anno quarantaquattresimo
12/2010 Euro 3,20 Periodico mensile di Cultura Medicina Turismo Economia sped. abb. post. 70% Fil. di Bari NUOVA GEDIM SRL via Suppa 28 Bari
nelmese DIRETTO DA NICOLA BELLOMO
IMPARARE L’INGLESE DIVERTENDOSI IN CUCINA Stimolante invito di Victoria Sportelli De Tommasi, docente canadese trasferitasi in Puglia, autrice di un libro di Adda Editore. Metodo didattico innovativo che si basa sulla stimolazione sensoriale
Bari, 2 dicembre 1943 Rom, se li conosci non li eviti Donatori di sangue - Fidas bombardamento tedesco, parola d’ordine: tacere La solidarietà va in scena Pasquale Calvario, raffinato Mostra per i 50 anni della politico, lottatore indomito Banca Popolare di Bari Processi alla Storia, Giustizia in teatro Traminox, un’idea mille soluzioni Un sistema progettato dall’ing. Disanto L’habitat rupestre ancora poco conosciuto
1968, PER UNA “LETTERA” A PAPA PAOLO VI, NELMESE IN PARLAMENTO E IN PROCURA
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nelmese periodico di Cultura Medicina Turismo Economia direttore responsabile
NICOLA BELLOMO n. 12/2010 anno 44esimo Edizioni NUOVA GEDIM S.R.L. Direzione - Amministrazione - Pubblicità via Suppa, 28 - tel. 0805232468 - fax 0805220795 - 70122 Bari - NUOVA GEDIM S.R.L. iscritta alla Camera di Commercio di Bari il 14/01/2008 al numero 503184 - “NELMESE” periodico di cultura medicina turismo economia iscritto al n. 333 del “Registro dei giornali e periodici” del Tribunale di Bari 9/11/1967 - Spedizione in abbonamento postale comma 34 - art. 2 - Legge 549/95 Filiale di Bari - E’ vietata la riproduzione, anche parziale, di scritti e la riproduzione in fotocopia -. Nicola Bellomo ideazione Grafica. - Stampa: Pubblicità & Stampa Via dei Gladioli 6 - 70026 Modugno/ Bari - tel. 0805382917 ABBONAMENTO ANNUO PER IL 2010 Euro 32,00 - LA COPIA - euro 3,20 (con copertina plastificata euro 3,50 - per servizi speciali e per interi speciali euro 5) - CONTO CORRENTE POSTALE 000088305263 INTESTATO A NUOVA GEDIM S.R.L. - VIA SUPPA 28 BARI 70122 BONIFICO BANCARIO SU C/C N.1000/61567 intestato a NUOVA GEDIM SRL VIA SUPPA 28 - 70122 - BARI DEL BANCO DI NAPOLI, FILIALE 0620 VIA ABATE GIMMA 101 BARI IBAN IT41 D010 1004 0151 0000 0061 567
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Sommario CONSIGLIO REGIONALE / FIERA DEL LEVANTE
TURISMOPIU’ / CULTURA
PRESIDENTE INTRONA, REGIONALISMO PER 5 GLI STUDENTI MEDI STORIA /
RILEGGENDO IL PASSATO
BARI, 2 DICEMBRE ‘43 BOMBARDAMENTO PAROLA D’ORDINE: 6 TACERE 1968, PER UNA LETTERA AL PAPA, NELMESE IN PARLAMENTO 8 E IN PROCURA LETTERA A PAOLO VI 9 POLITICA / PERSONAGGI
PASQUALE CALVARIO, INTELLETTUALE RAFFINATO POLITICO LOTTATORE INDOMITO 12 UN IV ER SITA ’ / RE L I G I O N I
ALLE ORIGINI DELL’EUROPA IL CULTO DI SAN NICOLA TRA ORIENTE E OCCIDENTE 16 PATRIMONIO CULTURALE D’EUROPA 17 SOCIALITA’ / UNIVERSITA’
ROM, SE LI CONOSCI 18 NON LI EVITI UNIVERSITA’ LUM
A MEZZOGIORNO DELL’ARTE
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CREDITO /
BANCA POPOLARE BARI
NEL PASSATO LE RADICI DEL FUTURO
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TEATRO / STORIA
CALVARIO pag. 12
PROCESSI ALLA STORIA GIUSTIZIA IN TEATRO, AL PETRUZZELLI
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SUCCESSO PER L’APERTURA DELLA SECONDA STAGIONE AL TEATRO PETRUZZELLI
31 CASTELLANETA pag. 18
LIBRERIE & LIBRI
PASSIONE SCRITTA PER IL TEATRO GRATTACIELI AD UN PASSO DAL CIELO
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LA DOPPIA ANIMA DI SUORA E DI DONNA
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IMPARARE L’INGLESE DIVERTENDOSI IN CUCINA
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DISANTO TRAMINOX pag. 39
INDUSTRIA / EDILIZIA
TRAMINOX, UN’IDEA MILLE SOLUZIONI ING. GIANDONATO 39 DISANTO
SOCIALITA’ / FIDAS
DONATORI DI SANGUE, LA SOLIDARIETA’ VA IN SCENA RICONOSCIMENTO AL GIORNALISTA GUSTAVO DELGADO
L’HABITAT RUPESTRE ANCORA POCO CONOSCIUTO 26
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COMMERCIO / SHOPPING
OTTICA ROTONDO STILE E QUALITA’
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ROTONDO pag. 42 nelmese - 12/2010 - 3
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CONSIGLIO REGIONALE / FIERA DEL LEVANTE
Regionalismo per gli studenti medi
I
l presidente del Consiglio regionale della Puglia Onofrio Introna ha dato lezione di regionalismo ad un gruppo di studenti medi nell’emiciclo del Senato. E’ stato un evento tra il reale e il virtuale, che ha visto appunto protagonista il presidente Introna, a Bari, in occasione del Salone dello Studente, la manifestazione svoltasi alla Fiera del Levante. Negli spazi espositivi aperti a scolari ed alunni provenienti da tutta la Puglia, il Senato della Repubblica ha allestito una struttura con la riproduzione dei banchi di Palazzo Madama e che ha ospitato visite “virtuali” alla sede romana e lezioni “reali” di diritto costituzionale ai giovani. Il presidente Introna ha avuto così modo di illustrare ad una classe delle superiori il funzionamento degli organi democratici e il rapporto tra i cittadini e le Istituzioni: “diritti ma anche doveri, libertà ma anche responsabilità”. Sempre nel padiglione del Consiglio regionale in Fiera, Introna ha consegnato gli attestati di partecipazione agli istituti di ogni ordine e grado coinvolti nei progetti civili “Il Consiglio regionale della Puglia si fa Regione conoscere” e “I quotidiani della tua Puglia in classe”. Puglia Nel 2010 le iniziative hanno celebrato la settima edizione e sono già in cantiere i programmi 20102011. “Con le visite guidate alla sede consiliare di via Capruzzi, con la lettura e il commento in classe dei quotidiani locali ed anche col Parlamento degli studenti, ci rivolgiamo ai ragazzi, cittadini del futuro sempre più responsabili - ha detto il Presidente - il Consiglio regionale, casa di tutti i pugliesi, è sempre più casa di vetro per gli studenti di tutta la regione”. La titolarità dei progetti è dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio. Sono realizzati a cura della Biblioteca consiliare multimediale, Teca del Mediterraneo, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale, l’Ordine regionale dei Giornalisti e il Corecom. nelmese - 12/2010 - 5
STORIA / RILEGGENDO IL PASSATO
Bari, 2 dicembre 1943
bombardamento Parola d’ordine: tacere
Nonostante le forti perdite di uomini e di navi Alleate e le molte vittime civili, non apparve niente a riguardo su La Gazzetta del Mezzogiorno. Solo alcuni giorni dopo iniziò la pubblicazione di necrologi con la frase “tragico destino”. La vita in città continuò regolarmente con spettacoli teatrali e cinematografici e con una serie di notiziole e di piccola pubblicità. Due edizioni in italiano di Adda del libro di un giornalista americano Glenn B. Infield DI LUCIA SCHINZANO
La seconda edizione del 2003 del libro edito da Adda. A destra, uno scorcio del porto di Bari come appariva il 3 dicembre con la densa cortina di fumo nero (Fotografia di John Kiser, pubblicata nell’edizione americana del libro)
B
ari, 2 dicembre 1943, ore 17: una giornata normale come le altre, se non fosse per la guerra, che ormai nel capoluogo pugliese sembra un ricordo; se non fosse per quelle divise militari diverse dalle italiane, se non fosse per quei distinti ufficiali inglesi e americani che frequentano i posti “bene” della città, animano i dancing che nascono come funghi o ascoltano interessati i programmi di musica sinfonica e lirica messi su dai teatri Petruzzelli e Piccinni e ritrasmessi da Radio Bari. Insomma una giornata così, non tanto fredda né piovosa, persino piacevole. Bari, ore 21. L’inferno. Al porto è successo qualcosa di terribile ma non c’è ancora nessuno che abbia la perce-
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zione esatta di cosa stia accadendo; si vede solo il mare del porto in fiamme (suggestiva persino come immagine…). Si saprà poi che è scoppiata la nave anglo-americana John Harvey, colpita insieme ad altre 16 unità dagli stukas tedeschi. Di quelle navi non si ricorda nemmeno il nome, della John Harvey sì, perchè nelle sue stive sono custodite bombe con oltre un centinaio di tonnellate di iprite, gas micidiale che aveva fatto la sua prima uscita pubblica a Ypres in Belgio durante la Prima Guerra Mondiale. La ricostruzione dell’evento è raccontata nel denso libro di Glenn Infield Disastro a Bari, ripubblicato in italiano in seconda edizione nel 2003 da Adda di Bari. E da quel libro apprendiamo che quello di
Bari fu il più grande disastro della seconda guerra mondiale dopo l’attacco dei giapponesi a Pearl Harbour, l’evento più tragico nel quadro della guerra chimica. Eppure se ne sa ancora poco, e ancor meno se ne seppe allora. Silenzio totale. Perché? Troppo rischioso fare sapere che il porto di Bari aveva ospitato un carico così pericoloso, fare sapere che da lì sarebbero potute partire azioni contro il nemico nel Mediterraneo o chissà dove. Già ci si era scoperti abbastanza: era stato imprudente mandare informazioni agli Alleati attraverso quel messaggio speciale durante “Italia combatte”, la seguitissima trasmissione che faceva conoscere “Radio Bari” a tutto il mondo; indispensabile
L’unica “traccia” delle tragiche conseguenze del bombardamento del 2 dicembre al porto gremito di navi alleate e sulla città, dove furono colpiti dalle bombe tedesche palazzi in via Calefati, via Andrea da Bari e in via Crisanzio, è quella costituita dai primi necrologi apparsi sempre sul numero del 4 dicembre. Accanto, la pubblicità degli spettacoli teatrali e cinematografici
La prima delle due pagine de La Gazzetta del 4 dicembre sulla quale apparve la notizia della visite del re Vittorio Emanuele III e del principe Umberto ad alcuni quartieri di Bari colpiti dalle bombe tedesche era non fare trapelare nulla. Così La Gazzetta del Mezzogiorno, l’unico organo di stampa “ufficiale” tace. Ma è un silenzio che, come si dice, fa rumore, perché in città tutti sanno, dato che lo scoppio della John Harvey ha colpito tante famiglie soprattutto nella città vecchia. Ci furono molte vittime anche in tre zone della città nuova per altre bombe sganciate a caso, in via Piccinni, in via Andrea da Bari e in via Crisanzio. Le notizie cominciano a trapelare per via indiretta, attraverso un canale non tanto inusuale, viste le circostanze: i necrologi. Timidamente, ma con costanza, cominciano ad apparire, a partire dal 4 dicembre, su La Gazzetta del Mezzogiorno (le cui copie del 1943 e del 1944, costituite da un solo foglio, sono conservate nel prezioso archi-
vio di NelMese). A volte sono intere famiglie sterminate, quattro, cinque persone che scorrono in elenco nel necrologio; a volte sono mamme con i loro figlioletti, forse li avevano coperti col loro corpo per proteggerli; altre ancora si tratta di persone anziane con le dame di compagnia o le donne di servizio. Il bombardamento non risparmia nessuno, ricchi e poveri, popolani e benestanti, neppure la Chiesa, colpita nel suo cuore ideale, la Cattedrale nella città vecchia. Quella sera l’arcivescovo di Bari mons. Marcello Mimmi avrebbe dovuto leggere ai microfoni di Radio Bari la lettera pastorale ai vescovi della regione, ma non potè recarsi negli studi EIAR di Via Putignani; un prelato vi andò al posto suo e pregò l’annunciatore di turno Vito De Anna, di leggere il
messaggio del presule, turbato dall’evento e dal fatto che anche l’arcivescovado aveva subito notevoli danni. Così la Curia fu costretta a trasferirsi presso l’Istituto Margherita dal 4 dicembre ‘43 al 21 settembre ‘44. Il 4 dicembre, un corsivetto in prima pagina della Gazzetta annuncia la visita in forma privata il giorno prima del re Vittorio Emanuele III in alcuni rioni di Bari. “Più tardi - continua il trafiletto - S.A.R. il Principe di Piemonte (Umberto, n.d.r.) ha compiuto analoghe visite, pure salutato con rispettosa simpatia dalla folla”: perché il re e suo figlio sarebbero dovuti venire a Bari da Brindisi se non per qualche circostanza particolare? E’ questo l’unico indizio che la stampa fa trapelare, dimodochè
Prosegue a pag. 10 nelmese - 12/2010 - 7
STORIA / RILEGGENDO IL PASSATO
1968, per una lettera al Papa, NelMese in Parlamento e in Procura DI
N
NICOLA BELLOMO
el dicembre di 42 anni fa, nel 1968, a ridosso del Natale, Paolo VI venne in Puglia a visitare il Siderurgico, il grande stabilimento sorto a Taranto e che fu visto come il segno dell’avvio su vasta scala dell’industrializzazione della Puglia. Speranze che ben presto risultarono senza fondamento sia per la politica di intervento a pioggia nel settore e sia perchè già nella stessa Taranto si affacciavano i primi sintomi di insofferenza nei confronti del grande colosso per il quale erano stati sottratti alla fiorente agricoltura migliaia e migliaia di ettari. In quella occasione, gli Editori-giornalisti indirizzarono una “Lettera” al Pontefice. Uno dei motivi ispiratori della “Lettera” era di natura storica: in Puglia da novecento anni un Papa non si affacciava nella regione. Il predecessore Papa Urbano II era venuto a Bari nel 1089 per consacrare la cripta della costruenda Basilica di San Nicola, cioè due anni dopo l’avventurosa traslazione delle spoglie del Santo da Myra a Bari. L’intenzione, diciamo fondamentale, della “Lettera” era comunque quella di fare una denuncia di quanto succedeva, secondo fonti attendibili, nelle aziende che si andavano insediando nella nuova zona industriale di Bari e in altri poli industriali che stavano sorgendo nella regione. La “Lettera” ebbe una risonanza al di sopra delle intenzioni
Il senatore socialista Rino Formica nelmese - 12/2010 - 8
Il deputato liberale Manlio Livio Cassandro
degli autori, tanto è vero che “produsse” due interpellanze al Parlamento: una al Senato del socialista Rino Formica e l’altra alla Camera del liberale Manlio Livio Cassandro. Fu aperta un’inchiesta e gli Editori furono convocati dalla Procura della Repubbica del Tribunale di Bari. L’inchiesta giudiziaria, condotta dal dott. De Marinis, si risolse in un nulla di fatto poichè gli Editori-giornalisti si trincerarono dietro il segreto professionale circa le fonti e affermarono che si trattava comunque di rilievi non documentabili, almeno da parte loro. Il clamore che ne derivò giovò in un certo senso alla visibilità del periodico, nato appena l’anno precedente. La prima interpellanza fu rivolta dal senatore socialista Rino Formica all’on. Taviani, ministro per la Cassa del Mezzogiorno, per sapere quale fondamento avevano le informazioni riportate nell’editoriale del periodico NelMese. Analoga iniziativa adottò il deputato liberale Manlio Livio Cassandro, rivolgendo un’interpellanza diretta al ministro del Lavoro Brodolini e allo stesso ministro Taviani. Egli chiese di aprire un’inchiesta sulle “affermazioni contenute nella lettera degli editori baresi a Paolo VI che i firmatari sembrano considerare investito di poteri di tutela e di vigilanza sullo Stato italiano, per accertare la verità dei fatti e colpire gli eventuali responsabili”. Cassandro chiese, in particolare: 1) se sussistevano i fenomeni di corruzione indicati dagli editori-giornalisti della rivista; 2) se era esatto che le norme che tutelavano i lavoratori nell’ambito dell’azienda e ne garantivano lo status giuridico ed economico, erano state così scandalosamente violate; 3) di accertare se i dirigenti di queste industrie a partecipazione statale o private, non si facevano forti delle complicità acquistate mediante il sistema denunziato delle “buste”, per eludere i loro Il giudice istruttore obblighi contrattuali; De Marinis 4) di accertare quale era stato
Lettera a Paolo VI
Santità, l’umile orgoglio che ha colto tutti i pugliesi alla notizia della Vostra venuta fra noi in occasione del Natale è stato espresso, ben più autorevolmente, da autorità civili e religiose. Avremmo pochi titoli per unirci al coro degli osanna, nella speranza che anche la nostra voce giunga a destinazione. Se osiamo scrivere alla Santità Vostra è per sottolineare alcune considerazioni che - certo immodestamente - riteniamo possano costituire ulteriore viatico per il Vostro esaltante ma brevissimo viaggio fra noi. Vorremmo dire, ad esempio, che la Puglia non è solo l’Italsider. I tralicci non sono gli ulivi. Non è certo questa la sede per discutere (in fondo, inutilmente) se siano meglio i tralicci piuttosto che gli ulivi. Oltretutto, i tralicci sono il simbolo del progresso, della civiltà, e dunque siano i benvenuti... Ma siamo noi davvero progrediti? Certo, lo siamo mille volte più di quanto non lo fossero i nostri antenati quando Urbano II - circa nove secoli fa - venne a Bari per tentare l’unione con la Chiesa d’Oriente (antica vocazione ora alimentata da nuove speranze!). Però, quante cadute ancora, nel cammino verso condizioni più civili di vita... L’Italsider stessa è un “colosso”, ma le speranze che aveva suscitato si sono andate spegnendo col tempo. Intanto, continua a farsi venire anche le tute da Genova e - ingratitudine umana - a Taranto danno già segni d’insofferenza per quest’immenso stabilimento, così ingombrante. E poi, proprio a Bari - che della Puglia si proclama capitale - ci sono imprenditori che ai lavoratori non riconoscono nemmeno il diritto ad avere la commissione interna. La Santità Vostra, che ha svolto a Milano il suo apostolato vescovile, sa quanto questo sia grave e indicativo. Quegli stessi imprenditori rastrellano i cartellini degli operai timbrandoli come e quando vogliono. E non si tratta di industrie da poco. Sono fior di stabilimenti in piena zona industriale, di quelli che hanno finanziamenti dall’Isveimer e dalla Cassa per il Mezzogiorno. Risulta - non si meravigli, Santità, succede anche questo - che per avere quei finanziamenti, gli industriali hanno inviato in giro strane buste con poche parole, assegni a più cifre a indirizzi precisi. La Santità Vostra, che tanto ha viaggiato, anche prima di salire sul trono di Pietro, sa che in questo il mondo si
il comportamento dell’Ispettorato del Lavoro e degli altri organi competenti di fronte alla situazione denunziata, semprechè la denunzia corrispondesse a verità. Per inciso, gli Editori, all’epoca in tre, giornalisti professionisti, erano gli ideatori e fondatori del periodico: Antonio Rossano, Vito Cimarrusti e chi scrive, che non potevano firmare su NelMese per motivi contrattuali con La Gazzetta del Mezzogiorno e, pertanto, affidarono temporaneamente la direzione responsabile al collega pubblicista Pasquale Satalino. Gli Editori appunto fecero osservare soprattutto all’on. Cassandro che gli erano sfuggite due circostanze: 1) sulle condizioni di lavoro in certe aziende a partecipa-
(dal numero 12/68 di NelMese)
somiglia. Buste e scandali ce n’è dappertutto. Ne abbiamo scritto; sentivamo il dovere di ricordare, anche a noi stessi, che la Puglia non è l’ltalsider. Per questo, Santità, non badi molto alle facce che saranno in prima fila, con velleità televisive. Con quei Suoi occhi azzurri che dicono - sanno essere così dolci e penetranti quanto severi, guardi più in là, fra i mille e mille operai in tuta che s’agiteranno in punta di piedi per vedere la Sua immagine. La Puglia vera sono loro. I vecchi operai, ex contadini di quelli che ne hanno “viste tante”, e i giovani, che sono la speranza ma anche l’interrogativo di domani. E non dimentichi - il Suo cuore, certo, non ha bisogno di suggerimenti: è un discorso che facciamo più a noi stessi - gli altri. Noi - lo promettiamo umilmente, ma con fermezza - pregheremo soprattutto per loro: - per quelli che non “faranno” Natale: per i poveri che non sono stati raggiunti dalla carità delle Dame; - per i bambini senza sorriso che languono in ospizi dove la carità cristiana è solo un’espressione formale; - per le famiglie divise e che - perciò stesso - non sono più famiglie; - per le tante famiglie numerose sul cui desco il pane, diviso, si riduce in piccole briciole; - per i pastori del Gargano, che passeranno anche questa notte con il mantello sulle spalle, il fuoco davanti e le mani pronte ad afferrare il fucile a canne corte, per difendersi dai ladri; - per i pugliesi che non hanno potuto prendere i treni-rondine e sono rimasti in Belgio, Svizzera, Germania, Francia, con il cuore pieno d’amarezza e di rancore, spesso vittime di assurdi razzismi. Uniamo alla preghiera della Santità Vostra la nostra umile voce. Per le nostre debolezze, per questa terra così bella ed ospitale ma anche tanto misera ed aspra, per noi piccoli uomini che ci offendiamo se non ci salutano per primi e siamo sempre lieti di scoprire pagliuzze negli occhi altrui, dimenticando le travi che opprimono i nostri. Abbiamo tutti bisogno di tornare a scoprire, nella notte più magica dell’anno, che il mondo che conta non è quello al di fuori di noi, ma quello che ci portiamo dentro: fuoco e gelo, viltà e coraggio, fango e speranze. Gli Editori zione statale o private ben più diffusamente si era discusso in Consiglio comunale in seguito ad una serie di scioperi in stabilimenti della zona industriale, proprio - ed esclusivamente - in alcuni casi per questioni sindacali di tipo “primordiale”. Ma il Consiglio comunale non si era limitato a discuterne. Su proposta dell’assessore al Lavoro, il democristiano Lorenzo Vitale, si era deciso di “prendere tutto il verbale del dibattito e di trasmetterlo all’Ispettorato del Lavoro affinchè provvedesse per le competenze istituzionali dello stesso, a procedere in conseguenza, per difendere, attraverso le leggi, il diritto dei lavoratori in lotta”. Dunque una richiesta ufficiale perchè fosse aperta un’inchiesta da parte nelmese - 12/2010 - 9
L’onorevole Giuseppe Di Vagno
Gennaio 1969, “Tribuna Politica” dell’epoca pubblicò la risposta al senatore Formica del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio on. Giuseppe Di Vagno (Psi). Il Sottosegretario Di Vagno, tra l’altro, rispose che il Comitato dei Ministri per la Cassa del Mezzogiorno aveva chiesto immediatamente al prefetto di Bari un rapporto informativo sulla questione e che questi aveva investito della faccenda gli organi di pubblica sicurezza, i quali però non hanno potuto avere alcuna informazione dai redattori del periodico che si sono trincerati dietro il segreto professionale. Per mostrare quindi quanto sia difficile indagare sulla situazione segnalata dall’interrogazione, ha dato poi lettura della nota che il periodico in questione ha pubblicato nel suo numero successivo e ha concluso rilevando che anche la procura della Repubblica è stata investita del caso. Il senatore Formica ha preso atto della risposta, necessariamente interlocutoria, data la sua interrogazione ed ha invitato il Governo ad intensificare la vigilanza sugli istituti di credito speciale che operano nel Mezzogiorno.
dell’Ispettorato del Lavoro. 2) In quanto alla presunta “tutela” attribuita dagli Editori a Paolo VI, l’on. Cassandro era fuori strada. Giornalisticamente, quella della lettera era parsa agli Editori la maniera migliore per tirare fuori quegli argomenti che a loro stavano a cuore. Il Pontefice onorava con la sua visita la Puglia e si recava nel tempio d’acciaio, fra i lavoratori e per i lavoratori. Dunque, quale migliore occasione per parlare dei problemi del lavoro? Per le accuse di corruzione furono tacciati di leggerezza. Bisognava avere le prove, è vero. Già, e chi le doveva fornire: il corruttore o il corrotto? E’ stato sempre difficile dipanare certe matasse - “Mani pulite”, di vent’anni dopo, insegna - mentre d’altra parte sarebbe stato colpevole accusare senza alcuna prova organismi, come la Cassa del Mezzogiorno o l’Isveimer, di avere funzionari corrotti. Comunque, gli Editori non avevano fatto accuse del genere, e ne dettero volentieri atto al Presidente della “Cassa”
prof. Pescatore che, “da quella persona sensibile che è, ci ha scritto subito per chiedere elementi chiarificatori”. Gli Editori avevano semplicemente scritto che “strane buste” andavano “in giro”. Perchè, in effetti, un “giro” c’era: i soldi partivano, arrivavano sotto forma di contributi, magari al partito e per le campagne elettorali del partito e allora quelli del partito, o gli amici degli amici, avvicinavano un personaggio al di sopra della mischia e gli facevano presente la situazione del caso particolare. L’uomo autorevole s’interessava, faceva scrivere, sollecitava; la pratica andava avanti, veniva istruita dagli Enti interessati secondo tutti i crismi della legalità, e il gioco era fatto. E non volevano nemmeno dire che - senza pressioni - i contributi non ci sarebbero stati ugualmente. Ma, ormai, l’uso della raccomandazione e del “regalo” erano tanto invalsi da essere diventati abusi. E gli abusi, si sa, alla fine fanno male.
Prosegue da pag. 7
L’unica notizia del bombardamento di Bari apparve su un giornale di Napoli, Risorgimento, il giorno 18 dicembre 1943 con l’ammissione anche delle forti perdite di vite umane e di navi nelmese - 12/2010 - 10
la vita a Bari sembra scorrere sempre uguale. Al Teatro Petruzzelli si esibisce la compagnia di varietà di Derio Pino, al Cinema Impero Stanlio e Onlio fanno divertire con la pellicola Amanti d’occasione. Lo studio del dr. Luigi Jacobini, futuro fondatore della Banca Popolare di Bari nel 1960, offre consulenza tributaria; l’Hotel Oriente cerca giovanissime cameriere, la mensa ufficiali inglesi una cuoca; si cercano automobili, si vendono pellicce e capi d’abbigliamento molto raffinati. C’è chi richiede una dama di compagnia, chi una famiglia dove offrire le proprie competenze di insegnante. Chi vende un paio di luccicanti stivali di cuoio, chi cerca apparecchi radio, un soldato inglese cerca una batteria jazz completa. Mancano i medicinali, sottratti per la borsa nera; qualcuno viene condannato a una multa di 500 lire per avere fatto anni prima compravendita di crusca. All’Università continuano le lezioni e le sedute di laurea - tra i relatori un giovane professore Aldo Moro. Nemmeno in occasione della festa di san Nicola, del giorno 6 dicembre, la stampa fa trapelare qualcosa. Insomma, tutto come ogni giorno, se non fosse per quell’elenco di morti “tragicamente”, come recitano i necrologi che continuano ad apparire alla spicciolata, come se quell’avverbio fosse la parola
d’ordine utile a far riconoscere le vittime dello scoppio. Domenica 12 dicembre un mesto pellegrinaggio promosso dall’Amministrazione comunale barese si dirige verso il cimitero, accompagnato da gonfaloni e da corone inviate da Comuni vicini. A dare la notizia dello scoppio in via ufficiale è solo il foglio napoletano Risorgimento che, il 18 dicembre, a più di due settimane dall’evento, riporta in un trafiletto la dichiarazione ufficiale da Washington, secondo la quale il totale delle navi alleate affondate da circa 30 bombardieri tedeschi sono 17, di cui 5 mercantili, e che sono mille le persone - e tra queste 37 marittimi americani - ferite o uccise. Molte navi, si sostiene nel trafiletto, erano state scaricate prima dell’incursione, per cui le perdite non erano considerevoli; più che altro i danni, continua il foglio, erano derivati dallo scoppio di due navi cariche di munizioni. Ma dell’iprite nemmeno l’accenno. Ancora il 18 dicembre un necrologio su La Gazzetta del Mezzogiorno annuncia la tragica morte di una famiglia il 2 dicembre. Poco più sotto, viene offerta una mancia di mille lire per chi avesse ritrovato un cane pechinese smarrito in corso Sonnino angolo via Abbrescia. La vita continua, tra una settimana è Natale.
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POLITICA / PERSONAGGI
Pasquale Calvario, intellettuale raffinato politico lottatore indomito L’amarezza nel constatare i comportamenti della classe politica di oggi inquinata da improvvisatori, orecchianti e una buona dose di avventurieri Il Mezzogiorno e il popolo meridionale nel rapporto con il Governo alla vigilia del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Il giudizio su Vendola e il richiamo a un patto nazionale che coinvolga un dialogo tra tutte le forze in campo per far risorgere l’Italia dalla situazione fortemente critica di oggi. Messaggi anche dalla sua raccolta di poesie pubblicate con Schena Editore
L’
avvocato Pasquale Calvario il 25 maggio scorso ha compiuto 90 anni. E’ un’età veneranda, come si dice, lo è ancor di più se vissuta con lucidità intellettuale, con il mai domato interesse a tutto ciò che accade nel mondo, con il gusto di essere aggiornato su tutto, pronto a commentare, a suggerire riflessioni, a formulare proposte, a guardare alle prospettive. Del resto è quanto Calvario ha sempre fatto nella sua intensa vita di professionista, di intellettuale, di raffinato politico. Ed è interessante conversare con questo uomo dal vocabolario d’altri tempi, forbito sino a sembrare ricercato ma spontaneo perché eloquente di una profonda, eccezionale cultura. Ci riceve nello studio della sua abitazione di Corso Cavour. E’, come sempre, alla scrivania: un grande tavolo stracolmo di fascicoli,
libri, giornali, riviste. Ha letto i quotidiani più importanti, come fa ogni mattina ed ha già riempito, con la grafia minuta e ordinata, tre cartelle di commento alla situazione politica. Intatto l’acume del raffinato politico che abbiamo apprezzato sin dalla prima conoscenza, ormai tanti anni fa. Ci sorprende la memoria, la puntigliosa precisione nel ricordare nomi, date, avvenimenti. E mentre parla si apre davanti a noi lo spaccato di un mondo e di una società che attraversa circa un secolo. L’appuntamento era stato concordato per parlare della attuale situazione politica. Ma il nostro interlocutore indugia in una lunga premessa che ci incuriosisce prima e ci affascina dopo perché Calvario ci introduce in uno scenario popolato da personaggi che hanno scritto la storia politica, sociale, economica, culturale
DI
MICHELE CRISTALLO
della nostra regione e non solo. Ci è di fronte un personaggio, un testimone che all’età di 14 anni leggeva la Critica di Benedetto Croce. Un personaggio che, studente di 4. Ginnasiale, si dichiarava insoddisfatto del livello didattico dei suoi insegnanti nel Ginnasio “Cirillo” e chiedeva con insistenza al padre l’autorizzazione a presentarsi da privatista agli esami per il “salto” della Quinta Ginnasiale e approdare direttamente al Liceo Classico. Autorizzazione a lungo negata fino a quando il severo genitore sottopose il suo inquieto figliolo al vaglio altrettanto severo di Tommaso Fiore il quale, dopo averne sperimentato l’eccezionale preparazione, concesse il sospirato nulla osta e il giovane Calvario si meritò, a pieni voti, l’accesso al Liceo Orazio Flacco. Ecco come ricorda la giornata di esposizione dei quadri: “Scendevo le scale del Flacco quando incontrai mio padre il quale mi guardò ed esclamò ‘bravo, ti meriti un dono. Dimmi cosa desideri per regalo’. Io risposi con prontezza ‘un viaggio negli Stati Uniti’. Mio padre acconsentì. Ma qualche giorno dopo mi comunicò una brutta notizia. L’Italia era entrata in guerra con la Spagna e il governo americano aveva chiuso gli accessi agli italiani. Non mi persi d’animo e replicai: ‘Vuol dire che andrò nell’America del Sud’. E così fu. L’anno successivo feci questa meravigliosa esperienza il cui ricordo mi accompagna ancora oggi”.
Pasquale Calvario con altri esponenti politici: da sinistra, Michele Cifarelli (PRI), Vittore Fiore (PSI) e Michele Lomaglio (PRI) nelmese - 12/2010 - 12
Ecco il personaggio che ci è di fronte. Calvario aveva 16 anni e già frequentava quella sorta di salotto culturale-politico di Casa Laterza. Il lungimirante editore aveva una grande ammirazione per quel giovane studioso di Croce. Aveva appena conseguito la Maturità Classica, a 17 anni ed era in confidenza intellettuale nel Cenacolo animato da don Benedetto Croce e del quale erano abituali frequentatori De Ruggiero, Omodeo, Calogero, Canfora, Sforza, Rodinò, Cianca, Cifarelli, Fiore. Tommaso Fiore, in particolare, aveva una profonda stima di quel giovane che aveva idee e visione politica molto chiara. Tant’è che, quando don Tommaso gli presentò il programma di quello che sarebbe stato il Partito d’Azione (elaborato con Michele Cifarelli), chiedendogli di sottoscriverlo, Calvario ebbe il coraggio di rifiutare la firma: per lui, di formazione crociana, quel programma appariva denso di forzata utopia. Si commuove quando ricorda che Fiore “continuò a volermi bene”. Dopo il liceo avrebbe voluto iscriversi a Lettere e Filosofia ma il padre, insigne avvocato, rivelatosi dolente, subito egli optò per la Facoltà di Giurisprudenza e così si trasferì a Roma. Era il 1938 e ai giovani universitari si imponeva anche l’iscrizione alla Milizia volontaria universitaria. Ebbene, Calvario mal sopportava quella imposizione e riuscì a strappare al padre il consenso al servizio militare nell’Esercito dello Stato. E così, poco più che diciassettenne, dovette fronteggiare il duplice impegno di studente universitario di Giurisprudenza e di allievo ufficiale. E quando l’Italia entrò in guerra, si ritrovò, giovanissimo sottotenente, a dover gestire situazioni di grande responsabilità, talvolta drammatiche, come nelle tempestose giornate dall’8 settembre 1943 in poi quando il comunicato Badoglio annunciò l’armistizio con l’equivoca appendice “la guerra continua”, che in sostanza invertì il fronte di guerra. IL CORPO D’ARMATA NEGO’ LA DIFESA DEL PORTO DI BARI L’8 settembre 1943 il tenente Calvario, dopo un avventuroso rientro a Bari, era in servizio al Comando Difesa Porto. A questo proposito il nostro interlocutore ricorda una singolare pagina della nostra storia militare-bellica. Nel giro di poche ore i tedeschi da alleati erano divenuti nemici. E i reparti di Hitler risalivano la penisola diretti a Nord. Alla notizia che il nuovo nemico, da Brindisi, puntava verso Bari, il Comando Difesa Porto si organizzò per contrastare il prevedibile assalto allo scalo barese dove erano attraccate numerose navi. E la difesa fu tanto ben organizzata che i nostri reparti tesero ai tedeschi una sorta di trappola e riuscirono a neutralizzarli, a sequestrare automezzi e armamento e a fare circa duecento prigionieri. Ricolmo quel cortile, chiesero al Comando d’Armata come gestire i prigionieri. Stranamente fu ordinato un immediato quanto perentorio rilascio di prigionieri e mezzi con la minaccia addirittura di
me Peppino Di Vagno e Quintino Basso”. Anche nella professione di avvocato ha lasciato tracce indelebili. Del resto, a parte le capacità proprie, la scuola del padre Matteo, insigne giurista (Bari gli ha dedicato una strada nel rione Poggiofranco), ha fatto il resto. L’IMPEGNO POLITICO
1991, Pasquale Calvario (PLI) sugli scanni del Consiglio regionale pugliese (Photopress Pupilla) severi provvedimenti disciplinari. Alla richiesta di un ordine scritto, dal Comando d’Armata risposero allo stesso modo rincarando la dose di arrabbiatura e di minacce. I tedeschi furono liberati, furono loro restituite le armi e gli automezzi. “Ebbene - ricorda Calvario - appena fuori cominciarono a mitragliare e, percorso il Lungomare Nazario Sauro, forzarono l’accesso e, al porto, numerose navi furono affondate. Con il generale Bellomo compimmo un ampio e rischioso giro per valutare la situazione e ci rendemmo conto che non c’era nulla da fare. I tedeschi da prigionieri erano diventati in quel momento padroni della situazione. Ancora oggi ricordo quei momenti e ogni volta si consolida in me il sospetto che chi rispondeva alle nostre telefonate erano fascisti rimasti tali. Ho ancora oggi nelle orecchie la voce di una persona conosciuta, un collega avvocato del quale non faccio il nome anche perché non è più di questo mondo”. LA PROFESSIONE FORENSE “Il mio servizio militare – racconta Calvario – si concluse nel novembre 1944, dopo aver assolto a numerosi incarichi: reclutamento e accompagnamento dei soldati verso il fronte francese, gran parte dei quali fuggivano da tutte le parti in una situazione di totale disorientamento; denunce di diserzione nei confronti dei coscritti che non si presentavano; la resa del casermaggio. Nello stesso mese conseguii la laurea. La tesi mi fu assegnata da Aldo Moro, con il quale negli anni successivi ho avuto una sincera amicizia; ne fu relatore il rettore prof. Angelo Fraccacreta. Mi laureai con massimo dei voti, la lode, pubblicazione della tesi e invito a intraprendere l’attività didattica quale assistente. Quindi gli esami di procuratore, a Napoli, dove, non avendo trovato posto in albergo, fui ospitato da un amico sotto una tenda. Fui anche borseggiato tant’è che per poter sostenere l’esame, ottenni un documento di riconoscimento grazie all’intervento del prof. Giovanni Leone, il futuro presidente della Repubblica. Con me in quella sessione superarono l’esa-
Cessata la guerra, immediata la ripresa dell’attività politica. Era l’epoca del nuovo liberalismo, permeato di cultura crociana, che aveva messo da parte il liberalismo vecchio, alla Giolitti. L’ingegnere Giuseppe Laterza fu incaricato di costituire a Bari il Partito Liberale Italiano. E Laterza, ancora una volta volle al suo fianco Pasquale Calvario insieme con Biagio Starita, Raffaele Lavolpe, Mimì e Mario Spinelli, Vito Losurdo, i Santalucia e A. Atti. Ma il vecchio liberalismo era duro a morire; la scena era occupata dai “demoliberali” che avevano a Benevento il loro riferimento. Calvario fu nominato segretario (il presidente era Laterza). Ma la frattura con i giolittiani si fece profonda sin dal primo giorno e già “nell’aprile del 1944 - ricorda Calvario - eravamo usciti e avevamo creato il gruppo Liberal-radicale che ebbe vita a sé”.Il confronto politico fu durissimo in quegli anni. Il grande obiettivo della ricostruzione del Paese esigeva un impegno unitario delle forze politiche in campo. E Calvario non si tenne in disparte, pur in una posizione fortemente critica verso il partito. Nel 1965 l’ingresso nel Consiglio Comunale di Bari. Fu Giovanni Malagodi a volere la sua candidatura e Calvario ebbe un buon successo elettorale. Nel 1970, con la nascita delle Regioni, il “salto” nel Consiglio regionale, unico eletto del Pli. Tre legislature, sino al 1985, con incarichi prestigiosi nelle commissioni consiliari e nella Giunta con delega alla Cultura. Nel 1985 non gli fu consentita la ricandidatura e Calvario spese il suo impegno politico nell’Associazione di Cultura Politica da lui creata. Nel 2003 il ritiro a vita privata. UN POLITICO DI ALTRI TEMPI Oggi, come abbiamo detto, Pasquale Calvario non fa politica attiva, ma è vivo e vitale quella sorta di “osservatorio privato” dal quale segue e commenta la vicenda politica italiana e pugliese. Calvario è un politico di altri tempi. Appena adolescente ha intrapreso un percorso formativo che gli ha fornito un bagaglio di cultura politica e di esperienza alimentata dal rapporto con personaggi di altissimo profilo intellettuale e politico. Pertanto è comprensibile l’amarezza con la quale guarda alla politica di oggi. “Si guarda alla politica - osserva - senza lo spirito di servizio che ha animato l’impegno di gran parte della mia generazione. Se ci guardiamo intorno, vediamo all’opera un esercito di orecchianti, improvvisatori, di avventurieri impegnati a far prevalere i propri interessi piuttosto che quelli della collettività. Purtroppo -
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aggiunge - escluso De Gasperi, c’è stato un grande, mai domato smarrimento e questa situazione perdura. Ne sono fuori due soggetti: Berlusconi e Bossi i quali hanno un concetto di quello che definitivamente non è perpetuabile in Italia e di quanto vada sostituito con largo disboscamento di strutture e disseminate funzioni. Ahimé, a fronte di questa urgente realtà non v’è che un ritardato, consunto,borioso, verboso riproporsi in una sola connotazione: quella di nemici”. Secondo Calvario hanno ragione i vescovi che, nella recente riunione della Conferenza Episcopale, hanno invocato solidarietà e chiarezza chiedendo alla classe politica di farsi interprete delle esigenze della gente. “Ho molto apprezzato - afferma - la posizione del vescovo emerito di Lecce Cosmo Francesco Ruppi che, in un intervento sulla Gazzetta del Mezzogiorno ha ricordato che ‘non si può continuamente galleggiare sui gravi problemi del Paese, ma bisogna affrontarli e risolverli con la massima unità delle forze sociali, culturali e politiche’”. La gravità della situazione non sfugge a nessuno e si esprime in termini drammatici: disoccupazione in aumento, piccole e medie aziende costrette a chiudere i battenti, giovani senza prospettive, preoccupante crescita dei “nuovi poveri”. E’ chiaro - osserva il nostro interlocutore - che in una situazione siffatta è estremamente dannoso, direi delittuoso indugiare nella polemica e nella contrapposizione. La classe politica non può e non deve impantanarsi su problemi particolari e personali. E parlo di classe politica di maggioranza e di opposizione, alle quali mai come in questo momento è doveroso rivolgere un appello al dialogo, al confronto, anche duro e serrato, ma orientato a far uscire l’Italia dal guado nel quale è stata precipitata”. Ecco quindi la necessità di un “patto nazionale”, come scrive mons. Ruppi. Un patto necessario, indifferibile. Non può la classe politica insistere “nel rifiuto di articolare un programma che ipotizzi e realizzi l’assetto della nuova, necessaria organizzazione dello Stato”. Un “patto nazionale” guardando a quegli uomini illuminati che in altra epoca, “ebbero vivo il senso dello Stato e la consapevolezza di dover anteporre l’interesse del popolo al loro personale interesse e a quello della propria parte politica”. Altri tempi, altri uomini. Oggi c’è una caduta di qualità, una spaventosa carenza di cultura politica e di senso del dovere, uno smarrimento dei valori che erano il collante di una società impegnata in un’opera di ricostruzione difficile e pur riuscita. Calvario non esita nell’indicare “dove si producono gli inciampi, causa di inazione, di ritardi che impediscono di far risorgere lo Stato con la sua potenzialità socializzante”. IL MEZZOGIORNO Siamo alla vigilia delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. E’ in atto un sorta di revisionismo
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storico-culturale per porre all’attenzione della politica e della pubblica opinione quello che la storiografia ufficiale ha taciuto sul prezzo pagato dal Mezzogiorno al processo unitario. All’indomani del 1861 il governo centrale, di pura marca piemontese, penalizzò pesantemente le regioni meridionali che pur avevano una economia per certi aspetti più florida di quella delle regioni centrosettentrionali. Una serie di provvedimenti di natura fiscale e amministrativa contribuirono a creare una situazione di crisi dalla quale il Sud non si è più sollevato. Calvario è categorico. “Non si deve parlare di questione meridionale. E’ sbagliato. Bisogna gridare che esiste il Mezzogiorno e il Governo. Esiste il popolo meridionale con le sue esigenze, le sue risorse e il suo diritto alla pari dignità con le altre aree del Paese. Il Governo non può e non deve ignorare questa realtà”.
Una delle liriche raccolte nel libretto edito nel 2007 da Schena Editore
Europa Europa Dall’Europa gentil si innalzi il coro, per ogni gente di fraternità: piegata l’alterigia degli stati corrivi a guerre e all’empia crudeltà. Estinti i colonial-imperialismi, nazi-fascismi, marxi-comunismi; dannati stian per sempre i consumati genocidi, insufflati dall’inferno dell’uomo in cor, bollati per l’eterno. Spento, dimesso il gene sì funesto che da nazione non trovò più arresto, tu, Europa, sii l’odegitria insonne nell’infiammare i cor d’uomini e donne, riconsacrare in essi il sacro loco della patria natale, il dolce foco. Calda, suadente la materna voce della patria in ciascun torni precoce trovar eco, ridestare affetti, a espandere la vita nei progetti che valgano a esaltare in dignità l’umana specie per l’evo che verrà. Torni del vivere il gradevol morso, quale giovine Europa attirò al dorso del toro in cui s’ascose Giove, urente d’amor per lei, che vi montò: splendente per grazia femminina e per beltà nel concerto di dei, ne eternerà le potenze del fare e la pietà. Convoglianti le ancelle. I continenti dovettero stupire per gli eventi cui capo quell’unione metterà tra la forza, invenzione, carità. Franco il boemo, franco il catalano, sia franco il serbo ed il napolitano, non più dell’Eta urga nero il livore: redenti tutti dall’Europa. In core ciascun e tutti a Patria alzi l’altare - figlio devoto - e a Europa salutare.
VERSO ELEZIONI ANTICIPATE Siamo in presenza di un confronto che sfocia in insanabili contrapposizioni e che probabilmente ci porterà a elezioni politiche anticipate. In Puglia il presidente della Regione Nichi Vendola si candida alla corsa per Palazzo Chigi. E intorno al governatore, al di là del suo movimento politico, si è creata una corrente di grande simpatia e attesa. Ecco cosa ne pensa l’avvocato Calvario. “Per quanto oneste le spiegazioni e le proposizioni di Vendola, la soluzione non è nel far corona intorno a un uomo. Quello che si impone, che la realtà esige, è lo spiegarsi di una consapevolezza nuova, esente da vincoli, nella coscienza degli italiani, anzitutto del popolo meridionale che punti finalmente col suo riscatto a farsi padrone del suo destino, di italiani tra italiani, così come ci formavano non i secoli, sebbene i millenni”. Su queste battute si conclude la nostra conversazione con Pasquale Calvario, politico e intellettuale di altri tempi, che si commuove quando ricorda i suoi trascorsi con Fiore o quando rivendica l’orgoglio di popolo meridionale. Politico, intellettuale e anche poeta che affida ai versi l’ansia di libertà, di giustizia, di solidarietà che scuote la gente. Che affida alla poesia i propri sentimenti quando vede crollare le Torri Gemelle: “Ignara umanità / pacifica, senz’armi/ mancando utile tema/ omesso pur l’allarme/ d’amplè si incenerì /nessuno profferì neppure un amen”. O quando, alla notizia della morte dell’amico Pinuccio Tatarella... “n’assale la mestizia/ di chi, già a corto/ perde l’ultimo amico, anch’egli...morto”. Ecco, Pasquale Calvario, pur lontano dalla scena politica, continua a dialogare, a lanciare messaggi, anche con la “Divina Poesia” come recita il titolo della raccolta appena pubblicata con Schena Editore.
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UNIVERSITA’ / RELIGIONI CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI A BARI, PRESSO IL DIPARTIMENTO DI STUDI CLASSICI E CRISTIANI
Alle origini dell’Europa il culto di San Nicola tra Oriente e Occidente
Relazione di base del prof. Giorgio Otranto, ordinario di Storia del Cristianesimo antico dell’Università di Bari “Aldo Moro” e del prof. Giuseppe Sergi ordinario di Storia medievale dell’Università di Torino
B
ari e San Nicola: un legame forte, inscindibile, che sin dagli inizi, dall’arrivo delle reliquie di San Nicola a Bari nel 1087 ad opera di sessantadue marinai, ha prodotto una identificazione tra il Santo e la Città. Già verso il 1130 San Teotonio, diretto da Coimbra (Portogallo) in Terrasanta, per dire che arriva a Bari scrive che sbarca ad portum sancti Nicolai. L’arrivo delle ossa del vescovo di Myra influenzò profondamente la storia non solo religiosa, ma anche civile, socio-economica e culturale della città di Bari proiettandola, insieme con la grande diffusione del culto nicolaiano, in una nuova dimensione internazionale. Agli aspetti internazionali del culto di San Nicola è stato dedicato il convegno di studi “Alle origini dell’Europa: il culto di San Nicola tra Oriente e Occidente. Italia-Francia” che si è svolto a Bari nei primi giorni di dicembre. Organizzato dal Dipartimento di Studi classici e cristiani dell’Università di Bari “Aldo Moro” e dal Centro Studi Nicolaiani della Basilica San Nicola, il convegno ha messo a confronto studiosi ed esperti provenienti da vari Paesi europei con l’intento di ridefinire i contorni storicamente rilevanti dell’iter cultuale del Santo, attraverso lo studio di testi letterari, espressioni artistiche e prodotti della cultura popolare. Nella giornata inaugurale la relazione di apertura dei lavori, affidata al prof. Giorgio Otranto, ordinario di Storia del Cristianesimo antico dell’Università di Bari, ha sottolineato non solo l’importanza del culto di San Nicola per la città di Bari, ma anche il forte collegamento tra San Nicola e San Michele, l’Arcangelo guerriero al quale è dedicato a Monte Sant’Angelo, sul Monte Gargano, un importante santuario, mèta di continui e numerosi flussi di pellegrini sin dall’Altomedioevo (VI-VIII secolo). “La diffusione del culto nicolaiano - ha detto Otranto - fu favorita dai Normanni, i nuovi signori di Bari, che, nel loro Paese, avevano familiarizzato anche col culto di San Michele grazie alla presenza del santuario di Mont Saint Michel, concepito, secondo la tradizione, ad imitazione e come filiazione di quello garganico. Tra la Francia e la Puglia si creò un intenso flusso di pellegrini che percorrevano al via Francigena e visitavano diversi santuari romani e italici, tra i quali quelli di San Mi-
chele in Val di Susa e sul Gargano, e quello di San Nicola a Bari, prima di proseguire, in molti casi, per la Terra Santa. I culti dei due santi sono entrati nella memoria collettiva delle popolazioni europee, da quelle di matrice germanica a quelle radicate nei Paesi dell’Est e del Mediterraneo bizantino. Nel loro nome si è venuto costituendo un ricco patrimonio di arte, fede e cultura, disseminato lungo l’iter dei pellegrini, che ha assunto la caratterizzazione del Cammino medievale con una valenza altamente simbolica e significativa nel processo di costruzione dell’identità europea, che ha il suo fondamento nella memoria storica”. Sulla base di tale argomentazioni i partecipanti al convegno, insieme con rappresentanti di enti ed istituzioni scientifiche e culturali di diversi paesi europei e del mondo religioso e politico, hanno approvato un ordine del giorno, da sottoporre al Consiglio di Europa per chiedere il riconoscimento del Cammino dell’Angelo e di San Nicola come Patrimonio Culturale d’Europa. Il Rettore della Basilica di san Nicola, padre Damiano Bova, ha sottolineato l’alto rilievo culturale del convegno, che si inserisce nell’ambito di un più ampio progetto di ricerca biennale (2010-2011) tra Italia e Francia, incentrato sulla figura di san Nicola e sul suo culto nelle diverse espressioni e nei vari contesti territoriali, promosso dall’Università degli Studi di Bari (Dipartimento di Studi classici e cristiani) e dalla Basilica di San Nicola (Centro Studi Nicolaiani), d’intesa con l’Institut de France, l’Université de Caen Basse-Normandie e l’Université de Paris Ouest-Nanterre. Padre Bova ha inoltre fatto riferimento a due notizie di attualità legate alla produzione di due film su san Nicola: “Di recente - ha detto padre Bova - due film hanno portato San Nicola sulla scena mediatica mondiale, uno a carattere scandalistico in contrasto con la sua immagine nell’universo nicolaiano, e l’altro, complessivamente abbastanza corretto, negli Stati Uniti. Noi ci auguriamo che nel prossimo 2011, in occasione dell’anno italo-russo della cultura, per iniziativa della Basilica di San Nicola e di un ente barese, un altro film su San Nicola a livello mondiale, già in mano agli organismi
Da sinistra, il prof. Giorgio Otranto, il Rettore prof. Corrado Petrocelli, il rettore della Basilica di San Nicola Padre Damiano Bova, la prof. Grazia Distaso e il prof. Domenico Lassandro nelmese - 12/2010 - 16
IN UN ORDINE DEL GIORNO SOLLECITATO IL CONSIGLIO D’EUROPA PER LA DICHIARAZIONE DEL “CAMMINO DELL’ANGELO E DI SAN NICOLA” QUALE
Patrimonio culturale d’Europa
La Basilica di San Nicola a Bari e l’effigie del Santo patrono della città. Accanto, statua di San Michele Arcangelo, vittorioso sul demonio, conservata nel Museo Devozionale del Santuario del Santo a Monte Sant’Angelo e la grotta del Santuario dedicato al Santo a Monte Sant’Angelo (Fotografie di Nicola Amato e Sergio Leonardi da “Puglia. Viaggio nelle tradizioni e nel folklore” con testo di Raffaele Nigro, edito da Adda) Tutti i partecipanti, i rappresentanti di Enti e Istituzioni scientifiche e culturali di diversi Paesi europei, nonché i rappresentanti del mondo religioso e politico, riuniti a Bari nei giorni 2-4 dicembre per il Convegno Internazionale “Alle origini dell’Europa: il culto di san Nicola tra Oriente e Occidente”, hanno approvato il seguente Ordine del Giorno: considerato - che il culto per l’Angelo, accreditato nelle Scritture ebraiche e cristiane, si è alimentato in Oriente di apporti diversi, giudeo-cristiani, pagani e gnostici, dando vita a forme plurime di coesistenza religiosa; - che san Nicola, venerato da cattolici e ortodossi del mondo greco, russo e slavo, è diventato uno dei simboli più significativi del movimento ecumenico e che il suo messaggio universale è penetrato anche nei Paesi anglosassoni di professione protestante e anglicana, grazie anche alle numerose tradizioni popolari; - l’interesse che anche parte del mondo islamico ha recentemente dimostrato per le reliquie di san Nicola, custodite nella Basilica barese; - che il culto dell’Angelo ha dato vita sul Gargano in Puglia, sin dal V secolo, a un peculiare fenomeno di fede e religiosità popolare che si è perpetuato in continuità ideale e storica nel santuario di Mont Saint Michel in Normandia e nella Sacra di San Michele nella Valle di Susa, lungo un itinerario che, partendo dal Nord Europa, attraversava la Francia e, per i passi del Moncenisio e del Monginevro, convogliava i pellegrini verso Roma, la Puglia e la Terrasanta; - che, in epoca contemporanea, su questo itinerario si è inserita la vicenda esistenziale di padre Pio da Pietrelcina;
- che nel nome dell’Angelo e di san Nicola si è creata nel Medioevo una koiné religiosa e culturale tra Europa, Mediterraneo bizantino e Oriente; - che nel nome dell’Angelo e di san Nicola nel corso dei secoli si è venuto costituendo un ricco patrimonio di fede, arte cultura, anche a livello popolare; - che i santuari dedicati all’Angelo e a san Nicola, ricordati spesso insieme negli itinerari di viaggio medievali, disponevano di ospedali e ospizi per i pellegrini e hanno, per ciò stesso, contribuito a diffondere la cultura dell’accoglienza e della solidarietà; - che l’unità dell’Europa medievale ha trovato un suo essenziale punto di riferimento nella capillare presenza di santuari e nella rete viaria che li collegava; - che i culti dell’Angelo e di san Nicola sono entrati nella memoria collettiva delle popolazioni europee, da quelle di matrice germanica a quelle radicate nei Paesi dell’Est e nel Mediterraneo bizantino; - infine, che il recupero e la valorizzazione di tutte le tradizioni religiose, culturali e storiche sono di primaria importanza per la costruzione di un comune sentire e di una identità europea che trova il suo fondamento nella memoria storica; pienamente convinti della somma di valori e dei princìpi di cui i culti per l’Angelo e per san Nicola si sono caricati attraverso i secoli, chiedono che il Consiglio d’Europa dichiari il Cammino dell’Angelo e di san Nicola, così come sopra delineato, “Patrimonio culturale d’Europa”
preposti al settore, possa essere realizzato, e questa volta con la consulenza scientifica del nostro Centro Studi Nicolaiani”. Presenti all’inaugurazione del convegno il Rettore dell’Università di Bari, prof. Corrado Petrocelli, il direttore del Dipartimento di Studi classici e cristiani, prof. Domenico Lassandro, la preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, prof. Grazia Distaso. Nelle giornate dei lavori si sono susseguite le relazioni di Giuseppe Sergi (Università di Torino), Sofia Boesch Gajano (Centro Europeo di Studi Agiografici), Gerardo Cioffari (Centro Studi Nicolaiani), Veronique Gazeau (Université de Caen Basse-Noramndie), Pierre Bouet (Université de Caen Basse-Noramndie), François Neveux (Université de Caen Basse-Noramndie), Michele Bacci (Università di Siena), Maria Rosaia Depalo e Mariella Cioce (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia), Fabrizio Vona (Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Puglia), Vincent Juhel (Association Les Chemins du Mont saint-Michel), Justyna Switalska (Université Nancy 2), Anna Benvenuti
(Università di firenze), Catherine Guyon (Université Nancy 2), Catherine Vincent (Université Paris Ouest Nanterre), Marco Piccat (Università di Trieste), Yann Dahhaoui (Université de Geève - Université Paris I), Cosimo D’Angela (Società di Storia Patria per la Puglia). Ad André Vauchez, già direttore dell’École Française de Rome, il compito di concludere il Convegno. Vauchez ha sottolineato, accanto alla molteplicità di valenze e aspetti di San Nicola, i contributi innovativi apportati dalle relazioni, presupposti fondamentali per una ricognizione a livello interdisciplinare della presenza del culto nicolaiano nei singoli paesi europei. Il convegno, inoltre, - ha precisato Vauchez - è stato un significativo esempio di cooperazione tra studiosi di ambiti e discipline differenti e di sinergia con le giovani generazioni, una strada da seguire per le successive tappe del Progetto e per scrivere altre pagine sulla storia del culto di San Nicola, il Vescovo di Myra venerato a Oriente ed Occidente.
ALESSANDRA CAMPIONE nelmese - 12/2010 - 17
SOCIALITA’ / UNIVERSITA’
Rom,
se li conosci non li eviti
Dalla giustizia agli alloggi, dalla scuola al lavoro. Da semplice coesistenza ad un’effettiva convivenza: con quali forme? Incontro-dibattito organizzato dall’Associazione il Carcere Possibile onlus delegazione di Bari “Giuseppe Castellaneta”, in collaborazione con l’associazione “Antigone”. Consegnato il “Premio di laurea Giuseppe Castellaneta” DI
U
n popolo in viaggio senza mèta, senza mai portare con sé armi, e che solo per questo meriterebbe il Nobel per la pace: parole di Fabrizio De Andrè, che ai rom dedicò una canzone, “Khorakhané”, dal nome di una tribù rom di provenienza serbo-montenegrina. Non chiamateli “zingari”, perché ne sentono solo l’accezione offensiva. E nemmeno “rumeni”, perché solo alcuni gruppi di loro provengono dalla Romania. La comunità rom ha un’identità ben precisa e rifiutarsi di riconoscerla è il primo grave errore. Un dato incontrovertibile è che la loro presenza a Bari è destinata ad aumentare, in seguito ai continui sgomberi subiti in altri territori, e questo è dovuto anche a dei segnali di apertura manifestati dall’amministrazione locale. NESSUN IMPEGNO POLITICO SERIO Quello che manca però è una generale condivisione del problema.
Andrea Di Comite nelmese - 12/2010 - 18
Giuseppe Castellaneta Andrea Di Comite, presidente dell’Associazione Antigone, ha usato un’espressione cruda ma efficace, notando come occuparsi di rom oggi equivale ad occuparsi dei diritti delle lepri in una battuta di caccia. Le speranze di un serio impegno sembrano praticamente vane. Un primo passo verso una nuova cultura del rispetto lo si è visto però nell’Aula Magna
Anna Damiano
GIOVANNA DIMICCOLI
Virginia Ambruosi Castellaneta della Facoltà di Giurisprudenza in un venerdì pomeriggio, quando i posti a sedere si sono esauriti nel giro di qualche minuto e in molti sono rimasti in piedi a lungo pur di assistere ad un incontro tra diverse voci sul tema. Nell’aria si respirava il fermento della nuova delegazione barese de “il Carcere Possibile Onlus”, intitolata al compianto avv. Giusep-
Egidio Sarno
Luigi Pansini
pe Castellaneta: l’associazione si è da subito attivata sul territorio a difesa dei più deboli, grazie soprattutto all’impegno dell’avv. Virginia Ambruosi Castellaneta, ispirata dalla filosofia di difesa dell’uomo e di solidarietà che ha sempre orientato l’attività del marito. IL PREMIO DI LAUREA PER UNA TESI IN DIRITTO PENALE Tra le diverse iniziative è stata assegnata una borsa di studio alla neo-dottoressa Clara Mazzanti per la tesi in Diritto penale minorile dal titolo: Minori Rom e devianza. Quest’ultima ha dimostrato una certa sensibilità nell’approfondimento della tematica, pervenendo ad una constatazione: la conoscenza è l’elemento imprescindibile per un’applicazione equa del diritto. La conoscenza, ancora una volta. Sì, perché negare ogni diritto ad una minoranza rifiutandosi di guardarla negli occhi è contrario ad ogni civiltà. Il rettore Corrado Petrocelli parte dal decreto del capo delle SS Heinrich Himmler del 1938 contro la cosìddetta “piaga zingara”, basata su ricerche di biologia razziale e che avrebbe odiosamente giustificato lo sterminio dei rom durante la guerra. Negli anni successivi è calato il silenzio su quelle atrocità, per poi riparlarne solo nel 1980 quando la Germania ha riconosciuto le colpe di una persecuzione razziale senza senso. Ma le radici dell’intolleranza non sono state sradicate dalla coscienza civile. Nel 2009 l’Italia è stata condannata dall’Agenzia del Lavoro delle Nazioni Unite per il “clima di intolleranza esistente”, creato dai leader politici italiani, rei di usare una “retorica aggressiva e discriminatoria nell’associare i rom alla criminalità, creando così un sentimento di ostilità e antagonismo nell’opinione pubblica”. Il Consiglio di Europa ha inaugurato nel 2010 una campagna di interazione tra rom e società civile, per
Riccardo Polidoro
La vincitrice del Premio di laurea della delegazione barese de “Il Carcere Possibile Onlus” intitolata all’avv. Giuseppe Castellaneta, dott. Clara Mazzanti con accanto l’avv. Virginia Ambruosi Castellaneta, la prof. Marilena Colamussi ed il rettore dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” prof. Corrado Petrocelli diffonderne la conoscenza di cultura e storia. L’intento è quello di educare le nuove generazioni alla democrazia e al rispetto, disegnare strategie di inclusione e sconfiggere i precipitati di ogni ideologia razziale. PROGETTI A BARI PER UN’ORGANICA ACCOGLIENZA Come si comporta quindi Bari nell’attività di accoglienza? Attualmente esistono due aree di sosta per i rom, una a Japigia e l’altra nella Zona Industriale, ma nei loro confronti vi è un progetto di investimento ad ampio raggio, come ha illustrato la responsabile del servizio Immigrazione dell’Assessorato al Welfare del Comune di Bari Anna Damiano. L’obiettivo dell’Ufficio è di operare in modo organico e continuo, in modo da gestire il settore in termini di programmazione e non di emergenza. Per strada si incontrano difficoltà quali l’approssimativo numero dei censiti per via dell’allontanamento degli irregolari al momento delle rilevazioni e la necessità di predisporre un’accoglienza permanente, che
Marilena Colamussi
vada oltre quella di primo grado dei campi. Progetti di sublocazioni, di costruzioni di alloggi affittati in base ai redditi, di inclusione lavorativa mediante formazione e borse-lavoro e di integrazione scolastica dei bambini interpretano i bisogni contingenti. Ma che succede quando il rom si trova ad avere a che fare con la giustizia in Italia? Finora non si registrano segnali positivi. A tal proposito l’Avvocatura ha espresso la sua solidarietà, invitando a dimostrare la grande tradizione culturale e giuridica barese, seria e democratica: la scia è quella stessa della Corte Costituzionale che, ad esempio, ha dichiarato illegittima l’aggravante della clandestinità per chi commette reati, come ricorda l’avv. Egidio Sarno, presidente della Camera Penale di Bari. Per non parlare dei diritti processuali dei rom, non sufficientemente tutelati, e per i quali l’avv. Luigi Pansini, segretario del Sindacato degli Avvocati di Bari, rivendica sia interpreti che avvocati preparati, che garantiscano un corretto esercizio del sacrosanto diritto alla difesa. I detenuti rom sono doppiamente
Giuseppe Tucci
Alexian S. Spinelli nelmese - 12/2010 - 19
discriminati, perché oltre ai diritti negati di fatto nelle carceri italiane, non possono godere nemmeno di alcuni benefici quali gli arresti domiciliari, per la mancanza di un domicilio al di fuori del carcere. L’avv. Riccardo Polidoro, presidente della delegazione di Napoli del “Carcere Possibile onlus” ha illustrato un’iniziativa interessante promossa in Campania, riguardante la distribuzione tra i detenuti di una guida sull’ordinamento penitenziario, oltre che in italiano, anche in arabo rumeno e albanese, in modo da consentire al 10% della popolazione carceraria che parla solo queste lingue di conoscere tra le altre cose anche le prassi, laddove come spesso accade - non vi siano regolamenti interni negli istituti in cui scontano la pena. Dal punto vista processuale vi sono forti lacune perché, nonostante ci sia un gran parlare di giusto processo, questo non è supportato da giuste sanzioni: la prof. Marilena Colamussi, docente di Diritto Penale Minorile dell’Università di Bari, osserva come in Italia manchino misure alternative al carcere per i minorenni. L’unica differenza favorevole è di tipo quantitativo, con l’applicazione della diminuente della minore età. Ma come si può equiparare in materia sanzionatoria un minore in via di formazione ad un adulto, mortificarne così l’identità? Se questi problemi sussistono per i minorenni italiani, figurarsi per quegli stranieri. Quello che serve davvero sono pene sì restrittive della libertà ma che al tempo stesso abbiano funzione ripartiva: innanzitutto per responsabilizzare il minore, poi per restituire dignità alla vittima e per ripristinare infine gli equilibri relazionali. Al di fuori delle carceri non resta che un dilagante razzismo: il loro essere una comunità non stanziale dovrebbe suscitare la nostra curiosità, visto che la civiltà europea nasce proprio dall’attenzione per il diverso. E invece - fa notare il prof. avv. Giuseppe
Michele Bulzis nelmese - 12/2010 - 20
Tucci, ordinario di Istituzioni di Diritto Privato dell’Università di Bari - ci imbattiamo nelle prime pagine di alcuni quotidiani in titoli del tipo “I rom potranno essere cacciati”. O ancora: “Nati per rubare”. Così si aziona un meccanismo contorto del consenso, si avallano pregiudizi e stereotipi di tipo razzista conseguenti a credenze popolari persistenti. Nel frattempo il governo da parte sua vara pacchetti-sicurezza di cui diffidare, perché modificano surrettiziamente le norme del Codice civile: basti pensare al nuovo art. 116 c.c., che subordina il matrimonio dello straniero all’attestazione della regolarità del soggiorno. Si è fatta così “terra bruciata” attorno allo straniero irregolare, costringendolo sempre più alla sua condizione di clandestinità. SOLO IN POCHI A CONOSCERE VERAMENTE I ROM Ma quante volte è capitato anche a noi per primi di allontanarli, di fuggirne lo sguardo, di alzare il passo di fronte alle loro mani in cerca di qualche spicciolo? Quanti li conoscono davvero? La loro cultura è poco nota, e per il suo studio oggi vi è una cattedra universitaria apposita. Ne è titolare presso l’Università di Chieti Alexian Santino Spinelli, appartenente egli stesso alla comunità rom, che tiene a precisare una cosa: i rom non sono nomadi per cultura! Provengono dall’India,e in seguito ad una diaspora sono diventati eterni emigranti coatti. Vittime di persecuzione sin dal loro arrivo in Europa per una serie di pregiudizi, nel 1483 trovarono in Italia una legislazione “devastante”, in base alla quale chi ammazzava un rom non commetteva reato. Sono trascorsi ormai sei secoli da quando entrarono nel nostro Paese ma è cambiato ben poco. Non hanno mai avuto un esercito, ma alcuni di loro sono stati partigiani nella lotta al nazifascismo. Non hanno mai com-
Danief Tomescu
messo atti di terrorismo, adottando una cultura pacifista: hanno escogitato una forma di sopravvivenza pur di non essere annientati. Qualcuno ha mai chiesto loro se avrebbero voglia di radicarsi in un territorio? I campi rom sono una forma di segregazione razziale, concepiti in base al principio della loro presenza temporanea in un territorio, e in molti casi sono privi di accesso ai servizi più basilari. Inoltre favoriscono la deresponsabilizzazione delle amministrazioni locali dal dover fornire servizi scolastici e sociali finalizzati all’integrazione. Nel 70% dei casi i rom sono cittadini italiani, perché nati in Italia, ma di serie Z. La loro cultura, soprattutto in campo musicale, non viene affatto valorizzata, non vengono garantite loro le stesse opportunità degli altri. Esperienze concrete di vita a contatto con i rom hanno poi dischiuso le porte di un mondo nuovo: Michele Bulzis, presidente della cooperativa sociale “Bughenìa” di Bitonto, ha raccontato del suo impegno per alcuni bambini rom da inserire in una scuola su richiesta dei genitori, e non quindi su imposizione dei servizi sociali: si è dato modo così di sfruttare al meglio i fondi messi a disposizione dal Comune di Bitonto. I bambini sono stati assistiti nelle vaccinazioni e nella cura dell’igiene personale. IL SINDACO EMILIANO PER UNA COOPERATIVA DI LAVORO Danief Tomescu, portavoce della comunità Rom di Bari, in cui si trova da più di 10 anni, ha ricordato il sostegno del sindaco Emiliano nel concedere loro un pezzo di terra su cui far sorgere una cooperativa di lavoro. E’ la loro ostinazione, la loro forza di volontà l’unica molla di fronte ai problemi che si trovano ad affrontare e di cui tutti si lamentano: il difficile inserimento dei loro bambini nelle scuole, la mancanza di lavoro, lo stato di bisogno in cui si trovano
Patrizia Rossini
Matteo Maginisi
Nell’Aula magna “Aldo Moro” della Facoltà di Giurisprudenza dove si è svolto l’incontro-dibattito mentre tiene la sua relazione l’avv. Virginia Ambruosi Castellaneta intere famiglie e che costringono i minori a chiedere l’elemosina. La scuola ha un ruolo fondamentale per fare emergere questi ultimi da una realtà faticosa. Patrizia Rossini, dirigente scolastica del Circolo Japigia I di Bari, conta nella sua scuola 64 bambini stranieri, di cui 30 sono rom. Segnali di cambiamento si sono intravisti ad esempio nella scelta di un padre che ha preferito seguire i figli a casa nei compiti piuttosto che affidarli il tempo pieno, che li avrebbe trattenuti a scuola anche nel pomeriggio. Certo non sono mancate reazioni ostili: una mamma ha chiesto di far cambiare sezione alla figlia perché non voleva che nella stessa classe vi fosse una bambina rom. Per tutta risposta la dott. Rossini le ha concesso il nulla osta per cambiare scuola, perché la scuola deve accogliere, inserire ed integrare e non piegarsi di fronte a certi episodi incresciosi. Vi è stata poi una festa di “accoglienza al contrario”, organizzata dai bambini rom per i coetanei italiani, fatta dei loro balli e delle loro musiche, e che ha suscitato un
Rosa Anna De Palo
entusiasmo generale. Condivisione. Quella che commuove una dirigente scolastica mentre rilegge una lettera ricevuta da un gruppo di bambine rom che ringraziano per l’accoglienza ricevuta nella sua scuola. E che racchiude il senso di tutto. UNA COMUNITA’ MODELLO AL RIONE JAPIGIA Per Matteo Magnisi, attivista dei diritti umani nella Cooperativa sociale Occupazione e Solidarietà di Bari, la comunità rom di Japigia è un miracolo che come una pianta va coltivata perché non muoia, ha bisogno di prospettive di vita oltre alla sopravvivenza attuale. Polemicamente sottolinea la diversa attenzione dell’amministrazione, considerato che qualche anno fa un sindaco diceva “meglio i cani che i rom”, alludendo all’opportunità di risolvere l’emergenza dei randagi piuttosto che della comunità rom. La cooperativa lavoro Artezian li vede occupati in varie attività, animati dallo slogan “dimenticare di mendicare”. Ma non basta. Né
Gianluigi De Vito
tanto meno dalle istituzioni arrivano segnali forti. Rosa Anna De Palo, presidente del Tribunale dei minorenni di Bari, smentisce peraltro quanto auspicato dal giornalista Gianluigi De Vito circa il ruolo determinante della magistratura ai tavoli di concertazione, dove non arrivano altri soggetti. Il contesto purtroppo non glielo consente. I magistrati minorili non hanno una voce in capitolo. Di sicuro questo al momento non sembra essere un Paese per rom, né per i bambini svantaggiati o disabili. Non solo non rientrano tra le priorità ma sono del tutto invisibili. Ci si indigna dinanzi ai bambini rom mandati a chiedere l’elemosina, ma dinanzi al Tribunale dei minori non sono ancora arrivati casi di rom nati da incesti o che subiscono violenze sessuali da parte dei genitori. Di casi italiani, però, sì. E questo dovrebbe far pensare. La persistenza di pregiudizi diventa uno degli elementi della concatenazione di esclusione sociale e piccola devianza, da cui sorgono comportamenti prevedibilmente corrispondenti allo stigma sociale. Quando basterebbe invece riflettere sul saluto tipico della cultura romanì, “But Baxt ta Sastipè”, ovvero “che voi possiate essere sani e fortunati” per creare le basi di un’accoglienza incondizionata.
Giovanni Castellaneta
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UNIVERSITA’ LUM SECONDA EDIZIONE PREMIO UNIVERSITA’ LUM PER L’ARTE CONTEMPORANEA IN COLLABORAZIONE CON LA REGIONE PUGLIA
A Mezzogiorno dell’arte
Egemonie culturali e sapere dell’esperienza discussi in un convegno internazionale con interventi di filosofi, sociologi, scrittori, architetti, curatori e artisti, italiani e stranieri
“A
Mezzogiorno dell’arte - Egemonie culturali e sapesi è affrontato poi il tema della formazione degli artisti e della re dell’esperienza” è stato l’argomento di un convegno relazione tra paradigmi culturali e pratiche creative nell’ambito internazionale sviluppatosi in due intense giornate di incontri, di una visione dell’esperienza artistica allargata alle culture non dibattiti e tavole rotonde che hanno avviato nel Castello Svevo di occidentali e a contesti non istituzionali. La tavola rotonda ha viBari, nei primi giorni di dicembre, il programma biennale del sto la partecipazione di Anton Vidokle, artista visivo e curatore Premio LUM, promosso dalla Università Lum Jean Monnet indipendente, Maha Maamoun, artista visiva, Contemporary di cui è rettore il dott. Emanuele Degennaro - in collaborazioImage Collective (Il Cairo), Sebastiano Maffettone, filosofo, ne con la Regione Puglia. Anna Pironti, responsabile dipartimento educazione del CastelCosì la seconda edizione del Premio - ideato dall’ing. Vito Labalo di Rivoli. rile, consigliere delegato dell’Università per le Politiche culturali In apertura del convegno è stata presentata la nuova piattafor- intensifica il suo orientamento formativo ed espande il dialogo ma web del Premio LUM per l’Arte Conteporanea – www. a diversi ambiti culturali. premiolum.it. La cura del sito internet è stata affidata al critico Si sono alternati gli interventi di filosofi, sociologi, scrittori, d’arte Stefano Chiodi. Il portale è nato per dare visibilità architetti, curatori ed artisti, italiani e stranieri, in tre sessioni di permanente al Premio LUM, ma anche per promuovere un lavoro presiedute dal direttore artistico del Premio LUM, Achille più ampio dibattito in rete intorno ai temi affrontati nell’ambito Bonito Oliva. delle sue iniziative (mostre, convegni, Di localismo virtuoso si parlato nella laboratori, pubblicazioni) e per favorire sessione mattutina. Il tema al centro di la crescita di una sensibilità collettiva in questa sessione è stata la relazione tra un contesto - quello del Sud d’Italia spazio “locale” e dinamiche globali, tra storicamente svantaggiato dalla carenza sopravvivenza dell’eredità culturale e sua di istituzioni pubbliche e private indiriztrasformazione. Come risultato di un lavozate allo studio della contemporaneità. ro di mappatura delle realtà che operano L’impegno è di dar vita ad una community nel meridione italiano, è stata inoltre profocalizzata soprattutto sull’esperienza posta una rosa di esperienze esemplari, culturale del Mezzogiorno in senso lato, selezionate sulla base della loro capacità aperta quindi a campi creativi affini (arti di dialogare con lo scenario artistico intervisive, ma anche cinema, teatro, musica, nazionale, attraverso le quali individuare ecc.) ed ai loro diversi aspetti critici e possibili nuove strategie di politica cultuteorici. rale, di mecenatismo e capacità di aggreAffrontare il tema del Mezzogiorno signigazione. “Il collezionismo ha abbandonato fica innanzitutto circoscriverlo in senso negli ultimi anni – ha spiegato Bonito culturale in un contesto profondamente Oliva - quella dimensione privatistica, che mutato, in cui le vecchie divisioni, geoporappresentava quasi una tesaurizzazione litiche quanto ideologiche, hanno lasciato di una produzione artistica per una deguspazio alla realtà del mondo globalizzato Il rettore dell’Unversità Lum stazione domestica. Nel sistema dell’arte e alle sue dinamiche ormai a scala planequesto processo si è invertito portando taria. Cosa intendiamo dunque oggi per dott. Emanuele Degennaro il collezionismo a una dimensione meno Mezzogiorno? Oltre che come luogo geografico, il termine va inteso come una modalità di pensiero che chiusa tanto che molti collezionisti hanno promosso fondazioni si estende anche a nozioni oggi molto dibattute quali “periferia”, rovesciando il rapporti pubblico-privato nella circolazione e nella “confine”, “differenza”. Pensare al “Mezzogiorno” in modo non diffusione della produzione del contemporaneo”. consolatorio, non pedagogico, significa focalizzare l’attenzione La sessione, moderata da Antonella Marino, si è aperta con il più che su dei confini territoriali, sempre relativi e intrinsecacontributo di Joerg Heiser, critico d’arte e condirettore di “Friemente contraddittori, sulle problematiche, i conflitti, le aree di ze”, ha visto gli interventi di Angelo Bianco della Fondazione attrito, marginalità e resistenza, che sfuggono ai radar istituSoutHeritage (Matera), Rosalba Branà della Fondazione Museo zionali o alla logica mainstream. Il Mezzogiorno come epicentro Pino Pascali (Polignano a Mare), Giusy Caroppo dell’Associaziodi una “lingua minore” (nel senso usato da Deleuze e Guattane culturale Eclettica (Barletta), Lia De Venere docente dell’Acri), come declinazione resistente all’interno di un più vasto ed cademia di Belle Arti (Bari), Pierpaolo Forte Fondazione Morra egemonico sistema culturale, come luogo di contraddizione e di Greco (Napoli), Gianluca Collica Fondazione Brodbeck (Cataprogettazione di presenti alternativi. nia), Francesco Moschini Politecnico di Bari, Roberto Ricco Il convegno promosso dal Premio LUM è partito da questo Teatro Kismet (Bari), Stefania Zuliani Università di Salerno. approccio problematico rivolgendosi a una pluralità di “mezzoLa sessione che ha chiuso il convegno, Il sapere dell’esperienza giorni”, non limitati allo scenario italiano o europeo e al tempo si è concentrata su quelle esperienze che segnano il passaggio stesso interni ed esterni al sistema internazionale dell’arte, da un concetto di esposizione come “spettacolo” e come “evencercando di fornire un inquadramento teorico del tema e affronto” mediatico, alla mostra come elemento di formazione e quindi tando il problema di nuove strategie di formazione degli artisti come laboratorio. Cesare Pietroiusti, artista visivo e docente basate sull’esperienza su e nel territorio, anche da un punto di di laboratorio di arti visive Iuav - Venezia è stato il coordinatore vista operativo. della terza sessione. “Il significato di questo ultimo blocco - ha In quest’ottica il Sud viene visto come serbatoio di risorse da detto Pietroiusti - è quello di vedere l’arte contemporanea come conoscere, da riconoscere e da discutere. Un Mezzogiorno come fonte di conoscenza analitica e critica, ma anche un momento di territorio mentale dal quale attingere una nuova consapevolezemozione originale che nasce dalla partecipazione ai confronti za delle differenze esplicite o latenti nell’esperienza culturale diretti e ai convegni in cui dibattere sulle diverse opinioni: sono contemporanea. Un “sistema di opportunità” che va da forme di questi i momenti più adatti a lasciar confluire tutto il proprio resistenza al produttivismo e al consumismo, all’elaborazione di pensiero”. proposte alternative alla crisi dei modelli di omologazione, alla Un’attenzione specifica è stata rivolta inoltre all’attività di individuazione delle realtà culturali operanti al di fuori del conquei musei che sempre più si relazionano a progetti artistici senso mediatico e delle concrezioni localistiche. (g.d.) di coinvolgimento sociale e comunitario. Nella tavola rotonda
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SOCIALITA’
PRIMA GIORNATA NAZIONALE FIDAS
La solidarietà va in scena La Federazione Pugliese Donatori Sangue ha festeggiato i suoi volontari con una manifestazione al Teatro Piccinni, gremito in tutti i settori
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onare sangue. Periodicamente. Puntualmente. Anonimamente. Gratuitamente. Responsabilmente. Nei centri pubblici. A favore di qualcuno che non si conosce e non conoscerà mai. Potrebbe essere questa, in sintesi, una sorta di “regola” di comportamento del donatore di sangue, una specie questa che va incentivata, pungolata, sensibilizzata di continuo. Ecco perchè, per la prima volta, ai donatori, venuti fuori dall’anonimato, si è voluto tributare un ideale grazie collettivo della società per il loro amore per il prossimo. Questo è lo spirito della prima giornata nazionale Fidas (Federazione Italiana Associazioni Donatori Sangue) indetta per condividere con tutte le realtà federate e gli oltre quattrocentomila donatori aderenti i valori comuni del volontariato e il senso di appartenenza alla Fidas. “E’ stata la giornata del Fidas pride, l’orgoglio di essere in questa realtà che nel silenzio ogni giorno lavoro con serietà, trasparenza, competenza per garantire al ricevente e al donatore la qualità e la sicurezza del dono”. Questo concetto lo ha ribadito il presidente nazionale Fidas dott. Aldo Ozino Caligaris nel corso della manifestazione organizzata a Bari nel Teatro Piccinni - messo a disposizione dal sindaco Michele Emiliano - dalla Federazione Pugliese Donatori Sangue - FPDS, federata alla Fidas, presieduta dalla prof. Rosita Orlandi. “I donatori - ha detto la Orlandi sono i protagonisti della serata, è tempo che questi ‘eroi sconosciuti’, come amiamo chiamarli, vedono riconoscersi il giusto ruolo in una società nella quale il bene non fa mai notizia. E’ per questo che abbiamo voluto una ‘giornata’ che portasse sul palco lo spettacolo della solidarietà e i valori del volontariato più sano che la grande famiglia Fidas promuove con il suo impegno da oltre cinquant’anni”. Alcune cifre. In Italia nel 2009 sono state raccolte 2,5 milioni di unità di sangue intero e 500 mila di emocomponenti in aferesi. I donatori della Fidas costituiscono oltre il 25% dei donatori italiani. L’Associazione “Federazione nelmese - 12/2010 - 24
Un’inquadratura del Teatro Piccinni di Bari che ha ospitato la manifestazione organizzata dalla Federazione Pugliese Donatori Sangue (Foto di Giuseppe Nuovo) Pugliese Donatori Sangue” con le sue 43 Sezioni sparse nelle provincie di Bari, Bat e Taranto, ha raccolto nel 2009 quasi 15.000 unità tra sangue intero ed emocomponenti.
La Fidas è autorevole partner del Centro Nazionale Sangue nella definizione dei piani di autosufficienza nazionale e nell’elaborazione di molti provvedimenti legislativi per
Il presidente nazionale della Fidas dott. Aldo Ozino Caligaris, la presidente della Federazione Pugliese Donatori Sangua prof. Rosita Orlandi e la brava conduttrice della serata Lyuba Centrone
Prestigioso riconoscimento al giornalista Gustavo Delgado
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a Fidas Puglia ha assegnato per quest’anno il premio “Un amico per la comunicazione” al giornalista Gustavo Delgado. Il Premio ha l’obiettivo di ringraziare coloro che offrono il loro contributo professionale ed umano allo sviluppo della donazione del sangue e alla promozione dell’immagine delle attività della Fidas. Visibilmente emozionato Delgado ha ringraziato la Fidas per questo riconoscimento. “A questa età è l’ora dei bilanci. Forse qualcosa di buono nel mio lavoro l’ho fatta e che sia l’associazione Fidas a riconoscerlo, mi commuove ancora di più. Grazie”. Gustavo Delgado, barese, laureato in Giurisprudenza, è giornalista professionista dal 1965; ha iniziato la carriera con la carta stampata, nei primi anni ‘50, come corrispondente da Bari de “Il Messaggero”. Dal 1960 al 1987 è stato prima redattore e poi caposervizio della sede di Bari della RAI. Dal 1987 al 2009 ha lavorato per Telenorba, la più grande televisione privata del Mezzogiorno. Si è occupato soprattutto di cronaca, at-
la qualità e la sicurezza del dono del sangue. Il 1° luglio 2010 il presidente Aldo Ozino Caligaris ha presentato alla Commissione Salute del Senato i primi risultati di uno studio commis-
Il presidente nazionale Fidas Aldo Ozino Caligaris che ha esaltato i valori morali e sociali della donazione
La presidente della Fidas Puglia prof. Rosita Orlandi, il dott. Gustavo Delgado, Rosanna De Adessis, coordinatrice regionale della Fidas Giovani e il presidente nazionale Fidas dott. Aldo Ozino Caligaris tualità, arte, sport, forze armate. E’ stato inviato della RAI alle Olimpiadi di Mosca del 1980 e di Los Angeles del 1984, ai Campionati del mondo di calcio di Spagna nel 1982; sempre
nel 1982 è stato inviato di guerra nel Libano. Per Telenorba, è stato inviato di guerra in Giordania, in Albania e nel Kossovo.
sionato al Censis su “Donazione del sangue ed evoluzione demografica del Paese”, un documento importante con il quale la Federazione conferma il proprio ruolo di protagonista della politica della solidarietà. Un grazie ai donatori di sangue è giunto anche dal presidente della provincia di Bari, dott. Schittulli, presidente della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT) e dalla prof. Rinella, intervenuta in rappresentanza del sindaco Emiliano. “Non è una serata celebrativa, - ha detto - ma come Comune siamo orgogliosi di promuovere il vostro lavoro volontario e anonimo e questa è una delle poche occasioni in cui siamo noi, amministrazione, a dire grazie a tutti voi per il vostro aiuto e per il vostro impegno”. Questa prima giornata nazionale dell’identificazione di appartenere ad un’associazione che si fa carico delle
necessità degli altri e che giornalmente si impegna a condividere lo spirito della solidarietà e dell’amore per la vita, ha premiato simbolicamente tutti i 16mila donatori pugliesi nelle persone dei vigili del fuoco, dei ragazzi dell’IPSAR di Bari e degli artisti che si sono esibiti sul palco. Infatti, la serata è proseguita all’insegna del canto lirico con il soprano Luisella De Pietro ed il tenore Leonardo Gramegna, che si sono esibiti nei più celebri brani del panorama operistico, dal “Trovatore” alla “Tosca”, per poi concludere con “Libiamo ne’ lieti calici” della “Traviata” di Verdi, accompagnati al piano da Antonio Ippolito. Nella seconda parte della serata, al ritmo del tango di Astor Piazzolla e della tradizione argentina, il “Tangos duos” dei fratelli Ippolito, ha accompagnato i passi dei ballerini Battaglia. (gidi)
L’Associazione “Federazione Pugliese Donatori Sangue”, che ha la sua sede in Piazza Umberto I a Bari, svolge la sua funzione primaria nella sensibilizzazione della collettività pugliese al dono del sangue attraverso lo sviluppo di una cultura finalizzata alla donazione volontaria anonima, gratuita, periodica e responsabile: non mutuo soccorso o atto sporadico e pietistico, ma gesto maturo e consapevole, frutto di un’accurata educazione socio-sanitaria e sentito come dovere civico da parte di ciascun cittadino. nelmese - 12/2010 - 25
TURISMOPIU’ / CULTURA AVVIAMO UNA SERIE DI SERVIZI CON L’INTENTO DI REALIZZARE UN PERCORSO DI CONOSCENZA DI QUELLA PUGLIA, ERRONEAMENTE CONSIDERATA “MINORE” E FUORI DA CIRCUITI TURISTICI TRADIZIONALI, CHE PUO’ RISERVARE INTERESSANTI SORPRESE, OLTRE CHE SUSCITARE UNA QUALCHE CURIOSITA’ TRA I NOSTRI PIU’ ATTENTI LETTORI
L’habitat rupestre ancora poco conosciuto DI
FRANCESCO IURINO
In alto, uno scorcio di San Michele delle Grotte. Sopra, un particolare dell’affresco di San Michele. Accanto al titolo, Santa Maria della Stella nelmese - 12/2010 - 26
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li insediamenti rupestri incastonati come gioielli nel territorio pugliese sono i testimoni muti del trascorrere immanente dei secoli. Essi svelano a coloro che hanno la pazienza e la curiosità di rintracciarli e di visitarli una congerie di civiltà, rivelano la polverosa storia di lontane e antiche popolazioni e, in definitiva, disvelano una Puglia ancora poco conosciuta. Lame, masserie, casali, strutture fortificate, frantoi costituiscono ormai significative tappe del farsi di un territorio e dell’incardinamento delle popolazioni non disgiungibile dal più generale fenomeno dell’antropizzazione e dello sviluppo globale del territorio stesso. Grotte e cavità naturali hanno sempre costituito un riparo sicuro e generoso offerto dalla natura all’Uomo. Dapprima il vivere in grotta era legato alla natura nomade delle comunità di cacciatori o pastori, che non richiedeva un’abitazione fissa, ma un rifugio occasionale; si rifletteva in una precisa organizzazione sociale di tipo tribale e quindi in una organizzazione degli spazi comuni non particolarmente complessa. Ma anche in seguito, quando l’uomo ha imparato a costruire, a ridurre e a modellare lo spazio a propria immagine e somiglianza, e sono nate le città, fiorite le civiltà urbane della Grecia e di Roma, il vivere in grotta non è venuto meno. Quella rupestre è una cultura insediativa che, fin dalla preistoria, ha sfruttato le cavità della roccia tufacea, formatesi lungo i margini di lame e gravine per realizzare delle abitazioni naturali. Lame e gravine sono quindi le testimonianze di una antica civiltà insediatasi nel territorio murgiano e che ha sfruttato la presenza degli anfratti rocciosi per realizzarvi case, ma anche degli ambienti lavorativi e religiosi. E ancora, quando il crollo delle istituzioni o intensi periodi di invasioni (come furono per l’Europa la fine dell’Impero o le invasioni barbariche nell’alto Medioevo), spinsero gli abitanti ad abbandonare le città ed i villaggi rurali, fu la grotta a sostituire la casa, integrata in un ambiente naturale che la mimetizzava e ne rendeva difficile l’individuazione.
Si parla, pertanto, di “habitat rupestre” o “civiltà rupestre”, per significare che non si tratta più, in epoca storica, di scelte insediative occasionali, caratterizzate dall’assenza di progettualità urbanistica e competenza costruttiva, ma si tratta di una organizzazione volutamente alternativa a quella urbana ed in linea con il contemporaneo livello di sviluppo tecnico. Il fenomeno interessa tutto il bacino del Mediterraneo, del quale costituisce senza dubbio un tratto caratteristico di civiltà e cultura. Esso è tipico soprattutto in quei territori carsici, come ve ne sono molti nel sud Italia, costellati di gravine, canyons, lame, terrazze di rocce e calcareniti malleabili allo scavo o alla estrazione dei blocchi di costruzione dalle cave. La civiltà rupestre non si caratterizza per una involuzione nelle tecniche e negli stili costruttivi e decorativi, ma anzi rivela tutta la perizia dell’uomo nell’adattare il peculiare habitat naturale alle proprie esigenze di vita domestica e lavoro, arte e spiritualità. Di questo fenomeno, vasto nel tempo e nello spazio, sono oggi visibili le testimonianze pugliesi del periodo bizantino (X-XII secolo), che più di altri ha lasciato tracce di vita quotidiana e d’arte nei villaggi e nelle numerose chiese rupestri sparse tra la murgia tarantina e quella del nord barese. La civiltà rupestre, le sue case-grotta, le sue gravine, le chiese affrescate intagliate nella roccia e le storie millenarie delle sue popolazioni murgiane dovrebbero essere sempre più inserite nei più importanti circuiti nazionali ed internazionali del turismo. Uno dei più interessanti esempi di questa civiltà può rintracciarsi in una porzione della città di Gravina in Puglia, che si estende sul ciglio di un baratro, la gravina appunto, caratterizzata da molti nuclei abitativi rupestri collegati al fitto sistema di ipogei dei quartieri cittadini “Piaggio” e “Fondovico”. Gravina, con le sue antiche denominazioni di Botromagno o Petramagna, rinvia sin dal suo nome alla terminologia geomorfologica relativa alla civiltà rupestre. Le chiese rupestri di Gravina erano rica-
vate dal duro lavoro di scavo della pietra e del tufo, di piccole dimensioni. Preziose testimonianze della devozione dei gravinesi si affacciano sull’antico torrente ormai divenuto poco più che un rigagnolo. La più famosa e suggestiva è forse quella di S. Michele delle Grotte, intagliata nella pietra su pareti scoscese, dedicata all’Arcangelo Gabriele, con file di pilastri che la dividono in 5 navate, a unica navata quella del Padre Eterno nella quale possiamo ammirare affreschi di rilevanza storica. Altre importanti testimonianze sono quelle di S. Maria degli Angeli, divisa in 3 da quattro grossi pilastri con un Cristo Pantocratore nell’abside centrale, di Sant’Elia, e l’insediamento Rupestre delle Sette Camere, denominato cosi per i 7 ambienti comunicanti che risalgono all’epoca Neolitica. VARIANTE 1 Tra gli altri beni rupestri possono visitarsi la Madonna della Stella, Sant’Andrea, San Basilio, Santa Lucia, Villaggio rupestre di S. Michele, Chiesa di S. Vito vecchio, Chiesa rupestre San Marco, Santa Maria La Nova. Nonostante le cavità ipogee site nel centro abitato siano mutate nel tempo cambiando la loro destinazione d’uso, diventando ora cantine, ora stalle, il vasto sistema di grotte presente lungo la vicina gravina testimonia che risalgono al complesso fenomeno della civiltà rupestre: molte le grotte abitative su vari livelli collegate tra loro tramite scalinate esterne. Un recente ed interessante lavoro (Le chiese rupestri di Gravina in Puglia. Considerazioni preliminari su alcuni ambienti conosciuti o ancora inediti - Il Grillo Editore 2006) di uno studioso locale, Giuseppe Navedoro, pittore stimato, artista e letterato a tutto tondo, ha compiuto l’apprezzabile sforzo di redigere un censimento sistematico e puntuale del cospicuo patrimonio criptologico gravinese e, quindi, una idonea e moderna catalogazione. Secondo Cosmo Damiano Fonseca, uno dei più illustri studiosi italiani del fenomeno rupestre, il lavoro di Navedoro è “anche uno studio analitico dell’habitat nei suoi articolati livelli abitativi, nelle VARIANTE strutture comunitarie, nei2nuclei vicinanziali, insomma in tutto ciò che rinvia
a quanto la storiografia più avvertita dell’ultimo trentennio ha elaborato per la comprensione di una delle più significative testimonianze del popolamento rupestre dell’area meridionale”. Secondo gli studiosi, quello presente nella città di Gravina è un insediamento di grande valenza urbana segnato da un sistema viario che consentiva una nutrita serie di scambi con le popolazioni indigene dell’interno e con i greci della costa; le vicende poi della vita storica ripetono gli schemi degli insediamenti rupestri di similare importanza: vita in grotta nell’età preclassica, interruzione durante il periodo della colonizzazione, ripresa dal V secolo in avanti quando gli abitanti, oltre a rioccupare il nucleo primitivo di Botromagno, si spinsero verso i rioni di “Piaggio e di “Fondovico”. Le chiese rupestri erano destinate ad assolvere alle primigenie esigenze religiose della popolazione. Le ampie stanze al loro interno contenevano numerosi fedeli ed erano decorate con affreschi e graffiti di notevole bellezza. L’invito ai lettori non può che essere quello di visitarle, immergendosi nei sapori e nei profumi di una Puglia poco conosciuta, ma capace di restituire la genuinità del tempo che fu.
Per maggiori informazioni sui servizi turistici rivolgersi ai seguenti numeri: I.A.T. responsabile Francesco Massari 335/7092024 - 327/2074444 U.R.P. Comune di Gravina in Puglia Centralino 080-3259111 – Fax 080-3259201 Lunedì al Venerdì: 08.00/14.00 Martedì e Giovedì: 15.30/18.30 Ufficio Stampa - Michele Pizzillo. Tel: 080-3259219/299(fax) e-mail: ufficiostampagravina@comune.gravina.ba.it Staff del Sindaco - Dott. Nicola Marvulli. Tel: 080-3259302/269(fax) Cell:349.5242729
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CREDITO ALLA BANCA POPOLARE DI BARI MOSTRA PER IL CINQUANTESIMO DELLA FONDAZIONE
Nel passato le radici del futuro
Un percorso negli anni Sessanta attraverso gli eventi più importanti di allora e cimeli d’epoca. La soddisfazione dell’amministratore delegato Marco Jacobini per l’importante traguardo raggiunto DI ALESSIO REGA
U
n viaggio a ritroso nel tempo, un salto all’indietro di cinquant’anni fino al 1960, una data che per l’Italia è diventata il simbolo del passaggio dagli anni difficili del secondo dopoguerra e della ricostruzione a quelli, invece, floridi ma al tempo stesso contradditori del cosiddetto “boom”, di quel miracolo economico e sociale ancora oggi
senza precedenti. La carica innovativa e, in un certo senso, rivoluzionaria di quel decennio è tornata a vivere e a pulsare nella mostra “1960, come eravamo ai tempi del boom” (aperta fino al 5 gennaio) organizzata dalla Banca Popolare di Bari ed allestita nella sede di Corso Cavour 84, per celebrare il
La prima sede della Banca Popolare in Piazza Umberto. Accanto, l’inaugurazione con la partecipazione del ministro Emilio Colombo con affianco il fondatore e primo presidente della Banca dott. Luigi Jacobini. A sinistra, l’allora arcivescovo di Bari mons. Nicodemo. Nelle due foto di sotto, le mitiche Cinquecento e la Vespa
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cinquantesimo anniversario della sua fondazione. Il 1960 era un anno che apriva le porte ad un periodo di grandi cambiamenti e di prospettive diverse, di speranze e di nuove certezze che incominciavano a delinearsi e a prendere forma, cambiando radicalmente il volto e l’anima del Paese e di tutti gli italiani. Ed era proprio in questo clima di fermento e di fiducia per un futuro positivo e radioso che vedeva la luce, grazie ad una geniale e lungimirante intuizione di Luigi Jacobini, calabrese, e di altri 76 soci fondatori, la Banca Popolare di Bari, diventata poi con il passare degli anni una solida e dinamica realtà, un punto di riferimento imprescindibile per la regione e per tutto il Mezzogiorno. L’interessante mostra è quindi un affascinante percorso attraverso l’Italia del 1960, un cammino mese per mese mediante il quale ripercorrere e rievocare gli eventi più importanti del Paese ma anche la vita di tutti i giorni di milioni di persone, con un occhio di riguardo a quello che accadde a Bari. Un tuffo nei ricordi e nella memoria, per riscoprire un passato non troppo lontano e per raccontare e far conoscere alle nuove generazioni come si viveva, come si sognava e come si progettava il domani. Gli anni Sessanta furono, infatti, anni di grandi trasformazioni sul piano sociale e culturale che segnarono una rottura profonda con il passato. Per la prima volta gran parte degli italiani scoprì il benessere dopo un lungo periodo di sacrifici e rinunce. La televisione e la pubblicità divennero il veicolo principale del nuovo modo di vivere, ponendosi come vocabolario del passaggio al consumo ed ai moderni riti di massa. Un’atmosfera, questa, che si può ben riassaporare visitando i vari stand della mostra dove, con in sottofondo le canzoni di Domenico Modugno o Tony Dallara con le quali i giovani di allora si innamoravano, ci si può imbattere in una serie di preziosi cimeli, in oggetti di vita quotidiana che raccontano una storia, custodiscono emozioni e sentimenti di chi quegli anni li ha vissuti. Si passa dalle semplici e ingiallite fotografie e riviste d’epoca ai giocattoli più in voga, come il trenino Lima o il
cavallo a dondolo, fino ad arrivare ad un modello esclusivo di Vespa, prodotto in edizione limitata per le Olimpiadi di Roma del 1960. C’è spazio anche per la scocca originale di una Fiat 500, per un televisore, una radio e un giradischi nonché per una grande calcolatrice Olivetti “addirittura” Superautomatica. Non mancano, infine, i vestiti e i relativi accessori, con una serie di cappelli, borse, occhiali da sole e cravatte colorate. Ma non è tutto. Gli anni Sessanta rivivono anche negli spezzoni dei film più belli di quel periodo, tra cui “La Dolce Vita” di Federico Fellini, “La ciociara” di Vittorio De Sica e “Il vigile” di Luigi Zampa e con Alberto Sordi. Sono tanti, inoltre, gli aspetti interessanti che si scoprono soffermandosi a leggere i grandi pannelli della mostra: fu il ministro Colombo, ad esempio, ad inaugurare, nel 1960, la prima sede della Banca Popolare di Bari in Piazza Umberto oppure che in quell’anno la città ebbe due sindaci, prima il socialista Giuseppe Papalia e poi il democristiano Renato Dell’Andro. Curiosi sono anche alcuni dati relativi ai consumi dell’epoca. Si scopre che il pane costava 50-70 lire al kg, un caffè 50 lire e un quotidiano 30 lire e che ogni barese spendeva in media all’anno 6mila lire per i divertimenti. Infine, oggi in tempo di crisi, fa riflettere un dato: nei primi anni Sessanta la disoccupazione scende in modo inaspettato segnando il raggiungimento della piena occupazione. Grande soddisfazione per la mostra è stata espressa dall’amministratore delegato della Banca Popolare di Bari, il dott. Marco Jacobini, che ha sottolineato come il raggiungimento del cinquantesimo anno di attività sia un importante e storico traguardo. La volontà della Banca è quella di continuare a crescere grazie a continue acquisizioni e a scelte strategiche mirate sempre nell’interesse del territorio in cui è fortemente radicata. E affinché tutto questo sia possibile è necessario ricordare il passato per proiettarsi sempre meglio nel futuro, per non dimenticare mai chi si era e da dove si è partiti.
Anche quest’anno continueremo a sostenere Fondazione ABIO per donare ai bambini un ospedale che sorride. Ambienti ludici realizzati: * V V Ê Ê >À ÊUÊ"ëi`> iÊ-> Ê >À Ê Ê* Ìi â>ÊUÊ"ëi`> iÊ6 Ì Ê >ââ Ê Ê iVViÊUÊ"ëi`> Ê, Õ Ì Ê Ê }} >
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TEATRO / STORIA
Processi alla Storia Giustizia in teatro Cultura e spettacolo con la convenzione tra Comitato Scientifico “Organizzare la Giustizia” e la Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari DI
S
GIOVANNA DIMICCOLI
ulla scia di quanto preannunciato dal Procuratore della Repubblica di Bari Antonio Laudati in occasione del convegno sull’organizzazione della Giustizia, tenutosi qualche mese fa al Teatro Piccinni, si persegue l’intento di avvicinare ed educare i cittadini all’attività giudiziaria. Fare di Bari un “laboratorio di giustizia” in cui, accanto all’attività professionale quotidiana degli addetti ai lavori, vengano coinvolti anche altri aspetti dell’esistenza umana. L’obiettivo è quello di realizzare una sinergia di forze capace di creare sul territorio una “legalità organizzata”, ribaltando l’uso negativo che
Il palcoscenico e la platea del Teatro Petruzzelli si trasformeranno in “aula di giustizia” di questo aggettivo viene di solito fatto nell’indicare associazioni criminali. Ne è un esempio pratico la serie di manifestazioni teatrali dedicate ai grandi “Processi alla Storia” che il Comitato Scientifico “Organizzare la Giustizia”, presieduto da Laudati, ha deciso di organizzare con la Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari, presieduto dal sindaco Michele Emiliano. Nel foyer del Teatro Petruzzelli è stata firmata una convenzione che impegna il Comitato e la Fondazione a realizzare, ognuno per il ruolo che gli compete, delle rappresentazioni
Paola Laforgia presidente Ordine regionale Giornalisti, Antonio Laudati procuratore capo del Tribunale di Bari, Michele Emiliano presidente Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari e sindaco della città, Emmanuele Virgintino presidente dell’Ordine degli Avvocati di Bari (Foto Carlo Cofano / Iesseppi) nelmese - 12/2010 - 30
e calorosi applausi per le due opere “CavalSuccesso per l’apertura Successo leria rusticana” di Pietro Mascagni e il “Tabarro” di Giacomo Puccini che hanno inaugurato la nuova stagione Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli, avviata con il della seconda stagione della rinnovato impegno e coraggio dal presidente Michele Emi-
liano, dall’intero consiglio di amministrazione nonchè dal sovrintendente Giandomenico Vaccari che ha dimostrato - senza piaggeria - di essere all’altezza del suo compito, e anche di più. Sul podio, a dirigere l’Orchestra della Fondazione, il maestro Alberto Veronesi. Regista Michele Mirabella al quale, insieme agli interpreti delle due opere, sono andati i ripetuti applausi di una platea convinta e soddisfatta. Il 6 gennaio prossimo il primo dei due balletti, interpretato da Eleonora Abbagnato, in onore del grande coreografo Roland Petit che parteciperà alla prima dello spettacolo.
Una scena della “Cavalleria Rusticana”. Sopra, il Maestro Veronesi e accanto il sovrintendente Giandomenico Vaccari ed il regista Michele Mirabella (Foto Carlo Cofano / Iesseppi) teatrali che saranno ospitate sul palcoscenico del Teatro medesimo. Saranno impegnati come “attori” magistrati, avvocati, politici, giornalisti e uomini di cultura pugliesi e non, che divulgheranno la storia della giustizia e del processo penale ricostruendo alcuni famosi processi celebratisi nell’arco della storia. Il sindaco Emiliano ha manifestato la sua emozione nel presentare un progetto che rappresenta un nitido passo verso un ideale di società che vede le istituzioni in collaborazione tra loro nel dare un’immagine di se stesse alla comunità, coinvolgendola attivamente. Emozionato perché ritrova negli altri soggetti protagonisti di questa iniziativa la sua stessa determinazione nell’investire nell’Italia, nel farne l’unico orizzonte della propria vita, senza secondi fini, ma solo per l’orgoglio di essere italiano e di voler realizzare quel disegno democratico tracciato nella nostra Costituzione. Fiducioso per un’occasione che mira a restituire dignità all’organizzazione giudiziaria, facendo conoscere ai cittadini con grande efficacia comunicativa come funziona davvero il processo secondo le norme di procedura del nostro ordinamento. Divertito inoltre all’idea di interpretare il ruolo dell’imputato in una rappresentazione sul furto delle reliquie di San Nicola, l’unica di cui è stata data qualche anticipazione, in cui sosterrà la tesi per cui la famosa “traslazione” non fu un reato. Vicenda senza dubbio fortemente evocativa della “baresità” più pura. Per condividere un’idea di giustizia che va oltre le norme dei codici, si è eletto quindi come protagonista il processo: non solo ricostruzione della verità di un fatto attraverso documenti o racconti di persone - ricorda Antonio Laudati - ma soprattutto strumento altamente democratico perché si svolge in contraddittorio e in pubblico. I processi alla storia avranno come imputati dei personaggi storici o delle istituzioni. È un’iniziativa già realizzata altrove, dal Festival di Spoleto all’Auditorium di Roma, anche a Napoli e a Milano. Qui a Bari è la prima volta ma si spera di fare ancora meglio, auspicando che alla bellezza artistica dello spettacolo possa aggiungersi un momento di riflessione sulla società in cui viviamo. Non vi saranno sceneggiature, ma una pubblica accusa che contesterà un fatto di reato, una difesa che sosterrà l’imputato e tre tipi di giudizi: uno tecnico, formu-
lato da un giudice o altra persona autorevole; uno popolare, da parte del pubblico, e l’ultimo da parte di una giuria di rappresentanti dei media. Quello che ormai di fatto succede intorno ad ogni vicenda processuale, solo che stavolta succederà contestualmente in una sede di notevole prestigio quale il Petruzzelli e sotto forma di spettacolo. E, cosa nuova, sarà possibile verificare la convergenza o meno dei verdetti senza eccessive dilazioni nel tempo. Tutto in una sera. Gli spettacoli saranno gratuiti, e ad essi seguiranno dei buffet, il cui ricavato andrà in beneficienza, e un’ulteriore discussione nel foyer sugli esiti del processo in compagnia delle parti. Del gruppo di lavoro faranno parte anche il sovrintendente Giandomenico Vaccari e il direttore di produzione della Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari, il Direttore Generale del Comune di Bari, la responsabile del Comitato scientifico “Organizzare la giustizia”, il Magnifico Rettore dell’Università di Bari, la Presidente dell’Ordine dei Giornalisti e il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Bari, che opereranno tutti a titolo gratuito. Si spera che questa iniziativa possa contribuire a migliorare la percezione della legalità presso i cittadini, come ha auspicato Paola Laforgia, presidente dell’Ordine dei Giornalisti, che ha condiviso lo spirito propositivo di chi vuole avvicinarsi ad un tema di cui i giornalisti sono abituati a scrivere ogni giorno ma che stavolta potrebbe essere guardato sotto una luce diversa. L’Avvocatura barese, che da parte sua ha già intrapreso iniziative che vedono su binari paralleli il cinema e il diritto, con proiezioni di film su tematiche giuridiche importanti, ha colto il senso di un rinnovato modo di essere. Ed Emmanuele Virgintino, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Bari, sottolinea come questo approccio accenda un’attenzione nazionale sulla nostra realtà locale, confermata nella scelta della città come sede per il congresso nazionale forense del 2012, dopo circa 50 anni. Non resta dunque che aspettare la programmazione di tali eventi e premiare l’entusiasmo e l’impegno di chi sta offrendo a Bari un nuovo linguaggio e un nuovo spiraglio in un settore che mai come oggi ha bisogno di un riflettore puntato contro per potersi risollevare. Con la collaborazione di tutti. nelmese - 12/2010 - 31
LIBRERIE & LIBRI
Passione scritta per il Teatro
Michele Bollettieri
Michele Bollettieri ha raccolto in un libro articoli e recensioni di spettacoli tenuti al Teatro Petruzzelli e in numerosi e prestigiosi teatri italiani ed esteri dal 1989 al 2010. “Omaggio” ad un grande amico, il Maestro Carlo Vitale. Anche una nota su “Tosca” del 1990 su NelMese DI ADRIANO CISARIO “Dilegua o notte” è il titolo, tratto dalla romanza professionalità. Il volume, ricco di bellissime fotogra“Nessun dorma” della Turandot di Puccini, del prezioso fie, può essere considerato dunque uno scrigno: di ed elegante volume di Michele Bollettieri di Adda esperienze, di sensazioni ed emozioni. Un concentrato Editore che, come conferma il anche sottotitolo: di autentica passione. Pura. Da sottolineare il sentito “Teatro, infiniti palpiti di vita”, rappresenta un vero e omaggio, in apertura, ad un grande amico, il Maestro proprio atto di amore nei confronti del teatro e dell’oCarlo Vitale. pera. Quale migliore occasione per concepirlo se non La riconosciuta autorevolezza dell’autore - un passato il concerto inaugurale del ritorno alla vita del Teatro presso la Direzione generale dell’Enel a Roma - deriPetruzzelli, lo scorso 4 ottobre 2009? Bollettieri, va da una preparazione non comune, forgiata prima naturalmente, quel giorno era lì, “amante nel luogo dalla carica di segretario dell’Ente Lirico Concertistico amato”, come si autodefinisce con Teatro Petruzzelli e poi di consicompiaciuta commozione, a coltigliere di amministrazione. Nell’amvare il suo innato senso del bello e bito delle attività culturali è stato ad arricchire lo spirito di note liete. consulente della Presidenza del Perché non trasmettere agli altri Consiglio dei Ministri, all’epoca del quanto di inebriante visto, sentito governo Ciampi, e quindi della Fieed immagazzinato? Detto, fatto. ra del Levante. Fautore di progetti Il libro - la prefazione è affidata a di teatro sociale, ha legato il suo Giorgio Vidusso, l’introduzione a nome a quello di Nino Rota grazie Vincenzo De Vivo - è un compenalla cura della prima esecuzione dio di articoli e recensioni, relative assoluta di un valzer inedito con al periodo 1989/2010, che fotol’Orchestra da Camera Italiana grafano e vagliano con maestrìa diretta da Salvatore Accardo. E’ altrettante rappresentazioni e conpresidente, inoltre, dell’Accadecerti messi in scena al Petruzzelli mia di Belle Arti di Bari. come all’Opera di Roma o al ComuBollettieri è figura di spicco nel panale di Bologna, a Brindisi come a norama dei critici teatrali italiani. Valencia. Da Raina Kabaivanska a Collabora con i quotidiani La GazRiccardo Muti, da Bruson a Bocelli; zetta del Mezzogiorno e Il Riformidal Falstaff alla Traviata: grandissta e con il settimanale Il Punto. simi artisti, immortali composizioni Anche NelMese si è avvalso della e opere celeberrime fanno parte di sua preziosa collaborazione: nel questo eccezionale excursus e, travolume è riportata la recensione mite i suoi articoli, Bollettieri è in della rappresentazione della Tosca grado di trasferire efficacemente ai messa in scena al Teatro PetruzzelMichele Bollettieri con il Malettori l’essenza profonda di quanto li nel 1990. estro Carlo Vitale, per lunghi seguito, non celando talora insopanni valido e indimenticabile primibili moti di entusiasmo quanto gestore del Teatro Petruzzelli legittime critiche, indice di grande nelmese - 12/2010 - 32
LIBRERIE & LIBRI
Ad un passo dal cielo L’ing. Luigi Ferlicchia ha sintetizzato in un volume la nascita e lo sviluppo dei grattacieli. Focus anche sulle metodologie di costruzione e sulle diverse Scuole architettoniche. Un percorso corredato da un efficace corpus fotografico DI ALESSIO REGA
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mente modificarsi la loro fisionomia e New York diventò il simbolo i cemento, di acciaio e persino di cristallo, i grattacieli possono di questo repentino cambiamento. Nella prima metà del ‘900, inessere considerati a ragione capolavori dell’ingegneria moderna. fatti, l’isola di Manhattan si trasformò in un vero e proprio cantiere Figli diretti ed emblemi della rivoluzione industriale, questi titani sempre aperto ma anche in una sorta di campo di battaglia dove si urbani rappresentano il connubio armonioso tra funzionalità ed consumò la “guerra della grandezza”, in cui l’altezza dei grattacieli estetica, veicolando un nuovo modo di concepire l’edilizia in quanto che furono costruiti divenne subito il simbolo del potere economico portatori di importanti innovazioni nelle tecniche e nelle metodolodei vari committenti gie di costruzione. Dopo il Flatiron Building del 1902, che segna il punto di passagLe origini, la diffusione e gli sviluppi dei grattacieli sono stati ripergio dal modello di grattacielo a palazzo a quello a campanile, le corsi accuratamente e in maniera analitica dall’ing. Luigi FerlicAvenue e le Street newyorchesi si popolarono di straordinari edifici, chia nel volume “Metodologia della progettazione”, disciplina risultati dell’estro di ingegneri e architetti che incominciarono a della quale è stato titolare di cattedra presso l’Accademia di Belle sperimentare nuove forme e strutture. Tra i più famosi grattacieli Arti di Bari. Libero professionista dal 1974, con alle spalle la proche furono edificati nella Midtown (parte centrale) di Manhattan gettazione di numerose opere pubbliche e private come ad esempio prima della Seconda Guerra Mondiale ricordiamo il Chrysler Builil Centro Commerciale per la Floricoltura a Terlizzi e il Liceo classico ding (1930, 319 metri), progettato da William Van Alen e celebre Socrate a Bari, Ferlicchia attraverso il suo studio si pone come per la sua scintillante guglia in acciaio inossidabile, e l’Empire State obiettivo principale quello di offrire un contributo didattico utile per Building (1931, 381 metri) che è stato per quarant’anni l’edificio affrontare e analizzare le molteplici problematiche insite in ogni più alto del mondo, superato soltanto nel 1972 dalle “torri gemelle” progetto con cui l’uomo, nei secoli, si è dovuto cimentare. Un perdel World Trade Center. corso lungo e in continuo divenire che ha trovato, e trova ancora La corsa verso il cielo è continuata a ritmo serrato anche nell’imoggi, nei grattacieli uno dei suoi punti più alti in cui sono sintetizzati mediato dopoguerra, coinvolgendo numerose città americane, egregiamente la maturazione e il progresso scientifico e tecnologico fino ad arrivare anche in altre aree del mondo, come l’Estremo e il di un’intera civiltà. Medio Oriente. Si pensi a tal proposito ai grattacieli di Hong Kong Ripercorrendo la storia di questi imponenti edifici, Ferlicchia ci o a quelli avveniristici di Dubai e degli Emirati Arabi, e in parte in svela che i primi grattacieli furono progettati e costruiti negli ultimi Europa. In Italia, il più famoso è sicuramente il grattacielo Pirelli decenni del 1800 a Chicago ad opera di un gruppo di innovativi e di Milano. Completato nel 1959 ed alto 127 metri, il “Pirellone” audaci ingegneri, tra cui spiccano William Le Baron Jenney, John è stato progettato dall’architetto Gio Ponti con la collaborazione Van Osdel e Frederick Baumann, i quali diedero vita al celebre dell’ingegner Pier Luigi Nervi ed ha rappresentato per molto tempo movimento, le cui idee hanno rivoluzionato l’universo dell’ingegneria e dell’architettura, che successivamente il simbolo della ricostruzione e del miracolo è stato ribattezzato appunto “Scuola di economico in atto nel paese. Chicago”. Un’altra parte del suo dettagliato lavoro Il primo grattacielo che può definirsi tale, Ferlicchia, infine, l’ha dedicata ai grattacieli perché in possesso dei tre requisiti fondadi ultima generazione, gigantesche strutmentali e cioè struttura a scheletro, altezza ture dove si possono apprezzare gli esiti minima di sette piani e finestrature ampie e di una sperimentazione architettonica ed orizzontali nelle facciate, è il Leiter Builingegneristica che ha toccato vette inimmading I di Chicago. Progettato da Le Baron ginabili solo pochi decenni fa. Un percorso, Jenney e finito di costruire nel 1879, per questo, che ha portato alla realizzazione del l’epoca questo edificio appariva un vero e Burj Khalifa di Dubai, il grattacielo più alto proprio gigante rispetto a tutti gli altri in del mondo con i suoi 828 metri di altezza e legno e a due piani e ancora costruiti con i suoi 160 piani. la tecnica del “Ballon frame”, letteralmente Un viaggio entusiasmante, quindi, quelstruttura a pallone, che aveva caratterizzalo proposto dall’ing. Ferlicchia, arricchito to la prima fase del processo di urbanizzaanche da numerose fotografie, alcune delle zione del continente americano. Il successo quali scattate a Ney York durante una visita di questo nuovo tipo di costruzioni fu nel 1991. immediato tanto che nel giro di pochi anni Luigi Ferlicchia le principali città americane videro rapida-
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LIBRERIE & LIBRI
La doppia anima di suora e di donna
Nel romanzo storico di Marisa Di Bello si descrive la vita di Suor Crocifissa, Badessa di San Giuliano prigioniera di una scelta divenuta soffocante, emblema della vita di quelle donne alle quali in passato è stato negato il diritto ad una propria esistenza. E’ un’opera complessa di ampio respiro con molte possibili chiavi di lettura. L’autrice è partita dall’esame di vicende reali e di fonti precise di una storia avvenuta all’inizio del secolo scorso nel nostro Sud DI PETER ZELLER
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pesso l’occuparsi di vicende storiche ha portato, per necessità di metodo, quasi a svuotare gli eventi della loro sostanza umana, dei corpi, dei colori, degli umori, degli odori, delle passioni che ne furono la materia viva e palpitante. Questo per la verità è accaduto più frequentemente in passato, quando addirittura la storia materiale, degli oggetti, dei cibi, delle abitudini, delle coltivazioni era oggetto di omissione. Parallelamente c’è sempre stato negli scrittori il desiderio di restituire alla memoria di fatti reali un po’ della vita che nel trascorrere del tempo hanno finito per perdere. In questa tradizione di verosimiglianza, di uso attento eppure libero di una o più fonti storiche che ha ovviamente fra i suoi illustri precursori il Manzoni del Fermo e Lucia
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e fra i più recenti esempi “Il nome della rosa”, mi sembra si collochi il genere della “Badessa di San Giuliano” di Marisa Di Bello. Noto peraltro che mi sono venuti in mente degli esempi caratterizzati anch’essi da un interesse per la vita e la psicologia conventuale. Se la letteratura si è occupata spesso di passioni e delitti maturati fra le mura di un monastero è probabilmente perché quelle mura hanno ospitato nei secoli una lunga e segreta storia di eventi inquietanti di vicende inconfessabili, di cui solo qualche eco è giunta alle cronache. Né potrebbe essere diversamente se solo si consideri che una simile condizione generalmente imposta e solo assai raramente cercata liberamente (ma anche qui vanno vagliati sottili condizionamenti psicologici) facilmente poteva esitare
nell’improvviso emergere di pulsioni rimosse o in forme francamente patologiche. Un materiale dunque di grande interesse per lo scrittore. Marisa Di Bello è partita dall’esame di vicende reali e di fonti precise per percorrere i risvolti effettivi e possibili di una storia avvenuta agli inizi del secolo scorso nel nostro Sud. Su questa base ha poi creato con libertà e sensibilità, riuscendo da un lato a ridarei il clima di un tempo storico, la narrazione del quotidiano, scorci di paesaggi e di interni familiari. Dall’altro rendendoci intimamente partecipi di una complessa e ricca vicenda psicologica che evoca a sua volta più ampie e profonde riflessioni sulla condizione femminile nel tempo: la vicenda di Lucrezia - suor Crocifissa (nomen
est omen) monaca e donna. Lucrezia è descritta con grande ricchezza di approcci ed una sorta di partecipe vicinanza. I suoi languori, le lacrime, la malattia e l’amore che si fondono e confondono in una quotidianità dolorosa percorsa da spettri di dannazione e coraggiose rivendicazioni di identità, umiliazioni e speranze sono descritti con una misura che nulla concede a facili effetti, con una prosa attenta ed efficace. Perché infine questa storia di un’anima, ma anche delle tante figure che l’attorniano con la loro varia e dolente umanità (di rancori, nobili rivendicazioni, meschini progetti) è una storia piacevole da leggere, con una sua filosofia profonda, concentrata sulla ricchezza che le esperienze possono offrire, sull’importanza dell’essere vivi e consapevoli di fronte ad un orizzonte che non può essere previsto ma solo affrontato essendo desti, (ad occhi aperti). E’ un’opera complessa di ampio respiro con molte possibili chiavi di lettura. Ma forse il suo aspetto più suadente e in questo risvegliarsi della protagonista alla vita, nella sua riscoperta. Una riscoperta del corpo, delle passioni, che non si fa tuttavia rinuncia alla religiosità o accettazione a-problematica, ma nemmeno naufragio o cedimento alla disperazione. Forse in Lucrezia matura piuttosto l’idea o il sogno di una religione alleata della vita in contrasto con la pratica triste e mortifera che le è toccata per una scelta solo apparentemente libera. In questo sentirsi viva, in questo sentirsi c’è in definitiva una riappropriazione di un sentimento di realtà e la comprensione graduale di quanto irreale fosse stata l’esistenza precedente: nella contrapposizione fra interno ed esterno scandita dalle mura, dalle alte finestre è adombrato il contrasto fra una malattia, un venir meno delle forze (che prima di essere un fatto fisico sono un male dell’ anima) ed un risorgere che si identifica con l’evadere dalla clausura, con “l’aria fresca del mattino che restituisce nuovo vigore e colorito” e con le immagini di una natura che è come vista per la prima volta. Nel suo interessarsi ad Isolina c’è forse il rimpianto di una maternità negata, ma ancor più sicuramente un rivivere la propria infanzia con un voler preservare la bambina dall’ignoranza che potrebbe precipitarla in una condizione di oppressione. L’emergere dal chiuso, dalla clausura, si fa necessariamente contatto con una natura rigenerante che è tale per-
Marisa Di Bello
Peter Zeller ché restituisce agli occhi offuscati,alla pelle mortificata, sensazioni vitali sconosciute o dimenticate: il risveglio dei sensi passato per gli incontri intensi, confusi, esaltanti e allo stesso tempo avvilenti, con don Pietro, si fa risveglio totale, riscoperta di possibilità impensate e di una sorprendente ampiezza dell’esistenza. “Quando la spiaggia era deserta, lo toglieva (il cappellino) e se ne stava al sole con gli occhi socchiusi a farsi scompigliare i capelli dalla brezza marina, godendo di quel contatto fisico con la natura che la inebriava. Camminava per ore, quasi volesse rifarsi di tutti gli anni che era rimasta al chiuso, fra panche e inginocchiatoi, e poco per volta acquistava insieme alla serenità un colorito più sano. Gli spazi immensi dei campi, la distesa verde azzurra del mare, le allargavano il cuore e gli orizzonti della vita. Considerava l’ampiezza dell’ esistenza e delle possibilità che poteva offrire come mai prima”. Non solo la natura ma tutta la realtà riacquista per la prima volta uno spessore, una consistenza sconosciuta. Quando Lucrezia andrà a Roma e vedrà i monumenti, le strade e le piazze conosciute solo attraverso sbiadite illustrazioni sarà colpita innanzitutto dall’intensità delle proprie percezioni (cfr. Un ricordo dell’Acropoli): “Era colpita dal numero e dall’eleganza delle vetrine, e le sembrava di scivolare leggera in un mondo incantato. Tutto era nuovo per lei e niente di
quanto vedeva avrebbe potuto immaginare così bello e vitale”. Questa cifra della leggerezza, che spesso ritorna e concluderà il romanzo è il segno di una vita che ricomincia a fluire sia pure tra incertezze e timori. E sentiamo che non è tanto decisivo quanto tempo lei abbia ora dinanzi e come materialmente lo strutturerà quanto il fatto che abbia ricominciato ad avere delle sensazioni autentiche. Mi sembra infine (last but not least) che questo romanzo nel suo essere una rivisitazione di una delle forme storiche in cui il femminile è stato oppresso e incatenato, voglia anche mostrare come per le donne sia sempre attuale un progetto di recupero di identità originale e non mediato da ipoteche culturali, da stereotipi maschili (ed a volte anche femminili) da pregiudizi che spesso proprie nelle religioni trovano rinnovato alimento. Conoscendo l’amore e il dolore e attraverso l’esperienza dell’invidia, dell’egoismo ma anche di moti più generosi ed altruisti, Lucrezia troverà infine una sua via che non è una soluzione ma un procedere maturo e lucido, disincantato ma anche capace di commozione ed apprezzamento per il buono che può esserci nel percorso. E su questo cammino che non è e non può essere prevedibile, Marisa la lascia mentre si avvia leggera. Non c’è sentiero; il sentiero si fa camminando.
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LIBRERIE & LIBRI
Imparare
l’inglese divertendosi in cucina
E’ lo stimolante invito di Victoria Sportelli-De Tommasi, docente canadese trasferitasi in Puglia, autrice di un libro edito da Adda. Il metodo didattico innovativo si basa sulla stimolazione sensoriale nell’apprendimento della lingua straniera attraverso l’esperienza culinaria
VICTORIA SPORTELLI è nata a Toronto (Canada). Dopo aver conseguito la Laurea in Lettere all’Università di Toronto, si è trasferita in Italia. Ha completato un corso post-laurea presso l’Università di Bari sulla “Teoria e prassi della traduzione: la lingua inglese dei linguaggi settoriali”. Victoria Sportelli è sposata con il prof. Antonio De Tommasi, neurochirurgo presso l’Università di Bari, ed ha un figlio, Anthony, di 16 anni. Victoria è lettrice di Madre Lingua Inglese per scopi specifici presso la Facoltà di Scienze dell’Università degli Studi di Bari dal 1990, e professore a contratto. Insegna la lingua inglese a persone di tutte le età ed in vari contesti didattici da oltre 20 anni. E’ traduttrice di numerosi testi scientifici e letterari, ed interprete a conferenze internazionali. Victoria è anche docente di pianoforte. L’insieme di queste esperienze didattiche ha contribuito all’ideazione e realizzazione del libro in cui viene sottolineata l’importanza della stimolazione sensoriale nel processo di apprendimento della lingua inglese.
Victoria Sportelli De Tommasi
L’
idea del libro “The Twelve Days of Christmas Sweets Book for Learners of English” (“Libro dei dolci per i dodici giorni di Natale per studenti di lingua inglese”) nasce dalla ricerca e dall’osservazione dell’importanza degli stimoli sensoriali nel processo dell’apprendimento della lingua inglese. Victoria Sportelli, l’autrice, ha messo a punto una metodologia didattica innovativa dal titolo “The Smarties Cookie Methodology for English nelmese - 12/2010 - 36
Il libro “The Twelve Days of Christmas Sweets Book for Learners of English”, con CD, edito da Adda Editore, è in vendita presso le migliori librerie, la Feltrinelli e la Laterza e in altre di Bari e Provincia. (pag. 124, euro 20)
FL Learning: Sensory Stimulation in the Culinary Experience” (“Metodologia del ‘Bis’ ‘cotto’ Smarties per imparare l’inglese attraverso la stimolazione sensoriale nell’esperienza culinaria). Il libro, pubblicato da Adda Editore, è stato presentato nella Sala consiliare del Palazzo della Provincia. Ha introdotto la manifestazione il direttore di TeleNorba dott. Vincenzo Magistà mentre hanno illustrato le finalità del libro il presidente dell’ente
prof. Francesco Schittulli e il provveditore agli Studi di Bari Prof. Giovanni Lacoppola. La metodologia didattica messa a punto dall’autrice dal titolo “The Smarties Cookie Methodology for English FL Learning: Sensory Stimulation in the Culinary Experience” è stata presentata al Convegno internazionale “Early Foreign Language Learning in Educational Contexts. Bridging Good Practices and Research-International Conference” svoltosi
Pan di zenzero è un dolce che si può preparare sia come torta che come biscotto. I sapori predominanti sono lo zenzero e lo zucchero di canna. I biscotti possono essere ritagliati in forma di omini o vari simboli natalizi e decorati con confettini, decorazioni di zucchero, gocce di cioccolato, uva passa e glassa colorata.
Gingerbread is a sweet that can take the form of a cake or cookie. The predominant flavours are ginger and brown sugar. As a cookie, gingerbread can be cut into thin, crisp cookies, often in the shape of gingerbread men or other Christmas shapes. Candies, sprinkles, chocolate chips, raisins, gum drops, and coloured icing are some of the decorations inserted on the cookies. a Bari, nello scorso mese di marzo, e al Convegno nazionale Tesol-Italy’s 35th National Convention, svoltosi a Roma, a novembre. La metodologia didattica del libro si basa principalmente sulla teoria d’apprendimento della “Stimolazione Sensoriale” (Laird), ma sfrutta anche altre teorie d’apprendimento quali: la teoria “Olistica” (Laird), di “Rinforzamento” (B.F. Skinner), di “Azione” (R. Revans), e di “Intelligenze Multiple” di (H. Gardner). Quando un organo sensoriale è stimolato, viene inviato un messaggio al cervello che interpreta ed imma-
sione “tazzina di caffé”. Per estensione, esporre studenti di una seconda lingua a variegate esperienze sensoriali degli elementi linguistici che essi devono apprendere, può favorire l’apprendimento ed assimilazione della lingua, in questo caso, della lingua inglese. A tale scopo, “The Twelve Days of Christmas Sweets Book for Learners of English” è stato pensato e realizzato dall’autrice per offrire a coloro che desiderano incrementare la propria conoscenza della lingua inglese, o anche semplicemente eseguire una ricetta natalizia tipica nordamericana,
l’opportunità di immergersi nel ricco mondo di sensazioni che si presenta nel preparare un dolce. L’esperienza sensoriale diventerà stimolante, completa e piacevole, agevolando i processi di apprendimento, l’acquisizione e la riproduzione della lingua inglese. Il libro presenta una collezione di dodici ricette di dolci natalizi, tipici della tradizione nordamericana, trasmesse attraverso gli scritti della madre dell’autrice. La preparazione di questi dolci espone ad una miriade di stimolazioni sensoriali. I dolci alla fine potranno essere visti, toccati, odorati,
Il presidente della Provincia Francesco Schittulli con accanto il provveditore agli Studi di Bari Giovanni Lacoppola e Victoria Sportelli. Al centro, il direttore di Telenorba Enzo Magistà e, a destra, uno scorcio della Sala Consiliare della Provincia gazzina nella memoria l’informazione ricevuta, rendendola disponibile per un futuro richiamo. Nel processo d’apprendimento, il 75% avviene attraverso la vista, il 13% attraverso l’udito, ed il restante 12% attraverso il tatto e l’olfatto. Di conseguenza, maggiori sono i sensi contemporaneamente stimolati, maggiore risulta la forza di memorizzazione dello stimolo stesso e, quindi, dell’apprendimento (Laird, 1985). Ad esempio, se ascoltiamo il borbottio della caffettiera, se osserviamo poi il colore intenso del caffè in una tazzina e, nello stesso tempo, se “tastiamo” il suo calore, se odoriamo il suo aroma e se, infine, assaporiamo il suo sapore, il ricordo di aver bevuto una tazzina di caffé, buona o cattiva, risulterà certamente più vivo di quanto possa accadere semplicemente nel vedere scritta o sentire pronunciata l’espres-
Victoria Sportelli con il figlio Anthony al termine della presentazione del libro
ascoltati ed infine… gustati! Le ricette sono state scritte in modo da esplorare strutture funzionali, grammaticali, lessicali, e fonetiche della lingua inglese. Ogni ricetta viene accompagnata da una sua immagine, ed una breve definizione e descrizione per rendere il lettore consapevole delle caratteristiche del dolce che si accinge a preparare. Questo sviluppa anche una conoscenza interculturale. Il libro è dotato di un CD musicale contenente la canzoncina natalizia “The Twelve Days of Christmas Sweets Singalong”, composta dalla stessa autrice con arrangiamento del Maestro Franco Scarola e del figlio Giuliano. Il canto è una variazione del tradizionale canto natalizio anglosassone, “The Twelve Days of Christmas”. La canzone è detta “cumulativa” per via del fatto che ogni verso si costrunelmese - 12/2010 - 37
Victoria Sportelli con il marito prof. Antonio De Tommasi ed il figlio Anthony isce sul precedente. La canzoncina è centrata sulla famiglia, amici, San Nicola (Babbo Natale) e l’albero di Natale. L’albero è inteso come albero della famiglia e della conoscenza, e come punto di aggregazione, di canto corale, di scambio di doni, e di auguri festosi. Ciascuna ricetta è introdotta da un nuovo verso che descrive la ricetta stessa ed in cui un membro della famiglia o un amico invita il partecipante a preparare insieme un dolce ed a porlo in relazione all’albero di Natale. L’atmosfera musicale serve ad innalzare non solo lo spirito del Natale, ma anche quello dell’apprendimento della lingua. Inoltre, il cantare incrementa il processo di memorizzazione, sviluppa il lessico, e migliora la pronuncia. Il libro, inoltre, contiene dei fogli di lavoro (Worksheets) che seguono ciascuna ricette al fine di meglio assimilare e consolidare le strutture funzionali, grammatiche, lessicali e fonetiche, esplorate nella ricetta appena completata. Le risposte agli esercizi (Answers) sono fornite alla fine del
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libro. La pagina di lavoro è completata da una sezione “Activity” che porta lo studente ad applicare ed estendere gli elementi linguistici appresi nel mondo esterno alla lezione; “Notes” dove si possono annotare le proprie considerazioni o variazioni alla stessa ricetta al fine di personalizzarla. Infine, un ricco glossario (Glossary) con tutti i termini riportati nel libro favorisce una pronta consultazione. Nel preparare i dolci, i “pasticceri” udranno i vari suoni e rumori… osserveranno, toccheranno, odoreranno, e gusteranno… combineranno, misceleranno, tagliuzzeranno, comporranno… ed infine la gratificazione a tutti gli sforzi verrà nel degustare le delizie da loro preparate. Saranno impegnati tutti i sensi! Un turbinio di sensazioni ed emozioni. “The Twelve Days of Christmas Sweets Book for Learners of English” è stato concepito per il periodo di Natale, periodo festoso e felice, in cui siamo più ricettivi e rilassati. Tuttavia, i dolci possono essere preparati in qualunque periodo dell’anno. L’idea di preparare dolci durante le vacanze, per donarli agli amici o semplicemente per decorare l’albero di Natale, rappresenta un grande elemento di motivazione. Oltre tutto, “The Twelve Days of Christmas” (i dodici giorni di Natale) sono proprio quelli che intercorrono dal giorno di Santo Stefano all’Epifania. Inoltre, il CD musicale crea un’atmosfera allegra che innalza lo spirito del Natale e dell’apprendimento. Ovviamente, non bisogna tralasciare un ulteriore dettaglio di motivazione… gustare i dolci preparati! “The Twelve Days of Christmas Sweets Book for Learners of English” è un libro per tutti! Si possono preparare i dolci a scuola, con insegnanti e studenti, o a casa con la famiglia ed amici, divertendosi ai fornelli, mentre s’impara l’inglese tutti insieme! Anche coloro che hanno poca conoscenza della lingua inglese possono partecipare alla preparazione dei dolci utilizzando il forbito glossario del libro. Attraverso la preparazione di dolci deliziosi e la magica melodia del canto di Natale, si crea una miriade di stimolazioni sensoriali. La vista, il tatto, l’olfatto, l’udito e, per i più golosi, il gusto, saranno tutti armonicamente impegnati in una sinfonia di suoni, sapori e sensazioni, tutto teso all’apprendimento della lingua inglese. Il motto dell’autrice è: “Divertiamoci ai fornelli, cantando tutt’insieme, mentre impariamo l’inglese!”
INDUSTRIA / EDILIZIA / FIERA DEL LEVANTE
Traminox
un’idea mille soluzioni Il sistema per delimitare ambienti di vario genere con strutture non invasive, che garantisce modularità, è stato realizzato dall’ing. Giandonato Disanto di Bari e presentato al Festival dell’Innovazione alla Fiera del Levante DI
L
TONINO ANCONA
a casa del futuro. La Traminox Ho.Re.Ca. è stata presente alla Fiera del Levante di Bari, nella recente seconda edizione del Festival dell’Innovazione. Eccola l’idea innovativa. Si può fare in modo che la nostra abitazione possa adattarsi, facilmente, senza demolizioni e ricostruzioni, al mutare delle esigenze, anche temporanee. “Il progetto - dice l’ing. Giandonato Disanto, progettista e titolare dell’azienda - ha una vocazione, chiamiamola pure, fortemente sociale. E’ la realizzazione di pareti spostabili e riutilizzabili, rimodellabili e implementabili, a seconda di necessità e desideri che sorgono, anche di frequente, nelle vicende di una famiglia”. Allora come si realizza? In che maniera questa soluzione viene incontro a nuovi bisogni e desideri che si sono concretizzati nelle vicende familiari? “E’ noto che le famiglie italiane tendono ad essere proprietarie della casa in cui abitano. Ecco la nostra proposta. Non si può pensare che un nucleo familiare L’Ing. GIANDONATO DISANTO, laureato in Ingegneria Industriale Meccanica presso l’Università degli Studi di Napoli, è iscritto all’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Bari per i settori a) civile ed ambientale e b) industriale. Libero professionista ha maturato notevole esperienza nel settore della gestione e progettazione nel campo al-berghiero-ristorativo, sempre alla ricerca di soluzioni che rendessero più economica e funzionale la gestione aziendale e la manutenzione della struttura. Sull’argomento, ha realizzato molteplici pubblicazioni e ricerche. Ha svolto importante attività didattica quale docente di tecnologia alberghiera presso l’istituto “Perotti” di Bari e quale formatore presso altre istituzioni a livello scolastico, universitario e di formazione professionale e manageriale. Professionalmente ha progettato strutture ricettive e della ristorazione commerciale ed ospedaliera.
TRX Archaeology per le strutture storiche cambi casa all’arrivo di un altro figlio o all’allontanamento di un componente per lavoro e per raggiunta autonomia”. La composizione familiare è cambiata. L’applicazione dei vostri elementi come risolve i problemi? Nel momento dell’approccio con il costruttore, l’acquirente potrà disegnare la pianta dell’appartamento in base alle esigenze del momento? “Si. Si potrà definire, acquistando un appartamento, il blocco del bagno o dei bagni, l’angolo destinato alla cucina, la camera da letto. Così tutto il resto potrà essere lasciato open space, completo di serramenti ed impianti di riscaldamento e condizionamento, rigorosamente, però, posizionati sulle pareti esterne. Insomma una unità abitativa costituita solo da pareti esterne e dai blocchi tecnologici”. E i cavi, le tubazioni? “Le posso rispondere con il riconoscimento dell’Ufficio Europeo dei Brevetti. Con questa motivazione: ‘svinParticolarmente importante è stata la progettazione e realizzazione della cucina del nuovo Ospedale “Miulli” di Acquaviva delle Fonti, per il quale ha sviluppato ed installato un nuovo criterio da lui ideato e brevettato in Europa, per la utilizzazione degli spazi ed il collocamento degli impianti, finalizzato ad eliminare installazioni fisse ed invasive, rendendo facile l’adeguamento della funzionalità al variare delle esigenze. Il risultato è stato quello di avere un pavimento libero da impianti e strutture invasive, che, invece, possono essere facilmente manutenuti o modificati senza alcuna necessità di interventi murari, a tutto vantaggio della igiene e della riduzione dei tempi di interventi e quindi, velocità del recupero della funzione. Attualmente è impegnato nella estensione della applicazione dei suoi criteri di costruzione Traminox, finalizzati a rendere gli spazi, sia abitativi che di lavoro (uffici, alberghi, ristoranti etc) sempre più modificabili con interventi minimi di operazioni invasive ed invalidanti della funzionalità, tendendo, altresì, a creare massima utilizzazione degli stessi, adeguandoli al mutare, anche temporaneo, delle esigenze, perseguendo il risultato di ottenere l’annullamento della creazione di materiale di risulta e la massima utilizzazione delle fonti energetiche. nelmese - 12/2010 - 39
Gli impianti di cucina sempre controllabili e manutenibili
Per una ricettività ospedaliera controllata a vista
Separazione con vista tra zona cottura e zona pranzo, con elemento termico
Per una perfetta e facile pulizia anche sotto i mobili
colare da opere murarie invasive, inquinanti durante la realizzazione, inamovibili o produttrici di rifiuti speciali in caso di demolizione, con la creazione di compartimentazioni di ambienti, sempre stabili, ma velocemente rimovibili, modificabili, riutilizzabili in altro contesto’. Non solo. La realizzazione è tale da rendere facile e sicura la pulizia dei punti di contatto tra parete e pavimento, specie se retrostanti a mobili o apparecchi”. Dove trovano alloggio le linee elettriche, idriche, scarichi o altro? “Nella specifica concezione del sistema Traminox, gli impianti vanno posizionati in punti strategici ove è possibile una facile manutenzione e modifica. La particolarità del brevetto, applicata ad utenze operative, è nel posizionamento in sito dei pannelli, che hanno un’altezza di 90 cm e larghezza modulare, alla distanza di 50 cm dal pavimento per un’altezza totale di 140 cm. Nello spazio sottostante, sempre accessibile, ma copribile, peculiarità questa molto apprezzata, trovano sistemazione tutti gli impianti, con le linee di alimentazione poste a soffitto e le discese lungo gli elementi verticali di sostegno. Si elimina, così, qualsiasi coinvolgimento del pavimento e delle pareti delimitanti l’ambiente, senza dover ricorrere a canalizzazioni e relative controsoffittature”. Quindi pulizia, facilità di accesso, movibilità, facilità di montaggio sono gli elementi del suo sistema. “Non esagero quando dico che è come se si stessero nelmese - 12/2010 - 40
spostando i mobili. Non solo, quindi, si muta, così, la predisposizione delle stanze a seconda delle nuove esigenze, ma con il grosso vantaggio che l’intervento può essere realizzato in poche ore, senza sporcare, danneggiare i pavimenti, senza polvere, e con la massima efficienza e velocità. Ma attenzione: dopo un po’ si può di nuovo ricambiare la distribuzione, e questo è sempre possibile, mentre con il sistema attualmente in uso, se si incomincia a pensare cosa significhino i lavori in casa, viene la febbre e, molto spesso, non se ne fa niente, continuando a non avere spazi per soddisfare le nuove esigenze”. Le applicazioni soltanto nell’edilizia abitativa? “Analogo discorso si può fare per gli uffici. Viene utilizzato lo stesso principio nella variazione degli spazi, delle postazioni di lavoro, senza toccare o invadere i pavimenti, nè creare pavimenti galleggianti per gestire gli impianti. Anche in questa soluzione il soffitto viene utilizzato per movimentare le linee, che poi scenderanno lungo gli elementi di sostegno, evitando, così, anche la controsoffittatura generalizzata. A tutto vantaggio dell’altezza interpiano”. Qualche riferimento a posa in opera già realizzata? “Con il sistema a pannelli sollevati siamo intervenuti in più ospedali: l’ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti, il San Carlo di Potenza, il Bell’Aria di Bologna. In questi nosocomi siamo intervenuti nel reparto cucina, ove, per la peculiarità del sistema Traminox, abbiamo
Per un ufficio senza pavimentazione galleggiante e controsoffitto facilmente reso effettuabile ogni intervento di modifica del lay out e manutentivo degli impianti, senza dover interrompere l’attività”. Quale è il vostro mercato e come pensate di arginare le conseguenze di una situazione economica che non lascia intravvedere niente di buono? “I nostri destinatari sono gli arredatori, i designers, i progettisti. A tale proposito ci sono segnali di un deciso interessamento delle associazioni di professionisti. Abbiamo contatti con alcune industrie del settore per la produzione e commercializzazione degli elementi del sistema”. Trend di sviluppo? “Abbiamo notato, con una decisa opera di marketing, che ci troviamo in un mercato abbastanza ricettivo, specie, perché l’investimento iniziale riduce i costi di modifiche e di manutenzione ordinaria e straordinaria. Nel 2011 l’obiettivo è metterci in Rete con la costitu-
TRX per variare l’offerta alberghiera zione, in un’ottica sinergica, di un gruppo che realizzi i nostri obiettivi. Soprattutto in relazione alle invenzioni presentate e premiate con la Medaglia d’Argento al Salone Internazionale delle Invenzioni di Ginevra: il pannello Traminox come elemento di compartimentazione e riscaldante, distante dalle pareti e la tramezzatura Traminox, predisposta per contenere gli impianti, sempre accessibili e modificabili”. TRAMINOX Ho.Re.Ca. dell’Ing. Giandonato Disanto Sistemi di compartimentazioni inossidabili brevettate Corso A. Garibaldi, 14 - 70050 Bari S. Spirito Cell. 3331077330 - Tel. fax 0039 080 5336733 e-mail: info@traminox.com www.traminox.com
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SHOPPING / COMMERCIO
Ottica Rotondo stile e qualità DI
CONCITA LEOZAPPA
Il titolare dell’Ottica Giuseppe Rotondo con le collaboratrici Maria Genchi, Laura Catalano e Giovanna De Marzo
E
ccentrici e modaioli, classici e discreti. Griffati, vistosi o raffinatamente colorati. Da 60 anni le vetrine dell’Ottica Rotondo, al centro di Bari, in via Calefati 69/A a due passi da via Sparano, espongono la più disparata offerta di occhiali da vista e da sole per soddisfare ogni esigenza della clientela. Oltre ad una vasta gamma di lenti a contatto, oramai indispensabile accessorio quotidiano di chi, per vezzo o praticità, ha trovato in esse una valida alternativa agli occhiali. Il titolare, Giuseppe Rotondo, ottico op-
tometrista, in quest’intervista racconta le evoluzioni del mercato dell’ottica e propone alcuni interventi da attuare a favore dei clienti e della categoria degli ottici-optometristi. L’impulso all’acquisto degli occhiali come si è evoluto in questi ultimi anni? Si è evoluto positivamente in quanto l’offerta soddisfa sempre più le esigenze dei clienti grazie alle nuove tecnologie. Ad esempio l’apporto tecnologico ha reso l’adattamento alle lenti multifocali più agevole e immediato.
L’esterno e gli interni della Ditta in via Calefati 69/A al centro di Bari nelmese - 12/2010 - 42
Per la vasta ed esigente clientela della storica azienda (60 anni) ampia gamma di prodotti delle migliori marche nazionali ed estere di occhiali da vista e da sole. Più facile l’uso delle lenti multifocali e a contatto. I giovani molto aggiornati sulle novità. Richiesti più gli occhiali di celluloide che di metallo Nel nostro centro, infatti, da qualche tempo adottiamo un nuovo apparecchio, un videocentratore computerizzato, per supportare l’approccio alla lente multifocale. Questa apparecchiatura di alta tecnologia raggiunge ottimi risultati in quanto serve a dare un’ulteriore facilità d’uso delle lenti multifocali o progressive, il cui utilizzo in genere comincia intorno ai 42-43 anni, cioè con l’inizio della presbiopia. Dai 40 anni in su c’è una maggiore attenzione, oggi, alla correzione dei difetti della vista? In tanti anni di attività della nostra ottica sicuramente posso dire che adesso c’è una maggiore cura della salute della vista anche se, leggendo i giornali e guardando le statistiche, c’è ancora molta gente che necessita dell’uso delle lenti correttive, ma non lo fa. Purtroppo molti incidenti stradali sono causati dalla cattiva visione da parte di persone che non fanno uso delle lenti correttive. Secondo lei perché? E quali potrebbero essere i rimedi da utilizzare? Credo che le ragioni siano semplicemente la trascuratezza e la superficialità. Tra l’altro, le lenti multifocali non
hanno costi eccessivi, per cui sono davvero accessibili a tutti. Esistono, purtroppo, alcuni difetti visivi, che io definisco “difetti latenti”, che non danno una visione altamente compromessa e, per questo motivo, sono facilmente trascurati. Ma in certe situazioni, come ad esempio la guida, soprattutto quella notturna che è più difficoltosa, questi difetti della vista risultano molto pericolosi. Sicuramente rispetto a 60 anni fa c’è una maggiore attenzione alla salute della vista, ma c’è ancora un’alta percentuale di persone che non fa uso delle lenti correttive quando è necessario. Secondo me uno strumento valido per sensibilizzare la gente a riguardo è rafforzare le campagne di prevenzione sugli incidenti stradali. Qual è invece l’approccio al mercato dell’ottica da parte della clientela giovanile? I giovani sono molto attenti all’offerta del mercato dell’ottica e soprattutto molto informati in merito alle tendenze della moda di questo settore. Grazie a internet le nuove generazioni sono ben aggiornate sulle novità delle linee degli occhiali da vista e da sole.
Quando entrano in negozio hanno quindi le idee molto chiare e sta a noi essere attenti alle loro richieste per consigliare la scelta migliore. Infatti, sebbene i ragazzi siano molto informati sulle offerte, spesso internet è un po’ confusionario e fuorviante ed è necessario perciò l’apporto di personale qualificato e competente. In linea di massima la clientela giovanile si mostra convinta delle proprie scelte
perché segue le mode del momento, ad esempio nell’acquisto di un tipo di lente usata da un idolo, un cantante o un calciatore, ma sicuramente queste scelte devono essere seguite dai professionisti del settore. Oltre che alle tendenze di moda, le nuove generazioni dimostrano di essere attente alla salute dei propri occhi? Sì, rispetto a qualche decennio fa, c’è una maggiore attenzione, anche se, purtroppo, a causa dell’uso spesso smoderato del computer, la soglia
Il servizio fotografico della sede dell’Ottica Rotondo è di Virginia Cuscito nelmese - 12/2010 - 43
d’età in cui si manifestano i problemi di vista si è ultimamente abbassata. A proposito di moda, quali sono le tendenze del momento? In questo momento gli occhiali da vista più scelti, soprattutto dalla clientela più giovane, sono in celluloide, il metallo oramai è stato messo da parte, e per gli occhiali da sole è il momento degli occhiali grandi, voluminosi. Tra i ragazzi c’è la tendenza a scegliere le linee di moda, ma ci sono delle case produttrici, come Ray Ban, che non dettano una particolare tendenza di stagione e, grazie all’ottimo rapporto qualità-prezzo, hanno sempre successo. Ray Ban crea una moda a sé stante, originale e accessibile ai più giovani. Lenti a contatto e loro evoluzione. In questi ultimi anni il mercato delle lenti a contatto ha compiuto dei progressi considerevoli grazie alle tecno-
Oltre ad essere correttive, le lenti a contatto soddisfano anche le esigenze estetiche? Sicuramente. Le lenti cosmetiche ultimamente hanno ampliato la gamma delle colorazioni e delle diverse pigmentazioni dell’iride. Sono ovviamente usa e getta e anche graduate. La clientela delle lenti cosmetiche è eterogenea, in percentuale uguale tra uomini e donne, e appartiene ad una fascia d’età dai 20 ai 60 anni. Certo si tratta di un mercato minimo, un po’ più di nicchia, in quanto i costi sono leggermente più alti e, soprattutto, non tutti sono audaci nel voler indossare lenti colorate. A breve festeggerete i 60 anni della vostra attività. Cos’è che distingue l’Ottica Rotondo da tanti anni? Sì, compiremo 60 anni di attività il prossimo luglio 2011 e sicuramente li
L’Ottica Rotondo è fornita di un centratore digitale Zeiss che serve per calcolare la distanza interpupillare, l’altezza di montaggio e la rotazione del collo. E’ utile per le lenti progressive di nuova generazione personalizzate. Personalizzare le lenti progressive signfica renderle fisiologiche e perfettamente accettate dal cliente logie più avanzate. Innanzitutto voglio precisare che ormai la maggior parte delle lenti a contatto sono usa e getta e l’offerta si è notevolmente ampliata proprio per l’uso di nuovi materiali. Ad esempio oggi grazie al silicone idrogel, che è un materiale biocompatibile, è possibile usare le lenti a contatto anche da parte di chi aveva, sino a poco tempo fa, intolleranza. Inoltre, in questo campo, la tecnologia ha fatto dei passi avanti, ad esempio immettendo sul mercato le lenti a contatto progressive, per cui questo prodotto inizia ad essere usato da una clientela sempre più vasta ed eterogenea. Nell’Ottica Rotondo quante tipologie di lenti a contatto si trovano oggi? Distinguerei due tipologie di lenti: le classiche e le innovative. Queste ultime ovviamente soddisfano le esigenze più disparate, ad esempio oggi è possibile l’uso delle lenti a contatto anche per molti astigmatici (lenti toriche). nelmese - 12/2010 - 44
festeggeremo con un evento. Ciò che distingue la nostra ottica è la cortesia, la disponibilità e la trasparenza nel proporre i prodotti e nell’offrire i servizi. Oltre alla vendita, infatti, diamo molta importanza al post-vendita, che è un modo per fidelizzare il cliente e tranquillizzarlo in caso di inconvenienti dei propri occhiali. Un’ottica storica come si pone innanzi ai venditori non autorizzati? Sembrerà assurdo, ma c’è gente che, avendo acquistato degli occhiali sulle bancarelle o nei negozi non autorizzati, si rivolge poi a noi perché ha bisogno di una vite, insomma dell’assistenza che questi fornitori non garantiscono. Gli occhiali acquistati presso i venditori non autorizzati sono altamente nocivi alla salute. E’ necessaria, anche a questo scopo, una campagna preventiva perché i materiali usati per questo tipo di lenti non sono a norma e sono dannosi per la vista. Come categoria non ci sentiamo
molto tutelati a riguardo: ogni tanto ci sono dei maxisequestri di questi prodotti contraffatti, ma il fenomeno è molto ampio e andrebbe affrontato con una seria prevenzione. Nel periodo natalizio gli occhiali sono un’idea regalo? Sì, tant’è che da un po’ di anni gli occhiali, soprattutto da sole, sono un articolo da regalo molto richiesto. Non a caso abbiamo degli anticipi delle varie collezioni proprio in concomitanza col periodo natalizio. Le case produttrici, infatti, per allestire le vetrine natalizie, inviano le novità della stagione successiva. Ci può anticipare allora le prossime tendenze? Riguardo agli occhiali da vista continuano ad affermarsi le montature in celluloide, piuttosto marcate e con linee decise. Gli occhiali da sole restano grandi, ma iniziano a rimpicciolirsi rispetto alle tendenze moda di 2, 3 anni fa. Ci sono meno strass rispetto a prima e sono un po’ più discreti. Anche i loghi delle case madri sono sempre più stilizzati: questa è diventata quasi una moda. Ci spieghi meglio. Ultimamente non si vuole far notare il marchio sul prodotto. Evidentemente le case produttrici hanno colto questa nuova esigenza dei consumatori. I marchi sono quasi evanescenti. In passato sulle montature vi erano loghi molto evidenti. Ho l’impressione che i clienti oggi non vogliano far notare l’uso della griffe. Sembra strano, ma negli ultimi tempi il cliente chiede, quasi pretende, prodotti il cui marchio non sia in evidenza. Le case produttrici hanno notato questa necessità e si sono adeguate subito. Sinceramente questo tipo di richiesta da parte del cliente mi infastidisce un po’, in fin dei conti il marchio di un prodotto è anche un simbolo di distinzione e l’Italia, per quanto riguarda le grandi griffe, deve essere molto fiera di questo. Motivo per cui vedo personalmente questo fenomeno come una contraddizione. Anni fa si tendeva ad ostentare, oggi invece si è arrivati all’eccesso opposto, forse perché la crisi mondiale ha portato il consumatore a non voler esibire l’uso dei marchi importanti. Allora quando i loghi ritorneranno a trionfare sulle montature degli occhiali significherà che la crisi mondiale sarà finita? Sì, credo proprio di sì.
OTTICA ROTONDO Via Calefati 69/A - Bari Tel. 080.5232530 www.paginegialle.it/rotondo otticarotondo67@libero.it
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