Gli Amici del Loggione - Lirica Numero 1 - Luglio 2022

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Gli Amici del Loggione - Lirica Numero 1 – Luglio 2022


Gli Amici del Loggione - Lirica Rivista on-line di Musica Lirica Numero 1 – Luglio 2022

Coordinatore editoriale ed autore dei testi: Giuseppe Ragusa

Agli amici lettori Con questo numero esordisce la versione de Gli Amici del Loggione dedicata esclusivamente alla musica lirica. Questo è dovuto in primo luogo alle sopraggiunte ragguardevoli dimensioni raggiunte dalla Rivista, legate all’aumento delle pagine nella sezione della musica medioevale, dove ho pazientemente - e incoscientemente - intrapreso la traduzione italiana dei brani ivi riportati (in primis delle Cantigas di Santa Maria di Alfonso X el Sabio), quasi sempre introvabile nei libretti che accompagnano i vari CD e nella bibliografia in generale. La conoscenza del testo è a mio avviso essenziale per una completa comprensione (anche mia personale) di questa musica. In secondo luogo, mi piaceva avere una mia Rivista esclusivamente di musica lirica, più snella da leggere, e dedicata agli amici melomani. Questa Rivista lirica nelle mie intenzioni avrà una pubblicazione quadrimestrale. Buona musica a tutti!

In questo numero dedicato ad Aida, di Giuseppe Verdi: [3] Ge esi dell’opera [10] Guida all’as olto [29] Discografia [44] 4° copertina: Adrien Emmanuel Marie (1848–1 1 : Giuseppe Verdi dirige l’Or hestra dell’Opera di Parigi alla pri a dell’Aida al Palais Garnier, il 22 Marzo 1880. Gli articoli e le immagini presenti in questa Rivista sono di dominio pubblico, a titolo gratuito senza alcun riutilizzo commerciale. Ci scusiamo per eventuali e non volute carenze od omissioni nelle indicazioni degli autori di porzioni di testi non virgolettati, o di immagini fotografiche, pittoriche e disegnate, o delle eventuali proprietà editoriali o © o ®, che verranno, se contestate, prontamente rimosse.

Per ogni comunicazione: raggius@tim.it

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GENESI DELL’OPERA  CENNI STORICI Nel 1869 Isma'il Pascià, khedivé (viceré) d'Egitto, uomo di grande dinamismo appassionato dell’Opera italiana e di Verdi in particolare, inviò al compositore di Busseto la richiesta di scrivere un inno da suonare nelle celebrazioni dell'apertura del Canale di Suez, prevista per il mese di novembre di quell’anno. Gli offriva un compenso di 80.000 franchi, ma Verdi rifiutò, sostenendo che non gli si confaceva lo scrivere “musica di circostanza”.

[17 novembre 1869: Inaugurazione del Canale di Suez] L’inno fu poi composto, testo e musica, da Temistocle Solera, che era stato il librettista del Nabucco verdiano. Le cose presero però una piega insperata. Nell'ambito delle stesse celebrazioni, poche settimane dopo l’apertura del canale di Suez, era stato inaugurato il Teatro nazionale del Cairo con una rappresentazione di Rigoletto; per celebrarne la ripresa dell’attività musicale, il Khedivé desiderava dare vita a un’opera nazionale che, se non poteva legarsi alle tradizioni musicali locali per ovvie ragioni stilistiche, almeno doveva richiamarsi in modo attendibile al mondo dell’antico Egitto nella trama e nelle ambientazioni: e la prima scelta cadde ovviamente su Giuseppe Verdi. Se questi avesse rifiutato, l'offerta sarebbe stata rivolta a Charles Gounod o a Richard Wagner. Venne incaricato della trattativa (chiamata “Affaire d’Egipte” dallo stesso vicerè) l’archeologo francese Auguste Mariette [nel riquadro a sin], primo direttore del Museo Egizio del Cairo e insigne egittologo (a lui dobbiamo il ritrovamento dello Scriba seduto), il quale a sua volta si rivolse come intermediario a Camille du Locle, direttore dell'Opéra-Comique e già autore del libretto francese di Don Carlos. Lo scetticismo iniziale di Verdi fu vinto dalla lettura dello scenario ambientato ai tempi dei Faraoni presentatogli in forma di novella approntato dallo stesso Mariette. Verdi ne fu così affascinato che scrisse: «E’ splendido, di mise en scéne ce vi sono due o tre situazioni, [3]


se non bellissime, certamente molto belle», e si decise ad accettare la proposta a patto di avere un completo controllo sull'allestimento e sulla scelta del cast, e pattuendo un compenso così elevato da rimanere nella storia, 150.000 franchi da versare in oro presso la Banca Rothschild di Parigi. Si dice con malizia che il riluttante compositore si lasciò definitivamente convincere a lavorare alla nuova opera solo nella primavera del 1870, quando scoprì che un suo ultimo definitivo rifiuto avrebbe visto il passaggio di commissioni al rivale Richard Wagner. [Camille Du Locle] Nella sua residenza di Sant’Agata, a Villanova sull’Arda, Verdi iniziò a lavorare, assieme a Du Locle, sul testo di Mariette per volgerlo in forma scenica, intervenendo attivamente sul lavoro del librettista e aggiungendo idee e trovate sostanziali, tra cui lo spettacolare finale con le due scene sovrapposte. Il testo francese, corredato di didascalie e precise indicazioni, fu consegnato al poeta e scrittore Antonio Ghislanzoni, vicino alla Scapigliatura lombarda e ai circoli mazziniani, molto stimato da Verdi, il quale chiese al librettista (come si evince dal fitto epistolario tra i due) di “abbandonare ritmo, rima e stanza” e a ricercare “la parola scenica”, cioè la parola più adatta a rappresentare in quel momento la scena.

Mariette si occupò invece

dei disegni

scenografici e dei costumi. Verdi completò la parte musicale in quattro mesi. [Antonio Ghislanzoni] La prima rappresentazione, concordata per il gennaio 1871, fu ritardata a causa dell'assedio prussiano a Parigi durante la guerra francoprussiana, che impedì l'accesso ai laboratori dell'Opéra dove erano stati realizzati costumi e scenografie. Verdi fu molto amareggiato per non aver potuto seguire l'allestimento in prima persona. L’opera debuttò al Cairo il 24 dicembre 1871 davanti a una platea di critici, diplomatici e personalità, ma non, come Verdi avrebbe gradito, a un pubblico di intenditori e amanti dell’opera. Il compositore era molto restio a muoversi per nave o per treno, perciò non diresse la prima dello spettacolo ma affidò la direzione al fedelissimo Giovanni Bottesini. Nel debutto cairota il personaggio di Aida fu affidato al soprano Antonietta Pozzoni Anastasi, Radamès era interpretato da Pietro Mongini, Amneris da Eleonora Grossi, Amonasro da Francesco Steller.

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[Da sin: Antonietta Pozzoni Anastasi - Pietro Mongini - Eleonora Grossi] Il notevole successo fece guadagnare al compositore il titolo di Commendatore dell’Ordine Ottomano e ciò accrebbe le attese per l’esordio italiano, nel quale lo stesso Verdi volle curare l’allestimento nei minimi particolari, tra l’altro riscrivendo completamente l’aria di Aida “O cieli azzurri”. La prima europea dell’Aida (che Verdi considerò la vera prima rappresentazione) si tenne al Teatro La Scala di Milano l’8 febbraio del 1872. Verdi aveva scritto il ruolo di Aida per la voce di Teresa Stolz, che la cantò per la prima volta alla prima milanese. Radamès venne interpretato da Giuseppe Fancelli; l’interprete di Amneris fu Maria Waldmann, la favorita di Verdi per il ruolo, che continuerà a interpretare il personaggio in tutti gli allestimenti seguiti da Verdi, fino a che non si ritirò dalle scene nel 1876. L’orchestra fu diretta da Franco Faccio.

[Teresa Stolz – Giuseppe Fancelli – Maria Waldmann] La Scala sancì trionfalmente il ritorno di Verdi dopo quasi trent’anni di assenza (fatta eccezione di un rifacimento della Forza del destino allestito nel 1869) innescando una lunga scia di repliche in Europa e Stati Uniti. [5]


Ancora oggi Aida continua ad essere una delle opere liriche più famose e rappresentate.  IL RACCONTO ORIGINALE DI AIDA La trama e i personaggi dell’Aida provengono da una visione immaginaria di sapore squisitamente romantico di un Egitto fuori dal tempo e dallo spazio, magico, vagheggiato più che conosciuto. Un mondo iconografico e semantico in cui gli occidentali riconoscevano i loro fondamentali pregiudizi più che i fondamenti scientifici di uno studio archeologico e storico. Intorno alla paternità del soggetto, Auguste Mariette affermò di essere l’autore del racconto di Aida, ispirato a fatti storici e forse ad antiche leggende egiziane: «Aida è una parola uscita dal mio cervello!», affermava orgogliosamente. Alcuni critici ipotizzano la presenza di un soggetto non inventato ex novo dall’egittologo ma ispirato ad antiche cronache di scribi egizi ricostruite su papiri dissepolti probabilmente dallo stesso Mariette. Dopo la sua morte il fratello Edouard sostenne che Auguste si era appropriato dell’idea leggendo Le fiancée du Nil , un romanzo di ambiente egiziano scritto dallo stesso Edouard. Un caso irrisolto, che arricchisce di fascino un’opera già di per sé ambientata in un contesto oscuro, esotico e remoto, proprio quello espressamente richiesto da Isma'il Pascià.  I PROTAGONISTI DELL’OPERA Nell’Aida verdiana, tra esaltanti scene di massa e profondi momenti di solitudine, si intrecciano le vicende di Aida, Radamès e Amneris, le cui sorti sono ineluttabilmente mosse dalla invisibile dea Iside, sistematicamente avversa a tutti coloro che cercano di affermare la propria individualità contro l’ancestrale potere della religione, che si manifesta attraverso il volere del Gran Sacerdote Ramfis. Tranne Ramfis, tutti i personaggi escono tutti sconfitti dalla vicenda. Aida, vittima di un intreccio più grande di lei, è lacerata tra il dovere nei confronti del padre Amonasro, e quindi la fedeltà alla patria, e l’amore per il soldato straniero. Aida potrà realizzare il suo sogno d’amore per il comandante egiziano non da libera ma nel chiuso della tomba, in un estremo sacrificio di sé. Radamès, vincitore in battaglia, nella vita privata è uno sconfitto, solo oggetto di desideri e suscitatore di intrighi altrui; egli involontariamente tradisce il suo popolo e subisce la condanna capitale. La sua figura è quasi priva di spessore drammatico, anche se poi nel finale dell’opera rinuncia coraggiosamente alla vita per amore. Non muore ma è condannata all’infelicità Amneris, accecata dalla gelosia: la principessa egizia cerca di servirsi della ragion di stato e della sua posizione sociale per annientare la rivale in amore ma, similmente alla sua schiava, resta vittima di forze sulle quali si era illusa di poter avere il controllo. [6]


Amonasro, sovrano e condottiero degli Etiopi, è artefice della svolta determinante che innesca la tragica conclusione, ma alla fine il suo piano fallisce e muore durante la fuga.  L’AIDA DELLE AIDE. ZEFFIRELLI ALLA SCALA NEL 1963 L’esotismo romantico dell’Aida verdiana trova la sua massima espressione nel primo allestimento dell’opera che Zeffirelli realizzò per il Teatro alla Scala nel 1963. Zeffirelli affidò alle mani geniali e esperte di Lila de Nobili i costumi e le scene che la pittrice renderà con allusioni e rimandi nostalgici alla pittura di fin de siècle e alle figurine Liebig: «Chiesi a Lila de Nobili, genio assoluto della pittura nello spettacolo (forse il più grande del XX secolo), di disegnarmi scene e costumi di Aida, ispirandosi all’Egitto grandioso e raffinato della prima produzione andata in scena al Cairo, in occasione dei festeggiamenti per l’apertura

del

Canale di Suez nel 1868. Una squisita fantasia orientalista, assai vicina alle opulente visioni di Gustave Moreau.» [Bozzetto di Lila de Nobili, Aida, Milano 1963] Quando pensiamo ad Aida, probabilmente è proprio questo allestimento a venirci in mente, perché

propone

al

pubblico

quell’Egitto

oleografico tardo ottocentesco che sembra legarsi strettamente alla musica verdiana e al momento in cui l’opera è stata composta. Il fascino dei fondali dipinti dalla lunghissima prospettiva, il palcoscenico stracolmo di coristi e figuranti nella scena del trionfo, la magia dei giochi di luce sono tutti elementi che rendono questa regia ancora oggi fruibile e molto apprezzata dal pubblico Questo allestimento storico è stato ripreso più volte anche in altri teatri.  L’AIDINA Il 27 gennaio 2001, nel piccolissimo Teatro Verdi di Busseto, si aprirono i festeggiamenti dell'anno verdiano con quella che suonò come una sfida particolarmente attraente sul piano della messinscena: rappresentare un Grand-Opéra verdiano in un teatro carico di memorie del Maestro, però piccolo, anzi piccolissimo, come quello di Busseto (sette metri di boccascena), ma lasciandolo Grand-Opéra, con tutta la vocazione alla visualità e al décor grandioso che è proprio del genere, anzi abbracciando senza inibizioni un'idea tradizionale, o, se si vuole, nostalgica, della messinscena operistica.

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L’Aidina di Busseto fu realizzata da Franco Zeffirelli e fu un successo: «Tutto era visto come attraverso una lente d’ingrandimento su quel minuscolo palcoscenico: non sfuggiva né un batter d’occhio né un gesto. L’impatto emozionale della delicata, struggente storia d’amore, finalmente finì per trionfare. Il trionfo più ambito per me.», disse il grande regista fiorentino.. Ciò che vediamo è l'Aida di sempre, con alte statue (il dio-sciacallo Anubi a sinistra, la dea-gatta Bastet a destra del proscenio), geroglifici, flabelli e figuranti, suggerendo la consueta grandiosità come di scorcio: è qui, nello sfruttamento dello spazio delle scene di massa, che si rivela l'abilità e l'esperienza di Zeffirelli. Si lodò allora soprattutto la soluzione elegante adottata per risolvere il monumentale Trionfo del secondo atto. Trionfo che viene lasciato all'immaginazione: avviene infatti alle spalle della terrazza regale da dove la corte ammira la sfilata che noi non vediamo. Gioiello della rappresentazione fu Carla Fracci, carisma che sfidava il tempo, protagonista dell'unico ballabile sopravvissuto ai tagli, quello della danza sacra nel tempio di Vulcano. L'operazione fu considerata con molta benevolenza dalla critica, anche perché si agganciava ad una selezione di giovani voci verdiane (la materia prima di più difficile reperimento per i teatri di tutto il mondo, in questi tempi) che avrebbero potuto usufruire del grande Carlo Bergonzi, uno dei migliori Radamès del Novecento, in qualità di autorevole dispensatore di consigli, e di un'orchestra di decorosissimo rango professionale quale l'Orchestra regionale dell'Emilia Romagna, la "Arturo Toscanini".  L’AIDA E L’ARENA DI VERONA Un grande ed indissolubile legame unisce l’Aida e l’Arena di Verona La prima rappresentazione nel Festival Lirico dell'Arena di Verona, si tenne il 10 agosto 1913 per volere del tenore veronese Giovanni Zenatello e dell’impresario teatrale Ottone Rovato che, per [8]


celebrare i 100 anni dalla nascita di Giuseppe Verdi, decisero di mettere in scena l’Aida, assumendosi personalmente i rischi finanziari legati all’iniziativa. [La pri a dell’Aida, 1 13] A dirigere l’orchestra fu Tullio Serafin, Aida era Ester Mazzoleni, Amneris Maria Gay, Radamès

Giovanni

Zenatello,

Ramfis

Mansueto Gaudio ed Amonasro Giuseppe Danise. La prima fu un successo, con spettatori provenienti da ogni parte del mondo, Argentina e Stati Uniti compresi; fu un evento importante poiché segnò la nascita di un nuovo stile scenografico: si abbandonarono le scene dipinte tipiche dei teatri tradizionali, adottando invece nuovi elementi tridimensionali, maestosi e spettacolari. Da allora L'invenzione viene utilizzata per quasi tutte le opere rappresentate nell'anfiteatro, che per tale motivo sono definite “areniane”. Nel pubblico sedettero anche Giacomo Puccini, Franz Kafka, Arrigo Boito e Pietro Mascagni. A partire dal 1992 Aida, viene regolarmente inserita nei cartelloni di ogni stagione.

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GUIDA ALL’ASCOLTO PRELUDIO Ricco di spunti drammaturgici, il Preludio inizia con un tema acuto in pianissimo dei violini, morbido e melodioso, cui gradualmente si aggiungono altri strumenti dell’orchestra, sino a far fiorire sul registro scuro dei violoncelli un tema più denso, incalzante e imitativo, che esplode su rulli di timpano; sul finire del brano compare nuovamente l’atmosfera precedente, rarefatta ed eterea. Sono due temi contrastanti, il primo, delicato, è quello dell’amore di Aida per Radamès; il secondo, più energico, scandito sulle note gravi degli archi, si collega al senso del giudizio inappellabile del Gran Sacerdote Ramfis. I due temi sono decisamente contrastanti e non saranno mai vicini nel corso dell’opera a simboleggiare un’inconciliabile distanza tra di loro.

 ATTO PRIMO  Scena I Siamo nella sala del palazzo del Re a Menfi. A destra e a sinistra, un colonnato con statue e arbusti in fiore. Una grande porta nel fondo, da cui si scorgono i templi, i palazzi di Menfi e le Piramidi. Introdotta da una figurazione sul registro medio degli archi, la scena si apre sulle parole solenni di Ramfis, capo dei Sacerdoti, presaghe di un futuro funesto. Ramfis rivela a Radamès, capitano dell’esercito faraonico, che gli Etiopi vogliono dichiarare di nuovo guerra agli Egizi e che la dea Iside (una delle principali protagoniste dell’opera, pur non prendendo mai né corpo né voce) ha già scelto il nome del condottiero, prossimo a essere annunciato dal re. In questo primo scorcio già si rivelano le personalità dei due personaggi: Ramfis si esprime con un linguaggio complesso, reso austero dal timbro scuro di basso, mentre Radamès è un tenore vibrante, che con parole semplici mostra un carattere focoso e ambizioso.

[Luciano Pavarotti [Radamès) canta Celeste Aida . “a Fra is o] Radamès sogna di essere prescelto come

condottiero

contrappuntato

da

degli una

Egizi

e,

fanfara

trionfale di trombe e trombone, si esalta immaginando gli onori della vittoria. Ma ecco che il desiderio del guerriero si mescola a quello dell’uomo quando immagina di tornare trionfante alla sua “celeste Aida”, schiava etiope della principessa Amneris, che segretamente ama riamato. [10]


Al suo pensiero gli archi prendono morbidamente il posto degli ottoni e si dispiega la romanza. Su un pizzicato di archi, un soffio acuto di violini e di un flauto, Radamès immagina di ergere alla fanciulla un trono vicino al sole. Segue un passaggio intonato dai legni, pastorale e malinconico, a contrapporsi con l’energico carattere di sognatore, un po’ irrealistico, del personaggio; ritorna poi la melodia precedente, lanciata da un appassionato acuto.

RADAMÈS. Se quel guerrier io fossi! se il mio sogno s'avverasse!... Un esercito di prodi da me guidato... e la vittoria... e il plauso di Menfi tutta! E a te, mia dolce Aida, tornar di lauri cinto...dirti: per te ho pugnato, per te ho vinto! Celeste Aida, forma divina. Mistico serto di luce e fior, del mio pensiero tu sei regina, tu di mia vita sei lo splendor. Il tuo bel cielo vorrei redarti le dolci brezze del patrio suol; un regal serto sul crin posarti, ergerti un trono vicino al sol, un trono vicino al sol. Celeste Aida, forma divina. Mistico serto di luce e fior, del mio pensiero tu sei regina, tu di mia vita sei lo splendor. Un regal serto sul crin posarti, ergerti un trono vicino al sol, un trono vicino al sol! Senza soluzione di continuità fa il suo ingresso Amneris, figlia del re d’Egitto, anch’ella innamorata di Radamès. La sua severa voce di mezzosoprano lascia subito trapelare gelosia e passione, non esenti da una spessa vena di tristezza. Nell’orchestra serpeggia una febbrile inquietudine con un motivo che ricorrerà quale “tema del sospetto” di Amneris, che ha paura che il cuore dell’amato appartenga ad un’altra donna e cerca di scoprire i veri sentimenti dell’uomo. D’un tratto entra in scena Aida, accompagnata dal primo tema del Preludio. Radamès non riesce a celare l’emozione. Amneris se ne accorge e inizia a sospettare che Radamès ami Aida e non lei. Trattiene però il turbamento e con tono quasi affettuoso da sorella, ma ambiguamente investigativo, sorretta da una rassicurante orchestrazione, chiede ad Aida di avvicinarsi e di spiegare il motivo delle sue lacrime. Ed ecco per la prima volta ascoltiamo la voce di Aida, sconvolta dal sopraggiungere della guerra. Ella giustifica il suo turbamento con una generica paura “per l’infelice patria”. La sua voce è pura e pulita, emozionata, spaventata, non tradisce misteri. Si sviluppa quindi un breve terzetto, in cui nessuno dei tre parla agli altri. Amneris è sospettosa, in cuor suo giura di vendicarsi. Radamès ha paura che ella abbia intuito qualcosa, Aida geme per la sorte crudele che vedrà il suo popolo etiope contrapposto contro quello del suo amato. Risuona il “tema del sospetto”, i pensieri dei tre vengono sottolineati da un crescendo travolgente; sul finale fanno capolino spaventosi squilli degli ottoni, come fantasmi di morte. Intanto, introdotto da una fanfara regale, è entrato il Re, preceduto dalle sue Guardie e seguite da Ramfis, dai Ministri, Sacerdoti, Capitani e da altri del suo seguito. Dà la parola ad un messaggero [11]


foriero di fosche notizie: gli etiopi guidati da Amonasro hanno invaso il sacro suolo egizio, mettendo a ferro e fuoco i campi, e già marciano verso la capitale Tebe. La scena, animata da concitati tremolii degli archi, da un’insinuante melodia dei fiati e da guizzanti acuti dei legni, si chiude su paurose grida di incitamento alla guerra. Il Re annuncia il nome del condottiero scelto da Iside per comandare l’esercito egiziano: è Radamès. Gli ordina di recarsi al tempio per ricevere le armi sacre, i presenti lo acclamano, lanciano grida di guerra. Si canta la maestosa marcia “Su! Del Nilo al sacro lido”. IL RE. Or di Vulcano al tempio muovi, o guerrier. Le sacre armi ti cingi e alla vittoria vola. Su! del Nilo al sacro lido accorrete, Egizi eroi; d'ogni cor prorompa il grido: Guerra e morte allo stranier! Si distingue il solo Ramfis che intima di glorificare i numi, i soli che “reggono gli eventi”. In contrasto con la virile esultanza si ode fioca la voce afflitta di Aida, che non sa per chi piangere e per chi pregare. Ben diversa l’intonazione di Amneris, convinta della sua personale vittoria d’amore e fiera di donare all’eroe lo stendardo reale. I sacerdoti accompagnano festanti Radamès nel tempio per la consacrazione. Escono tutti, rimane solo Aida. AIDA. Ritorna vincitor!... E dal mio labbro uscì l'empia parola! Vincitor del padre mio... di lui che impugna l'armi per me... per ridonarmi una patria, una reggia, e il nome illustre che qui celar m'è forza. Vincitor de' miei fratelli... ond'io lo vegga, tinto del sangue amato, trionfar nel plauso dell'Egize coorti! E dietro il carro, un Re... mio padre... di catene avvinto! L’insana parola, o Numi, sperdete! Al seno d'un padre la figlia rendete; struggete le squadre dei nostri oppressor! Ah! Sventurata che dissi?... e l'amor mio? Dunque scordar poss'io questo fervido amore che, oppressa e schiava, come raggio di sol qui mi beava? Imprecherò la morte a Radamès... a lui ch'amo pur tanto? Ah! Non fu in terra mai da più crudeli angosce un core affranto. I sacri nomi di padre, d'amante né profferir poss'io, né ricordar; per l'un... per l'altro... confusa, tremante, io piangere vorrei, vorrei pregar. Ma la mia prece in bestemmia si muta... Delitto è il pianto a me, colpa il sospir... In notte cupa la mente è perduta, E nell'ansia crudel vorrei morir. Numi, pietà del mio soffrir! Speme non v'ha pel mio dolor. Amor fatal, tremendo amor, spezzami il cor, fammi morir! Numi, pietà del mio soffrir! Esce.  Scena II Splendida e magica si apre la seconda scena, completamente diversa da quella precedente, su uno scenario mistico, esotico, arcano. Siamo all’interno del tempio di Vulcano a Menfi dove si svolgerà la consacrazione di Radamès e delle armi. Una luce misteriosa scende dall'alto. Una lunga fila di colonne, l'una all'altra addossate, si perde fra le tenebre. Vi sono statue di varie Divinità. Nel mezzo della scena, sopra un palco coperto di tappeti, sorge l'altare sormontato da emblemi sacri. Dai tripodi d'oro s'innalza il fumo degli incensi.

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[Tempio di Vulcano e sotterraneo, bozzetto di Girolamo Magnani per Aida (1872) - Archivio Storico Ricordi] Danze sacre, preghiere rituali, ecco evocato al meglio l’antico Egitto, con Verdi che ben delinea il gusto dell’orientalismo imperante in quel periodo in cui scrisse l’opera. Accompagnato da esotici arpeggi d’arpa, si dispiega il canto ipnotico delle sacerdotesse a cui risponde, oscura e sommessa, la voce dei sacerdoti: tutti insieme pregano e invocano il dio Fthà. Radamès viene introdotto senza armi, sul suo capo viene steso un velo d’argento. Mentre va all’altare si svolge una danza propiziatoria: è la Danza sacra delle Sacerdotesse. Il Gran Sacerdote Ramfis consegna a Radamès le armi di capo dell’esercito egiziano.

[Teatro alla Scala, Milano. 2006]

RAMFIS (a Radamès) Mortal, diletto ai Numi, a te fidate son d'Egitto le sorti. Il sacro brando dal dio temprato, per tua man diventi ai nemici terror, folgore, morte. SACERDOTI. Il sacro brando dal dio temprato, per tua man diventi ai nemici terror, folgore, morte. E’ un momento importante, un rito di iniziazione, come confermano l’austerità anticheggiante delle melodie e l’autorevolezza con cui Ramfis pronuncia le frasi della cerimonia. Alla parola “morte” la voce si erge in un acuto accompagnato dagli ottoni, che introduce un maestoso inno intonato dai sacerdoti, scandito dai timpani e arricchito da una poderosa orchestrazione. Tutto per sottolineare che quella parola è un monito per Radamès. [13]


Il primo atto si conclude in un clima di suggestiva spiritualità, con una grandiosa invocazione religiosa di tutti gli astanti al dio Fthà affinché protegga l’Egitto, intrecciata con il delicato tema delle Sacerdotesse.

 ATTO SECONDO  Scena I Il secondo atto si apre su un atmosfera di mistero, con un lieve motivo d’arpa segnato da isolati squilli di tromba. La scena è una sala dell’appartamento di Amneris, che è circondata dalle schiave che l’abbigliano per la festa trionfale. Un gruppo di piccoli schiavi mori danzano per lei agitando i ventagli di piume. La breve Danza di piccoli schiavi mori è ricamata su tinte mediorientali nelle armonie e nella strumentazione: è una piccola “turcheria” caratterizzata da una melodia di stampo popolare, esposta inizialmente in piano e poi variata in forte.

[Teatro San Carlo, 1999]

Finita la danza, Amneris vede giungere Aida (annunciata dal suo tema d’amore) e decide di restare sola con lei per consolarla della sconfitta del suo popolo, in realtà per tentare di svelare una volta per tutte il mistero a chi vada l’amore di Radamès. La scena tra Amneris e Aida si svolge in maniera drammatica: furore, pietà, falsità, dolore si coniugano continuamente. In un duetto in cui si mescolano frammenti ora del tema d’amore di Aida ora del tema del sospetto di Amneris, la principessa egiziana, fingendo compassione comunica ad Aida la falsa notizia della morte di Radamès in combattimento. Aida cade nella trappola e scoppia in lacrime rivelando così i suoi veri sentimenti.

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E’ un confronto serrato tra due personalità, arrogante il tono di Amneris, accompagnato da improvvise

e

drammatiche

fiammate

dell’orchestra, delicata e trasparente invece la voce di Aida, sorretta da un’esile strumentazione incentrata su alcuni legni solisti.

[Anna Netrebko (Aida), Anita Rachvelishvili (Amneris). Metropolitan Opera, New York 2018] Amneris

le rivela che Radamès non è

morto ma è vivo e vincitore e che anche lei, figlia del Faraone, lo ama. Aida la supplica di rinunciare a lui, ma la principessa fieramente rifiuta. Si annuncia in lontananza la marcia trionfale “Su! Del Nilo…”, l’esercito vincitore si appressa alla città. Amneris già pregusta il suo trionfo e le manifesta il suo profondo disprezzo. Ad Aida disperata non resta che invocare l’aiuto degli dei, e di nuovo nelle sue parole appare lo spettro della morte come unica via d’uscita dei tormenti che sta patendo.

AIDA. Pietà ti prenda del mio dolor, è vero, io l'amo d'immenso amor.. Tu sei felice, tu sei possente. Io vivo solo per questo amor! Pietà ti prenda del mio dolor! AMNERIS. Trema, vil schiava! Spezza il tuo core; segnar tua morte può quest'amore; del tuo destino arbitra sono, D'odio e vendetta le furie ho i or. […] Alla po pa he s’appresta e o, o s hiava assisterai; tu prostrata nella polvere, io sul trono, accanto al Re» AIDA. Ah pietà! Che più mi resta? Un deserto è la mia vita; viva e regna, il tuo furore. Io tra breve placherò quest'amore he t'irrita ella to a io speg erò. […]. Numi, pietà del mio martir, speme non v'ha pel mio dolor! Numi, pietà del mio soffrir! Numi, pietà, pietà, pietà!  Scena II La scena si apre su uno degli ingressi della città di Tebe, accanto al tempio di Ammone. A sinistra, un trono sormontato da un baldacchino di porpora, nel fondo, una porta trionfale. Tra il popolo festante, accorso a festeggiare la vittoria sugli Etiopi, entra il Re, seguito dai Ministri, Sacerdoti, Capitani, flabelliferi1, porta-insegne e altri, segue Amneris con Aida e le schiave. Il Re va a sedere sul trono e Amneris prende posto alla sua sinistra.

1

Il flabello è il grande ventaglio volto verso il basso usato nel corteo di accompagnamento nelle antiche cerimonie. Posti sempre alle spalle del sovrano, avevano anche la magica funzione di protezione ed i sacerdoti li agitavano al fine di scacciare gli influssi nefasti.

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Gli Egizi intonando un coro di gloria accompagnato dall’orchestra con in primo piano gli ottoni e le percussioni. Dalla massa del popolo si distaccano le donne che inneggiano ai vincitori. E’ quindi la volta dei Sacerdoti che cantano con solennità un episodio fugato, in cui invitano a non dimenticare che la vittoria è dovuta dall’intervento degli Dei, ed è a loro che bisogna rivolgere i ringraziamenti. Infine torna in primo piano il popolo esultante.

POPOLO. Gloria all'Egitto, ad Iside che il sacro suol protegge! Al Re che il Delta regge inni festosi alziam! Gloria! Gloria! Gloria! Gloria al Re! DONNE. S'intrecci il loto al lauro sul crin dei vincitori! Nembo gentil di fiori stenda sull'armi un vel. Danziam, fanciulle egizie le mistiche carole, Come d'intorno al sole danzano gli astri in ciel! RAMFIS, SACERDOTI. Della vittoria agl'arbitri supremi il guardo ergete; grazie agli Dei rendete nel fortunato dì. POPOLO Come d'intorno al sole danzano gli astri in ciel! Inni festosi alziam al Re! Lanciate dalle orchestra, le trombe intonano la celeberrima Marcia trionfale, una composizione dallo spettacolare effetto sonoro, oltre che solenne. Nell’eseguire la Marcia trionfale, l’orchestra si serve di lunghe trombe simili alle trombe egiziane o alle bucine romane, com’erano nei tempi antichi. Tali strumenti vennero ricostruiti appositamente per l’Aida e presentano un unico pistoncino nascosto da un panno a forma di vessillo o gagliardetto.

[Arena di Verona, Aida Opera festival 2021] Le truppe Egizie, precedute dalle fanfare, sfilano dinanzi al Re. Seguono i carri di guerra, le insegne, i vasi sacri, le statue degli Dei.

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[Marcia trionfale. Metropolitan Orchestra, New York. 2017] Ai toni trionfali della Marcia si lega senza soluzioni di continuità l’arrivo di giovani donne che danzano su rapide figurazioni su melodie intrise di esotismo, sottolineate da un’orchestrazione evocativa grazie all’abbondante uso di strumenti a percussione (triangolo incluso) e a fiato. Le danzatrici recano i tesori dei vinti.

[Teatro Greco di Siracusa, 2014]

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[Roberto Bolle, Mirna Kamara - Teatro alla Scala di Milano, 2006] Giunge infine Radamès, sotto un baldacchino portato da dodici ufficiali, osannato dal popolo in festa.

POPOLO. Vieni, o guerriero vindice, vieni a gioir con noi; sul passo degli eroi i lauri, i fior versiam! Gloria al guerrier, gloria! Gloria all'Egitto, gloria! SACERDOTI. Così per oi di gloria sia l’avve ir seg ato, é ai i olga il fato he i ar ari olpì. Il Re in persona accoglie il condottiero e vuole che la vittoria gli sia riconosciuta per mano di sua figlia, e Amneris è ben felice di offrire il simbolo del trionfo all’uomo che ama. Una musica delicata e suggestiva accompagna i gesti della principessa innamorata e stempera la pomposità del momento.

Il Re chiede a Radamès di esprimere il suo più profondo desiderio ed egli lo soddisferà qualunque esso sia. Radamès chiede che vengano introdotti i prigionieri etiopi. E’ un breve corteo lugubre, il [18]


loro, scandito dal canto dei sacerdoti, che continuano a ringraziare sommessamente gli Dei con una supplica accompagnata dai timbri più gravi dell’orchestra. Un improvviso palpito strumentale su un tremolio di archi spezza l’atmosfera: Aida vede tra i prigionieri suo padre Amonasro e corre ad abbracciarlo. L’uomo le sussurra di non rivelare la sua identità di re e, alla domanda del Faraone, dichiara di essere suo padre, un semplice ufficiale etiope. Il loro Re sarebbe morto in battaglia.

IL RE (ad Amonasro) T'appressa... Dunque tu sei?... AMONASRO. Suo padre. Anch'io pugnai...Vinti noi fummo, morte invan cercai. Quest'assisa ch'io vesto vi dica che il mio Re, la mia patria ho difeso; fu la sorte a nostr'armi nemica, tornò vano dei forti l'ardir. Al mio piè nella polve disteso giacque il Re da più colpi trafitto; se l'amor della patria è delitto siam rei tutti, siam pronti a morir! (volgendosi al Re, con accento supplichevole) Ma tu, Re, tu signore possente, a costoro ti volgi clemente; oggi noi siam percossi dal fato, ma doman voi potria il fato colpir. In questo primo intervento vocale Amonasro, introdotto da un’arcana figurazione orchestrale, canta una magnifica aria con voce ferma e severa, determinato nelle intenzioni, seduttivo nel perpetrare l’inganno. Gli fanno eco la figlia e gli altri prigionieri nell’invocare la grazia, un proposito cui Ramfis e gli altri Sacerdoti si oppongono fermamente: non ci si deve mai opporre al destino stabilito dagli Dei. Radamès fissa Aida, il suo volto trasfigurato dal dolore gli sembra ancor più bello e la sua sofferenza accresce il suo amore; Amneris li fissa con rancore e medita vendetta. Certo che il Re etiope sia morto durante la battaglia, Radamès invoca clemenza per i prigionieri: è questo il premio che invoca dal Faraone. Ramfis si oppone, duro e rigoroso nel pretendere lo sterminio dei prigionieri per scongiurare una futura ribellione.

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[Roberto Alagna (Radamès), Teatro alla Scala Milano, 2006]

RAMFIS. Ascolta o Re (e rivolto a Radamès). Tu pure, giovine eroe, saggio consiglio ascolta: son nemici e prodi sono; la vendetta hanno nel cor, fatti audaci dal perdono correranno all'armi ancor! Ma il Faraone vuole mantenere la parola data: libererà tutti i prigionieri, ma terrà in ostaggio Aida e il padre, infine, come ricompensa per il suo valor militare, darà a Radamès in sposa la figlia Amneris. La principessa gioisce, Aida e Radamès sono invece disperati. Questo secondo atto si chiude con la ripresa dell’inno “Gloria all’Egitto”, mentre Aida, Amneris, Radamès e Amonasro esprimono le proprie aspirazioni individuali in una sovrapposizione di pensieri che dà vita a una stratificazione di piani sonori molto frequente nelle chiuse verdiani. Il sipario cala sull’ultima eco della Marcia trionfale.

[Teatro alla Scala di Milano, 2018]

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 ATTO TERZO Il terzo atto si apre su un’atmosfera magica, lontana dai fasti celebrativi della vittoria militare. E’ una notte stellata, e la luna splende nel cielo sulle rive del Nilo. Sul vertice delle rocce si intravede il tempio d'Iside per metà nascosto tra le fronde. E’ la vigilia delle nozze tra Radamès e Amneris. I violini iniziano in pianissimo con sordina, mentre il flauto disegna in lontananza una esotica melodia sulle note acute (lunghe corte, pizzicate) degli archi, quasi fossero arabeschi.

Le note lunghe dei violini si prolungano sotto la preghiera arcaica di sacerdoti e sacerdotesse che nel tempio invocano la dea Iside. Privo di altro accompagnamento musicale, la preghiera è un coro scuro che esprime una potenza ancestrale.

SACERDOTESSE, SACERDOTI (nel tempio) O tu che sei d'Osiride madre immortale e sposa, diva che i casti palpiti desti agli umani in cor, soccorri a noi pietosa madre d'immenso amor. Da una barca che approda alla riva discendono Amneris, Ramfis, alcune donne coperte da fitto velo e guardie. Guidata dal Gran Sacerdote, Amneris scende silenziosamente dalla barca e va a pregare la dea perché protegga il suo matrimonio e le assicuri l’amore di Radamès. Mentre la principessa e il corteo che l’accompagna scompaiono dentro il tempio, sopraggiunge Aida, preannunciata da un flauto che ricama a mezza voce il suo tema d’amore. Su quelle sponde lo stesso Radamès le ha dato segretamente appuntamento. La donna non sa le ragioni di quell’incontro, le vengono presagi infausti accompagnati come nuvole nere da repentini borbottii dell’orchestra. Con voce acutissima e l’anima triste, teme l’abbandono da parte dell’amato: se ciò avvenisse morrebbe di dolore. Si strugge al pensiero di non rivedere mai più l’azzurro dei cieli e il verde dei colli della sua terra natia. Evocata da un oboe cui si aggiungono un clarinetto e quindi un flauto, sgorga così una soave melodia che ritrae con intensa umanità la sua nostalgia per la patria lontana. [21]


AIDA (entra cautamente) Qui Radamès verrà!... Che vorrà dirmi? Io tremo... Ah! se tu vieni a recarmi, o crudel, l'ultimo addio, del Nilo i cupi vortici mi daran tomba... e pace forse, e oblio. O patria mia, mai più ti rivedrò! O cieli azzurri, o dolci aure native, dove sereno il mio mattin brillò, o verdi colli, o profumate rive, o patria mia, mai più ti rivedrò! O fresche valli, o queto asil beato, che un dì promesso dall'amor mi fu; or che d'amore il sogno è dileguato, o patria mia, non ti vedrò mai più! Inaspettatamente sopraggiunge Amonasro, che ha seguito di nascosto la figlia. Il re etiope ha intuito l’amore che lega Aida a Radamès; prospetta alla figlia la possibilità di un futuro felice dove avrà tutto quel che le manca: potrà tornare in patria, riprendersi il trono che le spetta, sposare il suo Radamès e averlo al suo fianco. Le basterà che ella si faccia svelare dall’amato la via segreta per cui passerà l’esercito egiziano il giorno seguente, cosicché gli etiopi possano tendere un agguato e sconfiggerlo. Amonasro, nascosto tra le frasche, spierà la conversazione tra i due innamorati e ottenere così l’informazione necessaria alla riscossa del suo popolo.

AMONASRO. A te grave cagion m'adduce, Aida. Nulla sfugge al mio sguardo. D'amor ti struggi per Radamès... ei t'ama... qui lo attendi. Dei Faraon la figlia è tua rivale...Razza infame, aborrita e a noi fatale! AIDA. E in suo potere io sto! Io, d'Amonasro figlia! AMONASRO. In poter di lei! No!... se lo brami la possente rival tu vincerai, E patria, e trono, e amor, tutto tu avrai. Rivedrai le foreste imbalsamate, le fresche valli, i nostri templi d'or. AIDA. Rivedrò le foreste imbalsamate, le fresche valli, i nostri templi d'or. AMONA“RO. “posa feli e a lui he a asti ta to, tripudii i e si ivi potrai gioir… AIDA. Un giorno solo dì si dolce incanto, un'ora, un'ora di tal gioia, e poi morir! AMONASRO. Pur rammenti che a noi l'egizio immite, le case, i templi, e l'are profanò, trasse in ceppi le vergini rapite; madri, vecchi, fanciulli ei trucidò. AIDA. Ah! ben rammento quegl'infausti giorni! Rammento i lutti che il mio cor soffrì. Deh! fate, o Numi, che per noi ritorni l'alba invocata de' sereni dì. AMONASRO. Rammenta... Non fia che tardi in armi ora si desta il popol nostro, tutto è pronto già. Vittoria avrem... Solo a saper mi resta qual sentier il nemico seguirà. AIDA. Chi scoprirlo potria? Chi mai? AMONASRO. Tu stessa! Aida in un primo momento rifiuta di tradire l’uomo che ama, ma Amonasro reagisce con tremenda veemenza, prima con le minacce, arrivando a rinnegarla come figlia, e poi ricordandole la patria. L’orchestra compie movimenti frenetici, vibrando dal registro più acuto al più grave, finché la donna, terrorizzata, si piega e cede. La musica si acquieta. Sopraggiunge Radamès (“Pur ti rivedo, mia dolce Aida”), ha un piano da rivelare all’amata e lo espone cantando con appassionata baldanza. Il suo progetto è quello di sconfiggere per la seconda volta gli Etiopi che stanno nuovamente attaccando l’Egitto e chiedere in premio al Re di poter sposare la donna che ama, Aida, e non Amneris!

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[Violeta Urmana (Aida), Roberto Alagna (Radamès), Teatro alla Scala, Milano, 2006] Verdi scrive qui una lunga serie di cantabili, una sequenza di melodie che esprimono emozioni contrastanti tra i due protagonisti (al loro primo duetto nell’opera). Radamès si rivela fiducioso di potere sposare la donna amata, ma Aida respinge le dimostrazioni d’affetto dell’uomo, ricordandogli le imminenti nozze con Amneris e gli prospetta il rischio della vendetta della principessa egiziana (e qui ritorna il motivo del sospetto). Introdotta da una seducente musica operata dall’oboe, Aida propone una soluzione alternativa: la fuga d’amore in Etiopia, paese ricco di fiori e foreste e ben diverso dalle terre sterili dell’Egitto. Radamès è dapprima perplesso, poi con appassionata decisione si lascia sedurre dal sogno della loro felicità.

RADAMÈS. Ah no! Fuggiamo! Sì, fuggiam da queste mura, al deserto insiem fuggiamo; qui sol regna la sventura, là si schiude un ciel d'amor, I deserti interminati a noi talamo saranno, su noi gli astri brilleranno di più limpido fulgor. AIDA. Nella terra avventurata de' miei padri, il ciel ne attende; ivi l'aura è imbalsamata, ivi il suolo è aromi e fior. Fresche valli e verdi prati a noi talamo saranno, su noi gli astri brilleranno di più limpido fulgor. AIDA E RADAMÈS. Vieni meco, insiem fuggiamo terra di dolore. Vieni meco t'amo, t'amo! A noi duce fia l'amor. Aida riesce a carpire l’informazione richiesta dal padre e subito Amonasro esce allo scoperto rivelando la sua vera identità. Radamès è disperato, sente di aver tradito il suo popolo ma Amonasro cerca di tranquillizzarlo, gli dice che questo è il volere dal fato, esortandolo a seguirli in Etiopia. Ma coloro che sono nel tempio si accorgono di ciò che sta succedendo all’esterno ed escono sorprendendo i tre. Amneris accusa furente Radamès di tradimento. Amonasro con un pugnale tende di uccidere la principessa egizia, ma viene trattenuto da Radamès che riesce a farlo fuggire assieme alla figlia, quindi si consegna nelle mani del Gran Sacerdote Ramfis.

 [23]


ATTO QUARTO  Scena I Il quarto ed ultimo atto si apre nella sala nel palazzo del Re. Al tema del sospetto, suonato progressivamente dalle varie sezioni dell’orchestra segue un’enigmatica melodia ai legni. Amneris è appoggiata davanti la porta del sotterraneo dove vengono pronunciate le sentenze, in preda al suo dolore. Ella vive le stesse contraddizioni della sua schiava fuggita, prima invocando la morte del traditore e subito dopo, accompagnata da una melodia stanca e rinunciataria, si sorprende di aver augurato questa fine all’uomo che ama. Quindi, decisa ad un ultimo tentativo di conquistarne l’amore, lo fa introdurre dalle guardie.

AMNERIS. L'aborrita rivale a me sfuggia... Dai Sacerdoti Radamès attende dei traditor la pena.—Traditore egli non è... Pur rivelò di guerra l'alto segreto... egli fuggir volea...Con lei fuggire... Traditori tutti! A morte! A morte!... Oh! che mai parlo? Io l'amo, io l'amo sempre... Disperato, insano è quest'amor che la mia vita strugge. Oh! s'ei potesse amarmi! Vorrei salvarlo. E come? Si tenti! Guardie: Radamès qui venga. Entra Radamès condotto dalla Guardie. Qui inizia l’unico duetto tra Radamès e Amneris. La donna con la forza della sua passione implora l’amato di discolparsi, lei intercederà per fargli ottenere la grazia, purché non veda più Aida. Gli dice inoltre che Amonasro è morto, stavolta veramente, nella fuga degli etiopi sconfitti dagli Egizi. Ma Radamès ha già deciso di morire anzichè vivere senza la sua amata Aida. Con gioia apprende da Amneris che Aida è ancora viva, anche se si ignora dove adesso sia. Di fronte al rifiuto del condottiero alle sue appassionate profferte, la voce di Amneris si fa prima buia, poi, accompagnata da un ritmo concitato, si infuoca per il dolore e la rabbia. L’orchestra, dapprima sui registri bassi, si impenna in un crescendo dell’ultima parte del duetto, culminato in scoppi di timpani e di ottoni. Radamès esce con le guardie, cala un silenzio angosciante. Amneris cade desolata su un sedile, in preda all’angoscia più profonda. AMNERIS. Ohimè!... morir mi sento! Oh! chi lo salva? E in poter di costoro io stessa lo gettai! Ora a te impreco. Atroce gelosia, che la sua morte e il lutto eterno del mio cor segnasti! Compaiono i Sacerdoti, chiamati a pronunciare l’estremo giudizio sul condottiero traditore. Il loro ingresso è scandito da una tetra litania, che desta in Amneris odio e disprezzo per quelle “bianche larve, ministri di morte”. Dalla sotterranea sala del tribunale salgono le voci del giudizio. Radamès alle accuse di Ramfis non risponde. Un silenzio che Verdi sottolinea con un mormorio della terra che desta echi lontani. Alla fine giunge la sentenza, siglata da un sonoro colpo di piatti che ne segna l’irrevocabilità: il condottiero verrà murato vivo e lasciato morire lentamente. [24]


Alla disperata Amneris, che per la prima volta appare semplicemente come una donna piangente, non resta che invocare anatemi contro l’empia razza dei Sacerdoti, che ripetono ossessivamente la loro sentenza: «E’ traditor. Morrà!». L’orchestra sottolinea la tragedia con tremendi rintocchi di percussione. RAMFIS, SACERDOTI. Radamès, è deciso il tuo fato; degli infami la morte tu avrai; sotto l'ara del Nume sdegnato a te vivo fia schiuso l'avel. AMNERIS.A lui vivo la tomba... Oh, gl'infami! N'e di sangue son paghi giammai...E si chiaman ministri del ciel! RAMFIS, SACERDOTI. Traditor! Traditor! Traditor! AMNERIS. Sacerdoti: compiste un delitto! Tigri infami di sangue assetate, voi la terra ed i Numi oltraggiate...Voi punite chi colpe non ha! RAMFIS.È traditor! SACERDOTI. È traditor! RAMFIS, SACERDOTI. Morrà! AMNERIS (a Ramfis). Sacerdote: quest'uomo che uccidi, tu lo sai, da me un giorno fu amato. L'anatema d'un core straziato col suo sangue su te ricadrà! RAMFIS. È traditor! SACERDOTI. Morrà!  Scena II Ha inizio la celeberrima ultima scena dell’opera, con l’articolazione in una scenografia a due piani sovrapposti: in alto l’interno del tempio di Vulcano tutto illuminato e splendente d’oro, dove si trovano Amneris, Ramfis, i dignitari di corte, i Sacerdoti; in basso l’oscurità della cripta ove è rinchiuso Radamès, che attende rassegnato la morte. Statue colossali di Osiride con le mani incrociate sostengono i pilastri della volta. Radamès è sui gradini della scena, al di sopra due Sacerdoti sono intenti a chiudere la pietra del sotterraneo. E’ sceso un lugubre silenzio. Il pensiero di Radamès è rivolto ad Aida, il suo canto si distende, poi si ode un gemito e compare una figura: è Aida, scivolata di nascosto nella cripta per morire assieme a lui. RADAMÈS. La fatal pietra sovra me si chiuse... Ecco la tomba mia. Del dì la luce più non vedrò... Non revedrò più Aida. Aida, ove sei tu? Possa tu almeno viver felice e la mia sorte orrenda sempre ignorar! Qual gemito!... Una larva...Una vision... No! forma umana È questa. Ciel! Aida! AIDA. Son io. RADAMÈS. Tu... in questa tomba! AIDA. Presago il core della tua condanna, in questa tomba che per te s'apriva io penetrai furtiva... E qui lontana da ogni umano sguardo nelle tue braccia desiai morire.

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[Arena di Verona, 2021] Malgrado l’orrore della circostanza, i due innamorati cantano dolcemente sempre più piano e lento, accompagnati da una musica celestiale, con pizzicati d’archi e tenere figurazioni d’arpa e dei legni. RADAMÈS. Morir! sì pura e bella! Morir per me d'amore... Degli anni tuoi nel fiore. Fuggir la vita! T'avea il cielo per l'amor creata, Ed io t'uccido per averti amata! No, non morrai! Troppo t'amai! Troppo sei bella! AIDA (vaneggiando). Vedi?... Di morte l'angelo radiante a noi s'appressa, Ne adduce eterni gaudii sovra i suoi vanni d'or. Già veggo il iel dis hiudersi, Ivi og i affa o essa, ivi o i ia l'estasi d’u i ortal amor! Radamès cerca invano di smuovere la pietra del sotterraneo, mentre nella parte superiore della scena i Sacerdoti continuano ad invocare, monotoni ed impassibili, Ftah. I due innamorati dicono addio alla vita e al loro amore. AIDA E RADAMÈS. O terra, addio; addio, valle di pianti... Sogno di gaudio che in dolor svanì. A noi si schiude il ciel e l'alme erranti volano al raggio dell'interno dì. Aida cade dolcemente e muore nelle braccia di Radamès.

[Anna Netrebko e Yusif Eyvazov Teatro San Carlo, Napoli. 2022]

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Appare infine Amneris vestita a lutto, prostata sulla pietra che chiude il sotterraneo, prega la dea Iside di concedere la pace a Radamès.

[“ e a fi ale dell’Aida. A ita Ra hvelishvili A

[27]

eris . Teatro Regio Torino, 2015]


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DISCOGRAFIA La discografia dell’Aida è vastissima e molte registrazioni sono dei must che non dovrebbero mai mancare in nessuna collezione di musica lirica. Ho selezionato quelle che per me sono le più significative.

Verdi: Aida Leontyne Price(Aida), Jon Vickers (Radamès), Rita Gorr (Amneris), Robert Merrill (Amonasro). Or hestra dell’Opera di Ro a, dir. “ir Georg “olti. Decca Questa registrazione del 1962

è una grande edizione di

riferimento. Il cast è stellare. Leontyne Price nel ruolo di Aida dimostra una volta di più la bellezza e la freschezza della sua voce, arricchita anche da un timbro molto sensuale. Soprattutto nei duetti con Amonasro e Radamès si mostra molto versatile. Jon Vickers (Radamès), nonostante gli evidenti difetti di pronuncia, è un eroico Radamès ma sa esprimere anche la sofferenza del personaggio. Rita Gorr grandissimo contralto, è assolutamente superba e risplende nella parte di Amneris. Merrill è caldo e ricco di tono nella parte di Amonasro. Giorgio Tozzi (il Re d’Egitto) e Plinio Clabassi (Ramfis) cantano con voci timbriche molto profonde e scure, che si adattano perfettamente alla espressività delle loro figure. Non ho mai sentito un Ramfis così minaccioso e potente. La vera star è però Solti. Grandissima la sua concertazione di Solti nell'insieme dell'opera verdiana, che esprime con raffinatezza e precisione la volontà del grande Maestro di Busseto. Il grande direttore ungherese crea una grande musicalità dall'Orchestra dell'Opera di Roma, permettendole di suonare molto vigorosamente nelle scene ensemble, molto liricamente e con tempi ampi nelle scene più intime. Notevoli i forti contrasti drammatici creati dall'orchestra e dall'eccellente coro, che suona veramente oscuro e minaccioso nelle scene sacerdotali. Nel complesso, questa è un'interpretazione molto drammatica ed espressiva di Aida, che vorrei raccomandare. Tuttavia, se si vuole cercare una registrazione più lirica, occorrerà ricorrere ad altre registrazioni (ad esempio di Karajan). Un unico neo: la copertina è veramente orribile. 

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Verdi: Aida Maria Callas (Aida), Mario Del Monaco (Radamès), Oralia Dominguez (Amneris), Giuseppe Taddei (Amonasro). Orchestra e Coro del Palacio de Bellas Artes di Mexico City, dir. Oliviero de Fabritiis. Emi Classics Questa è la migliore Aida live di Maria Callas, e in condizioni di registrazione incredibilmente buone. Chiunque conosca altre edizioni di questa leggendaria registrazione rimarrà stupito da ciò che gli ingegneri EMI hanno ottenuto da questa registrazione di oltre 70 anni fa (siamo nel 1951) da Città del Messico. Le voci sono riconoscibili e solo leggermente distorte e vi è un rumore di fondo accettabile. Un'avventura che vale la pena percorrere. Nel 1951 il soprano aveva 27 anni. La voce era grande, eccitante e molto intensa, i registri sono ben collegati, trasporta l'ascoltatore dal primo all'ultimo minuto. Mai più vi

sarà

un'Aida

così

dotata

vocalmente

e

rappresentativamente. Quattro anni dopo, in studio (vedi la successiva recensione al Teatro alla Scala), la cantante mostrerà ancora di più la disperazione e la tragedia del personaggio, ma già non aveva più la stessa energia e vigore. Entrambi sono però magnifiche, e quindi chiunque ami la Callas e le sue interpretazioni dovrebbe possedere entrambe le registrazioni che sono tra le migliori della vasta discografia dell’Aida. Mario del Monaco canta magnificamente e potentemente, mostra toni chiari con brillanti note alte, ma a volte spinge la voce oltre i suoi limiti: poco necessario, dato che la sua voce è stata sempre di proporzioni epiche. Oralia Dominguez canta in modo eccellente nei panni di Amneris, la sua voce è intensamente ricca e duttile. Giuseppe Taddei è un Amonasro formidabile e impressionante, con una miriade di colori vocali, anche se a volte si risparmia un po’ troppo, soprattutto nel terzo atto, dove solo troppo raramente si esalta, soprattutto nel grande duetto con Aida. Oliviero De Fabritiis al timone conduce una performance persuasiva. Concludendo: disco da avere nella propria collezione, una prestazione emozionante!  Giuseppe Verdi: Aida Maria Callas (Aida), Richard Tucker (Radamès), Fedora Barbieri (Amneris), Tito Gobbi (Amonasro). Coro e Orchestra del Teatro alla Scala di Milano, dir. Tullio Serafin. Warren Classics

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E’ la più bella Aida di Maria Callas. E’ in mono ed è stata registrata in studio. Questa registrazione è caratterizzata dal preciso disegno del personaggio e del dramma da parte della Callas, che cattura ogni sfumatura di Aida, ne cerca (e trova) sempre l'espressione giusta, il fraseggio giusto, il suono giusto! È la più sensibile, disperata e credibile di tutte le Aida. La seconda grande interpretazione di questa registrazione è di Tito Gobbi nei panni di Amonasro: canta in modo assolutamente magnetico nel suo grande duetto con la Callas, con lui ogni parola è piena di significato. Fedora Barbieri è un’Amneris molto sensibile, tuttavia, non ha più la potenza vocale della sua prima registrazione sotto Cellini, la voce è più sottile e più vibrante, ma questo si adatta bene al contrasto con la voce della Callas. Richard Tucker canta quasi senza effetti sorprendenti, rendendo eccellente il suo Radamès, anche se un po’ sobrio a causa del suo suono vocale «pulito». In termini di pura qualità della voce non peggiore dei migliori Radamès, ma dal fraseggio e dalla profondità espressiva io preferisco l'elegante, grazioso Carlo Bergonzi o l'esuberante giovanile Placido Domingo o la perfezione di Jussi Björling. Molto piacevole all’ascolto la registrazione, considerando l'età della registrazione, il 1955.  Verdi: Aida Leontyne Price (Aida), Placido Domingo (Radamès), Grace Bumbry (Amneris), Ruggero Raimondi (Amonasro). The John Alidis Choir. London Symphony Orchestra, dir. Erich Leinsdorf. RCA Questa è una grandissima registrazione di Aida. La direzione musicale dell'opera è perfetta, il tempo vivido, le performance dei cantanti eccellenti e tutta la produzione è incredibile! Di conseguenza, l'intera opera suona molto piacevole ed emozionante! Inoltre, questa è la migliore foto di copertina di Aida di sempre! Questo album si qualifica facilmente come una registrazione che dovrebbe essere in ogni collezione di musica classica. Leontyne Price è nel massimo della sua vocalità: la voce è diventata leggermente più grande, più spessa, rispetto all’edizione del 1962. Anche la pronuncia italiana è diventata fluida. Placido Domingo è troppo potente per il ruolo di Radamès. La voce suona molto giovanile, ma è già meravigliosamente valoroso, fermo. Eppure, soprattutto nel suo duetto Atto III con Aida, Domingo [31]


ha la tendenza a colorare la sua voce con un tono lamentoso (al punto di sembrare sull'orlo del pianto). Grace Bumbry è una delle migliori Amneris mai registrate. Sherrill Milnes è in bella e lirica voce, ma gli manca le tonalità più scure che rendono tipica la figura di Amonasro, e nel suo duetto dell’atto III con Aida, fino al suo «Non sei mia figlia! Dei Faraoni tu sei schiava!» è stranamente gentile e privo di quella violenza e rabbia, che un padre dovrebbe avere in quella occasione con sua figlia., Erich Leinsdorf ha portato all'orchestra non solo vividità ma anche grande trasparenza e dettaglio. I tempi del direttore austriaco (naturalizzato statunitense) sono vicini alle indicazioni del metronomo di Verdi, e segnati da un certo senso del flusso drammatico e della vita teatrale, anche se ci sono momenti in cui si allontana dai tempi del compositore bussetano. A volte è, come tutti gli altri, più lento, perché ai tempi sorprendentemente veloci di Verdi sembra impossibile far emergere l'emozione, come nell'Atto III l’aria di Aida «O Patria mia» o all'inizio della scena finale della tomba.  Verdi: Aida Renata Tebaldi (Aida), Carlo Bergonzi (Radamès), Giulietta Simionato (Amneris), Cornell MacNeil (Amonasro). Wiener Philharmoniker, dir. Herbert von Karajan. Decca - The Originals Questa Aida è anch’essa una delle più belle incisioni del capolavoro verdiano. Registrazione del settembre 1959 afflitta da un certo rumore, e con piani sonori molto dislocati in profondità, si avvale in questa pubblicazione Decca di un remastering di grande qualità. Ricchezza armonica, timbro e dinamica dell'orchestra e delle voci sono quelle che tipicamente associamo all'etichetta inglese. Karajan ha registrato Aida due volte con la stessa orchestra. Entrambe le registrazioni sono molto belle, ma questa registrazione è di gran lunga la migliore delle sue due e oltre 60 anni dopo la registrazione delle ultime note brilla ancora gloriosamente. Quando alla fine degli anni '70 Karajan lo registrò di nuovo (EMI) era diventato molto autoindulgente e, pur avendo molte qualità, non è riuscito a superare questa sua prima registrazione. Karajan era un ottimo direttore d'opera (secondo probabilmente solo a Solti) e aveva una grande capacità di "andare con la voce". In questa registrazione della Decca era totalmente infuocato e ispirato che produsse una performance che ancora oggi eclissa molti rivali. Basta ascoltare la fine della scena trionfale e la grande ondata di emozione che Karajan suscita da solisti, coro e orchestra [32]


mentre ritorna la ripresa finale del tema principale. Nella registrazione EMI degli anni ‘70 il senso di adrenalina e tensione semplicemente non c'è. Come sempre in quegli anni - diversamente si comporterà il direttore negli anni '60 - Karajan combinava una attenzione inusitata al timbro orchestrale con una visione interpretativa che da un lato non dimenticava l'obiettività di ceppo toscaniniano, d'altra parte strizzava già l'occhio all'estetismo e al lirismo estenuato. Forse in questa Aida la novità è soprattutto nel colore orchestrale, Karajan cercando più l'obiettività che la personalità. I risultati mi sembrano comunque maiuscoli seppur più rilevanti sul versante lirico- patetico che su quello drammatico. La direzione di Karajan è meravigliosa come ci si aspetterebbe e il canto è qualcosa di leggendario, come se non si arrivasse da nessuna parte al giorno d'oggi. Tebaldi e Bergonzi sono semplicemente i migliori Aida e Radamès mai registrati, entrambi all'apice delle loro capacità artistiche e producono una performance semplicemente mozzafiato. L'Aida della Tebaldi è splendida sul versante lirico, pur con una voce meno duttile rispetto ai primi anni '50, e valida, seppur più convenzionale, sul versante drammatico. Bergonzi non sarà mai stato un tenore dallo squillo argenteo, anche se la facilità degli acuti ha in parte sempre posto rimedio a questo aspetto della sua vocalità. Eppure per colori, accento, stile, è uno splendido Radamès, come raramente accade di ascoltarne. Tecnica superlativa, gusto sorvegliatissimo, e quell'enfasi aulica nell'accento che è la vera cifra della vocalità verdiana. Molto valida anche la Simionato, sia vocalmente che interpretativamente. E’ una vera principessa, forse priva dell'aggressività di Barbieri e dell'intensità di Gorr, ma canta con uno stile impeccabile. MacNeil - in quegli anni uno dei pochi baritoni di grande scuola vocale - è probabilmente il miglior Amonasro mai registrato (sentite il suo 'straziato' nel terzo atto). La Filarmonica di Vienna sotto Herbert von Karajan offre un suono così bello, delicato e udibile che è un piacere puro ascoltare i suoni. Il suono della versione originale era buono, ma mostrava la sua età, ma questa rimasterizzata è una rivelazione. La qualità del suono è migliore del 100% e non mostra più la sua età in alcuni punti. C'è più profondità e prospettiva, nessun sibilo del nastro, è un suono caldo, ricco e avvolgente.  Verdi: Aida Mirella Freni (Aida), Josè Carreras (Radamès), Agnes Baltsa (Amneris), Piero Cappuccilli (Amonasro). Chor der Wiener Staatsoper. Wiener Philharmoniker, dir. Herbert von Karajan. EMI Karajan aveva già registrato l'Aida con la Filarmonica di Vienna per la DECCA alla fine degli anni '50. (vedi recensione precedente), con Renata Tebaldi e Carlo Bergonzi, edizione di riferimento. Che altro può offrire questa registrazione EMI dal 1979 che non è stata presentata con successo in altre registrazioni? [33]


Prima di tutto, l'eccezionale tecnologia di registrazione e la qualità del suono, che anche la registrazione DECCA è ben lungi dall'offrire nonostante la nuova rimasterizzazione. Karajan rende questa Aida unica, molto personale e particolare, si tratta di un'Aida diversa da tutte le altre, molto meno "gridata", meno sfarzosa, Karajan è molto posato, lento, a tratti maestoso nel dirigere. Bella orchestra, direzioni e suoni superbi, alcune belle interpretazioni (Carreras e Baltsa), ma anche delusioni (Freni non dà l'impressione di entrare nel personaggio, debole nei duetti, ma belle arie soliste). Carreras e Freni non erano voci eroiche; il loro lirismo sotto la bacchetta di Karajan è

comunque di alto livello.

Grandissimo anche Cappuccilli che trovo qui molto più espressivo che nell’edizione con Muti. L’orchestra - i Wiener! - è all’apice. Da notare la presenza di Katia Ricciarelli nel ruolo della Sacerdotessa.  Verdi: Aida Renata Tebaldi (Aida), Mario Del Monaco (Radamès), Ebe Stignani (Amneris), Aldo Protti (Amonasro). Orchestra e Coro del Conservatorio di Santa Cecilia, dir. Alberto Erede. Decca Eloquence Registrazione mono del 1950 ma di ottimo livello tecnico, il suono è ben registrato, chiaro e non c'è alcun problema nell’apprezzarlo. Il canto di tutto il cast è eccellente, soprattutto Renata Tebaldi, delicata e sublime nella sua performance. Del Monaco è altrettanto straordinario, potente come da sua caratteristica. Senza accreditare che ci sarebbe stata una rivalità personale tra i due cantanti, l'Aida di Renata Tebaldi ci permette di misurare tutto ciò che, all'inizio degli anni Cinquanta, si oppose artisticamente a Maria Callas, nelle cui registrazioni mostra chiaramente un intero altro temperamento. Tuttavia, non si può sostenere che Renata Tebaldi non sia un'Aida ammaliante che offre alte prestazioni di grande bellezza. 

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Verdi: Aida Montserrat Caballè (Aida), Placido Domingo (Radamès), Fiorenza Cossotto (Amneris), Piero Cappuccilli (Amonasro), Nicolai Ghiaurov (Ramfis) Royal Opera Chorus. New Philharmonia Orchestra, dir. Riccardo Muti. Warner Classics La Emi di allora adesso convertita in Warner Classics, mise a disposizione del giovane Riccardo Muti degli interpreti di alto rango, basti citare Domingo, Caballè e Ghiaurov, in più a sua disposizione la banda militare delle trombe inglesi e la magnifica Philharmonia Orchestra. E’ una versione molto bella, tra quelle di riferimento, il cui principale vantaggio, secondo me, è la direzione di Ricardo Muti: le pagine orchestrali sono di grande effetto, mai vista una marcia trionfale più marziale di questa, l'intera opera è superbamente bilanciata. E’ davvero abbastanza superba e Caballè e Domingo sono magnifici. Caballè negli anni '70 è al culmine della sua carriera e canta divinamente bene, Domingo, in pieno possesso dei suoi enormi mezzi è un formidabile Radamès. Per Amneris certamente l’interpretazione della Cossotto non demerita, registra con grande impatto gli stati d'animo prismatici di questa donna complessa ma Gorr, Simionato, Bumbry sono di un livello superiore. Cappuccilli e Ghiaurov offrono un’ottima performance. La registrazione analogica è stata sempre eccellente e la versione rimasterizzata in DTS si presenta spettacolarmente bene. Sarebbe molto bello se più opere e tesori sinfonici del passato fossero trasferiti in DTS.  Giuseppe Verdi: Aida Zinka Milanov (Aida), Jussi Bjorling (Radamès), Fedora Barbieri (Amneris), Leonard Warren (Amonasro), Boris Christoff (Ramfis) Coro ed Or hestra dell’Opera di Ro a, dir. Jo el Perlea. Oceania Questa, datata 1955, è senza dubbio una delle grandi registrazioni di Aida. La rimasterizzazione ha prodotto un significativo miglioramento della qualità del suono che ha portato vita e spazio a queste prestazioni: ora è molto ascoltabile dove le precedenti masterizzazioni di questa registrazione presentavano un suono relativamente secco e confinato.

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Non è ancora in grado di competere con l'attuale tecnologia di registrazione, ma affascina ascoltare Jussi Bjorling in uno dei suoi migliori ruoli sostenuti da un cast stellare tra cui Zinka Milanov, Fedora Barbieri, Leonard Warren e Boris Christoff. Il cast è superbo ma in particolare segnalo Bjorling (un eccezionale Radamès) e Christoff: le loro voci sono gloriose e la loro performance su questa registrazione meritano un posto tra le migliori di tutti i tempi. Leonard Warren è un grande baritono verdiano come oggi non ce n'è più! E poi c'è Zinka, una voce che si svolge all'infinito, molto bella, molto grande stile, e anche se preferisco Leontyne Price, Zinka Milanov rimane una delle mie Aida preferite. L' orchestra e il direttore d'orchestra probabilmente non sono allo stesso livello dei cantanti ma non intacca il nostro piacere di riscoprire questi favolosi cantanti del passato che abbiamo dimenticato un po' troppo in fretta.  Verdi: Aida Gabriella Tucci (Aida), Franco Corelli (Radamès), Irene Dalis (Amneris), Cornell MacNeil (Amonasro). Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. George Schick. Walhall Questa performance del Met (1962) presenta dei solidi Amneris e Amonasro in Irene Dalis e Cornell MacNeil, e una lirica e bella (anche se, a quel tempo, insufficientemente potente) Aida, Gabriella Tucci. La ragion d'essere di questo disco è però Franco Corelli nella sua migliore performance live disponibile di questo ruolo. La sua interpretazione nell'ultimo atto, in particolare nella scena finale, è eccezionale. Tucci presenta un bel tono, note morbide sicure e fluttuanti e fraseggio musicale. Il suono dell’orchestra presenta una caratterizzazione vivida, coinvolgente e appassionata.  Verdi: Aida Martina Arroyo (Aida), Placido Domingo (Radamès), Fiorenza Cossotto (Amneris), Nicolai Ghiaurov (Amonasro). Coro ed Orchestra della Scala di Milano, dir. Claudio Abbado. Opera d’oro – Europa Musica [36]


Abbado, in questo live del 1972, produce un'esibizione demoniaca - Toscanini senza la tirannia - e i cantanti principali cantano magnificamente; Domingo, in particolare, uno splendido eroe. Pochissimi soprani riescono a realizzare splendide interpretazioni sia di "Ritorna Vincitor" che di "O Patria mia", ma Arroyo li inchioda davvero entrambi. Ben calibrata anche se a volte sembra un po’ chiassosa la Cossotto. Ma alla fine è Abbado a rendere questa performance davvero speciale: riesce a svelare tutta la bellezza della scrittura orchestrale e vocale di Verdi mantenendo abbondantemente viva la vitalità teatrale.  Verdi: Aida Birgit Nilsson (Aida), Franco Corelli (Radamès), Grace Bumbry (Amneris), Mario Sereni (Amonasro) Or hestra e Coro del Teatro dell’Opera di Ro a, dir. )u i Mehta. EMI Registrata nel 1966, è una delle versioni più belle dell'opera verdiana, da acquistare anche solo per sentire il meraviglioso Radamès di Franco Corelli, morbido e marziale, tenero e forte, una voce bellissima e sicura, capace di svettare sull'orchestra ma di piegarsi anche alle sfumature più delicate. Una delle sue migliori incisioni in assoluto. Lo sostiene la raffinata orchestrazione di Zubin Metha e un cast di contorno come non se ne trovano più, soprattutto per la splendida Amneris di Grace Bumbry. Un sogno all'ombra delle piramidi, di una bellezza senza confronto. Era un'epoca in cui Zubin Mehta lasciava incisioni superlative: questa Aida, la Turandot per la Decca e la Tosca per la RCA: capolavori! Gli interpreti, poi, sono memorabili: Corelli possente, voce capace di sfumature e delicatezze sorprendenti, il bemolle alto alla fine di “Celeste Aida” da solo vale la pena di acquistare l'intera opera; poi c'è lo stupendo, colossale duetto con Bumbry sul suo tradimento e su quello che farà. È feroce, oscuro e grandioso. Birgit Nilsson è magnifica nel ruolo di Aida, senza dubbio una delle migliori di sempre potente, anche lei capace di sfumature e di accenti autenticamente verdiani; Grace Bumbry, forse la più grande Amneris di quegli anni, preferisco la sua interpretazione qui a quella che ha consegnato

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per Leinsdorf pochi anni dopo; Mario Sereni dotato di bella, ricca e morbida voce, a mio avviso il baritono più sottovalutato di sempre. Chi non ha avuto la fortuna di aver avuto il privilegio di vivere Birgit Nilsson e Franco Corelli dal vivo dovrebbe comprare questo CD per avere un'idea di quali voci fantastiche avevano questi due cantanti. È una grande gioia ascoltarli. Molto soddisfacente la direzione di Zubin Mehta, i suoi tempi sono piuttosto vivi e veloci, il che non produce quella sensazione maestosa quale ad esempio quella di Karajan. CD altamente raccomandato.

VIDEOTECA Verdi: Aida Violeta Urmana (Aida), Roberto Alagna (Radamès), Ildiko Komiosi (Amneris), Carlo Guelfi (Amonasro) Orchestra e Coro del Teatro alla Scala di Milano, dir. Riccardo Chailly. Decca - DVD Questa Aida suscitò una grande attesa all'apertura della nuova stagione 2006/07 alla Scala. Una irrefrenabile voglia di kolossal animava il pubblico orfano del verdiano Muti. Ovazioni incondizionate sono quelle che ricevono a fine spettacolo il regista e scenografo Franco Zeffirelli e il direttore Riccardo Chailly (a cui gridano persino un plateale "bentornato"). Godibile lo spettacolo offerto da Zeffirelli (fedele nell'impostazione a quello creato per l'Arena di Verona nel 2002): è un profluvio di colori vari e azzeccatissimi (costumi di Millenotti) e maestoso nelle scene (con i faccioni da Valle dei Re e quell'aura di vaghezza data qua e là da tubi dorati) affollate con le masse che il regista sa bene disporre. E talvolta fa capolino il kitsch, come nella discesa dei quattro uccellacci (vedere per credere) alle fine degli atti primo e quarto (erano davvero necessari?). Novità

una

Luciana Savignano

che

interpreta

un

personaggio, muto, che balla e mima e ci conduce da una scena all'altra. Balletto affidato alle super-star Myrna Kamara e Roberto Bolle. E la musica? Chailly rende l'orchestra della Scala luminosa e trasparente e la sua "Aida" risoluta nel complesso morbida e liricissima, con qualche perdita quindi per l'azione teatrale (ben resa negli atti terzo e quarto, con momenti sublimi) ma spesso impacciata, quasi imbarazzata, dall'ingombrante retorica dei primi due atti (cori e fanfare, marce e concertati) che è poi la spettacolarità del grand-operà che è (anche) "Aida". [38]


Su questo spessore si attestano in generale i cantanti, ad eccezione della protagonista, che è Violeta Urmana e che meritava un contorno di voci più rilevanti. Grande soprano ma anche grande mezzosoprano, avvezza anche a Wagner, sarebbe stata qui una Amneris ideale di fianco a una Aida più leggera. Canta con sicurezza e proprietà di stile, senza nessuna caduta di gusto e con acuti bellissimi (pure il registro centro-grave è bello). Più sguaiata, se non più "verista", è quindi l'Amneris di Ildiko Komlosi (che si salva davvero nella scena dei sacerdoti). I bassi Giuseppini e Spotti (rispettivamente Ramfis e il Re) cantano correttamente senza avvincere, mentre proprio pessimo è l'Amonasro di Carlo Guelfi, arcigno e nasale in ogni sua nota, oltre che inguardabile in video per come lo hanno truccato. Con un baritono così sgradevole stupisce che i dissensi siano stati indirizzati solo al tenore, Roberto Alagna, che pochissimi giorni dopo questa recita abbandonò il palco dopo appena cinque minuti, all'apparire delle prime contestazioni. Alagna non è Radames, ma lo canta correttamente e con meno approssimazioni di quelle che si sentono oggi in giro. Le vocali sono sempre un po' troppo aperte e non ispessiscono una voce che nel complesso risulta troppo leggerina per il personaggio. Nel complesso il dvd è sicuramente da vedere, con suono molto buono e buona qualità video, e rimane un'"Aida" consigliabile in quanto meno circense delle versioni areniane o del Metropolitan newyorkese.  Verdi: Aida Aprile Millo (Aida), Placido Domingo (Radamès), Dolora Zajick (Amneris), Sherrill Merrill (Amonasro) The Metropolitan Opera Chorus and Orchestra, dir. James Levine. Deutsche Grammophon Questa versione dell'Aida è molto, molto spettacolare nelle scene di massa, nelle magnifiche scenografie, negli abiti meno pacchiani del solito. Basta guardare il trionfale ritorno di Radames all'inizio del secondo atto, scena II. Il set è incredibile, così come il numero di persone sul palco - soldati, prigionieri, sacerdoti, servi, reali, dei, cavalli, carri e naturalmente la musica di Verdi! Non ho mai visto un palco così pieno o più occupato, se non nei film! Aprile Millo ha una bella voce nel ruolo di Aida. Dolora Zajick, come Amneris, ha portato al ruolo l'altezzosità, la gelosia e il disprezzo che era richiesto. Placido Domingo, non più giovanissimo, in questa occasione è un po' in difficoltà nel sostenere vocalmente il ruolo di Radamès, soprattutto in "Celeste Aida", tuttavia recita meglio di altri cantanti giovani. [39]


Quanto a Sherrill Milnes, ha la bella presenza, la dignità e la voce che spettano ad Amonasro anche se la sua pronuncia (americana?) non è proprio al massimo. Trovo il mio più grande piacere alla fine, nell'atto 4°, a partire dal confronto Radamès /Amneris. Qui Domingo e Zajick sono incredibili, la loro chimica è meravigliosa, meglio che tra Domingo e Millo. Costei ha una bella voce ma Zajick è l'attrice più raffinata e Domingo risponde in natura a questo, c'è vera elettricità tra di loro! Poi segue la scena molto commovente nella tomba con Amneris singhiozzando “Pace' mentre lentamente i due amanti muoiono. Ancora una volta il canto è sbalorditivo qui, soprattutto Millo, con i suoi pianissimo galleggianti.Quindi, anche se parti di quest'opera non sono perfette, siate pronti a essere spazzati via dall'Atto 4. Non ho visto altre produzioni ma dubito che la scena tra Domingo e Zajick possa essere migliorata. I coristi non si limitano a cantare ma anche recitano dando vita alle situazioni e agli ambienti. L'orchestra, diretta da Levine, è notevole e dinamica. In ogni modo si tratta di una delle migliori produzioni in commercio.  Verdi: Aida Margaret Price (Aida), Luciano Pavarotti (Radamès), Stefania Tocziska (Amneris), Simon Estes (Amonasro) San Francisco Opera , dir. Garcìa Navarro. NVC Arts Questa versione dell'Aida si avvale della partecipazione di alcuni cantanti eccellenti che non solo cantano bene ma anche interpretano in modo toccante. Quattro grandi cantanti offrono una festa musicale. Margaret Price è suprema nella bellezza del suo canto come Aida, Pavarotti è al suo meglio come Radamès, Simon Estes è magnifico come Amonasro e Stefania Tocsyska è affascinante come Amneris, vocalmente

eccellente

e

che

presenta

un

carattere

sorprendentemente diverso rispetto al solito, statuario e imponente che ritrae una donna intelligente e astuta, una vera cospiratrice. I coristi sono molto capaci e, oltre a cantare, partecipano attivamente all'azione. La messa in scena è grandiosa e le coreografie molto belle. L'accento straniero di Amonasro, del re e del sommo sacerdote non sono molto gradevoli. Pavarotti-Radamès nonostante i costumi e la mole riesce ancora a passare per un giovane eroe. Purtroppo Margaret Price, senz'altro brava, fisicamente non corrisponde al personaggio di Aida. In teatro questo può passare inosservato, ma in DVD è un po' troppo evidente. [40]


Il video è composto soprattutto da un susseguirsi di primi piani, mentre le scene d'insieme sono un po' scarse. Insomma, non è proprio un bellissimo video, però ha un vantaggio: gli studenti e gli appassionati di canto possono osservare da vicino la tecnica utilizzata da ciascun cantante, ascoltarne immediatamente i risultati e trarne le dovute conclusioni. In pratica, uno spettacolo apprezzabile e una lezione di canto illustrata. Costumi e scene eccessivamente ridondanti. Pavarotti, al solito, non sa stare in scena: ascoltarlo è molto piacevole, ma ascoltarlo e assieme guardarlo è deprimente. Abituati, come siamo oggi, al fisico curato e raffinato delle moderne star della musica lirica, le tenere frasi del libretto in bocca ai protagonisti extra-large del dvd, sono alquanto ridicole. Quest'Aida ha una delle scene di Marcia Trionfale più spettacolari e sontuose che abbia mai visto, non sorprendente da San Francisco Opera! Accoppiata alle scenografie monumentali, questa è una produzione visiva davvero impressionante.

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