43°46’23’’North/11°15’25’’East > 40°42’51’’North/74°00’23’’West
Quadrimestrale in Italia € 12,00 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1, PERUGIA
RIVISTA DI ARCHITETTURE, CITTà E ARCHITETTI
13 43°46’23’’North 11°15’25’’East (Florence) > 40°42’51’’North 74°00’23’’West (New York)
13
e d i t r i c e
Elio Di Franco Claudio Nardi Renzo Piano Foster & Partners Skidmore, Owings & Merril Diller Scofidio + Renfro Neil M. Denari Bernard Tschumi Architects
settembre dicembre
2008
AND Rivista quadrimestrale di architetture, città e architetti n°13 settembre/dicembre 2008 direttore responsabile Eugenio Martera direttore editoriale Paolo Di Nardo comitato scientifico Giandomenico Amendola, Gabriele Basilico, Miranda Ferrara, Maurizio Nannucci, David Palterer, Sergio Risaliti, Giorgio Van Straten redazione Tommaso Bertini, Filippo Maria Conti, Samuele Martelli, Alessandro Melis, Elisa Poli, Pierpaolo Rapanà, Daria Ricchi, Eugenia Valacchi coordinamento editoriale Giulia Pellegrini coordinamento redazionale Fabio Rosseti corrispondenti dalla Francia: Federico Masotto dalla Germania: Andreas Gerlsbeck dagli Stati Uniti: Daria Ricchi traduzioni italiano-inglese Johanna Bishop, Miriam Hurley, Selig Sas, Team Translation crediti fotografici le foto sono attribuite ai rispettivi autori come indicato sulle foto stesse. L’editore rimane a disposizione per eventuali diritti non assolti progetto grafico Davide Ciaroni impaginazione elettronica Giulia Pellegrini, Pierpaolo Rapanà
stampa Litograf Editor, Città di Castello (PG) web underscore.biz comunicazione re.publique - Comunicazione d’Architettura comunicazione@and-architettura.it abbonamenti abbonamenti@dnaeditrice.it arretrati joodistribuzione@joodistribuzione.it quadrimestrale una copia € 12,00 numero con speciale € 15,00 numeri arretrati € 24,00 abbonamento annuale (3 numeri) Italia € 36,00; Europa € 45,00; resto del mondo € 60,00 (posta ordinaria) Registrazione del Tribunale di Firenze n. 5300 del 27.09.2003 ISSN 1723-9990 © AND - Rivista di architetture, città e architetti (salvo diversa indicazione) © dei progetti di proprietà dei rispettivi autori AND - Rivista di architetture, città e architetti è una testata di proprietà di DNA Associazione Culturale via V. Alfieri, 5 50121 Firenze è vietata la riproduzione totale o parziale del contenuto della rivista senza l’autorizzazione dell’editore e dell’Associazione Culturale DNA. La rivista non è responsabile per il materiale inviato non richiesto espressamente dalla redazione. Il materiale inviato, salvo diverso accordo, non verrà restituito.
in copertina/cover New York Times Building, schizzo/sketch © RPBW, Renzo Piano Building Workshop
direzione e amministrazione via V. Alfieri, 5 - 50121 Firenze www.and-architettura.it redazione spazio A18 via degli Artisti, 18r - 50132 Firenze redazione@and-architettura.it editore DNA Editrice via V. Alfieri, 5 - 50121 Firenze tel. 055 2461100 info@dnaeditrice.it pubblicità Urban Media via V. Alfieri, 5 - 50121 Firenze tel. +39 055 2461100 - fax +39 055 2001820 info@urbanmedia.it distribuzione JOO Distribuzione via F. Argelati, 35 - 20143 Milano joodistribuzione@joodistribuzione.it
soci sostenitori ANCE TOSCANA ARX SEZIONE EDILE DI CONFINDUSTRIA FIRENZE CONTEMPORANEA PROGETTI GRANITIFIANDRE URBAN MEDIA
13 sommario/summary 43°46’23’’N/11°15’25’’E (Florence) > 40°42’51’’N/74°00’23’’W (New York)
EDITORIALE, Leonardo Domenici
PARCO SONORO, intervista a Francesco Giambrone
Vuoto di passaggio, Eugenia Valacchi
ALLE MURATE, Eugenia Valacchi
20
22
38
42
46
50
54
58
MINIMAL BAROQUE, Laura Luperi
RIVA LOFTS, Elio Bedarida
ADVANCED DESIGN STUDIO, Carlo Achilli
CAROLAND, Michelangiolo Bastiani
FIRENZE NEW YORK, Dario Nardella
LA BOTTEGA DELL’OPERA, Giovanni Varoli
ACCADEMIA DELLA CRUSCA, D. De Martino, N. Maraschio
PALAZZO STROZZI, James Bradburne
62
64
68
70
72
76
80
84
GREG WYATT, Daniela Grassellini
ANTONIO LO PINTO, Marco Fagioli
LAT. 40° 42’ 51’’ N / LONG. 74° 00’ 23’’ W, Paolo Di Nardo
RENZO PIANO, The New York Times Building
FOSTER & PARTNERS, Hearst Headquarters
Skidmore,Owings & Merril, MSKCC
Skidmore,Owings & Merril, 7WTC
DILLER SCOFIDIO + RENFRO, The High Line
92
98
104
108
112
116
122
NEIL M. DENARI ARCHITECTS, HL23
BERNARD TSCHUMI ARCHITECTS, Blue Tower
AND COMICS
EDITORIALE
40°42’51’’N/74°00’23’’W (New York)
LEONARDO DOMENICI
Due città come Firenze e New York sono così diverse eppure accomunate dal fatto di costituire, ciascuna per il proprio mondo, un punto di riferimento e un simbolo. Da un lato la grandezza della cultura umanistica, espressa nell’apice artistico, e non solo, del Rinascimento, dall’altro il fascino della modernità e del progresso, che individuano i grandi orizzonti della globalizzazione e della multi-culturalità. Queste due icone della civiltà sono chiamate ogni giorno a rinnovare la propria immagine, reinterpretandola alla luce dei cambiamenti epocali che riguardano la cultura, la società, l’economia. Per questo Firenze, come New York, sono vissute come città del mondo, patrimonio dell’umanità e la storia ce lo ha dimostrato in modo chiaro e drammatico. Firenze ha vissuto la tragedia dell’alluvione del 4 novembre 1966 che ha provocato danni irreparabili al suo mirabile patrimonio culturale, minacciando di spazzare via l’intera città. New York è stata vittima del più grave attentato terroristico della storia, l’11 settembre 2001, colpita al cuore nei suoi simboli più noti, le Torri Gemelle. Due tragedie lontane e diverse che tuttavia hanno visto l’intera umanità scossa, addolorata e pronta a soccorrere due città di cui si sentivano parte. Questi segni resteranno per sempre e sapranno rinvigorire valori e tradizioni che mi piace pensare siano il vero legame tra le due comunità: l’orgoglio, l’apertura alle culture del mondo, la tolleranza, la vivacità. Non si può, dunque, che accogliere con grande favore ogni proposta che tenda ad avvicinare tra loro Firenze e New York, per condividere progetti e iniziative. Sono molti, del resto, gli interessi che ci uniscono nel concreto, dall’economia al turismo, dalla cultura all’arte, ed è compito di chi governa valorizzarli e potenziarli. L’auspicio è che la missione promossa dal Comune di Firenze, per il tramite della Commissione Cultura del Consiglio Comunale, in collaborazione con la Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, possa raggiungere l’obiettivo di mostrare a New York ed ai suoi cittadini il volto presente e futuro di una città che, senza rinnegare la sua storia, ha scelto di rinnovarsi e trasformarsi per rimanere vitale. La ricorrenza del Columbus Day e della Settimana della lingua italiana nel mondo costituiscono la cornice ideale per questo progetto, reso possibile anche grazie alla fattiva collaborazione e ospitalità dell’Istituto Italiano di Cultura a New York. Alla delegazione e alle istituzioni che saranno rappresentate in quella occasione, dal Teatro del Maggio Musicale, all’Accademia della Crusca, alla Fondazione Palazzo Strozzi, unisco dunque il mio personale saluto e ringraziamento.
43°46’23’’N/11°15’25’’E (Firenze)
Florence and New York are two cities that share the inexorable quality of representing, each in its own world, a symbol and reference point, despite being oceans apart. On the one hand is the magnitude of the humanist culture expressed in the artistic peak, and not exclusively, of the Renaissance period, while on the other hand, is the lure of modernism and progress that denote the grand prospects of globalisation and multiculturalism. Every day these two icons of civilisation are called upon to renew the actual outlook, to be interpreted afresh in light of the changing social, cultural and economic climates. For this very reason, as has been shown very clearly and vividly throughout history, Florence and New York have been cities of the world, existing heritage to humanity. Florence has endured the tragedy of the floods of November 4, 1966 that threatened to sweep away the entire city and caused irreparable damage to its extraordinary cultural heritage. New York, in turn, has been the victim of the most serious terrorist attacks in history. The September 11 attack in 2001, struck the heart of one of the city’s most prominent symbols, the Twin Towers. Two different tragedies separated by time and distance that left humanity shaken, aggrieved and ready to come to the rescue of the two cities of which it feels part. These tragedies will always remain as steadfast signs of revived values and traditions which I like to think
constitute the true bond between these two communities: pride, the acceptance of world culture, tolerance, and spirit. An opportunity to draw Florence and New York even closer, to share projects and initiatives, is a proposal that can only be welcomed with great enthusiasm. From economy to tourism, from culture to art, there are a myriad of interests that unite us on a practical level and it is up to those in power to recognise the values and to use these opportunities to their full potential. The enduring wish is to fulfil the objective of showing New York and its citizens the present and future face of a city that has chosen to renew and transform itself into an essential presence without renouncing its history through the mission, promoted by the Comune of Florence by the Commissione Cultura del Consiglio Comunale and in collaboration with the Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. This project is perfectly marked by the repeat occasion of “Columbus Day” and the “Settimana della lingua italiana nel mondo” (Italian language in the world week) which have also been made possible thanks to the proactive collaboration and hospitality of the Italian Cultural Institute in New York. I extend my personal greetings and thanks to the delegation and the institutions that will be represented on that occasion, from the Teatro del Maggio Musicale, to the Accademia della Crusca, and the Palazzo Strozzi Foundation.
20 21
Parco sonoro Concorso per il Parco della Musica e della Cultura di Firenze
Giulia Pellegrini intervista/interviews
Francesco Giambrone Sonic Park Giulia Pellegrini After many years, there can now be concrete discussion about a new Teatro Comunale [Municipal Theatre] for Florence. Can you tell us the story of this undertaking and how it got its start, what’s led us to this point? Francesco Giambrone The story has been long and difficult. When I first came to Florence, it seemed like a cherished dream that would be hard to achieve; one only had to talk to Zubin Mehta, our chief conductor for over twenty years, who had lost all hope of getting a new space within any reasonable span of time. A new theatre was absolutely essential for Florence. Unfortunately, due in part to the fact that the current one has undergone numerous repairs over the years because of the war and the flood, it is an utterly inadequate venue, both due to acoustics (a tragic irony for a theatre that has what may be the best orchestra in Italy, the best chorus, and one of the best ensembles in Europe!) but also from the standpoint of logistics: dressing rooms, utility areas, and stage technology. The turning point came in 2007 in planning the celebrations for the 150th anniversary of Italian unification. For these celebrations, which Florence has been involved in as a former capital of Italy, the state allocated the necessary resources, and a virtuous circle was created between local and area institutions and the central government; by the end of the year, this finally led to a plan for a new theatre – now with funding – that was presented to the head of state and is on its way to becoming a final design. GP The plan isn’t just for a Municipal Theatre, but
Giulia Pellegrini Dopo molti anni si può parlare concretamente di un nuovo Teatro Comunale per Firenze. Ci può raccontare come è nata questa avventura, la storia, come siamo giunti a questo momento? Francesco Giambrone La storia è lunga e travagliata. Quando sono arrivato a Firenze sembrava un sogno nel cassetto difficile da realizzare, bastava sentire il parere di Zubin Mehta, da più di vent’anni direttore principale del nostro teatro, che aveva perduto tutte le speranze di poter avere una nuova sede in tempi ragionevoli. Una nuova struttura era assolutamente indispensabile per Firenze che ha un teatro che, anche a causa dei molti rifacimenti avvenuti nel corso degli anni dovuti ad eventi bellici, all’alluvione, è purtroppo una sede del tutto inadeguata, sia per gli aspetti legati all’acustica (una sorta di beffa per un teatro che ha forse la migliore orchestra, il miglior coro d’Italia e che è uno dei migliori complessi d’Europa!) ma anche dal punto di vista della logistica: camerini, spazi per i servizi e tecnologie di palcoscenico. La svolta è avvenuta nel 2007 in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Per le celebrazioni, nelle quali Firenze era coinvolta essendo stata capitale d’Italia, sono state stanziate le risorse da parte dello Stato ed è scattato un circolo virtuoso tra le Istituzioni locali e del territorio e lo Stato che ci ha portati, alla fine dell’anno, ad avere finalmente un progetto per un nuovo teatro, ormai finanziato, presentato al Capo dello Stato e che si sta trasformando in progetto esecutivo. GP Non si parla solo di un Teatro Comunale, ma di un complesso più articolato. Che cosa significa avere un Parco della Musica per una città, in questo caso Firenze? FG Vuol dire che ormai la geografia e la caratterizzazione degli spazi urbani e degli spazi dedicati alle attività culturali nelle città è cambiata nel tempo. Un teatro ormai non è più solo un teatro, ma qualcosa di più, un centro culturale vivo 24 ore su 24, tutti i giorni della settimana, che è abbastanza diverso dalla concezione del teatro tradizionalmente inteso: un luogo aperto esclusivamente in relazione agli spettacoli e per giunta per poche sere alla settimana. Mediamente i nostri teatri in Italia stanno aperti dalle 70 alle 90 sere l’anno... cioè più chiusi che aperti! Ormai la concezione è completamente cambiata e l’idea che ispira la costruzione di questo nuovo polo culturale della città di Firenze è proprio questa: creare un nuovo centro di aggregazione mondana in nome della cultura. In primis sarà la sede del Maggio Musicale ed un luogo di spettacolo, soprattutto musicale: opere, concerti, balletti, ma sarà anche qualcosa di più. La nostra filosofia si ritrova nella concezione architettonica, siamo noi che lo gestiremo e lo renderemo fruibile e vogliamo che si presenti come uno spazio in grado di essere aperto tutti i giorni e che si offra il più possibile al pubblico, nelle forme più diverse. Certamente abbiamo previsto uno spazio per l’opera che ha esigenze un po’ particolari dal punto di vista scenico. È necessario uno spazio tecnologicamente avanzato in un grande teatro da circa 1.800/2.000 posti; l’auditorium, un’altra ampia sala coperta, modulare, da 500 a 1.200 posti, sarà dedicato ai concerti, ma è stato pensato come uno spazio polivalente
22 23
ABDR Architetti Associati – primo classificato progettista capogruppo/principal in charge ABDR Maria Laura Arlotti, Michele Beccu, Paolo Desideri, Filippo Raimondo consulenza per l’acustica/acoustic consultant Müller – BBM consulenza per i sistemi teatrali/stage systems consultant Luigi Pizzi consulenza artistica/artistic consultant Gregorio Botta prevenzione incendi/fire prevention Giacomo Ruggeri strutture/structures Italingegneria geologia e geotecnica/geologic and geotechnic consultant DMS Engineering impianti/systems Enec appaltatore generale/general contractor SAC Società Appalti Costruzioni + IGIT (ATI associazione temporanea di imprese/Temporary Joint Venture) costo/cost euro 82 milioni www.abdr.it Si aumenta lo spazio pubblico e si riconnette la città al Parco delle Cascine attraverso la realizzazione di aree a quote differenti, raccordate da un vasto piano inclinato che mette a sistema tutti gli altri volumi, compresi i due auditorium, la cavea all’aperto ed i giardini interni. La concezione architettonica e distributiva delle sale come ‘box in the box’, scatola nella scatola, garantisce isolamento e buona risposta alle performances acustiche richieste ed alle convenienze distributive/Public spaces are increased and the city is reconnected with Cascine Park through the creation of areas at different altitudes, joined by a large sloping plain that brings all of the other units in line, including two auditoriums, the open-air cavea and the internal gardens. The architectural and spatiallayout design of the rooms as a ‘box in the box’, provides insulation and an effective solution to the required acoustic performances and layout amenities
pianta della copertura roof plan 0
40 m
vista prospettica dell’accesso/ Perspective view of the entrance sotto: prospetto nord (giorno e notte)/below: north elevation (day and night)
24 25
0
10 m
vista panoramica ed esterno panoramic view and exterior pagina precedente/previous page: planimetria a quota ± 0,00 site plan ± 0,00
for a more complex kind of arts center. What does it mean for a city – in this case, Florence – to have a ‘music park’? FG It means that the geography and nature of urban spaces, and spaces devoted to culture within cities, has changed over the years. A theatre is no longer just a theatre, it’s something more, a cultural center that is active 24 hours a day, seven days a week, quite a different concept from a theatre in the traditional sense of the word: a space that is open only for performances, and just a few evenings a week, to boot. On average, theatres in Italy are open for only 70 to 90 evenings a year... they spend more time closed than open! These days, the concept has changed completely, and the idea behind the construction of this new cultural hub for the city of Florence is exactly that: to create a new social gathering place devoted to culture. First and foremost it will be the headquarters of the Maggio Musicale Festival and a performance space, especially for music: operas, concerts, and ballets. But it will also be something more. Our philosophy can be seen in the architectural concept; we’re the ones who will be managing it and making it accessible, and we want it to be a space that can be open every day, offering as much as possible to the public, in a wide range of forms. There will naturally be a venue for opera, which entails rather special demands from a scenic standpoint. What is needed is a technologically advanced space, in a large theatre that seats approximately 1,800/2,000 people; the auditorium, a large covered, modular, hall seating from 500 to
in grado di ospitare dai concerti sinfonici o sinfonico-corali alla musica da camera, dalle compagnie di danza alla prosa, quindi uno spazio aperto ai linguaggi dello spettacolo contemporaneo, senza barriere, ma adeguato soprattutto dal punto di vista acustico alle esigenze di una grande orchestra e di un grande coro. La cavea all’aperto, molto suggestiva, ha una capienza di circa 3.000 posti e si presta anche alle proiezioni cinematografiche. Infine ci saranno degli spazi di servizio, legati a diverse attività, compreso la sede del Museo del Maggio con il suo ben conservato, straordinario, patrimonio che deve essere in tutti i modi reso fruibile: si parla di opere scenografiche di Guttuso, De Chirico, Casorati, il meglio delle arti figurative del secolo passato quando il Maggio faceva da pioniere nel dialogo tra arti figurative e spettacolo dal vivo. Ci saranno spazi di vita collettiva, anche all’aperto. Il teatro è immerso nel verde del parco delle Cascine, si dovrà creare un luogo in cui la gente possa passare piacevolmente un po’ di tempo, leggere un libro, prendere un caffè, visitare il bookshop, comprare un biglietto, ma l’obiettivo è in ogni caso la creazione di un nuovo centro di aggregazione culturale della città. GP Quindi che garantisca un rapporto più diretto e continuativo con la città e più vicino alle persone… FG Assolutamente. Ci sono due grandi sfide: la prima, ovvia, è costruirlo, la seconda è gestirlo. Spero che la grande sfida del costruirlo inizi a breve, quella della gestione richiede una notevole organizzazione verso una progettualità ed una programmazione, come dicevo prima, decisamente trasversali in tutte le forme di spettacolo, senza nessuna supremazia, senza ritenere che una sia più importante dell’altra. Il Maggio Musicale Fiorentino organizza uno dei più prestigiosi Festival d’Europa che garantisce una grande apertura verso molte altre forme di spettacolo. Tengo a ribadire che vogliamo aprirci ad un pubblico il più possibile ampio e numericamente maggiore rispetto a quello attuale. GP Una curiosità. Avrà sicuramente visto i progetti che sono stati presentati, il progetto vincitore. Che cosa pensa delle proposte progettuali? FG Conosco molto bene il progetto vincitore che abbiamo approfondito dopo l’aggiudicazione della gara per renderlo il più possibile in linea con quello di cui abbiamo bisogno. Abbiamo avuto un confronto molto aperto ed intelligente con il team degli architetti che non si è trincerato dietro ad un’opera già compiuta, ma che ha invece sottolineato come le caratteristiche dell’opera dovessero essere discusse con il committente perché chi lo dovrà abitare e far funzionare abbia la possibilità di poter intervenire anche in questa fase di progettazione esecutiva. Devo dire che il pregio maggiore del progetto, a mio parere, è la morbidezza con cui si inserisce nel contesto urbano. Non era facile dialogare con un parco importante come quello delle Cascine e fare in modo che un elemento architettonico nuovo valorizzasse in tal modo un parco storico. Credo che ci siano tutte le premesse perché questo si realizzi e questa mi pare la caratteristica più importante dell’intero progetto.
26 27
0
10 m
1,200, is intended for concerts, but is conceived as a multifunctional space that can house anything from symphony concerts or symphonic choral concerts to chamber music, from dance to drama. In other words, a space that is open to every language of contemporary performance, with no barriers, but with acoustics particularly suited to the needs of a large orchestra or large choir. The open-air theatre, quite a lovely space, seats approximately 3,000 and can also be used for film screenings. Last but not least, there will be service areas for various activities, including the Maggio Musicale Museum, with an extraordinary, well-conserved collection that absolutely needs to be made accessible: we’re talking about set designs by Guttuso, De Chirico, Casorati, some of the finest figures in visual art in the 20th century, when the Maggio Festival played a pioneering role in the dialogue between visual arts and live performance. There will be public spaces, including outdoor ones. The theatre is surrounded by the green expanse of the Cascine park; it needs to be a place where people can enjoy spending a bit of time, can read a book, have a cup of coffee, visit the bookshop, buy a ticket; but the goal, in any case, is to create a new culturally-oriented gathering place for the city. GP In other words, one that can create a more direct, ongoing relationship with the city, closer to people’s lives… FG Absolutely. There are two big challenges: the first, obvious one, is to build it; the second is to manage it. I hope that the big challenge of building
it will soon be underway; the challenge of managing it will require considerable organization in terms of the planning approach, and programming, that cuts across all fields of performance, with none predominating, without giving one more importance than another. Maggio Musicale Fiorentino organizes one of the most prestigious festivals in Europe, which makes for considerable openness towards other forms of performance. I should emphasize again that we want to reach out to as broad an audience as possible, larger than the current one. GP I’m curious: you must have seen the designs that were presented, the winning project. What do you think of the design proposals? FG I am very familiar with the winning design, which we examined closely after the tender was awarded, working to bring it into line as closely as possible with what we need. We had a very open, intelligent dialogue with the architectural team; they didn’t barricade themselves behind a finished project, but rather emphasized that its features had to be discussed with the principal, so that the people who will be using it and making it work get the chance for input even in the final design stage. I have to say the key strength of the design, in my opinion, is the gentle way it fits into the urban surroundings. It wasn’t easy to work in relationship to an important park like the Cascine, creating a new architectural element that enhances a historic setting. I think there is every sign that this will be achieved, and to me, this is the most significant aspect of the entire design.
sezioni est-ovest sulla sala grande e sulla sala piccola/sections eastwest on the big and small concert halls pagina precedente (in basso)/ previous page (bottom): sezione prospettica della sala grande/perspectic section of the big concert hall
28 29
Archea Associati – secondo classificato progettista capogruppo/principal in charge Archea Associati – Laura Andreini, Marco Casamonti, Silvia Fabi, Massimiliano Giberti, Gianna Parisse, Giovanni Polazzi strutture/structures Favero & Milan Ingegneria impianti/systems Studio TI società cooperativa appaltatore generale/general contractor Gia.Fi Costruzioni superficie/area 60.000 mq/sqm costo/cost euro 80 milioni www.archea.it Il lungo fronte del complesso è caratterizzato da due avancorpi sollevati da terra che grazie al loro sbalzo coprono ampie porzioni della piazza pubblica e la gradinata che costituisce la cavea. La torre scenica, alta 40 m, conferisce all’intero complesso grande caratterizzazione ed i volumi e le coperture si succedono dal basso per arrivare al suo livello; svolge inoltre un ruolo di cerniera nella distribuzione delle funzioni. Tutta la superficie esterna, elemento scultoreo e fortemente plastico, è rivestita da una pelle formata da elementi triangolari di cotto smaltato che riprendono nelle cromie bianche e verdi la tradizione romanica fiorentina/Two elevated risalits define the long front facade of the complex and their overhang covers substantial portions of the public square and the stairway that forms the cavea. The 40 m high scenic tower provides great definition to the entire complex with the units and covering running from below to reach this level; furthermore, it carries out an axis role in the functions layout. All of the external surfaces, a sculptured and significantly plastic element, are covered in a skin formed of triangular components of enamelled terracotta that recapture the white and green shades of the Florentine Romanesque tradition
30 31
a
40 m
0
planimetria a quota Âą 0,00/site plan Âą 0,00
sezione aa/section aa
0
prospetto sud-ovest/south-west elevation
prospetto nord-est/north-east elevation
pagine seguente/following page: viste prospettiche del teatro lirico e dell’auditorium/perspectic views of the lyric theatre and of the auditorium prospetto sud-est/south-east elevation
10 m
32 33
Arata Isozaki and Associates – terzo classificato capogruppo/principal in charge Arata Isozaki Associati gruppo di progettazione/design group Arata Isozaki & Associates – Arata Isozaki, Arata Isozaki Associati – Andrea Maffei, M+T & Partners, Arup Italia strutture/structures Arup Italia impianti/systems Arup Italia consulenza acustica/acoustic consultant Nagata Acoustics, Tokyo; Vie En Rose, Firenze prevenzione incendi/fire prevention Silvestre Mistretta geotecnica/geothecnics Arup Italia appaltatore generale/general contractor Baldassini Tognozzi Pontello Costruzioni Generali, Mazzanti, Opere Pubbliche e Ambiente (ATI associazione temporanea di imprese/Temporary Joint Venture) www.isozaki.co.jp Il sistema dei volumi trova unità nella copertura organica che riunisce tutti gli elementi. Di grande rilevanza è il foyer, con vocazione pubblica e proiettato all’esterno attraverso le grandi vetrate. I singoli volumi racchiudono poi gli spazi adibiti alle rappresentazioni e alle diverse attività. Il tessuto connettivo è caratterizzato dalla presenza della pietra serena, nelle pareti come nella pavimentazione esterna, con un chiaro riferimento all’architettura fiorentina/The system of units is brought together under the overall covering which unites all of the elements. The foyer is particularly relevant, being public oriented and projected externally by means of large glass panelling. Representations and the various activities are then contained in the single units. The connective tissue is the pietra serena stone that features in both the walls and external paving, with reference to Florentine architecture pianta della copertura/roof plan
prospetto sud/south elevation
prospetto est/east elevation
0
10 m
prospetto ovest/west elevation
34 35
a
pianta 1째 piano/1st floor plan
0
40 m
b
sezione aa/section aa 0
10 m
in basso, da sinistra: viste dell’auditorium e del teatro dell’opera/below, from the left: views of the auditorium and of the opera theatre
sezione bb/section bb
36 37
Vuoto di passaggio Elio Di Franco, Padiglione accrediti stampa alla Fortezza da Basso
di/by Eugenia Valacchi foto di/photos by Arrigo Coppitz The new reception area for the expo center at Florence’s Fortezza da Basso fits into the perimeter of an architectural context that is extremely distinctive from both a historical perspective and the more specific standpoint of urban architecture. The imposing circle of walls, whose angular bastions jut out towards the city, has always embraced architectural elements from different historical periods, their applications constantly adapted to contingent needs; as a result, the buildings and areas of passage inside the fortress still feature a well-distributed polycentrism. Over time, the space within the fortress has thus become an integrated system of walkways and squares, like a scale model recreating the dynamics of a city. The design for the new lobby thus had the double task of forging a functional relationship with the fortress, as the first point of contact with the expo center, and serving as an arrival and aggregation area for visitors; it therefore aimed for an architectural solution that would give a uniform look to the project, while also underscoring this urban aspect. Movement is the governing principle in the design, according to Elio Di Franco, the architect responsible for the hall; its forms, which rise up around a large empty space, embrace the surroundings, yet the geometric regularity of the envelope does not alter the delicate equilibrium with its context. The building’s layout is based on the need for two different zones: one public area for service, the other primarily a utility area.
Il Nuovo Padiglione Accrediti per il Polo Espositivo della Fortezza da Basso a Firenze si inserisce sul perimetro di un contesto architettonico dal segno forte sia dal punto di vista storico che da quello più propriamente architettonico-urbano. L’imponente cortina muraria, che si protende verso la città con i bastioni angolari, ha sempre avuto un ruolo contenitivo di architetture nate in diversi periodi storici e con destinazioni d’uso adeguate di volta in volta alle esigenze contingenti, con la conseguenza che gli edifici e gli stessi spazi connettivi della Fortezza sono tuttora caratterizzati da un policentricismo diffuso. Lo spazio interno della Fortezza si è dunque configurato nel tempo come un sistema integrato di percorsi e piazze, quasi a ricreare in scala le dinamiche proprie di una città. Il progetto del nuovo Padiglione aveva dunque il duplice compito di risolvere sia il rapporto funzionale con la Fortezza, come approdo al Polo Espositivo, che l’arrivo e la sosta dei visitatori: esso si è orientato dunque verso una soluzione architettonica che, pur avendo come obiettivo il carattere unitario dell’intervento, tende anche a sottolinearne questa dimensione urbana. Il movimento diventa principio ordinatore del progetto, secondo le parole dello stesso Elio Di Franco, architetto cui si deve la realizzazione del padiglione; le forme, che nascono intorno a un grande vuoto, includono il contesto e il paesaggio circostante, senza che la regolarità geometrica dell’involucro alteri il delicato equilibrio con il contesto. L’organizzazione dell’edificio nasce dall’esigenza di avere due zone distinte, una a carattere pubblico e di servizio agli utenti, l’altra prevalentemente tecnica. Tale soluzione consente di dare un carattere riconoscibile ed immediato all’edificio e di rispondere a necessità di flusso dell’utenza esterna. Gli accessi, all’interno delle pareti perimetrali completamente vetrate, sono localizzati lungo viale Strozzi e protetti da una pensilina leggera. La fruibilità degli spazi è stato un punto cardine dello sviluppo del progetto: attraverso una chiara distribuzione delle aree funzionali, l’immediata riconoscibilità degli accessi, la totale assenza di barriere architettoniche, il padiglione raggiunge la completa rispondenza alle esigenze funzionali e spaziali degli operatori e dei visitatori. La copertura sarà rivestita in metallo color testa di moro; per tutte le parti metalliche della hall è previsto un trattamento di pre-ossidazione che garantirà colori bruniti dalle tonalità naturali. All’esterno, la sistemazione degli spazi prevede l’uso di legno e ghiaia. Inoltre il progetto è stato orientato al conseguimento del massimo comfort ambientale, tramite l’adozione di soluzioni distributive che assicurino la possibilità di ventilazione naturale, ampie vetrate che mantengano alti i livelli di illuminazione diurna, spazi protetti e ombreggiati nella zona esterna maggiormente interessata dai flussi di visitatori.
38 39
nome progetto/project name Nuovo padiglione accrediti alla Fortezza da Basso/New accreditation pavillion at Fortezza da Basso progetto/design Elio Di Franco collaboratore/collaborator Luigi Pacciani strutture/structures A&I Progetti – Massimo Toni impianti/systems Protecno – Luigi Michelozzi (meccanici/mechanical), Mauro Martini (elettrici/electrical) luogo/place Firenze progetto/project date 2006 realizzazione/realization 2007-2008
This concept gives the building an immediately recognizable character and is geared to handling visitor traffic flow from outside. The points of access, inside the fully-glazed perimeter walls, are located along Viale Strozzi and protected by a light roof. Creating fully useable spaces was a key issue in developing the design: through the clear layout of functional areas, the immediate recognizability of entrances, and the total absence of architectural barriers, the reception hall fully meets the practical and spatial needs of personnel and visitors. The roof will be clad in dark brown metal, and all metal components of the lobby are to undergo a pre-oxidation treatment that will yield natural tones of brown. Wood and gravel will be employed in the spaces outside. Moreover, the design is focused on creating as comfortable an environment as possible, by adopting layouts that ensure natural ventilation, large glassed areas to provide optimum daytime lighting, and sheltered, shady spaces in the area outside most subject to visitor traffic.
a
pianta pavimento/floor plan
0
5m
seziona aa/section aa
40 41
Elio Di Franco, ‘Alle Murate’
affresco con il ‘vero’ volto di Dante/fresco showing Dante’s ‘true’ face
di/by Eugenia Valacchi foto di/photos by Nathalie Krag The palazzo on the corner of Via del Proconsolo and Via Pandolfini in Florence was built in the first half of the 14th century as the premises of the Arte dei Giudici e Notai (guild of judges and notaries); it remains one of the most striking examples of the significance that was already attributed to Florentine culture in the Late Middle Ages. Its iconographic narrative features the poets Dante, Petrarca, Boccaccio, and Zanobi da Strada. They are flanked by a depiction of the city of Florence (on the ceiling, datable to about 1366), portraits of humanists, the Virtues, and the Arts of the Trivium, by Iacopo di Cione (Orcagna’s brother), Ambrogio di Baldese, Andrea del Castagno, and Pietro Pollaiolo. A tribute, in short, to civic virtues and to humanists, in the name of the city’s political and cultural autonomy. Over the centuries, the main guildhall fell into disuse and the frescoes, left untended, suffered serious damage. A private citizen, Umberto Montano, is to be thanked for rediscovering and restoring the frescoes (a task carried out by Daniela Dini in coordination with the Office of Artistic and Historic Heritage); the opening of a restaurant on the premises, Alle Murate, made it possible to bring them back to life and put them into a contemporary architectural setting. Architect Elio Di Franco oversaw the delicate task of renovating the restaurant spaces and the cellars flanking the Scheraggio conduit, whose bed lay along Via del Proconsolo and which provided water to several late-Roman and medieval ‘industrial’ facilities.
Il palazzo che occupa l’angolo tra via del Proconsolo e via Pandolfini, a Firenze, fu istituito nella prima metà del Trecento come sede dell’Arte dei Giudici e Notai; qui si conserva una delle più importanti testimonianze dell’importanza che già in epoca tardomedievale si tributava alla cultura fiorentina. Nel racconto iconografico figurano i poeti Dante, Petrarca, Boccaccio e Zanobi da Strada. A questi si affiancano l’immagine della città di Firenze (sulla volta, databile intorno al 1366), ritratti di umanisti, delle Virtù, delle Arti del Trivio, per mano di Iacopo di Cione (fratello dell’Orcagna), Ambrogio di Baldese, Andrea del Castagno, Pietro Pollaiolo. Un tributo, dunque, alle virtù civiche e agli umanisti in nome dell’autonomia politica e culturale della città. Nel corso dei secoli, la sala maggiore dell’Arte cadde in disuso e gli affreschi, lasciati all’incuria, furono gravemente danneggiati. Si deve al merito di un privato, Umberto Montano, la riscoperta e il restauro degli affreschi (ad opera di Daniela Dini e di concerto con la Soprintendenza); con l’apertura del ristorante Alle Murate ha permesso di riportarli alla luce e di inserirli in un ambiente architettonico contemporaneo. L’architetto Elio Di Franco è autore della delicata opera di sistemazione dei locali del ristorante e dei sotterranei, situati lungo il fosso Scheraggio che aveva su via del Proconsolo il suo alveo e che alimentava alcuni stabilimenti di tipo ‘industriale’ tardoromani e medievali. Il ristorante, con ingresso su via del Proconsolo, immette in un primo ambiente rivestito con boiserie alle pareti, per poi passare, attraverso un breve corridoio che delimita ai lati il guardaroba e l’ufficio, nel magnifico spazio a doppia altezza con i soffitti dalle volte affrescate. In fondo alla prospettiva che si scorge dall’ingresso, una vetrata, accarezzata da una lama d’acqua che si raccoglie in un piano concavo in legno, lascia intravedere la parte della cucina dedicata alla preparazione dei piatti. A lato di questa vetrata, una scala in legno conduce al livello superiore dove una passerella, leggera e sottile, corre lungo il perimetro della sala e consente un’ottima visione degli affreschi, oltre a permettere l’accesso alla saletta ristorante. La passerella sembra appoggiata a pareti in legno di rovere con fessure in vetro diffusore retro-illuminate che nel disegno ricordano il bugnato irregolare degli edifici fiorentini. Questa passerella ha un ruolo molto importante nel progetto, sia dal punto di vista strutturale che impiantistico: infatti risolve alcune patologie strutturali dell’edificio in modo non tradizionale, sostituendosi funzionalmente alle classiche ‘catene’. Il progetto si propone di superare i vincoli imposti dalle preesistenze attraverso il sapiente uso di materiali, colori, luce e ombra; i volumi colorati si compenetrano, danno profondità alle prospettive, smorzando la fisicità delle pareti e permettendo alla luce di avere un suo percorso all’interno dell’architettura, che diventa così fluida, indefinita.
42 43
a
+ 3,00
cucina/kitchen
+ 0,20 + 3,00
wc b
b + 3,93
pianta piano interrato/basement floor plan
+ 0,10
pianta soppalco/gallery level plan
vetro/glass
via Pandolfini
pavimento mobile/movable floor 0
2,5 m
ingresso/entrance via del Proconsolo
pianta piano terra/ground floor plan 0
2,5 m
a
The restaurant’s entrance on Via del Proconsolo leads into a wood-panelled foyer, then through a short corridor separating the cloakroom and the office on either side, in a magnificent two-story-high space with frescoed ceiling vaults. In the background of the view from the entrance, a glass partition, caressed by a sheet of water that falls into a concave wooden surface, offers a glimpse of the kitchen area used for preparing dishes. Next to this glass partition, a wooden stairway leads to the upper floor, where a slender, graceful walkway runs around the perimeter of the room, offering an excellent view of the frescoes while allowing access to the dining room. The walkway seems to rest on oak partitions with backlit frosted glass slits, whose design evokes the uneven, rusticated stone of Florentine buildings. This walkway plays a pivotal role in the design, from the standpoint of both structure and plant engineering: it solves certain structural problems of the building in an unconventional way, filling in for the standard tie-rods. The design is aimed at working around the limitations set by pre-existing elements through skillful use of materials, colours, light, and shadow; coloured volumes intersect each other, add perspective depth, soften the physical nature of walls and allow light to flow around the architectural space, rendering it fluid and blurring its boundaries.
44 45
nome progetto/project name Ristorante Alle Murate Alle Murate Restaurant progetto/design Elio Di Franco collaboratori/collaborators Luigi Pacciani, Rocio Serrano strutture/structures A&I Progetti – Niccolò De Robertis coordinamento/coordinator Vincenzo Campagna restauro affreschi/frescos restoration Daniela Dini scavi archeologici/excavation Nadia Montevecchi luogo/place Firenze fine lavori/completion 2005 superficie totale/total area 350 mq/sqm
+ 3,20
± 0,00
+ 0,10
+ 0,20
+ 3,00
+ 0,20
± 0,00
- 3,35
sezione aa/section aa
sezione bb/section bb
Minimal baroque Claudio Nardi, Boutique LuisaViaRoma
nome progetto/project name Boutique LuisaViaRoma progetto/design Claudio Nardi con/with Annalisa Tronci strutture, direzione lavori, sicurezza/ structures, works direction, safety David Piazzini impianti/systems Gabriele Anatrini appaltatore/general contractor Immobiliare 2000 inizio lavori/start febbraio 2008/February 2008 fine lavori/completion giugno 2008/June 2008 luogo/place Firenze www.claudionardi.it
After more than twenty years Claudio Nardi has devised a radical new renovation for Luisaviaroma, the shop in the historical centre of Florence that marked his entrance into the world of fashionhouse architecture in 1984. This led to a career that has featured a lengthy series of highly prestigious ventures for major international labels such as Dolce & Gabbana, Ferré, Valentino and Malo. Although the shop is set out on three levels it forms a spatial continuum, from a concept point of view, which also comprises the exterior aspect. Instead of the traditional shop window, full length crystal glass panels open out onto the city to reveal the finery of the internal elements and offer a look at the movements inside and the spatial mass suggested by exemplary elements in industrial cement and panes of sharp cornered glass. The concept store, where the ground floor is dedicated to women’s wear, the first floor contains menswear and the basement holds younger looks, is the setting «of an exciting and stimulating atmosphere […] changeable, not static, fused, to seem like an outdoor location, simultaneously natural and artificial, in the sense of device, invention, mirage», Nardi has stated. The cement staircases, partitioned by transparent glass screens, guarantee free-flowing movement; each step is lit from below to emphasise the theatrical notion of the complex. This project has been conceived in collaboration with Annalisa Tronci and is a further opportunity for Nardi to create a fluid, adaptable and versatile at-
testo di/text by Laura Luperi foto di/photos by Pietro Savorelli Dopo oltre vent’anni Claudio Nardi concepisce una nuova radicale ristrutturazione per Luisaviaroma, il negozio, nel centro storico di Firenze, che aveva segnato, nel 1984, il suo esordio nel mondo dell’architettura legata alla moda, viatico di una lunga serie di interventi prestigiosissimi al servizio di grandi griffe internazionali come Dolce & Gabbana, Ferré, Valentino e Malo. Il negozio si sviluppa su tre livelli, ma è, dal punto di vista del concept, un continuum spaziale, perfino con l’esterno. Sin dall’ingresso, infatti, ad anticipare il nitore degli elementi interni, al posto delle tradizionali vetrine, si aprono vetrate in cristallo a tutta altezza che svelano alla città le attività interne ed una spazialità volumetrica suggerita da elementi archetipici in cemento industriale e lame di vetro a spigolo vivo. All’interno del concept store, il piano terra dedicato alla donna, il primo all’uomo e l’interrato alle tendenze giovanili, sono gli scenari «di un ambiente emotivo ed emozionale […] non statico ma mutevole, composito, tanto da sembrare un luogo all’aperto, al tempo stesso naturale e artificiale, nel senso dell’artificio, dell’invenzione, del miraggio», come afferma lo stesso Nardi. La libertà di movimento è assicurata dalle scale in cemento, schermate anch’esse da diafani diaframmi vitrei; ogni gradino è illuminato dal basso così da intensificare l’impressione di teatralità del complesso. Ideato in collaborazione con Annalisa Tronci, l’intervento è, dunque, per Nardi, un’ulteriore opportunità di creare un ambiente fluido, mutevole e versatile in cui l’arredo freestanding e polifunzionale può cambiare collocazione e uso rapidamente per consentire l’esposizione di abiti e accessori, ma anche l’accoglimento di mostre ed eventi. Il progetto è essenziale e innovativo. In esso dialogano la lucentezza del cristallo e la solidità del cemento. Lo spazio, fisico e concettuale allo stesso tempo, si trasforma e si popola di nuovi elementi che nascono dall’incontro delle superfici con la luce a cui contribuisce un ampio solaio calpestabile in cristallo strutturale che filtra la luce naturale negli ambienti inferiori. Ed è proprio la luce il connettivo tra l’anima metafisica dell’intervento, generata dalle stereometrie del cemento e del vetro, e quella high tech fatta di led, pannelli retroilluminati e monitor ipertecnologici attraverso cui si può accedere al web con sistemi touch screen. Nardi ha saputo così creare un ambiente meta-teatrale in cui scena e sfondo si riconfigurano per le diverse attività che la boutique può ospitare. Il linguaggio minimalista, che assume connotazioni iconiche, ed una funzionalità ibrida e tecnologica sono i topoi che delineano la vocazione tipicamente nardiana per l’ossimoro inteso come ricerca, a tratti ossessiva, di «uno spazio apparentemente nudo ma sottilmente sofisticato, una scena barocca, ma senza decoro, pulsante, interattiva con le luci delle stagioni e con le sensazioni degli umani».
46 47
48 49
mosphere, in which the positioning and function of the freestanding and multi-functional furnishings can be quickly adjusted, both to display clothing and accessories and to accommodate shows and events. The project is essential and progressive. There is a flowing dialogue between the gleaming crystal and the solid cement. The physical and conceptual space undergoes continuous transformation as the light meets the various surfaces, enhanced further by the natural light that filters through the crystal glass structured walkable attic space to the units below. The light creates a bond between the metaphysical soul of the project, generated by the solid geometry of the cement and the glass, and that hitech aspect formed by LEDs, back-lit panels and hi-technology monitors with touch screen internet access. Nardi has created a semi-theatrical setting that allows for the scenery and the background to be reset to cater for the range of activities that the boutique can accommodate. Minimalist language, taking on an iconic implication, and crossover and technological functions are the topoi that outline the typically Nardian pull towards the oxymoron, interpreted as a absorbed search for ÂŤa space that is seemingly nude but subtly sophisticated, a Baroque scene, but without decoration, buttons, that interact with the lights of the seasons and with human emotionsÂť. piano terra (pagina precedente) e primo piano (sopra)/ground floor (previous page) and first floor (above)
a
a
pianta piano terra/ground floor plan
0
5m
Âą 0,00 sezione aa/section aa
-5,89
Š Davide Virdis
testo di/text by
© Marcin Gierat
Claudio Nardi, Riva Lofts
Elio Bedarida
Identità o diversità? Sensibilità o forza? Esclusività o familiarità? In cosa sta l’efficacia del progetto del Riva Loft Hotel che è valso a Claudio Nardi il primo premio per il Best Hotel dei Wallpapers Award 2008? A una prima occhiata, l’elemento emergente dell’intervento è la capacità di lasciare che questo antico opificio del 1880 continui a parlarci delle serene atmosfere delle campagne toscane e del calore che sembra albergare qui da sempre. E qui, tuttavia, antico e nuovo si integrano perfettamente attraverso la fusione delle caratteristiche tipiche dei manufatti rustici toscani con i caratteri di moderna essenzialità del linguaggio nardiano. Situato non lontano dal centro storico di Firenze, il complesso si compone di nove suite che, pur mantenendosi tra loro coerenti per stile e atmosfera, sono tutte diverse per ampiezza – tra i 30 e i 90 mq – e scelta di arredi, per soluzioni e materiali. In questo luogo, in cui si può godere di pregiate vedute sulla città, Claudio Nardi, coadiuvato da Patrizia Massetti, riesce nel difficile compito di unire alla grazia dei manufatti toscani – che dimostra di conoscere intimamente – la forza della semplicità del linguaggio razionalista, facendo di volta in volta ricorso ad una raffinata ricerca di ‘materiali sensibili’ (come lui stesso li definisce), perfettamente integrati all’esistente. Ogni dettaglio introdotto pare esattamente ciò che mancava, giusto e misurato lì dove è. Perfino la luce, elemento fondante di questo e di altri progetti di Nardi, appare dosata centimetro per centimetro. L’articolazione degli spazi è, infatti, sottolineata da un caratteristico taglio ad essa conferito, e che, da ogni angolo, assume una specifica morbidezza. Anche in virtù di questo, il minimalismo nardiano non è un dissimulato protagonista se è vero che esso non comunica un senso di estraneità neppure al profano di architettura: Nardi usa corian e legno, cemento lucidato e arenaria, muri grezzi e intonaco non per contrapporli ma per armoniosa giustapposizione. Come auspicato dal suo ideatore, e da sua figlia Alice, che del Riva è conduttrice, l’hotel è diventato luogo di incontro di cosmopoliti frequentatori della città che qui arrivano per turismo, per interessi culturali o in occasione delle più importanti manifestazioni cittadine. E allora il salone con pareti in pietra e volte a crociera, la libreria con il grande camino e il giardino con l’ampia vasca di arenaria diventano ambienti nei quali, tra mobili etnici e classici del design del Novecento, è piacevole incontrarsi e scambiarsi idee all’insegna del relax.
50 51
nome progetto/project name Riva Hotel progetto/design Claudio Nardi strutture/structures Lorenzo Mattioli progetto idrotermosanitario/hydrothermic plant and sanitary fixtures Sandro Bizzarri progetto elettrico/electric plant Iacopo Corti impresa/contractor Quattro luogo/place Firenze www.claudionardi.it
0
5m
pianta piano terra/ground floor plan
Š Carlo Valentini
© Marcin Gierat
52 53 Identity or diversity? Sensitivity or strength? Exclusivity or familiarity? What does the Riva Loft Hotel project contain to have earned Claudio Nardi the first prize for the Best Hotel in the Wallpapers Award 2008? The most striking aspect of the venture, on first impression, is the ability to enable this old 1880 workshop to continue to convey an atmosphere of the serenity of the Tuscan countryside and the warmth that seems to have always been there. And yet old and new integrate perfectly through the fusion of the characteristic features of the rural Tuscan pieces with the essentially modern features of the Nardian language. Located a short distance from the historical centre of Florence, the complex is formed of nine suites which differ in spaciousness – between 30 and 90 sqm – and choice of furnishings, as regards interiors and materials, but retain a consistent style and atmosphere throughout. This setting, which is enhanced by the wonderful view over the city, is where Claudio Nardi, aided by Patrizia Massetti, overcomes the challenge of uniting the gracefulness of the Tuscan pieces – of which he demonstrates a profound knowledge - to the power of the simplicity of the rationalist language, turning at times to a detailed search for ‘sensitive materials’ (as he himself defines them), that would
integrate perfectly with the existing ones. Each particular aspect that was introduced seems to be exactly what had been missing, just right and made to measure. Even the lighting, an initiating element for this and other Nardi projects, appears to have been measured out centimetre by centimetre. The spaces have been divided in such a way as to be emphasised by a characteristic cut and take on a particular softness from every angle. Even in virtue of this, the Nardian minimalism is a veiled central character given that it doesn’t transmit a sense of separation, not even to an inexperienced architectural eye: Nardi uses corian and wood, glossy cement and sandstone, open-face walls and plaster, not in contradiction but to create harmonious juxtaposition. The originator and his daughter Alice, who manages the Riva, have seen their dream realised as the hotel has become a meeting place for cosmopolitan guests visiting the city for tourism, culture or in the occasion of the city’s most important events. The lounge area with stone wall and crossed vaults, the library featuring the large fireplace and the garden with the large sandstone basin all become settings in which it is a pleasure to meet and converse in the utmost relaxation amongst the ethnic and 20th century design classic furniture.
vista della piscina nel giardino e di una suite/view of the swimming pool in the garden and of a suite
Advanced Scuole americane di architettura a Firenze American Architecture Schools in Florence Fabio Rosseti Molte Università americane, circa ottanta nel corso degli anni, hanno scelto di stabilire a Firenze una sede dove svolgere i loro programmi accademici e didattici internazionali. Di queste, quelle che offrono corsi di architettura sono una minima parte: la California State University (CSU), la Syracuse University (SU), la Kent State University (KSU), la Washington University in St. Louis (WUSTL), la Roger Williams University (RWU), la University of Michigan (U-M). Università come CSU, SU, KSU o RWU, che hanno, in patria, scuole di architettura molto attive e conosciute, preferiscono corsi più specifici, strettamente mirati alla progettazione, articolati anche su più semestri e diversi tipi di attività, anche in ambiti più professionali. Altre università, come la U-M e la WUSTL, hanno un approccio più ‘divulgativo’, con risalto maggiore su gli aspetti storici e culturali dell’architettura, spesso con un occhio di riguardo al ‘mito’, americano, del Rinascimento. Quello che invece accomuna la didattica e l’approfondimento all’interno delle università americane a Firenze è l’interesse, la ‘curiosità’ per la complessa e ricca stratificazione storica e tipologica della città italiana, ed in particolare Firenze, e dei suoi spazi. Vi è una sorta di smarrimento negli studenti di fronte alle piazze fiorentine, alle linee di case a schiera che delimitano, ad esempio, le strette strade di Oltrarno. Spazi, le case come le piazze, che spesso sono rimasti immutati, almeno concettualmente, dalla loro costruzione, avvenuta magari un paio di secoli prima della scoperta dell’America; spazi che sono, oggi come ieri, quotidianamente vissuti e che spesso viene chiesto agli studenti americani di ri/progettare. La ricchezza di queste esperienze didattiche è nello spingere gli studenti a cambiare un punto di vista, il loro, totalmente diverso rispetto a quello con cui si stanno confrontando: gli spazi, le architetture che questi ragazzi hanno negli occhi e nella testa sono ‘americani’ (per dimensioni, funzionalità, tecnologie); gli spazi e le architetture che devono progettare, sono ‘fiorentini’ (per le stesse dimensioni, funzionalità, tecnologie)! Il rapporto di queste università con la città di Firenze non è quindi solamente di ‘ospitalità’, ma di scambio culturale a tutti gli effetti, di arricchimento reciproco, di formazione, per giovani studenti che compiono così il loro Grand Tour. Fabio Rosseti Many American universities – approximately eighty of them, over the years – have chosen to set up a branch in Florence for their international academic and educational programs. Only a few of these offer architecture courses: California State University (CSU), Syracuse University (SU), Kent State University (KSU), Washington University in St. Louis (WUSTL), Roger Williams University (RWU), and the University of Michigan (U-M). Universities like CSU, SU, KSU or RWU, which have very active, well-known architecture schools in their own country, prefer more specific courses, directly focused on design and in some cases divided into multiple semesters and different types of activities, even in more professional spheres. Other universities, like U-M and WUSTL, take a more ‘basic’ approach, with greater emphasis on the historical and cultural aspects of architecture, often with a keen look at the ‘legend’ that surrounds the Renaissance in America. What is instead common to the didactic approach and exploration of all the American universities in Florence is an interest and ‘curiosity’ about the rich, complex historical and typological stratification of Italian cities, particularly Florence, and its urban spaces. Students can be almost disoriented by Florence’s piazzas, by the rows of connected buildings that line the narrow streets of the Oltrarno district, for example. These are spaces, both houses and piazzas, that have remained unchanged (at least in their basic concept) since their construction, which may date back to a few centuries before the European discovery of America; spaces that are as full a part of daily life today as they were yesterday, and that these American students are often asked to re/design. The fruitfulness of these didactic experiments lies in the way they force students to change their original outlook, which is totally different from the one they are presented with: the spaces and architecture imprinted on the vision and minds of these young people are ‘American’ (in their dimensions, purposes, and technology); the spaces and architecture they must design are ‘Florentine’ (again, in their dimensions, purposes, and technology). The relationship that these universities have forged with the city of Florence is therefore not just based on “hospitality’, but on full-fledged cultural exchange, reciprocal enrichment, and professional training for young students on their Grand Tour. The California State University: http://www.csufirenze.it/ Kent State University: http://www.caed.kent.edu/Academic/Int/Int.html http://www.dept.kent.edu/oia/florence/ Syracuse University in Florence: http://www.syr.fi.it/ Roger Williams University: http://www.rwu.edu/academics/schools/saahp/programs/studyabroad.htm http://www.palazzorucellai.org/academic.php?id=86 Washington University in St. Louis http://art.wustl.edu/Other_Academic_Programs/Study_Abroad/ University of Michigan http://www.unimwd.it/
design studio Roger Williams University a Firenze
di/by
Carlo Achilli
Students at the Architecture Department of Roger Williams University, based in Bristol, Rhode Island, have the chance to attend a semester of architecture courses offered by the Institute at Palazzo Rucellai, Florence, including its Advanced Architectural Design Studio. The program requires students to prepare project proposals that fit into an urban fabric of unquestionable historical and artistic value, woven from multiple layers that have built up over the centuries, and offers them an academic experience that is different from the design courses they can take in the United States. The area chosen for study was Piazza di Cestello in Florence’s San Frediano neighbourhood, a place where the significant aspect of architecture is how it fits in with its urban surroundings. The focus was on solving problems related to the site and the historical context: this square is currently used for parking, although clustered around it are historical monuments of considerable architectural significance, such as the church of San Frediano in Cestello and the former Medici Granaio dell’Abbondanza, now the Caserma Cavalli military site. Moreover, on the Arno side, the small Teatro di Cestello is a neighbourhood cultural institution; the rest of the area consists of row buildings that are primarily residential. The piazza is currently in an overall state of environmental and functional deterioration that is in jarring contrast with its architectural value and with the activities based there. The final objective of the course was to provide the students, who lacked a historical and typological
Gli studenti della Facoltà di Architettura della Roger Williams University, con sede a Bristol, Rhode Island, hanno la possibilità di frequentare per un semestre i corsi di architettura offerti dal Centro Studi di Palazzo Rucellai a Firenze, tra i quali l’Advanced Architectural Design Studio. Il corso richiede agli studenti di elaborare proposte progettuali da inserire in un tessuto urbano stratificato nel tempo e di indubbio valore storico ed artistico, fornendo loro un’esperienza accademica diversa rispetto ai corsi di progettazione frequentati negli Stati Uniti. L’area di studio è stata individuata in Piazza di Cestello nel quartiere San Frediano, a Firenze, luogo in cui l’architettura deve contare per l’appartenenza al proprio contesto urbano. L’attenzione è stata volta a risolvere le problematiche legate al sito ed al contesto storico: si tratta infatti di un’area attualmente destinata a parcheggio, malgrado in essa siano concentrate emergenze storiche monumentali di notevole interesse architettonico come la chiesa di San Frediano in Cestello e l’ex Granaio dell’Abbondanza, mediceo, oggi caserma Cavalli. Inoltre, verso l’Arno, il piccolo Teatro di Cestello costituisce un’istituzione culturale di sapore rionale; completano l’area edifici a schiera con destinazione prevalentemente residenziale. Attualmente la piazza versa in uno stato di complessivo degrado ambientale e funzionale che stride con il suo valore architettonico e con le attività che lì hanno sede. L’obiettivo finale del corso era di dotare gli studenti, privi di una conoscenza storica tipologica, di strumenti per descrivere, analizzare e interagire con il tessuto urbano circostante l’area di progetto. I progetti proposti dagli studenti americani sono stati elaborati seguendo una doppia linea funzionale: da un lato, promuovendo lo spazio pubblico ed incentivando attività funzionali e culturali per il quartiere, dall’altro risanando un’area privata, prospiciente la piazza, attraverso la realizzazione di nuovi alloggi. Le proposte progettuali del programma hanno tenuto conto di esigenze diverse, tra cui la riorganizzazione della mobilità nell’area circostante la piazza, trasformata in zona pedonale; la realizzazione di un mercato temporaneo di libri nuovi ed usati; infine la progettazione di un edificio polifunzionale a prevalenza residenziale. Firenze è una città in cui le stratificazioni si sono depositate attraverso i secoli: per questo è stata rivolta una particolare attenzione alla comprensione del contesto urbano, guardando sia al presente che alla storia del luogo. Lo studio e l’applicazione del metodo adottato da Lynch (Kevin Lynch,The Image of the City, The MIT Press,1960) ha permesso agli studenti di avvicinarsi alla comprensione della città e del quartiere seguendo due modelli: il primo, pratico, basato sull’approccio percettivo e visivo; il secondo, teorico, indirizzato all’individuazione e allo studio della tipologia costruttiva più diffusa. Partendo da linee guida a scala urbana ed, in seguito, architettonica sono state condotte analisi
54 55
1 2 in queste pagine e in apertura in these pages and opening page viste generali dell’intervento general views of the project
4 5
3
background, with tools for describing, analyzing, and interacting with the urban fabric around the chosen area. The designs presented by the American students were developed around a double aim: on the one hand, to enhance the public space and encourage cultural and service-related neighbourhood activities; on the other, to upgrade a private area giving onto the piazza by creating new apartments. The proposals that were presented took a range of demands into consideration, including the reorganization of traffic in the area around the piazza, which would become a pedestrian area; the creation of a temporary marketplace for new and used books; and lastly, the design of a multifunctional building, primarily for residential use. Florence is a city that has accumulated many different layers over the centuries: that’s why particular attention was paid to understanding the urban context, looking at both the history and the present state of the site. Study and application of the method adopted by Kevin Lynch (The Image of the City, MIT Press,1960) helped students improve their understanding of the city and the neighbourhood by following two models: the first a practical one, based on a perceptual, visual approach; the second a conceptual one, geared towards identifying and studying the most common type of construction. Based on guidelines geared to the urban scale and then the architectural scale, they performed analyses aimed at solving intrinsic problems of the neighbourhood, in order to tackle and grasp the interrelation of various elements: public spaces like squares, gardens, and markets play a fundamental role in the civic and social life of San Frediano, helping to form the ‘public face of architecture’. In conclusion, by studying housing types they gained a better understanding of the Italian cultural panorama and more specifically, the Florentine style of living. An analysis of the row type of construction and the layers in the urban fabric provided a contextually appropriate solution for the piazza’s ‘façade’. Moreover, the designs that were presented worked to overcome the dichotomy between public and private spaces, reaffirming the conviction that an architect’s task is to provide the community with fully liveable spaces for social, civic, and cultural interaction, and to meet the specific needs of the place it belongs to.
1 John Barker, Robert Buzzy Cir 2 Lindsay Brugger, Caitlin Greenwood, Megan Magraw 3 Cristina DesLoges, Cintia Hayashi 4 Alejandro Korda, Mark Primiano 5 Kyle Bendle, Nick Proto, Christian Lanciaux
rivolte a risolvere problematiche intrinseche del quartiere, dove le interrelazioni tra i diversi elementi possono essere affrontate e comprese: spazi pubblici come piazze, giardini e mercati, rivestono un ruolo fondamentale nella vita civile e sociale di San Frediano e contribuiscono a formare ‘la faccia pubblica dell’architettura’. In conclusione, lo studio delle tipologie abitative ha comportato una comprensione dello scenario culturale italiano e più specificatamente del modo di abitare fiorentino. L’analisi della tipologia costruttiva delle case a schiera e del sistema delle stratificazioni del tessuto urbano ha fornito una risposta contestuale appropriata alla ‘facciata’ della piazza. I progetti presentati, inoltre, hanno tentato di superare la dicotomia tra spazi pubblici e privati, rafforzando la convinzione che il compito di un architetto è fornire alla comunità luoghi vivibili per l’interazione sociale, civile e culturale come rispondere ai bisogni individuali del proprio luogo di appartenenza.
56 57
oraC dnal
Caro land Il mondo di Carole Feuerman
di/by
Michelangiolo Bastiani
Caroland. The world of Carole Feuerman Caroland and the world of Carole. The spring of 2009 will see the impressive venue of Forte di Belvedere accommodate the sculptural works realised by the American artist Carole A. Feuerman between 1981 to 2009. The exhibition will be curated by Michelangiolo Bastiani in collaboration with the Galleria Moretti and the artistic support of Gaetano Salmista, Edoardo Casini and Antonio Lo Pinto. Carole A. Feuerman was born in Connecticut, but has always lived and worked in New York between Soho and Chelsea. As John Spike has noted, despite being a whole generation younger than Duane Hanson and John de Andrea, Carole can be considered one of the pioneers of life-like sculpture, realistic to minimum detail. At the beginning of the 1970s, while Hanson was displaying his supermarket shoppers and other Pop Art satires, Feuerman was designing the Alice Cooper and Rolling Stones (Monkey Man) album art. When she turned to sculpture in 1978, she took super-realism in a new and personal direction. Today she is the leading lady of this movement. Works by Carole Feuerman feature in the collections of President Bill Clinton and Senator Hillary Clinton, Dr. Henry Kissinger, President Mikhail Gorbachev, the Metropolitan Museum of Art, the State Hermitage Museum in Saint Petersburg, the Fort Lauderdale Museum of Art, the Miami Beach Bass Museum of Art, the Boca Raton Museum, the Forbes Magazine Art Collection and the Beijing Museum of Modern Art. Arranged on three exhibition floors and on the
Caroland e il mondo di Carole. Sarà il Forte di Belvedere con la sua possente stazza, ad accogliere nella Primavera del 2009 i gruppi scultorei di Carole A. Feuerman realizzati dall’artista americana tra il 1981 e il 2009. La mostra sarà curata da Michelangiolo Bastiani in collaborazione con la Galleria Moretti e con il supporto artistico di Gaetano Salmista, Edoardo Casini e Antonio Lo Pinto. Carole A. Feuerman è nata in Connecticut, ma ha sempre vissuto e lavorato a New York, tra Soho e Chelsea. Come ha sottolineato John Spike, nonostante Carole sia di un’intera generazione più giovane di Duane Hanson e John de Andrea, può essere considerata uno dei pionieri della scultura figurativa, realista fino ai minimi dettagli. All’inizio degli anni ‘70, mentre Hanson esponeva le sue buste del supermercato ed altre satire Pop Art, Feuerman stava realizzando la copertina per l’album di Alice Cooper e dei Rolling Stones (Monkey Man). Quando nel 1978 fece ritorno alla scultura, lei portò l’Iperrealismo in una nuova e personale direzione. Di questa corrente oggi è la regina incontrastata. I lavori di Carole Feuerman sono presenti nelle collezioni del Presidente Bill Clinton e della Senatrice Hillary Clinton, di Henry Kissinger, del Presidente Mikhail Gorbachev, del Metropolitan Museum of Art, del Museo State Hermitage di San Pietroburgo, del Fort Lauderdale Museum of Art, del Bass Museum of Art di Miami Beach, del Boca Raton Museum, e del Forbes Magazine Art Collection, Beijing Museum of Modern Art. Al Forte le opere saranno dislocate parte su tre piani di esposizione e parte sul magnifico terrazzo. Così in alto sulla città costituiranno un terrestre Olimpo per le bagnanti, i palloni rotolanti, i bambini colti in momenti ludici. L’universo iperrealista della Feuerman rappresenta il bello della vita attraverso il corpo. Il corpo forma, potenza e atto. Le figure sono sognanti e concentrate allo stesso tempo, come la Grande Catilina, imponente nell’attimo che precede l’azione: un’opera che ha contagiato la Cina vincendo la Biennale di Pechino 2008. Per capire le opere di Carole Feuerman è utile sapere degli studi approfonditi che l’artista ha sostenuto sull’arte metafisica, il suo apprezzamento della filosofia junghiana e degli archetipi umani legati alle esperienze individuali capaci di creare pensiero, sentimento, sensazione e intuizione, tanto cari agli espressionisti astratti americani come Clyfford Still e Willem De Kooning. La figura umana è l’oggetto pressoché costante dell’immaginario della Feuerman e il corpo il tema privilegiato della riflessione. Le figure frammentate, come nell’opera Bubble, dove sezioni umane emergono da una superficie invisibile, coinvolgono lo spettatore nella libera e immaginaria costruzione della loro interezza.Si crea un’osmosi creativa tra l’opera,lo spazio immediato, lo spettatore e l’ambiente con un linguaggio artistico Iperrealistico nei segni, ma che supera questa limitativa definizione per diventare ‘iper-iper’.Qualcosa di più ancora. Qualcosa d’altro.
58 59
sotto: Grandma Rose, resina dipinta a olio, 1988/below: Grandma Rose, oil painted resin, 1988 pagina seguente: Grande Catilina, resina dipinta a olio, 2008/next page: Grande Catilina, oil painted resin, 2008 apertura: Bubbles resina dipinta a olio,1999/opening page: Bubbles, oil painted resin, 1999; Serena, resina dipinta a olio, 2008, Museo Nazionale di Pechino/ Serena, oil painted resin, 2008, Beijing National Museum
magnificent Forte Belvedere terrace, the sculptures will create a terrestrial Olympus overlooking the city for visitors, passers-by and mesmerised bright-eyed children. The super-realist universe of Feuerman represents the beauty of life through the body interpreted as shape, strength and action. The figures are simultaneously dreamlike and focussed, like Grande Catilina, impressive in the instant before the action, the action that has also spread to the east winning the Beijing Arts Biennale in 2008. In order to understand the works of Carole Feuerman one should be aware of the in-depth study that the artist has followed on the metaphysical art, her appreciation of Jungian philosophy and the human archetypes bound to individual experiences capable of creating thought, emotion, feeling and intuition, so dear to the American abstract expressionists such as Clyfford Still and Willem De Kooning. The human figure is almost always the subject of Feuerman’s work and the body is her preferred theme of contemplation. The fragmented figures, such as the Bubble piece where human sections emerge out of an invisible surface, involve the public in a freely imaginary description of the whole. A creative osmosis is immediately connecting the art piece to the sorrounding space, and the spectator to the artscape, through a super-realistic language that goes a beyond this definition, and becomes ‘super-super’. It becomes something more. Something else.
40 61
«A prima vista nulla sembra assomigliare meno a Eudossia che il disegno del tappeto, ordinato in figure simmetriche che ripetono i loro motivi lungo linee rette e circolari, intessuto di gugliate di colori splendenti, l’alternarsi delle cui trame puoi seguire lungo tutto l’ordito. Ma se ti fermi a osservarlo con attenzione, ti persuadi che ogni luogo del tappeto corrisponde un luogo della città e che tutte le cose contenute nella città sono comprese nel disegno, disposte secondo i loro veri rapporti, qual sfuggono al tuo occhio distratto dall’andirivieni dal brulichio dal pigiapigia. Tutta la confusione di Eudossia, i ragli dei muli, le macchie di nerofumo, l’odore del pesce, è quanto appare nella prospettiva parziale che tu cogli; ma il tappeto prova che c’è un punto dal quale la città mostra le sue vere proporzioni, lo schema geometrico implicito in ogni suo minimo dettaglio»
«At first nothing seems to resemble less Eudossia than the design of the carpet, ordered in symmetrical figures that repeat their patterns along straight and circular lines, woven of needleful of dazzling colors, which alternating wefts you can follow all along the warp. But if you stop to observe it with attention, you perceive that to every place of the carpet corresponds a place of the city and that all the things contained in the city are comprised in the design, arranged according to their true relationships, which escape to your eye distracted from the coming and going from the swarming from the awful crush. All the confusion in Eudossia, the bray of the mules, the spots of lamp-black, the smell of fish, is what appear in the partial perspective that you pick; but the carpet proves that there is a point from which the city shows its true proportions, the geometric outline implicit in its every minimal detail» (Italo Calvino, Le città invisibili, Einaudi, Torino, 1979, p. 103)
Paolo Di Nardo di/by
New York
Lat. 40° 42’ 51’’ N Long. 74° 00’ 23’’ W
Il modo di vedere la città e di percepire la sua forma e la sua struttura, sono ingenerati dalle domande e dalle risposte che ciascuno pone alla città. Non esiste infatti un aspetto della città più vero dell’altro poiché in essa vi sono una moltitudine di città, di sensazioni che la descrivono. Le città sono fatte anche dagli occhi di chi le guarda, soprattutto occhi della mente che costruiscono sulle idee rappresentazioni di immagini di speranza e paura, desiderio e timore. Stati mentali di vario tipo e natura che interagiscono con la percezione e la condizionano, spingendoti a guardare verso l’alto. La ricerca di una «molteplicità linguistica contemporanea» manifestata da De Martino e Maraschio, nell’articolo su l’Accademia della Crusca, è, in fondo, la stessa che si conduce sulla conoscenza della città e dei suoi racconti nascosti. Città orizzontale o verticale non importa, ciò che conta è la capacità di lettura di ogni forma possibile di metafora o rappresentazione del rapporto tradizione – innovazione. Dario Nardella è esplicito in tal senso, creando un parallelo fra Firenze e New York, definendole «...due volti fondamentali della nostra civiltà: memoria e progresso, tradizione e innovazione...». Si tratta, come in molti dei progetti newyorkesi qui pubblicati, di riuscire a «sincronizzare l’orologio urbano con quello della ricerca». Diller e Scofidio, andando oltre questo approccio, indicano un percorso ed una strategia della e sulla città attraverso la trasformazione di un residuo del passato (la High Line) in un oggetto del presente, anche grazie alla costruzione di «superfici [...] costituite da assi di cemento prefabbricato con giunti aperti per incoraggiare la crescita [...] delle erbe selvatiche, attraverso le fessure della pavimentazione.» Percorrendo questi due racconti urbani, Firenze e New York, esiste un movimento che li accomuna: “alzare lo sguardo” e superare quell’apparente differenza fra città orizzontale e città verticale. Si tratta di un movimento mentale, di una capacità di lettura dello spazio per cui l’occhio non guarda solo davanti a sé, staticamente, ma si muove alla ricerca del nascosto, degli spazi da cogliere in filigrana fra le maglie della città. Il viaggio di AND fra Firenze e New York, può quindi essere rappresentato dalle parole di Kublai Khan a Marco Polo: «Io non ho desideri né paure [...] e i miei sogni sono composti o dalla mente o dal caso. Anche le città credon d’essere opera della mente o del caso, ma né l’una né l’altro bastano a tener su le loro mura. D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda. O la domanda che ti pone obbligandoti a rispondere, come Tebe per bocca della Sfinge» (Italo Calvino, Le città invisibili, Einaudi, Torino, 1979, p. 50)
Our perception of the city and the way we become aware of its shape and structure, comes out of the questions and answers that we ask the city itself. Indeed there is no aspect of the city to be considered more real than others since each city can be described as a moltitude of different cities and feelings. A city is also formed by its reflection in the observer’s eyes, eyes of the mind especially, through which we assemble representations of hope and fear, desire and awe. So many different mental pictures that interact with the perception of the city we have, pushing us to turn our eyes up. The research on «contemporary linguistic varieties», as told by De Martino and Maraschio in their article about the Accademia delle Crusca, is the same we carry on the knowledge of the city and its hidden story. Horizontal or vertical city, it doesn’t matter, what counts is to be able to understand every possible metaphor or representation of the connection between tradition and innovation. Dario Nardella is really explicit when, talking about Florence and New York, he defines the two cities «...two fundamental sides of our civilization: memory and progress, tradition and innovation...» It deals, as for many of the New York projects, with the ability to «synchronize the chronometer of the city with the chronometer of research». Diller and Scofidio go beyond this approach and show a path, a strategy, through and about the city, transforming remnants of the city’s past (the High Line) in a current urban object, also carrying out «surfaces [that] are made of prefabricated cement ‘planks’ with open joints, to encourage weeds and wildflowers to grow through cracks in the pavement.» Passing through the two urban narrations, those of Florence and New York, one will be aware of a common movement between the two cities: turning one’s own eyes up and going beyond the only and apparent difference between the horizontal and the vertical city. It’s a mental movement, the ability not to stare, the ability of letting the eyes move around looking for the hidden, secluded spaces in the city’s texture. So, AND’s journey from Florence to New York can be described by the words of Kublai Khan to Marco Polo: «I have no wishes nor fears [..] and my dreams are made up by mind or chance. So the cities believe to be the work of mind or chance too, but neither of them are able to keep the walls safe. You don’t enjoy the seven o seventyseven wonders of the city but the answer that it gives to your question. Or the question it asks, forcing you to answer, as Tebe did by means of the Sphinx» (Italo Calvino, Le città invisibili, Einaudi, Torino, 1979, p. 50)
80 81
cascate urbane/urban falls foto di/photo by Simone Mastrelli dall’alto/from above Paley Park, Park Avenue Plaza Hearst Headquarters, hall in apertura/opening page Olafur Eliasson, The New York City Waterfalls (Brooklyn Bridge at night), 2008 commissionato da/commissioned by Public Art Fund © Olafur Eliasson, 2008 foto/photo Julienne Schaer
Cascate urbane Urban falls L’acqua, non più un volume che occupa un altro volume, ma come limite, recinto, per generare un luogo e non escluderlo. Per creare un ambiente nuovo che vuole differenziarsi da ciò che è attorno: la città consolidata, in ogni frazione di spazio urbano possibile. Acqua quindi come strumento di una forte delimitazione verso il mondo esterno, il caos, e non come elemento di mediazione. A New York si possono trovare questi ‘nuovi luoghi’ in cui la parola interstiziale perde il sapore negativo per diventare Eden. Spazi ritagliati fra i grattacieli che riportano alla scala umana la città newyorkese con una semplicità di azione prorompente. Sedie e tavolini sparsi sotto gli alberi la cui chioma definisce il limite del cielo, arredano questi spazi come ‘interni’, come ‘interiore’ è l’approccio di chi li vive.
Water, no longer a mass within a mass, but a perimeter, a boundary, to create space instead of excluding it. The creation of a new environment that seeks to distinguish itself from its surroundings: the reinforced city, in every possible zone of urban space. Water is, therefore, a strong border tool to the world outside, the chaos, and not an element of mediation. New York contains these ‘new spots’ in which the word fissure loses its negative connotation to become Eden. Spaces carved between the skyscrapers that restore the city of New York to a human scale through a simple flowing movement. The limits of the sky are marked by the foliage of the trees, the tables and chairs spread out beneath the branches furnish these spaces as if they were ‘internal’, ‘inside’ and in tune with the outlook of those who experience them.
Š Kurt Dietrich
82 83
Prima pagina Renzo Piano, The New York Times Building
testo di/text by Fabio Rosseti foto di/photos by Michel Denancé
The front page In taking on and completing the new New York Times Building in New York, Renzo Piano found himself facing not only the practically unquestionable objective of creating a new skyscraper, experimenting with new technology and new architectural solutions. The real aim here was clearly to reinstate and renew the typically American metaphor of the rapport between the press and its readers that the New York Times, as a daily newspaper, has consistently symbolised since the beginning of the 1900s: total transparency, clarity, loyalty. The silhouette of the building does not stray far from the more traditional shapes of the New York skyline (and also this can be read as symbolic of the continuity of the relationship between the daily newspaper and the city) and that’s where
Nella realizzazione del nuovo New York Times Building a New York Renzo Piano si è trovato di fronte non solo l’obiettivo, quasi scontato, di realizzare un nuovo grattacielo, sperimentare nuove tecnologie o nuove soluzioni architettoniche ma anche a dover ribadire e rinnovare la metafora, tipicamente americana, del rapporto fra la Stampa ed i suoi lettori che il New York Times, come quotidiano, ha costantemente rappresentato dagli inizi del ‘900: trasparenza assoluta, chiarezza, lealtà. Ecco che questi valori divengono realtà in un edificio che nella silhouette non si discosta con forme particolari dallo skyline più tradizionale di New York (ed anche questo può essere letto come elemento simbolico della continuità del rapporto fra il quotidiano e la città). Piano realizza forse il primo grattacielo a New York, di queste dimensioni, con le facciate di vetro chiaro, non il solito vetro verdastro o bronzato che riflette indistintamente la luce esterna ed impedisce di capire cosa avviene all’interno, ma un vetro extrachiaro a bassa emissività. E per impedire un eccessivo irraggiamento e surriscaldamento dell’interno adotta un sistema di schermatura esterno innovativo: una seconda pelle realizzata con migliaia di elementi tubolari di ceramica, orizzontali, staccati dalla superficie in vetro quel tanto da non costituire un ostacolo alla vista dall’interno verso l’esterno ma in grado di bloccare metà dell’energia solare che incide sulle vetrate a tutta altezza delle stanze che affacciano sulla città e di lasciar entrare una quantità di luce naturale inusuale per questo tipo di edifici. Inoltre questi elementi hanno la capacità di ‘cambiare’ colore, in un certo senso, non riflettendo, come uno specchio, i colori dell’atmosfera ma facendoli propri, assumendo le sfumature e le tonalità del cielo. Questa tecnologia, insieme ad altre, fa di questo grattacielo anche uno degli edifici di questo tipo con il più alto livello di efficienza energetica, arrivando a produrre autonomamente, con un sistema di cogenerazione, il 40% dell’energia elettrica consumata nell’edificio. Al piano terra, nel basamento che connette la torre alla città, la trasparenza ed il rapporto con la vita urbana diviene totale: non ci sono schermi che filtrano, le vetrate sono del tutto trasparenti. La torre sembra sospesa sul vuoto, si possono vedere le persone che si muovono al suo interno, che salgono e scendono le scale (opportunamente collocate in facciata e non nascoste) fra i livelli contigui degli uffici; si vede il grande giardino con le sue betulle, interno ma a cielo aperto, che porta la luce naturale ovunque e dove le persone sostano e si incontrano; si vede la sala congressi (The Times Center) realizzata per la città, perché è ad essa (e la sua Nazione) che un quotidiano come il New York Times deve guardare. Come dice Nicolai Ouroussoff, critico architettonico del NY Times, il giornalismo della carta stampata è parte della storia culturale e civile dell’America come lo sono stati i grattacieli: una fede incrollabile nel progresso ed in una società aperta e democratica li accomuna. Il nuovo New York Times Building è forse la sintesi di questi valori.
a sinistra/on the left vista dell’esterno e schizzo di studio/ view of the exterior and preliminary sketch © RPBW – Renzo Piano Building Workshop in alto/above particolare della scritta/detail of the writing
84 85
nome progetto/project name Nuova sede del New York Times/The New York Times Building progetto/design Renzo Piano Building Workshop, Architects in collaborazione con/in collaboration with FXFowle Architects funzione/function uffici/offices concorso/competition 2000 gruppo di progetto/design team B. Plattner (senior partner in charge), E. Volz con/with G. Bianchi, J. Moolhuijzen (partners), S. Ishida, P. Vincent (senior partners), A. Eris, J. Knaak, T. Mikdashi, M. Pimmel, M. Prini, A. Symietz consulenti/consultants Ove Arup & Partners (strutture e servizi/structure and services) sviluppo del progetto/design development 2000-2007 gruppo di progetto/design team B. Plattner (senior partner in charge), E. Volz (associate in charge) con/with J. Carter, S. Drouin, B. Lenz, B. Nichol, R. Salceda, M. Seibold, J. Wagner e/and C. Orsega, J. Stanteford, R. Stubbs, G. Tran, J. Zambrano; O. Aubert, C. Colson, Y. Kyrkos (modelli/models)
consulenti/consultants Thornton Tomasetti (struttura/ structure); Flack + Kurtz (servizi/services); Jenkins & Huntington (trasporto verticale/vertical transportation); Heitman & Associates (consulente per la facciata/façade consultant); Ludwig & Weiler (vetrate/storefront); Office for Visual Interaction (illuminotecnica/lighting); Gensler Associates (interni/ interiors); AMEC (direzione lavori/construction manager) committente/client The New York Times Company, Forest City Ratner Company luogo/place New York, USA superficie totale/total square footage 143.044 mq/sqm piani/stories 52 dimensioni del sito/site dimensions 61x122 m piano tipo della torre/tower typical floor 2.388 mq/sqm ingombro della torre/tower footprint 60x49 m superficie del basamento/podium floor 6.131 mq/sqm giardini a piano terra/garden at ground floor 21x21 m, con 7 grandi betulle/with 7 large birch trees auditorium a piano terra/auditorium at ground floor 21x21 m, con 378 posti/with 378 seats sommità dell’antenna/top of mast elevation 320 m sul livello della strada/above street level
lunghezza dell’antenna/length of the mast 91 m alteza della facciata alla copertura/top of roof screen elevation 249 m altezza copertura torre/top of tower main roof elevation 227 m interpiano tipo nella torre/typical floor to floor in the tower 4,20 m tubi di ceramica/ceramic tubes ±175.000 x 1,52 m = 226,70 km ascensori/elevators 28 ascensori ad alta velocità con sistema avanzato di distribuzione/28 high speed elevators with advanced dispatch system premiazione del concorso/competition award settembre 2000/September 2000 inizio del cantiere/construction ground breaking gennaio 2005/January 2005 acciaio/steel prima colonna aprile 2005/first column April 2005 massima altezza (antenna)/steel topping (mast) 11 novembre 2006/November 11, 2006 inaugurazione/building grand opening 19 novembre 2007/November 19, 2007 rpbw.r.ui-pro.com
86 87
modello/model pagina seguente/following page prospetto sud e pianta del piano terra/south elevation and ground floor plan tutti i disegni/all drawings © RPBW – Renzo Piano Building Workshop
these values become a reality. Piano has perhaps produced the first New York skyscraper of this size with a clear glass facade, instead of the usual green or bronze glass that vaguely reflects the external lights and conceals the activities within, he has used an ultra-clear low-emission glass. In order to prevent excessive radiation and overheating of the interior, Piano has opted for an innovative external screening system: a second skin made of thousands of horizontal tubular ceramic elements, separated from the glass surface to avoid obstructing the outbound view but which are capable of blocking half of the solar energy that strikes the full length glass panels of the rooms that face the city and, unusually for this type of building, let a quantity of natural light enter. Furthermore, these elements have the capacity to ‘change’ colour, in a certain sense, by not reflecting the colours of the atmosphere like a mirror but actually making them, by taking on the shades and tones of the sky. This technology, in addition to many others, enables this building to autonomously produce 40% of the electrical energy consumed in the building, through a cogeneration system, providing it with the one of the highest levels of efficient energy for a building of this type. On the ground floor, in the basement that connects the tower to the city, the transparency and the relationship with urban life is complete: there are no filter screens here and the windows are utterly transparent. The tower seems to be suspended in mid-air, people can be seen moving inside, going up and down the stairs (deliberately designed to be outward facing and not hidden) between the floors adjacent to the offices; the large garden with its birch is visible, indoors but under an open sky that lets the natural light flow everywhere and where people meet and pause; the conference rooms (The Times Center) that have been created for the city are also visible, because it is precisely to the city (and its Nation) that a daily newspaper like the New York Times has to look. As Nicolai Ouroussoff, architectural critic of the NY Times, says, print journalism is part of the cultural and civil history of America, just as the skyscrapers have been: they share an unshakable faith in progress and in an open and democratic society. The new New York Times Building is perhaps the synthesis of these values.
88 89
0
10 m
prospetto dell’angolo arretrato con le scale pubbliche/recessed corner elevation with convenience stairs Š RPBW – Renzo Piano Building Workshop giardino interno ed il Times Center/the lobby garden and The Times Center pagina precedente/previous page postazioni di lavoro/working stations; scala tradizionale/traditional stairs; Moveable Type, installazione media degli artisti Ben Rubin e Mark Hansen/Moveable Type, media installation by artists Ben Rubin and Mark Hansen
prospetto/elevation
dettaglio/detail
90 91
Duplice anima Foster and Partners, Hearst Headquarters
testo di/text by Francesca Oddo foto di/photos by Chuck Choi
Double soul Sir Norman Foster is the architect responsible for the new headquarters of one of New York’s biggest media empires. The Hearst Headquarters as the project is called as a tribute to US publisher and entrepreneur William Randolph Hearst (1863-1951) opened its doors in 2006. The most striking thing about the building is not its huge bulk, which fits in with the scale of its Manhattan surroundings, but rather its relationship with the pre-existing structure and its interior layout. The skyscraper rises up out of an Art Deco building constructed in 1928 by Joseph Urban; the past is turned into a podium for the present, giving energy and spirit to the modern-day project, and forging a dialogue between memory and innovation. As the design team explains: «The Hearst Headquarters rises above the old building, linked on the outside by a transparent skin which floods the spaces below with natural light, giving the impression of a glass tower floating weightlessly above». While from the outside, the stone building looks like a platform for the towering hi-tech skyscraper, inside, the scene is revealed to be more complex: the 1920s envelope has been completely gutted, and now houses the structure of the new building. A historic shell for a contemporary soul. The emphasis on this interaction between memory and modernity immediately strikes visitors at the entrance, where the lobby occupies the entire ground floor and the entire height of the historic building. It is like an enveloping womb that tells the story of its past and its present.
Sir Norman Foster è l’autore del quartiere generale di uno dei più grossi imperi giornalistici di New York. Inaugurato nell’autunno del 2006, The Hearst Headquarters, questo il nome del progetto, reca omaggio a William Randolph Hearst (1863-1951), editore e imprenditore statunitense. A colpire di più non è tanto la mole imponente dell’edificio, che si inserisce nel contesto di Manhattan aderendo al suo profilo dimensionale, quanto il rapporto con la preesistenza e la sua organizzazione interna. Il grattacielo si erge a partire dal palazzo in stile Art Deco realizzato nel 1928 da Joseph Urban: la storia diventa il basamento del presente, fornisce alimento ed anima all’intervento contemporaneo, diventa l’occasione per costruire un dialogo fra memoria e innovazione. Spiega il team dei progettisti: «The Hearst Headquarters svetta al di sopra dell’edificio storico agganciandosi ad esso attraverso una pelle trasparente che permette alla luce di illuminare il grande ambiente sottostante. L’impressione è quella di una torre galleggiante, quasi senza peso, al di sopra della base originaria». Se all’esterno l’edificio in muratura si mostra come un podio per la svettante torre high tech, all’interno si scopre una scena più articolata e complessa: il volume degli anni ‘20 è stato completamente svuotato per ospitare la struttura di quello nuovo. Una pelle storica per un’anima contemporanea. L’enfasi di questa interazione fra memoria e attualità si avverte immediatamente all’ingresso, dove l’atrio occupa tutto il piano terra e tutta l’altezza dell’edificio storico. Appare come una sorta di ventre che accoglie al suo interno raccontando la sua storia e il suo presente. L’interazione fra le due presenze è suggestiva soprattutto all’interno, dove il confronto si trasforma in integrazione, in relazione intima. Anche la vista sulla città riferisce di questo duplice protagonismo: se fino al sesto piano l’ambiente urbano è inquadrato ritmicamente dalle aperture del telaio della facciata di Urban, dal settimo in poi il grattacielo a vetri di Foster dona una panoramica a tutto campo sullo skyline di Manhattan. All’interno, l’Hearst Headquarters ospita una serie di funzioni e ambienti, da uffici e sale per le riunioni a bar e caffetterie distribuiti su 42 piani. L’edificio diventa una città nella città, proponendo un’interpretazione dell’ambiente urbano che si sviluppa in verticale anziché in orizzontale. Si propone come un condensatore di attività che corrono in altezza. Dal punto di vista energetico, il grattacielo è espressione di grande sensibilità e rispetto verso le esigenze dell’ambiente. È stato costruito adoperando l’80% di acciaio riciclato e concepito in maniera tale da consumare il 25% in meno di energia rispetto ad un edificio convenzionale. Non a caso, la torre si è presto guadagnata la ‘gold rating’ da parte dell’US Green Buildings Council’s Leadership in Energy and Environmental Design Program, fra le più importanti comunità no profit in materia di compatibilità ambientale applicata all’architettura.
evoluzione dell’edificio dal 1928 al 2007/ building evolution from 1928 to 2007 Joseph Urban 1928
George Post 1945
Tower and Base
Separation between
Creation of Hearst Plaza
92 93
nome progetto/project name Nuova sede della Hearst/ Hearst Headquarters progetto/design Foster + Partners in collaborazione con/co-architects Adamson Associates consulenti/consultants The Cantor Seinuk Group, Turner Construction , Flack & Kurtz, George Sexton and Associates, Cerami, Higgins and Quasbarth, Ira Beer Assocates, Steven Winter Asssociates, Tishman Speyer Properties, Turner Construction, VDA committente/client Hearst Corporation luogo/place New York, NY, USA data progetto/project date 2000 fine lavori/completion 2006 www.fosterandpartners.com tutti i disegni/all drawings © Foster + Partners
pianta piano tipo/main floor plan
The interaction between these two elements is especially intriguing inside, where the contrast is transformed into an intimate fusion. The view of the cityscape also highlights this double aspect: up to the sixth floor, the surroundings are rhythmically framed by openings in the framework of Urban’s facade, but from the seventh level on up, Foster’s glass skyscraper offers a full vista of the Manhattan skyline. Inside, the Hearst Tower houses a series of different spaces and services, from offices and meeting rooms to cafés, laid out over 42 floors. The building becomes a city-within-the-city, offering an interpretation of the urban environment that extends along a vertical axis rather than a horizontal one. It acts as a condensing unit for the human activities that run up and down its height. From the standpoint of energy, this skyscraper project shows enormous environmental sensitivity and compatibility. It was built using 80% recycled steel and is designed to consume 25% less energy than a conventional building. It comes as no surprise that the tower promptly received a ‘gold rating’ from the US Green Buildings Council’s Leadership in Energy and Environmental Design program, one of the most important non-profit initiatives for environmental sustainability in the field of architecture.
sezione aa/section aa
a
0
pianta piano terra/ground floor plan
10 m
94 95
96 97
sezione prospettica dell’atrio/lobby sectional perspective in queste pagine: viste della hall con le scale mobili ed il ‘nucleo’//in these pages: views of the lobby with mobile stairs and the core
MSKCC Skidmore, Owings & Merril LLP, MSKCC Research Center
testo di/text by Pierpaolo Rapanà foto di/photos by David Sundberg/Esto Photographics
The Memorial Sloan-Kettering Cancer Center (MSKCC) is one of the largest and most prominent cancer research centres. Designed by the Skidmore, Owings & Merrill studio, the new centre is woven deep into the urban mass on Sixty-eighth and First Avenue. SOM studio has devised an innovative type of Urban Workshop, developed on 211,000 square-metres of floor space by 128 metres in height, over 23 floors. The true innovation is the ability to adapt the type of skyscraper – or rather mid-rise, which is the term used to distinguish structures that reach the sky, from high-rises, whose peaks are lost in the sky – to its intended use for equipped workshops with appendages and links, which are more easily organised horizontally. In terms of energy features, functional requirements, and limitations of distribution and flow, the overall plan is divided into three functional blocks: Research laboratories, offices and public spaces, distribution and connections. The terracotta sheet that stretches throughout the entire height and width of the building is the element that generates the composition and the distribution system, and forms the threshold between the two lateral towers. It secures the pace with the three-part subdivision of the smaller facade and, consequently, lays out the modular grid of the cur-
Il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center (MSKCC) è tra i più grandi e prestigiosi centri di ricerca sul cancro. La nuova sede, realizzata dallo studio Skidmore, Owings, & Merrill, s’inserisce nel denso tessuto urbano tra la Sessantottesima e la First Avenue. Lo studio SOM mette a punto un’innovativa tipologia di Laboratorio Urbano che si sviluppa su 211.000 metri quadrati per 128 metri d’altezza distribuiti su 23 piani. L’apporto innovativo è proprio nell’abilità di adattare la tipologia del grattacielo - o meglio midrise, come direbbero gli anglofoni per distinguere quei fabbricati che il cielo lo accarezzano appena dagli highrises, che nel cielo perdono la sommità – alla destinazione d’uso di laboratorio attrezzato dotato di numerosi servizi al pubblico, spazi amministrativi, uffici, ambulatori, auditorium, sale conferenze. Aree funzionali interdipendenti e, di conseguenza, flussi che più agilmente si organizzano in orizzontale. Questo complesso ed eterogeneo programma è risolto con una pragmatica suddivisione in 3 blocchi funzionali: laboratori di ricerca, uffici e spazi pubblici, distribuzione e collegamenti. La lama in terracotta che si estende per l’intero sviluppo dell’edificio, in altezza e larghezza, è l’elemento generatore della composizione e dell’impianto distributivo, e materializza la soglia tra le due torri laterali. Impone il ritmo con la suddivisione in terzi del fronte minore, e di conseguenza disegna il reticolo modulare dei curtain walls. Un segno sottile, quasi grafico, ma utile ad individuare la spina servente che ospita i collegamenti verticali e distribuisce ai blocchi laterali. Le due torri ‘servite’, si distinguono per dimensioni e trattamento superficiale. La variazione di texture e di opacità riflette la diversa funzione e fruizione di questi spazi. La torre ovest, più grande, ospita i laboratori di ricerca, con attrezzatura medico-chirurgica e spazi di supporto. L’involucro, con vetrate a tutta altezza, è caratterizzato da una speciale pellicola antiabbagliamento che disegna una trama a scacchiera e modula la luce naturale per ridurre al minimo i consumi d’energia elettrica. La torre est, più snella, accoglie uffici, spazi pubblici, e sale conferenza. Qui l’ombreggiamento è ottenuto con frangisole esterni per garantire un maggior grado di trasparenza e interpretare l’ideale connessione con il campus esterno. Il disegno del curtain wall di questa torre, e più in generale il rigore dell’impianto complessivo, hanno molte affinità con la Lever House, progettata dai soci fondatori dello studio oltre mezzo secolo addietro. Tra modernità e tradizione.
nome progetto/project name Centro di ricerca Memorial Sloan-Kettering Mortimer B. Zuckerman/ Memorial Sloan-Kettering Mortimer B. Zuckerman Research Center progetto/design Skidmore, Owings, & Merrill, LLP (Mustafa Abadan-AIA, Mark Regulinski-AIA, Marilyn Taylor-FAIA, Carl Galioto-AIA, William Baker, Lana Touma, Jeffrey Holmes-AIA, Lisa Gould-FAIA, Lois Mazzitelli, Guy Punzi-AIA, Charles Besjak-AIA) Zimmer Gunsel Frasca Partnership (Robert G. Packard, Assoc. AIA, Robert J. FrascaFAIA, Margaret W. DeBolt-AIA-LEED AP, Jan Carl Willemse-AIA, Maya Yared-AIA LEED AP, Paul J. Engels, Charron van der Meulen) consulenza per i laboratori/laboratories planning consultant GPR Planner Collaborative, Inc. strutture/structures Skidmore, Owings & Merrill LLP progetto sostenibilità/sustainable design Skidmore, Owings & Merrill LLP impianti/MEP engineering Cosentini Associates AEI ingegneria civile/civil engineer Philip Habib & Associates direzione lavori/construction management Turner Construction trasporto verticale/vertical transportation Van Deusen & Associates movimentazione e carico materiali/material handling and loading Kowalski-Dockow Associates acustica/acoustics Cerami & Associates
sistemi audiovisivi/audio visual systems Shen Milsom & Wilke, Inc. illuminotecnica/lighting Cline Bettridge Bernstein Lighting Design, Inc. prove galleria del vento/wind tunnel testing Rowan Williams Davies & Irwin, Inc. svuluppo dei servizi/facility development Granary Associates committente e proprietà/client and owner Memorial Sloan-Kettering Cancer Center luogo/place New York, NY, USA superficie lorda totale/gross total area 64.286 mq costo/cost 342.000.000 euro data progetto/project date 2000 fine lavori/completion 2006 (prima fase/first phase) La seconda fase, che prevede la demolizione di un edificio per la ricerca esistente da sostituire con un nuovo edificio di 7 piani connesso al nuovo centro di ricerca, sarà completata nel 2009/The second phase, which involves the demolition of an existing research building to be replaced by a new seven-storey building that will be connected to the new research facility, will be complete in 2009 www.som.com tutti i disegni/all drawings © SOM 0
80 m
planimetria/siteplan
98 99
100 101
69th Street
3
3
1
3
6
1
2
3 3 4
a
5 5
1
2
6
4
3 piani 4-7/floors 4 to 7
68th Street
pianta piano terra/ground floor plan 0
3
10 m
1
2 4
1 atrio/lobby 2 auditorium/auditorium 3 sala conferenze/conference room 4 spazio per lo staff/ staff support 5 entrata alla cappella/rectory entrance 6 carico-magazzino/loading-storage
1 laboratorio/laboratory 2 supporto al laboratorio/lab support 3 uffici/office suite 4 spazio comune/interaction space 5 sala conferenze/conference room 6 spazio per ampliamenti/expansion space
5
3
piani 11-21/floors 11 to 21
impianti meccanici/mechanical
laboratorio di ricerca e spazi di supporto/wet laboratory and support
impianti meccanici/mechanical spazi di supporto allo stabulario/ vivarium support laboratori specialistici e spazi di supporto/ wet-dry laboratory and support
cappella, sistema lavaggio vetri e impianti meccanici/rectory, glasswash and mechanical atrio e centro di servizi e conferenze/lobby and servince and conference center stabulario/vivarium impianti meccanici/mechanical
tain walls. It’s a subtle, almost graphic mark, but is useful for singling out the conducing backbone that holds the vertical connections and serves the side blocks. The two “served� towers are distinguished by size and surface treatment. The assorted functions and use of these spaces is reflected in the variation of texture and opacity. The larger west tower holds the research laboratories, with medical-surgical equipment and support areas. The full length glass wrapping is characterised by a special anti-dazzle layer that throws a chequered beam and modulates the natural light to reduce the electrical energy consumption to the minimum. The slimmer east tower holds offices, public spaces and conference rooms. Here external sunbreakers ensure shade is obtained, simultaneously guaranteeing a greater degree of transparency and conveying the ideal connection with the campus outside. The curtain wall design of this tower and, more generally, the cogency of the overall system have a great affinity with Lever House, designed by the founding partners of the studio more than half a century ago. Linking modernism and tradition.
102 103
nome progetto/project name 7 World Trade Center progetto/design Skidmore, Owings, & Merrill, LLP (David M. Childs-FAIA, T.J. Gottesdiener-FAIA, Carl Galioto-FAIA, Peter Ruggiero-AIA, Kenneth A. Lewis-RA, Chris Cooper-AIA, Nicholas Holt-AIA) artisti/collaborating artists James Carpenter Design Associates (James Carpenter, Richard Kress), Jenny Holzer strutture/structures WSP Cantor Seinuk, Silvian Marcus-PE, Bart Sullivan, Rodica Kestenband impianti, trasporto verticale e progetto sostenibile/ MEP, vertical transportation and sustainable design Jaros, Baum & Bolles, Augustine Di Giacomo-PE, Julius Bogad-PE, Scott Frank-PE, Peter Prochner-PE, James McGarity, Steve Kinnaman, Richard Weindel, Bob Gruter ingegneria civile/civil engineer Philip Habib & Associates (Philip Habib, Haran Cho)
Š Ruggero Vanni
direzione lavori/construction management Tishman Construction Corporation ingegneria acustica/acoustical engineer Cerami & Associates, Inc. (John Longman) progetto illuminotecnico/lighting Cline Bettridge Bernstein Lighting Design, Inc. (Francesca BettridgeIALD- IESNA-LC, Michael Hennes, Mitul Parekh) segnaletica/signage Pentagram (Michael Gericke, Lior Vaturi) promotore e proprietĂ /developer and owner Silverstein Properties Inc. proprietario del lotto/landowner Port Authority of New York and New Jersey luogo/place New York, NY, USA superficie totale/total area 157.930 mq/sqm altezza/height 225 m fine lavori/completion maggio 2006/May 2006 www.som.com
7WTC Skidmore, Owings & Merril LLP, 7 World Trade Center
testo di/text by
Pierpaolo Rapanà
Lo studio Skidmore, Owings, & Merril non è certo nuovo alla progettazione di grattacieli, né ai contesti di pregio, ma questa sfida progettuale pone una responsabilità particolare. La torre 7 del WTC è stato l’ultimo edificio a crollare l’undici settembre del 2001 e il primo ad essere ricostruito su Ground Zero. Un progetto destinato ad un’esposizione mediatica senza precedenti, tanto per il valore simbolico ed emotivo, quanto per gli strascichi polemici del concorso vinto dallo studio di Daniel Libeskind, le cui indicazioni d’intervento sull’area sono state del tutto ignorate dalla Silverstein Properties. Al progettista David Childs il compito di fare di questo edificio una pietra di paragone per quanto sarà costruito intorno a Ground Zero entro il 2012. Un riferimento a tutti i livelli di progetto: dalla sicurezza alla sostenibilità, dai caratteri compositivi alle qualità percettive. La rapidità con cui 7WTC è stato ricostruito è dovuta all’urgenza di rimettere in funzione la sottostazione di Con Edison che occupava i primi piani dell’edificio preesistente, e che distribuisce energia elettrica a gran parte della Lower Manhattan. Il deposito combustibili, originariamente adiacente alla stazione, è stato spostato per ragioni di sicurezza al di sotto della nuova piazza ricavata tra la Greenwich Street e la West Broadway. La riconfigurazione del basamento ha consentito di ridurre l’impronta a terra del nuovo 7WTC, di trasformare Greenwich Street in una via di comunicazione tra Ground Zero e Tribeca, e di dare maggior respiro all’ingresso principale prospiciente la piazza dalla quale saranno presto visibili, più a sud, le Torri 2, 3, 4 rispettivamente di Foster & Partners, Richard Rogers Partnership e Maki & Associates. Il telaio strutturale misto, calcestruzzo armato per la parte basamentale e acciaio per i 42 piani sovrastanti, è imponente poiché progettato per resistere a catastrofi analoghe a quella dell’11 settembre. La resistenza al fuoco è oltre cinque volte superiore agli standard imposti dalla normativa. Le vie di fuga sono più ampie e convogliate direttamente verso l’esterno. Dal punto di vista formale l’edificio esprime appieno la linea progettuale dello studio: linearità e trasparenza, rigore e leggerezza. La torre si eleva da un’impronta romboidale, acquista leggerezza a partire dall’undicesimo piano con vetrate a tutta altezza scandite dalla linea d’ombra dei solai leggermente arretrati. I particolari cromatismi, le fredde riflessioni, la sensazione di astratta compiutezza che pervade l’osservatore, sono qualità percettive ricercate nei tre principali momenti compositivi: il tracciato regolatore, rigoroso e compatto; il basamento, tanto raffinato quanto sofisticato; l’attenzione ai materiali, in particolare l’impiego di vetri low-iron (vetri a bassa emissività molto diffusi nelle recenti realizzazioni newyorchesi). Il basamento in calcestruzzo è rivestito da una pelle evanescente, messa a punto con la collaborazione dell’artista e light designer James Carpenter. Sottili lame d’acciaio inossidabile consentono la ventilazione dell’impianto retrostante e generano un vibrante effetto moiré animato da cangianti luci led che diventano più intense con l’affievolirsi della luce diurna.
vista d’insieme/general view
104 105
Š David Sundberg/Esto Photographics
h Was
ingt
on S
tree
t
Barclay Street
Vesey Street Gre
enw
ich
Stre
et
West B ro
adway
0
10 m
0 50 100
G r o u n d l eve l p la nv i ew.
pianta piano terra /ground floor plan
The Skidmore, Owings & Merril studio is certainly no stranger to skyscraper design, nor to high prestige locations, but this planning challenge carries a particular responsibility. Tower 7 of the WTC was the last building to collapse on September 11th 2001 and the first to be rebuilt on Ground Zero. This project was certain to attract unprecedented media exposure, both due to the symbolic and sentimental value and to the ongoing controversy of the tender won by the Daniel Libeskind studio, whose masterplan indications of the area were, for the most part, ignored by Silverstein Properties. The task of making this building a pillar of paragon for what is going to be built around Ground Zero by 2012 lay with architect David Childs. It was to be a point of reference on all levels of planning: from safety to sustainability, from features to perceptive qualities. 7WTC was built rapidly due to the need to return to operation the Con Edison substation, which occupied the first floors of the pre-existing tower and distributes electrical energy to the majority of Lower Manhattan. For safety reasons, the fuel deposit that had originally been located next to the station has been placed underneath the newly installed square between Greenwich Street and West Broadway. The reshaping of the basement has allowed for a reduced footprint of the new 7WTC, by transforming Greenwich Street into an interconnecting route between Ground Zero and Tribeca. It also eases traffic at the main entrance facing the square, from where Towers 2, 3 and 4, of Foster
dettagio del rivestimento esterno/detail of the external skin pagina precedente/previous page atrio d’ingresso con un’installazione del light designer James Carpenter/hall with an opera by the light designer John Carpenter
& Partners, Richard Rogers Partnership and Maki & Associates respectively, will be soon visible to the south. The mixed structural frame, reinforced concrete for the basement zone and steel for the 42 overhead floors, is remarkable as it is designed to resist disasters similar to the September 11th attempt. The fire-proofing system is five times superior to the standards imposed by the regulations. The escape routes are more spacious and lead directly to the exterior. From a formal point of view the building conveys the line of planning of the studio completely: linearity and transparency, precision and lightness. The tower rises from a rhomboidal imprint, receiving light from the eleventh floor through full-length glass panels, avoiding the shadow line thanks to the slightly pulled back floors. The particular chromatisms, the cold reflections, the feeling of abstract completion that strikes the observer, are perceptive qualities sought in the three main compositive instances: the planning scheme alignment, precise and compact; the basement, as refined as it is sophisticated; the attention paid to the materials, in particular the use of low-iron windows (a low emission glass frequently used in recent New York constructions). The concrete basement is covered in an evanescent skin, prepared for the input from artist and light designer James Carpenter. Subtle sheets of stainless steel enable ventilation of the system to the rear and generate a vibrant moiré effect brought to life by changing LED lights that become stronger as daylight fades.
106 107
© David Sundberg/Esto Photographics
Naturalità urbana Diller Scofidio + Renfro, The HighLine
testo di/text by
With green parks running through the urban fabric, the High Line project carves out a new space for nature in the city. The High Line is a former elevated train track, part of a freight line built between 1929 and 1934. It stretches for almost two and a half kilometers across 22 blocks: from Gansevoort Street, where the new second site for the Whitney Museum (designed by Renzo Piano) is to be built, it runs all the way to 34th Street, and was once known as New York’s Life Line because it transported food, goods, and raw materials. Today, the restoration of the High Line is a project aimed at preserving the spirit of the 20th century and bringing about its rebirth in the 21st. But its story has been a turbulent one. Abandoned since 1980, for many years it was feared that the line would be torn down. After repeated opposition, in 2005 the Bloomberg administration issued its authorization to build a public recreational space that would fit into the existing (infra)structure. At the same time, many private and public organizations were created to back the project, such as the Friends of the High Line, a non-profit founded to defend the structure against demolition; famous supporters include Hollywood celebrities and Senator Hillary Clinton, and it has even set up a constantly updated website (www.thehighline.org) to report on the progress of work. A new city park is thus rising up, aimed at drawing New York residents, revitalizing the Lower West Side’s Meatpacking District, and preserving what is already there: an oasis of peace in the hustle and bustle of city life. The project consisted in removing most of the rails
pagina precedente: immagini del progetto della High Line dalla 20a alla 30a Strada/ previous page: High Line design images from 20th to 30th Street tutte le immagini di progetto/all design images Design by Field Operations and Diller Scofidio + Renfro. Courtesy of the City of New York
Daria Ricchi
Tra parchi verdi e tessuto cittadino l’High Line è il progetto per un nuovo spazio di naturalità urbana. L’High Line è un vecchio binario sopraelevato, parte di una linea ferroviaria realizzata tra il 1929 e il 1934. Estendendosi per quasi due chilometri e mezzo attraversa 22 isolati: dalla Gansevoort Street, dove sorgerà il nuovo ampliamento del Whitney Museum su progetto di Renzo Piano, arriva fino alla trentaquattresima strada, ed era un tempo conosciuta come la Life Line di New York poiché trasportava cibo, beni e materie prime. La riqualificazione dell’High Line oggi rappresenta una sorta di conservazione dello spirito del XX secolo e una sua rinascita nel XXI. Ma tormentata è la sua vicissitudine. In stato di abbandono dal 1980, si è paventata per anni l’idea di demolirla. Dopo molteplici opposizioni nel 2005 l’Amministrazione Bloomberg ha dato l’autorizzazione a costruire una struttura ricreativa pubblica integrandola nella (infra)struttura esistente. Parallelamente sono sorti anche numerosi enti privati e pubblici a sostegno del progetto come il Friends of the High Line, organizzazione no-profit nata per difenderla dall’eventuale demolizione, che vanta tra gli illustri sostenitori qualche celebrità di Hollywood nonché la senatrice Hillary Clinton, e che ha creato persino un sito web per un aggiornamento costante sullo stato di avanzamento dei lavori. Sta dunque sorgendo un nuovo parco urbano in grado di attirare i cittadini newyorkesi, di riqualificare l’area del Meatpacking District (Lower West Side) e preservare l’esistente: un’oasi di pace sul trambusto cittadino. Il progetto consisteva nel rimuovere gran parte dei binari e mantenerne alcune parti il cui acciaio è stato ripulito, impermeabilizzato e riverniciato. Si prevede (in parte già in atto) la piantumazione di numerose varietà di alberi e piante pensati come le originali esistenti e dove il costruito, quasi casualmente, si inserisce negli interstizi tra la vegetazione, invertendo la gerarchia natura-costruzione. Gli architetti Diller Scofidio + Renfro insieme a Field Operations parlano di una strategia di Agri-Architettura che combina materiali organici ed edilizi: per questo le sedute e le superfici sono costituite di assi in cemento prefabbricato con giunti aperti per incoraggiare la crescita emergente, come quella delle erbe selvatiche, attraverso le fessure della pavimentazione. Molteplici sono i punti di accesso pensati per raggiungere e penetrare la struttura nel suo lungo percorso che include oltre ai sistemi di accesso (quali scale e ascensori), percorsi pedonali, piante, sedute, illuminazione ed espedienti per migliorare la sicurezza cittadina. Il risultato insomma sarà una sorta di giardino pensile e una passeggiata urbana sospesi a 9 (in alcuni tratti fino a 18) metri di altezza e il cui percorso totale copre un’area di quasi 3 ettari, un progetto pubblico di rilevanza storica che trasformerà un residuo abbandonato del passato in un oggetto da possedere per le generazioni future, un giardino urbano che taglia isolati, passando attraverso fabbriche riconvertite, atelier di artisti ma anche nuovi edifici per abitazioni e uffici. Nel progetto di riqualificazione e trasformazione per l’High Line a New York l’architettura si fa, finalmente, chiara sintesi di un’ideologia urbana.
nome progetto/project name The High Line progetto/design Diller Scofidio + Renfro Elizabeth Diller, Ricardo Scofidio, Charles Renfro paesaggio/landscape architects Field Operations concorso di idee/ideas competition 2003 ente banditore/auctioneer Friends of the High Line (FHL) data progetto/design date 2005 (Diller Scofidio + Renfro) realizzazione/realization la Sezione 1, da Gansevoort Street alla 20a Strada, è in costruzione e la fine dei lavori è prevista per la fine del 2008. L’apertura della Sezione 2 (dalla 20a alla 30a Strada) è stimata per il 2009/Section 1, from Gansevoort Street to 20th Street, is under construction and is projected to open by the end of 2008. Section 2 (20th Street to 30th Street) is projected to open in 2009 www.dillerscofidio.com, www.thehighline.org
108 109
in queste pagine: tratto compreso tra la Gansevoort Street e la 20a Strada/in these pages: section between Gansevoort and the 20th Street Design by Field Operations and Diller Scofidio + Renfro. Courtesy of the City of New York
Author Unknown, 1934
and ties, but retaining a few sections, while cleaning, waterproofing, and repainting the steel. There is also a plan (partially underway) to plant many varieties of trees and other vegetation, in a landscaping concept that reflects the existing environment, with manmade elements slipping almost randomly through gaps in the greenery, inverting the common hierarchy of nature-construction. Architects Diller Scofidio + Renfro, working with Field Operations, describe their approach as an agri-architectural strategy that combines organic materials with building materials, which is why the benches and surfaces are made of prefabricated cement ‘planks’ with open joints, to encourage weeds and wildflowers to grow through cracks in the pavement. There will be many different access points for reaching and entering the structure, along an extended path that will include stairs and elevators, pedestrian walkways, plants, seating, lighting, and devices to improve urban safety. The result will be a sort of garden skyway, an elevated urban corridor nine meters overhead (up to 18 in places) covering a total area of almost three hectares, a public project of historical significance that will turn an abandoned relic of the past into an object to hand down to future generations, a park that cuts across city blocks, through converted factories that have become artists’ studios, offices, and homes. At long last, in this project to restore and transform New York’s High Line, architecture becomes a clear synthesis of an urban ideology.
110 111
schema dei punti di accesso/access map
Eco-lusso Neil M. Denari Architects, HL23
testo di/text by Pierpaolo
Eco-luxury Ecology/luxury; culture/economy; horizontal/vertical; analog/digital; steel/glass; Los Angeles/New York. Many dichotomies are tied up in the hermetic acronym HL23. That’s the name of a residential tower designed by Neil Denari for one of the most fascinating neighbourhoods in New York. The building will stand on 23rd Street, near Tenth Avenue in Chelsea, next to the historic High Line, now being transformed into an elevated park by Diller and Scofidio + Renfro. The project’s assimilation of its intriguing context can be seen in the sophistication of the building envelope, the choice of materials, and the modulation of the relationship between inside and outside, picking up on the traces of industrial archeology – ‘dead tech’ – that give the area its urban appeal. Cultural sustainability is the definition used by Professor Denari, former director of Sci-Arc, to describe his own modus operandi: a strategy that brings together past and future to create an experimental design, synchronizing the chronometer of the city with the chronometer of research. HL23’s design, or perhaps its proximity to the elevated rail infrastructure, evokes the work of the great Radical groups, and the American avantgarde movements of the Eighties that explored an alternative urban vision to the rampant Postmodern historicism. It brings to mind the early work of Rem Koolhaas or designs by Steven Holl, who created his visionary Bridge of Houses project for this very neighbourhood in the late Seventies. Denari’s
Rapanà
Ecologia/lusso; cultura/mercato; orizzontale/verticale; analogico/digitale; acciaio/vetro; Los Angeles/ New York. Sono numerose le dicotomie racchiuse nell’ermetica sigla HL23. È questo il nome che designa la torre residenziale pensata da Neil Denari per una delle zone più affascinanti di New York. L’edificio sorgerà sulla ventitreesima strada, tra la decima e Chelsea, a ridosso della storica High Line, oggi in trasformazione con l’intervento di Diller e Scofidio + Renfro. Un contesto suggestivo che il progetto riesce ad assimilare nella sofisticazione dell’involucro, nella scelta dei materiali, nella modulazione del rapporto interno/esterno, cogliendo quelle tracce di archeologia industriale, di dead tech come direbbero negli US, che racchiudono le suggestioni urbane dell’area. Sostenibilità culturale è la definizione che lo stesso professor Denari, ex direttore dello Sci-Arc, usa per descrivere il proprio modus operandi: una strategia progettuale che fa sintesi di passato e futuro per produrre un design sperimentale in grado di sincronizzare l’orologio urbano con quello della ricerca. Il design di HL23, o forse la prossimità all’infrastruttura ferroviaria in quota, portano la mente ai progetti dei grandi gruppi radical, e a quelle avanguardie americane che negli anni Ottanta indagavano una visione urbana alternativa al dilagante storicismo postmoderno. Penso agli esordi di Rem Koolhaas o ai progetti di Steven Holl, il quale proprio per quest’area elaborò, sul finire degli anni Settanta, il visionario progetto Bridge of houses. La più grande sfida vinta da Denari non è tanto aver realizzato il suo primo edificio ex novo, quanto aver colmato il divario ricorrente nell’edilizia residenziale tra cultura architettonica e pragmatismo commerciale, tra visione e mercato. La torre si eleva da un’impronta a terra di modeste dimensioni e aumenta gradualmente progredendo verso l’alto, sino ad affacciarsi a sbalzo sui binari. Una scelta imposta dalla prossimità con la ferrovia e resa possibile da una deroga concessa dal Dipartimento newyorkese di Pianificazione Urbanistica. Grandi finestre a tutt’altezza e ad anta unica, le più ampie mai utilizzate per edifici residenziali (3,5x1,8 m), avviluppano una struttura reticolare mista in calcestruzzo e acciaio consentendo, dall’interno, una visuale continua del panorama. Il rivestimento in acciaio della facciata est contribuisce a dare un’immagine vagamente industriale al manufatto. La texture a rilievo dei pannelli consente di catturare i pattern climatici che si alternano durante il giorno, e di restituirli con una interessante vibrazione grafica. Su questo lato la modellazione del volume è più plastica con pieghe e slittamenti che generano aperture insolite e proiettano sottili linee d’ombra utili ad armonizzare i rapporti e snellire il profilo. HL23 ha anche un’anima verde grazie ad accorgimenti e applicazioni che riducono consumi di acqua ed energia elettrica, e che è valsa al progetto il certificato Gold Leed (Leadership in Energy and Environmental Design).
112 113
nome progetto/project name HL23 (High Line 23) progetto/design architect Neil M. Denari Architects, Neil Denari (principal), Stefano Paiocchi (project architect) gruppo di progetto/design team David Aguilo, Carmen Cham collaboratore/collaborating architect Marc Rosenbaum interni/interior architect Thomas Juul-Hansen Architects interior design/interior design Thomas Juul-Hansen, Victor Druga gestione amministrativa/construction admin. architect The Spector Group – George Kuchek, Paul Erdman strutture/structures Desimone Consulting Engineers Stephen Desimone, Ahmed Osman, Chris Cerino consulente per la facciata/façade consultant Front- Bruce Nichol,Michael Ra impianti/MEP engineer Ambrosino, De Pinto & Schmieder Consulting Engineers, Michael S. Leone, Juan Toro, Ken Schmieder, Tom Bassolino progetto illuminotecnico/lighting Lighting Design Alliance – Archit Jain consulenza acustica/acoustical consultant Shem Milsom Wilke – Neil Moiseev consulenza per gli ascensori/elevator consultant VDA LLC – Van Deusen & Associates – Hakan Tanyeri consulenza fonia-dati/phone-data consultants ESCC Robert Horowitz geologia e geotecnica/soils consultant, geo tech and surveyor LANGAN, Engineering & Environmental Services – Alan R. Poeppel, Paul Fisher, Cem Altuntas
consulenza per la resistenza all’acqua/waterproofing consultant James R. Gainfort AIA. Counsulting Architects P.C. – James Gainfort, Douglas Smith paesaggio/landscape designer Quennell Rothschild & Partners – Nicholas Quennell, Beth Franz consulente per la certificazione energetica Leed/Leed consultant YRG Sustainability Consultants – Lauren Yarmuth, Josh Radoff, Keith Amann consulente per le normative/code consultant JAM Consultants – Robert Anderson direzione lavori/construction management T.G. Nickel & Associates – Tom Nickel, Joe Chiarelli, Doug Renna, Paul Caradonna, Bill Szenher committente/client 23 High Line LLC – Alf Naman, Garrett Heher (cooperatori/co-developers). Coordinameno del progetto/project coordinator: Elizabeth Church luogo/place New York, NY, USA dimensioni del lotto/site dimension superficie/floor area 3.641 mq/sqm lorda/gross; 2.554 mq/sqm netta/net numero di piani/number of floors 14 fuori terra/above grade; 1 interrato/below grade inizio lavori/start marzo 2008/March 2008 fine lavori/completion primavera 2009 (stimata)/spring 2009 (estimated) www.nmda-inc.com
vista dell’ingresso e dell’esterno sulla High Line/view of the entrance ad of the exterior on the High Line
greatest achievement is not having created his first freestanding building, but rather having bridged the recurrent divide in residential construction between an architectural outlook and commercial pragmatism, between vision and economy. The tower rises from a base of modest dimensions, gradually thickening as it goes up until it overhangs the tracks. This choice was made necessary by the proximity of the rail line, and made possible by a special authorization issued by the New York City Department of Urban Planning. Large floor-to-ceiling windows made of single panels of glass, the largest ever used for residential buildings (3.5x1.8 m), enclose a grid structure of concrete and steel, offering a wrap-around view of the panorama from inside. The steel cladding of the eastern facade helps give the structure a vaguely industrial look. The textured panels capture changing patterns of light during the day, reflecting them in a fascinating graphic reverberation. On this side, the building’s volume is modelled in a more sculptural way, with folds and shifts that create unusual openings, projecting thin lines of shadow that help create harmonious relationships between elements and streamline the profile. HL23 is also green at heart, thanks to expedients and applications to reduce water and energy consumption that have earned the project a gold certificate from LEED (Leadership in Energy and Environmental Design).
114 115
Pixelated appearance Bernard Tschumi Architects, Blue Tower
testo di/text by Veronica Balutto foto di/photos by Peter Mauss/Esto
Norfolk Street
Pixelated appearance: nuovi apporti creativi per il Lower East Side Per un altezza di 55,2 metri, su un’area di 5.110 mq, si sviluppa la Blue Tower: sorge al centro di un’area nel Lower East Side di Manhattan, stretta tra le parallele East Houston Street e Delancey Street, la strada che si innesta nel Williamsburg Bridge, uno dei tre ponti che portano a Brooklyn. Una nuova singolare presenza per il panorama urbano di Manhattan: l’inconsueto profilo e l’aspetto ‘pixelato’ rendono la Blue Tower un’autentica sfida progettuale intenta a rispondere ai ferrei vincoli normativi di New York ed orientata a non deludere le esigenze commerciali degli investitori. ‘Blue’ è la seconda opera newyorchese dell’architetto svizzero-francese Bernard Tschumi, ma la prima ad essere stata concepita grazie ad un approccio progettuale nettamente originale: la torre è stata infatti pensata con l’intento di divenire un simbolo per il contesto urbano in continuo rinnovamento in cui è inserita. Per secoli la zona del Lower East Side è stata frequentata da numerose minoranze etniche: ora il quartiere, in pieno sviluppo, è un vero melting pot che pian piano sta assumendo connotazioni importanti. ‘Blue’ è il primo segno del cambiamento e del rinnovamento di una zona che è dotata di energia e voglia di crescere incontenibili. La caratteristica predominante dell’edificio, oltre alla conformazione spaziale, è il rivestimento: un originale disegno a mosaico composto da tessere in grande formato di diverse gradazioni tonali (dal grigio a quattro tonalità del blu), dettaglio che arricchisce le facciate, riflette al contempo la disposizione interna degli spazi ed il panorama urbano. La Residential Tower è un impianto spaziale sorprendente che rispetta l’incredibile dinamismo del quartiere: 16 piani di altezza per 32 appartamenti. Le pareti leggermente angolate si affacciano sulla strada; nel retro il cortile compensa artificialmente la forma, aumentando la superficie volumetrica degli appartamenti che in tal modo godono di viste spettacolari della zona di Lower Manhattan. Il lato opposto si adatta simultaneamente, piegandosi leggermente per un impatto visivo piacevole ed equilibrato. La copertura completa il profilo dell’edificio ammorbidendolo: all’interno si trova il giardino d’inverno con una vista incantevole. L’organizzazione degli interni è variegata in modo da fornire soluzioni spaziali diverse e flessibili: alla base sorgono le unità con zona living con una o due camere da letto; salendo di livello, gli appartamenti occupano anche l’intero piano. Nell’attico eleganti e raffinati duplex con terrazza panoramica verso l’Hudson River. Caratteristica comune la parete-finestra inclinata che contribuisce a plasmare la forma angolata dell’edificio e, contemporaneamente, assolve al ruolo tecnico di fornire luce agli ambienti. Essenziale il ruolo della luce all’interno: tutti gli appartamenti sono dotati di finestre a tutta altezza con parziali aperture scorrevoli. Gli spazi, semplici ed eleganti, sono caratterizzati da ottime finiture e da materiali eco sostenibili quali legno di cocco o di palma per le pavimentazioni, rivestimenti di bambù e piastrelle di ghiaia di fiume per i bagni, in linea con le tendenze attuali nel campo architettonico. ‘Blue’ è un giardino urbano per una città in mutamento, progettata da uno degli architetti contemporanei che ha saputo rispettare il contesto urbano, arricchendo il suo intervento di profonda originalità.
Essex Street
Pixelated appearance: a new influx of creativity for the Lower East Side Rising 55.2 meters high, on an lot measuring 5,110 sqm, is the Blue Tower. It stands in the heart of Manhattan’s Lower East Side, between the parallels of East Houston and Delancey, the street that turns into the Williamsburg Bridge, one of three leading to Brooklyn. This mid-rise is a new, unique feature on the Manhattan cityscape: the unusual shape and ‘pixelated’ look make the Blue Tower a true design challenge, aimed at complying with New York’s stringent zoning regulations without disappointing the commercial demands of investors. ‘Blue’ is the second New York project by FrenchSwiss architect Bernard Tschumi, but the first to take a remarkably original approach in its design: the tower is meant to symbolize the constant selfrenewal of the urban setting in which it is built. For centuries, the Lower East Side was home to many different ethnic minorities and the neighbourhood, now in full boom, is a true melting pot that is gradually taking on significance. ‘Blue’ is the first sign of change and renewal in an area full of irrepressible energy and an unstoppable desire for growth. The key feature of this building, aside from its spatial configuration, is its cladding: an original mosaic design made from large panels of different tonal gradations (ranging from grey to four shades of blue), a detail that enhances the facades while reflecting the interior layout and the urban panorama. The residential tower is spatially structured in a surprising way that stays true to the incredibly dynamic spirit of the neighbourhood: 16 stories high, it houses 32 apartments. The slightly angled
0
20 m
planimetria/site plan
Delancey Street
N
116 117
nome progetto/project name Blue Tower progetto/design architect Bernard Tschumi Architects architetto esecutivo/executive architect SLCE Architects responsabili/principals in charge Bernard Tschumi – Bernard Tschumi Architects Saky Yakas – SLCE Architects gruppo di progetto/project team Bernard Tschumi Architects – Bernard Tschumi (capoprogetto/lead designer), Kim Starr (project manager), William Feuerman, Adam Dayem, con/with Dominic Leong, Alan Kusov, Casey Crawmer, Shai Gross, Adam Marcus, Amy Yang; SLCE – Saky Yakas (principale/principal), Carlos Palacios (project manager) Jerry Vanek; Thronton Tomasetti – Aine Brazil, Eli Gottlieb, Patrick Healy; Israel Berger & Associates – Israel Berger, A.J. LaBelle; Ettinger Engineers – Eric Ettinger; Arc Consulting – Kim Vauss, Matthias Ojewere; On the Level Enterprises – Angelo Cosentini, John Carson, John Raine, Angelo Gullo; Atwood Design Systems – John Atwood; Corcoran Group – Barrie Mandel
strutture/structures Thornton Tomasetti Engineers impianti/MEP engineers Ettinger Engineers consulente per le normative/code consultant Arc Consultants appaltatore principale/general contractor On The Level Enterprises advertising/marketing graphics Atwood Design Systems ufficio vendite/condo sales Corcoran Group committente/client Angelo Cosentini, John Carson luogo/place New York, NY, USA superficie totale/total area 5.109 mq/sqm numero di piani/number of floors 16 costo/cost 11.600.000 euro data progetto/design date marzo 2004-luglio 2004/ March 2004-July 2004 inizio lavori/start agosto/August 2004 fine lavori/completion ottobre/October 2007 www.tschumi.com
in queste pagine e in apertura: viste generali della torre e svuluppo del rivestimento in these pages and in the opnings pages: general views of the tower and development of the façade
walls look out over the street; in the back, a yard artificially balances out the shape, increasing the surface volume of the apartments, which thus enjoy spectacular views of Lower Manhattan. At the same time, the other side adapts by sloping slightly for an appealing, harmonious visual effect. The roof tops it all off by giving the building a slightly softer silhouette; inside is a garden that offers an enchanting view. The interior layout is varied so as to provide different, flexible spatial solutions: at the bottom are one- or two-bedroom units with living areas, while going up, apartments come to occupy an entire floor. The penthouse level offers elegant, sophisticated duplexes with a panoramic terrace looking out towards the Hudson River. A shared feature is a sloping glass wall that helps give the building its faceted shape, while serving the technical purpose of bringing light into the rooms. Inside, light plays a key role: all the apartments have floorto-ceiling windows that slide partially open. The finishing features are top-of-the-line and employ eco-friendly materials, in keeping with the current architectural taste for simple, yet elegant spaces. Tschumi has chosen coconut and palm wood for the flooring, and bamboo and river-pebble tiles in the bathrooms. ‘Blue’ is an urban garden for a city in constant evolution, designed by a contemporary architect who shows true respect for the urban context, infusing his project with profound originality.
118 119
a
a
pianta piano terra/ground floor plan
pianta 2° piano/2nd floor plan
pianta 3° piano/3rd floor plan
pianta 4° piano/4th floor plan
pianta 5° piano/5th floor plan
pianta 6° piano/6th floor plan
pianta 7° piano/7th floor plan
pianta 8° piano/8th floor plan
0
5m
copertura/roof
16
15
14
13
12
11
10
9
8
7
6
5
4
3
2
sezione nord-sud/north south section 0
5m
pianta 9° piano/9th floor plan
pianta 10° piano/10th floor plan
pianta 11° piano/11th floor plan
pianta 12° piano/12th floor plan
pianta 13° piano/13th floor plan
pianta 14° piano/14th floor plan
pianta 15° piano/15th floor plan
pianta 16° piano/16th floor plan
120 121
COMICS
Hanno collaborato a questo numero / Contributions to this issue
Carlo Achilli
architetto/architect
Orvieto,1970. Si laurea a Roma nel 1996 e dal 2002 è docente di Progettazione Architettonica e coordinatore del Programma di Architettura presso l’Istituto di Palazzo Rucellai a Firenze. Nel 1998 vince una borsa di studio presso il MIT di Boston, offerta dal Department of Architecture and Planning. Ha progettato e diretto, in dieci anni di libera professione, circa quaranta restauri prevalentemente in Umbria e Toscana. Di recente è stato pubblicato l’Hotel Palazzo Piccolomini ad Orvieto, da poco realizzato/Orvieto,1970. He graduated in Rome in 1996 and since 2002 he has been a lecturer of Architectural Planning and a coordinator of the Architectural Programme at the Istituto di Palazzo Rucellai in Florence. In 1998 he won a study grant at Boston MIT, offered by the Department of Architecture and Planning. He has planned and directed, in ten years of private practise, around forty restorations prevalently in Umbria and Tuscany. Hotel Palazzo Piccolomini has opened its doors of late, following recent restoration
Veronica Balutto
architetto/architect
Udine, 1976. Si laurea in architettura presso lo IUAV di Venezia nel 2002. Architetto, ma anche designer e giornalista pubblicista attiva nel campo del design e dell’architettura, collabora con diverse aziende ricevendo vari riconoscimenti, ricordiamo quello al concorso Young & Design 2006 al Salone del Mobile di Milano 2006/Udine, 1976. She graduated in architecture from the University IUAV of Venice in 2002. She collaborates with various companies in her capacity as an architect, but also as a designer and freelance journalist in the fields of design and architecture, and her talents have been acknowledged on various occasions, including the 2006 Young & Design competition at the Salone del Mobile 2006 in Milan
Michelangelo Bastiani
curatore/curator
Bibbiena (AR), 1979. Laureato all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 2004, fonda nel 2001 MBS Art Studio che si occupa di progetti legati a grafica, fotografia, pittura e scultura. Cura mostre d’arte ed eventi con Istituzioni italiane e internazionali. Dal 2006 collabora con la Newington-Cropsey Foundation, New York/Bibbiena (AR), 1979. Graduated at the Accademia di Belle Arti in Florence in 2004; in 2001 he started MBS Art Studio which deals with projects concerning graphics, photography, painting and sculpture. He is curator of some art exhibitions and events, with italian and international institutions. He collaborates with the Newington-Cropsey Foundation of New York since 2006.
James M. Bradburne
architetto/architect
Canada, 1955. Anglo canadese, architetto, designer e museologo, già Direttore della Fondazione Next Generation (UK), del Centro New Metropolis di Scienza e Tecnologia di Amsterdam e del Museo di Arti Applicate (Francoforte). Ha curato mostre, progetti di ricerca e simposi per l’Unesco, l’Unicef, amministrazioni pubbliche e fondazioni private. Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi dal 2006/Canada, 1955. Anglo-Canadian, architect, designer and museum specialist, he is the Director of the Next Generation Foun dation (UK), the New Metropolis Science and Technology Centre in Amsterdam and the Museum of Applied Art (Frankfurt). He has directed exhibitions, research projects and symposiums for UNESCO, UNICEF, public administrations and private foundations. Since 2006 he has been the director of the Fondazione Palazzo Strozzi
Domenico De Martino
lettarato/literate
Firenze, 1953. Si laurea in Filosofia e consegue un Dottorato in Letteratura, Storia della lingua e Filologia italiana. Dal 1992 collabora con l’Accademia della Crusca, per la quale è responsabile delle pubblicazioni e dell’Archivio Moderno. Per la Settimana della Lingua italiana, ha curato Testi della letteratura giocosa italiana (2006) e L’italiano e il mare. (2007). Ha curato la ristampa della prima edizione (1612) del Vocabolario degli Accademici della Crusca (2008)/ Florence, 1953. Graduated in Philosophy, he took a doctor’s degree in Literature, History of language and Italian philology. He collaborates since 1992 with the Accademia della Crusca and he is actually in charge of the publishing activities and of the Modern Archive. Concerning the “Settimana della Lingua italiana” [Italian Language Week] he has edited the following books: Testi della letteratura giocosa italiana (2006) [Texts about the italian jocose literature] and L’italiano e il mare. (2007) [The italian language and the sea]. He has edited also the reprint of the very first edition (1612) of the Vocabolario degli Accademici della Crusca (2008)
Paolo Di Nardo
architetto/architect
Firenze, 1958. Fondatore e direttore editoriale della rivista AND, nel 2002 fonda lo studio ARX che si occupa di progettazione e ricerca architettonica; collabora con studi quali Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten. è professore a contratto di progettazione presso la Facoltà di Architettura di Firenze e autore di numerosi articoli e saggi sull’architettura contemporanea/Florence, 1958. Founder and editor of AND magazine. In 2002 Di Nardo founded studio ARX, which is concerned with architectural research and design; he also works with studios such as Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten. He is a temporary professor of design with the Faculty of Architecture in Florence and has authored numerous articles and essays on contemporary architecture
Leonardo Domenici
politico/politician
Firenze, 1955. Ha iniziato nel 1976 l’attività politica; viene eletto deputato nel 1994 e confermato nelle successive elezioni. Dal giugno 1999 è Sindaco di Firenze e sotto la sua amministrazione la città ha avviato una imponente fase di trasformazione e ammodernamento, con la realizzazione di grandi opere per le infrastrutture, la mobilità, la riqualificazione urbana. Dal gennaio 2000, è presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani/Florence, 1955. He entered politics since 1976; he was elected as Member of italian Parliament in 1994 and confirmed in the following general election. He is Mayor of the City of Florence since 1999. During his government the city has been impressively changed and modernized by the great works done in the field of infrastructure, mobility and urban redevelopment. Since January 2000 he is Chairman of the National Association of Italian Communes
Marco Fagioli
critico d’arte/art critic
Firenze, 1944. Ha insegnato presso l’Istituto Statale d’Arte di Firenze e presso l’Istituto Superiore Polimoda di Villa Strozzi a Firenze. Attualmente svolge attività d’insegnamento d’Art Expertise presso Istituti di Cultura Americana in Italia. è autore di numerosi saggi pubblicati su riviste specializzate italiane ed estere, su artisti come Sickert, Hopper, Rosso, Gor’kij, Fontana Martini, Innocenti ecc., nonché sui maestri giapponesi/Florence, 1944. He has taught in the Istituto Statale d’Arte and the Istituto Superiore Polimoda in Villa Strozzi in Florence. A large number of his essays have been published in specialist publications both in Italy and abroad, on artists such as Sickert, Hopper, Rosso, Gor’kij, Fontana Martini, Innocenti etc., as well as the Japanese masters.
Giorgio Fratini
architetto/architect
Prato, 1976. è architetto, illustratore e autore di fumetti. Vive e lavora a Firenze. All’inizio dell’anno è stato pubblicato in Italia e Portogallo il suo primo romanzo grafico Sonno elefante – I muri hanno orecchie, Edizioni BeccoGiallo (It) e Campo das Letras (Pt)/Prato, 1976. He is an architect, illustrator and comic-book writer. He lives and works in Florence. His first graphic novel, Sonno elefante – I muri hanno orecchie (Edizioni BeccoGiallo (It) and Campo das Letras (Pt)) was published in both Italy and Portugal at the beginning of the year
Alessandro Melis
architetto/architect
Cagliari, 1969. Si laurea a Firenze e fonda nel 1995 Heliopolis 21 a.a. con sedi a Pisa e Cagliari. Alterna all’attività professionale l’attività didattica e di ricerca iniziata in ambito storico-critico presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Ha pubblicato monografie e saggi. Ha curato mostre, tenuto conferenze, visiting critic e lectures presso istituti italiani ed esteri/Cagliari, 1969. After graduating in Florence, he founded Heliopolis 21 a.a. in 1995 with branches in Pisa and Cagliari. He alternates his professional activity with didactic and research pursuits which began in an historical-critical setting at the Florence Faculty of Architecture. Besides having published monographs and essays, he has directed exhibitions, held conferences, visiting critics and lectures at both Italian and foreign institutes
Francesco Giambrone
sovrintendente/supervisor
Palermo, 1957. Sovrintendente della Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino dal 2006, è componente del Consiglio di Presidenza dell’ANFOLS. Dal 2007 è Presidente del Conservatorio di Musica Vincenzo Bellini di Palermo. Svolge un’intensa attività accademica presso Università italiane, corsi di specializzazione e Master di perfezionamento post lauream/Palermo, 1957. He has been supervisor of the Teatro del Maggio Musicale Fiorentino Foundation since 2006 and is a member of the ANFOLS Presidential Council. Since 2007 he has been Chairman of the Conservatorio di Musica Vincenzo Bellini in Palermo. He is extremely involved in Italian universities, teaching specialisation courses and Masters degree courses
Daniela Grassellini
storica dell’arte/art historian
Pisa. Titolare della Cattedra di Storia dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze ed insegna Storia dell’Arte Contemporanea all’Università di Pisa. Laureata in Estetica alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa si è dedicata allo studio delle riviste ad azione artistico-letteraria degli anni Trenta. Si è specializzata al Dipartimento di Storia delle Arti di Pisa approfondendo i movimenti d’Avanguardia/Pisa. Holder of the Professorship of the History of Art at the Academy of Fine Arts in Florence, she also teaches History of Contemporary Art at the University of Pisa. She graduated in Aesthetics in the Faculty of Letters and Philosophy from the University of Pisa and has dedicated herself to the study of magazines dealing with the art-literary advances of the 1930s. She specialised at the Department of History of Arts at Pisa advancing her studies in the Avant-garde movements
Nicoletta Maraschio
letterata/literate
Pavia, 1946. Dal 1995 è professore ordinario di Storia della lingua italiana all’Università di Firenze. Ha contribuito a fondare, poi diretto, il Centro di ricerca trasferimento e alta formazione dedicato alla linguistica (CLIEO), attivo dal 2004. Si occupa della storia dell’italiano rinascimentale e contemporaneo. Con Sergio Raffaelli dirige la collana L’italiano in pubblico dell’editore Cesati. Ha insegnato come visiting professor presso università europee e negli Stati Uniti. è la prima donna Presidente dell’Accademia della Crusca/Pavia, 1946. Since 1995 she has been full professor of History of the Italian language at the University of Florence. She has contributed to founding, and then directed, the Centre of research and higher education dedicated to linguistics (CLIEO), since 2004. She deals with Renaissance and contemporary Italian history. She and Sergio Raffaelli edit the L’italiano in pubblico series by publisher Cesati. She has lectured as visiting professor at universities in Europe and the United States and is the first female to be appointed President of the Accademia della Crusca
Dario Nardella
politico/politician
Torre del Greco (NA), 1975. Si laurea in giurisprudenza all’Università di Firenze, dove ora è docente di Istituzioni di Diritto pubblico e Legislazione dei beni culturali. In questi anni i suoi studi si sono rivolti in particolare al diritto dell’ambiente e dei beni culturali. Fa parte del Consiglio Comunale di Firenze, in cui riveste il ruolo di Presidente della V Commissione Consiliare Cultura, Istruzione e Sport. Ha curato volumi e contributi sul diritto pubblico, costituzionale, dei beni culturali e dello spettacolo/Torre del Greco (NA), 1975. He graduated in law from the University of Florence where he is now a lecturer of Public Law Institutions and Legislation of Cultural Heritage. Over the years his studies have dealt, in particular, with environmental and cultural heritage law. He is part of the Florence Consiglio Comunale (municipal council), in the role of Chairman of the V Commission Council for Culture, Education and Sport. He has presented volumes and contributions on public, constitutional, cultural heritage and performing arts law
Francesca Oddo
critica/critic
Messina, 1973. Scrive di architettura per diverse riviste specializzate, cartacee e digitali. Formazione da architetto, è attratta dall’attività giornalistica. Impegnata nella comunicazione dell’architettura e nell’organizzazione di eventi espositivi, lavora per la MEDIA AGENCY di iMage a Firenze/Messina, 1973. Writes on architecture for a number of specialised publications, both printed and digital. Educated as an architect, Oddo found herself drawn to journalism. She works in the areas of architectural communications and exhibition organisation for iMage MEDIA AGENCY in Florence
Giulia Pellegrini
architetto/architect
Pisa, 1977. Si laurea in architettura nel 2003 presso l’Università degli Studi di Firenze. Da subito si dedica al settore della pubblicistica e dell’editoria collaborando con testate internazionali. Dal 2006 lavora con AND per la quale ricopre il ruolo di coordinatrice editoriale. Vive e lavora a Firenze/Pisa, 1977. She graduated in architecture in 2003 from Università degli Studi in Florence. She dedicated herself to the writings and publishing sector and has collaborated with international publications. Since 2006 she has worked with AND in the role of editorial supervisor. She lives and works in Florence
Pierpaolo Rapanà
architetto/architect
Lecce, 1978. Svolge attività professionale in collaborazione con lo studio ARX di Firenze e attività di ricerca come Cultore della Materia nel corso Laboratorio di Architettura II presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Fa parte della redazione di AND/Lecce, 1978. Works in partnership with studio ARX of Florence and conducts research as a scholar with the Architectural Workshop of the Faculty of Architecture in Florence. A member of the AND editorial staff
Daria Ricchi
architetto/architect
Novafeltria (PU), 1978. Architetto e giornalista. Scrive per riviste specializzate di settore in Italia e all’estero, tra cui a10, Il Giornale dell’Architettura, Area e Casamica. Ha scritto una monografia su Mecanoo e appena curato una monografia su Diller Scofidio + Renfro, edito da Skira. È attualmente visiting scholar presso la Columbia a New York/Novafeltria (PU), 1978. Architect and journalist. She writes for specialist magazines in Italy and abroad, amongst which are a10, Il Giornale dell’Architettura, Area and Casamica. She has written a monograph on Mecanoo and has recently directed a monograph on Diller Scofidio + Renfro, published by Skira. She is currently a visiting scholar at Columbia University in New York
Fabio Rosseti
architetto/architect
Viareggio (LU), 1961. Vive e lavora a Firenze, rivolgendo la sua attenzione al rapporto fra architettura e tecnologie dell’informazione. è coordinatore della redazione di AND con la quale ha collaborato fin dal primo numero. Ha scritto vari articoli per AND e per altre testate/Viareggio (LU), 1960. Lives and works in Florence, focusing on the relationship between architecture and information technologies. Editorial staff coordinator of AND, he has worked with the magazine since its very first issue, writing various articles for AND and for other publications
Simone Spellucci
architetto/architect
Roma, 1978. Architetto e dottorando in Progettazione urbanistica e territoriale presso l’Università degli Studi di Firenze. La sua attività di ricerca è volta ad approfondire il rapporto tra rappresentazione del territorio e comunicazione del dato territoriale attraverso l’uso di medium ad alto livello di accesso e leggibilità. è cultore della materia al corso di Analisi del Territorio e degli Insediamenti tenuto da Raffaele Paloscia. Vive e lavora a Firenze/Rome, 1978. Architect and post-graduate student in urban and territorial planning at the Università degli Studi at Florence. He directs his research activity at developing the relationship between representation of the territory and communication of the territorial data through the use of medium and high levels of access and legibility. He is an honorary fellow in the Territory and Settlement Analysis course held by Raffaele Paloscia. He lives and works in Florence
Eugenia Valacchi
architetto/architetto
Firenze, 1975. Si laurea a Firenze nel 2003. Sta svolgendo un Dottorato di Ricerca presso il Dipartimento di Storia dell’Architettura dell’Università di Firenze. Lavora attualmente nel team dello studio di architettura ARX e collabora fin dai primi numeri con la rivista AND/Florence, 1975. She graduated from Florence in 2003. She is currently taking a PhD at the Department of History of Architecture at the University of Florence. She works as part of the ARX architectural studio team and has collaborated with AND magazine since the early issues
Giovanni Varoli direttore d’orchestra/orchestra conductor Pontremoli (MS), 1965. Contemporaneamente agli studi umanistici, si è diplomato presso il Conservatorio Cherubini di Firenze in pianoforte, composizione e in direzione d’orchestra. Ha approfondito la direzione d’orchestra con vari Maestri, tra cui in particolare Jorma Panula, e presso varie istituzioni tra cui la Manhattan School of Music di New York. È presidente e direttore musicale di Maggio Fiorentino Formazione, Accademia del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino per l’alta formazione/Pontremoli (MS), 1965. At the time he was taking humanities studies, he also obtained a diploma from the Conservatorio Cherubini in Florence in piano, composition and orchestra conducting. He specialised in orchestra conducting with various Maestri, including Jorma Panula, and at various institutions, such as the Manhattan School of Music at New York. He is the president and musical director of Maggio Fiorentino Formazione, the academy of Teatro del Maggio Musicale Fiorentino for higher education