IL PUNTO (agosto 2008)

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Romano Antonio Anna Paolo Torquato AMODEO

Il punto. Nell'agosto 2008, in cui credo che il prossimo 13-10, a meno 153 decine di giorni dal limite del Calendario Maya, la mia vita finirĂ


2 Lunedì 25 agosto 2008 inizia questo mio ultimo libro. Tirerò la somma conclusione di quello che mi è accaduto vivendo in questo primo lato del mondo che ne ha due. Lo farò, per la prima volta assistito da un programma di scrittura automatica, per cui credo che il mio linguaggio scorrerà più fluido, perché riprodurrà esattamente il mio pensiero per come esso si svolge usando la parola detta. Nella conclusione della vita è sempre da farsi il punto conclusivo, cercando di descrivere l’esistenza trascorsa nelle sue varie fasi, per come essa è, per chi essa è stata condotta, sviluppata, articolata, per come si è giunti proprio a quelle fondamentali conclusioni. Questo è necessario soprattutto quando le conclusioni cui una vita giunge sono straordinarie, eccezionali, direi uniche come quelle cui è arrivata la mia. Infatti, pur essendo io una persona ragionevole e che fa uso della sua ragione quando assume i suoi giudizi, io sono arrivato a credere accaduta a me una cosa che in tutta l'esistenza del mondo, comprendendovi passato presente e futuro, accade una sola volta e ad un solo uomo: la discesa del Dio Padre e del Dio Spirito, sulla terra, per vivere in me in prima persona e realmente usando il mio corpo mortale. La domanda, immediata, che nasce allora dentro a chiunque si possa trovare nella mia unica condizione è questa e può essere altra: “Possibile che stia succedendo e sia successo proprio in me?”. Io mi sono proposto questa domanda, però, solamente a 64 anni compiuti. Fino ad allora avevo percepito una straordinaria e impossibile capacità apparente, appartenente alla mia persona, di compiere cose assolutamente impossibili non solo a me, ma a tutti. Nella legge fisica – infatti – ci sono punti morti, domande che sono ancora irrisolte, senza soluzione. E a me, un architetto, proprio a me poteva mai succedere che io risolvessi questi dubbi, superassi questi punti morti, arrivando a delle soluzioni così avanzate da non essere prese nemmeno in considerazione dal mondo scientifico?


3 Sono soluzioni che, anche quando sono state mostrate in maniera esplicita al mondo scientifico, avevano in sé un tale avanzamento rispetto agli obiettivi presenti della scienza, da sembrare come dei salti in avanti, che scavalcassero tutta una serie di condizioni intermedie e di passaggi che dovevo esistere, e quindi apparivano come vere improvvisazioni e, più che opera di raziocinio, di una fantasia che facesse non della fisica, ma opera della fantascienza. Nel Newsgroup italiano di scienze fisiche, quando ho proposto le mie conclusioni, non le ho avuto accettate proprio per l'accusa rivolta a me di non esercitarmi nella scienza, ma della fantascienza. Ve lo riferisco per farvi capire come io avessi realmente fatto dei passi da gigante, presentando conclusioni ancora troppo avanzate rispetto allo stato attuale della conoscenza, troppo per essere creduto che operazioni veramente conseguite a passi regolari e scientifici, compiuti uno dopo l'altro, fossero state veramente fatte e non dei grandi balzi in avanti, della pura fantasia. Ciò è avveduto anche quando io ho dettagliatamente mostrato tutti i passi e i passaggi, nella giusta sequenza che portava a queste così avanzate conclusioni. Ebbene, lo stato attuale della conoscenza scientifica è tale che, pur avendo io ho indicato la sequenza perfetta di tutte le azioni che portavano a quei punti straordinari, la stessa sequenza non era poi riconosciuta come una serie di passi progressivi che portavano ai nuovi risultati. A me sarebbe toccato, dunque, di riuscire a compiere questi passi nemmeno riconoscibili in essi stessi, e la domanda ovvia per me era stata: “ma come è stato mai possibile? Come è possibile che io, un architetto, anche se sono una persona che ho studiato a modo mio la fisica, posso essere stato capace di tanto?” Io nel corso degli studi universitari di architettura avevo studiato gli argomenti scientifici sui libri, ma dopo avevo proseguito non più studiando sui libri, bensì nella mia mente, nella mia mente soltanto, che cercava di immaginare come fosse possibile, partendo da alcune posizioni precise, arrivare ad altre. Quindi io avevo realmente compiuto uno studio in relazione alla fisica, ma non uno studio per come si intende sia lo studio, ossia la lettura di libri, di testi che permettessero una più approfondita preparazione culturale, tale poi da consentirle la capacità di


4 giungere a determinare delle nuove scoperte. No i miei studi erano solo esercitazioni mie personali, compiute solo con la mia ragione, e che, sapendo dove collocare un obiettivo, cercavo di raggiungerlo compiendo tutti i passi necessari, secondo me, a compiere felicemente tutto questo cammino. Certo, questa è una esercitazione relativa alla scienza, ma non è uno studio fatto così come si intende che sia lo studio, non è approfondire la conoscenza degli altri per avere poi la necessaria competenza personale indispensabile a compiere questi passi. Il mio era il tentativo umano di arrivare a questo risultato usando semplicemente e solo quel bagaglio di informazioni per come erano esistenti nella mia memoria, quella di una persona che oramai aveva compiuto questi studi… diciamo così: “classici”, facendolo nel corso di studi universitari di architettura fatti ormai una trentina di anni prima e che erano rimasti nella mia memoria solo come un suo sottofondo. Tra l’altro negli esami che avevo dovuto superare e che avevano riguardato la Fisica, la Chimica, la Matematica io ero quasi sempre uscito come attraverso il classico “rotto della cuffia”, meritando dei 18 o poco più Di conseguenza la mia stessa preparazione universitaria in relazione a questi argomenti di scienza non era stata tale da determinarmi qualcosa che fosse in sé veramente ad alto livello e tanto importante da sopravvivere nella memoria per più di trent’anni. Così di fatto sprovveduto, come avrei potuto riuscire laddove stentavano ad aver risultati validi studiosi promossi negli esami di Fisica con 30 e Lode e che poi avevano fatto della ricerca lo scopo di tutta la loro vita. Così ragionavo perfettamente bene, se io mi domandavo: “Ma come è possibile che io abbia avuto questa capacità di compiere questi balzi in avanti di scienza e non di fantascienza?” Credo che siate tutti d'accordo con me che il giudizio espresso dai vari scienziati sulla impossibilità che io compissi realmente dei passi positivi fosse un giudizio assolutamente ben fondato! Quando Benito, mio fratello, si sentì rimproverato da me di aver ricevuto il mio aiuto per tre mesi interamente spesi da me per


5 sistemare la sua casa, mentre egli non aveva voluto mai spendere nemmeno un’ora per controllare ed aiutare il mio lavoro in fisica, essendo egli il laureato in Fisica e non io, Egli mi rispose: "L'ho fatto di proposito" e aggiunse "Dove potevi arrivare? Non avevi i laboratori, non avevi strutture, non avevi una preparazione tecnica appropriata! Dove poterli arrivare? Io di proposito non ti ho voluto incoraggiare a farti continuare a cercar di raggiungere quello che in nessun modo potevi conseguire. Tu stavi proprio perdendo anni di vita impiegati a raggiungere una possibilità che assolutamente non esisteva, per te!" Benito aveva pienamente ragione. Mio fratello non avrebbe avuto alcun motivo per non incoraggiarmi in un tentativo addirittura assurdo, considerati i miei mezzi. Ora, andando con la memoria a quei tempi, io capisco che aveva perfettamente ragione. Ma, ripensando a quello che è accaduto dopo, mi sono reso che avevo ragione anche io. Mentre infatti Benito confidava solo sulla mia capacità, io, che soprattutto stavo spendendo e avevo speso la mia vita interamente per far esistere Gesù Cristo, confidavo, senza nemmeno accorgermene, sull'aiuto divino dato a me da Gesù. Con l'aiuto di Dio, infatti, ogni incapace può divenire virtualmente capace di tutto. Io mi ero accorto – infatti – di questa grande capacità che, improvvisamente, era intervenuta della mia vita e mi aveva addirittura trasformato in una sorta di straordinario e impossibile "nuovo Leonardo da Vinci ". Nel 1993 ero stato al <Maurizio Costanzo show> e lì avevo pubblicamente espresso, a tutti gli Italiani, proprio questo mio dubbio: "Ma chi sono io? Un nuovo Leonardo?". Maurizio Costanzo l'aveva <buttata sul ridere>, mi aveva deriso con un certo qual garbo, ma era chiaro a tutti, era evidente a tutti che un uomo della mia età, se fosse stato un vero "nuovo Leonardo da Vinci "… lo avrebbe già dimostrato da molto tempo. Io invece uscivo così, all’improvviso, dall’anonimato con quella <sparata> che poteva essere accettata solo come una provocazione di cui sorridere. Anche a me sembrava paradossale che io potessi essere un nuovo Leonardo da Vinci… stavo evidentemente sbagliandomi. Solo 9 anni dopo mi sarei accorto di essermi sbagliato in difetto e


6 non in eccesso… perché mi sarei accorto di essere addirittura Dio Padre, e il Dio Spirito santo. Nemmeno un Dio solo, ma ben due. Quello che manca a Leonardo da Vinci per raggiungere la condizione di un solo Dio è uno spazio ancora superiore a quello che manca a un illustre sconosciuto per essere un Leonardo da Vinci. Figuriamoci poi quando uno è due Dio in uno solo! Ecco perché, all'inizio, io ho detto che la mia esperienza era unica! Solo uno, in tutta l'esistenza del mondo, può arrivare a dare corpo a quell'unico Dio che, se vive in una persona, vive in quella unica e sola in tutta quanta la storia dell'uomo. Voi direte: "e Gesù Cristo? Non era forse Dio? ". Io vi rispondo dicendo che: “Sì, Gesù Cristo era Dio, ma nella persona unica del figlio di Dio. In me Dio si è presentato nella persona unica del Dio Padre e del Dio Spirito santo. Così come in Gesù Dio si era presentato nella sola persona del Figlio che, salito in Cielo, avrebbe poi mandato il Padre Spirito salto. Ora c'è una bella differenza, anche, tra il Figlio di Dio e il Dio Padre. Possiamo dire che tra il Figlio unico di Dio e il Padre di Gesù Cristo, c'è ancora più distanza di quanta ne possa passare tra un uomo normale e un Leonardo da Vinci. Infatti il Figlio di Dio è, per sua stessa dichiarazione, chi è stato mandato dal Padre a illustrare le Paterne ragioni. Le ragioni del Figlio Gesù sono le ragioni di Dio in funzione del loro essere le ragioni del Padre. Solo il Padre è chi decide tutto, solo il Padre prepara per il Figlio Unico prediletto e i Figli tutti il loro mondo limitato, delimitato, protetto. L’Unico Figlio prediletto da Dio vive, assieme a tutti gli altri figli di Dio, in una condizione protetta, in un mondo costruito apposta per i figli, cioè affinché facciano la dovuta esperienza. I figli devono compiere la loro preparazione per la vita. Lo scopo per cui è stato costruito il mondo dei figli è quello di consentirgli di prepararsi per il momento successivo, in cui ogni figlio possa divenire Padre, possa assumere il risultato di tutta la sua esperienza pero passare di ruolo, per cominciare a poter essere finalmente libero di gestire finalmente la sua possibile e matura paternità, nei confronti dei suoi futuri eredi.


7 Questa è la differenza sostanziale che passa tra il mondo dei figli e il mondo del Padre. Infatti il mondo del Padre è quello volto a costruisce per i figli questa condizione protetta. Possiamo fare un esempio, facile da capirsi. Il mondo del Padre e simile a quello del mondo di un Alessandro Manzoni, il quale ha una serie dei figli, scaturiti tutti e solo dalla sua immaginazione, e sono Renzo, Lucia, Don Abbondio, l’Innominato… personaggi buoni e cattivi, che devono essere inseriti in una storia delimitata che questo autore poi chiama <I promessi sposi>. In questa storia ogni figlio riceve dal Manzoni ogni cosa: pensieri, parole, opere e mondo intero. Tutti gli accadimenti di questo mondo sono già configurati tutti quanti, dalla fantasia e dall’attività di Alessandro Manzoni, che gli dà vita grazie al dono del suo stesso tempo. Egli considera le prerogative personali concesse ai vari Renzo, Lucia e a tutti gli altri. Ciascuno di essi è immaginato con un suo carattere fondamentale. Questo carattere in un certo senso condiziona il modo con il quale poi l'autore lo farà esistere. Un personaggio voluto in questa opera come un personaggio buono avrà questa condizione della bontà come un attributo suo che incide sull’operato del Manzoni quando egli deve pensare per lui e agire per lui. Allora l’Autore dà spazio ai suoi pensieri, alle sue parole, alle sue opere e all'esercizio della sua libertà, e questa libertà, del personaggio, si esprime attraverso le scelte apparenti del personaggio. Messo di fronte ad un dilemma, se fare questo o fare quello, il personaggio liberamente sceglie, ma non è davvero il personaggio in sé, in ultima analisi, chi liberamente sceglie. Chi sceglie per conto suo e poi attribuisce alla sua libertà quella scelta, è il Manzoni. Così la scelta libera del personaggio è scelta sua libera, ma essendo tutta condizionata interamente alla scelta per conto sua del Manzoni, che scegli liberamente per ogni personaggio che poi vive in prima persona il dono di quanto è stato dato alla sua libertà secondaria. Così succede che un personaggio cattivo influenza con la sua cattiveria il Manzoni quando l’Autore lo deve far esistere e per farlo esistere - deve calarsi il lui e vivere personalmente tutta la sua cattiveria. Quando il Manzoni farà esistere il malvagio, sarà pertanto condizionato dalla cattiveria che ha donato alla tipologia


8 del personaggio, al punto che questa ,malvagità di carattere costringerà il Manzoni stesso ad assumere pensieri malvagi, desideri torbidi e tutte quelle condizioni che, in un certo senso obbligheranno il Manzoni ad essere come non vorrebbe, ad escogitare malefatte. Lo scrittore di un libro giallo, in cui si esegue un delitto perpetrato da una mente diabolica costringe l’Autore a impersonare quella mente, e per lui è terribile, perché di certo non si compiace di vivere quello stato. Ma anche l’assassino è il figlio di uno scrittore di libri gialli e suo Padre fornisce tutto anche a lui: pensieri, parole ed opere. Per ogni Autore che si rispetti, deve trionfare poi la giustizia. Per il nostro Creatore, però, deve trionfare anche l’amore e il nostro Padre del Cielo è stato descritto da Gesù come il buon seminatore, che destina il buon seme della sua immaginazione, a far esistere figli buoni e figli cattivi. Egli però, a differenza di ogni creatore umano, darà modo ad ogni seme buono di portare il suo frutto, sia che fosse caduto sulla strada, sia tra le pietre, sia tra le spine, sia nella terra buona. E questo perché tutti i figli, buoni e cattivi, sono stati decisi tali proprio da Dio, ed Egli non può caricare loro le colpe del personaggio che hanno dovuto interpretare, e solo per imposizione del Padre e non per loro libera scelta. Dio potrà anche mostrare l’esistenza dell’Inferno. Ma in esso non manderà i Figli interpreti di quel personaggio, ma solo il personaggio, perché consentirà ad ogni figlio di uscire a poco a poco da quel personaggio. Il nostro mondo è infatti un'opera particolare, è un mondo particolare che è stato costruito dal Padre ed è un mondo a beneficio di tutti i figli. Ora, in un mondo in cui tutti siamo figli di questo Padre nostro che sta nei cieli, il nostro mondo, il nostro universo è questo luogo costruito come il luogo dei figli. Gesù Cristo è generato dal Padre come l’esempio fulgido che esiste per tutti i figli: egli è l’unico figlio nel quale il Padre si è visto compiutamente realizzato e rappresentato. Quando Gesù si battezzò e i cieli si aprirono e si udì la voce “questo è il figlio mio prediletto di cui mi sono compiaciuto” tutto ciò fu coerente a quello che sto dicendo e che è la rivelazione diretta che il Padre dell'opera fa a tutti i figli inseriti nell'opera, dicendo loro chiaramente che il Padre entra in


9 un Figlio come tutti i figli e quel Gesù è il solo Figlio prediletto, così tanto da Dio, da avere le divine capacità che altri non hanno avuto, dio poter fare tutto quello che egli vuole. Questa capacità personale è la prerogativa del Dio Padre onnipotente. Infatti, nell'opera scritta per i figli, accade tutto ciò è solo quello che il Padre vuole che accada. E allora, quando il Padre proietta la sua esistenza nel figlio in cui si predilige, che è uno degli uomini viventi in questo mondo costruito apposta per i figli, Dio assume la condizione di un Figlio Unico, che ha ricevuto dall’unico Signore, attivo come un Padre, l'incarico di far capire, in questo mondo di figli voluti buoni e cattivi, come il Padre abbia le sue idee precise: egli ama il bene, lo vuole e dispone affinché il bene vinca e dimostri tutta la sua capacità prodigiosa di risolvere a modo suo tutte le situazioni esistenti nel mondo. Così Dio Padre, per dimostrare questa capacità paterna in un figlio voluto come tutti gli altri sotto il profilo fisico, gli dona le capacità paterna di cambiare a suo modo la storia del romanzo e di compiere prodigi. Questo figlio cammina sulle acque, comanda sugli agenti atmosferici e fa cessare le tempeste, porta dall'altro mondo a questo alcuni morti, rigenera parti del corpo consumate dalla lebbra. Egli mette tutte queste capacità prodigiose in un unico Figlio perché esse devono dimostrare a tutti gli uomini che questo nostro mondo, che in apparenza sembra condotto da uomini capaci di compiere azioni, in effetti non è così. Esiste infatti un suo unico e solo creatore, ed è onnipotente. Se questo nostro mondo fosse quello de <I promessi sposi>, e noi fossimo come Renzo, Lucia e tutti gli altri, dobbiamo poter arrivare a capire che abbiamo a monte un nostro Alessandro Manzoni, che sta formando di sana pianta per ogni personaggio la sua vita, la sua capacità, il suo futuro. Dunque il compito fondamentale che i figli devono avere, prima ancora di quello di pensare alla loro vita, è di sapere che essa è tutta condizionata dal volere del solo e vero Padre. Pertanto, se desiderano cambiamenti della loro storia, non devono affidarsi esclusivamente alla loro capacità, ma al volere del Padre, come di questo solo Alessandro Manzoni che può cambiare la storia dei personaggi inclusi ne <I promessi sposi>. E allora Gesù consiglia a tutti di pregare il Padre, ma intanto dice anche che quello che poi gli occorre il Padre lo sa già prima


10 di loro ed ha già previsto tutto, per cui si fidino di Lui. Gesù stimola alla preghiera fatta a Dio. Gesù vuole che si capisca che è tutta opera Divina. Continua a insistere su questo argomento e racconta che la bellezza di un giglio esiste senza che il fiore semini o ari il suo campo. Esso è voluto da Dio ed è più bello di qualsiasi gemma esistita nella reggia di un gran re. Questo giglio non ha mai fatto nulla per essere così, eppure Dio gli ha donato tutto. E quando dice <Non potete aggiungere un solo momento alla vostra vita e i vostri capelli sono tutti contatti>, Gesù insiste su questo modo di essere, di ogni cosa, nella piena dipendenza dal Padre. Il Figlio unico prediletto in tutto cerca in tutti i modi di far comprendere a tutti che esiste un destino insormontabile che sta tutto nella volontà del Padre. L'uomo crede di essere libero, ma questa libertà è condizionata interamente al volere del Dio unico che gliela dona. E allora l'uomo, in questo suo sentirsi libero e padrone così della sua libertà, se desidera ottenere veramente qualcosa, bussi al Padre e Dio gli aprirà. Occorre la fiducia assoluta in Dio, perché Egli è un Padre buono, misericordioso, che conosce il bene vero di ogni figlio e a ogni figlio lo dà, in modo assolutamente gratuito. Ecco, tutto l'orientamento che il figlio dà agli uomini è rivolto a far loro comprendere che tutto dipende dalla volontà del Padre, anche la loro volontà. Anch'egli, pur essendo il figlio prediletto di Dio è dunque un essere che è nella stessa natura di Dio, anche egli dipende interamente dal volere del Padre. Così, quando mancherà poco alla sua esecuzione e a quell’agonia che per il figlio Gesù sarà terribile, egli suda sangue dell'Orto degli Ulivi. Vorrebbe non bere questo suo così troppo amaro calice, ma ancora una volta dice "No la mia volontà Padre, sia fatta la tua!". Ecco allora che quando il Padre viene personalmente al mondo, non ci viene come il Figlio, che dipende dal Padre, ma proprio come chi scrive tutta la storia. Ma ci viene anche come il figlio, ossia come chi è inserito da figlio nella storia dei figli e del loro mondo. E ci viene nello Spirito santo della assoluta trascendenza di ogni cosa rispetto a questo mondo di uomini assolutamente delimitati.


11 Lo spirito santo di trascendenza è quanto porta il Padre a poter trascendere ugualmente da questo mondo, pur se vi si è imprigionato, e lo porta poco a poco a comprendere il mondo posto sopra a quel suo disegno e che appartiene alla sfera del Padre che ne decide tutto l’ordito. Lo Spirito santo è chi raccorda con ogni rigore l'opera creata all'essere sommo del creatore. Si esprime nel nostro mondo come la Verità. Nel caso specifico, lo Spirito santo porterà infine il Padre, disceso come ogni uomo comune nel nostro mondo, a riconoscersi infine come Dio Padre, e a compiere e completare quello che non aveva potuto compiere e completare il Figlio del Padre. Gesù non aveva potuto superare, se non idealmente, il suo stesso ruolo di figlio. Tra Padre, Figlio e Spirito santo, esiste una differenza, anche se quanto è diverso è riferito ad una cosa sola. La diversità sta proprio nel ruolo, perché il figlio è subordinato ad Padre, ma in presenza dello Spirito santo il cui ruolo è di riunire Padre e Figlio in una sola unità dinamica, diversa però nei suoi due opposti versi di possibile percorrenza. Il questa linea attiva, il Padre provvede al Figlio, ma mettendosi a servizio del Figlio perché sia a sua volta il Padre. Padre e Figlio solo nella stessa linea dell’essere, ma con i ruoli diversi di uno che decide per l'altro, nel bene vero per l'altro che si attua mettendosi a servizio dell'altro. Il Padre domina come uno straordinario servitore del Figlio, tanto che gli crea tutto il mondo, gli crea tutto l'esistenza. Quando il Padre scende nel mondo, pertanto, non vi scende come un dominatore, ma come un assoluto servitore, senza ruoli di comando. Sarà inserito nel mondo con il solo fine della sua esistenza e sopravvivenza. Infatti il Dio creatore crea per ogni persona ma anche per tutta la storia dell’umanità un suo possibile momento finale, una sua possibile apocalisse, nella quale tutta l'esistenza del mondo sia infine condizionata alla verità dell'esistenza del Dio Creatore. Se non esistesse il Padre non esisterebbe nemmeno tutto il mondo creato da lui. Di conseguenza, sotto il profilo escatologico, il Creatore e la sua terrestre umana creazione arrivano a questo


12 momento finale e decisivo, in cui il mondo, interamente creato dal Signore dell’esistenza e della vita sulla terra, è messo in crisi totale, per un momento finale della possibile fine dell'esistenza reale di tutti i figli creati sulla Terra. E allora il Padre sceso sulla terra per servire alla vita dell'uomo, deve dimostrare e vuole farlo che questo sarà il suo fondamentale servizio: egli servirà personalmente a impedire la fine della sua stessa opera. Lo farà, per chiarezza, dimostrando che il mondo non finisce, né il mondo né i figli, soltanto perché il Padre questa volta servirà alla vita del mondo impedendone la fine, e mettendo, come l’altra parte di questa virtuale bilancia, tra l'essere dei figli e l'essere del Padre, l’estremo sacrificio della morte del Dio Creatore. Questo è lo scopo finale e fondamentale della venuta del Padre sulla terra. Egli è il Creatore, il creatore di tutto, ma lo è solo per servire amorevolmente tutti i suoi figli. Li ama con l'estrema ed assoluta abnegazione dell'amore per se stesso. Egli ama i figli e dona loro la sua vita, per preservare la possibilità della loro. Lo fa come accade per qualsiasi creatore umano; anche il Manzoni dona la sua vita a far esistere il romanzo per <I promessi sposi>. Ecco, il Padre deve dimostrare con i fatti reali questo amore per i figli, che sia superiore all'amore per la sua vita. E allora dona a se stesso una vita in questo mondo e poi la pone sul piatto della bilancia; da una parte sta la sua vita, dall'altra quella di tutto il genere umano. Cosa farà il Creatore? Prediligerà la sua vita oppure quella di tutti gli altri che dipendono da lui? La risposta che il Padre desidera assolutamente dare è questa: io prediligo la vita dei figli. Come il Manzoni non si dà alla pazza gioia me impegna e perde la sua vita nel creare la sua opera umana in cui fa vivere gli altri, così vuol fare il Padre che è in me, in questo Romano Amodeo che vi sta parlando: egli predilige la vita di tutto il mondo creato da lui alla sua stessa vita, di lui Creatore. Romano Amodeo, infatti, vuole morire, nella sua vita, perché esista e si perpetui la vita altrui su tutto il mondo. E allora Dio accetta per sé delle cose, a priori, che tutti gli altri giudicherebbero assolutamente inaccettabili e se le pone


13 come le condizioni che devono esistere in relazione alla presenza di Dio Padre su questa terra. Tutti gli uomini credono che Dio Padre ami d’essere notato, ringraziato, supplicato e venerato; pensano che Egli abbia fatto il tutto per ricevere la gratitudine umana, per essere stato l’uomo oggetto di amore e di creazione… e così lodi Dio! Non è così! Dio Padre non ha bisogno e non cerca Lodi, preghiere, atteggiamenti che siano ossequiosi verso lui perché è il Potente Creatore. Dio Padre sa che ogni preghiera, ogni lode, fatta dall'uomo solo perché si sente inferiore a Dio e sa che tutto dipende da lui, è un atto mirato solo al personale tornaconto. Ogni Padre di questo mondo non crea i figli per essere lodato da loro, ma solo perché ama di proiettare il loro stessi tutta la sua vita, e lo fa gratuitamente, senza aspettarsi nulla in cambio, se non il rispetto della verità. Che Padre sarebbe mai se concepisse i figli solo affinché poi trascorressero interamente la loro vita con gli occhi puntati sul padre e intenti solo a trascorrere la loro vita interamente per ringraziarlo, pregarlo e venerarlo? Dio non vuole che i Figli vivano per lui, ma per loro. Pertanto chi concepisce che lo scopo ultimo dell’uomo sarebbe la Preghiera e la Lode a Dio, non conosce Dio Padre! Gesù lo disse: non perdetevi in tante parole. Chiedete a questo punto perché le apparizioni della Madonna invitino sempre e solo all’adorazione, alla preghiera, alla incessante tiritera dei Rosari? Accade perché la Madonna, al contrario del Figlio, per il suo amore vero Dio, vuole a sua volta dare a Lui tutta la sua vita, e va oltre l’abnegazione del Padre per se stesso, e cerca di superarla, nell’amore gratuito tutto offerto per la vita dell’Altro. E’ una gara sublime, in cui ogni distinta parte vuol farsi serva dell’altra. E tira in gioco la diversa natura esistente tra la Madre e il Padre. Chi lotta per l’uguaglianza dei sessi trascura il ruolo specifico caratteristico di ciascuno dei due. Il maschio, nella lotta per la vita, è un esercito di possibilità, tutte in lotta tra loro, per raggiungere l’unico obiettivo della fecondazione di un ovulo. La sua caratteristica è l’intrapresa, la decisione, la lotta, l’iniziativa.


14 La donna sta solo in attesa, con il suo ovulo, dell’iniziativa maschile. Per cui quando è lei che prende l’iniziativa e va in cerca dell’uomo e del compagno, ella snatura la su natura. Nelle questioni normali della vita, maschio e femmina sono uguali per intelligenza e capacità, ma quando si legano assieme, per costruire una famiglia, l’ordine naturale stesso suggerisce che uno solo scelga, e a questo ruolo è deputato l’uomo, reso dalla stessa natura più intraprendente, più risoluto. La donna sceglie con più fatica, perché l’amore uguale per tutti i figli le impedisce di badare ad altre ragioni. La donna ama di più, è più fedele, abbraccia tutti nel suo amore, perché la stessa natura la predispone a poter accogliere ogni seme che la cerchi. Pertanto, a livello divino, la Madre di Dio supera Dio stesso, nel suo amore, mentre Dio Padre è più determinato nel suo scopo Creativo. Così Maria SS nella sua vita non si mosse per determinare scelte, ma si dispose ad essere la Madre di tutti, che ama tutti e che nel corso dei secoli ha evidenziato questo amore correndo lei a rincuorare l’uomo, a confortarlo. Ma quando chiede Rosari, e sembra che voglia essere pregata incessantemente, perché si sono 10 Ave Maria per ogni Padre Nostro e Gloria alla Trinità, non sta cercando preghiere, ma la disponibilità del cuore ad accettare il volere di Dio. Ed esso non sta nei Rosari, ma nel Rosario stesso fattosi uomo. Sta in Dio Padre disceso in un RO di SA, un R. nel suo IO, sta nel Dio venuto al mondo in Romano, nato a Salerno, e giudicato RIO, reo, colpevole al punto da non essere considerato attendibile da nessuno. E’ Dio che si è castigato così ed il rimedio contro questo castigo, di chi si è sottomesso e si è fatto assolutamente trascurare, è di non più trascurarlo. La Madonna che invita all’assidua recita del Rosario in verità incita a considerare il nuovo Verbo del Padre disceso a Salerno, nell’IO di Romano. Anche la Madonna, guidata dallo Spirito santo trascendente che in lei incarnò il Verbo, si rivolge all’uomo nel modo TRASCENDENTE dello Spirito santo, che con alcune parole terra-terra ne rivela altre SUBLIMI e TRASCENDENTI. La Madonna vuol superare la scelta di Dio che si è calato nel mondo in modo assolutamente oscuro, e che non cerca nulla


15 per se stesso ma vuole offrire solo in dono a tutti l’estremo servizio dato colla rinuncia alla sua vita. E incitando al Rosario lo fa. Ma non nel modo reale che trascurerebbe la TRASCENDENZA cui ella stessa è legata da vincolo nuziale. Ciò non toglie che Dio Padre non cerchi lodi! Il Padre vuole solo la libertà dei figli, perché è in tutti essi che egli proietta tutta la sua vita unitaria! Il Padre vuole solo che ogni figlio viva la sua vita! Egli è più giusto della Madonna, che essendo mamma soprattutto ama. Il Padre deve lottare per la vita, affrontare come ogni padre sia il male, sia il bene, senza che un amore eccessivo impedisca le possibilità di bene insite nel male. La Madonna invece soffre quando un figlio prova male. Anche il Padre, ma va oltre questa sua stessa sofferenza, perché se nell’esistenza non ci fosse una lotta da condurre e da vincere, cesserebbe la molla stessa che la rende appetibile, bella, interessante. Pertanto sta nella stessa natura del Padre che tutto sia mobilitato al raggiungimento del fine estremo, senza pietismi, senza sopravvalutazione del dolore, del male, e di tutti gli altri aspetti negativi che devono esserci nella vita. La differenza tra Padre e Madre potete vederla in una famiglia in cui, quando c’è da fare la voce grossa, sia chiamato in causa il Padre. Egli è meno vicino al benessere momentaneo dei figli, di quanto lo sia la madre. E così è anche in relazione a Dio, perché Dio è la sublimazione dell’IO da Dio stesso donato all’uomo, per vivere in essi. Solitamente, nella famiglia, un Padre è più schivo di baci e abbracci, di quanto non lo sia la madre. E’ da lei che il figlio ha avuto il suo grembo, è da lei che ha succhiato il latte, e quel gesto le dava anche piacere sessuale, legandola al figlio come una amante. Pertanto così è anche la Madonna: è l’amante dei suoi tanti figlio. Dio padre invece non ama le smancerie, bada al sodo. E il sodo non è lui, sono i suoi figli. E allora proprio non interessa, al Padre, più di tanto, che un figlio impieghi tutta la sua vita rivolgendosi indietro, a lui. E gli


16 mostra la faccia seria, stimolandolo alle cose della ragione, affinché non prevalga il cuore. A sua volta il Figlio Gesù dimostra di vivere e voler vivere nel disegno del Padre che lo ha mandato, ma poi insegna a tutti il suo punto di vista del Figlio di Dio, che fa la volontà del Padre. La fa però nel modo caratteristico ad ogni figlio, così egli si occupa alla libertà che il Padre gli concede concede a tutti, e cerca disorientarla al bene. Non è il bene di questo mondo, perché qui chi ama la sua vita la perde e solo chi la perde la ritrova davvero. Gesù lo indica chiaro che solo nel momento che esegue alla morte vi sarà la vera libertà. Ma esprime sempre il punto di vista del Figlio che opera nel disegno del Padre, e che lo supera senza però trascenderlo del tutto. Egli sa che per lui tutto dipende dal padre, e resta con lui, in preghiera, più che può, per assumere lumi, forza e tutto quello che gli serve a condurre da Figlio la sua esistenza nel mondo dei Figli. Dunque Gesù, allo stesso modo di sua madre, ha un occhio privilegiato e attento per tutti gli uomini del mondo, ai quali dice di affidarsi a lui Buon Pastore… delle sue greggi avute dal Padre. Gesù sa benissimo che il compito dato da Dio Padre a lui è di curare le pecorelle della casa di Israele. Non disse il falso alla Cananea. E questo è così perché Dio Padre ha molti figli. Gesù è il solo di cui il Padre si è compiaciuto appieno, essendosi riconosciuto in lui al 100%. Ma ci sono poi anche altri Figli, nei quali pure il Padre si è compiaciuto, ma non così nel modo UNICO che ha avuto con Gesù. Ci sono i greggi lasciati ai tanti profeti di tutte le religioni del mondo. Ciascuna lo ha chiamato in modo differente, ma Dio Padre è il Padre di tutti e il padrone di tutti i differenti greggi. In tal modo la Madonna, Madre di Cristo, è assolutamente legata al Gregge consegnato a Cristo. Ma questa sua essenza comprende anche tutte le altre forme in cui l’uomo ha sempre celebrato la Maternità divina. Era Argiva, trapiantata a Paestum, aveva l’abbellimento di fiori di melograno, ed oggi in quel luogo, divenuto una Chiesa Cristiana, è la Madre di Gesù ad avere quei fiori, nella Chiesa della Madonna del Granato. Dio Padre sa che deve far esistere tutte le condizioni possibili ed immaginabili perché è onnipotente e, come il buon


17 seminatore egli semina ovunque, anche dove sembra che non ci sia possibilità alcuna! Per far esistere la suprema lotta, tra il bere il male, egli deve far esistere sia il bene sia il male, e lo fa perché attribuisce a ciascuno il suo compito. Chi è stato voluto come strada ha il compito della strada, chi è stato creato come il campo ha il compito di portar frutto. Dio Padre cura l'attuazione di tutte le possibilità, perché se esistessero solo le possibilità positive non sarebbero più positive. Esse infatti sono positive solo in relazione all’esistenza di quelle negative. Dio Padre crea un mondo relativo in cui la fondamentale relazione esiste tra il bere il male… ove il bene è il superamento del male. Per cui se non è prefigurata la condizione del male non si può nemmeno ottenere quella del bene. Se la condizione iniziale del male e quella di un essere immesso nella cattiveria, l'ideale di questo cattivo non potrà certo essere il ringraziamento per il Padre gli ha dato questa cattiveria. Ecco allora che il Padre non punta su questa terra all’essere lodato dal cattivo. Così se avesse creato i figli per esserne lodato avrebbe già escluso da questa reale possibilità in tutti quelli che il Padre ha dovuto creare affibbiandogli il compito gravoso di animare la vita di un personaggio cattivo. E allora per un senso di basilare giustizia non fonda l’esistenza dei figlio per cercare in essi la lode: creerebbe privilegi indebiti tra i suoi figli immessi a vivificare personaggi malefici e in quelli calati nei personaggi dei santi. Ma i santi, poi, nella loro libertà, lo amano lo stesso, ed ardono del desiderio di ricambiare a lui il suo amore disinteressato. Ecco che solo chi ha avuto la condizione positiva esprimere liberamente la sua condizione nell’amore per Dio e questa espressione è la sua espressione libera. Dio vuole – però – da tutti i figli l'espressione libera di se stessi. Ognuno di loro deve risolvere il problema della sua vita, voluta dal Padre inizialmente più o meno buona, ma in un percorso felice che alla fine superi liberamente ogni cattiveria, e porti ogni cattivo a correggersi, porti alla conversione continua del cuore, perché il modo di esistere relativo dell'uomo sia proprio questo passaggio dal momento iniziale di una cattiveria più o meno diffusa a quella di un libero


18 pentimento, in una libera educazione e comprensione di quale sia il Dio della personale salvezza di ciascuno, nelle condizioni avute da ciascuno. Solo dopo, solo nel momento finale, l'atteggiamento nei confronti di Dio non sarà più l'atteggiamento falso, di chi lo lodi a sproposito, di chi si metta insensatamente a pregarlo e a perdere in questo la sua vita… se costui non lo giudicava opportuno per se stesso, in quell'impiego del suo tempo dedicato senza convinzione alla preghiera e alla lode per Dio, quando ciò non era sentito corrispondere ad un bisogno vero e dunque non riusciva a costruire proprio nulla di buono, ma solo un rigetto sempre maggiore. Dio Padre è generatore di libertà e non di una libertà fasulla, condizionata dalla sua legge. Da invece il Decalogo al Suo popolo, che egli si è scelto come Sua Proprietà, e solo allora lo chiama al rispetto della sua Legge. Se il Creatore Assoluto creasse per tutti una libertà condizionata dalla presenza di una legge generale che regoli l'uso della libertà, non darebbe il libero arbitrio ma un obbligo. Dio, invece, dona il libero arbitrio ad ogni persona, ed è quello di pensarla ciascuno a modo suo. Ma poi, all’interno di questa generalità, disegna anche di scegliersi un popolo che sia suo e al quale possa ordinare, in modo da dare l’esempio a tutti. Pertanto la condizione degli Ebrei è stata quella posta a riguardo dell’UNICO popolo che camminava con Dio alla sua Testa, ma che era voluto come un popolo dalla testa dura, sempre bisognoso di Dio, che lo tradiva ed era abbandonato, si pentiva ed era ricostituito. Per questo il Cristianesimo, che scaturisce da quello stesso seme deve concludersi con la venuta nel popolo proprietà di Dio, del Figlio di Dio… per essere sacrificato da quel Popolo tanto da dimostrare che Dio immolava se stesso, già nel Figlio Gesù, per il bene della vita di tutti gli altri figli. Dio, facendovi nascere il Figlio, si mette in sottordine al Figlio, ma poi manda anche il Gregge di Maometto, in cui sia ripristinato il valore del Padre, per quel <Dio è il Padrone> che fu posto a fondamento dell’Islam.


19 Non dovete credere che questa svolta, voluta da Dio ad opera del Profeta Mohamed, misconoscesse Gesù. Infatti non l’ha fatto. Ma ha corretto quello che in Gesù non era molto chiaro. Gesù operava nel segno del Padre che l’aveva mandato. Gesù era il latore della volontà di un Padre che era la sua stessa fondamentale natura, ma nel ruolo del figlio che obbedisce al Padre. Quando il Cristianesimo ha minimizzato fino azzerare la differenza tra il Figlio e il Padre, senza accorgersi ha messo il Figlio al posto del Padre, invertendo i due ruoli. L’uomo non può che fare così, perché, essendo una figura relativa, non arriva a comprendere come possano essere assolute sia la Legge, sia l’Amore, sia il Comando. E allora idealizza uno degli aspetti a discapito degli altri due, minimizzati. Così Dio ha fatto sopravvivere gli Ebrei che ne osservano la Legge e sono il suo Popolo, ha fatto sopravvivere il mondo di Fede costruito attorno all’Amore fino alla morte dimostrato mediante il Figlio e ha fatto sopravvivere la Fede di chi celebra l’Ordine esecutivo di Dio Padre. Per l’Islam non esiste la Trinità, perché vede appiattito sia il principio della Bibbia, sia la Fine del Vangelo del Figlio, e deve dotarsi di uno scritto divino nuovo, il Corano,che rispetti la prospettiva della vista trasversale. Invece il Flusso che dal Padre porta al Figlio è visibile tutto quanto, nella visione laterale, e allora Bibbia e Nuova Scrittura sono viste entrambe allo stesso modo. Solo l’una dagli Ebrei, entrambe dai Cristiani. Nella discendenza del Popolo di Dio, il Padre è rappresentato da tutti e tre gli aspetti, e sono pari, nel loro insieme, alla stessa Trinità di Dio. Le tre Fedi diverse devono essere superate ma non stravolte, dal Dio Padre che esiste in tutte e tre. Come il Padre nell’Ebraismo, come il Figlio nel Cristianesimo e come la Verità trasversale dello Spirito santo nell’Islam. Da ciò capite anche come la funzione del Dio Padre, tornato al mondo, completi e raccordi tutte le posizioni donate da Dio Padre a tutti i suoi Figli, quando donò loro una Fede in Dio. Se – in generale – Dio Padre avesse creato un figlio, apparentemente libero, e poi l’avesse costretto alla sua volontà di fare il bere, gli avrebbe imposto il bene e non dato la libertà.


20 Differente la cosa, invece, per il Popolo che Dio ha costruito come SUO. Dio comanda al SUO popolo ed esso è OBBLIGATO ad obbedirgli. Se non gli obbedisce, Dio lo castiga. E’ un popolo che Dio ha costruito nella Terra d’Egitto, della servitù al faraone e che poi condurrà ad esser libero nella Terra Promessa. Ebbene Dio ha costruito questo SUO Popolo per dare ad ogni uomo l’INSEGNAMENTO trascendente di come sono le cose al mondo. Il Popolo è sottoposto all’assoluta servitù a Dio, rappresentato dal Faraone e dal Dio Amon RA, dell’Egitto. In questo Dio, fin dal principio di Adamo, si è dichiarato andare <ad> Amo, verso quel se stesso che sarebbe vissuto in un Amo, oppure un Romano <con Dio>, che in latino si dice <deo>, dunque in un Amodeo Romano, che nel tempo dell’Egitto era Amon RA. Quando la Bibbia scrive <dall’Egitto ho tratto mio figlio> essa scrive che il Figlio è venuto <da> Amodeo Romano, scrivendolo in latino, giacché riferito a un Romano, dunque <ab> R.Amo, e Dio costruisce il Popolo suo facendolo cominciare tutto da Amodeo Romano, perché questo sarebbe stato il nome di Dio. Un Dio Padrone, che detta per filo e per segno il suo Decalogo, che ha un primo punto fondamentale, che descrive l’UNICO Creatore, e poi armonizza il tutto in 10 leggi, essendo Dio sia 10, sia Uno, a partire dalle decime da destinare a Dio, imposte al popolo Ebraico. Tutta la Storia della salvezza del Popolo di Dio è stata scritta come una somma LEZIONE, da cui emergesse il nome che infine avrebbe assunto Dio quando sarebbe venuto al mondo nel Padre e nello Spirito santo, e la necessità di un <passaggio del Mar Rosso> in cui ci sarebbe stato per il Popolo il pericolo di uno Tsunami che fu risparmiato al Popolo di Dio e non ai veneratori del Dio Sole. Questo Tsunami è quanto dovrebbe accadere all’Apocalisse, quando la Terra invertendo i suoi poli sarebbe costretta a ribaltare la sua massa, e gli oceani avrebbero sorpassato i 5 continenti a 1.000 chilometri l’ora per molte ore, livellando tutti i monti e colmando tutte le valli, come nella profezia di Elia, del Battista e nel III segreto di Fatima, che descrisse l’uccisione del Dio sceso sulla terra e che accadrà il 13-10 di questo corrente 2008.


21 Ma l’uomo si tranquillizzi: il Popolo di Dio non patì questo Tsunami globale e sorpassò salvo questo Mar Rosso, guidato da un Mosè dall’Alfa all’Omega che altri non era che a-mose-o, ossia il Dio in Amodeo. Pertanto il Popolo di Dio sarebbe giunto alla Terra Promessa… e sarebbe accaduto su questa terra. Tutte le altre indicazioni, connesse al Ceppo di Abramo, riferite infine al Dio di Tutti, dovranno assumere una gamma ancora più ampia e comprendere anche tutele altre Fedi che Dio Padre ha fatto sorgere nel mondo. Dio, Padre di Tutti, vuole che ognuno accetti la croce di se stesso. Il Buon Seminatore non vuole che la strada o i sassi, o le spine, in cui il buon seminatore semina il buon seme, travalichino la loro natura, che gli fu donata come strada, sassi e spine, perché divengano terreno buono e produttivo. Dio vuole che ciascuno sia se stesso. Perché ognuno, in base a se stesso, ha avuto in dono la piena libertà di portare a maturazione il buon seme che ha ricevuto su quella base. La base di partenza di ognuno è che porti all’unica sublime soluzione che esiste per quel caso relativo. È una soluzione divina. Il Figlio di Dio, sceso nella sua persona ad animarla, mette in campo tutto il suo divino potere per 50 volte i 40 anni trascorsi nel Deserto di altri aiuti. Finché giungiamo all’avvento sulla Terra dello stesso Dio Padre, del Padre buono, che giunge per salvare il suo buon seme. Salvandolo, Dio salva anche se stesso, perché come un buon Padre si è proiettato in esso, con la sua vita. Anche dopo di aver assunto quella condizione filiale, perché essa esistesse e perché portasse alla definizione del figlio giusto e buono, sulla base di quell’iniziale modo datogli di essere. Se un uomo si pone come la strada su cui è riversato il buon seme, questo uomo deve definire chi è Dio, chi è il buon seminatore, in relazione al suo essere strada. Per questo è il Buon Seminatore descritto da Gesù anche quello che semina sulla strada. Le varie condizioni espresse da Gesù (il figlio che conosceva il volere del Padre) sono proprio quell'essere ciascuno quello che ha avuto in dono dal Padre di essere.


22 Chi ha avuto in dono dal padre di una parte, una caratteristica, un carattere, deve vincere la sua battaglia personale. La vincerà senz'altro perché il suo io non è l’io di una persona qualunque ma è lo stesso essere di Dio che lo sta facendo esistere come persona. E Dio non vuole che cada niente del suo progetto e nessuna persona. Dio è un Padre buono che ama tutti. Ama soprattutto coloro ai quali ha assegnato una parte terribile, cattiva, mostruosa. Dio li ama e ama questi malvagi perché non sono anime malvagie ma sono sua stessa anima di se stesso. Il Padre, per far esistere quei malvagi, si è dovuto calare in quelle personalità malvagie per farle esistere. Quanto dolore ha provato il Padre buono a far esistere quei malvagi, assumendo come sua la loro malvagità. Un Hitler, vero personaggio dell'umana vicenda disegnata da Dio, che interviene pesantemente nella vita e ordina lo sterminio degli Ebrei, è un essere così malvagio che, nel suo essere, è di Dio stesso, che si è calato in quel malvagio a far esistere anche quella malvagità come la siepe che soffoca la vita. Pensate al dolore di Dio quando ha assunto quella parte, per far esistere anche quel figlio così malvagio. Quest'anima di Dio, questo Figlio in essenza, che ha animato Hitler ha già avuto la sua pesantissima crocifissione nel personaggio di quel Fhurer. Ma quell’anima è Dio, e farà portare a maturazione anche il seme seminato in quel terribile caso. Dio, che ha dovuto animare anche quel terribile personaggio, alla fine salverà tutto e proprio il suo pentimento e pieno recupero sarà il massimo godimento di Dio descritto da Gesù quando disse che c'è più gioia in cielo per ogni peccatore pentito che di tutti i buoni che non hanno avuto bisogno di un pentimento. Dio Padre ha tanto amato ogni membro della sua creazione da dare a tutti, per quanto necessariamente e inizialmente malvagi, l'occasione di vincere la propria partita cominciata da un punto così negativo. Ciascuno ce la farà. Pertanto, questa è la prerogativa di Dio Padre: egli crea tutto ed ha il dominio su tutto. Tutto il male, per quanto male possa sembrare in un primo tempo, sarà superato da Dio, in virtù di un amore paterno e infinito che può correggere ogni male, perché dona a ogni possibilità, dei buoni e cattivi di ogni tipo e livello, di avere alla fine lo stesso successo preparato per tutti.


23 Il successo comune sarà come l'estrema armonia di una musica alla quale ciascuno partecipi per come è stato liberamente chiamato a farlo. C'è così chi nella vita sembra di avere scelto liberamente di fare il cantante, chi il suonatore, e chi invece che ha scelto il silenzio, disprezzando ogni suono, inteso come rumore. Ma che peccato se anche il silenzio non partecipasse a creare la musica, facendo tacere volta per volta alcuni strumenti o cantanti e ad abbassare il livello del suono da essi prodotto! Se non esistesse un silenzio così prepotente, ad un certo punto, da far tacere tutti perché canti o suoni solo un solista, con un suono flebile e delicato, se non esistesse un silenzio così generale e quindi un rifiuto così generale del Dio-suono, allora non avrebbe alcuna possibilità di esistere anche questa musica lieve, leggera, che si stagli e spicchi rispetto al momento nel quale invece tutti i musicisti e tutti i cantanti esplodono tutta la loro potenza. Allo stesso modo, un quadro che non contenesse tutti i colori, ma solo quello che li contiene tutti, ovvero il bianco, sarebbe quella tela bianca ed iniziale in cui manca proprio l'opera e questa opera sta proprio nel togliere al tutto bianco alcune lunghezze d'onda della luce e in modo che, alla fine, quando anche ha tolto tutto alla luce, c'è il vero esistere di tutte queste possibilità diverse, affinché partecipino al quadro a crearne la bellezza. Il dipinto teoricamente più bello è quello che contiene tutti i colori e tutte le gamme e tutte le tonalità, a partire dal nero fino al bianco più luminoso e ad ogni colore. L’opera creativa di questo grande Pittore si poggia anche sulla possibilità data dal nero che sembra essere il rifiuto di ogni luce ed ogni colore, ed è a suo modo un colore identico a tutti gli altri. L'uomo deve arrivare finalmente a capire che il nero che vede nella sua vita, come la condizione di dolore, di sofferenza e di peccato, sia solo una condizione opprimente che inizialmente sembra essere solo negativa. E deve sapere che anche per quel nero, soprattutto a causa sua, esiste infine la luce complessiva di tutto il quadro definitivo della esistenza umana. La tinta nera non va disprezzata, è semplicemente diversa dalle altre, come lo sono tutte le altre tra loro. Non c'è merito nei singoli colori, anche se un pittore, quando compera in un negozio i tubetti di colori su cui fonderà tutta la sua opera, ne predilige alcuni e li acquista agli altri


24 di cui non si attrezza. Anche se realmente egli così procede ed ama una tonalità rispetto un’altra, sa benissimo che ogni pigmento di cui si avvarrà avrà la sua precisa importanza. Così, il nero della vita che sembra essere il suo male, non è mai del tutto negativo perché ha la funzione indispensabile di far rifulgere solo tutto quello che gli è contrapposto. La sua funzione, assolutamente sorprendente, è allora molto simile proprio alla funzione del Dio Padre, che esiste non visto per far risplendere solo la luce e i vari colori dei Figli. In questo soprattutto Dio Padre si differenzia dalla Dia Madre Madonna, perché non indulge in alcun modo a farsi scorgere in modo positivo, amoroso, piacevole, ed è invece come un gran <burbero benefico>. La funzione opposta, di chi trascini per la sua luce e i suoi abiti color cielo, è la Madonna. Se Dio Padre non assumesse anche l’aspetto della Dea Madre spingerebbe con forza da dietro, senza attrarre con il suo fascino dal davanti. Padre e Madre sono la coppia di Dio Padre e Spirito santo, e quest’ultimo si mostra umanamente nel mondo attraverso l’incarnazione della Sede della Sapienza, sua Divina Sposa. Quando si chiama Madre di Dio la Madonna e le si attribuisce solo la dimensione umana si compie un fondamentale errore. Maria Santissima incarnò proprio la Madre, il volto Materno di Dio Padre. Ed espresse in se stessa la “serva” di Dio di un Dio volto esclusivamente al servizio di dare umanamente vita. Un Dio che non si mostrò, non affermò altro che il suo solo essere <in funzione del Figlio>. E così è anche Dio Padre: come quel colore nero che <serve> solo a dar luce e colore a tutti gli altri colori e alle altre luci. Questo modo divino di essere, di Dio Padre e Madre, si chiama <abnegazione personale> e la si riconosce molto bene proprio nel nero, che <trattiene tutta la luce, e dunque l’ha tutta quanta IN SE’>, ma si mostra come se l’avesse <negata a se stesso>… tanto che non <rimanda> alcuna luce, come se fosse la negazione della luce. Invece ne è l’esaltazione. Come in tutto, anche qui il mondo reale si presenta come fa sempre, mostrando in modo esatto l’opposto dinamismo rispetto a quello che è quello <vero>. Quando allora si arriverà a capire anche in tutto <il nero> della vita che chi <trattiene tutto per sé, e non dà nulla agli altri> e


25 sembra egoista, prepotente e cattivo, corrisponde esattamente alla bontà di Dio Padre che vuole tingere di nero se stesso per far risplendere la bontà degli altri,si sarà finalmente riusciti a capire la vita nel modo “trascendente” la realtà che vediamo e che è il modo “divino”. Chi vede la vita in questo modo “divino” e “trascendente” arriva a vedere il bene soltanto, come la lunga e differenziata mano di Dio, che opera con la “severità essenziale” del burbero Padre, e la “condiscendenza amorosa” della Madre. Se fosse tutto nero… sarebbe terribile, ma anche se fosse tutto bianco, perché – troppo espresso in tutto – sarebbe come inespresso, come quella condizione che, contenendo tutto <in atto>, è solo quella iniziale in cui poi comincia, a poco a poco, l’espoliazione di luci, toni e frequenze a quel bianco, fino a farlo infine divenire… sì, tutto nero, quel colore che sembra essere manchevole di tutto, ma lo è solo perché incorpora in se stesso ogni luce e colore e li contiene tutti <in potenza>. In questo cammino assoluto, dalla luce tutta <in atto> nel bianco a quella tutta <in potenza> nel nero, si gioca tutta la gamma della vita umana, che viene dalla Dea Madre e porta a Dio Padre. Dio Padre è l’unico Dio Totale, perché ha in se tutto per far rifulgere tutti i figli <nell’atto della sua potenza>. Per questo <atto> occorre che Padre e Madre collaborino in unità, che si sposino. Solo allora <generano> vita senza fine. Quello Spirito santo che è Signore e dà la vita è la Madre, Signora di quanto <è in atto> e assume vita dal Padre e crea in se stessa, <mette in atto> nel suo ventre, la vita umana. L’Unità del Padre viene prima della Madre. Perché se il nero non contenesse in se stesso tutta la luce, tanto da non mostrarne nessuna al suo esterno, non vi sarebbe luce da poter essere posta <in atto> mediante la <gestazione materna>. E’ in questo modo preciso che si gioca l’Unità e Trinità di Dio. Infatti Dio Padre è il Dio Uno celebrato dagli Ebrei e dai Musulmani, che non ne ammettono la Trinità, mentre la Triade Padre, Madre (o Spirito santo) e Figlio sono il <nucleo> della vita eterna di Dio, che è simile alla vita umana perché Dio è la <sublimazione> della vita umana, voluta dallo stesso Dio che infonde del suo Essere tutta questa vita, per farla essere nel Relativo, Egli che è l’ESSERE in assoluto.


26 Per farla ESSERE, l’unico Dio deve sdoppiarsi in Padre e Madre (o Spirito santo Madre della vita), generando la Madre dal suo UNICO essere il Padre, allo stesso modo di Eva tratta dalla costola di Adamo. Ci deve essere questa <derivazione>, della Madre come lo Spirito santo che trascende o procede dal Padre alla Madre perché assieme, come un 1/1, generino 1 figlio. Pertanto, o uomini cari, il Dio Padre che si è calato in me Romano, ma anche in ciascuno di voi, opera proprio come il nero che sta in tutti voi e – a causa del disprezzo che suscita – è finalizzato a far essere SOLO VOI. Ma opera nella dinamica inversa a quella che voi vedete nel reale: e mentre vi sembra che la vostra vita assuma il color nero del dolore, della malattia e della morte, Dio Padre vi sta traendo via da tutto questo in cui voi sembrate andare… e – resosi nero e non visto – proprio con ciò vi salva! Come il quadro inizia con il bianco in cui è <in atto> ogni colore, sottraendo, punto dopo punto, frequenze di luce a quel bianco, così è la vita umana: comincia proprio da una opera in cui già tutto è <in atto>. Questa è la condizione <degli ultimi che sono i primi> espressa da Gesù e gli ultimi istanti della vita sono veramente i primi della vostra vita, quelli che la contengono tutta <presente in atto> e sono come l’iniziale bianco della tela da dipingere. Aggiungere colori a quel bianco significa <togliere> momenti a quel <bianco totale>,a quel <tutto compiuto> totale. Voi nascete da quella morte e già conoscete tutto il vostro futuro. Dio Padre non vi crea in modo oscuro, ma presentandovi già svolta tutta la vostra vita…che cominciate a svolgere in un fantastico ma vero replay, che, annullando giorni, mesi ed anni di vita, sembrano aggiungere colori a quel bianco, che diventano poi sempre più scuri, finché, giunti a ritroso al momento natale, tutta la vita è rientrata nel buio del suo esistere solo <in potenza>. In questo modo tutto il bene e il male visti ora <compiuti> dall’uomo nella vita, hanno la loro verità in quanto “assolutamente trascende” questa realtà del <compiersi>, perché la verità “divina” sta nel loro <disfacimento progressivo>, di tutto l’aspetto pieno della vita già tutta fatta ed apparente nel bianco, che si colora e si inscurisce sempre più, disfacendosi ogni luce apparente, alla fine, nel nero di quanto tutto il colore è stato trattenuto in se stessi,


27 come una luce che può nuovamente esplodere a vostra volontà, quando sarete rientrati fino a Dio, ripercorrendo tutta la via di Padre-Madre-Figlio, nel senso inverso che dal figlio procede nella Madre e poi nello Sperma del Padre. Le donne non si sentano umiliate a discendere “divinamente” dagli uomini, nel mentre “realmente”, in questa realtà vista al contrario del vero, esse sole sembrano costruire la vita, essendone la culla. Ma l’ovulo materno è proprio questa culla della vita, ed essa, nei maschi e nelle femmine, è solo il frutto dell’iniziativa reale della gara degli spermatozoi, per avere accesso e fecondare quella culla. Insisto su questo tasto perché c’è questa basilare differenza tra il maschio e la femmina, la stessa che c’è tra la Madonna condiscendente e il Padre che sembra negarsi, dopo di avere espresso il suo essenziale spunto iniziale, fondamentale alla vita di un ovulo che è solo in attesa. La Madonna, allo stesso modo, è in attesa. Quando si manifesta, nella sua reale presenza nel mondo, come accade da decenni a Medjugorje, è in attesa che il Padre oscuro infine si presenti. Infatti il Padre nero e invisibile si è presentato nel mondo, da sempre. Si è crocefisso nei due Ladroni ai due lati di Gesù sul calvario, ed aveva l’aspetto nero di un Ladro, che nottetempo svaligia gli altri d’ogni bene. Non protestate, ribellandovi all’idea di Dio Padre e Madre nei due Ladroni alla destra e alla sinistra di Gesù, che voi mai avete celebrato… perché Dio Padre non vuole essere celebrato! Vuole che celebriate la Madre, e, sul Calvario, ai piedi della Croce, c’era umanamente Maria, una Madre per voi riconoscibile, mentre non sapete scorgerla tra i due Ladroni, per quell’aspetto “trascendente” dello Spirito santo legato alla Madre a sua volta “trascesa” da Dio Padre. Dei due Ladroni, Dio Madre era quello pentito. L’altro, biasimato da tutti perché accanito Ladrone e critico, beffardo nei confronti di Gesù, era il NERO ed invisibile Dio padre sceso in quel massimo peccatore a distruggere, sul calvario che crocefisse tutto il Dio Uno e Trino… il peccato che sembrava distrutto solo da Gesù per il modo consueto di agire,


28 dei genitori, solo a vantaggio dei figli e perché essi subentrino alla loro vita. Questo nostro Dio creatore, Dio Padre, che infine viene ed è presente umanamente sulla terra, stavolta venuto come se stesso, ci viene dunque nel momento nel quale deve dimostrare a tutti come egli opera per la vita di tutti, come messa sul piatto di una bilancia, e allora mette sull'altro piatto la sua stessa vita. Lo fa dopo di aver messo sul piatto della bilancia la sua vita reale, vissuta per settanta anni, in una condizione <nera e oscura> di una assoluta mancanza di lode da parte degli uomini che egli, Dio stesso, ha creato. Così io, Romano Amodeo, che sono solo il portatore di questo Dio, da quando sono nato fino ai miei settanta anni compiuti, ho assunto nella mia vita delle posizioni personali coraggiose e caratteristiche proprio del modo con cui opera un Padre, ma esse non sono state quasi mai degnate di lode, se non qualche rarissima volta da mio Padre da mia Madre, che avevano intravisto in me il mistero di una straordinaria predestinazione divina e si attendevano grandi cose che poi non riconobbero, quando le videro… a parte mia madre, ma solo quando era scimunita dal Morbo di Alzheimer o dalla Demenza Senile, negli ultimissimi anni della sua vita. Tutti gli altri – dico tutti ! – si sono sempre ben guardarti dal farmi lodi, vedendo solo all’opera un personaggio avente una gran quantità di lati oscuri. Se ne sono ben guardarti sia per non creare in me delle condizioni esaltate, sia perché non vedevano in me proprio nulla per cui ci si potesse esaltare. Anche quando ho avuto ruoli modesti, come di chi giochi al calcio e segni un gol, anche allora la gioia che mi è stata dimostrata dai compagni non è stata mai proporzionata ai meriti che avevo, perché, dirigendo io le mie squadre, chi vi giocava dentro finiva per essere inibito dal mio ruolo egemone, e non voleva che io mi dessi ancora più importanza di quella che avevo.


29 Non ho avuto lodi quando ho creato un'azienda e, per farla esistere, ho messo in gioco tutto quello che avevo, mettendolo sul piatto della bilancia e consumandolo fino alla fine, per dare possibilità ai miei dipendenti, di uno stipendio e di una loro vita costruita è donata loro da un datore di lavoro che per far guadagnare loro perdeva tutto il suo. Anche in quel caso io non fui mai lodato, se non da principio. Accadeva che quando una ragazzo veniva da me e mi chiedeva d’impiegarlo, io gli rispondevo che non avevo bisogno di lui, ma egli di me. Io non avrei potuto assumerlo, perché, avendo più di tre dipendenti, avrei potuto assumere un principiante solo attingendo il solo nome da un elenco pubblico. Potevo però assumere chi volevo se era un vero operaio specializzato. E allora io dovevo gratificarlo di questo titolo, di operaio specializzato, che non aveva, per poterlo assumere liberamente… e lo avrei fatto e gli avrei dato anche il mensile da quell’operaio specializzato che egli non era. Egli avrebbe fatto, da parte sua, il suo possibile, avendo ben considerato la situazione cui partecipava, di una azienda già piena di persone, e più del necessario. Questo ragazzo, accortosi del mio amore nei suoi confronti, per mesi mi lodava, ma poi, quando cominciava ad accorgersi che il mio amore per lui andava oltre lui perché io ne assumevo un secondo e un terzo, cominciava a pensare, senza dirmelo chiaramente: "Ma come puoi assumere tutti così? Puoi assumerne 2, 3, ma non tutti quanti!” E così, la lode iniziale diveniva una critica disapprovazione, quando l'aiuto e l'amore dato a lui lo davo ad altri nella sua stessa condizione. Quando io nella mia vita ho incontrato l'amore per Gesù Cristo in un modo così travolgente che io ho desiderato di non vivere più per me, ma di far esistere Gesù in me (ed è stato proprio il momento in cui si è attivato il mio essere Padre suo), e allora ho messo questo amore sul piatto fondamentale della mia bilancia, e tutto resto, ossia la mia famiglia, i miei genitori e suoceri e tutti gli altri affetti su un piatto secondario, anche allora io non sono stato per nulla lodato, ma terribilmente criticato. La mia famiglia, i miei suoceri e tutti coloro che vivevano in un certo senso una seppur minima dipendenza da me, mi dicevano: "Vivi per tutti? E noi chi siamo? Tu non vivi per noi? "


30 Quando mi sono confrontato coi miei dipendenti che non mi approvavano, io li capivo: essi avevano l'abitudine a gestire la vita a partire da uno stipendio assicurato. Non potevano ben comprendere chi invece buttasse le reti in un mare, solo nella speranza e senza alcuna garanzia poi di poter prendere del pesce con certezza. Io che rischiavo una vita così dedicata al Cristo, che non lo facevo a partire dalla certezza iniziale di un bene, ero naturalmente uno che rischiava troppo, per il loro modo di vedere da impiegati, persone che, appunto, partivano dalla garanzia di uno stipendio fisso su cui potevano confidare. Allora ho cercato di confrontarmi con imprenditori che fossero cristiani come me. Trovai quelli di Comunione e Liberazione, nel momento iniziale del nascere della Compagnia delle Opere, nata da CL. Ho portato così ad essi la mia esperienza di uno che aveva creato una struttura tutta volta al bene di chi vi lavorava e che avevo messo tutta nelle mani di Dio, nella certezza che la Provvidenza avrebbe fatto quello che era il meglio, in relazione a questa mia opera, che si fondava interamente sulla giusta e immancabile Provvidenza di Dio. Ebbene, dalla Compagnia delle Opere, io fui pesantemente criticato! Mi dissero: <Tu non devi farlo! Se tu sei veramente intenzionato a che esista il bene di chi lavora nella tua azienda, per prima cosa deve pensare al bene dell'azienda!>. Io gli rispondevo che il bene dell'azienda era il bene di un qualcosa che non esisteva, se non si trasformava immediatamente nel bene delle persone che lavoravano nell'azienda. L'azienda non esisteva in se stessa, ma le persone sì. Mi recai, dopo dodici anni, dal fondatore di Comunione e Liberazione e gli esposi l'essenza del mio problema umano. Gli dissi: "Don Giussani, io sono sposato, ho famiglia, ma nella mia personale libertà sto orientando la mia vita poggiandola esclusivamente sulla Provvidenza di Dio. Umanamente parlando io sto rischiando moltissimo, perché, poggiandomi sulla Provvidenza di Dio, io compio quotidianamente passi come nel vuoto, nella speranza e nella certezza che Dio poi mi aiuti, se ciò è nel suo disegno! Mi rendo conto che questo mio modo di agire e di pensare, umanamente parlando, è il modo usato da uno che è


31 giudicato molto imprudente. Mi rendo conto che io metto a repentaglio non solo la mia vita, ma anche quella della famiglia, che non mi approva in questo mio affidarmi alla Provvidenza di Dio. Allora, anche se poi vede che io mi impegno al massimo e sto tutt’altro che a guardare. Caro Don Giussani, che cosa devo fare? Devo seguitare a vivere questa mia assoluta dipendenza da Dio e dalla sua Divina Provvidenza o devo ricominciare a poggiarmi solo sulla mia umana capacità di vedere, prevedere e provvedere agli eventi? Devo non considerare le pressioni e le spinte che io ricevo dalla mia famiglia perché io ho una "ragione di più " opporre devo continuare ad affidarmi così tanto a Dio?" Don Giussani non seppe cosa rispondermi. Volle prendere tempo. Mi disse: "Ci penso su. Poi ti farò sapere ". Non ci fu un tempo in cui mi fece sapere né io ebbi più modo di interrogarlo in relazione a questo quesito. Ma, nemmeno lui, una persona così giusta nella valutazione di Gesù Cristo e di quello che ci chiede, nemmeno lui ebbe parole di lodi per quello che io stavo facendo. Semplicemente non seppe cosa dirmi. Dovette pensarci su. Poi, dopo dodici anni in cui io condussi in un modo così apparentemente spericolato la conduzione della mia esperienza, e Dio volle che io cambiassi il tipo della risposta, io fui costretto a fallire. Quindi io fallii tre volte, come persona, come ditta individuale, e come società a responsabilità limitata. Fallì al Tribunale di Milano. Fu un momento terribile nel quale io ho non ebbi lodi da nessuno… ma in un modo oscuro da Dio, e che avrei conosciuto solo 19 anni dopo! Dio mi lodò in modo indiretto, il giorno 28 febbraio 1988, festività liturgica di San Romano. In quel giorno, rivolgendovi al mio santo protettore, decisi di salire sulla croce del mio fallimento personale, del mio umano tentativo di dar corpo Gesù. Nello stesso giorno, a Montesilvano, vicino a Pescara, 20.000 persone, sotto una croce in calcestruzzo eretta sulla “Collina della vecchia”, aspettarono in cielo un miracolo che era stato annunciato <più grande che a Fatima e a Lourdes>. Questo giudizio di grandezza era stato espresso a Don Diodati, il viceparroco della Chiesa di Sant’Antonio di Montesilvano, addirittura da Gesù, che il buon Don Diodati, assieme a una sua figlia spirituale di cognome Fioritti, vedevano quotidianamente da


32 quasi un anno e che aveva detto loro due della grandezza estrema del miracolo che sarebbe successo il 28 febbraio 1988. Essi, aderendo alle pressioni di Gesù e della Madonna, avevano indetto una conferenza stampa per avvertire tutti di questo grande miracolo. Ci fu molto scalpore nella Chiesa locale ma anche in quella italiana, quando essa fu messa di fronte alle dichiarazioni di questo sacerdote. Ma, quando quel giorno venne, le 20.000 persone accorse da tutta Italia ad attendere questo grande miracolo furono messe in croce, come il Dio in me che salì in croce quel giorno a Milano, quando io mi decisi a salire sulla croce del mio tentativo umano <di dar corpo Gesù>. In quel giorno di San Romano, che io Romano salii sulla croce di Gesù facendolo non visto a Milano, il mio gesto non si vide, a Montesilvano, e fu decretato il solenne fallimento dell’attesa di quel miracolo. Ebbene, quel fallimento che successe, fu il fallimento di San Romano, cioè accaduto nel giorno di quella celebrazione liturgica, e trascese il fallimento del San Romano vivo in me che, a Milano, e dunque lontano dalla loro vista, però stavo salendo sulla stessa croce di Gesù Cristo del mio paterno tentativo di dar corpo a Cristo. Non fui lodato da nessuno quando io assunsi la croce del mio fallimento. Ma è evidente: come si può essere lodati nel momento di un fallimento? Eppure la gloria “divina” e “trascendente” viene proprio nella vita umana quando essa assume la massima croce del fallimento! In me era apparso proprio il fallimento <paterno> di un Padre umano che cerca di <dar corpo> in sé stesso all'esistenza del figlio Gesù! E non ricevetti lodi in seguito, quando - nella necessità umana di riprendermi - mi ritrovai con la mia madre che si ammalò del Morbo di Alzheimer, o di demenza senile, e necessitò di chi la prendesse come un bravo figlio per mano, e non la lasciasse più finché Dio non l’assumesse nel suo cielo. Occorreva lo straordinario amore di un figlio che abbandonasse ogni cosa per prendere nella sua mano la mano di sua madre e farsi così Padre e Madre a lei stessa… e io lo feci. Credete che io sia stato mai lodato per aver scelto una cosa di questo tipo? Sbagliereste a crederlo! Perfino mio fratello pensò


33 che quella era stata per me, tutto sommato, una fortuna giunta nel momento in cui, essendo fallito, dovevo potermi appoggiare, per vivere, alla pensione di nostra Madre. Molti giudicarono che fosse quasi comodo, da parte mia, che mi ritirassi da tutto e mi riducessi solo a fare l'infermiere a vita di mia madre, smettendo ogni altra preoccupazione! Però mio fratello, quando anni dopo si sarebbe sentito fare una domanda se voleva prendere lui in casa nostra mamma, sostituendosi a me, riunì la sua famiglia e assieme decisero che il compito era troppo gravoso e pieno di responsabilità. Erano disposti a farsi carico di mamma, ma solo facendola ricoverare in una struttura che le desse più di quanto potessero darle loro. Quando però prima io avevo avuto questa apparente predisposizione a quel compito gravoso e a quella responsabilità, non gli era parso qualcosa per cui io potessi essere lodato ma un sacrificio fatto da mamma, che viveva male assieme a me, ma intanto mi aiutava. E, quando, successivamente, mentre io curavo mia madre, e la mia madre del cielo – quella Madonna che mi aveva prodigiosamente fatto guarire da un male incurabile a due anni e mezzo tanto di venire la mia vera madre – cominciò a ricompensarmi per quello che io stavo facendo alla mia madre terrena (avendo per essa rinunciato a tutto) e mi infuse la Sapienza di Lei, Sede della Sapienza… neanche allora io ebbi lodi per il mio tentativo di aiutare la Scienza e il Cristianesimo. Il mio stesso fratello, come vi ho raccontato all'inizio, era contrario. Giudicava che io non potessi arrivare a nessuna personale conclusione. Che io perdessi mio tempo. Quando, trasferito mi a Saronno, cercai di rispondere al Papa Giovanni Paolo II che, rivolgendosi ai filosofi, aveva chiesto che venisse scoperto finalmente quanto di ragione vi fosse del Vangelo di Gesù, io fui io solo che raccolse tutto il coraggio stimolato dal Papa, che spingeva tutti i filosofi. Ma accadde che quando tentai di rispondere, io non fui minimamente lodato dalla Chiesa, ma messo nuovamente in croce! Accadde che, mentre il Papa assicurava in quella sua Enciclica <Fides et Ratio> che il filosofo che avesse tentato di trovare questo nuovo percorso sarebbe stato aiutato dalla fede,


34 perché ne avrebbe avuto l'avvocatura, io mi trovai invece di fronte non ad avvocati difensori, ma addirittura a pubblici accusatori… che mi condannarono a morte. Fui costretto a digiunare e digiunai 57 giorni consecutivi. Credete che io abbia ricevuto lodi per averlo fatto? No, uno studente del Seminario mi disse che io stavo spaccando in due la Chiesa e questa giudicò in un modo terribile il povero misconosciuto Dio Padre-Spirito santo in me, dicendo a lui mediante me: "Tu non sei all'altezza! ". Mentre il Papa mi benediceva apostolicamente due volte perché io indicevo un Convegno che portasse avanti l'Enciclica <Fides et Ratio>, don Luigi Carnelli, il mio confessore e parroco della chiesa di San Giovanni Battista di Saronno, evitava perfino di dire ai parrocchiani che il Santo Padre mi aveva benedetto per quanto stavo facendo. Egli non condivideva assolutamente la mia iniziativa singola. Chi ero io per rispondere al Papa? Avrei potuto farlo in una struttura della Chiesa, se questa si faceva carico di me! Ma, come singolo filosofo, io non avevo, secondo lui, dei motivi fondati per rispondere al Papa… che aveva chiesto ai singoli filosofi di trovare tutto il loro coraggio, <volare alto> col loro filosofeggiare e infine rispondere, sia fossero Cristiani, sia no! Mi trovai così di fronte ad un sacerdote bravo, ma del tutto incapace a comprendere l'enciclica <Fides et Ratio> del Papa, nella parte in cui questi aveva mandato come veri <Messia della ragione>, i filosofi, affinché cercassero la via ragionevole che portasse al Cristo. Il Pontefice, da parte sua, ammetteva con ciò stesso di non conoscere questa ragione, perché essa non esisteva. Non la riconosceva nemmeno nel contributo dato dal Magistero della Chiesa, altrimenti non avrebbe incaricato i filosofi di cercarla, essendo già stata ben definita dal corpo della Chiesa. Il Papa si rendeva lucidamente conto che tutta la Ragione di Gesù Cristo era riconosciuta dal Magistero della Chiesa così come egli stesso la conosceva, ossia solo in base all'autorità chiara ed evidente attribuita per pura Fede a Gesù Cristo! Si credevano generalmente nelle sue ragioni solo perché Gesù era giudicato sommamente attendibile, e non perché “avesse evidentemente ragione”! Il Vicario di Cristo cercava allora questa verità autonoma, e, cercandola, ammetteva pubblicamente che fossero i filosofi a doverlo fare, per quell’arte in se stessa del ragionare che


35 non doveva seguitare ad esser timida ma doveva proprio decidersi a ritornare a <volare alto> come faceva nei primi tempi! Invece, non era questa l'idea del buon don Luigi Carnelli! Per lui, evidentemente, la fede ne sapeva già abbastanza! Il suo era l'atteggiamento dei tanti Fideisti che non riconoscevano la necessità di un <Messia della ragione>! Non c'era nessun bisogno di costui perché la fede era e doveva restare il solo fondamento, anche della Ragione! Se essa si fosse appoggiata sulla ragionevolezza, che merito ne avrebbe avuto? Ecco loro non facevano una questione che fosse relativa alla verità, ma al merito che ha il cristiano ad aver fede rispetto a chi non l’ha! Costoro non si rendevano conto di che povera fine avesse fatto il vangelo di Gesù Cristo, non aiutato nel tempo dal santo Spirito della Verità che opera attraverso la ragione e si manifesta sia nella Scienza, sia nella Filosofia. Era divenuto, essendo vivo nell’intelligenza di chi credeva nella Verità del mondo, un Vangelo che era stato stravolto nella sua essenza più profonda! Per il tentativo assiduo dei Dottori della Chiesa di ricondurre il Vangelo di Gesù nell'ottica comprensibile all'uomo, tutta la fede straordinaria del messaggio trascendente di Gesù era stata tradotta e adattata alla comprensione che si aveva in questo mondo, e che non era trascendente ma immanente. Con ciò aveva cessato di essere una fede divina, che trascendesse questa realtà, ma che si era conformata pienamente a questa stessa realtà che, come ho già scritto prima <è uguale e contraria> alla verità “divina”, che è appunto “trascendente” rispetto alla realtà umana! In questo modo i Dottori della Chiesa avevano fatto una quantità enorme di trasformazioni ed adattamenti del messaggio trascendente di Gesù, tanto che alla fine esso era stato esattamente capovolto: l’uomo non doveva affidarsi interamente alla Divina Provvidenza ma ai Valori del proprio Spirito santo. E questo Spirito non era compreso come un puro tramite che ricongiungesse l Creatura all’Unicità del Creatore, ma un Valore che poteva essere donato all’uomo tanto che il Creatore potesse essere validamente sostituito da una miriade di altri creatori non poveri di Spirito, ma Ricchi, non poveri di risorse economiche, ma Ricco e destinate tutte alla realizzazione del disegno di Gesù che invece Gesù raccomandava di non fare più di tanto perché un


36 Giglio era reso tale da Dio senza che esso arasse e concimasse il campo in cui pescava ed era voluto così Bello. Laddove la verità “trascende” il mondo ed è condotta dal Creatore, i Dottori della Chiesa avevano idealizzato la soluzione di una verità “immanente” e posseduta dalla Creature, pienamente capaci e responsabili dell’attuazione del Vangelo di Gesù… che poi raccomandava quanto era perfettamente opposto. Essendo Maestri di un Chiesa che biasimava la dipendenza logica da una Verità filosofica, essi non si avvedevano di questa terribile incongruenza che avevano inserito nella Fede in Cristo e l’avevano trasformata nella Fede dell’Anti-Cristo, nel contrario di quanto aveva affermato Gesù. Questo era l’Anticristo che <era atteso> alla Fine del Tempo. Nelle mani di tali <Anti-Cristo> il Libero Arbitrio (di compiere consapevolmente il Bene o il Male, che era stato conquistato dall’uomo attraverso la disobbedienza di Adamo, che aveva contravvenuto l’ordine divino e aveva mangiato dell’albero della conoscenza del Bene e del Male) diveniva, da frutto di <disobbedienza vera> qual era il risultato di un <vero dono> ricevuto da Dio, come se il Signore avesse <donato> e non <rifiutato> ad Adamo e a tutti gli uomini quella conoscenza che li portava poi alla pretesa di sostituirsi a Dio nel vano tentativo di fare il bene nel mondo. Mentre la Verità trascendente era quella di una realtà già compiuta e che gradatamente veniva tolta all’uomo, per poterlo poi rivestire di quella potenza ideale che è un bene che non si consuma, il suo uguale e contrario era una apparente e non vera Verità,dunque un Falsità osservata come una vera capacità fattiva dell’uomo, che si vedeva in grado di fare ed avere e consumare quello che Dio disfaceva e toglieva e investiva tutto in quel definitivo futuro del Paradiso Terrestre, che esisteva in eterno e in cui nulla più si consumava e moriva. Capite tutti quindi la grande necessità, da parte del Dio Padre, di intervenire nei confronti di questi <Anti-Cristo> e di raddrizzare le idee a questi che hanno a poco a poco ribaltato tutto il Vangelo di Gesù Cristo, sulla base di una ragione mal intesa, perché portata avanti da <dilettanti> della Verità, che non erano capaci di distinguere le incongruenze introdotte nella Fede del Figlio.


37 Ecco, quando il Papa desiderò che fossero i filosofi a dimostrare vera la ragione di Gesù Cristo, accadde per il volere di Dio Padre-Spirito santo di reintrodurre la verità “trascendente” e <divina>, che era stata inavvertitamente sostituita da quella “immanente” ed <umana>. Se ci fate attenzione,oggi non c’è più nessuna differenza tra un <credente> in Gesù Cristo e un semplice <uomo per bene> che non gli crede affatto, e questo è il segno di uno stesso Vangelo che è stato trasformato in un Vangelo Anti-Cristo, che lo ha conformato pienamente alla stessa ottica del cosiddetto <uomo per bene>. Dove è più la <norma> e non <l’eccezione alla norma> che spinge tutti al sacrificio della propria vita ed all’abbraccio della propria croce? L’uomo per bene, di oggi, riconosce il suo bene nel bene e non nel bene “trascendente” dato dalla Croce. Accetta anche l’idea che in particolari casi l’uomo debba anche sacrificarsi per gli altri, ma se ciò è una <eccezione> alla norma e non la noma. Per la mentalità corrente se tutti gli uomini idealizzassero il bene della croce tutti gli uomini l’avrebbero, e non sarebbe il loro bene. Il Vangelo di Gesù, divenuto il Vangelo dell’Anti-Cristo, predica la stessa cosa e afferma che l’Amore di Dio sta nel giusto equilibrio, qui in questo mondo, tra l’egoismo e l’altruismo… e non sull’altro mondo che è il Regno dei Cieli. Bisogna fare di tutto per raddrizzare questo mondo nell’ottica del mondo che si ha in questo mondo! Ecco il bisogno che Dio Padre-Spirito santo suscitò, suscitandolo nel Pontefice Giovanni Paolo II, affinché lo Spirito santo che come strumento ideale ha la Filosofia venisse ad illuminare le menti dell’uomo a scoprire un percorso nuovo e ragionevole che aiutasse quello di carato <irragionevole> dalla stesso Papa che, a conoscenza della capacità e competenza conferita da Dio alla Filosofia, venisse a scongiurare i pericoli corsi da una Fede che era stata gestita non dalla indipendente Ragione dei Filosofi ma da quella dei Fideisti, dipendente in tutta dalla Fede ed incapace di effettuare un vero controllo sulla ragionevolezza della Fede. Quando però fui io, il Dio Padre-Spirito santo di Romano, a voler dare questa risposta al Papa, a parte le iniziali benedizioni apostoliche date con molta facilità a chi presenta buone


38 intenzioni, dallo stesso Vaticano non giunsero più lodi ma una vera condanna a <morire pure> se il Dio in Romano <non mangiava più fino a morire>, perché doveva dare al Papa le richiesta fatte dal Papa e non certo per l’apparente intuizione sua, ma per la precisa volontà di Padre e Spirito santo di ripristinare il Vangelo del Cristo a quello attuale dell’Anti-Cristo. Invece dell’acqua che è la linfa vitale, la Chiesa Cristiana Apostolica Romana accettò il sangue del Dio Padre-Spirito santo in Romano. E se non credete che in Romano ciò vi fosse, perché era solo un <poveretto>, un <ultimo> nei confronti di Pietro e non doveva pretendere nulla, lo pensate ancora una volta secondo la mentalità dell’Anti-Cristo. Infatti, per Gesù, tutte le cose fatte in bene e in male ad un <suo povero>, sono fatte espressamente a Dio. Per Gesù, Pietro deve occuparsi delle sue pecorelle e dei suoi agnelli, e deve farlo personalmente, perché per tre volte glielo raccomandò nell’episodio della <pesca miracolosa> dei 153 grossi pesci con cui di conclusero i 4 vangeli. Ma, <cinto da un altro> - ossia dall’Anti-Cristo – Pietro sarebbe stato portato dove non avrebbe voluto: a cercar di far vivere la sua <potenza>, per cui non poteva aver tempo per un ultimo, dovendo occuparsi dei primi e più influenti di questo mondo, e non la sua <misericordia>, per cui proprio in virtù del suo primato, si mettesse a <lavare i piedi> ed a <servire> all’ultimo. Così si attuò nuovamente la PRIMA PIAGA di Egitto, quella della Fine dei tempi, e il Dio in Romano dovette cominciare a non mangiare più fino a morirne, se Pietro non voleva ascoltare più il triplice invito dato dal Cristo ad occuparsi delle sue pecorelle e agnelli e non dei capi degli altri greggi. La mancanza di lodi, conferita da Dio Padre a se stesso corrispose alla SECONDA PIAGA di Egitto, quella delle rane. Questi animali popolano le acque stagnanti e paludose, fanno un gran baccano con il loro gracidare, e saltano, saltano. Così successe che lo stesso Pietro, <cinto in vecchiaia da un altro> - il solito Anti-Cristo – dopo che aveva proclamato in lungo e in largo la sua enciclica <Fides et Ratio> promettendo il concreto aiuto della Fede alla Ragione, addirittura mediante una <avvocatura>, dimostrò che tutto ciò corrispondeva solo al gracidare delle Rane, che non vogliono vivere nell’acqua viva e corrente, ma restare


39 nella loro palude, e – per non essere ravvivate nella loro Fede, saltano tutti gli impegni presi ed abbandonano alla triste sorte quei filosofi che avessero fatto come consigliato dal papa, ossia trovato il coraggio di rischiare volentieri per tutto quello che era santo, Giusto e Vero. La TERZA PIAGA di Egitto, quella delle zanzare, corrispose a quanto fece la Chiesa di Saronno il 24 ottobre 1999 al Dio Padre-Spirito santo discesi in Romano a santificare nuovamente la vita trentatrennale di Gesù, in quel dì che ebbe 22.222 +330 giorni di vita che lo dichiaravano nei numeri. Erano 38 giorni che il Dio in Romano digiunava alimentandosi solo del Figlio divino nell’Ostia consacrata, che, per lui nato nel 38 significavano un rinascere in cristo. In quel giorno la Provvidenza di Dio volle fosse fissato il TRASPORTO DELLA CROCE, a Saronno, lungo tutta via Roma. Tutta la Chiesa aderì a quel Trasporto del legno, ma CHI fu trasportato fu il Romano ultimo, il povero filosofo disprezzato che lottava pagando di persona per le disobbedienze del Corpo della Chiesa al volere di Dio espresso per mano del Vicario di Cristo. Ma già quella mano che aveva firmato l’Enciclica e non l’aveva poi difesa, dopo di aver mandato i filosofi allo sbaraglio, cominciava a tremare, vistosamente per il Morbo di Parkinson. Dalle spalle del Cristo la croce fu trasportata per volere della Provvidenza di Dio sulle spalle di Romano, che la portava per conto di padre e Spirito santo. La Chiesa stessa che godeva il beneficio di questo TRAPORTO, però, stava succhiando il sangue di Romano, come zanzare che lo rubano di notte, e pungono, fanno male con le critiche che piovevano addosso al Dio sceso per farsi umiliare in Romano. Cercarono di impedire questo Convegno in cui Romano, al 38° giorno di digiuno, si stava esaltando della Croce del Cristo e stava erigendo la Torre della Ragione dello Spirito santo divino, a lato della nuovamente eretta Torre del vero Cristo. Queste zanzare, della Chiesa cattolica che stava contrastando l’iniziativa di Dio Padre-Spirito santo fatta promuovere dal Vicario di Cristo, tentarono di abbattere le due Torri Gemelle di Dio, la Fede e la Ragione, il Figlio vero e lo Spirito santo della Verità, ma non poterono e, in quel giorno, il Convegno ci fu e Padre e Spirito santo riproposero la vera verità di Gesù <vincendo la morte> ed esprimendo il <Giudizio


40 Universale> che era atteso alla fine del tempo. Questo giorno 2410-1999 era la <fine del tempo del Mille e non più Mille> perché il giorno 24 completava le sue ore, il mese 10 completava il ciclo divino che si poggia sul 10 e il 1999 completava l’ultimo anno del secondo millennio. Non ci furono lodi nella QUARTA PIAGA di Egitto, quella dei mosconi. Non ci furono per il Dio Padre e Spirito santo in Romano che fece venire su tutto il mondo la grande paura a vedere la massima potenza mondiale messa in crisi da uno sparuto gruppo di fedeli di una fede ribelle, che attaccarono le due TORRI GEMELLE della potenza umana. Dio fece vedere all’uomo che <si deve temere> quando un vero potente è attaccato nello stesso modo con il quale DIO PADRE e SPIRITO SANTO erano stati attaccati, dallo sparuto gruppo dei Fideisti cultori di una fede Anti-Cristo, che avevano cercato di abbattere le due TORRI DI DIO. Non vi erano riusciti, ma dovevano temere che resuscitasse IL DIO DEGLI ESERCITI di biblica memoria, a punire questo tradimento. Quando Dio puniva il Popolo che si era scelto lo scacciava dalla sua terra, per cui ora era prevedibile che il più potente esercito del mondo reale – il Dio degli Eserciti – muovesse guerra al paradiso terrestre storico, per cacciane i regnanti. Il Dio di Romano immediatamente scrisse tutto questo in un libro e lo consegnò alla Chiesa, ma con il solo risultato non di lodi, ma di biasimo! Che cosa c’entrava DIO con quanto di terribile stava accadendo? Cosa c’entrava la Fede in Cristo?… (che non si accorgeva di essere divenuta la Fede nell’Anti-Cristo). E venne al QUINTA PIAGA, quella della morte degli animali. Il Dio in Romano stava cantando da tre anni nella Cantoria parrocchiale di Cogliate. Ma vi erano stati terribili malintesi e tutti stavano giudicando malissimo la sua Maestra, accusandola di essere una Giuda. Per Romano e il Dio in lui non era così! Ella era una eletta GUIDA e non una GIUDA. E allora la difese, pubblicamente, su un giornale, spiegando tutte le sue GIUSTE ragioni. Ma lei era donna schiva, che non amava si parlasse di sé e che pensava di non aver nulla di cui essere scusata e giustificata. Così ora nemmeno da chi Dio aveva difeso vennero lodi, ma offese. Lei cercò di farlo scacciare dal Giornale e, non


41 essendovi riuscita, cercò di farlo scacciare dal suo coro. Agì allora veramente come Giuda: lo consegnò al Coro che Gesù fu consegnato al Sinedrio. Il capo del Sinedrio non poté nulla e Raffaellla, capo del Coro non poté nulla contro di lui. In un giorno, quello in cui accadde questa piaga, i Coristi prima dovettero pregare per la pace, e pregarono, su invito del Papa che temeva per la Pace, subito dopo, dimenticandosi della appena fatta preghiera, mossero guerra al povero Dio in Romano, colpito Lui nel suo essere un <povero corista>, attaccato da una moltitudine di <ingrati>. Se infatti quella maestra dirigeva il loro coro di Cogliate lo dovevano ai Coristi di Saronno, che avevano consigliato il loro precedente Presidente a chiedere a Lei di dirigere anche il loro coro, e non <solo> il loro coro. Il Dio di Romano era in Romano come in uno che cantava anche in quel Coro che aveva promosso anche per loro quella SOMMA GUIDA… e non una GIUDA. Dimentichi di ogni senso di riconoscenza, non ci furono lodi ma intimidazioni, che assunsero nel vice maestro anche l’apparenza di una possibile aggressione fisica. Così gente che, cantando per Dio, esplica una attività dello Spirito, scelse di essere degradata al livello di animali ingrati e prepotenti che, in virtù di un triplice aiuto che avevano avuto ad aver avuto la maestra, ad averla vista aiutata e ad essere stati aiutati per tre anni a far vivere il coro, forti del loro numero… volevano scacciare un <povero cristo> non difeso da nessuno (ma da Dio). Anche questa quinta piaga, toccando un <povero di Dio e un ultimo>, toccò veramente Dio. La SESTA PIAGA furono gli ascessi. L’Anti-Cristo era risuscito a far cacciare da un Coro Parrocchiale un <povero cristo> che aveva agito solo per il bene… e divenne audace. Tentò di UCCIDERE Romano, il 29 gennaio 2002. Questo AntiCristo sta soprattutto nell’aspetto DORATO del mondo, sfolgorante nelle sue ricchezze, materiali e spirituali. Invece il Cristo sta in Romano. Per cui un pullman della GOLDEN (la dorata) investe la CROMA (del C. in Romano), con dentro Romano, mentre questa FIAT sta uscendo dal suo androne di via Larga 12, di fronte alla Chiesa del San Giovanni Battista che <apre sempre> alla venuta di Cristo, anche quando è in una CROMA. La Provvidenza divina salva il contenuto nella Croma,


42 salva il vivo Romano. Allora l’ASCESSO che Satana aveva tentato su Romano viene compiuto sul Cristo di Legno, nella Chiesa di Fronte. Un Anti-Cristo lo stacca dalla grande croce dell’altare e lo fa fuori. Nella stessa ora il triplice segno della Trinità di questo evento blocca il tempo, di fronte a questo grave ASCESSO della Fede, che attacca un corpo vivo. Allora l’orologio del campanile di quella chiesa si arrestò e segnò per mesi le 10 e 3 minuti, ad indicare la Trinità di un Dio potente nell’unità espressa dalla decina di decime (quelle che sono la parte unitaria spettante alla Chiesa di Dio in veste di Dio). Non pago del duplice attacco contro il Santo in Amodeo e contro Gesù, il giorno dopo, a Cogne, fu preso anche il vivo S.Am, nel piccolo ed innocente Samuele, uele, uguale al S.Am, al Santo in Am, Amodeo. Ne fu accusata la Madre, in segno di un ascesso così grande, nella maternità, che la trasforma in tutt’altro… e fece scalpore, per mesi, in tutta l’Italia. A <Cogne> anche il <Cogn(om)e> della Madre svelava chiaramente questo <cognoscere> satanico: Bra… zzi La SETTIMA PIAGA dell’Egitto moderno, di questa Terra senza libertà per il Popolo di Dio, fu la grandine. Piovvero granate e bombe di ogni concezione, addirittura <mirate> contro il povero Paradiso Terrestre del povero nuovo Adam del Saddam, perché ne fosse scacciato. Chi dominava in questo Paradiso Storico sarebbe stato scacciato dal Dio degli Eserciti che cominciò a farlo con questa <grandinata>. Accadde esattamente dopo 555 giorni dal Crollo delle Due Torri Gemelle di New York e questa distanza di tempo rivelò la mano celeste della trinitaria mediazione 10/2 di Dio. Il Dio in Romano scrisse un libro e lo diede alla Chiesa, affinché capisse che Dio stava facendo la voce grossa, avendo ripristinato il Dio degli eserciti, ma in cambio di questa verità Dio ricevette solo burle e insulti. Dio non c’entrava nulla con la gestione del mondo! Era solo opera degli Anti-Cristo… e con questo dicevano la verità che li condannava. L’OTTAVA PIAGA furono le cavallette. Fu una piaga che accadde esattamente 555 giorni dopo che Don Carlo, nei panni di Ponzio Pilato, avendo l’autorità sulla Chiesa di Cogliate, intervenne, sollecitato dai Coristi e dalla sua presidentessa che


43 strillavano <crucifige! Crucifige!> e, pur ritenendolo innocente e senza colpe, aveva alla fine aderito allo stesso giudizio del Capo del Sinedrio, della Raffaella Presidentessa del coro: <che era meglio perdere uno solo, anche se innocente, pur di salvare una intera moltitudine>. Il Dio in Romano era stato allora scacciato, una sera, da questo moderno Ponzio Pilato che cacciava e se ne lavava le mani. Aveva però visto troppo dolore in Romano, a vedersi così estromesso, e aveva infierito intimandogli beffardo <Vai a farti curare! Vai a farti curare!>. Questo povero cristo di Romano già doveva esser morto, a due anni e mezzo, per un mal dei polmoni, ma la Madonna l’aveva salvato miracolosamente. Ora nel mondo stava minacciando di espandersi la SARS, e al Dio di Romano essa parve il <castigo di Dio> per come era stato trattato proprio Egli in un povero eroe indifeso a Saronno, dunque era SAR’S, cosa di Saronno, genitivo sassone della lingua del mondo. Capì che come il Dio degli eserciti aveva agito 555 giorni dopo l’abbattimento delle due Torri, così avrebbe reagito anche per la cacciata di Lui dal Coro della Chiesa, gli stessi 555 giorni dopo. Non sapeva solo l’ora, perché il novembre c’era l’ora legale. Le 21 di sera del 23 maggio 2003 in cui fu invitato ad <andare a farsi curare> potevano essere anche le 22 e tutti sarebbero stati costretti ad <andare a farsi curare> della SARS! Allora Romano compì un gesto nel quale cercò di aiutare il Comune di Cogliate e scrisse una lettera riservata al Sindaco, la fece protocollare nell’Ufficio comunale e in essa raccontò l’accaduto e il Pericolo che il Dio degli Eserciti mandasse la SARS nel paese, perché da esso Dio stesso era stato scacciato, in un povero che era stato estromesso in quel malo modo, proprio intimandogli di andare a farsi curare. Romano aveva tentato un aiuto<riservato> al Sindaco… e lui consegnò la lettera ai giornali, non ringraziandolo perché alla fine della lettera Romano diceva che avrebbe pregato affinché la Madonna evitasse quella nuova peste come già l’aveva evitata nella zona. Il Dio Padre-Spirito santo disceso in Romano non ne ebbe lodi ma una vera denuncia alla Procura della Repubblica, tanto che dovette giustificare il suo gesto ai Carabinieri! Questi lo lasciarono in pace, avendo capito che si era trattato di una pure <profezia>, relativa ad un evento che sarebbe successo alle 21 o alle 22 del 23 maggio 2003. Così accadde che Romano poté partecipare all’annuale processione di


44 ringraziamento, al Santuario di Saronno costruito dall’Architetto Amodeo e che dunque sembra opera anche sua, essendo anche egli un architetto Amodeo; chiese alla Madonna che gli aveva salvato la vita già da una sorta di SARS, e che aveva salvato il Saronnese dalla Peste, di non far pagare agli altri quello che era disposto a pagar solo lui, nella sua carne. E fu ascoltato, alla lettera, perché questa profezia si avverò sia alle 21, sia alle 22 (come il Salmo 21-22 del Dio Mio Dio mio perché mi hai abbandonato?) e fu preso in consegna da due vigili che lo obbligarono ad andare all’ospedale psichiatrico <per farsi curare>. Anche qui doveva farsi curare per la PAZZA PROFEZIA che, tutt’altro che pazza, si stava verificando in quel modo per filo e per segno. Credete dunque che, in cambio di tutto questo aver detto la verità sia stato riconosciuta parte di verità al Dio VERO disceso in Romano a Profetizzare? No! Ne ebbe solo biasimo, perché a Saronno non era venutala SARS che egli aveva profetizzato. Nessuna attenzione era posta al suo essersi offerto in cambio, nessuna gratitudine, ma solo beffe. Anche i Dottori, chiamati a <curarlo>, invece di accorgersi che non aveva sbagliato nulla e che dunque tutto confermava il disegno divino che egli annunziava, conclusero non che era veramente un Profeta, ma un esaltato che era oggetto di una sindrome delirante. Egli delirava… sebbene avesse detto il vero. Delirava pur avendo riconosciuto Dio come il solo creatore e tutti gli altri, nei pensieri, nelle parole e nelle opere solo frutto intero della sua Creazione. Tutto il resto era conseguente, nell’atteggiamento di Romano, di questa fede <pulita>… ma i PROFESSORI, che credevano di <non delirare> e invece erano tutti vittima del <delirio di onnipotenza> di credersi dei Paperino che si muovevano grazie ai disegni che essi stessi facevano (e non il loro Walt Disney Creatore), sebbene illuminati del loro stato <di delirio> proprio sulla base di questo <loro delirio> giudicavano effetto di <sindrome delirante> il solo che non avesse <delirio di onnipotenza> attribuendo tutto al solo <Dio Onnipotente>. La NONA PIAGA FU IL BUIO. Si approssimò il 9 giugno 2004 in cui Romano aveva 2 mesi oltre il Venerdì santo di Gesù e 33+33 anni compiuti. Secondo la sua profezia divina doveva morire e paralizzarsi il martedì 25, come suo padre aveva fatto 14


45 giorni prima di morire e perché egli e il Padre erano una stessa cosa. La sera prima, lunedì 24 maggio c’era, di sera, una prova della Cantoria di Saronno, che si era riaperta. Decise di far un segno cristiano, in vista della sua imminente paralisi e della su Via Crucis a 14 stazioni precedente la morte. Portò del vino e delle paste. Dopo la fine della prova cercò di ottenere dai Cantori che si ripetesse quel segno. Ma essi non vollero assolutamente riconoscere in lui nessun segno che lo potesse avvicinare al Cristo in qualcosa. Dio stava nei cieli e l’uomo era tutt’altra cosa. Ecco il buio, che venne nella mente obnubilata, a rendere Dio non una presenza vitale in ciascuno di noi ma una pura astrazione della mente. Quei cantori realizzarono la morte di Dio prevista dal Terzo segreto di Fatima. Quella notte Romano vide Dio abbandonato da tutti, e desiderò seguirlo, paralizzarsi nel mondo per rifuggirsi in quel contesto ideale in cui tutti l’avevano mandato, uccidendone la reale presenza in noi nella realtà. Il Dio in Romano, ancora una volta, nel mentre dichiarava ai cantori la sua voglia e il suo desiderio a morire per il loro bene, invece di gratitudine, trovava rigetto, invece di amore trovava pregiudizio, invece di pietà trovava disprezzo. Non potete dire che il Dio sia venuto di sua volontà in Romano per farsi lodare, ma disprezzare, per farsi amare, ma per farsi scacciare… da tutti: persone, sindaci, sacerdoti, associazioni cristiane, Sindaci, Chiese, Vaticano. La DECIMA PIAGA fu la morte dei primogeniti. Accadde quella morte “divina” che aveva profetizzato per il 9 giugno 2004… e fu “trascendente”, essendo divina, e non si vide. La vide solo lui, nel letto che cadde con lui quando quel dì vi si sedette, dopo le 3 del pomeriggio e in quanto accadde con lo Tsunami esattamente 200 giorni dopo quel 9 giugno. Dove Dio opera on il 10, il numero 100 ha significato di area, ma anche di tutto il flusso 100 della realtà data da 100x100, base per altezza, ossia sezione per linea di flusso. Se 100 è in assoluto tutta la linea del flusso, allora 200 è l’area assoluta data dalla lunghezza assoluta. E’ un’area collocata per traverso, tanto che il 9 giugno era la fine del flusso lineare e in quel punto stesso ci fosse, in un orientamento trasversale che non avanzava di nulla quel 9, il piano avente per lato le 100 unità del flusso lineare in assoluto. Ebbene il 26


46 dicembre 2004, giorno dello Tsunami, era il momento estremo di quella sezione e Romano aveva esattamente 22.222 +2220 giorni di vita che evidenziavano il suo essere quel DOPPIONE di Gesù che diceva di essere a 33+33 anni di vita e due mesi dopo il venerdì santo di Gesù, che quell’anno capitò, per scelta della Chiesa, il 9 aprile. I giorni di vita confermavano, quanto più non si può, che era nel segno del 2 (padre e Spirito santo) ad ogni dimensione, ma che povera anche unitario e trinitario (222) in quell’essere +2220, ma nei confronti di un Dio Padre che doveva valere 10, valendo il Dio Figlio 10 elevato a meno 1. Lo stesso Tsunami di quel giorno “trascendeva”un T SUN AM I, che, nella lingua del mondo, significava chiaramente SONO IL SOLE DELLA CROCE, essendo la croce espressa dalla iniziale T. Chi era questo SOLE DELLA CROCE, se non il primo Gesù nato appena il giorno prima? Nel giorno del santo che in greco significa INCORONATO, mediante Santo Stefano il Dio degli Eserciti incoronò come SOLE DELLA CROCE sia Gesù nato il giorno prima per la sua Croce, sia il Padre e Spirito santo di Gesù, presenti in Romano. La decima piaga così accadde nel 9 giugno 2004 che era una stessa cosa con il 24 dicembre perché entrambi punti estremi dello stesso piano trasversale avente per lato il 100, lunghezza assoluta del flusso Divino di un Dio Padre che opera con il 10 a causa di un Figlio che opera con 1/10. Romano scrisse libri, che descrivevano tutto questo, per filo e per segno, narrando di come ci fossero state nuovamente le 10 PIAGHE di Egitto, a ragione di chi si opponeva alla PASQUA, al Passaggio da un Mondo a quello in cui TUTTO DIO arriva e diventa il DIO DI TUTTI, m, ancora una volta, pur dicendo il vero era proprio deriso da tutti a causa di questa sua verità… che non era più quella degli Anti-Cristo. Disse che, con lo Tsunami, c’era stato anche il nuovo Passaggio del Mar Rosso… e anche qui fece solo ridere… i polli. Non ci furono lodi per me, o per il mio Padre che è la mia vita, nemmeno quando, in seguito, feci nuovamente 55 giorni di digiuno, affinché il Buon nuovo Pastore si prendesse cura della pecorella smarrita che aveva smarrito in me. Il Padre in me stava richiamando l'erede di Pietro a quel triplice incarico che Gesù


47 aveva dato a Pietro e a tutti i suoi eredi quando aveva fatto la pesca miracolosa dei 153 grossi pesci. Pietro in persona aveva ricevuto l'incarico di aver cura del gregge. Gesù non si era rivolto ai dodici. Ma poi i Papi hanno fatto in modo diverso. Un "altro" ha cinto lo loro veste e ha portati dove non avrebbero voluto, cioè a delegare ad altri l'incarico personale che Pietro aveva avuto, disattendendo in questo modo l'ordine personale di Gesù e aveva dato! Ebbene, il 5 dicembre 2005 io mi misi in croce, legandomi in catene al cancello della Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, a Pescara. E i sacerdoti di quella Chiesa, ignorando del tutto il Sacro Cuore di Gesù e della vita di ogni uomo che ha bisogno, non videro in me nemmeno un bisognoso, ma solo un importuno, che gli impediva di aprire il cancello della Chiesa. Non mi lodarono, per quei 55 giorni di digiuno che avevo patito per le colpe di un Vaticano che non permette al Buon Pastore di aver cura di una sua pecorella smarrita. Quella pecorella aveva digiunato 55 giorni e non meritava alcuna lode! Ma solo l'intervento deciso della polizia, che rimuovesse l'ostacolo dato da quel <povero Cristo incatenato in me> ad aprire il cancello. Successivamente io mi comportai, pubblicamente, su Internet, in modo tale da meritare una nuova condanna a morte come quella già data dagli ebrei a Gesù, e questa volta data a me dai musulmani, e per lo stesso motivo: avevo offeso a morte Allah con il mio dire che io ed Allah eravamo la stessa cosa. Per questa mia condanna a morte non ebbi lode da alcuno. Non ebbi lodi dai miei cugini di Salerno e di Milano, anche se ebbi il modo di avere un rifugio che, nel frattempo, impedisse che io fossi ucciso. Mi confinai così ad Ostigliano, e mi rivelai a quella Chiesa, dicendole che io e il Padre eravamo una cosa sola. Ma anche lì, pur non avendo trovato critiche, non trovai nemmeno lodi. Solo a Belo Horizonte, in Brasile, io ho trovato qualcosa che potesse vagamente assomigliare ad una condizione di elogio. Ma, anche lì, presentatomi alle suore come il mio Padre in me, non trovai l'atteggiamento giusto che si sarebbe dovuto avere se questo Dio Padre in me fosse stato riconosciuto.


48 Solo a Belo Horizonte io ho però potuto presentarmi ad un Cardinale, Dom Serafim Armando d'Araugio, annunciandogli di essere quel Dio di cui voleva conoscere il volto, e ho potuto mostrargli quella <palma della mano di Dio> nella quale augurava a tutti di essere, nelle sue omelie tenute alla radio... senza che mi biasimasse, per l'evidente sproporzione della cosa che gli stavo annunciando. Ma, anche qui,senza nessuna lode o incoraggiamento. Solamente in Brasile, nella Chiesa del mio caro amico Padre Piggi, Pierluigi Bernareggi, solamente in Brasile ho visto finalmente la mia Chiesa, sia quella cristiana sia quella protestante, decidersi a pregare per me e per la mia vita. Io avevo detto che sarei morto, nuovamente, come Dio, per la salvezza del mondo intero, e non ne avevano fatto finalmente un motivo di scandalo e di accusa, ma di preghiera: per me, la mia vita, di me che volevo offrire la mia per loro. Sapevo che dovevo morire il 25 maggio. Tutti gli indizi me lo segnalavano. Doveva attuarsi il miracolo di Fatima. Pertanto, il tredicesimo giorno dopo Fatima e l'apparizione del 13 maggio, il Dio in me doveva ascendere al cielo. Per far accadere il miracolo di Fatima io mi ero predisposto: avevo indossato una veste bianca, perché nel terzo segreto di Fatima si parlava della morte di un Grande Padre vestito di bianco, e avevo iniziato un digiuno assoluto, per assecondare il disegno di Dio. Avevo cercato di uscire dalla casa parrocchiale che mi ospitava, in quell'alloggio avente un pavimento unico a tre livelli, raccordati tra loro da uno scivolo, ad esser segno della giusta casa trinitaria, figura di Padre, Figlio è Spirito santo, perché il Cardinale Dom Serafim, avvertito del mio proposito di attuare quel digiuno, mi aveva portato a riflettere sulla grande preoccupazione che avrei data al mio amico Piggi, se io facevo quel mio digiuno così spinto nella sua casa di Dio. Ma quando dissi al mio amico che avrei cercato un'altra casa in cui attuare quel digiuno, egli protestò: " Romano, non ti preoccupare per me, ma fai quello che credi di dover fare! Sei una persona adulta e matura che sa quello che fa, e io ho fiducia in te!" Così, mentre io iniziai quel mio digiuno, egli, Padre Piggi, mi fece aiutare dalla preghiera dei fedeli. Altri fedeli, della Chiesa cristiana protestante, si aggiunsero di loro iniziativa, e, non


49 sollecitati da nessuno, iniziarono a pregare per me. Finalmente, e per la prima volta nella mia vita, io stavo finalmente a cuore a qualcuno, che si degnava di pregare Dio per me! Così, dopo sei giorni di digiuno assoluto, il Dio del cielo mi parlò, per tutta una notte, quella che venne dopo la celebrazione della Trinità di Dio, celebrata se non ricordo male, il 18 maggio. Quella notte il Dio del Cielo disse a quello imprigionato in me sulla Terra: "Non puoi morire qui in Brasile, con tante persone che pregano per te. Tu morirai, e io con te, solo 141 giorni esatti dopo il 25 maggio, e cioè in quel 13 ottobre 2008 in cui si celebra il miracolo di Fatima, che descrisse la discesa sulla Terra del Dio sole, del tuo essere RA, Romano Amodeo. Il sole non scese fino sulla terra, e significò che sulla terra non avrebbero riconosciuto Dio, il Dio però veramente disceso sulla terra, in te. Poiché quell'evento si concluse con la risalita in cielo, al suo posto, del sole, il Dio in te ritornerà al suo posto nel cielo". Per tutta la notte il Dio del cielo aprì la mente al mio Dio Padre sulla terra, informandolo di quale sarebbe stato il suo futuro. Ecco, il mio Padre in me, presente in me assieme allo Spirito santo di Dio, non è venuto sulla terra per farsi riconoscere e rendere omaggio. Dio Padre non chiede né necessita che gli si renda omaggio. Il Dio in Romano, anche quando Romano ha avuto funzioni di comando, non si è imposto mai agli altri in virtù nemmeno del suo obbligo di comando, quando questo comando si scontrava con il diverso parere di uno che fosse sottomesso a lui. Così opera Dio, Dio Padre: dà tutta la libertà possibile ad ogni figlio, affinché egli viva per intero la sua vita. E si tinge di nero, perché brilli di luce solo il Figlio tratto da lui, dalla sua potenza messa in atto. Dunque ogni figlio deve questa sua vita al Padre che si crocifigge in lui, e grazie alla rinuncia alla sua vita personale fa esistere solo lui, nel supremo dono della vita ricevuta da chi, per fare esistere quella altrui rinuncia alla propria, per fare emergere la sua luce, si tiene da parte… come già dimostrò di saper fare la Madonna e Madre di Gesù, che già era, espressa in veste materna, l’immagine PRIMA e PATERNA di Dio Padre. Così Dio, per dimostrare a tutto il mondo d'oggi (un mondo che non crede più in lui come creatore unico, e crede di aver


50 avuto il compito, da lui, di sostituire la sua creazione) ha creato questo momento finale di un epico scontro tra il bene e male, tra la potenza e l'impotenza di Dio, in quell'Armagheddon dell'Apocalisse descritta da San Giovanni apostolo. Dio ha creato la possibile Apocalisse, in cui tutta la vita dell'uomo possa cessare, per dimostrare a tutto l'uomo che la sua esistenza e la sua sopravvivenza sulla terra dipendono solo dalla rinuncia del Padre alla sua stessa vita. E questo sarà dimostrato mediante la rinuncia di Romano alla sua vita.

Accadrà nel prossimo 13 ottobre in cui è previsto il concorso di tutta una serie di coincidenze veramente incredibili, tutte riguardarti la pesca miracolosa dei 153 grossi pesci descritti nel punto 21 del Vangelo di San Giovanni. Occorre che io descriva tutto questo racconto, che ebbe per partecipanti da un lato proprio me stesso, Dio Padre, perché quel Gesù non fu riconosciuto nella sua figura essendosi presentato infine proprio nella figura del Padre, ossia della figura di me, persona umana della figura di Romano Amodeo. Gli altri partecipanti furono gli apostoli, che avevano ripreso a fare i pescatori. In questa ripresa dell'attività della pesca è nascosto un grande segno riferito al futuro di quando, a causa dell'intervento dei paesi della Chiesa, dei Dottori della fede, gli apostoli erano regrediti a livello iniziale di puri pescatori che avevano rinunciato a pescare anime, per pescare quei pesci che pescavano prima di aver conosciuto Gesù. Il fatto che gli apostoli si fossero sentiti dire, proprio da Pietro: "che facciamo? Io ritorno pescare!" virtualmente trascendeva il ritorno alla condizione iniziale di un nuovo bisogno di evangelizzazione. E così, questo nuovo bisogno, è esercitato ora dal Padre di Gesù, che opera dello stesso modo di Gesù. Chiede dalla riva ha i pescatori: " avete da mangiare?". Risposero: "non abbiamo preso nemmeno un pesce ed è tutta la notte che prestiamo!". E, dalla riva, il Padre gridò loro: "gettate alla rete dall'altro lato!" Essi lo fecero e si ripeté la pesca miracolosa: le reti non potevano essere tirate sulla barca, tanto ero cariche di pesce. L'amato Giovanni fu il primo a riconoscere


51 Gesù in quella nuova figura che aveva assunto, e disse: " è il signore!". Pietro, che era nudo, si rivestì in fretta e furia e si buttò nell'acqua, per raggiungere la riva al luogo. Anche questo stato di "nudità" di Pietro è estremamente significativo. Quando il Padre di Gesù si ripresenta alla riva, il papato sarà nudo, non avrà più veste alcuna a rappresentare Gesù. Ma Pietro la indossa e raggiunge Gesù. Il Padre di Gesù che, tornato in me, non è stato per niente riconosciuto dal Pietro di turno, che si è assolutamente disinteressato della possibile presenza di Dio Padre in me, e in tal modo si è svestito del suo ruolo di mio vicario e mio sostituto, messo di fronte a quel Pietro che si è cinto di quelle resti, ma che sono inopportune, gli chiede allora: " Pietro mi ami?" E Pietro risponde: " si Signore, ti amo!" E io allora gli dico: "pasci i miei agnelli". Poi ripeto: " Pietro, mi ami? " E lui: " si Signore, ti amo!" E io: "pascei le mie pecorelle". Quindi, per la terza volta, perché io sono il Dio Uno e Trino gli dico: "Pietro, mi ami?". Allora Pietro perfino si spazientisce e protesta: "Signore, tu sai tutto, tu sai che io ti amo!" Così anche io, e per la terza volta, gli dico: "Pasci le mie pecorelle". In questo modo io, il Dio Padre in Romano Amodeo, trascurato da due Pietro perché a loro giudizio io non contavo niente e fino al punto da lasciarsi morire di fame, il primo per cinquanta sette giorni di digiuno assoluto, il secondo per 55, dicevo chiaramente, ripetendolo per ben tre volte, che l'incarico preciso dato a Pietro non era di occuparsi dei potenti del modo, ma di aver cura delle pecorelle che io e lasciavo. Doveva averne cura personale, perché io delegavo proprio lui a farlo e non altri in suo nome. Ma i due Pietro non avrebbero fatto così. Pur essendo sante persone avrebbero delegato altri a fare quanto io Dio Padre avevo per tre volte delegato solo Pietro. Così io, Dio Padre, e io, nella persona del Romano Amodeo che ora vi parla, avvertii Pietro, dicendogli: " quando eri giovane ti cingevi i fianchi, ma quando sarai vecchio un altro ti cingerà e ti porterà dove non vorrai". Io volli dire che il primo Pietro sarebbe stato libero nel suo rivestirsi di Cristo, ma nella vecchiaia del papato gli ultimi Pietro sarebbero stati portati da un altro - da Satana - dove non avrebbero voluto, ossia a tradire Gesù, non riconoscendo Dio in quel Romano Amodeo affamato e disprezzato e condannato a morte perché desiderava conferire con Pietro... essendo solo un ultimo! Pietro non avrebbe più riconosciuto il primo di tutti


52 nell'ultimo di tutti! Pietro non avrebbe più riconosciuto Dio in o no che era aggiudicato realmente come un povero di spirito che non contava niente. Pertanto, e io, il Dio presente in Romano e presentatomi a Pietro con il volto di Romano, lo avvertivo, informandolo di come il papato sarebbe stato condotto proprio a condannare a morte il Dio Padre di Gesù. Accadde che, in quel frattempo, l'apostolo Giovanni che sta raccontando questa storia li seguiva, e ordina tutte le parole attribuite a Gesù ma che erano dette da suo Padre. Udì allora Pietro dire a questo Gesù non Gesù: " e, di lui, che cosa sarà?" Io gli risposi: "se io voglio che resti fino al mio ritorno a te che cosa importa?" Con ciò io gli fece sapere che a lui, al Papa, non sarebbe importato nulla del mio ritorno, mentre il Vangelo dell'amato Giovanni sarebbe restato valido fino al mio ritorno, e oltre, perché egli avrebbe aggiunto al suo Vangelo anche il libro dell'apocalisse, con il quale avrebbe introdotto il tema della fine del mondo e dell'Armagheddon, la battaglia tra il bene il quale da leggersi però come è il grano d'oro dell'Amodeo Romano. Infatti arma sta per Amodeo Romano e "gheddon" sta per "che dono!". Scrive Giovanni nel suo Vangelo che per le mie parole, si sarebbe diffusa la voce che egli non sarebbe morto fino al mio ritorno. Ma egli volle puntualizzare che io non avevo parlato di morte, ma che "sarebbe restato fino al mio ritorno", e in verità sarebbe restato VERO fino al mio ritorno, con tutto il suo Annuncio, con ogni sua parola, mentre la parola di Pietro sarebbe passata perché a Pietro non sarebbe importato nulla del mio ritorno, fino a tenermi affamato per 112 giorni, cinquanta sette dei quali per opera di Giovanni Paolo II e 55 dei quali per opera di Benedetto XVI. 112 giorni parlano chiaro: mostrano il cento come il Dio uno, aggiunto ai 12, a evidenziare tutta la mortificazione partita da Dio. Invece, l'amato a Gesù Giovanni sarebbe stato concesso un Vangelo che avrebbe descritto l'intervento di Dio Padre fino all'ultimo, fino a quando avrebbe salvato l'umanità dall'apocalisse. Bene, io vi ho parlato di una serie prestigiosa di coincidenze, tutta inerente la pesca miracolosa e il Vangelo di Giovanni. Infatti, in quel Vangelo, Giovanni descrisse la pesca miracolosa di 153 grossi pesci, e ne espresse il numero preciso. Già con questo numero Giovanni raccontò di quello che sarebbe


53 stato l'intervento di Dio Padre e Spirito santo. Infatti, un numero è sempre rapporto, tra una quantità e quella unitaria che lo misura. 153 sta ad Uno, così come 2000 sta a 13. In altre parole 13 è il risultato della divisione di 2000 per 13. Molto evidentemente il numero 13 comprende anche Gesù assieme ai 12. Quindi Gesù e 12 solo alla base del 2000, e questo numero rappresenta i due dati dal Padre e Spirito santo espressi nella dimensione 10 al cubo che esprime la potenza dell'unitaria rispetto alla base 10 di Dio. Io vi ho rivelato come io Dio Padre valga 10, in relazione al mio figlio che vale 10 levato a meno uno. La potenza di 10 levato a meno uno è uguale ad un decimo. Sapete tutti, dalla religione ebraica, che la parte di Dio è un decimo. Le recite che spettano al tempio sono quanto spetta al Figlio di Dio. Ebbene, sulla base relativa al figlio che vale un decimo, e sulla base dell'unità di Dio, il Dio Padre può valere solo quel 10 che, moltiplicato per un decimo, dà il risultato delle Dio uno. Pertanto, 2000, è la potenza 10 al cubo di Dio Padre e di Dio Spirito santo. Questa divinità coppia, quando si divide per tutti i figli, Gesù compreso, dona il risultato miracoloso dei 153 grossi pesci della pesca miracolosa descritta dall'apostolo Giovanni. Quella pesca appartenne al primo Pietro. Ma vi sarebbero state altre pesche miracolose che sarebbero accadute durante gli ultimi Pietro. Infatti, nel 1917, la Madonna apparve a Fatima per i 153 giorni esatti che cominciano il 13 maggio e terminano il 13 ottobre. 153 grossi pesci dati da Dio Padre e spirito santo al cristianesimo, ma anche ai musulmani, perché Fatima era anche la figlia di Maometto. Per sei mesi consecutivi ogni 13 del mese, ad indicare una questione riferita ai 13, la Madonna apparve. La sesta volta apparve nel miracolo di Fatima in cui io Dio sole fu annunciato venuto sulla terra ma in incognito. I tre segreti di Fatima erano Padre e Figlio e Spirito santo. Se Fatima era la figlia di Mohamed, trascendere Fatima, ossia leggerla in senso inverso, portava a rilevare un Am-ita-F relativo a un Amodeo italiano nato a Felitto... e che era non Mo-amm-ed ma "girato" in Am-mo-dè. La cosa importante è data sia dal 13 che indica Gesù gli apostoli, sia dalle sei volte dell'uso del 13. Infatti, quando sarebbe toccato alla settima volta dell'uso del 13, ma in una espressione generale data da anni e non da giorni, avremmo avuto un 13 moltiplicato per sette che avrebbe portato il 1917 sommato a


54 novantun anni, ad essere il 2008. Pertanto, il 13 ottobre 2008 il 13 si sarebbe espresso nel 7 della libertà trinitaria del dio 10, e sarebbe accaduto il VERO ritorno in cielo del Dio che fu annunciato disceso sulla terra proprio da quel miracolo di Fatima. Il 13 ottobre 2008 accade che, mirabilmente, anche la Madonna di Lourdes si presenta come il miracolo dei 153 grossi pesci. E fatti il 13 settembre 2008 si compiono 150 anni esatti dall'apparizione, e dista il 13 settembre dal 13 ottobre quella misura di tre decine di giorni. 150 + 3 da la somma di 153 grossi pesci a differente taglia. Come se 150 pesassero in anni e 3 pesassero in decine di giorni. Ora, anche gli eventi mandati dalla Provvidenza di Dio e portano dalla prossima scesa al cielo, per questi 153 grossi pesci di pesca miracolosa. Infatti, alla distanza di 1 grosso pesce come se pensasse 100 chili, e 53 pesci che pesassero un chilo, abbiamo 153 chili di grossi pesci, che è solo in tutto 54 e a peso diverso. Ebbene, a 54 giorni esatti dal 13 ottobre 2008, a Madrid, un aereo si sollevò nel cielo e 153 persone che dovevano salire il cielo salirono nel regno dei cieli, perché l'aereo s'abbatte al suolo e morirono 153 passeggeri sui poco più di 175 che erano quel velivolo. Il dio del cielo ne risparmiò e esattamente tanti quanti riducessero a 153 il numero esatto dei morti, ossia di quelli saliti in paradiso. E in tal modo altri 2 indizi, entrambi i 153 numeri relativi a taglie diverse, si aggiunsero a portare a 5 gli indizi relativi alla pesca miracolosa dei 153 grossi pesci cui l'apostolo Giovanni aveva fatto riferimento nel suo Vangelo. Un Vangelo che avrebbe descritto una pesca contemporanea, ma anche altre quattro pesche che sarebbero accadute tutte quante il 13 ottobre 2008. Manca però al numero di queste cinque pesche, la sesta e di gran lunga la "divina" di tutte. Se Dio Padre infatti vale 10, quello che è fatto da Dio Padre vale 10 volte uno, e vale quindi 10 volte i 153 grossi pesci. In questa pesca lo spirito santo di Dio Padre agisce come l'ente che porta ad uno. Per cui il contributo di Dio Padre e di Dio spirito santo è il contributo dato da dieci volte 153 sommato ad uno. Sono pertanto 1531 i giorni corrispondenti al divino contributo di Dio Padre e di Dio spirito salto. Poiché tutto quanto questo è sempre riferito alla stessa unica data del 13 ottobre 2008 in cui Dio mi disse, in Brasile, la notte della trinità di Dio, che io sarei asceso al Cielo, facendo la somma di 1531 giorni


55 a quelli della data del 13 ottobre 1008, giungiamo esattamente ad ottenere quel 22 dicembre 2012 e in cui Dio comunicò ai Maya la fine del ciclo di un non meglio descritta attività solare. Se questo che Dio fece sapere ai Maya fu la data dell'apocalisse, allora, e i 1531 grossi pesci intercorrenti tra il 13 ottobre 2008 e il 22 dicembre 2012, consisteranno nella DIVINA SALVEZZA portata da Dio Padre e da Dio spirito santo con riferimento all'apocalisse. L'uomo sarà salvato grazie alla morte del Dio Padre e del Dio Spirito santo nati in me e vissuti in me. Morti, o meglio ascesi al cielo, assieme a me, morto - come la rivelazione divina - 141 giorni esatti dopo quel 25 maggio del quale già io sarei dovuto morire, ma non morì per la salvezza portata a Dio dagli abitanti di Belo Horizonte. Pertanto, il prossimo 13 ottobre, che dista da oggi solamente 49 giorni, io morirò e il Dio Padre e il Dio spirito santo che sono la mia vita saliranno al cielo al morire della mia vita. Io sto per offrirla posta su uno dei due piatti della bilancia. Su uno la mia, sull'altro tutta la vita dei figli, e io, il Dio in me, dimostrerà con la prova dei fatti che è grazie alla mia vita che esiste la vita di tutti. È grazie al mio sacrificio che esiste la vita di tutti i miei figli e che io ho non arrivò a vedere niente di più bello che io possa fare se non questo continuo dono della mia vita perché vivano i figli. Oh, non solo i figli che mi amano e mi rispettano, quei figli in corriera mi compiaccio perché è bello per me quando essi esistono grazie a me e io posso esistere in loro ed essere così nella bellezza delle cose che la loro bella natura suscita in me. Quanto invece è terribile, per me che sono un Padre buono, che dona la vita per la vita, fa resistere anche chi non mi ama, chi mi disprezza, chi dice ogni calunnia contro di me e contro la mia stessa esistenza. In costoro io, Dio Padre e Dio spirito santo, soffro terribilmente ad essere ma io sono un Padre buono che voglio che ogni figlio sia libero nel suo pensare, nel suo amare lo e in ogni manifestazione del suo cuore della sua mente io amo che ogni tipo di persona possa esistere. Sta poi alla mia onnipotenza di Padre convertì lei a me ogni mio figlio, ma attuandolo non in modo prepotente che costringa la sua volontà.


56 A me, Dio Padre tutto è possibile. Io posso rendere possibile alla libertà di ciascuno che, alla fine, sulla base di qualunque possibile è terribile partenza, liberamente si converta a me. Che lo faccia liberamente! E ciò mi è possibile proprio perché la libertà che io dono agli figli l'ho scelta tutta io per loro, affinché siano veramente liberi, e lo saranno, quando avranno visto la verità, perché io gliela mostrerò, ed essa li renderà liberi, esattamente come rivelò il dio benamato figlio Gesù dicendo: " la verità vi farà liberi e liberi davvero! ". La verità è il Dio Spirito santo, che in nessun modo può essere imprigionato. Lo spirito santo, a cominciare dalla partenza di ciascuno, nella sua vita, comincia un suo lento lavoro, fatto a i fianchi di tutti, con un martellamento tale che alla fine produrrà i suoi tutti e tutti conoscevano il vero. Anche questo fu predetto da Gesù. Il disegno del mondo è fatto nel modo ideale per conoscere la verità. Se voi chiedete a un commercialista come poter compiere un bilancio perfetto tra le entrate e riuscite, e chi vi dirà che è possibile farlo sulla base della uguaglianza tra le entrate e uscite. Posta questa virtuale uguaglianza tra l'attivo e passivo, è possibile un bilancio perfetto tra l'entrata dell'uscita. La vita necessita di questo bilancio. Infatti essa è in entrata e in uscita. Alla base di tutto sta una vita in uscita, che esce a poco a poco dalla vita, dal suo essere nel modo relativo, e si riconduce del modo assoluto dell'esistenza di Dio. È in atto un conto alla rovescia che, giorno dopo giorno, annulla ogni giorno e tutti gli effetti relativi riconducendoli tutti quanti nelle loro cause, sempre quelle pregresse. In tal modo la vita a poco a poco, quella che alla fine della vita sembrava tutta fatta, si disfa. Anche oggi noi assistiamo a questo disfarsi. Ci sembra che sia il passato quanto è disfatto e noi disfaciamo il futuro per trasformarlo nel passato. Noi vediamo il futuro muoversi nel verso che porta all'inizio tanto che il futuro diventa passato, ha poco a poco, giorno dopo giorno, minuto dopo minuto. Questo movimento dal futuro verso il passato è il nostro elemento. Ma noi non possiamo vederlo, perché questa è l'azione che può essere dista sempre e solo nell'azione uguale e contraria. E così noi andiamo a vedere il punto sempre più arretrato della nostra vita e


57 lo crediamo invece il punto sempre più avanzato. La vita veramente si disfa, il futuro diventa passato, e noi non è vediamo il disfarsi, mai il farsi. Non vediamo l'uscita ma, grazie all'uscita, vediamo un mondo in entrata. E in tal modo io, creatore del mondo, lo ha creato, tutto quanto, delle segno di un bilancio perfetto che sarà fatto da ogni vivente, e che infine lo porterà a vedere il vero "Cosa è la verità?" Chiese Ponzio Pilato a Gesù Cristo. Io, il Padre di Gesù Cristo gli rispondo e, con questo, rispondo a tutti coloro che credono che la verità sia una questione tutta e solo legata ai casi particolari, non esistendo, a loro giudizio, la verità assoluta. E io, Dio assoluto, rispondo: " Io sono la verità, perché si verifica, nel mondo relativo, solo quello che IO voglio!" Gesù, Figlio mio, disse anche lui di Essere la Verità, la Via e la Vita e lo fu realmente essendo io ad averlo mandato COME ME. Ma attenti! La verità del Figlio Gesù è vera solo in quanto egli è espressione di me. Io, il Padre, solo il creatore. E io sono uno. Mi presentò anche come Figlio e come Spirito santo semplicemente perché io ho costruito un mondo il cui volume che implica tre componenti, a tutti i livelli, che quando esprime il volume di Dio. Per realizzare una volume unitario, in questo mondo relativo allo spazio avente tre dimensioni, è necessario, è indispensabile moltiplicare tre lati uguali e distinti. Io ho costruito il flusso reale dei dati del mondo facendoli esprime in modo trinitario. La lettura dello spazio trinitario al livello sublime è la lettura del valore trascendente del Dio Uno e Trino. Dio e il valore supremo che sottostà alla creazione del mondo. Io Dio ho creato un personaggio chiamato Einstein e ho fatto riconoscere la relatività generale. Lo ha fatto solo perché io lo ho inventato così. I meriti suoi sono solo i miei e quelli della mia fantasia, che detta legge e detta LA VERITA'. In tal modo la forza trascendente che sta sotto la relatività generale e la fa esistere per sempre così relativa, è la forza del Dio, Uno e Trino, la cui area tre per tre è la famosa c^2 della relatività generale. Io voglio che sia però così è io sono il Padre di quello che è vero nel romanzo scritto da me. Allo stesso modo il Collodi, è il vero Padre di Pinocchio, a fatto essere, nel suo romanzo, v'era la


58 verità che egli ha voluto fosse vera. Infatti, nel libro Pinocchio, può essere un vero che un pezzo di legno diventa un bambino. Questa di Pinocchio è una allegoria che io ho messo in bocca a Collodi affinché dimostrasse come la verità nel mondo creato da me non è una questione oggettiva ma soggettiva e indipendente da me che sono il vostro creatore unico. Si unico. Voi figli non partecipate alla costruzione del mio mondo se non per quel carattere che io ho voluto attribuirvi e che, in un certo senso, mi prende anche la mano quando, per far esistere un malvagio, io sono costretto ad essere un malvagio e concepire la sua malvagità. È il personaggio che mi prende la mano, perché io non vorrei, essendo un Padre buono, che un malvagio prosperasse. Ma sono costretto a volerlo, però non lo faccio esistere come malvagio nel vero verso della vita del futuro che si porta verso il passato, ma di chi avanzi nel senso inverso e dal passato si porti verso il futuro, e dunque vede una vita reale che p il perfetto contrario della verità. Pertanto la verità non sta in questo mondo, perché in questo mondo in voi state vedendo l'esatto opposto del vero. Voi state vedendo una realtà tutta sottoposta allo sbando, all'anarchia, alla prepotenza del male sul bene. Certo, in tutto questo dinamismo si vede anche l'esistenza del bene, ma si presenta sempre come un bene costretto a navigare contro corrente. Chi in questa vita è buono deve eroicamente patire tutte malefatte dei cattivi, che compiono abusi, soprusi, e sembrano molto spesso farla franca. Chi, come mio Padre Luigi Amodeo, si metta ad osservare la verità di questo mondo non può che concludere come concludeva mio Padre, che diceva: "non posso guardare queste cose, perché se guardo e le prendo sul serio io perdo la mia fede in Dio!" Aveva ragione! Aveva perfettamente ragione! Egli infatti diceva: se le prendo sul serio, se considero. Infatti, non si possono prendere sul serio, perché non è questa la verità del mondo. La verità del mondo è quella che trascende questa dinamica. La verità è il verso opposto del mondo che non vediamo. È tutto il mondo reale che, poco a poco, perde la sua regale determinazione, che rientra nelle cose che ancora devono esistere e devono accadere. Solo in questo modo si avrà per sempre la famosa mela di Adamo. Adamo la avrà e per sempre quando non la avrà mangiata e consumata. E così è nella vita: una gioia vissuta realmente è una


59 gioia che è stata consumata. Era meglio rinunciarvi e tenerla lì, a disposizione per sempre. Questo succede quando tutto il mondo reale rientra nel mondo che appartiene alla potenza di Dio. Può essere all'infinito, e non si consuma più, anche consumandolo poi all'infinito. Infatti quando la realtà è ricondotta nella sua esistenza ad essere la realtà del progetto, del puro progetto dell'esistenza, allora il progetto può essere messo in atto tutte le volte che si vuole. Cessa di essere un ente reale, che è limitato ed esclusivo, e diventa una possibilità di essere che si può realizzare ogni volta e che non si consuma più, perché il progetto, divenuto eterno, può realizzarsi per sempre. Questo è quello che veramente accade, questa è la verità: quella solo che riporta realmente e veramente tutto al Dio Padre di tutto. Ecco, la verità di questo progetto sta nella sua complessità, nel suo essere articolato nel tutto e nel contrario di tutto, nel modo di essere negativo e del modo di essere positivo, in modo tale che, alla bene di tutto il ciclo dell'esperienza, ogni eccesso di valutazione, in un senso o nell'altro, possa riequilibrarsi, attorno al valore medio che mi esprime, virtualmente, perché il termine "medio" pone "me" a "Dio". Voi credete che tutte queste coincidenze, nel linguaggio, si siano casuali? No, non lo sono. Voi sapete benissimo che mio figlio del suo è stato chiamato la parola è stato chiamato il verbo. Bene il "numero" esprime il "Nume" di nome RO, le due prime lettere di ROmano, a giudicare il Padre e lo Spirito santo. Il Padre è Geova o Jahve che significa "io sono". Questi Dio di nome "Io sono" oggi, nella lingua del mondo che è divenuta quella inglese, si traduce in Am, che invece nella lingua ebraica riferiva Dio al popolo Dio, trasformando poi nella vocale O, la seconda di RO. La prima, la lettera R, sedicesima lettera dall'alfabeto italiano, poco proprio a indicare il numero 16 che esprime tutta la realtà in base ai due dati dal Padre e dallo spirito santo. Pertanto quando la sillaba RO - che è un Dio nel numero - diventa l'ultima sillaba dell'infinito presente nella prima persona di qualsiasi verbo regolare o irregolare, essa esprime la fine come il fine stesso di Gesù chiamato genericamente "il verbo". La verità è che il suono della parola e dei verbi è una articolazione dei numeri di cui ciclo è dato dal solo suoni ossia dal


60 7 + 7 + 7 che esprimono la libertà assoluta del dio trinitario nel ciclo di dieci è lei versi dello spazio o del Padre del figlio e dello spirito santo. La verità, nel nostro mondo relativo, e in cui Dio Padre e Dio Spirito santo solo veduti realmente del mondo in un italiano, ma si che è che la lingua italiana sia perfetta ad indicare il vero. Essa infatti avuto origine con la divina commedia, per questo la dice lunga, per chi ha orecchie per intendere. Vi posso dimostrare qualche esempio di questa verità. Avete già visto che il fine di ogni verbo è la sillaba RO iniziale del mio nome Romano. Quando vi dico che la ragione appartiene ad una mente che mente, la stessa parola vi informa del vero. Lo stesso nome di Dio vi comunica che la dimensione di dieci è quella dell'IO di DIO. Voi sapete che a Natale si celebra la nascita di Cristo. Ma, sapendo che AL è il nome ebraico di Dio (divenuto poi Allah, o Eli...), la parola Natale esprime Nat-Al-è, che Dio è nato. Invece l'Albero di Natale che sembra uno strano festeggiamento di Gesù Cristo, è l'uscita di quella finale sillaba RO di Albero, e informa che il Dio 2(ossia B), che lo Al 2 è RO, è Romano. Anche il Babbo Natale festeggia Dio Padre nella B, nel 2 di B-abbà, Padre. Babbà è la Coppia Padre Spirito santo, dei 2 padri di Gesù. Pertanto già la Provvidenza divina ha portato, nel giorno di Natale, a festeggiare non solo il figlio non anche la coppia dei suoi due genitori, con la celebrazione dell'Albero di Natale e del Babbo Natale. Eccezionale la parola AMOR, che trascende il Roma nella sua lettura al contrario. Anche qui la parola <amor>, in presenza di tutti che dicono che il Dio è Amor, rivela la mia presenza in un Amodeo Romano in cui vanno prese 3 lettere nel cognome ed una nel Nome in segno dell'unità e Trinità di Dio ha.

(Questo volumetto di pensieri è fatto conoscere solo nel 16 giugno 2012, come la documentazione di quanto precedette l'evento drammatico previsto per il 13 ottobre 2008 e che accadde essendo solo una tappa di avvicinamento, ad una morte reale che allora non era ancora negli imperscrutabili disegni divini.)


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