Cina
LA TUTELA DEI DIRITTI UMANI IN CINA e il ruolo degli human rights lawyers di Maurizio Gemelli
“Per me la Cina è sempre stata un punto di riferimento di grandezza. Un grande paese. Ma più che un paese, una grande cultura, con una saggezza inesauribile. Per me, da ragazzo, quando leggevo cose sulla Cina, aveva la capacità di ispirare la mia ammirazione.” 1 Le parole di particolare apprezzamento, espresse dal Sommo Pontefice, non trovano, però, riscontro nella parallela percezione, spesso assai poco aderente alla realtà effettiva, che noi occidentali abbiamo della Cina. La si evoca, più in particolare, a proposito delle sue ricorrenti performance economiche e troppo poco per le parallele disparità sociali, magari scaturenti, come altrettanti effetti collaterali, proprio dalle sovrabbondanti energie profuse in ambito economico. Rimane, ad ogni buon conto, una grande potenza economica e militare, retta da un regime a tutt’oggi ancora ispirato al dirigismo più anacronistico. Un paese in cui si violano sistematicamente i diritti umani, le libertà fondamentali e la dignità dei cittadini (basti pensare alle truci esperienze dei laogay 2, 1 - Quelle di cui all’incipit del testo sono parole pronunciate lo scorso 2 febbraio da Papa Francesco in occasione di una intervista, rilasciata al giornalista e sinologo italiano Francesco Sisci, e pubblicata da Asian Times, quotidiano on line in lingua inglese edito a Hong Kong. 2 - Con Il termine “laogay” si designano i campi di rieducazione mediante il lavoro riservati ai dissidenti del regime, ovvero a tutti coloro che, attraverso la loro riflessione critica, osano mettere in discussione i principi essenziali dello stato e del comunismo cinese.
Voci - APRILE 2016 N. 2 / A.2
delle fornaci cinesi, degli arresti spesso del tutto indiscriminatamente operati dalla polizia di Stato, sui quali torneremo più avanti). Per non tacere del tentativo di veicolare una immagine di democrazia, spesso miseramente fallito, avendo compresso la libertà di espressione degli studenti e degli intellettuali in genere, nei confronti dei quali pure la Cina aveva più volte sbandierato l’intento di garantire maggiori spazi pubblici (il pensiero corre alla c.d. “campagna dei cento fiori”) 3. All’osservatore straniero, essa appare come un paese socialmente chiuso verso il resto del mondo, all’interno del quale, ancora oggi, a fianco ad una buona parte della popolazione impegnata in attività del terzo settore, permane una vasta zona rurale, presidiata da minoranze etniche, rispetto alle quali la spirale modernista e il capitalismo sfrenato stentano ad affermarsi. Molti cinesi sono usciti dalla povertà, il reddito medio pro capite si è moltiplicato per sei, la popolazione che abita in medi e grandi centri urbani, 3 - Com’è noto, trattasi di campagna, varata da Mao al fine di discutere la ricostruzione dello stato proprio grazie al loro contributo, successivamente trasformatasi in una valanga di critiche, che sfociarono nella repressione, il cui epilogo si raggiunse nel maggio del 1989 a Pechino con i disastri di Tienanmen. Fu proprio da quel bagno di sangue che prese vigore il gruppo delle cc.dd. madri di Tienanmen, che raccoglie i familiari delle vittime e che venne fondato da Ding Zilin, all’epoca membro del Partito e docente di filosofia all’Università del Popolo di Pechino, ma soprattutto madre di un ragazzo di appena diciassette anni, ucciso nella notte tra il 3 e il 4 giugno del 1989.
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