologica del Policlinico, sin dal 2002 un sistema di qualità ISO 9001: 2000, riconosciuto a poche unità operative complesse in Italia. Altro obiettivo, difficile da rag-

giungere date le criticità della Sanità in genere e degli ospedali pubblici in particolare, l’eccellenza, che è costata diversi sacrifici. “Si trattava – dice il prof. de Luca – di organizzare sul territorio un servizio h24 che mancava, quello cioè dell’angioplastica primaria che, dati i costi e la complessa organizzazione, poteva essere realizzato solo da un ospedale pubblico. Ho cercato innanzitutto la collaborazione a livello locale di altre unità coronariche ma non c’è stata disponibilità, per cui mi sono rivolto alla Regione per l’erogazione di fondi finalizzati all’attuazione del nostro progetto obiettivo, al fine di creare un servizio che richiedeva non soltanto medici specializzati, ma anche personale suppletivo infermieristico e tecnico radiologico. Progetto obiettivo per il quale da tre anni vengono erogati annualmente fondi regionali, dietro nostra certificazione dell’attività svolta”. Il servizio di angioplastica necessita da 3 a 5 medici, di 5-7 infermieri, 2-4 portantine e 3-5 tecnici di radiologia. Tranne che per questi ultimi, il servizio al momento è completo, anzi i medici sono quattro, più un quinto che si sta formando. Per quanto riguarda l’erogazione di fondi, si richiedono 36 interventi di angioplastica primaria all’anno, un numero abbondantemente superato


dall’Unità Cardiologia del Policlinico dove se ne eseguono almeno 200 l’anno su pazienti che nella stragrande maggioranza diversamente non avrebbero possibilità di sopravvivenza. Un numero molto alto, anche in confronto a case di cura private abilitate a questo, e con una struttura che funziona effettivamente 24 ore su 24. Il servizio rientra nell’ emodinamica interventistica. Professore cosa si intende con questo termine? “Per emodinamica si intende tutto ciò che attiene a cateteri che vengono introdotti nel sangue fino al cuore, per poter rilevare pressioni e per visualizzare direttamente le arterie coronariche che distribuiscono il sangue ai tessuti del cuore, coronarografia. Si parla invece di emodinamica interventistica quando, oltre a visualizzare le coronarie, noi interveniamo con l’angioplastica per dilatare e ricanalizzare i vasi ostruiti”. Quali sono nelle prime ore le possibilità di cura per l’infarto? “L’infarto del miocardio è dovuto alla occlusione di un vaso coronarico che causa la morte dei tessuti del cuore. Nelle prime ore, abbiamo due possibilità di cura: o la ricanalizzazione farmacologica con i cosiddetti farmaci trombolitici per sciogliere il trombo che ostruisce il vaso, terapia attuabile in ogni reparto clinico, oppure la riapertura dell’arteria con mezzo meccanico, con l’angioplastica appunto che in questo caso viene chiamata “ primaria”, eseguibile solamente in Centri emodinamici idonei, ad alta esperienza. Per entrambi questi trattamenti è fondamentale la rapidità di inizio poiché sia la mortalità che la quantità di tessuto miocardico che può venir salvato sono strettamente in relazione con i tempi di intervento”. Qual è quindi l’importanza di avere questo servizio sul territorio? “L’angioplastica coronarica risulta attualmente la tecnica più efficace di rivascolarizzazione miocardica in corso di infarto miocardico acuto quando è possibile eseguirla rapidamente in un Centro idoneo. Innanzitutto, con una riapertura

meccanica del vaso abbiamo una ricanalizzazione completa, cosa che molto spesso non avviene col farmaco. I vantaggi dell’angioplastica sulla trombolisi sono tanto più importanti ed evidenti quanto più elevato è il rischio del paziente. Attualmente risultano indicazioni tassative i casi di infarto miocardico acuto in shock o con controindicazioni alla trombolisi: emorragie, traumi o interventi chirurgici recenti,

Il prof. Italo de Luca ulcera gastroduodenale, ipertensione arteriosa, terapia con ipocoagulanti orali. L’angioplastica primaria è il trattamento elettivo in tutti i pazienti quando può essere eseguita entro 90 minuti dall’ingresso in Ospedale, in un Centro idoneo. E’ importante abbattere i tempi tra l’insorgere dell’infarto e il nostro intervento, per cui bisogna fare in modo che il paziente arrivi direttamente in un’unità coronarica dotata di emodinamica interventistica che possa essere riferimento soprattutto in quei casi in cui la trombolisi non è efficace”. Quali sono i sintomi che preannunciano l’infarto? “Il dolore toracico dalla cintola in su che non va mai sottovalutato, cosa che invece avviene spesso con soggetti che non hanno mai sofferto di cuore o con i vecchi e le donne, particolarmente espo-

ste nel periodo post menopausa, specie se fumatrici e se assumono la pillola. E’ un dolore che si presenta con particolari peculiarità. Per esempio, si accompagna a disturbi neurovegetativi, a sudorazione spesso fredda. Bisogna fare attenzione a questi sintomi e non perdere tempo perché mai come in questo caso il tempo è vita”. In questo contesto, qual è l’importanza del servizio di emodinamica interventistica? “Allertato il 118, il paziente deve essere portato direttamente presso questo servizio, allorché viene diagnosticato un infarto ad alto rischio come può essere l’infarto anteriore in un giovane”. Ma il 118 è in grado di fare la diagnosi? “Sono stato uno dei due direttori scientifici che hanno collaborato alla realizzazione del servizio di elettrocardiografia a 12 derivazioni, nell’ambito del progetto Leonardo, da quest’anno sponsorizzato dalla stessa Regione. Il servizio prevede, mediante dispositivi transtelefonici, l’esecuzione di un elettrocardiogramma a letto del paziente. E questo riduce notevolmente i tempi”. Quali sono i fattori di rischio che possono scatenare l’infarto? “Si dividono in due classi. Ci sono fattori immodificabili quali possono essere l’età e il sesso, e fattori modificabili, che cioè possono essere superati con un diverso stile di vita, quali il fumo,l’ipertensione, l’aumento del colesterolo, lo stress, la vita sedentaria. Quando uno o più fattori di rischio si uniscono, il risultato non è la somma ma la moltiplicazione dei rischi”. I corsi di educazione sanitaria che lei ha tenuto per tanti anni, continuano? “Più che altro ora facciamo corsi di perfezionamento nell’ambito della nostra azienda per infermieri e medici, che danno luogo a crediti ministeriali. In gemellaggio con la Divisione di Cardiologia dell’Università di Chicago diretta dal prof. Bonow, presidente della Società Americana di Cardiologia, abbiamo organizzato dieci edizioni del corso

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ITALO DE LUCA è nato il 18 marzo 1942, è direttore della Cardiologia Ospedaliera dell’Azienda – Ospedaliero Universitaria del Policlinico di Bari e docente della scuola di specializzazione in Cardiologia dell’Università degli Studi di Bari. Si è specializzato in Cardiologia presso l’Università degli Studi di Bologna con 70/70 e lode. E’ inoltre specialista in Medicina Interna e Farmacologia Clinica. E’ sposato con la sig.ra Giuseppina D’ardes ed ha due figli, Ylenia, docente universitaria, e Leonardo, cardiologo emodinamista presso l’European Hospital di Roma. Nel luglio 1972 fu assunto dalla Divisione di Cardiologia dell’Azienda Ospedaliera Policlinico di Bari. Nel 1988 gli furono conferite le funzioni di primario del Servizio di Riabilitazione Cardiologica di nuova istituzione e, nel 1996, quelle di primario della Cardiologia Ospedaliera del Policlinico in sostituzione del prof. Luigi Colonna. Attualmente è responsabile dell’intero raggruppamento cardiovascolare. Sotto la sua direzione, l’unità operativa complessa della Cardiologia Ospedaliera è stata completamente ristrutturata ed ha ottenuto per gli anni 2002-2008 la certificazione di qualità ISO 9001-2000 dal BVQI ( Bureau Veritas Quality International Italia srl) per l’attività diagnostica e terapeutica dei reparti di degenza, di terapia intensiva cardiologica, di riabilitazione cardiologica e per i laboratori di emodinamica interventistica, di elettrofisiologia ed elettrostimolazione, di ecocardiografia, per l’attività ambulatoriale e per la ricerca. A due dei suoi più stretti collaboratori sono stati conferiti incarichi primariali di cardiologia, al dr Carlo D’Agostino presso l’Azienda ospedaliera “Di Venere” di Bari e al dr Francesco Bovenzi presso l’Azienda ospedaliera di Lucca. Nel biennio 1988-89 e’ stato eletto Presidente della Società Italiana di Ecografia Cardiovascolare. Nel corso del suo mandato, ha fondato la prima rivista scientifica italiana sulla metodica, denominata “Ecocardiografia”, divenuta organo ufficiale della SIEC. Dal 1992 al 1995 in qualità di delegato dell’Associazione Nazionale dei Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) ha organizzato incontri e dibattiti sul riassetto della rete ospedaliera cardiologica in Puglia istituendo la Commissione di consultazione cardiologica presso l’Assessorato alla Sanità. Ha partecipato all’elaborazione del documento regionale per l’integrazione della rete interospedaliera cardiologica in Puglia ed ha attivato presso la sua Unità Operativa, tra i primi in Italia, il servizio di angioplastica primaria h24 con fondi finalizzati erogati dalla giunta regionale per la terapia di emergenza dell’infarto acuto del miocardio. E’ autore di oltre 300 lavori apparsi su riviste scientifiche italiane e straniere. Ha scritto vari capitoli su trattati di cardiologia. Ha partecipato ai principali trial clinici sull’infarto miocardico e coordina in campo nazionale lo studio sull’utilizzo delle eparine a basso peso molecolare nei pazienti con fibrillazione atriale (POSTEC). Organizza a Bari con periodicità annuale Corsi aziendali di perfezionamento in cardiologia riconosciuti dal Ministero ai fini dell’accreditamento ECM e Corsi e Congressi di cardiologia e di ecocardiografia; in particolare il meeting internazionale “CARDIOLOGIA 2000”, giunto alla X edizione, un incontro annuale di aggiornamento per i cardiologi. In qualità di guest editor ha curato gli atti su Italian Hesrt Journal e su American Journal of Cardiology (da Who’s Who in the World, mod).

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La Cardiologia Ospedaliera diretta dal prof. de Luca è riuscita, tra le prime unità operative complesse italiane ad ottenere fin dal 2002 la certificazione di qualità ISO 9001-2000 dal Bureau Veritas Quality International (BVQI) per tutte le sue complesse attività e precisamente per l’attività diagnostica e terapeutica dei reparti di degenza, di terapia intensiva cardiologica, di riabilitazione cardiologica e dei laboratori di ecocardiografia, emodinamica ed elettrofisiologia, degli ambulatori e dell’attività di ricerca di aggiornamento “Cardiologia 2000” e curato gli atti su American Journal of Cardiology”. Il suo Istituto sta coordinando un’interessante ricerca sulla fibrillazione atriale e sugli interventi per risolverla. Ce ne vuole parlare? “Si tratta di una malattia pandemica che consiste in un ritmo folle del cuore e che aumenta con l’aumentare dell’età, per cui l’allungamento della vita fa sì che gran parte della popolazione mondiale ne sia colpita. Noi abbiamo avviato con la società di ecocardiografia nazionale e con colleghi americani una strategia di trattamento abbastanza innovativa per questa patologia, che prevede l’utilizzo di farmaci come l’eparina a


basso peso molecolare che elimina il rischio emorragico degli anticoagulanti usati in precedenza, che dovevano essere somministrati per parecchio tempo perché producessero degli effetti, costringendo il paziente a frequenti controlli. Utilizzando tecniche particolari come l’esame ecocardiografico transesofageo e l’eparina a basso peso molecolare, si riduce ad una settimana l’uso degli anticoagulanti. In tal modo, evitiamo il rischio emorragico e riduciamo i tempi di guarigione anche a una settimana”. Quali rischi comporta la fibrillazione atriale? “Durante la fibrillazione, gli atri, non contraendosi più in maniera regolare, determinano uno stazionamento del sangue che può provocare dei trombi i quali, anche nel momento in cui il cuore riprende il ritmo sinusale, vanno in circolo e possono provocare l’ictus. Ecco perché l’uso di eparina a basso peso molecolare, più veloce negli effetti dei vecchi anticoagulanti, riduce di molto questo rischio”. Gran parte della diagnostica cardiologica oggi utilizza gli ultrasuoni. Quale la loro validità? “Evidenziano con precisione le alterazioni che si verificano all’interno del cuore, per quanto riguarda valvole, pareti e flussi, e riescono a

Soltanto l’8% delle divisioni di cardiologia del Sud sono dotate, come la Divisione di Cardiologia Ospedaliera del Policlinico di Bari, di un’unità coronarica (UTIC) completa di emodinamica interventistica (EMO) con il supporto di un istituto di cardiochirurgia (censimento ANMCO 2005) capace di affrontare tutte le emergenze cardiologiche (da FIC, 2005) visualizzare il cuore, sin dall’età fetale, consentendo di rilevare anche le alterazioni del ritmo sul feto. Questo ci consente di intervenire mediante farmaci somministrati alla madre oppure predisponendo il cosiddetto trasporto in utero in strutture di terzo livello che hanno un’assistenza neonatale idonea. Per quanto riguarda invece la vita post natale,

Congresso Cardiologia 2004

Riva del Sole 1977 Il dott. Italo de Luca e il dott. Arthur Weyman, pionieri dell’ecocardiografia, durante il primo congresso SISUM organizzato in Italia nel 1977 a Riva del Sole (qui sopra) ed al congresso di Cardiologia 2000/2004 organizzato ad Ostuni nel 2004 i cui atti sono pubblicati sulla prestigiosa rivista americana di cardiologia “American Journal of Cardiology”

per tutto l’ambito della patologia cardiaca, ogni tipo di alterazione o malformazione può essere evidenziata mediante gli ultrasuoni”. Questo Istituto da quando si è occupato di ecocardiografia? “Sin dagli albori, nel ’74. Da allora abbiamo pubblicato molto su diverse riviste scientifiche e attualmente possiamo contare su un’équipe molto attiva. Il primo congresso sugli ultrasuoni (SISUM) risale al ’77 con il famoso cardiologo di Boston, il prof. Weyman che ha partecipato anche al congresso di Cardiologia 2000 che io curo da 10 edizioni. Un congresso di aggiornamento per cardiologi in gemellaggio con l’università di Chicago”. E’ realistico pensare all’impiego di cellule staminali in queste patologie? “Per ora si tratta di futuribile perché tutto è ancora in fase sperimentale. Sono convinto che in futuro il loro impiego possa portare dei risultati, ma pensare oggi ad una terapia con le staminali è in molti campi prematuro, sia perché la ricerca in questo settore è ai primi passi, sia perché deve superare diversi ostacoli non solo di tipo tecnicoscientifico, ma anche etico. Se ne palerà certamente più avanti”. Marisa Di Bello

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SITUAZIONE EPIDEMIOLOGICA DELLE CARDIOPATIE IN PUGLIA

Grazie alle strutture sanitarie cardiologiche ed alle condizioni alimentari ed ambientali, la Puglia si colloca al di sotto della media sia dell’Italia meridionale che di quella nazionale per numero di pazienti affetti da malattie cardiache, occupando il terz’ultimo posto (prima del Piemonte e della provincia autonoma di Bolzano) ed alla pari con Friuli Venezia Giulia e Toscana per quanto riguarda l’infarto del miocardio il cui numero dei casi risulta comunque in incremento negli ultimi cinque anni (da 1,1 a 1,5). PUGLIA

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ITALIA MERIDIONALE

5,6

ITALIA

5,6

Dirigenti medici e personale paramedico della Cardiologia Ospedaliera del Policlinico di Bari con al centro il prof. Italo de Luca

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CARTA DEI SERVIZI Unità operativa CARDIOLOGIA OSPEDALIERA www.baricardiologia.it DIRETTORE: Italo de Luca CAPO SALA : Dina Cazzarò SEGRETARIO: Giovanni Verni NUMERI TELEFONICI UTILI Direzione: 080 5575718 Accettazione reparto: 080 5592424 Accettazione Ambulatorio: 080 5592425 Segreteria: 080 5592083 Segreteria fax: 080 5575729 Reparto: 080 5592080 Terapia Intensiva: 080 5593026 Portineria: 080 5592468 Riabilitazione: 080 5592086 Controllo Pacemaker: 080 5592088 Day-hospital: 080 5592424 E-mail info@baricard.it PRESTAZIONI AI RICOVERATI • Visite • Elettrocardiogrammi • Ecocardiogrammi bidimensionali • Doppler e Color Doppler • Ecostress • Eco transesofageo multiplano • Ecocontrastografia • II armonica tissutale ed in ecocontrasto • DTI • Power Doppler • Doppler vascolare • Controllo pacemaker e defìbrillatori automatici • Test da sforzo al cicloergometro e al tapis roulant • Ecocardiografia fetale • Elettrocardiogrammi Holter • Misurazione ambulatoriale della pressione arteriosa • Monitoraggio telemetrico • Studio elettrofisiologico transesofageo • Studio elettrofisiologico intracavitario • Impianto pace-maker • Impianto defibrillatori automatici • Cateterismi dx e sin • Angioplastica percutanea coro-

narica • Studio della variabilità della frequenza cardiaca • Studio dei potenziali tardivi. LABORATORI 1. Emodinamica 2. Elettrofisiologia ed elettrostimolazione 3. Ecocardiografìa 1 4. Ecocardiografia 2 - eco stress, trans-esofageo, vascolare 5. Holter 6. Ergometria 7. Valutazione funzionale e riabilitativa 8.Controllo Pacemaker RICOVERO ORDINARIO E D’URGENZA Modalità di accesso: • Sistema emergenza-urgenza 118, Pronto Soccorso del Policlinico, Pronto Soccorso di altri Ospedali, Trasferimento da altre U.O. del Policlinico dopo valutazione cardiologica, trasferimento da altri Ospedali, pazienti con urgenze cardiologiche direttamente giunti in Divisione. Ricoveri programmati elettivamente su indicazione dei cardiologi Patologie trattate: • Cardiopatia ischemica, Scompenso cardiaco,Cardiopatia ipertensiva, Valvulopatie, Miocarditi, Endocarditi, Pericarditi, Cardiomiopatie, Disturbi del ritmo. Esami specialistici praticabili ai ricoverati: • Visita specialistica cardiologica • Elettrocardiogrammi • Ecocardiogrammi bidimensio-

nali • Doppler e Color Doppler • Ecostress • Eco transesofageo multiplano • Ecocontrastografia • II armonica tissutale ed in ecocontrasto • DTI • Power Doppler • Ecocardiografia fetale • Doppler vascolare • Controllo pacemaker e defìbrillatori automatici • Test da sforzo al cicloergometro • Misurazione ambulatoriale della pressione arteriosa • Elettrocardiogramma dinamico secondo Holter • Studio elettrofisiologico transesofageo • Studio elettrofisiologico intracavitario • Impianto pace-maker • Impianto defibrillatori automatici • Impianto pacemaker biventricolari • Cateterismi dx e sin • Coronarografie • Angioplastica percutanea coronarica primaria ed elettiva • Studio della variabilità della frequenza cardiaca • Prove neurovegetative • Tilt-up test • Studio dei potenziali tardivi. • Monitoraggio telemetrico • N. 8 posti letto monitorizzati con centralina di ultima generazione Numeri telefonici Accettazione reparto: 080.559.24.24 - Reparto: 080 5592080 - Terapia Intensiva: 080 5593026 E-mail: info@baricard.it Dirigenti medici: Reparto: Paolo Colonna, Vito Conese, Mariangela Epifani,Marcella Laico, Vittoria Ostuni, Giuseppe Santoro.

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Il prof. Italo de Luca con il gruppo di collaboratori dell’Emodinamica e dell’Unità coronarica. Il livello di assistenza offerto all’utenza interna ed esterna, il livello di accoglienza alberghiera raggiunto dalla Divisione che ha i requisiti strutturali richiesti per un moderno reparto cardiologico e le attrezzature di ultima generazione, la professionalità degli operatori hanno collocato la Cardiologia Ospedaliera del Policlinico di Bari al terzo posto nella mappa degli ospedali “eccellenti” in Italia secondo un’inchiesta fondata su un “indice di reputazione” elaborato dall’Istituto per lo studio della pubblica opinione (Ispo) Unità di Terapia Intensiva (UTIC): Nicola Ciriello, Davide Traversa. Posti letto: n. 8 UTIC - n. 18 terapia progressiva. Orari di visita: Mattino: 13.00-14.00 (festivi) Pomeriggio: 16.30-17.30 UNITA’ DI RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA AMBULATORIALE

Modalità di accesso: • Ricoveri programmati al momento della dimissione dalla U.O. di Cardiologia. Per i pazienti provenienti dalle U.O. di Cardiochirurgia esiste un apposito registro delle prenotazioni. Al momento del ricovero il paziente deve esibire richiesta del medico curante su modulo ASL. Patologie trattate:

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• Valutazione post-infartuale, pazienti sottoposti a by-pass aorto-coronarico, pazienti sottoposti a PTCA. Esami specialistici: • Esame clinico • Elettrocardiogramma • Ecocardiogramma mono-bidimensionale Color Doppler • Ecocardiogramma transesofageo • Eco stress • ECG dinamico delle 24 ore sec. Holter • Elettrocardiogramma da sforzo • Eco Doppler Vascolare Telefono Riabilitazione: 080 5592097 080.559.20.86 Dirigenti medici: Domenico Carretta, Giuseppe Santoro. Posti letto:

- n. 2 in day-hospital UNITA’ DI AMBULATORIO Modalità di accesso: • Prenotazione diretta da altre Unità Ospedaliere del Policlinico • Prenotazione tramite C.U.P. del Policlinico • Prenotazione programmata alla dimissione dalla ns. U.O. Patologie trattate: • Sindrome post-infartuale, Cardiopatia ischemica, Cardiopatia ipertensiva, Valvulopatie, Miocarditi, Endocarditi, Pericarditi, Cardiomiopatie, Scompenso cardiaco,Disturbi del ritmo. Esami praticabili in regime ambulatoriale: • Visite cardiologiche • Elettrocardiogrammi • Ecocardiogrammi bidimensionali • Eco doppler • Eco color doppler


• Ecocardiogramma transesofageo • Eco con stimolazione farmacologica • Eco vascolare • Ecg dinamico secondo Holter • Controllo defibrillatori automatici • Controllo telemetrico dei pacemakers • Test da sforzo al cicloergometro • Studio elettrofisiologico transesofageo Numeri telefonici: CUP:080.559.27.01 Dirigenti medici: Pasquale Bruzzese, Sebastiano Cascella,Riccardo Guglielmi,Maria Pansini , Angelo Pio Villani. Orari di visita: Aperto tutti i giorni feriali dalle ore 8 alle ore 14 UNITA’ DI EMODINAMICA INTERVENTISTICA Modalità di accesso: • Modalità di accesso per la “Angioplastica primaria di emergenza nell’infarto acuto del miocardio”

(progetto obiettivo assegnato alla Cardiologia Ospedaliera del Policlinico di Bari mediante Delibera Reg. 2004/00177). • Pazienti provenienti dal reparto per procedure elettive • Paziente proveniente dal reparto, dal PS, da altra U.O. o da altro Ospedale per procedure d’urgenza o in convenzione: Aortografia, ventricolografia, coronarografia, posizionamento di contropulsatore aortico, angioplastica d’urgenza o primaria. • Sistema emergenza-urgenza 118, mediante riconoscimento a distanza di infarto acuto (Progetto Leonardo). Patologie trattate: • Infarto miocardico acuto, Cardiopatia ischemica, Valvulopatie, Pericarditi, Cardiomiopatie, Disturbi del ritmo. Attività: • L’Unità di emodinamica interventistica utilizza i laboratori fisso e mobile di emodinamica ed elettrofisiologia ubicati nella

Divisione e gli ambulatori predisposti. Esami: Elettivi • Cateterismo destro • Biopsie endomiocardiche Elettivi o in Condizioni Cliniche di Emergenza • Procedura di angioplastica coronarica (primaria ed elettiva) • Posizionamento di elettrocatetere temporaneo • Ventricolografia • Coronarografia • Aortografia • Posizionamento di contropulsatore aortico • Impianto di pacemaker e di defibrillatore automatico • Procedura di ablazione transcatetere Numeri telefonici: 080.559.27.01 Dirigenti medici: EMODINAMICA: Nino Camassa, Leonardo Brizio Corlianò, Marilena Fusco, Nicola Signore. ELETTROFISIOLOGIA: Domenico Carretta, Giuseppe Santoro.

Il gruppo di emodinamica interventistica della Cardiologia Ospedaliera

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FUORICASA / MEDICINA

Ricerca oncologica “golden boy” pugliese

Importanti risultati ottenuti a Bologna dal dott. Pasquale Sansone insieme ad altri due colleghi

di Mary Sellani Talvolta ci demoralizziamo davvero quando pensiamo a questa nostra disgraziata bellissima terra del Sud, al solito maledetto destino meridionale con le sue colpe di ritardi, di sprechi, di demagogie, di mancate decisioni, di fatalismo, di certe oscure collusioni tra politica e organizzazioni malavitose che ne frenano sia lo sviluppo economico che il progresso civile. Eppure la Puglia in particolare è una terra ricca, è la prima produttrice di olio d’oliva, di vino, di pomodoro, di ortaggi, di frutta, di prodotti della pesca. Non solo, ha un parco archeologico che il mondo ci invidia oltre a masserie, dimore di campagna, menhir, dolmen, castelli. Ma la Puglia è soprattutto terra ricca di risorse umane, le quali però, per emergere e dare i loro frutti, sono spesso costrette ad emigrare. La nostra stessa rivista, NelMese, è testimone lodevole di questa fuga di cervelli dalla nostra città verso ambienti più accoglienti dove essi possono operare, e anzi tutta questa documentazione in nostro possesso è forse l’unico “grazie” di Bari a questi suoi figli fuori casa. Un altro caso: un “golden boy” barese fa parlare di sé nel mondo della ricerca. E’ il dott. Pasquale Sansone, 26 anni, nato a Valenzano, a pochi chilometri da Bari (figlio del dott. Filippo Sansone, gastroenterologo all’Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti), formatosi all’Università di Bologna dove si è laureato in Biotecnologie farmaceutiche dopo aver conseguito il diploma di maturità scientifica al liceo Salvemini di Bari. Insieme con altri due colleghi, Massimiliano Bonafé e Gianluca Storci del Centro di Ricerca Biomedica

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Il dott. Pasquale Sansone il giovane ricercatore di Valenzano Applicata di Bologna, Sansone ha scoperto gli effetti dell’interleuchina 6 (IL 6) sulle cellule staminali normali e tumorali della ghiandola mammaria. Questi ricercatori sono stati i primi al mondo a studiare il nesso esistente tra “IL 6” e cellule progenitrici, sia normali che maligne, della ghiandola mammaria. In pratica il gruppo bolognese è riuscito a mantenere questi elementi cellulari staminali in coltura, in strutture multicellulari chiamate “mammosfere”, e a studiare l’effetto su di esse provocato dalla somministrazione della Chitochina Proinfiammatoria Interleuchina 6 “IL 6”. Il valore di tale ricerca consiste nella scoperta che le cellule staminali sane assumono improvvisamente atteggiamenti tipici di quelle maligne. E’ noto infatti che a concentrazioni più elevate nel sangue di “IL 6”, una proteina che solitamente svolge fun-

zioni benefiche per l’organismo, corrispondono tumori più aggressivi e potenzialmente letali. Ma essa indica anche un meccanismo di autoalimentazione della crescita tumorale, in quanto l’“IL 6” viene prodotto dalle stesse cellule staminali cancerose. Pertanto , l’aver trovato una prova del ruolo della “IL 6” nell’innesco del tumore al seno, dicono i tre ricercatori, apre la strada a nuove strategie preventive e terapeutiche. Così l’aumento dell’”IL 6” nel sangue, quando il tumore non si è ancora manifestato, potrebbe fungere da campanello d’allarme. Questa scoperta, appena pubblicata su una delle più importanti riviste di medicina sperimentale, il Journal of Clinical Investigation - che reca come prima firma proprio quella di Pasquale Sansone - è stata giudicata dai più qualificati esperti mondiali in materia una conquista scientifica di assoluto rilievo negli studi sul cancro. Il giovane di Valenzano ha fatto già sapere di essere pronto per l’ulteriore salto in un istituto di ricerca negli Stati Uniti, tappa obbligata per chiunque mostri di possedere capacità non comuni e voglia farsi largo nella comunità scientifica internazionale. Così mamma e papà Sansone sono ormai rassegnati a vivere lontani dal figlio, ma allo stesso tempo sono molto soddisfatti per il suo futuro: qui al Sud di futuro, almeno per adesso, come ricercatore, certo non ne avrebbe. Mentre il loro Pasquale lo merita, ha ereditato la passione di famiglia per la medicina, ha pochi altri interessi, è un tipo introverso, non parla molto, non ama vantarsi di quello che fa.


LIBRERIE & LIBRI / FUORICASA

Alla ricerca di identità

Maria Letizia Compatangelo A Roma, nella prestigiosa Sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini, è stato presentato il libro Il Teatro dell’Inganno – Opere Complete, di Maria Letizia Compatangelo, edito dalla BE@A Entertainment & Art. Grazie alla presenza di personalità del mondo accademico e teatrale quali il regista Antonio Calenda, direttore del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Tiberia De Matteis, critico teatrale, Ferruccio Marotti, direttore del Teatro Ateneo e ordinario di Storia del Teatro e Regia Digitale all’Università “La Sapienza” di Roma, e l’editore Enrico Bernard, la presentazione della raccolta delle opere teatrali di Maria Letizia Compatangelo, barese ma formatasi a Roma, una tra le firme più interessanti del panorama teatrale italiano, è stata l’occasione per una riflessione approfondita e allo stesso tempo variegata e vivace sulla scrittura e sul lavoro dell’autrice nella totalità del suo percorso sino ad oggi, davanti ad un pubblico attento e partecipe, composto eminentemente da addetti ai lavori. “In tutti i protagonisti delle commedie della Compatangelo – ha detto Ferruccio Marotti, autore della prefazione - uomini e donne, spiriti ed animali, c’è una ricerca di identità che diventa un patto con la morte: la morte si allontanerà da loro se riusciranno a dare un senso alla propria esistenza. Si tratta però di una ricerca di identità che risente inevitabilmente del proprio tempo - arriva

E’ il filo conduttore delle opere dell’autrice teatrale, la barese Maria Letizia Compatangelo. Presentata a Roma presso i Musei Capitolini la raccolta di tutti i suoi lavori alla fine del secolo del dubbio, il Novecento - e dunque non si illude più - o si illude molto brevemente - di riuscire a rintracciarla oltre la rappresentazione (c’è già stato Pirandello a dire parole grandi e definitive a riguardo), ma punta direttamente e volutamente al caos, al rimescolamento delle carte, cercando al contrario questa identità attraverso la rappresentazione. E questo perché i personaggi sono anche tutti, in qualche modo, alla ricerca di un’armonia perduta: impulso che li muove a mascherarsi pietosamente, a cercare sotterfugi e scappatoie, a tentare di mistificare, addomesticare, cambiare, quando non a distorcere con atti impositivi, ridicoli o crudeli, la realtà in cui sono calati: dal Narratore della prima commedia, Il grande O, al giovane sequestratore di Immagini,

all’usciere anziano di Trasformazioni, sino al pennuto protagonista di Aquila sapiens sapiens”. Ogni relatore ha affrontato l’analisi delle opere da un punto di vista differente: lo studioso di teatro, il regista, il critico, l’editore-autore, ed ognuno ha messo in evidenza alcune particolarità della scrittura della Compatangelo attraverso i testi che più lo hanno interessato ed emozionato. Ne è venuto fuori il ritratto di una scrittura che si serve dello spazio scenico come luogo – e possibilità – di rilettura dell’universo: una scrittura a volte apertamente metateatrale, come ha detto Calenda, che ha sottolineato la teatralità del linguaggio dei personaggi, citando Ultima Prima, Il grande O e i monologhi sul mito Aquila sapiens sapiens e La cintura di Ippolita, a volte realistica ma i cui personaggi, a guardar bene, realistici non sono mai, perché, pur essendo calati in precise co-

MARIA LETIZIA COMPATANGELO, autrice e giornalista, vincitrice di prestigiosi premi teatrali (due volte Premio I.D.I., con le commedie Trasformazioni e Il Veliero e il Pesce Rosso), ha scritto e pubblicato numerose commedie, rappresentate in Italia e all’estero. Collabora con la Rai come consulente e autrice. Docente di drammaturgia all’Università «La Sapienza» di Roma, Corso di laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo (2004-2005), ha pubblicato Il Cinema Italiano 1989-1990 (FilmFestItalia 1991), La maschera e il video. Tutto il teatro in televisione dal 1954 al 1998 (Rai Eri 1999), O Capitano, mio Capitano! Eduardo maestro di drammaturgia (Bulzoni, 2002), La maschera e il video. Tutto il teatro in televisione dal 1999 al 2004 (Rai Eri 2005). Membro del Direttivo dell’Associazione Sindacale Scrittori di Teatro e del Comitato Teatro della SIAE. I suoi testi teatrali sono pubblicati nel volume Il teatro dell’Inganno – Opere complete, BE@A Entertainment&Art, Collana «I Meridiani del Teatro».

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Da sinistra: Enrico Bernard, Tiberia De Matteis, Ferruccio Marotti, Amalia Vetromile, Antonio Calenda, Maria Letizia Compatangelo ordinate spazio-temporali, come esige il teatro, tuttavia ne esulano, e potrebbero essere definiti fuori dal tempo, come ha spiegato Tibera De Matteis, che ha puntato lo sguardo sul dramma Passaggio con eclissi – I figli del silenzio, ispirato alla storia dei figli dei desaparecidos, mentre Bernard si è soffermato sul taglio cinematografico di alcune storie, tra cui il breve racconto-monologo Partita a due, e ha raccontato poi la genesi del titolo, Il Teatro dell’Inganno, che è diventato una sorta di “manifesto sintetico” del teatro della Compatangelo. L’incontro, coordinato dalla dott. Amalia Vetromile e promosso dal presidente della Commissione Cultura del Comune di Roma, Pino Galeota, ha visto alternarsi ai relatori gli attori Maria Teresa Bax, Rosa Ferraiolo e Luciano Roffi, che hanno offerto dei bei momenti di spettacolo leggendo alcune scene da Passaggio con eclissi, Aquila sapiens sapiens e La cintura di Ippolita. (c.s.)

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Il libro può essere ordinato alla Libreria “Il leuto- Libreria dello spettacolo” di Roma o all’indirizzo entertainmentart@gmx.net *

Il Teatro dell’Inganno, Roma, BE@A Entertainment & Art In questo volume: Il Grande O, Ultima prima, Immagini, Trasformazioni, Il veliero e il pesce rosso, In una notte come questa, Passaggio con eclissi, Ladri di immortalità, Un bicchiere di tramonto, Un giorno di libertà, Aquila sapiens sapiens, Partita a due, Pensieri velenosi, La cintura di Ippolita, Bibliografia, Teatrografia, Critica.

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Il teatro dell’Inganno di Maria Letizia Compatangelo fa parte di una Collana, “I Meridiani del Teatro”, che propone le opere complete di autori contemporanei viventi (tra cui Manfridi, Moretti, Fratti, Favari, Giordano e lo stesso Bernard), corredate da apparati bio-bibliografici che permettono un approccio scientifico alla scrittura di ogni autore. Uno strumento utile per gli studiosi di teatro ma anche per le compagnie, i registi e i produttori. Un modo per valorizzare e promuovere la scrittura degli autori contemporanei viventi nell’ottica della letteratura teatrale, grazie al supporto delle nuove tecnologie di stampa digitale e dell’editoria on demand. (dan.maz)


PERSONAGGI / STORIA

Presentato alla Provincia di Bari il bando della terza edizione del Premio biennale di Giornalismo e di Laurea

Ricordi e stima per Franco Sorrentino

Sarà istituzionalizzato il Premio di Giornalismo e di Laurea “Franco Sorrentino” con cadenza biennale, indetto nel 2004 da Ida Sorrentino Rotondo per ricordare l’impegno nella società civile del marito, giornalista, scrittore e uomo politico. Lo ha annunciato nel corso della presentazione della terza edizione del “Premio” il presidente della Provincia di Bari cav. lav. Vincenzo Divella, “poichè il Premio

è divenuto ormai un punto di riferimento per le giovani leve nel campo del giornalismo e in quello universitario”. Anche il sindaco di Bari Michele Emiliano ha detto che il Comune aderisce alla prospettiva di consolidare nel futuro il Premio, per ricordare la baresità dirompente di Franco Sorrentino e per esaltare le sue capacità giornalistiche e le sue doti di equilibrato pubblico ammini-

FRANCO SORRENTINO (1923 - 2001) Nato a Bari il 23 giugno 1923, dopo aver frequentato l’Istituto Di Cagno Abbrescia a Bari, consegue la licenza liceale a Roma presso l’Istituto “San Giuseppe De Merode” in Piazza di Spagna. All’età di 22 anni si laurea in Giurisprudenza. Fin da giovane impegnato nella politica attiva di ispirazione liberale della scuola di Benedetto Croce, partecipò alla manifestazione antifascista del 28 luglio del 1943, finita tragicamente nel sangue, a seguito della quale subì l’arresto e la detenzione in carcere per circa un mese. Per la partecipazione a tale evento viene insignito della medaglia d’oro della presidenza del Consiglio Regionale Puglia nel 1973. Iscritto al Partito d’Azione, vi militò fino al 1946; negli anni Cinquanta con il gruppo de “Il Mondo” fondò il Partito Radicale ltaliano, di cui fu Segretario Regionale della Puglia; nel 1952 entrò nel Partito Liberale Italiano. Profuse le medesime energie nel mondo del giornalismo: fondatore del periodico La Piazza, Direttore di Radio Trullo, Telepuglia, Bari Sport, corrispondente estero de La Gazzetta del Mezzogiorno e dell’Agenzia di stampa NEA, vice direttore di Puglia, conduttore televisivo equilibrato e schietto della rubrica trisettimanale di opinioni “Francamente” presso l’emittente RTG Puglia, trasmissione seguita assiduamente dai cittadini baresi, affascinati dall’amore che dimostrava per la Sua città, a cui dedicò molte pubblicazioni. E’ stato Vice presidente regionale e Consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti.

stratore. Dal canto suo Paola Laforgia, presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Puglia, ha ricordato il turbine di passioni e professionalità che ha contraddistinto la vita di Franco Sorrentino e si è detta convinta del felice abbinamento per il Premio del Giornalismo all’Università. Il Premio, secondo il presidente del consiglio provinciale Marco Sportelli, è un riuscito esperimento di sinergie tra pubblico e

Uomo di cultura, studioso, saggista e scrittore ha pubblicato 15 volumi: “Di qua, di là dal mare” (1969); “Bari, una città così” (1970); “Cari nipoti” (1974); “Bari, amore mio” (1975); “Dieci giorni meno” (1976); “Il leopardo sul Kilimangiaro” (1979); “Un gianduiotto per Napoleone” (1979); “San Nicola è amante dei forestieri” (1981); “Giudizio in paradiso” (1983); “Scusi, lei conosce l’Italia?” (1984); “Vista e sognata” (1987); “Testimone d’accusa” (1988); “Viaggio in Algarve” (1974); “Padri e Figli” (1981); “C’ero anch’io...” (2001). Ha ricoperto numerosi incarichi elettivi e cariche istituzionali: nel 1990 Capogruppo Consiliare; nel 1993-94 Vicesindaco della città di Bari (Sindaco Michele Buquicchio) ed Assessore all’Edilizia Residenziale Pubblica; dal 1995 al 1999 Presidente della Provincia di Bari nonché presidente dell’Unione Regionale delle Province pugliesi. Il 2 giugno 2001 è stato insignito dell’onorificenza di Commendatore della Repubblica ltaliana. Dopo la Sua morte, avvenuta il 14 giugno 2001, per volontà della moglie Ida è stalo istituito e finanziato il premio di Giornalismo e di Laurea a lui intitolato, a cadenza biennale, in collaborazione con l’Associazione dei Consiglieri della Provincia di Bari e con il patrocinio di Regione, Provincia e Comune di Bari, Ordine Nazionale e Regionale dei Giornalisti, Università e Politecnico. La Giunta Comunale in data 8 marzo 2007 ha deliberato di intitolare alla Sua memoria il tratto di strada compreso tra Via Adolfo Omodeo e Via Guido Dorso (VI Circoscrizione).

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privato per promuovere il territorio, mentre il presidente dell’Associazione dei Consiglieri della Provincia di Bari Alfonso Pisicchio ha rilevato come il Premio sia intessuto anche di un valore sociale perchè esalta il rapporto dei giornalisti e degli studenti universitari con la propria terra. Interventi flash poi dell’avv. Gianvito Mastroleo, già presidente della Provincia, il quale ha ricordato l’insofferenza di Franco Sorrentino per tutti i poteri dittatoriali, del rappresentante del Rettore dell’Università di Bari e del Prefetto. Infine, Ida Sorrentino, giornalista anch’essa, ha detto, con evidente emozione, di avvertire la presenza del marito che amava il suo lavoro, la sua terra e soprattutto amava molto i giovani ai quali è dedicata una parte del Premio. (d.m.)

Il presidente della Provincia Vincenzo Divella al suo primo atto ufficiale in occasione della prima edizione del premio con la signora Ida Sorrentino Rotondo

La signora Ida Sorrentino Rotondo con il Sindaco di Bari Michele Emiliano che ha voluto intitolare una strada cittadina a Franco Sorrentino

COSI’ IL BANDO DEL PREMIO Art. l L’Associazione dei Consiglieri della Provincia di Bari, con il patrocinio della Regione Puglia, Provincia e Comune di Bari, Ordine Nazionale e Regionale dei Giornalisti, Università e Politecnico di Bari, promuove con i fondi messi a disposizione dalla Sig.ra Ida Sorrentino, la 3. Edizione (Anno 2008) del Premio “Franco Sorrentino” da lei istituito in memoria del Dr. Franco Sorrentino, giornalista e Presidente della Provincia nel mandato ‘95-’99. Art. 2 Il Premio “Franco Sorrentino” si articola in due sezioni: 1) Premio di Giornalismo; 2) Premio di Laurea. Art. 3 Il Premio di Giornalismo di E 2.000,00 per lavori giornalistici (singoli o in serie) su carta stampata o servizi radio televisivi che abbiano riguardato Bari e la sua Provincia sotto il profilo istituzionale, economico, sociale e storico, pubblicati nell’ultimo triennio dalla data del presente Bando. Potrà essere inoltre attribuito un riconoscimento “alla carriera” (premio non in danaro) per giornalisti di lunga carriera che si siano distinti in terra di Bari per la loro attività nel corso degli anni; per tale riconoscimento il giudizio della Commissione potrà basarsi anche sul solo curriculum personale. Art. 4 Il Premio di Laurea di E 1.000,00 per una Tesi di laurea conseguita presso le Facoltà di Giurisprudenza, Economia, Lettere e Filosofia, Scienze della Formazione dell’Università di Bari, e presso le Facoltà di Architettura ed Ingegneria del Politecnico di Bari, discussa nel triennio precedente la data del presente Bando, che abbia trattato il profilo istituzionale, economico, sociale, storico, architettonico, urbanistico, di Bari e della sua Terra nel XX secolo. Art. 5 Le domande di partecipazione, con l’indicazione del nome, cognome, data e luogo di nascita, domicilio e recapito telefonico, autocertificazione di iscrizione all’Albo, curriculum di studi del concorrente nonché ogni altro elemento identificativo necessario, dovrà pervenire alla Segreteria del Premio presso la sede sociale dell’Associazione, Palazzo della Provincia di Bari (Via Spalato 19 - 70121 BARI), a mezzo plico raccomandato o corriere espresso, entro le ore 12,00 del 31 Maggio 2008; alla domanda dovranno essere accluse sei copie della documentazione richiesta, con la quale si intende concorrere (che non saranno restituite) e delle quali una resterà agli atti dell’Associazione. Art.6 Potranno concorrere al Premio: a) giornalisti professionisti e pubblicisti iscritti all’Albo dei Giornalisti; b) laureati presso l’Università ed il Politecnico di Bari a partire dall’Anno Accademico 2005/2007. Art. 7 I premi e/o riconoscimenti, saranno assegnati a giudizio insindacabile delle Commissioni che saranno nominate dal Presidente dell’Associazione. Art. 8 I premi saranno consegnati nell’Aula Consiliare della Provincia di Bari nel prossimo mese di giugno 2008, nella ricorrenza del settimo Anniversario della scomparsa del dott. Franco Sorrentino. Bari 1 aprile 2008 Il Presidente della Provincia Dott. Vincenzo Divella

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Il Presidente dell’Associazione Prof. Alfonso Pisicchio


Le passioni di Sorrentino

Erano il giornalismo e la politica ed il Premio ha l’intento di esaltarle. Sottolineato il rapporto sentimentale con la moglie Ida L’idea di Ida Sorrentino di perpetuare il ricordo del marito Franco con un premio destinato, in una prima sezione, ai giornalisti e, in una seconda, ai giovani laureati, oltre a costituire un’iniziativa di forte interesse sociale perchè tesa a valorizzare studi e ricerche elaborati con riferimento al territorio di Bari e della sua provincia, rispecchia perfettamente le due grandi passioni dello scomparso: il giornalismo e la politica. La prima, caratterizzata dalla attenta e incuriosita osservazione delle vicende di Bari e del suo hinterland, monitorate e commentate sia con gli articoli sulla carta stampata (è stato, da ultimo anche vice direttore del Quotidiano “Puglia”) sia con le sue indimenticabili performances televisive nella trasmissione da lui simpaticamente

intitolata “Francamente”. La seconda, di politico appassionato, sempre teso a scrutare nuovi orizzonti per superare intelligentemente il dejà vu partorendo nuove iniziative da affidare ai giovani talenti per far loro realizzare le scelte più giuste per una futura società, diversa e migliore. Ma a me piace sottolineare anche un altro aspetto che emerge dall’iniziativa intrapresa, quello più squisitamente umano e sentimentale dei rapporti tra Franco e Ida, sposi innamorati e sempre disposti reciprocamente a qualunque rinuncia per il bene dell’altro. Il ricordo bellissimo che conservo di loro è quello di una coppia perfettamente affiatata perchè simbiotica-

Ida Rotondo Sorrentino nel 2002 raccolse in un libro disegni, messaggi, lettere che testimoniano l’amore di suo marito, rimasto immutato fino all’ultimo. In uno dei tanti messaggi Franco Sorrentino scriveva “.... così per la vita e per la morte, noi siamo uniti perchè lo vogliamo, perchè le nostre anime percorrono la stessa difficile strada, con umiltà e con forza: con amore... con tanto amore”.

di Michele Buquicchio

mente integrata nei sentimenti e nell’agire, caratterizzata da rispetto e stima reciproche, cioè dal miglior cemento per una vita in comune. Non avevano figli (il loro amato Nicola volò in cielo dopo solo otto giorni) ma era come se li avessero, tanti erano i giovani, talentuosi e intellettualmente invaghiti del loro maestro, che frequentavano quotidianamente la loro casa. Ricordo, fra i tanti, Alessandro Dispoto e William Formicola, sempre vicini affettuosamente al loro padre spirituale e a sua moglie. Il destino ha voluto privarmi anzitempo di un caro amico, di un vero gentiluomo, di una persona alla quale mi legava una lunga amicizia nei club Lions sin dai miei anni giovanili, pertanto sono felice della bella iniziativa di Ida per ricordare il suo Franco, il nostro Franco Sorrentino, che è stato, ed è ancora per ciò che ha rappresentato, un punto di riferimento per le persone perbene di questa nostra amata Città.

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PERSONAGGI / STORIA

Mussolini come Murat? Nell’ottobre del 1983 NelMese realizzò un ampio dibattito a più voci con l’intento di registrare il pensiero di politici e uomini di cultura su un fatto storico qual è stato il fascismo. Il tema particolare del dibattito era: l’entità degli interventi del governo fascista per lo sviluppo socio-economico di Bari all’indomani del suo avvento e nei successivi anni Trenta. L’iniziativa di NelMese prese lo spunto dalla cronaca della presentazione, con un discorso dell’avv. Augusto Cerri, al Teatro Petruzzelli avvenuta il 25 ottobre 1925 di tre volumi contenenti “pensierini” di 11.600 baresi per Benito Mussolini, fondatore del Fascismo (vedi foto accanto al titolo). L’intento della raccolta da parte dei dirigenti locali del partito fascista era quello di dimostrare che i baresi non erano “freddi” nei confronti del regime e di contro che il governo centrale aveva avviato tutta una serie di interventi per dare un nuovo impulso allo sviluppo della città. Numerosi furono i contributi al dibattito indetto dal periodico. Tra i primi, quello del senatore della Repubblica Araldo di Crollalanza, già podestà di Bari e ministro dei Lavori Pubblici nel periodo fascista, in pratica il fautore di vari interventi governativi per la sua città natale. A conclusione del suo intervento, il senatore di Crollalanza affermò che nell’albo d’oro di Bari dovrebbe essere collocato anche Benito Mussolini accanto al Re Gioacchino Murat (altra foto accanto al titolo), il sovrano del Regno di Napoli che aveva posto la prima pietra il 25 aprile del 1813 del nuovo quartiere al di là di Bari Vecchia. Nel successivo mese di dicembre del 1983 pervenne al direttore del periodico Nicola Bellomo un intervento del giornalista e scrittore Franco Sorrentino. Dalla lettura scaturisce evidente la cultura e la preparazione storica del barese verace che esprime le sue idee e i suoi commenti con moderazione e con accattivante scrittura. L’intervento costituisce un ulteriore contributo alla conoscenza di un uomo che ha messo a disposizione della sua amata-odiata città la sua cultura e il suo impegno di pubblico amministratore. (c.s.) Araldo di Crollalanza

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Da NelMese del dicembre 1983 l’intervento di Franco Sorrentino

Bari, con il Lungomare non si aiutò la città a crescere Caro Nicola ho letto avidamente, nel numero di ottobre della tua prestigiosa rivista, l’inserto dedicato a “Mussolini come il re Murat?” e “debbo” dedicare qualche rigo all’argomento. Non posso proprio farne a meno, credimi. Il fatto è che dopo tanti decenni (a storia compiuta), gli odii assopiti, la maturità raggiunta, le esperienze contemporanee, i ricordi velati dalla nostalgia della giovinezza comunque vissuta, inducono tutti noi a moderare i giudizi ed a stemperarli in più assorte meditazioni. Poi arriva il tuo splendido numero di “NelMese” ed eccomi di nuovo


l’antifascista degli anni Quaranta, pronto alle battaglie di allora: in nome, questa volta, della ragione e del buon gusto e non soltanto della ideologia che, pure, tanta parte ebbe nella mia educazione politica. Ideologia liberale, naturalmente. I “pensierini” per Mussolini Mi spiego meglio. Negli anni del “regime” alcuni di noi, molto pochi per la verità, si schierarono “contro” in nome della libertà personale, del diritto di scelta, del rispetto della storia dell’uomo che è la storia del suo cammino verso la libertà. Il Fascismo non ci piaceva perchè violava ogni regola di libera convivenza e lo combattemmo. Potrei citarti, a soccorso delle nostre tesi di quel tempo, frasi di illustri italiani come Mazzini o Cattaneo o Croce ma (voglio rovinarmi) te ne citerò una di una vittima dell’amatissimo Mazzini: di quello sventurato Pellegrino Rossi ucciso, per colpa di un imbroglio di Pio IX, dal mazziniano Luigi Brunetti, figlio del famosissimo Ceceruacchio. Ebbene questo grande e sventurato Italiano aveva scritto: “La patria è là dove le leggi dirigono senza opprimere... dove il sistema politico non è strumento di supplizi morali diretti contro i cittadini. Là e solamente là esiste una vera patria”. Sotto il fascismo dittatoriale, il fascismo “del silenzio” di Augusto Cerri (che lo rompeva, però, beceramente a suo comodo) non c’era, dunque, una “vera patria”. Ci voleva quel tuo inserto obiettivo e rivelatore per ricondurmi, odoroso di fresco, al tempo infelice in cui undicimila baresi dedicavano i loro scritti ad un dittatore che dichiarava essere innamorato di una città che aveva vista una volta sola ed a cui prometteva aiuti e milioni: un lungomare, una Fiera ed un porto. Ma il lungomare fu disegnato ignorando le correnti marine, il porto, quando arrivò, si dimostrò subito impraticabile e la Fiera languì durante il Regime a causa della politica estera ed economica del paese. Del porto, in particolare, va detto (e vivono ancora i testimoni) che lo stesso Duce riuscì faticosamente ad inaugurarlo perchè al suo arrivo a Bari spirava “la tramontana” ed il suo incrociatore dovette penare per entrarvi.

Ma tutto ciò è ancora poco importante. Non si possono e non si debbono accreditare i regimi politici alle opere pubbliche compiute sotto il loro governo. Tutti i regimi, democratici o dittatoriali che siano, le compiono. Così come non accreditiamo a Stalin la metropolitana ed i grattacieli di Mosca, non possiamo accreditare una strada od una manifestazione economica (come la Fiera) al Duce: non foss’altro perchè non abbiamo la prova che le stesse cose non si

Franco Sorrentino in una fotografia del 1983 sarebbero verificate in un regime liberale. Nel tempo in cui a Bari si edificava il Lungomare e si costruiva il porto cosa avveniva nei paesi della libertà? non si tracciavano strade, non si costruivano porti? non si sviluppavano commerci, non nascevano industrie? La storia dice di sì e ce ne accorgemmo nel ‘40 quando, convinti dalle nostre stesse bugie (capita spesso), sbattemmo contro il muro di paesi che, senza Mussolini, avevano creato quelle economie che ci schiacciarono rapidamente. Il barese di Crollalanza Certo, non lo nego, avemmo un di Crollalanza che da buon barese curò la sua città più di quanto non fece con le altre della regione: strappando la Corte d’appello alla nobilissima Trani e rubando il mare a Bitonto, Triggiano,

Noicattaro in nome della “grande Bari”. Cosa folle che ha provocato e provoca enormi dissesti alle finanze comunali del nostro tempo. La verità è, caro Nicola, che le città e le regioni prosperano se prospera il paese che le contiene ed ha perfettamente ragione Vito Laterza quando paragona la stasi economica della Bari fascista, allo sviluppo economico della Bari degli anni del dopoguerra, dopo la liberalizzazione degli scambi: causa di un “miracolo economico” che trasformò l’intera Italia in un paese industriale e produttivo a livello di concorrenza internazionale. Ha ragione anche Custodero quando trova, nel paragone fra Mussolini e Murat, la comunanza delle iniziali e lo stesso amore, i riti, la liturgia: figlie della dittatura. In un suo delizioso volumetto “In che cosa credono gli Italiani” Giorgio Bocca scrive che molti di noi amano vedere, nelle cose, soltanto quello che vogliono, trascurando la verità più solare. Un bisogno di illusione, in sostanza. Bene: si tengano le loro illusioni certi italiani “spendendo in questo bisogno molta parte della loro intelligenza” come afferma Saul Bellow. Noi uomini ragionevoli non dobbiamo e non possiamo comportarci a questo modo. Dopo quaranta anni non ho cambiato parere sul fascismo ed il tuo inserto è servito soltanto (e te ne sono grato) ad ammonirmi sull’uso della parola perchè per nulla al mondo vorrei parlare come Augusto Cerri. Una prosa che fa allegare i denti. Degli undicimila baresi posso soltanto dire che “spero” furono costretti a scrivere quello che scrissero. Una speranza molto vaga, per la verità, determinata dal mio amore per i miei concittadini. Ma senza molte illusioni. La folla mi fa paura (come a Giorgio Bocca): è capace di tutto. Di osannare ai dittatori, di glorificare un galantuomo per un lungomare mal fatto e di evitare attentamente ogni riflessione sulla storia del paese. Quella vera: che si scrive con fatti e cifre “dopo”. A cose fatte. Per vedere se non sia il caso di stare più attenti per l’avvenire. Ciao.

Franco Sorrentino nelmese - 4/2008 - 21


LIBRERIE & LIBRI Dalla prefazione del volume

Per conoscere meglio il territorio

Con questo libro su Trani parte una nostra nuova iniziativa editoriale: una serie di prestigiose monografie dedicate alle principali città del territorio sul quale il Gruppo Banca Popolare di Bari opera. Sono monografie che si affiancano a tutte le pubblicazioni che fanno parte ormai di una nostra sempre più nutrita biblioteca, affidate alle firme più autorevoli e alla veste editoriale più raffinata. Con la consueta finalità: contribuire a conoscere sempre meglio questo territorio, nella convinzione che la conoscenza sia il fondamento della appartenenza e quindi dell’amore verso tutto ciò che fa parte della nostra storia, del nostro ambiente, della nostra tradizione, in una parola della nostra ricchezza. Tutto ciò si sposa perfettamente con la concezione che ha sempre ispirato il nostro Gruppo bancario: creare valore non soltanto con gli strumenti economici e finanziari, ma anche con quelli della cultura, intesa con quanto di meglio una comunità è capace di esprimere nelle sue varie manifestazioni. Un impegno che riteniamo importante soprattutto al Sud, grande serbatoio di tesori sempre da valorizzare al meglio. E soprattutto in tempi in cui la globalizzazione rischia di soffocare il localismo, l’inestimabile miniera delle radici, fondamento di quei saperi più profondi da non perdere mai.

Marco Jacobini, amministratore delegato Banca Popolare di Bari

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Trani, non solo Duomo

Anche storia, cultura, luoghi e atmosfere da riscoprire nella città che strega. La Banca Popolare di Bari le dedica una prestigiosa monografia edita da Adda

di Claudia Serrano La pietra e il mare: l’immobilità della pietra, antica e immutata, che custodisce nella sua fissità secoli di storia; e l’andirivieni del mare, il suo continuo fluire che “offre a un tempo l’idea dell’immensità e del movimento”, il mare che anche quando è piatto non è mai immobile e che solo a guardarlo si spalancano il cuore e la mente, e che è commercio, incontri, orizzonti lontani. Forse è questa la combinazione segreta di Trani, forse è per questo che Trani è così… unica: perché qui si sono incontrati da sempre l’immobile e il mobile, il passato e il futuro, la terra e il mare. E l’uno e l’altro si fondono nella

malia della sua cattedrale, la “gigantesca nave arenata sulla scogliera”, la chiesa dedicata a San Nicola Pellegrino che “suscita il fremito dei naviganti”; la cattedrale che è diventata il simbolo di Trani e una delle chiese più fotografate di Puglia per la bellezza delle sue linee, per la sua sagoma inconfondibile ed elegante, per quel suo tendere a un vertiginoso volo verso il cielo mentre è “assisa sulle acque” (come scrisse Dante, pur non avendola mai vista). Eppure Trani non si esaurisce nella sua splendida cattedrale, come sembra suggerire il libro Trani, la prima di una serie di monografie che la Banca Popolare di Bari dedicherà alle principali città del territorio su cui opera:

Uno scorcio del cortile interno del Palazzo arcivescovile con ariose logge in corrispondenza dei piani superiori


La copertina con il Duomo la cui costruzione risale al 1143. L’interno a croce latina diviso in tre navate con le caratteristiche colonne binate i cui archi a doppia ghira sono sormontati dalle trifore del matroneo

Uno dei bastioni angolari del Castello aggiunto all’edificio svevo nel corso dei lavori di ristrutturazione del 500 una veste raffinata regalata da Mario Adda Editore, le suggestive foto di Nicola Amato e Sergio Leonardi e le firme autorevoli di Lino Patruno, Stefania Mola e Raffaele Nigro, insieme per promuovere, ancora una volta, la conoscenza e la valorizzazione del nostro territorio, sempre più necessari nell’era della globalizzazione. Un libro che è un invito a mettersi in macchina e a tornare nelle strade della città dalla bellezza raffinata e nobile, della “nobildonna del mare”, come la chiama Lino Patruno, come se Trani fosse un’elegante signora di altri tempi che con la sua bellezza

antica ha incantato viaggiatori, scrittori, osservatori di ogni tempo e provenienza. In questo libro c’è tutto quel che Trani ha ispirato loro: le parole colme di amore e devozione, la meraviglia, la contemplazione, il desiderio di tornare. Se la città è l’espressione più completa di una civiltà, Trani è l’espressione di una civiltà completa. Quindi non solo cattedrale, si diceva, ma anche una storia complessa e fascinosa, ripercorsa in questo volume dalle mitiche origini (Tirenus fecit), attraverso gli importanti Statuti marittimi del 1063, la partenza dei crociati al grido “Deus vult” che si rovescia poi nella convivenza di cattolici, ebrei, islamici e ortodossi, testimoniata dalla presenza delle sinagoghe e della moschea. E poi l’edilizia, dalle chiese che si possono scoprire insinuandosi tra i vicoli e gli slarghi del centro storico (S. Giacomo con il suo portale a fogliami, Santa Lucia che sembra quasi una miniatura e l’imponente Santa Teresa, S. Domenico con la sua facciata “a vento”), alla raffinata e monumentale edilizia civile della villa comunale, dei palazzi padronali e delle dimore storiche; senza dimenticare il borgo ottocentesco, invidiabile scrigno di vicoli, lucerne, archi, cortili, chiese, portoni, stemmi, edicole votive, logge, e la Trani moderna di impronta murattiana. Oggi tra queste strade si sono moltiplicati i locali, le pizzerie

e i pub, è la Trani notturna dei nostri giorni, ancora attraversata però dai suoi odori e sapori, quello del Moscato, del pesce, dell’olio, e che non perde la magia della sua pietra bianca né la capacità di stregare. Sarà che oltre ad avere una cattedrale che ipnotizza e un celebre castello, il mare che allarga gli orizzonti e la pietra nella cui luce è imprigionato il passato, oltre ad essere stata crocevia di popoli e culture del Mediterraneo, Trani ha conosciuto uno splendore culturale tale da essere definita “Atene delle Puglie”. A Trani è nato il più antico teatro stabile pugliese e Luigi Chiarelli ha fondato una tradizione di scrittura teatrale; qui si stabilì definitivamente l’editore Valdemaro Vecchi, qui nel XVII secolo furono attive le Accademie degli Oziosi e dei Pellegrini, qui artisti di ogni genere, scultori, pittori, architetti, hanno celebrato, con le

Scorcio di uno stabilimento per la lavorazione del “Marmo di Trani”, così chiamata la roccia calcarea affiorante nel territorio fino alla zona murgiana settentrionale loro opere, la bellezza. E la bellezza di questa città che, come scrive Stefania Mola, affonda le sue radici nell’acqua e nella roccia, è il tema portante del volume Trani, che tra visioni, ricordi storici e scoperta di angoli inesplorati, si rivela una sentita dichiarazione d’amore a una città forse più corteggiata dagli stranieri che da noi: “si comincia ad amare l’Italia da questa piazza”, ha detto negli anni Novanta un presidente tedesco, mentre contemplava la cattedrale di Trani. Noi, intanto, potremmo ricominciare ad amare la Puglia a partire da questa città.

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LIBRERIE & LIBRI

I protagonisti Una nuova collana della casa editrice barese Progedit per restituire la memoria di figure che hanno illustrato con l’impegno e la professione la vita civile della Puglia

Diego Labriola, Giovanni come Enzo Lavarra, Papapietro, Giuseppe Casuoi amici come Lucio stellaneta, Rina Durante. Pollice e personalità Quale filo abbiamo chiesto della politica italiana, all’editore della Progedit, da Amendola a NapoGino Dato lega un prestilitano. gioso notaio,il primo, a un La figura di Giovanni fine intellettuale e politico, Papapietro, scrive il il secondo, a un principe Presidente della Redel Foro, il terzo, a una pubblica Giorgio Naposcrittrice e giornalista, litano, resta esemplare l’ultima? proprio per il rapporto Gino Dato Due peculiarità. L’aver profondo, organico tra illustrato, con la loro chiara profespolitica e cultura che la caratterizsione e il costante impegno, la vita zava. civile della Puglia nella seconda metà Mentre i due volumi su Labriola del Novecento. La necessità, esprese Papapietro sono già usciti, si sa dai contemporanei, in primo luogo lavora ad altri due, quelli dedifamiliari, ma anche amici ed allievi, cati a Rina Durante e a Giuseppe di serbare la memoria del loro lavoro. Castellaneta. Con i libri-ritratti di questi quattro Con ‘La scrittura delle Radici’ è personaggi si apre ‘I Protagonisti’, la l’equipe di saggisti in erba del linuova collana che intende appunto ceo scientifico di Galatina a intraillustrare figure insigni della nostra prendere un viaggio nel mondo terra che rischiano di cadere nell’ointellettuale di una scrittrice del blio e delle quali temiamo di perdere Salento, Rina Durante, alla riscoi segni che hanno impresso al paese. perta delle sue scelte letterarie e Ogni volumetto, sia pur diverso per del rapporto con la sua età, ma la cura e le caratteristiche tecniche, soprattutto un’immersione nel suo mira a raccogliere alcuni scritti di mondo personale e interiore. rilievo che gli stessi hanno seminato Il lavoro scava nella profondità nella e per la loro attività, unitamendi un pensiero e di una ideologia, te agli schizzi o ai giudizi che su di per recuperare le radici culturali essi hanno pronunciato i contempoed identitarie della Puglia, la cui ranei o coloro che, nella loro azione, storia diviene simbolo dell’emarall’esemplarità dei primi si sono ispiginazione subìta da ogni terra del rati. il primo dedicato a Diego LaSud. Emerge da queste pagine, briola si intitola ‘Storia e storie di un ricche di citazioni dalle sue opere, notaio’ curato dal figlio Michele anche l’amore di Rina Durante per il lui notaio di cui NelMese ha riportato territorio, per la cucina genuina e un’ampia recensione nel numero di per la cultura popolare, che hanno gennaio. rappresentato nella sua produ‘La politica del dialogo’ è il libro zione letteraria le principali fonti dedicato il libro dedicato a Giovanni d’ispirazione. Papapietro, che non disgiunse mai Infine, il quarto volume prevede l’attività culturale (fu caporedattore una antologia di scritti giovanidella Casa editrice Laterza) dall’atli di Giuseppe Castellaneta, e vi tività politica, percorrendo il cursus stanno lavorando in particolare la honorum fino a diventare prima convedova, Virginia Ambrosi, insieme sigliere regionale e poi parlamentare a intellettuali e studiosi del calibro europeo della Puglia. di Mario Spagnoletti e Vincenzo Il volume, curato da Vanna Cotturri, Persichella. si articola in due parti. Vogliamo sperare - ha concluso Al ricordo della moglie Marisa segue l’editore - che l’esempio di queuna antologia di brani tratti dagli sti quattro libri possa indurre le scritti, letterari o politici, che Papainiziative per altri e nuovi profili di pietro compose in diversi momenti intellettuali e professionisti della della sua vita e per diverse circonostra terra. stanze. La seconda parte raccoglie gli Abbiamo bisogno di storie, di stointerventi commemorativi che, in ocrie nobili e coraggiose da racconcasione del primo anniversario della tare. (d.m.) morte, pronunciarono suoi discepoli

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ECONOMIA / CREDITO

BANCA POPOLARE DI PUGLIA E BASILICATA

Compie 125 anni la Banca Popolare di Puglia e Basilicata - nata dopo una serie di fusioni - e si presenta agli oltre 23.500 soci, il 90% dei quali residenti nelle due regioni, con il bilancio 2007 in positivo e con cifre in aumento rispetto all’anno precedente. Infatti, l’assemblea ordinaria, svoltasi a Gravina presenti 1.300 soci che hanno espresso 2.600 voti, ha approvato all’unanimità il bilancio con un utile netto di 21,3 milioni di euro, il 5,1% in più dell’anno precedente. Il dividendo per azione, in aumento rispetto al 2006 è di euro 0,41 e il valore dell’azione in base al patrimonio netto passa da 9,45 a 9,69 euro. La raccolta globale è stata di 5.346 milioni di euro con un incremento dell’1,5% rispetto all’anno precedente. In crescita del 14,3% gli impieghi a clientela, da 2.202 a 2.517 milioni di euro. Gli impieghi totali si sono attestati intorno ai 2.729 milioni rispetto a 2.457 milioni dell’anno prima con un incremento dell’11,1%. Il patrimonio netto della Banca, compreso l’utile di esercizio risulta quindi pari a 292 milioni di euro, in crescita rispetto al 2006 del 7,5%. La Banca ha registrato anche un’espansione per quanto riguarda gli sportelli che ne conta attualmente 123 in 11 regioni e 37 provincie. Di questi sportelli ben 44 sono ubicati al di fuori della Puglia e della Basilicata: 13 nel Nord-Italia, in Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia Romagna, 20 in

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Tutti i più del bilancio

Il presidente avv. Raffaele D’Ecclesiis, il direttore generale dott. Errico Ronzo e il presidente del collegio sindacale dott. Giuseppe Catapano Campania e Lazio; 11 infine in Molise, Abruzzo e Marche. Al termine dell’assemblea che ha rinnovato in parte le cariche sociali, il ri-

confermato presidente avv. D’Ecclesiis ha dichiarato tra l’altro: “Il consenso unanime del corpo sociale su tutti gli argomenti all’ordine del giorno premia il lavoro sinergico

Sullo sfondo, il Presidente e i consiglieri di amministrazione


IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE presidente D’Ecclesiis avv. Raffaele vice presidenti Caso avv. Pasquale Grippa dott. Michele consiglieri Borsci dott. Antonio D’Ayala Valva dott. Arturo Giglio Michele Moramarco dott. Giuseppe

dell’Amministrazione e della Direzione Generale e le scelte strategiche effettuate. Nell’anno in cui si celebra il 125° anniversario della fondazione della nostra Banca, aver presentato un bilancio più che positivo, frutto unicamente della gestione caratteristica,

Pennacchia rag. Michele Saraceno dott. Domenico Squicciarini dott. Vito Tucci dott. Antonio Pasquale COLLEGIO SINDACALE presidente Catapano dott. Giuseppe sindaci effettivi Ludovico dott. Claudio Massari prof. Lanfranco sindaci supplenti

e poter distribuire ai nostri soci un ottimo dividendo, è per noi motivo di grande soddisfazione e rafforza quel sentimento di attaccamento ai valori aziendali che da sempre contraddistingue la nostra compagine sociale e il personale”. (nic.bel.)

Uno scorcio della sala dove si è svolta l’assemblea a Gravina

Papangelo rag. Luigi Pugliese dott. Ubaldo COLLEGIO PROBIVIRI Membri effettivi Di Cagno avv. Augusto Digiesi notaio Domenico D’Introno Domenico Ferri avv. Domenico Lasalvia avv. Nicola Giov. membri supplenti Buonfrate avv. Bruno Falcicchio dott. Donatangelo

Una foto storica dell’archivio di NelMese: gennaio 1974, cerimonia inaugurale della Banca Popolare della Murgia, nata dalla fusione - la prima di una serie - tra la Banca Cooperativa Agraria di Gravina (fondata nel 1883) e la Banca Popolare di Altamura (1888). Al tavolo, da destra, il vice presidente della Banca, Nardulli; il sindaco di Gravina, Petrara; il consigliere regionale, Colonna; i sottosegretari al Tesoro, sen. Picardi e alla Difesa, on. Lattanzio; il Ministro delle Finanze, on. Colombo; il presidente dell’Associazione fra le Banche popolari “Luzzatti” e vice presidente della Confederazione internazionale del Credito Popolare, Parrillo; il presidente della Banca Popolare della Murgia, Lorusso, il direttore centrale della Banca d’Italia per il Governatore Carli, Venturini; il direttore della AssiLuzzatti, Murè; il sindaco di Altamura, Zaccaria e il rappresentante dell’Associazione Bancaria Italiana, Bressan nelmese - 4/2008 - 27


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ECONOMIA

Intese Puglia-Albania

Confermato il protocollo di collaborazione tra la Camera di Commercio Italo Orientale di Bari e la Confincom di Tirana. Saranno organizzate mostre, fiere, scambi commerciali e culturali La Camera di Commercio Italo-Orientale di Bari ha rinnovato il protocollo di collaborazione con la Confincom (Confederazione delle PMI Albanesi) di Tirana. Le due associazioni, rappresentate dai rispettivi presidenti, Silvio Panaro e Imir Kamba, confermano quanto siglato per la prima volta il 23 luglio 1997 nella capitale albanese. Nella prospettiva sempre più concreta di una prossima entrata nell’Unione Europea, la Camera di Commercio mostra ancora una volta il suo interesse per questo paese. Questo accordo rappresenta infatti una nuova opportunità per facilitare tutte le azioni che possano agevolare nel tempo Da sinistra, Silvio Panaro e Imir Kamba l’accordo di stabilità dell’Albania per l’ingresso nella Comunità Europea, così che il Paese possa trovare rapidamente la strada per adempiere alle nuove condizioni economiche, legislative e sociali richieste. Si tratta di un’ottima occasione per tutte le aziende italiane associate per ampliare i propri contatti. La necessità di creare condizioni favorevoli per lo sviluppo socio economico albanese rappresenta quindi una reale opportunità, realizzabile anche attraverso la costituzione di PMI e joint ventures tra Albania e Italia. La Camera di Commercio Italo Orientale che già dal 1994 ha aperto una delegazione per l’Albania a Tirana ha voluto rafforzare la collaborazione con la Confincom, che diventa partner locale con il quale procedere una fitta collaborazione. Analizzando nel dettaglio il testo si può meglio comprendere l’entità di questo protocollo. Innanzitutto si punta a promuovere la conoscenza dei rispettivi associati, che avranno la strada spianata per eventuali investimenti o relazioni commerciali anche grazie all’impegno delle due associazioni ad una reciproca assistenza nei rapporti con le pubbliche amministrazioni e con altri organismi pubblici e privati del rispettivo paese. E poi tanti progetti in comune, come l’organizzazione di mostre, fiere, delegazioni, scambi commerciali e culturali anche nell’ambito dei programmi comunitari. Tutto ciò alla luce dell’importanza decisiva che riveste la cooperazione economica tra Italia e Albania, soprattutto per la Puglia.

Amministrazione - Redazione: Via D. Nicolai, 39 - 70122 Bari Tel. 080/5214220 - Fax: 080/5234777 http://www.cacucci.it - e-mail: info@cacucci.it Librerie: Via B. Cairoli, 140 - 70122 Bari Tel. 080/5212550 - Fax: 080/5219471 Via S. Matarrese, 2/d - 70124 Bari Tel.-Fax: 080/5617175

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ECONOMIA

Angelo Battista sociologo del lavoro e consulente di “enpowerment” e sviluppo organizzativo Oggi si parla sempre più spesso di “empatia”. In ogni ambiente lavorativo e non, ricorre con insistente e a volte fastidiosa frequenza tale termine. E il fastidio forse nasce dalla sensazione che la bella parola empatia venga usata a sproposito e senza alcuna cognizione di causa. Quindi, è lecito domandarsi se davvero se ne conosce il significato. Il concetto di empatia merita comunque alcune riflessioni, data l’importanza notevole che essa riveste in qualsiasi contesto comunicativo. Importanza che deriva dal fatto che oggi in una società perennemente in corsa contro il tempo e spesso in conflitto con se stessa, è l’ansia da prestazione l’unica vera “protagonista” a dominare la scena. Ansia di arrivare primi, ansia di fare sempre di più e meglio, ansia di avere tutto e subito. E così c’è veramente poco spazio per l’empatia. Che sembra, per chi la conosce e ancora la pratica, una cosa di altri tempi, troppo impegnativa e per “cervelli fini”, salvo poi a riempirsene elegantemente la bocca ad ogni piè sospinto. Madre natura sembra aver fatto dono di questa importantissima qualità umana al gentil sesso. Sono loro, le donne, ad aver meglio compreso la sua valenza e il suo potere simbolico, e alcune di loro sono diventate ottime maestre nel gestire adeguatamente tale potere nel ruolo di madri, mogli, imprenditrici e donne manager. In tempi in cui scarseggiano sempre più le occasioni per vedersi, stare insieme, comunicare, scambiare idee e confrontarsi, complice internet e le tecnologie multimediali, che hanno reso la comunicazione faccia a faccia quasi un “optional” privilegiando chat e sms, i rapporti umani sono sempre meno profondi, più effimeri, superficiali e poco gratificanti. E questo accade dovunque, sul posto di lavoro, a scuola, in famiglia, per strada e più in generale nell’“universo comunicativo” cioè in quello spazio simbolico infinito e senza tempo dove la riflessione, l’ascolto, il dialogo e la consapevolezza di sé sembrano aver ceduto purtroppo il posto alla superficialità, al consumismo, al conflitto generalizzato e al degrado dei valori morali, eticamente fondati. Il termine empatia deriva dal greco e identifica la capacità personale di “mettersi nei panni” degli altri, di calarsi nella loro realtà per comprenderne punti di vista, pensieri, sentimenti, emozioni e “pathos”. L’empatia è una forma intangibile, silenziosa, ma allo stesso tempo profonda, efficace e potente di comunicazione interpersonale, che non richiede necessariamente l’uso delle parole per rivelarsi

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L’empatia: strumento prezioso per comunicare meglio

di Angelo Battista

o essere dimostrata. Infatti, può essere espressa anche attraverso il linguaggio del corpo. Dal punto di vista della prospettiva sociale, l’empatia è un’importante competenza emotiva grazie alla quale è possibile entrare più facilmente in sintonia con la persona con la quale si interagisce. Senza tuttavia che ciò implichi necessariamente la giustificazione a priori di un comportamento, l’accettazione incondizionata e senza riserve di un certo modo di fare, o la condivisione di un particolare stato d’animo. L’empatia può essere anche paragonata a un “ponte a due vie” invisibile, che però permette di entrare in punta di piedi nel mondo dell’altro, di rimanervi il tempo necessario per comprendere motivazioni e intensità del suo vissuto emozionale, per poi ritornare ad essere se stessi, coerenti con la propria realtà esistenziale. L’empatia si qualifica in qualsiasi ambito un’abilità sociale di fondamentale importanza, anzi si può dire che rappresenta uno degli strumenti basilari di una comunicazione interpersonale veramente efficace e gratificante. Che si manifesta con l’ascolto attivo, che diventa appunto empatico quando si è disposti ad uscire dai propri schemi mentali e a non tener conto degli interessi personali per considerare quelli dell’altro. Quando si è capaci di attraversare il suo “campo di esperienza” senza alcun pregiudizio, facendo proprie le aspettative di ascolto e di comprensione di chi ci sta di fronte. Nelle relazioni interpersonali l’empatia diventa così la principale e forse unica “chiave di accesso” ai sentimenti, agli stati d’animo, alle motivazioni e più in generale al mondo dell’altro. Grazie ad essa si può non solo afferrare il senso di ciò che afferma l’interlocutore, ma coglierne anche il significato più profondo sintonizzandosi sulla sua stessa “lunghezza d’onda” psico-emotiva. Questo ci consente di amplificare la valenza del suo messaggio, di coglierne elementi impliciti e spesso non rivelati al di là del contenuto semantico della frase, e di comprendere la metacomunicazione, cioè quella parte veramente significativa del messaggio, espressa dal linguaggio del corpo, che è possibile


decodificare proprio grazie all’ascolto empatico. Da ciò si deduce che in una comunicazione interpersonale efficace e funzionale al raggiungimento degli obiettivi insiti in un determinato contesto comunicativo, non basta soffermarsi solo su quello che si dice, bisogna saper andare oltre, dando adeguata rilevanza soprattutto al “come” (metacomunicazione). Che poi è il modo in cui ci si rivolge all’altro. E’ sempre opportuno analizzare quali elementi della comunicazione non verbale e paraverbale prevalgono (postura, gestualità, tensione muscolare, prossemica, mimica facciale, tono, timbro e volume della voce, lunghezza delle pause, ecc.), e soprattutto è importante capire con quale modalità di relazione (simmetrica o complementare) si gestisce o si intende gestire il rapporto con il proprio interlocutore. Pertanto, l’empatia può essere considerata una forma strategica di comunicazione, uno strumento sofisticato di risonanza emozionale, una sorta di ”radar emotivo” con cui captare e decodificare i segnali deboli della mente e del cuore, gli stati d’animo più profondi e i pensieri nascosti. Allora l’empatia assume il carattere di una dimensione relazionale profonda e autentica, per niente scontata, in grado di avvicinare due interlocutori e di produrre effetti positivi sul piano della comprensione reciproca. Empatia quindi come competenza distintiva irrinunciabile per qualsiasi ruolo professionale e sociale, ma in particolar modo per chi opera nell’ambito delle professioni di aiuto (medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, agenti di polizia penitenziaria, counselor, coach, ma anche più semplicemente genitori alle prese con i problemi del disagio giovanile dei propri figli). Ma è competenza oltremodo indispensabile e preziosa anche nel lavoro a contatto con clienti e pubblico. Infatti, in ognuno dei suddetti ruoli, l’empatia fornisce informazioni utili per interpretare e a volte prevedere, al di là delle parole pronunciate e di quelle non dette, l’essenza, le intenzioni, i bisogni impliciti e le motivazioni più profonde di un comportamento passato, presente o futuro, altrimenti difficilmente comprensibile con la sola forza della logica e della ragione. Così quando si parla di empatia, allora forse è bene riflettere e parlarne come preziosa abilità sociale, come competenza distintiva di livello superiore, come strumento sofisticato e potente per un’efficace e positiva gestione dei rapporti interpersonali e della comunicazione organizzativa. Qualcosa di utile a tutti indistintamente, da portare sempre con sé nella propria valigetta degli attrezzi per comunicare e vivere meglio!

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ATTUALITA’ / SPECIALE Per la prima volta nella sua storia quarantennale, il periodico dedica alcune pagine al suo direttore responsabile ed editore. L’occasione, unica ed irripetibile, la fornisce il cinquantenario di iscrizione all’Ordine dei Giornalisti. Nessun esibizionismo. Vuole essere soltanto la testimonianza, per quei giovani aspiranti giornalisti che leggeranno queste note, dell’impegno, dei sacrifici e della passione per una professione che, nonostante tutto, rimane sempre una delle più affascinanti e interessanti

Giornalista

da mezzo secolo Una targhetta d’argento per i 50 anni di iscrizione all’Ordine dei Giornalisti di Puglia. Intervista a Nicola Bellomo

29 Marzo 2008, in occasione dei 50 anni di iscrizione all’Ordine dei Giornalisti di Puglia: il presidente dell’Ordine, Paola Laforgia mentre consegna la targhetta a Nicola Bellomo Certo in quel saloncino della sede dell’Ordine dei Giornalisti di Puglia nel cuore della città vecchia, stracolma di persone al punto da non poter oltrepassare la soglia, il tempo

di Claudia Serrano

Una cerimonia semplice, pochi fronzoli e molte emozioni per i giornalisti premiati per i cinquant’anni e i quarant’anni di carriera, e anche per chi come me, appena agli inizi di un lunghissimo cammino, si è ritrovato a festeggiare chi quella strada la percorre già da una vita. Giocare ad immedesimarmi in quei giornalisti, provare ad immaginare cosa pensassero e soprattutto cosa provassero nel momento in cui ritiravano il premio e posavano per la foto, molti desiderosi di spendere due parole sulla propria carriera e sulle persone che l’avevano resa migliore, alcuni orgogliosi di mostrare il primo tesserino, quasi in una gara a chi godesse di maggiore anzianità, è stato per me un viaggio alla rovescia, è stato come partire dalla fine.

faceva sentire la sua presenza, spargendo il bianco sulle teste canute dei premiati, costringendo alcuni di loro a farsi accompagnare da figli o nipoti, e molti

altri a delegare il ritiro del premio, impossibilitati ad essere presenti per problemi di salute. E altra peculiarità, impronta del tempo trascorso, i professionisti premiati erano quasi

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tutti uomini, segno evidente della rarità della presenza femminile nel giornalismo di cinquant’anni fa, almeno in Puglia. E pensare che la cerimonia di premiazione era invece presieduta dal presidente dell’Ordine Paola Laforgia, una donna! Ma anche il tempo ha lasciato spazio all’entusiasmo di raccogliere i frutti del proprio impegno, per chi ha terminato la propria carriera come per quei presenti ancora impegnati nell’attività giornalistica. Non credo ci sia bisogno degli anniversari per ricordarsi di quel che si è fatto per una vita, eppure ritrovarsi insieme a festeggiare, a rievocare gli anni condivisi, e anche a rimpiangere i colleghi che quel premio non l’hanno potuto ritirare, ha diffuso nell’aria una certa emozione, palpabile anche per un semplice spettatore. E ha seminato molte domande: su cosa sia stato il giornalismo per quella generazione di professionisti, come ciascuno di loro abbia contribuito a scriverne la storia, se sono stati maestri per le generazioni successive, come abbiano visto cambiare il mondo giornalistico, e mi sono anche chiesta “chissà cosa si aspettano dal giornalismo delle prossime generazioni”. Così ho posto alcuni di questi interrogativi al dottor Nicola Bellomo, mio direttore, premiato per i cinquant’anni di attività giornalistica, in un’intervista volutamente fatta a caldo, subito dopo la premiazione… * * * Innanzitutto complimenti! Cinquant’anni di carriera giornalistica…a me, che sono appena agli inizi, sembra un’eternità! L’ho vista emozionarsi durante la cerimonia… In effetti è stata una cerimonia che ha destato in me, e in tanti altri, molte emozioni. Il pensiero è andato anche ai colleghi assenti perché prematuramente scomparsi e ad altri che, pur essendo in vita, purtroppo sono stati impossibilitati ad essere presenti per infermità di vario genere. C’è stato anche il piacere di rincontrare tanti colleghi con cui ho condiviso molti anni di lavoro, e l’emozione di vedersi passare davanti, in un baleno, i cinquanta anni di attività giornalistica: gli entusiasmi, le diffi-

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coltà, anche le delusioni su quello che è il ruolo del giornalismo… Rimane il fatto che il giornalismo non è solo un lavoro. Se il giornalismo è passione, difficilmente questa si spegne con gli anni. E per lei è stato una passione? Sì, pochi mesi prima di approdare alla Gazzetta del Mezzogiorno, alla fine del 1961, avevo avuto un’offerta di assunzione presso una banca nazionale. Considera che gli stipendi bancari allora, negli anni ’60, erano eccezionali rispetto agli altri. Ho aspettato più di un mese con la lettera di assunzione in tasca prima di rinunziare. Voleva a tutti i costi fare il giornalista. Sì anche se, in quegli anni il giornalismo non godeva della popolarità di oggi e anche gli stipendi non erano come quelli dei bancari. Mia madre e mio fratello non furono contenti della mia decisione: dissero che non avevo fatto una buona scelta. Ma io, imperterrito, avevo già deciso, pur non avendo in quel momento nessuno spiraglio di assunzione, avevo solo una serie di collaborazioni. Volevo comunque farlo. Però oggi può dire che ne sia valsa la pena. Ne è valsa la pena e non mi sono mai pentito, neppure nei momenti difficili. E rifarei le stesse cose che ho fatto, lo stesso percorso. Ha parlato di momenti difficili. Quali sono state le difficoltà che ha incontrato nella sua carriera? Non è stato facile, soprattutto agli inizi, né per me né per i miei colleghi. Ora si sente parlare tanto delle difficoltà dei giovani ad inserirsi nel mondo del lavoro, ma anche per noi, per me, non è stato semplice. noi non abbiamo mai avuto tutto e subito: i compensi erano minimi, le soddisfazioni erano centellinate; far apparire una firma su un quotidiano era molto difficile.

Ora invece, purtroppo, c’è una diffusa inflazione. In questi cinquant’anni di carriera giornalistica lei ha visto l’Italia trasformarsi, ha assistito a mezzo secolo di mutamenti della società e della cultura italiana. Assistere a questi cambiamenti con gli occhi del giornalista le ha permesso di guardare la storia con una prospettiva diversa? Ho visto cambiare il mondo in senso negativo, ho visto acuirsi tanti problemi della società, uno per tutti il fenomeno della droga, che in cinquanta anni si è enormemente sviluppato. La delinquenza c’era, ma non quella minorile, e la delinquenza organizzata non era così incisiva come oggi. Lei è stato anche testimone dei cambiamenti verificatisi nel mondo del giornalismo. Cosa è cambiato in questi cinquant’anni? E quali sono, se ci sono, gli elementi di continuità? Per quanto riguarda il giornalismo vero e proprio, già da allora non c’era la libertà di stampa che si può pensare. Nella mia carriera mi sono capitati tanti fatti che lo dimostrano. Spesso accadeva, per esempio, che dopo un’intera giornata trascorsa a seguire un importante personaggio politico, alla fine il mio resoconto venisse sostituito dalla “velina”, che riassumeva in poche righe quello che aveva detto l’uomo politico in questione. C’è da dire che un’influenza politica c’è sempre stata, ma non quanto oggi: ora sono molto più influenzati anche dai gruppi finanziari. Comunque, seppure il giornalismo fosse più libero rispetto ad oggi, non vi era la libertà che speravamo. Tanto è vero che io e alcuni miei colleghi della cronaca sentimmo il bisogno di avere un nostro organo di stampa, con il quale potessimo esprimere con più libertà le nostre idee. E così è nato NelMese? Così è nato NelMese, che per molti anni ho affiancato, con grande difficoltà, al lavoro alla Gazzetta del Mezzogiorno, il che mi fu permesso dall’allora direttore responsabile Oronzo Valentini. Questo abbinamento mi obbligò ad impegnarmi di più, per dimostrare che la rivista non mi distoglieva neanche un minuto


dal lavoro del quotidiano. Cosa ha significato e significa NelMese nella sua vita? È stato, ed è tuttora, un impegno giornaliero che io ho voluto portare avanti con serietà e soprattutto con dignità, senza mai chiedere contributi di alcun genere a organi politici o privati. Ho venduto e vendo una “merce”, se così la si può definire, e ho sempre ottenuto delle adesioni veramente significative e lusinghiere. E qual è, secondo lei, il motivo della favorevole accoglienza di cui la rivista ha sempre goduto? Molti dicono che è fortuna, ma non è fortuna, è il frutto del lavoro, della

significava essere giornalmente a contatto con tutta una serie di situazioni e problemi dei vari mondi, da quello politico a quello industriale, commerciale, scolastico, dei giovani, e via dicendo. C’è stato qualcuno che l’ha incoraggiata nell’intraprendere la carriera giornalistica e l’attività della rivista? Sì, a cominciare da Oronzo Valentini, che per me è un modello molto importante. Valentini ha sempre dedicato gran parte della sua giornata al lavoro. Incoraggiava molto i giovani. Penso anche a Delgado, che mi volle come collaboratore nell’ufficio di corrispondenza da Bari

tutti i partiti. Questo è significativo. Infatti, è stata per me la conferma che quello che stavo facendo era almeno ben accetto. Poi, piano piano, ho incrementato le rubriche e le conoscenze. Una volta lasciata la Gazzetta del Mezzogiorno - in largo anticipo rispetto l’età pensionabile - ho intensificato la mia attività dedicandomi alla rivista dalla mattina alla sera e conseguendo maggiori risultati, sia nella qualità dei servizi sia nella espansione. Qual è stato ed è il rapporto di NelMese con il territorio? Ritiene che la rivista abbia operato

Due scorci della sala dell’Ordine durante la consegna delle targhette, da sinistra, i giornalisti professionisti Pietro Marino, Antonio Rossano, Vito Cimarrusti, Enzo Foglianese. (f. Vito Signorile) serietà e dei sacrifici che ho dovuto affrontare per portare avanti questo progetto, come gli oneri finanziari, abbinando anche il ruolo di editore. E poi secondo me questo successo, un po’ deriva, se mi è permesso, dall’esperienza, dal fatto che già da cronista mi ero impegnato seriamente, alla Gazzetta e un po’ prima come corrispondente del Messaggero e del Globo. Quando ho cominciato l’attività della rivista già ero conosciuto. Ancora prima che uscisse il primo numero, NelMese aveva già duecentocinquanta abbonati. Lei, tra l’altro, si è occupato di cronaca, ha fatto l’inviato all’estero, ha affrontato tematiche sociali, si può dire insomma che abbia fatto giornalismo a 360 gradi. Anche questo forse ha contribuito alla sua formazione? Io ho avuto la possibilità, sia con il Messaggero che alla Gazzetta, di fare cronaca nera, cronaca giudiziaria, poi cronaca bianca… Questo

del quotidinao romano del Messaggero, dove ho mosso i miei primi passi. Anche quando è nato NelMese ebbi subito degli incoraggiamenti da uomini di cultura, primo tra tutti l’onorevole Michele Pellicani, valente giornalista che scrisse una lettera di incoraggiamento pubblicata sul secondo numero e che per me è stata, si può dire una guida, un punto di riferimento. Ma esiste un segreto per un buon giornalismo? Più fai, meglio devi fare. Questo è il segreto. Devi essere prima di tutto preciso, bene informato ed equilibrato, oltre che obiettivo, senza partigianeria di sorta, caratteristiche che mi hanno procurato, sin dai primi anni, l’adesione a tutte le iniziative di indagini e dibattiti sul periodico da parte di tutti gli esponenti più in vista nel mondo politico regionale e nazionale, di

nel tessuto culturale del nostro territorio? Come? Io vorrei sperarlo. A dire il vero sono in molti a dirlo. Bisogna tener presente che un buon veicolo è stato costituito dalla saletta-incontri di NelMese in via Suppa, dove per quarant’anni hanno avuto luogo circa quattrocento manifestazioni di vario genere: soprattutto presentazioni di libri, ma anche mini convegni, dibattiti, recite teatrali in lingua inglese e in vernacolo barese, e via di seguito. È stato veramente un punto di riferimento della cultura barese. Non sono parole mie. E’ tutto documentato. Qual è lo spirito della rivista? L’intento è far conoscere il meglio, le punte eccellenti di cui la Puglia è dotata in molti settori: nell’arte, nel turismo, nella cultura, nella medicina. Scoprire e illustrare il meglio del nostro territorio, puntare su quei punti di forza che abbiamo, ma che spesso non vediamo, non cono-

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sciamo e non valorizziamo, per quell’atteggiamento di autoflagellazione che spesso abbiamo. Dire sempre male è facile, ma non è costruttivo. Io penso che se puntassimo con intelligenza su certe nostre prerogative avremmo anche un’economia più florida. Lei ha detto che nella sua carriera giornalistica ha incontrato persone che l’hanno incoraggiata ed aiutata a muovere i primi passi. Ritiene che NelMese sia stata utile per i giovani che vi hanno collaborato? NelMese più che una palestra (perché io non sono un maestro), è stato uno strumento per molti giovani che hanno mosso qui i primi passi, si sono formati diventando pubblicisti. Poi molti di loro hanno proseguito nella attività giornalistica diventando ottimi professionisti e di questo sono veramente soddisfatto e un po’ orgoglioso. Certo molti di loro non se ne ricordano nelle loro biografie, ma altri mi manifestano spesso la loro gratitudine. E cosa direbbe ad una persona giovane che, come me, vorrebbe affacciarsi al mondo del giornalismo? L’essenziale, e quel che posso dire ad un giovane, è che il giornalismo è una professione che esige prima di tutto una sempre maggiore preparazione culturale. Poi una forte dose di autocontrollo, di discernimento e di equilibrio. Ci sono molti casi contemporanei di un giornalismo troppo avventato, troppo scandalistico, un giornalismo di titoli più che di contenuti, il che determina nell’opinione pubblica anche un senso di sfiducia verso il mondo del giornalismo. A questo proposito, quanto di proprio può mettere un giornalista nel suo lavoro? Voglio dire che anche quando si fa cronaca necessariamente subentra un modo personale di cogliere gli eventi, di fotografarli, di raccontarli… Alcuni lavorano con il telefono. Quando invece tu hai visto i “fatti”, i documenti e via di seguito, nessuno può confutare ciò che

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hai scritto. Qual è l’aspetto del giornalismo che l’ha affascinata e che ha amato di più? A dire la verità la cosa che ti affascina di più è che c’è gente che ti legge, ti apprezza, ti segue. Fa piacere quel po’ di popolarità che si acquista nel tempo. Ma bisogna prima conquistarsi la fiducia. Oriana Fallaci ha scritto che il giornalismo consente di essere un tarlo nella Storia. Il giornalismo permette anche di essere un po’ più dentro la storia, che sia territoriale o nazionale. Quello dipende dai vari settori, io sono stato anche inviato all’estero. Allora sì che gli orizzonti si allargano. Nel contempo anche la preparazione deve essere più intensa. Il giornalismo è stato definito il quarto potere. Io penso che il giornalismo esercita il quarto potere in senso negativo, e invece dovrebbe essere un quarto potere prestigioso e positivo, verso il quale l’opinione pubblica dovrebbe aver fiducia, sapendo che è una talpa che osserva i fatti e li riferisce con obiettività, e lo fa anche in difesa del territorio. È possibile, a suo avviso, un giornalismo autonomo rispetto al potere? È rarissimo il giornalismo libero, almeno secondo me. Gli ideali del giornalismo rimangono tali. E’ difficile realizzarli. Certo per fortuna ci sono le eccezioni, ci sono le grandi firme, i grandi servizi, ma la media è molto modesta. Mi pare comunque che la cosa più bella sia che oggi per lei questa cerimonia non sia stata un punto di arrivo, ma di ripartenza. Molti suoi colleghi presenti oggi sono ormai in pensione, lei invece continua la sua carriera con tutte le sue idee, gli stimoli. Io continuerò fino a quando avrò la mente sana. E la passione? La passione prima di tutto, pur nella consapevolezza che la situazione diventa sempre più difficile. Claudia Serrano


Ph. FRASCA

Il treno della vita Racconto di un lungo percorso da giornalista preceduto da anni di precariato. Le varie collaborazioni e corrispondenze, l’attività di cronista ed inviato anche all’estero del maggior quotidiano regionale di Nicola Bellomo Mentre la giovane presidente dell’Ordine mi consegnava la medaglietta con l’incisione della tappa dei primi 50 anni di attività giornalistica, due terzi dei miei anni anagrafici, un turbinio di idee mi assaliva. Una strana sensazione. Credevo di rivedere, a velocità supersonica, il film della mia vita. Immaginando di essere sul locomotore di un lungo treno, il treno della mia vita, in gran parte percorsa con a fianco la mia dolce compagna. Laggiù, negli ultimi vagoni del lungo convoglio, immagini della mia gioventù, in periodo di guerra, con la mia bella famiglia, mio padre, severo, medico, mia madre tanto dolce, mia sorella, due fratelli, la scuola, i compagni, le prime passioni, i dolori, le malattie e i decessi e via di seguito sino ai giorni d’oggi. Persi mio padre a 16 anni. Seguirono anni molto difficili. Conseguita la licenza liceale e iscrittomi a Giurisprudenza, dovetti iniziare a lavorare a Roma, in una società parastatale di

trasporti, utilizzando nella giornata ben otto tra tram e autobus. Per mantenermi con decoro impartivo anche lezioni private nel tardo pomeriggio a due studenti di scuola media, cercando anche di preparare gli esami universitari. Primi passi nella redazione del Messagero Conclusa la fase romana, nel 1956 il mio ex compagno di scuola Gustavo Delgado mi invitò a collaborare nella redazione del quotidiano romano Il Messaggero di cui era corrispondente da Bari. All’inizio il mio compito era quello di raccogliere notizie di cronaca ai posti fissi di polizia degli ospedali, quindi i primi resoconti di cerimonie e convegni, con le prime sigle e firme. Neanche una lira dal giornale. Aspettai più di un anno per un compenso di 5 mila lire al mese. Dopo due anni iscrizione all’Albo dei Giornalisti nell’elenco pubblicisti. Nel 1959 nomina di corrispondente del quotidiano romano con un gravoso impegno giornaliero e con un compenso di 18 mila lire al mese, per parecchi anni! Le numerose collaborazioni

Giugno 1970: l’on. Aldo Moro si intrattiene con il cronista della Gazzetta del Mezzoggiorno Nicola Bellomo dinnanzi al seggio elettorale presso la Scuola elementare “Mazzini” in via Suppa (PhotoPress Pupilla)

Altre collaborazioni, nel frattempo, con il settimanale diocesano Tempi Nostri; col periodico della Cisl Unità Sindacale diretto da Natale Pisicchio, segretario provinciale del sindacato; con l’organo ufficiale del Consiglio dell’Ordine dei Farmacisti, presieduto dal dott. Francesco De Ruvo; quindi corrispondente dell’Automobile, l’organo nazionale di stampa dell’Automobile Club. Ancora. Addetto stampa di congressi nazionali e locali. Nel 1959-60 collaboratore esterno di cronaca per la sede regionale della Rai-Tv: il compenso era di 200 lire a notizia. Spesso parte delle numerose notizie giornalmente utilizzate non era retribuito.

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21 gennaio 1962 prima pagina di spalla

3 dicembre 1965 prima pagina di spalla

Considerato ormai un attivo cronista, Giovanni Acquaviva, direttore responsabile del quotidiano di Taranto, il Corriere del Giorno, mi affidò vari incarichi per resoconti di cronaca, bianca, nera e giudiziaria. Nel 1960, su segnalazione dell’on. Aldo Moro, fui chiamato a Roma per un colloquio dall’allora prestigioso direttore generale della Rai, Piccone Stella. La mancata assunzione alla Rai Il colloquio durò due ore, si svolse di domenica pomeriggio nell’abitazione del direttore il quale, al termine, si congratulò con me dicendomi Giugno 1966, a bordo del traghetto Tintoretto in occasione del viaggio inaugurale della linea Bari-Dubrovnik; da sinistra, l’inviato della Gazzetta del Mezzogiorno Nicola Bellomo, l’on. Giovanni Leone, il presidente del Consorzio del Porto Enrico Alba e consorte, la moglie di Leone donna Vittoria e il presidente della Finanziaria Breda, Pietro Sette. (Foto Ficarelli) 19 ottobre 1972, cerimonia inaugurale della nuova sede della Gazzetta del Mezzogiorno in viale Scipione l’Africano: da sinistra, il presidente del consiglio di amministrazione della Editrice Mediterranea, Leonardo Azzarita con alle spalle, seminascosto, il direttore responsabile della testata Oronzo Valentini, il Presidente della Repubblica Giovanni Leone, l’on. Aldo Moro all’epoca presidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati, il cronista Nicola Bellomo, l’amministratore delegato Paolo De Palma e il capo cronista Antonio Rossano

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10 settembre 1970 prima pagina in apertura

di “salutare e ringraziare l’on. Moro”. Al rientro a Bari, la mia collaborazione alla Rai di colpo non fu più apprezzata. Fu assunto un altro precario, in verità da più anni in attesa. L’approdo alla Gazzetta con Valentini Nel gennaio del 1962, di ritorno dal viaggio di nozze, l’agognato approdo alla Gazzetta del Mezzogiorno su invito dell’allora amministratore delegato Paolo De Palma. Fui bene accolto soprattutto dal neo direttore responsabile Oronzo Valentini, già redattore capo. Una prima dimostrazione di incoraggiamento la ebbi appena due giorni dopo aver varcato la soglia del giornale. Questi i fatti. Verso le 18 del 20 gennaio giunse in redazione la notizia di agenzia che un aereo bulgaro era precipitato nei pressi della postazione missilistica di Acquaviva delle Fonti. Fui inviato immediatamente sul posto, dove erano già presenti numerosi giornalisti, inviati di testate nazionali ed estere. Sull’aereo militare, un Mig di fabbricazione russa, un pilota bulgaro, Milusc Solakov che, nel disastroso atterraggio tra i muretti a secco e gli ulivi, si era fratturato solo un braccio e alcune costole. Ricoverato all’Ospedale ecclesiastico “Miulli” di Acquaviva, il pilota fu poi trasferito nel carcere di Bari, dal quale fu poi liberato senza processo e rispedito nel suo paese. Quella sera ad Acquaviva fui l’unico cronista ad intervistare uno dei due contadini che avevano prestato i primi soccorsi al bulgaro. Verso

Foggia, 1987: in occasione della presentazione de l volume edito in 10mila copie dalla Gedim “Un sacerdote per la società” dedicato a Don Pasquale Uva, fondatore della Casa della Divina Provvidenza di Bisceglie, il Segretario di Stato del Vaticano, Cardinale Agostino Casaroli si congratula per la realizzazione dell’opera con Ni cola Bellomo che aveva curato anche la prefazione

Settembre 1999, Fiera del Levante, nel padiglione della Cassa del Mezzogiorno, mostra dedicata ad Aldo Moro: il direttore di NelMese Nicola Bellomo illustra al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi alcune copertine del periodico dedicate allo Statista assassinato dalle brigate rosse nel 1978. Al centro, l’ing. Ferlicchia presidente della Federazione dei Centri Studi Aldo Moro e il comm. Silvio Panaro presidente della Camera di Commercio Italo-Orientale (PhotoPress Pupilla)

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le 22 tornai al giornale. Il direttore Valentini, riconosciuto come “primo cronista”, mi chiamò nella sua stanza, chiuse la porta a chiave e si sedette dinanzi la macchina da scrivere. Con le informazioni che avevo raccolto sul posto e con le notizie delle varie agenzie che erano pervenute, il Direttore elaborò il primo e il più importante articolo sull’avvenimento. Nella nottata, Valentini mi rispedì ad Acquaviva dove ebbi la possibilità di avvicinarmi al relitto dell’aereo e apprendere altre preziose notizie che mi servirono per il servizio del giorno dopo. A sorpresa la firma in prima pagina Tornato a Bari verso le 4,30 mi recai in piazza Roma dove all’epoca c’era lo strillonaggio per la vendita del giornale ai nottambuli. In prima pagina l’articolo sulla caduta dell’aereo con la mia firma. La mia sorpresa fu eccezionale. Forse solo i miei colleghi possono comprendere il valore che all’epoca aveva, per un neo collaboratore, la firma in prima pagina… Corsi a casa, nei pressi della sede del Giornale, svegliai mia moglie Lietta e insieme gioimmo di quella prima grande soddisfazione di cui ero molto grato - e lo sono tuttora a distanza di 46 anni - al mio Direttore Valentini che negli anni successivi mi ha sempre valorizzato come cronista e come inviato in più occasioni all’estero nonché in località regionali e nazionali, anche perché mi erano stati affidati, tra gli altri, i settori dei trasporti e del turismo. Inviato in capitali europee Negli anni 60 con i primi traghetti una decina di volte in Montenegro e in Croazia. Quindi a Belgrado per l’inaugurazione della ferrovia che collegava l’allora capitale della Jugoslavia con Bar sulla costa montenegrina. Ancora a Sofia in Bulgaria con una delegazione capeggiata dal sindaco di Bari, Nicola Vernola con l’intento di sviluppare tra le due città rapporti culturali e turistici. Quindi nel 1966, toccate nelle principali località storiche-culturali della costa settentrionale del Mar Nero: Odessa, Yalta, Soci e Batumi, al confine orientale della Turchia. Nel 1975 ad Oslo in Norvegia e due anni dopo a Madrid per le assemblee annuali della Iata, l’associazione mondiale delle compagnie di bandiera dei vari Paesi aderenti. Nel 1980 a Tolosa, in Francia dove si costruivano i primi “Airbus A300” realizzati per la prima volta nella storia europea da un consorzio di industrie di vari paesi. Vari i servizi da inviato a Venezia, Trieste, Taormina, Alghero, Roma per incontri con i massimi dirigenti dell’Alitalia, che all’epoca godeva di un grande prestigio a livello mondiale. Nel contempo, andavo in giro anche in varie località pugliesi per riferire su gravi incidenti stradali, su omicidi, su vari di motopesche-

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recci, per l’inaugurazione di stabilimenti industriali. Numerosi anche i servizi per convegni e congressi nazionali organizzati in Puglia in vari settori. Per inciso, cito la prestigiosa collaborazione nel 1967/68 con la rivista americana Newsweek. Più volte ottenni la fiducia dei colleghi che mi elessero dapprima consigliere dell’Associazione interregionale della Stampa, presieduta da Bepi Gorjux, (1978-80) e successivamente consigliere dell’Ordine dei Giornalisti di Puglia e Basilicata, presieduto da Oronzo Valentini. Nel 1979, tra i fondatori e primo presidente del Gruppo cronisti pugliesi. Per concludere questa carrellata vorrei citare il secondo premio di un concorso nazionale, ex aequo con il Messaggero di Roma, al quale partecipai con una serie di articoli apparsi sulla Gazzetta del Mezzogiorno per un’indagine sulle nuove occasioni di lavoro per i non vedenti. Particolarmente significato il premio collettivo nazionale “il cronista dell’anno 1978” organizzato dall’Unione nazionale cronisti per i servizi effettuati in occasione di un grave episodio di violenza politica, l’assassinio del giovane Benedetto Petrone. I cronisti della Gazzetta del Mezzogiorno, pur in sciopero nazionale della categoria, d’accordo con i sindacati, avevano deciso di far uscire il giornale per garantire ai lettori la più ampia informazione. L’elogio di Giuseppe Gorjux Nel dicembre del 1979 fui chiamato dal neo direttore responsabile Giuseppe Giacovazzo a dirigere la Segreteria di Redazione, incarico di prestigio e di responsabilità dovendo assolvere, tra l’altro, alla funzione di “cerniera” all’interno tra il direttore e i redattori e la schiera dei corrispondenti, e all’esterno, con le istituzioni. Nel comunicarmi la nomina a caposervizio, solo dopo un mese dall’incarico di segretario di redazione, il consigliere delegato della Edisud, Giuseppe Gorjux, scrisse benevolmente, tra l’altro “Sono lieto per l’occasione di esprimerti l’apprezzamento dell’azienda non solo per il lavoro che da molti anni svolgi in favore della stessa, ma per l’entusiasmo e capacità di cui hai dato prova dacchè hai assunto il nuovo incarico”. Nel 1987 lasciai la Gazzetta con dieci anni di anticipo sull’età pensionabile per dedicarmi completamente al periodico di cultura turismo economia, NelMese nato nel 1967 del quale ero e sono editore e direttore responsabile. Ma questa è un’altra storia che racconterò possibilmente tra qualche tempo in occasione di un incontro con i collaboratori, con i lettori e con i preziosi inserzionisti dedicato ai “40 anni ed oltre” del periodico. Prima dell’arrivo a destinazione del lungo treno e quindi dell’inevitabile parola fine. Nicola Bellomo


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