ISBN: 978-88-31314-79-4 © 2021 Les Flâneurs Edizioni Les Flâneurs Edizioni è un marchio del Gruppo Editoriale Les Flâneurs Srl
www.lesflaneursedizioni.it info@lesflaneursedizioni.it Correzione e revisione: Serena Vallarelli Progetto grafico: Mariano Argentieri In copertina: per la fotografia si ringrazia Franko Neretich Finito di stampare a marzo 2021 presso Creative 3.0 Srl • Reggio Calabria per conto di Les Flâneurs Edizioni
Caterina Edwards
RISCOPRENDO MIA MADRE UNA FIGLIA ALLA RICERCA DEL PASSATO
Traduzione di Sabrina Rega
«Viola: Che paese è questo, amici? Capitano: Questa è l’Illiria, signora. Viola: E che dovrei farci, in Illiria?». William Shakespeare, La dodicesima notte ovvero quel che volete (atto primo, scena seconda)
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A Tatiana, Antonia e Corinna
Prefazione
Riscoprendo mia madre è prima di tutto un atto d’amore di una figlia che testimonia il passato soppresso della madre rifugiata, una incalzante ricerca durata decenni per gettare luce sulle difficoltà taciute e i frequenti sradicamenti e restrizioni della vita di Rosa e di conseguenza sulla tragica storia di forse 350.000 abitanti della multietnica Istria, e in particolare Lussino, un’isola al largo della costa dalmata. Nell’evolversi, questa ricerca si trasforma in un gesto radicale che sfida, offrendo il meglio di sé, la definizione del genere (auto)biografico: a volte memoir, autobiografia o diario, altre un documento schietto sull’ancora poco chiara rimozione di un’intera popolazione sopraffatta dalla storia, gli istroveneti, condannata a un vendicativo schema di pulizia etnica dopo la seconda guerra mondiale. Ciò che inietta in questa ricerca un ritmo singolarmente drammatico è la battaglia che Rosa combatte ogni giorno contro la perdita di memoria (o forse contro il suo eccesso) e i tentativi spesso disperati della figlia di comunicare con lei mentre le offre tutte le attenzioni possibili. Mentre Rosa perde se stessa e il mondo che la circonda, l’autrice si ritrova 9
sempre più spesso ad attingere alle sue stesse risorse di figlia. Valutando la situazione della madre, l’autrice scrive «Devo diventare nessuno». Molti capitoli del libro, infatti, si aprono con citazioni tratte dall’Odissea e diventano punti di riferimento nel dipanarsi del racconto sia da un punto di vista geografico che tematico. Tra le abili mani di questa autrice, l’(auto)biografia si trasforma in uno scavo archeologico, ma il sito stesso è sparpagliato e gli indizi frammentati devono essere spesso evocati per poter dare un senso a una vita, a un villaggio in rovine, a un popolo disperso nel mondo, mentre i sedimenti del tempo alludono alla presenza di storie perdute. C’è un passaggio, nel libro, in cui Rosa supplica la figlia dicendole: «Voglio ritornare a casa». In un momento di commovente riflessione sulla condizione della madre, l’autrice esplora cosa significa perdersi per una esiliata (e per la figlia stessa). Gli ultimi capitoli di Riscoprendo mia madre portano a compimento il rapporto conflittuale tra madre e figlia, rapporto condensato in una scena finale che offre comprensione e senso di pace. Caterina Edwards riesce brillantemente a trovare Rosa e allo stesso tempo offre ai lettori un altro coup letterario che va ad aggiungersi alla sua già ricca carriera di scrittrice non solo canadese ma anche transnazionale. William Boelhower Visiting Professor Dipartimento di Studi Linguistici e Culture Comparate Università Ca’ Foscari, Venezia
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Riscoprendo mia madre
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Prologo
«Canto di tempo passato è il tuo sibilare giocondo sopra il mio capo; sei venuta da tanto lontano, come me, o Bora, per più non tornare alla culla». Gian Mauro Siercovich, Bora
Per anni ho avuto paura di diventare mia madre. Non appena mi fu possibile, andai via di casa, in direzione opposta, viaggiai molto. Per volontà o semplicemente per natura diventai la donna che sono, molto diversa da lei. Rimasi tuttavia vigile, controllavo le risposte che davo alle mie figlie, e il tono che usavo con mio marito. Avevo paura che se non fossi stata razionale e composta, se non avessi represso la mia rabbia e le mie emozioni, sarei diventata esattamente come lei. È una vecchia storia. Ciò che mi fece cambiare direzione e tornare indietro fu il senso di una perdita incipiente. Mentre osservavo mia madre deperire mentalmente e fisicamente, nacque in me la voglia di conoscerla, di conoscere chi era realmente Rosa Pia Pagan Edwards. Al suo funerale, nel 2001, il prete confuse più volte il suo nome col mio: «Nel Battesimo, Caterina, ricevette il segno della croce…». Non si trattava della solita storia del celebrante che non sa nulla del defunto. La nostra famiglia era stata tra le prime a frequentare quella parrocchia, quasi quarant’anni prima. 15
«Preghiamo per nostra sorella, Caterina…». Negli ultimi tempi avevo portato mia madre a messa quando potevo. E dopo la celebrazione, di solito, padre John si fermava davanti la carrozzina di mia madre per salutarla: «La terribile Rosina» sorrideva, quindi le faceva il segno della croce sulla fronte o le accarezzava una guancia. E allora perché adesso era confuso? Guardai mia sorella Corinna, in piedi alla mia destra. Cercava di trattenere una risata. Pensai di attirare l’attenzione di padre John, sì… ma come?! Non mi guardava mai, gli occhi fissi sulla bara. Continuò a sbagliare. Ancora e ancora. «La tua serva, Caterina…» «L’anima di Caterina…». Mi guardai dietro. La morte, gli spostamenti, e la demenza senile di mia madre avevano fatto diminuire il numero dei suoi amici. Oltre ai familiari più stretti, quasi tutti i partecipanti al funerale, ed erano veramente pochi, erano lì solo per sostenere me, mio marito o le nostre ragazze. Sospettai che tra il forte accento italiano di padre John e la poca familiarità con il servizio funebre di rito cattolico, molti di loro non stessero seguendo molto bene la funzione. Nonostante questo però due mie amiche alzarono gli occhi al cielo sorridendomi. Stavo per iniziare a ridacchiare anche io. Per caso anche il prete stava perdendo la memoria come mia madre? Il cieco che conduce un altro cieco… Oppure, e mi sentii inquieta al solo pensiero, l’uso del nome sbagliato voleva forse dire che la benedizione e la deposizione sarebbero stati mal indirizzati ricadendo sulla persona sbagliata? Corinna mi prese la mano stringendola. Mio marito mormorò «Non importa». Ma io mi sentii all’improvviso ansiosa. Che fosse un segno? Un avvertimento che io ero la prossima? Gli ultimi quattro anni con mia madre erano stati così pesanti che mi ero domandata spesso chi avrebbe seppellito chi. E ora 16
mi sentivo come se fosse arrivato il mio turno. «Oh Dio, al quale appartengono misericordia e perdono… ti prego affinché Caterina arrivi sana e salva a casa, in Paradiso…». Non io… non ancora. Stavo ancora cercando la verità sulla vita di mia madre. Proprio ora che stavo cominciando a farmi strada attraverso le bugie e le leggende. E ricostruendo la memoria perduta ero giunta alla storia perduta. Stavo arrivando alla storia dimenticata, repressa, negata della sua patria e della sua gente. Non io, per favore, non ancora.
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