Rogers Stirk Harbour + Partners > Città

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2009 gennaio aprile

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Rogers Stirk Harbour + Partners > Città

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35 Quadrimestrale in Italia € 12,00 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1, PERUGIA

RIVISTA DI ARCHITETTURE, CITTà E ARCHITETTI

RAME NUOVO

Architetti: Nicolás Carbajal Ballell, Simone Solinas, Gabriel Verd Gallego, Siviglia (E); Lavorazione: Metazinco, Madrid (E)

Un mosaico di nastri in TECU® Classic, TECU® Brass e TECU® Bronze è il rivestimento della facciata del teatro della città di Vícar in Almeria (E), assicurando alla nuova sede dell’arte drammatica una comparsa sempre di grande d’effetto sullo sfondo scenografico urbano. TECU® Hotline +39 02 89388-206 o -452 info-tecu-italy@kme.com, www.tecu.com

Rogers Stirk Harbour + Partners > Città

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aperture vani corsa

e d i t r i c e

piattaforme ascensori rshp bdp wilkinson eyre dekleva gregoricˇ bevk perovic´ ofis a&gp international zaha hadid francisco josé mangado nieto sobejano

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supporto


AND Rivista quadrimestrale di architetture, città e architetti n°14 gennaio/aprile 2009 direttore responsabile Eugenio Martera direttore editoriale Paolo Di Nardo comitato scientifico Giandomenico Amendola, Gabriele Basilico, Miranda Ferrara, Maurizio Nannucci, David Palterer, Sergio Risaliti, Giorgio Van Straten redazione Tommaso Bertini, Filippo Maria Conti, Samuele Martelli, Alessandro Melis, Elisa Poli, Pierpaolo Rapanà, Daria Ricchi, Eugenia Valacchi coordinamento editoriale Giulia Pellegrini coordinamento redazionale Fabio Rosseti corrispondenti dalla Francia: Federico Masotto dalla Germania: Andreas Gerlsbeck dagli Stati Uniti: Daria Ricchi traduzioni italiano-inglese Johanna Bishop, Miriam Hurley, Team Translation crediti fotografici le foto sono attribuite ai rispettivi autori come indicato sulle foto stesse. L’editore rimane a disposizione per eventuali diritti non assolti progetto grafico Davide Ciaroni impaginazione elettronica Giulia Pellegrini, Pierpaolo Rapanà direzione e amministrazione via V. Alfieri, 5 - 50121 Firenze www.and-architettura.it redazione spazio A18 via degli Artisti, 18r - 50132 Firenze redazione@and-architettura.it editore DNA Editrice via V. Alfieri, 5 - 50121 Firenze tel. +39 055 2461100 info@dnaeditrice.it pubblicità DNA Editrice via V. Alfieri, 5 - 50121 Firenze tel. +39 055 2461100 niccolonatali@and-architettura.it distribuzione per l’Italia JOO Distribuzione via F. Argelati, 35 - 20143 Milano joodistribuzione@joodistribuzione.it

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copertina/cover Stazione di Santa Maria del Pianto, copertura/roof

Nel numero 12 di AND, dedicato a Behnisch Architekten, erano presenti alcune imprecisioni nell’articolo pubblicato alle pp. 18-21. Il Centro Nazionale per i Tumori ad Heidelberg non è propriamente una clinica, il suo obiettivo principale è quello di favorire il contatto tra le persone ammalate di cancro, i medici e gli scienziati per scoprire le terapie migliori. A Parigi lo studio Behnisch Architekten sta progettando tre edifici chiamati Digiteo Labs per un unico cliente in tre luoghi differenti nelle vicinanze di Parigi. Il Centro Benessere che lo studio sta progettando si trova a Malmö, in Svezia. Il progetto di Ventspils è una sala concerti. Ci scusiamo con gli interessati/In issue 12, dedicated to Behnisch Architekten, there were some inaccuracies in the article published on pp. 18-21.The National Centre for Tumour Diseases in Heidelberg is not a Clinic Centre: it’s main objective is to foster the contact between people suffering from cancer, doctors and scientists in order to find out which are the best therapies. Behnisch Architekten in Paris are planning three research buildings called Digiteo Labs for one and the same client in three different locations in the outskirts of Paris. The Health Centre that the studio is planning planning is located in Malmö, Sweden. The project in Ventspils is a Concert Hall. We apologize here for the mistakes.

soci sostenitori ANCE TOSCANA ARX SEZIONE EDILE DI CONFINDUSTRIA FIRENZE CONTEMPORANEA PROGETTI GRANITIFIANDRE


14 sommario/summary ROGERS STIRK HARBOUR + PARTNERS > CITTà

EDITORIALE, Paolo Di Nardo

RSHP London, Luigi Prestinenza Puglisi

VARIAZIONI DI SCALA , intervista a Richard Rogers

una passeggiata, intervista a Paul Stelmaszczyk

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Scandicci centro, Vincenzo Di Nardo

Scandicci centro, intervista a Torsten Burkhardt

DUE STAZIONI METRO A NAPOLI, Intervista a Amarjit Kalsi

Heathrow, Terminal 5

National Assembly for Wales

Oxley Woods Housing

Maggie’s Centre, London

LA COSTRUZIONE DELLA CITTà, Paride G. Caputi

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WATERFRONT SCUTARI, Paolo Di Nardo

IN-PERMEABILE, Veronica Cornacchini

SPREZZATURA NEW YORK, Diane Lewis

INTERVISTA A MITCHELL JOACHIM, Daria Ricchi

ProgetTare la sostenibilità, Alessandro Melis

LIVERPOOL, Cristina Donati

LUBIANA, Nika Grabar

A&GP, Citypark Ljubljana

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NY

Random [01] MILANO, Maurizio Sabini

SARAGOZZA, Juan-Luis Font

RANDOM, Diego Barbarelli


EDITORIALE

PAOLO DI NARDO

Il numero 14 di AND collega editorialmente la figura di Richard Rogers con la città. La peculiarità dei due poli editoriali è quella di accogliere la varietà come ricchezza, risorsa metodologica e culturale. La ‘varietà’ in Rogers è un segno distintivo di approcci culturali legati alle innumerevoli variabili che ogni progetto accoglie al suo interno, non per ultimo l’ambiente come momento di trasformazione urbana. Le città raccontate nella seconda parte esprimono diversi modi di concepire lo spazio urbano ma soprattutto le strategie di contesto: Lubiana, Saragozza, Milano, Liverpool fino alla vicina, seppur lontana per le difficoltà di strategia urbana da affrontare nell’immediato, Scutari. Vorrei sintetizzare queste parole con un aneddoto vissuto in prima persona a Londra durante la visita presso lo studio RSHP. Mentre stavamo ammirando la moltitudine di plastici che definivano la pelle interna della grande vetrata dello studio, abbiamo intravisto una moto di grossa cilindrata con due persone in sella, attrezzate con abiti da motociclista. Posteggiata la moto davanti allo studio, la figura elegante di Richard Rogers esce magicamente e con grande naturalezza dal casco, dal giubbotto in pelle nera. Si trattava di un taxi moto che, fornito di tutti gli accessori, aveva trasportato Richard fino allo studio. Rogers usa questo mezzo flessibile per spostarsi nel caos metroplitano di Londra, liberamente e senza interruzioni. Ho trovato questo spirito di adattamento una grande capacità di adeguarsi alle difficoltà ed alle caratteristiche di un mondo in continua trasformazione, un atteggiamento culturale di innovazione e ricerca dei diversi modi espressivi della città e dell’uso che se ne può fare. La moto di Rogers è stato l’inizio di una lunga chiacchierata, ma forse, al di là della piacevolezza dell’incontro, la nostra visita avrebbe quasi potuto fermarsi all’immagine dei due motociclisti che, in sella, affrontavano la città. Ribaltando il problema, anche la città dovrebbe fare altrettanto cercando di montare in sella alla ricerca di nuovi campi, discipline capaci di dare un senso nuovo allo spazio urbano, ma soprattutto all’uomo che la vive.


Issue 14 of AND takes an editorial approach connecting the figure of Richard Rogers and that of the city. The unique feature of this issue’s two focal points is that they welcome variety as wealth, as a methodological and cultural resource. In Rogers, ‘variety’ is the distinctive mark of cultural approaches tied to the countless variables that each project contains within, not least of which is the space as an instance of urban transformation. The cities explored in the second part show different ways of conceiving urban space, demonstrating their strategies of context. The cities include Ljubljana, Zaragoza, Milan, Liverpool and the nearby Scutari (though distant for the problems of urban strategy to be addressed immediately). I could sum up these observations with an anecdote from my personal experience in London visiting the RSHP studio. While we were admiring the profusion of models that line the interior skin of the studio’s large window, we glimpsed a highpowered motorcycle with two people mounted on it, dressed motorcycle gear. The motorcycle hav-

ing been parked in front of the studio, the elegant figure of Richard Rogers magically emerged, with great naturalness, from the helmet and the black leather jacket. This was a taxi motorcycle, equipped with all accessories, that had brought Richard to the studio. He uses this flexible mode of transportation to get around the London’s metropolitan chaos, freely and without interruption. I saw in this spirit of adaptation great skill in adjusting to the difficulties and qualities of a world that is ever changing, a cultural habit of innovation and research into the city’s diverse expressive modes and the use that can be made of them. Rogers’ motorcycle was the start of a long conversation. The pleasantness of the meeting aside, our visit perhaps would have been complete with the image of the two figures mounted on the motorcycle, taking on the city. We could turn the problem on its head and say that that city should likewise try to climb on its bike and look for new fields, disciplines that can give a new meaning to the urban space, and, most importantly, to the people who live in it.

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Š Katsuhisa Kida


RSHP London Rogers Stirk Harbour + Partners. Ultime trasformazioni

di/by

Luigi Prestinenza Puglisi

RSHP London. Rogers Stirk Harbour + Partners. Latest developments In Italy, if you ask who designed the Centre Pompidou, the answer will probably be: Renzo Piano. If you ask in England, with approximately the same probability, the answer will be: Richard Rogers. Yet, the right answer, as historians know is: Renzo Piano, Richard Rogers and Gianfranco Franchini. For the moment, let’s set aside Franchini’s role as that goes outside the scope of this article. And let’s ask: what was the specific contribution of Piano, the Italian architect, and what was that of Rogers, the British architect? We’ll likely never be able to answer this question because both architects, in a spirit of fair play, avoid the subject and say that Pompidou was an equal, joint design. Yet, the question remains, as it would be difficult to find two more different architects, also considering how their styles developed over time. Where Piano is elegant and reassuring, Rogers is innovative and inventive, even at the risk of making strident, non-traditional works. English tradition is what marks this difference. The ability to make engineering works is, as David Lean’s 1957 Bridge on the River Kwai showed, such a point of pride as to render matters of life and death secondary. In the film, building, for the enemy that has imprisoned them, they build a work that is so solid that it can withstand the counter-offenses of their own army. A tradition of formal and structural invention that boasts the likes of Cedric Price and the Archigram group, not to mention Buckminster Fuller who, despite not

Se in Italia chiedete chi ha disegnato il Centre Pompidou la risposta sarà probabilmente: Renzo Piano. Se lo chiedete in Inghilterra la risposta sarà, più o meno con la stessa probabilità: Richard Rogers. Mentre la risposta corretta, come sanno gli storici, è Renzo Piano, Richard Rogers e Gianfranco Franchini. Tralasciamo di interessarci in questa sede del ruolo di Franchini perché ciò esula dall’oggetto dell’articolo. E chiediamoci: qual’è stato il contributo specifico dell’italiano Piano e quale quello del britannico Rogers? Probabilmente non sapremo rispondere mai perché entrambi i progettisti, con fair play, evitano l’argomento e affermano che il Pompidou fu un lavoro alla pari. Certo è che rimane l’interrogativo perché, anche osservando l’evoluzione stilistica dei due, è difficile trovare progettisti tanto differenti. Elegante e rassicurante il primo, innovativo e inventivo, anche a costo di realizzare opere stridenti e poco canoniche, il secondo. A segnare la differenza è la tradizione inglese. Quella capacità di realizzare opere di ingegneria che, come ci raccontò nel 1957 il film di David Lean, è Il ponte sul fiume Kwai, è tale motivo di orgoglio da porre in secondo piano anche interessi vitali. Nel film: costruire, per il nemico di cui si è prigionieri, un’opera talmente solida da resistere alle incursioni della controffensiva del proprio esercito. Una tradizione di invenzione strutturale e formale che vanta Cedric Price e il gruppo Archigram, per non parlare di Buckminster Fuller che, pur non appartenendovi per nascita, è diventato uno dei principali punti di riferimento dell’architettura britannica. Cioè di quella linea di ricerca High Tech che annovera Norman Foster, Nicholas Grimshaw, Michael Hopkins, Jeremy Dixon and Edward Jones e, con declinazioni originali, William Alsop e Future System. Di tutti gli architetti High Tech, Rogers, insieme con Foster, è il più rilevante e non solo per il numero di opere costruite. Si differenzia da quest’ultimo per una maggiore libertà di ricerca. Per Foster, infatti,non è difficile individuare un canone di opere prevedibili all’interno di fasi stilistiche ben individuabili. Penso per esempio a quella classicista, caratterizzata da oggetti perfettamente rifiniti, che è culminata con il Carré d’Art di Nîmes. Oppure quella organica e neoecologica caratterizzata da oggetti dalle geometrie curve con opere quali il Reichstag a Berlino o il Gherkin a Londra. Gli edifici di Rogers, invece, sono allo stesso tempo prevedibili e imprevedibili anche all’interno di una stessa sequenza temporale. Prevedibili perché ritornano, sin dagli anni settanta, alcuni elementi formali, per esempio gli impianti a vista (ma, come vedremo, vi sono negli ultimi anni numerose eccezioni). Imprevedibili perché, se il progetto ne consente l’opportunità, Rogers non esita a sperimentare inedite soluzioni formali: penso per esempio a lavori così diversi quali la Millennium Dome a Londra e l’aeroporto di Madrid, i Channel 4 Headquarters a Londra e l’European Court of Human Rights a Strasburgo. Un altro aspetto, british, che caratterizza la produzione rogersiana è il rapporto con l’intorno, costruito

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© Katsuhisa Kida © Katsuhisa Kida

© Richard Bryant © Richard Bryant

© Andrew Holt © Hayes Davidson

in questa pagina, da sinistra in this page, from the left One Hyde Park, Londra, 2005Terminal 4, Barajas Airport, Madrid, 1997-2005 Bodegas Protos, Peñafiel, Valladolid, 2003-2008 apertura/ opening page Ching Fu Group Headquartes, Kaohsiung, Taiwan, 2005-2007

having been born in Britain, has become one of the major lodestars of British architecture, specifically for proponents of the High-Tech trend that includes the likes of Norman Foster, Nicholas Grimshaw, Michael Hopkins, Jeremy Dixon and Edward Jones and, with original variations, William Alsop and Future System. Of all the High Tech architects, Rogers, along with Foster, is the most significant for more than the number of built works. He is set apart from Foster by the greater freedom in his work. For Foster, we can easily identify a predictable canon of works within well-defined stylistic periods. For example, there was his classicist period, defined by perfectly finished pieces, culminating with the Carré d’Art in Nîmes. Or his organic, neo-ecological period of works with geometric curves with projects such as the Reichstag in Berlin of the Gherkin in London. Whereas Rogers’ buildings are simultaneously predictable and unpredictable, even within the same time period. Predictable because certain formal element have recurred since the seventies, such as exposed fittings (though, as we’ll see there are many exceptions in recent years). Unpredictable because if the project gives him the chance, Rogers is eager to experiment with completely new formal solutions, as seen in works as diverse as those for the Millennium Dome in London and the airport in Madrid, the Channel 4 Headquarters in London and the European Court of Human Rights in Strasbourg. Another British feature of Rogers’ work is the re-

lationship with the built or natural surroundings. A relationship that is contextual only in relational terms and little in formal references. Unlike Italian or Spanish architects for whom fitting into the surroundings is an imperative, this aspect is negligible, if not irrelevant. As seen in Potsdamer Platz in Berlin, in a massive project coordinated by Renzo Piano, where, in addition to Rogers, there are areas designed by figures as diverse as Piano himself, Isozaki, Moneo and Kolhoff. While Moneo and Kolhoff were conditioned by context with modest results, in my opinion, Rogers paid the context no mind with a design so original that it compromises the unified appearance of the whole. The projects presented in this issue of AND, among his most recent, address questions about the direction that the practice will be taking in the near future for which it is preparing through a carefully considered internal restructuring. As careful readers will notice, the project credits evidence this by the change in name from Richard Rogers Partnership to Rogers Stirk Harbour + Partners. The intent is to give more space to his partners and prepare the transfer of power to a younger generation. Despite his exceptional vitality and a physical appearance that doesn’t betray his years, Rogers has in fact almost passed the 75 year mark, having been born in 1933. Among the projects presented here, the fifth terminal in Heathrow gives the impression of a line of essential continuity. This is seen in the materials, iron and glass, the brilliant solution invented for


Cantine Protos, schizzo di una sezione con indicazione delle funzioni/Protos Winery, sketch of a section with rooms use destination

o naturale. Che è contestuale solo per gli aspetti relazionali e poco per i rimandi formali. Diversamente dagli italiani o dagli spagnoli in cui la mimesi è un imperativo, per lui è un aspetto trascurabile, se non irrilevante. Come a Berlino, a Potsdamer Platz, un imponente intervento coordinato da Renzo Piano e nel cui interno sono inseriti, oltre a quello di Rogers, nuclei realizzati da personalità così diverse come Piano stesso, Isozaki, Moneo, Kolhoff. Mentre gli ultimi due del contesto se ne fanno una malattia con esiti a mio avviso modesti, Rogers se ne infischia con una soluzione tanto originale da compromettere l’aspetto unitario dell’insieme. I progetti che si presentano in questo numero di And, e che sono tra gli ultimi realizzati, pongono sul tappeto interrogativi sulla direzione di ricerca che assumerà lo studio per il prossimo futuro al quale sta preparandosi attraverso un importante processo di una ristrutturazione interna attentamente calibrata. Lo testimonia, come il lettore più attento noterà leggendo i credit dei progetti, il cambiamento del nome che da Richard Rogers Partnership si è trasformato in Rogers Stirk Harbour + Partners. Con l’intento di dare più spazio ai partner preparando il passaggio di testimone ad una generazione più giovane. Nonostante la sua straordinaria vitalità e anche un aspetto fisico che non dimostra gli anni che ha, Rogers si avvia infatti a superare la soglia dei settantacinque, essendo nato nel 1933. Tra i progetti qui presentati, il quinto terminal ad Heathrow fa pensare ad una linea di sostanziale continuità. Lo si vede dai materiali, ferro e vetro, dalla brillante soluzione inventata per le strutture – una trave a sezione variabile portata a terra da un traliccio di tubi –, dall’attenzione con il quale il progetto è pensato a partire dalla sezione. Nonché dal disegno degli elementi dinamici, in primis le scale mobili, che conferiscono alla costruzione un vago sapore postfuturista, quello stesso che Rem Koolhaas ha teorizzato – sicuramente ispirato dall’High Tech – quando ha parlato di spazio piranesiano. Ad una linea di rottura o comunque discontinua fanno pensare, invece, il Maggie’s Centre e le abitazioni a Oxley Woods. In entrambi vi è, infatti, un uso discreto della tecnologia e il rifiuto di quegli eccessi di trasparenza che caratterizzano l’immaginario High Tech. Nel primo caso si tratta di un edificio introverso, annesso ad un ospedale, che funge da day center per i malati di tumori. Da una struttura avvolgente alla quale giunge la luce dall’alto, ricorrendo all’artificio del tetto staccato dalle pareti perimetrali e ad alcuni spazi a corte. E dei colori caldi e del legno per gli interni. Nel secondo caso sembra acquisita dallo studio la consapevolezza che la gente comune preferisca vivere in case magari un po’ kitsch piuttosto che all’interno di capsule che ricordano le carrozzerie delle automobili o degli aeroplani. Ne deriva un sistema costruttivo avanzato ma non provocatorio, e tale da generare, una volta montato, un insieme vario se non pittoresco per la molteplicità delle forme

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in queste pagine: R9 Station. Stazione 9 sulla nuova linea ‘Rossa’ della metropolitana di Kaohsiung, Taiwan, 2003-2007/in these pages: R9 Station. Station 9 on the new ‘Red’ line of Kaohsiung’s underground system (Taiwan), 2003-2007

the structures, a variable section beam brought to the ground by a lattice of pipes, and the attention with which it was designed, starting from each section. Not to mention the design of dynamic elements, the escalators first and foremost, giving the construction a vague post-futuristic feel like that theorized by Rem Koolhaas, certainly inspired by the High-Tech movement, when he talked about Piranesian space. Whereas Maggie’s Centre and the houses of Oxley Woods give an impression of line that is broken or at least discontinuous. In both cases, there is a subtle use of technology and a rejection of excesses of transparency common in High-Tech imagery. In Maggie’s Centre, we have an introverted building, annexed to a hospital, serving as a day center for cancer patients. It has an enveloping structure from which light enters above, using the device of a roof detached from the perimeter walls and some courtyard spaces. And warm colors and wood interiors. With the Oxley Woods homes, it seems that the firm has understood that regular people prefer to live in houses that might be a bit kitsch rather than in a capsule that looks like the insides of a car or airplane. The result is an advanced, but not provocative, construction system, which once assembled can form a total effect that is varied, if not

picturesque, in its multiplicity of forms and colors. The objective, however, is still technological, that of making flexible homes or ones that can be created with the addition of new square footage. The complex at One Hyde Park is in this same ‘soft’ vein. Its high rise buildings seem of a taste more Italian than British, with the outside fire escapes fit into the total design, as if to avoid a traumatic impact on the surrounding context. The Bodegas Protos in Spain is evidence that in the future, RSHP will also embrace a dominant theme of ecology and natural materials. This will happen, as it does here, by making buildings whose vertical dimension prevails over the horizontal one and that make use of wood structures. It is interesting to note how, unlike other wineries designed in recent years by eminent architects, Rogers stayed attached to structural virtuosity and the need to make large, complex spaces. Here, this means a large, indoor square reminiscent of the one designed for the Centre Pompidou’s entrance. His designs for Italy include two underground stations in Naples that use entrance cantilever roofs of spectacular virtuosity. They bring to mind the lace that is woven with great skill in the south, as well as the structural reinterpretation of gothic style in Mediterranean countries, such as Gaudì and the best of Calatrava.


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e dei colori. L’obiettivo è comunque tecnologico: realizzare abitazioni flessibili o implementabili con l’aggiunta di nuove cubature. Lungo la stessa linea soft è anche il complesso di One Hyde Park. I cui edifici a torre appaiono disegnati con un gusto più italiano che britannico e dove le scale di sicurezza esterne sono inserite all’interno del disegno complessivo, quasi ad evitare un impatto traumatico sul contesto circostante. Le Bodegas Protos in Spagna testimoniano che nel prossimo futuro anche per lo studio Rogers il tema dell’ecologia e dei materiali naturali diverrà predominante. Ciò avverrà realizzando come in questo caso edifici che alla dimensione verticale prediligono quella orizzontale e che facciano ricorso a strutture in legno. È interessante tuttavia notare come, a differenza di altre cantine vinicole realizzate in questi anni da architetti di fama, quella di Rogers non rinunci al virtuosismo strutturale e al bisogno di realizzare spazi ampi e articolati. In questo caso una grande piazza coperta che ricorda quella pensata per l’ingresso del Centro Pompidou. Tra i progetti per l’Italia sono due stazioni per la metropolitana di Napoli risolti con pensiline di ingresso di spettacolare virtuosismo. Fanno pensare ai merletti che nel meridione sono tessuti con grande abilità. Ma anche alla rilettura strutturale del gotico operata dai paesi mediterranei: penso per esempio a Gaudì o al migliore Calatrava.

entrata a lato parcheggio/park entrance a

entrata b lato città/city entrance b

entrata a lato città/city entrance a



Variazioni di scala Dal cucchiaio alla città

Paolo Di Nardo

e/and Pierpaolo Rapanà incontrano/meet Richard Rogers

Scale Variations. From the spoon to the city Paolo Di Nardo I have many questions. Let’s start from the most striking feature of your architectural work: the variety of solutions. In an historic time, in which the artistic scene is defined by wide-spread homogenization and the rise of self-referentiality, Rogers Stirk Harbour + Partners (RSHP) opens a window on project variety, an issue that leads to a larger consideration of the creative process and work organization within the practice. Richard Rogers Architecture can be both brutalizing and uplifting, As a practice, we are interested in the social environment and social inclusion as well as the built environment in which we work, so we have developed a wide vision to achieve a synthesis of different scales; interests, as they say, ‘from the spoon to the city’. Our challenge is to understand things in context and question basic ideas such as ‘what is a house’, or ‘what is a city’. The variety also comes out of a sense of responsibility that people working in the practice feel very keenly. Social responsibility is of great importance at Rogers Stirk Harbour + Partners, both in our relationships with people close to us and in our relationship to the city. It is important to understand that the quality of what we produce is connected to the practice’s internal organization. The practice was founded on an idea of social equality and dignity of work for the entire staff. For example, the directors do not have financial ownership of the studio which, instead, is entrusted to a charity. This has nothing to do with

Paolo Di Nardo Le domande sarebbero tante. Partiamo da ciò che maggiormente colpisce della vostra produzione architettonica: la varietà delle soluzioni. In un momento storico in cui il panorama artistico è caratterizzato da una diffusa omologazione e dal dilagante autoreferenzialismo, Rogers Stirk Harbour + Partners (RSHP) apre una finestra sulla varietà del progetto, tematica che comporta una riflessione più ampia sul processo creativo e sull’organizzazione del lavoro all’interno dello studio. Richard Rogers L’architettura può essere sia brutalizzante che incoraggiante. I nostri studi focalizzano tanto sull’ambiente costruito quanto sull’ambiente sociale, sull’inclusione sociale, così siamo riusciti a sviluppare una visione ampia come sintesi d’interessi diversi e di differenti scale, come si dice, ‘dal cucchiaio alla città’. La nostra sfida consiste nel comprendere le relazioni con il contesto, e nell’indagare alcune questioni basilari del tipo ‘cos’è una casa’, ‘cos’è una città’. La varietà scaturisce anche da un senso di responsabilità, molto sentito dalla nostra equipe, dallo studio. Una responsabilità sociale molto importante sia nei confronti delle persone vicino a noi che verso la città. È importante capire che la qualità di ciò che produciamo è legata all’organizzazione interna dello studio. Lo studio fu fondato su un’idea di equità sociale e di dignità del lavoro di tutto il personale. I direttori non hanno la ownership, la proprietà, dello studio. Esso è affidato ad una charity [fondazione]. Non ha nulla a che fare con le tasse ma con l’organizzazione del lavoro. Il compenso di un direttore non può superare sei volte quello di un architetto dello studio. C’è una quota dei profitti che viene devoluta in beneficenza ed ogni sei mesi c’è la divisione degli utili. La costituzione interna è una garanzia sulla nostra attività. Non ci possiamo occupare di attività antisociali, ad esempio, o per clienti che svolgono attività legate alla guerra. Tutto ciò serve ad infondere un senso di comunità. Uno spirito sociale, parte della persona e della città, è alla base di questa piccola città-stato. Abbiamo una casa per le vacanze a disposizione del personale e dei familiari, e facciamo molto altro insieme, si lavora bene e si gioca bene. Insieme. Il lunedì mattina c’è la revisione di tutti progetti. Apriamo le pareti che dividono le due sale riunioni e chiunque voglia partecipare può dire la sua e dare un contributo a tutti i progetti. Così ogni progetto può avvantaggiarsi delle abilità dell’intero studio. PDN Dalle sue prime parole sembra che la ricerca di un linguaggio non sia tra le priorità. RR Al contrario, il linguaggio è molto importante per noi ma è difficile parlare di linguaggio dell’architettura senza parlare di linguaggio della scienza. L’architettura non è arte pura; è arte e scienza insieme. Queste due cose vengono insieme anche nella ricerca del linguaggio come stiamo facendo adesso a Scandicci, alle porte di Firenze. È la stessa ricerca linguistica espressa nell’aeroporto di Madrid. Il nostro linguaggio è un linguaggio di spazio pubblico, ma anche di struttura e di processi costruttivi.

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10 minuti con un socio di RSHP... 10 minutes with a partner of RHSP… Ivan Harbour, partner di RSHP. Sul processo creativo L’architettura ha una doppia anima, un lato artistico ed uno più scientifico. Tutte le decisioni che riguardano un progetto sono prese nell’equilibrio tra chiare considerazioni di carattere tecnico-scientifico e qualità creative, meno definibili ma altrettanto importanti. Un equilibrio misurato in questi termini aiuta ad infondere a ciascun progetto identità e unicità. Il design di un nuovo edificio non può nascere dal nulla. Nella nostra esperienza di architetti ci sono una serie di temi ricorrenti che incidono sul design di ciascun edificio in modo differente. I nostri temi più ricorrenti variano dalla sostenibilità alla flessibilità, da una chiara ‘leggibilità’ dell’edificio, alla creazione di un dominio pubblico e di un ambiente sociale in cui le persone possano interagire con l’ambiente costruito. Alla base del nostro metodo è la stretta relazione con le specificità del sito e del contesto, e con l’ambiente antropico. Per farla breve, l’architettura tutta riguarda l’interazione tra persone nello spazio. Il sito in sé e il contesto allargato sono il punto di partenza di ciascun progetto. Non guardiamo mai al sito isolato, naturalmente ci interessano le potenzialità e le richieste del sito, ma optiamo per una strategia più ampia che metta in luce le relazioni con il quartiere intero e con le aree limitrofe. Questo ci aiuta a dare forma alla nostra idea di spazio pubblico, e conseguentemente, a disegnare gli spazi di relazione tra gli edifici. Il design degli edifici è improntato ad una chiara e leggibile organizzazione della costruzione. È un atteggiamento molto tradizionale, riscontrabile tanto negli anfiteatri romani quanto nel nostro progetto per i Lloyd’s di Londra. Gli edifici dovrebbero esprimere visivamente tanto il come sono costruiti quanto – non meno importante – il perché. A questo punto prendiamo i nostri temi e i nostri concept – la nostra design philosophy se vogliamo – e buttiamo tutto nel miscuglio; la parte creativa del processo viene di conseguenza. Non so spiegare fino in fondo come questo processo creativo ci porta dalle idee al progetto, e in un certo senso sono contento di non poterlo spiegare. Se fossi in grado di spiegarlo probabilmente farei fare il lavoro ad un computer; ma è un processo che nessun computer può fare, un compito che richiede il processo unico, talvolta irrazionale, della mente umana. In realtà, sul proverbiale foglio bianco c’è sempre qualche traccia prima ancora di arrivare sulla scrivania dell’architetto. Da RSHP i progetti si sviluppano a partire dagli scambi e dalle discussioni tra direttori e associati. Non abbiamo tutte le risposte dal principio ma avviamo un dibattito in cui tutti possono inserirsi con idee e contributi. Anche il committente ha un ruolo attivo in questo processo. Gran parte dei nostri architetti è approdata da RSHP direttamente dal college. Non andiamo in cerca del ‘tipo’ di architetto che rispecchia il nostro metodo di lavoro; per noi l‘inserimento sotto il profilo sociale è importante quanto integrarsi sul piano professionale, e suppongo che essere un pò matti aiuti sempre!

Ivan Harbour, senior director, RSHP. Discussing the design process There are two sides to architecture: an ‘artistic’ side and a ‘scientific’ side. All decisions on any project are based on balancing clear scientific considerations with less easily definable – but equally important – creative qualities. It is this balance which helps to give a project its unique identity. No design for a new building comes simply out of thin air. In our experience as architects, a number of unifying themes recur in our work which help to inform the designs of all our buildings to a greater or lesser extent. These themes range from sustainability, flexibility and legibility, to the creation of a public realm and a social environment for people using and interacting with our buildings. Fundamentally, our approach to any new building is always related to the specific site and context it occupies and to the people it impacts upon. In a nutshell, all architecture is about the interaction of people and spaces. The site itself and the wider context the building occupies must be the starting point for any design. We never look at any site in isolation and while we are obviously interested in the demands on that site, we always adopt a broad approach to try and understand how it relates to its neighbourhood. This, in turn, helps to shape our concepts of public space, and ideas relating to how the spaces between buildings should be designed. When it comes to the buildings themselves, we adopt a clear and legible approach to construction. This approach is very traditional and you can see it in buildings ranging from Roman amphitheatres to our own Lloyd’s of London, for example. Buildings should visually express how they are made and – importantly – what they are for. We then take our themes and concepts – our ‘design philosophy’ if you like – and throw them into the mix; the creative part of the process follows. I can’t really explain how this creative process transforms a whole series of ideas into a tangible design for a building – and, in a sense, I’m glad I’m not able to. If I could, I’d probably get a computer to do the job instead; however, it is a task which no computer can perform, a task which requires the unique – if often irrational – thought processes of the human mind and not the cold logic of a machine. In reality, the proverbial blank sheet of paper always has something written or drawn on it before an architect embarks upon the design process. At RSHP, designs evolve from interaction and discussion between directors and associates. We are unlikely to have all the answers at the beginning, but an informed discussion provides a forum for everyone who wants to jump in with their ideas and contributions. Clients, too, are always very involved in this process out of which initial designs evolve and are refined. Most architects come to RSHP here right from college. We never look for a particular ‘type’ of person to match our working style; it’s just as important to fit in socially as it is professionally, although I suppose that being a little bit mad always helps!


alcune immagini della sede di RSHP a Thames Wharf, Londra/some images of RSHP’s headquarters at Thames Wharf, London

taxes; it is to do with the way our practice is organized. Also, the take-home salary of the highest-paid director is no more than six times the salary of the lowest-paid architect. A percentage of our profits is given to charity and every six months there is a profit share. The internal structure helps to ensure the quality and consistency of our approach, and we avoid working on anti-social projects or for clients whose activities promote war. A social spirit starts from the individual and, in the context of a city, helps to create a sense of community. We have a holiday house for staff and their families to stay in and we do a lot together as a studio. We work hard and play hard. Together. On Monday mornings, we review all key projects together. We open the divider walls that separate the two meeting rooms on the ground floor and anyone in the practice who wants to participate in the debate on designs can contribute. This means that every project benefits from the collective abilities of the practice. PDN From the things you said at the outset, it seems like finding a ‘language’ is not one of your priorities. RR No, on the contrary; the language of architecture and its effect on design is very important for us. However, it is difficult to talk about the language of architecture without talking about the language

Per comunicare la strutturalità usiamo anche il colore. Il colore è un po’ come la musica; lo usiamo per comunicare una sensazione. PDN Il concetto di bellezza ha superato l’appartenenza ad una categoria estetica per diventare sinonimo di benessere… I Greci usavano prestare giuramento al momento di entrare ad Atene: «Lascerò questa città più bella di come l’ho ricevuta al mio arrivo». Una parola che a me piace molto e che deriva dal termine ‘città’ è la parola ‘cittadino’. Creare e conservare un ambiente bello è una responsabilità dei cittadini, una responsabilità civica. Così la bellezza per me è molto importante. Non tanto la bellezza estetica in sé, quanto la ‘bellezza sociale’ – è questo il tipo di bellezza che m’interessa maggiormente. PDN Ci lasci una riflessione sul rapporto fra tradizione e modernità. RR Tutte le cose sono state moderne un tempo, anche la caverna.

of science. Architecture is not pure art; it is art and science together. These two things come together in the pursuit of the language, such as what we are doing now in Scandicci, near Florence. And we were involved in a similar pursuit in the design of Terminal 4 Barajas Airport, Madrid. Our design language is a language of public space, as well as of structure and building processes. We also use color to communicate structure. And color is a little like music; we use it to communicate feelings. PDN The concept of beauty has gone beyond belonging to an aesthetic category and has come to mean wellbeing…

RR The Greeks used to make an oath when they entered Athens: «I will leave this city more beautiful than I found it». A word that I like a lot and that is derived from the word ‘city’ is the word ‘citizen’. Creating and maintaining a beautiful environment to live and work in is a responsibility of all citizens, a civic responsibility. So, beauty is very important to me. Not aesthetic beauty, as such, but social beauty – that is the sort of beauty that interests me most. PDN Will you leave us with a thought about the relationship between tradition and modernity. RR Everything was modern once, even caves.

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Una passeggiata nello studio

Paolo Di Nardo

e/and Pierpaolo Rapanà incontrano/meet Paul Stelmaszczyk

capo della comunicazione, RSHP/head of communications, RSHP A walk through the office Pierpaolo Rapanà Wow, a brise-soleil made of models, smart! Paul Stelmaszczyk (Stel) We have our own model shop, so most of our models you can see in our reception area – from working sketch models to detailed presentation or exhibition models – are made in-house as the presentation model of one of the biggest buildings in London we are working on at the moment. It is an office building – the Leadenhall Building – which is over 220 metres tall, with seven storeys of public space at the bottom, very unusual for an office development in the City of London. It happens to be directly opposite Lloyd’s of London, designed by the practice over 20 years’ ago. We try to negotiate – wherever possible – some kind of public component to all our buildings – this is one of the key characteristics of our approach to design. PR We’d like to know more about the office and the people who work there… PS Sure, let’s take a walk around the building. This area immediately outside our reception was originally very rundown, when Richard and his partners acquired the Thames Wharf complex in 1984. It was an industrial storage area used mainly as an oil depot. It was turned into an office complex together with the River Café occupying part immagine della reception con, a destra, il brise-soleil di plastici/image of the reception with, on the right, a brise-soleil made of models

Pierpaolo Rapanà Wow, un brise-soleil fatto di plastici, che bello! Paul Stelmaszczyk (Stel) Abbiamo un laboratorio per i plastici, quindi la maggior parte dei modelli che si possono vedere nell’area della reception – da quelli di studio a quelli più dettagliati per le presentazioni o le mostre, sono fatti in casa, compreso quello di un edificio per uffici – il Leadenhall – alto più di 200 metri, con 7 piani di spazio pubblico in basso, qualcosa di non molto usuale per una struttura di questo tipo a Londra. PR Ci piacerebbe sapere qualcosa di più sullo studio e sulle persone che lavorano qui... PS Certo, facciamo una passeggiata nello studio. Quest’area, appena fuori dalla nostra reception, era decisamente in rovina all’inizio degli anni ‘80, quando Richard ed i suoi soci acquistarono il complesso di Thams Wharf nel 1984. Era un’area industriale di deposito utilizzata principalmente come magazzino per l’olio. è stata trasformata in un complesso per uffici insieme al River Café che occupa un parte dell’edificio confinante con gli uffici di RSHP. Il River Café è gestito dalla moglie di Rogers, Ruthie, e dalla sua socia Rose Gray. Il ristorante ha iniziato su una scala più piccola di quella attuale – in origine serviva la mensa dello studio – ma presto si è fatto un’ottima reputazione. Secondo me è uno dei migliori ristoranti di Londra – del Regno Unito, direi – e, naturalmente, fa cucina italiana! Il complesso Thames Wharf si è ulteriormente evoluto con il passare del tempo, Richard ed i suoi soci hanno creato un piccolo spazio pubblico intorno allo studio che in passato non c’era, e le persone possono passeggiare e godersi – soprattutto in estate – il giardino e le sponde del fiume. è ottimo per far giocare i bambini e per coloro che amano sedersi e godersi il lungofiume. Avere un buon ristorante così vicino, fornisce anche un luogo ideale in cui le persone in visita al nostro ufficio possono sedersi e parlare dei nostri progetti e del lavoro che facciamo. Gli architetti – come chiunqe altro – si possono annoiare da un momento all’altro e voler cambiare il tipo di area in cui lavorano. Per noi, come studio, una cosa molto importante è che i nostri architetti abbiano la possibilità di poter lavorare su diversi tipi di progetti e che siano in grado di farlo. Tentiamo di evitare di rimanere imprigionati facendo lo stesso tipo di lavoro in maniera ripetitiva e le lezioni che impariamo da un determinato tipo di progetto, si rivelano assai importanti quando affrontiamo una tipologia diversa di edificio. Quindi un architetto da RSHP può passare, diciamo, anche 4 anni a lavorare su un edificio per uffici e poi cambiare per qualcosa di completamente differente come un aeroporto o un edificio residenziale. PR Qual’è il rapporto tra i capiprogetto e Richard Rogers e come controllate lo sviluppo del progetto per assicurare un controllo uniforme? PS Nel nostro caso, in maniera molto diretta. Generalmente Richard e la maggior parte dei nostri

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alcune immagini della sede di RSHP a Thames Wharf, Londra/some images of RSHP’s headquarters at Thames Wharf, London

of the building next to RSHP’s offices. The River Café is run by Richard’s wife Ruthie, together with her partner, Rose Gray. The restaurant started on a smaller scale – originally serving as the practice’s canteen – and soon developed an extremely good reputation. In my view, it is one of the best restaurants in London – even in the UK – and, of course, serves Italian cuisine! The Thames Wharf complex evolved further over the years. Richard and his partners have effectively created a mini public realm around the office which was not there previously, and members of the public can walk through this space and enjoy – particularly in the summer – the garden and the riverside. It is great for children to play or for people to just to sit close to the waterfront. Having a good restaurant next door also provides an attractive setting where visitors to our office can talk about our projects and the work we do. Architects – just like anyone else – can get bored over time and every now and then want to change the kind of areas in which they work. The opportunity for our architects to be able to work on different types of schemes over time is an important idea to us as a practice. We try to avoid being pigeonholed for repeatedly doing the same type of work and the lessons we learn from one type of project are often very relevant when working on a completely different type of building. Therefore, an architect at RSHP may spend, say, 4 years working on an office building and then change to something totally different like an airport or a residential project.

PR What is the relationship between the project architect and Richard Rogers, and how do you control the project development, the design process to ensure a uniform control? PS Well in our case, in a very direct way. Usually Richard and most – if not all the RSHP directors – attend design meetings every Monday morning with anyone else from the office who wants to take part. That is one of the most important ways of ensuring that all directors and other members of the practice who are not involved in a particular project can give some input into its design. Every current project is discussed on a regular basis at these meetings. Richard and the other directors will normally get closely involved in the debate around a particular scheme in the open forums, sometimes spending several hours looking at the detail of one design and suggesting ways in which it can be amended. Even though each project is different, this approach ensures that the vision of the practice is consistent across all projects. The practice has always tried to keep itself small to allow this degree of quality control across all the key people in the office. Another key concept of the practice is ‘flexibility’. For each new project, a team is put together with the most appropriate expertise to meet the requirements of that project. For example, until recently, the practice had undertaken virtually no residential work for almost a decade, yet is now working on three or four very large residential schemes a good example of how the office can adapt to changing demands.


As a result, we are now on site with what will be the most expensive residential development in the UK One Hyde Park, Knightsbridge, and we have also designed a pre-fabricated housing development with social as well as market housing on a site in Milton Keynes, 30 minutes north of London. The two schemes demonstrate the huge differences in scale at which we are able to produce and deliver designs. The practice’s work is regularly featured in the media and Richard’s own high public profile means that journalists often contact us for his views on particular issues relating to architecture, design, urban development and the wider political setting in which he operates. Richard is very well known in the UK as well as internationally, particularly in Italy (where he was born), Spain, France, the Far East and the USA. PR Sounds like you also have a good time over here! By the way, what are the opening hours of this office? PS Officially 9.30 am until 6.30 pm in the evening, with an hour for lunch. However, reception is open 24 hours throughout the year as some architects may need to work late into the night or at weekends to meet deadlines, especially where time differences are involved. At the same time, the office forms a community and there are always plenty of social events going on from organised visits to projects that are on site or recently completed, to quiz nights, cycle rides and runs for charity and parties at various times during the year which often involve the partners and families of staff.

direttori – se non tutti – fanno delle riunioni ogni lunedì mattina con chiunque dello studio voglia prenderne parte. Questo è uno dei modi più importanti per assicurare che tutti i direttori e gli altri membri dello studio, anche se non coinvolti direttamente in un particolare progetto, possano comunque fornire degli spunti. Ciascuno dei porgetti che attualmente seguiamo, viene regolarmente discusso in queste riunioni. Richard e gli altri direttori sono generalmente coinvolti da vicino nella discussione ‘pubblica’ riguardo ad una soluzione particolare; talvolta dedicano svariate ore a studiare il dettaglio di un progetto suggerendo poi alcuni modi per modificarlo. Anche se ogni progetto è diverso dall’altro, questo tipo di approccio assicura che la visione dello studio sia coerente su tutti i lavori. Lo studio ha sempre cercato di mantenersi di piccole dimensioni per potersi permettere questo livello di controllo della qualità attraverso le persone chiave dell’ufficio. Un altro concetto chiave dello studio è la ‘flessibilità’. Per ogni nuovo progetto, viene formata una squadra con le professionalità più appropriate per quel tipo di progetto. Per esempio, fino a poco tempo fa, lo studio si era virtualmente impegnato a non realizzare lavori di tipo residenziale per circa un decennio, adesso sta invece lavorando su 3 o 4 grandi interventi residenziali e questo è un esempio di come lo studio si adatti ai cambiamenti di domanda. Come risultato, stiamo lavorando a quello che sarà il più costoso intervento residenziale nel Regno Unito, One Hyde Park, Knightsbridge, ed abbiamo anche progettato delle abitaioni prefabbricate con destinazione sociale e di mercato adesso in cantiere a Milton Keynes, a 30 minuti a nord di Londra. I due progetti dimostrano le enormi differenze di scala a cui possiamo produrre e consegnare progetti. Il lavoro dello studio è regolarmente pubblicato dai media e l’alto profilo pubblico di Richard implica che spesso i giornalisti ci contattino per conoscere le sue posizioni su questioni particolari legate all’architettura, al design, allo sviluppo urbano ed in generale alla situazione politica in cui opera. Richard è molto conosciuto nel Regno Unito, così come a livello internazionale, in particolare in Italia (dove è nato), Spagna, Francia, il lontano Oriente e gli Stati Uniti. PR Sembra che vi divertiate qui! In ogni caso, quali sono gli orari dello studio? PS Ufficialmente dalle 9.30 alle 18.30 con un’ora di intervallo per il pranzo. In ogni caso la reception è aperta 24 ore visto che nell’arco dell’anno è possibile che alcuni architetti debbano lavorare fino a tardi o i fine settimana a causa delle consegne. Ci sono sempre molti eventi di tipo sociale, dalle visite ai progetti in cantiere o recentemente terminati, ai quiz notturni, alle corse in bicicletta per beneficienza fino alle feste organizzate diverse volte durante l’anno che coinvolgono i soci e le famiglie dello staff.

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prospetto sud est/south-east elevation

prospetto nord ovest/north-west elevation

prospetto sud ovest/south-west elevation

mento via Reggi

Lupi di To

scana

centro culturale cultural centre

via Pantin

piazza pubblica/public piazza

linea tramvia/tram line

stazione tramvia/tram station

edificio residenziale residential building

edificio uffici office building

planimetria livello 0,00/site plan level 0.00

via Francoforte sull’Ode

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Opere Nuovo Centro Civico e Stazione Tramvia Veloce a Scandicci

di/by

Vincenzo Di Nardo

presidente Scandicci Centro Srl/CEO of Scandicci Centro Srl Project Financing is today’s effective tool for implementing strategies that involve the metropolitan areas, to which cities like Florence and Scandicci belong, in an integrated system of local land planning, services and functions. The Project Financing mechanism creates synergy between private investors and public administrations, who share the goal of creating a project that is to the advantage of the community at large. By the private investment, the involved public administrations are able to accomplish their own city planning scheme. Private capital and the financial market take responsibility for completing projects and the economic commitments that they require. They are involved through the concession by the public administration to a private party to manage the built structure and the profits that come from it for a specific number of years. The building of the New Civic Center in Scandicci, designed by architect Richard Rogers, was an important opportunity for a group of private business people, who came together in Scandicci Centro Company, to contribute to the creation of the city’s new hub. This center is to become the city’s key urban complex and a driver for further development. It is a model for a metropolitan area that has found its strength and raison d’être in the coordination and integration of urban, social and economic development. The long trajectory started in 2003 with the master plan, and today a dream is being made into reality. The time that has gone by has made contributions in terms of new avail-

Il Project Financing rappresenta attualmente uno strumento importante in grado di concretizzare stra tegie capaci di coinvolgere l’Area Metropolitana, di cui città come Firenze e Scandicci fanno parte, in un’ottica di sistema integrato di organizzazione del territorio, dei servizi e delle funzioni. Con il meccanismo del Project Financing si crea una sinergia fra l’investitore privato e l’Amministrazione pubblica il cui obiettivo comune è quello di dare vita ad un intervento che rappresenti un vantaggio per l’intera comunità. L’investimento privato dà con il proprio intervento attuazione alla programmazione urbanistica voluta dagli Enti pubblici interessati. Il coinvolgimento del capitale privato e del mercato finanziario, in grado di farsi carico della realizzazione delle opere e degli impegni economici che ne derivano, avviene attraverso la concessione al privato, da parte dell’Amministrazione pubblica, della gestione della struttura realizzata e dei proventi che ne derivano, per un determinato numero di anni. La realizzazione del Nuovo Centro Civico di Scandicci, firmato da Richard Rogers, rappresenta un’occasione importante per un gruppo di imprenditori privati come quelli riuniti in Scandicci Centro Srl, di contribuire alla nascita del nuovo cuore della città che diviene complesso urbano di riferimento della città esistente e volano del suo ulteriore sviluppo e punto di riferimento di un’Area Metropolitana che sempre più deve trovare nella coordinazione ed integrazione dello sviluppo urbanistico, economico e sociale la propria forza e ragion d’essere. Il lungo cammino iniziato nel 2003 con il Programma Direttore arriva, oggi, alla concretizzazione di un sogno, dove anche il tempo passato ha costituito un valore aggiunto in termini, ad esempio, di nuove soluzioni tecnologiche disponibili, ecocompatibili, in grado di offrire quella qualità ambientale che sempre più diviene valore fondamentale del costruire. Il masterplan ha puntato su pochi ma innovativi elementi, il primo dei quali è il mix funzionale fra cultura, commercio, attrezzature collettive, residenze e direzionale. A Scandicci si realizza quello che le maggiori città europee, nella loro contemporaneità, hanno già perseguito da tempo ma che in Italia rappresenta ancora, purtroppo, una ‘novità’: non più parti di città monofunzionali dove la vita cittadina viene frazionata per tempi e luoghi diversi. La città deve essere viva, sempre! Questa specie di ‘rivoluzione culturale’ a Scandicci realizza un nuovo cuore dell’Area Metropolitana, il nuovo cuore della città, e avrà al suo centro gli spazi per la cultura ed il tempo libero (l’auditorium polivalente e la piazza pedonale), spazi commerciali lungo gli assi principali e, ai piani superiori, la residenza e gli uffici. La grande piazza pedonale, in cui si trova anche la fermata della tramvia che collega rapidamente il nuovo centro di Scandicci con il centro di Firenze, diviene uno spazio pubblico di alta qualità. L’edificio culturale si contraddistingue per la forte riconoscibilità architettonica, per la flessibilità dei suoi spazi, connessi quasi senza soluzione di continuità con la piazza, per le soluzioni ecosostenibili, quali i sistemi termici e fotovoltaici per la produzione di calore ed elettricità posti sulla copertura, sulla quale

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able technologies, more respectful of the environment, ensuring the environmental quality that is an increasingly essential value of construction. The master plan focused on a few, innovative elements, prime among which was the functional mix of arts, commerce, community facilities, residences and administration. Scandicci is doing what major, contemporary European cities have long been doing, which is unfortunately still something new in Italy. They no longer start from the mono-functional city where urban life is broken up into different places and timeframes. Cities should be alive all the time! This kind of revolution is happening in Scandicci. The new city hub, the new focus of the metropolitan area, will have spaces for the arts and recreation at its center (a multi-purpose auditorium and pedestrian square), retail spaces along its main

thoroughfares, and residences and offices on the upper floor. The large pedestrian square, where the tram stop is located connecting Scandicci’s center quickly to Florence’s, offers a high quality public space. The arts building is distinguished for its high degree of architectural recognizability, the flexibility of its spaces, connected to the square almost without break, and its eco-sustainable solutions, such as thermal and photovoltaic systems for producing heat and electricity, placed on the roof where a roof lawn is also planted. One of the New Center’s great strength is its landscaping. A green system was designed that integrates the parking lot elements with the new arts building and square. To the southwest, past the tram line, the apartment building and office high rise form an urban backdrop to the public system. The new buildings

are in tune with contemporary approaches and the new way of thinking about architecture and urban planning as social and environmental materials in themselves and ones that are eco-sustainable. The apartment building, which includes 88 apartments of different sizes, follows this ethos through special attention to compositional and formal aspects. On the ground floor of this building, as well as in the administrative and arts buildings, there are retail units with small areas (to a maximum of 250 sqm), forming a unified system of retail services, like a natural shopping center that can offer a wide range of goods, while maintaining the spirit and quality of neighborhood shops. The office high rise covers six floors. Its spaces are designed for optimal floor plan and system flexibility. The standard floor can be divided into up to six independent units.


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prospetto nord ovest/north-west elevation

Systems to save and actively produce energy, technological solutions (such as ventilated facades and large overhangs that protect from sunrays), and the choice of high performing, visually attractive materials are part of the New Civic Center project. Rather than exceptional experiments, they are intended as a legacy for designing architecture.

sopra: vista generale della piazza con il centro culturale, gli edifici residenziali e la linea del tram/above: general view of the ‘piazza’ with the cultural centre, the residential building and the tram line pagina precedente: schizzo di studio e rendering della pensilina con la fermata del tram/previous page: preliminary sketch and rendering of the tram shelter

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è realizzato un prato pensile. La sistemazione ambientale è uno dei punti di forza per il Nuovo Centro: è stato creato un sistema del verde in grado di integrare gli elementi del parcheggio con il nuovo edificio culturale e la piazza. A sud est, oltre la linea tramviaria, il palazzo residenziale e la torre di uffici offrono la quinta urbana al sistema pubblico. I nuovi edifici recepiscono la contemporaneità, il nuovo modo di intendere l’architettura e l’urbanistica come, esse stesse, materie sociali ed ambientali e, di fatto, ecosostenibili. L’edificio per le residenze, 88 alloggi di diverso taglio, segue questo orientamento attraverso una particolare attenzione agli aspetti compositivi e formali. Al piano terra, qui, come nell’edificio direzionale e quello culturale, si distribuiscono le unità commerciali, di piccola superficie (al massimo possono raggiungere i 250 mq), che creano un sistema unitario di servizi commerciali, una sorta di centro commerciale naturale, in grado di coprire una ampia richiesta merceologica mantenendo lo spirito e la qualità di vita dei servizi commerciali di vicinato. La torre per uffici si innalza per sette piani. Gli spazi sono pensati per offrire la massima flessibilità planimetrica ed impiantistica, il piano tipo è suddivisibile fino a 6 unità indipendenti. Gli accorgimenti per il risparmio energetico e per la produzione attiva di energia, le soluzioni tecnologiche (come le facciate ventilate o le ampie tettoie che proteggono dall’irraggiamento solare), la scelta di materiali altamente performanti e esteticamente gradevoli, fanno parte del progetto del Nuovo Centro Civico non tanto come esercizio sperimentale d’eccezione ma piuttosto come patrimonio genetico dello stesso progettare l’architettura.



Intervista al capo progetto di Scandicci

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Giulia Pellegrini incontra/meets Torsten Burkhardt associato, RSHP/associate, RSHP Interview with the project-manager of Scandicci Torsten Burkhardt We were asked by the Mayor of Scandicci to establish a masterplan for the future development of the town in 2003, which we completed in 2005. The Council then decided to go ahead with realising the centrepiece of that masterplan with the support of private investors under a project financing system managed by Scandicci Centro Srl. The masterplan not only accommodates the new tram link between Scandicci and Florence but also aims to build on the opportunities that come with this new line. The Mayor asked us to find a way to turn Scandicci into what he called a ‘real city’. Currently it suffers the fate of other ‘dormitory’ towns built in the 1970s, lacking an identifiable character or a properly defined city centre. In short, it gives the impression of being an incomplete city. Our response was to create an ensemble of buildings – including civic buildings – arranged around a piazza. It will become the ‘heart’ of the new Scandicci and is hoped to serve as a catalyst for future developments. Giulia Pellegrini The project seems clearly to focus around the creation of public space. TB Yes, the piazza is the galvanising element for

in alto, a destra/above, on the right 1 fermata del tram come parte della strategia del paesaggio/tram stop as part of the landscape strategy 2 edificio culturale come fulcro di nuove attività/cultural building as a focus for new activities

Torsten Burkhardt Nel 2003 il sindaco di Scandicci ci ha chiesto di elaborare un piano generale per il futuro sviluppo della città, completato poi nel 2005. Il Comune ha in seguito deciso di procedere alla realizzazione della parte centrale di quel piano generale, con il supporto di investitori privati nel quadro di un sistema di finanziamento dei progetti, gestito da Scandicci Centro Srl. Il piano generale non solo prevede un nuovo collegamento tramviario tra Scandicci e Firenze, ma punta anche sulle opportunità che questa nuova linea aprirà. Il Sindaco ci ha chiesto di trovare un modo per far diventare Scandicci quello che lui chiama una ‘città vera’. Attualmente questa condivide la sorte di altre città ‘dormitorio’, che sono state costruite negli anni ‘70 e che mancano di un carattere identificabile o di un vero e proprio centro cittadino. In altre parole, dà l’impressione di essere una città incompleta. La nostra risposta è stata quella di creare un complesso di edifici – includendo edifici civili – disposti intorno ad una piazza, che diventerà il ‘cuore’ della nuova Scandicci, nella speranza che possa servire da catalizzatore per futuri sviluppi. Giulia Pellegrini Il progetto sembra chiaramente concentrarsi sulla creazione di uno spazio pubblico. TB Sì, la piazza è l’elemento galvanizzante per tutto il complesso. Crea un legame fra tutte le parti, il municipio esistente, gli edifici previsti per uso ufficio, uso culturale e residenziale, la stazione tramviaria e anche, potenzialmente, un futuro albergo. è molto importante per il sindaco poter sottolineare che Scandicci è oggetto di un cambiamento e che questa proposta è l’elemento chiave di tale processo. Venendo da Firenze sul nuovo tram, i visitatori non saranno più accolti solo da edifici residenziali, ma da un corridoio di uffici ed edifici destinati ad uso culturale. L’intenzione del progetto è di cambiare la percezione della città ed iniettare nuova vitalità e vita. Nel futuro, la città non sarà semplicemente un luogo in cui la gente torna per dormire, ma sarà trasformata in una destinazione piuttosto che essere un mero punto di partenza. La stazione sarà più che una semplice fermata del tram. Con le sue entrate che si estendono da un capo all’altro della linea del tram, con delle ampie zone ombreggiate e attrezzate con posti a sedere per passeggeri e passanti, sarà uno spazio di transizione che connette la piazza alle zone commerciali. Non è soltanto un luogo dove aspetti il tuo tram, ma ti invita a camminare verso i negozi o lungo la piazza; un luogo per l’interazione sociale, una pergola pubblica. GP All’avvio del progetto, la posizione della stazione del tram era il primo elemento fisso. Gli altri elementi si sono sviluppati intorno alla stazione? TB La posizione della stazione tramviaria era stata fissata sin da subito. Credo che gli altri elementi del progetto, inclusa l’attuale stazione tramviaria, si siano poi naturalmente sviluppati l’uno in relazione all’altro. In fase di sviluppo, tutte le attività hanno avuto un rapporto diretto con la stazione tramviaria. Il collegamento del tram è come se fosse l’arteria principale del complesso. La linea del tram di Scan-

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nome progetto/project name Nuovo Centro Civico e Stazione Tramvia Veloce (Firenze S.M.N. – Scandicci)/ New Civic Centre and Station for Fast Tram (Florence Santa Maria Novella – Scandicci) progetto/project design Rogers Stirk Harbour + Partners strutture e servizi/structures and services Politecnica architetto locale/local architetct DA.studio architetto paesaggista/landscape architect Erika Skabar RUP/municipal coordinator Andrea Martellacci computo metrico/quantity surveyor Studio Associato Zingoni committente/client Scandicci Centro Srl (Baldassini Tognozzi Pontello Costruzioni Generali Spa, Icet Industrie Spa, CMSA Società Cooperativa, Consorzio Etruria Società Cooperativa, Mazzanti Spa, Unica Società Cooperativa di Abitazine, Global Service Toscana, Consorzio Toscano Costruzioni Società Cooperativa, Servizi & Promozioni Srl) luogo/place Scandicci (FI) data/date 2008 superficie sito/site area 26.000 mq/sqm (superficie di sviluppo/development area 15.500 mq/sqm; centro culturale/cultural centre 1.900 mq/sqm; uffici/ offices 4.000 mq/sqm; residenziale/residential 7.250 mq/ sqm; commerciale/commercial 2.350 mq/sqm) costo/cost euro 33.8 milioni

the whole ensemble. It ties everything together – the existing town hall, the proposed cultural, residential and office buildings, the tram station and even, potentially, a hotel in the future. It is very important for the Mayor to be able to emphasise that Scandicci is undergoing a change and that this proposal is the key element in that process. When approaching from Florence on the new tram, visitors will no longer be greeted by residential buildings alone but by a ‘gateway’ of office and cultural buildings. The project’s intention is to change the perception of the city and inject new vitality and life. In the future, the town will not simply be a place for people to come home to sleep; it will be transformed into a destination rather than being only a departure point. The station will be more than just a tram stop. With its portals extending across both sides of the tram line and with generous shading and seating areas for passengers and passers-by, it will be a transition space which connects the piazza and retail areas. It is not just a place where you wait for your tram, but invites you to walk to the retail or along the piazza; a place for social interaction, a public pergola. GP At the beginning, when you started the project, the position of the tram station was the first fixed element. Did the other parts of the project develop around the station? TB The position of the tram station had been fixed very early on. I guess that the other elements of the

scheme including the actual tram station design have then naturally developed in relation to each other. All activities in the development have a direct relationship to the tram station. The tram link is like the main artery for the ensemble. The tram line also offers people in Scandicci an alternative to using a car, motorcycle or moped and encourages people to use public transport. With regard to the different buildings, appropriate scale and mix of use has been at the top of our list of considerations as well as flexibility and a clear articulation of the various buildings and building elements. The cultural centre had to be muti-flexible in its nature since it has to adapt over time to whatever new uses are required. In simple terms, it can be described as a ‘floating box’ offering a huge panoramic window looking towards the Tuscan hills. The ‘box’ has been elevated to leave space for a transparent, fully-glazed ground floor, in order to retain the visual connection between the east and west sides of the ensemble. The idea is to have restaurants and retail areas in the ground floor that will be able to expand their seating out into the foyer and on to the terraces of the piazza. The ‘box’ is a column-free space with no fixed walls. It can be subdivided with flexible partitions creating different room configurations. It allows the council to use the building for a variety of activities – from concerts and theatre to exhibition and seminars.


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Again it is about scale. In a bigger town, we probably would have designed a building for a single, dedicated use. But in a town on the scale of Scandicci, a building that can adapt to many different uses is not only more useful but might be more sucessful as being a catalyst for public activities. Flexibility also characterizes the design of the office building. This seven-storey building will act as a ‘marker’. In plan form, it is a clean open-plan floorplate. The circulation – lifts and stairs – are moved outside and become sculptural elements in their own right. In response to a changing user market, each floorplate can be subdivided in up to six smaller units. The residential building runs parallel to the tram station like a series of city villas. We tried to break down the mass of the building by clearly expressing the core zones. The lifts and stairs are transparent, animating the façade and allowing views in as well as out. Sustainibility has been another consideration in the design of this scheme. We envisage the installation of solar and photo-voltaic elements on top of the buildings. The cultural building is covered by a green roof. It will be interesting to see how people respond to the new ensemble once it is delivered. We look forward to seeing how it might change the existing dynamic of the town as people become curious and want to find out more about this newly-created urban environment. We might even discover it being used in ways we did not anticipate.

dicci offrirà inoltre alla persone un’alternativa all’uso di automobile, motocicletta o motorino incoraggiandole a preferire i mezzi pubblici. Per quanto riguarda i vari edifici, dimensioni appropriate e una diversificazione di destinazione d’uso, sono state in cima alla lista delle nostre priorità, come anche la flessibilità ed una chiara articolazione dei vari edifici e dei loro elementi. Il centro culturale doveva essere multi-flessibile nella sua natura per adeguarsi con il passare del tempo a qualsiasi nuovo utilizzo. In altri termini, può essere descritto come una ‘scatola fluttuante’ che offre una enorme finestra panoramica con vista sulle colline toscane. La ‘scatola’ è stata innalzata per lasciare spazio ad un pianterreno trasparente, interamente vetrato, per mantenere la connessione visiva fra la parte est e ovest del complesso. L’idea è quella di avere ristoranti e zone commerciali al pianterreno in grado di estendere i loro posti a sedere fuori, nell’atrio e nelle terrazze della piazza. La scatola è uno spazio libero da colonne e senza pareti fisse. Può essere suddivisa con dei divisori flessibili, creando varie configurazioni di ambienti. Permette al Comune di usare l’edificio per una varietà di attività – da concerti a teatro, a mostre e seminari. Tutto ruota nuovamente intorno alla dimensione. In una città più grande, avremmo probabilmente progettato un edificio per un singolo, specifico uso. Ma in una città della dimensione di Scandicci, un edificio che può adeguarsi a tanti usi differenti, non è soltanto più utile, ma potrebbe essere ancor più apprezzato come catalizzatore delle attività pubbliche. La flessibilità ha caratterizzato anche la progettazione dell’edificio destinato agli uffici. Tale edificio di sette piani, che nella planimetria risulta essere un puro impianto planimetrico a pianta aperta, fungerà da ‘marcatore’. Ascensori e scale – che regolano l’accesso – sono stati posizionati all’esterno diventando sculture a tutti gli effetti. In risposta ad un mercato di utenti in continuo cambiamento, ogni impianto planimetrico potrà essere suddiviso in sei unità più piccole. L’edificio destinato ad abitazioni si sviluppa parallelamente alla stazione del tram, come una schiera di villette cittadine. Abbiamo cercato di alleggerire la massa dell’edificio, evidenziando con chiarezza le zone centrali. Gli ascensori e le scale sono trasparenti e, animando la facciata, rendono possibile la vista sia verso l’interno sia verso l’esterno. La sostenibilità è stato un altro aspetto considerato nell’elaborazione di questo progetto. Prevediamo l’installazione di pannelli solari e fotovoltaici sugli edifici. L’edificio destinato ad usi culturali è ricoperto da un tetto verde. Sarà interessante conoscere la reazione delle persone al nuovo complesso, una volta consegnato. Siamo impazienti inoltre di capire come potrebbero modificarsi le dinamiche esistenti della città, non appena le persone saranno curiose di sapere di più di questo ambiente urbanistico di recente creazione. Forse scopriremo utilizzi che non avevamo previsto.


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evoluzione della copertura della stazione di Santa Maria del Pianto/evolution of the ceiling of Santa Maria del Pianto station pagina seguente: stazione di Capodichino, prospetto sinistro/following page: Capodichino station, left elevation

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aperture vani corsa

supporto


Due stazioni della metropolitana di Napoli

Paolo Di Nardo

e/and Pierpaolo Rapanà incontrano/meet Amarjit Kalsi (‘Amo’) director, RSHP/director, RSHP

Two underground stations in Naples We have been working for several years in Naples on the design of two stations which are both part of the extension of Linea 1. One is at the international airport of Capodichino. The second, close by, will serve the cemetery of Santa Maria del Pianto and surrounding area, and greatly improve access for visitors. I immediately knew that we had to get involved because Naples is such a fantastic city. It has a great vitality and it is rich in contrasts that remind me of India – particularly Mumbai. The project also offered us the opportunity to create new areas of public space. One of the aims of the Linea 1 project is to deliver a better and faster connection between Capodichino airport and Piazza Garibaldi in the city centre. The client, Metropolitana di Napoli, has engaged a number of other internationally-known architectural practices including: Dominic Perrault; Massimiliano Fuksas; Mario Botta; and Future Systems – working collaboratively with Anish Kapoor. Capodichino We focused on finding a solution which would make the ‘connection’ between the airport and the public transport network serving it as easy and direct as possible. The station also needed to act as a catalyst for the organisation of the spaces around it. We started with a masterplan to help to co-ordinate the many different players involved in the area around the airport, including the Metropolitana di Napoli, the airport operator and other commercial operators. The conceptual sketches

Per alcuni anni abbiamo lavorato a Napoli alla progettazione di due stazioni, entrambe parte dell’estensione della Linea 1. Una è situata all’interno del complesso aeroportuale internazionale di Capodichino. L’altra, vicina, servirà il cimitero di Santa Maria del Pianto e l’area circostante, migliorando nettamente l’accesso dei visitatori. Ho capito sin dal primo istante che dovevamo lasciarci coinvolgere, perché Napoli è una città meravigliosa. Ha una grande vitalità ed è ricca di contrasti che mi ricordano l’India, in particolare Mumbai. Il progetto ci ha offerto inoltre l’opportunità di creare nuove aree di spazio pubblico. Uno degli obiettivi del progetto della Linea 1 consisteva nel fornire una ‘connessione’ migliore e più veloce fra l’aeroporto di Capodichino e piazza Garibaldi nel centro della città. Il cliente, Metropolitana di Napoli Spa, ha coinvolto altri architetti di chiara fama internazionale come: Dominic Perrault, Massimiliano Fuksas, Mario Botta e Future Systems, che lavora in collaborazione con Anish Kapoor. Capodichino Il nostro intento era d’individuare una soluzione che avrebbe reso la connessione tra l’aeroporto e la rete di trasporto pubblico che lo serve più facile e diretta possibile. Era necessario inoltre che la stazione fungesse da catalizzatore per l’organizzazione degli spazi intorno ad essa. Abbiamo cominciato con un piano generale che aiutasse a coordinare i diversi attori coinvolti nell’area intorno all’aeroporto, inclusi Metropolitana di Napoli Spa, l’esercente aereoportuale e altri esercenti commerciali. Le bozze concettuali mostrano come si sono sviluppate le nostre idee. Era per noi di prioritaria importanza incorporare nel progetto una piazzagiardino, decidemmo quindi di conservare tutti gli alberi esistenti – e di aggiungerne altri. Volevamo sia illuminare la stazione con la luce naturale sia creare un schema di circolazione chiaro, affinché i flussi trasversali non costituissero un problema. I diagrammi di circolazione mostrano come, nel nostro approccio progettuale, era necessario considerare tutti i possibili scenari di emergenza. Il tetto e la tettoia sono punti chiave nella progettazione e il flusso di passeggeri in arrivo e in partenza ha aiutato a generare la forma del tetto in modo liquido, fluido, offrendo riparo lungo percorsi determinati. Passando in rassegna le diverse geometrie per il tetto, una delle più grandi svolte è stata la creazione di una geometria 3D basata su una forma toroidale. Questo significava che il numero di componenti separate e singole, necessarie per costruire la stazione, è stato ridotto dagli iniziali 20.000 a 20. Abbiamo optato per le centine in legno, che avrebbero aiutato a creare un paesaggio di ‘alberi’ e avrebbero offerto agli utenti un’esperienza più pacifica e confortevole, rispetto a quella generata dall’uso di componenti metalliche. La forma toroidale, inoltre, fornisce una maggiore protezione via via che ci si avvicina alla stazione, mentre allontanandosi dalla zona centrale, si apre gradualmente a ventaglio. Abbiamo creato insieme ai consulenti tecnici di Expedition dei disegni al computer in cui le centine definiscono i punti di maggiore sollecitazione del tetto. Tali disegni mi hanno ricordato alcuni di quelli creati dai grandi ingegneri vittoriani come Brunel.

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Metropolitana Linea 1 Capodichino progetto/project design Rogers Stirk Harbour + Partners ingegneria strutturale/structural engineer Expedition – Stipe ingegneria civile/civil engineer Metropolitana Milanese – Stipe ingegneria del traffico/traffic engineer Arup consulente per i costi/cost consultant Metropolitana di Napoli committente/client Metropolitana di Napoli luogo/place Napoli data/date 2006superficie lotto/site area 12.700 mq/sqm costo/cost 60 milioni/millions euro

1 controllo bagagli/HBS (Hold Baggage Scan) 2 edificio Pegaso/Pegaso building 3 partenze/departures 4 arrivi/arrivals 5 parcheggio multipiano/multi-level parking 6 area militare/military area 7 noleggio auto E e parcheggio multipiano rental car E and multi-level parking 8 possibile futuro sviluppo/possible future development

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show how our ideas evolved. Most importantly, we wanted to incorporate a landscaped piazza into the design. We decided to retain all of the existing trees – and add some more. We wanted the station to be lit by natural light as well as creating a clear circulation pattern so that cross-flows would not be an issue. The circulation diagrams show how we had to factor in all possible emergency scenarios into our design approach. The roof and the canopy are key aspects of the design. The flow of arrival and departure passengers has helped to generate the roof form in a liquid, fluid way, offering shelter along determined paths. When looking at the different geometries for the roof, one of the biggest breakthroughs was to establish a 3-D geometry based on the shape of a toroid. This meant that the number of separate and unique components required to construct the station was reduced from an initial 20,000 to 20. We opted for wood for the ribs which would help to create a landscape of ‘trees’ and offer users a more peaceful and gentle experience than if metallic components had been used. The toroid shape also provides greater protection when approaching the station; it gradually fans out as you move away from the core. With consultant engineers, Expedition, we produced computer drawings with the ribs expressing the stress lines of the roof. They remind me of some of the drawings produced by the great Victorian engineers like Brunel.

Santa Maria del Pianto Nel momento in cui il cliente ci ha chiesto di occuparci della progettazione di un’altra stazione della Linea 1, Santa Maria del Pianto, l’amministrazione comunale ha voluto che questa stabilisse un efficiente collegamento al grande cimitero che domina l’area e che creasse un nodo d’interscambio fra la nuova stazione metropolitana e l’area di sosta per automobili e bus. Uno degli aspetti più affascinanti per me in questo progetto era di apprendere qualcosa in più sull’atteggiamento degli italiani cattolici nei confronti della morte e quanto fosse importante celebrare la memoria di amici e familiari defunti. Quando mi recai in questo posto per la prima volta, la prospettiva di creare un nuovo edificio subito adiacente ad un cimitero fu per me piuttosto scoraggiante. Non c’era altra strada che quella di progettare nel rispetto delle credenze e dei rituali dei visitatori del cimitero. Ci era già nota la precisa collocazione del percorso della metropolitana. Volevamo realizzare un progetto che concedesse più luce possibile alla stazione situata a 43 metri sotto terra, dando ai passeggeri una sensazione di luce screziata che filtra sin nelle profondità dell’edificio. Con Expedition, abbiamo esplorato questo approccio ricorrendo ad algoritmi per creare il progetto di un tetto dalla struttura a nido d’ape, che avrebbe dovuto fornire riparo, ombra e luce e allo stesso tempo organizzare l’interscambio. Abbiamo progettato considerando i flussi principali ed il terminal bus, creando aree separate e dedicate alle partenze ed agli arrivi delle linee urbane ed extra urbane. Queste scoperte ci hanno aiutato a capire dove era meglio creare un riparo per la gente che entrava e usciva dalla stazione. E ispirandoci alla natura, ci siamo avvicinati alla progettazione del tetto come forma rivoluzionaria basata sulla massima di Darwin ‘la sopravvivenza del più forte’. Lo abbiamo fatto attraverso una ‘evoluzione sintetica’ effettuata al computer e basata su un algoritmo che permette la selezione delle parti che costituiscono la struttura a nido d’ape del tetto. Partendo da una ‘popolazione’ di possibili soluzioni, si può testare la sopravvivenza degli elementi più forti attraverso un certo numero di generazioni e – grazie ad attente selezioni, incroci e mutazioni – arrivare all’insieme ottimale di elementi e al modello per assemblarli. I profili sono più compatti sugli elementi strutturali e meno compatti – ad esempio – dove volevamo più luce per poter penetrare direttamente sino agli angoli più profondi della stazione. Abbiamo inoltre sperimentato l’uso più efficace della geometria a spirale nella progettazione delle scale, per ricavare più spazio possibile al centro di ognuna di esse. Oltre alla risoluzione di sfide tecniche, abbiamo preso in considerazione il ruolo dell’architetto nella progettazione, non soltanto in relazione alla necessità di costruire un edificio, ma anche nella creazione di uno spazio che sia legato al suo contesto. Questo tipo di processo di progettazione, è un esempio del rapporto fra arte e scienza nell’architettura. Richard a volte dice: «Dove è l’architetto? Dov’è l’arte?».

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prospetto nord estlnorth-east elevation

0 arrivi autobuslbus arrival rampa pedonalelpedestrian ramp

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piazza coperta, area d’attesalcovered square, waiting room ingresso metropolitana e servizi annessi metro entrance ad related facilities

piazzalsquare

Metropolitana Linea 1 Santa Maria Del Pianto progetto/project design Rogers Stirk Harbour + Partners ingegneria civile/civil engineer Metropolitana Milanese – Stipe ingegneria del traffico/traffic engineer Arup consulente per i costi/cost consultant Metropolitana di Napoli committente/client Metropolitana di Napoli luogo/place Napoli data/date 2006superficie lotto/site area 4,7 ha

Santa Maria del Pianto When the client asked us to take on the design of another Linea 1 station, Santa Maria del Pianto, the municipality wanted it to establish a strong connection to the large cemetery which dominates the area and create an interchange between the new subway station and an area for car and coach parking. One of the most fascinating aspects of this project for me was learning more about Italian Catholic attitudes towards death and how important it is to celebrate the memories of dead friends and family members. When I went to this site for the first time, I found the prospect of creating a new building immediately adjacent to a cemetery quite daunting. There were no clues or references at all other than for a design which would respect the beliefs and the rituals of those visiting the cemetery. We already knew the precise location of the underground track. We wanted to achieve a design which allowed as much light as possible into the station 43 metres below ground, giving passengers the sensation of dappled light filtering into the depths of the building. Together with Expedition, we explored this approach using algorithms to create a design for a honeycomb roof structure. This roof has to provide shelter, shade and light as well as give structure to the interchange, all at the same time. In our design process we considered the main interchange flows between the subway and the bus terminal and we created separate and dedicated areas for departures and arrivals of the

urban and extra-urban lines. The findings helped to influence where best to provide shelter for people entering and leaving the station. We also turned to references in nature and approached the roof design as an evolutionary form, based on Darwin’s maxim of ‘survival of the fittest’. We did this through a ‘synthetic evolution’ undertaken by computer programs and based on an algorithm which allows selection of those pieces comprising the honeycomb structure of the roof. Starting with a ‘population’ of possible solutions, you can test the survival of the strongest elements across a number of ‘generations’ and – through careful selection, cross-over and mutation – arrive at the optimum set of elements and pattern for assembling them. The contours are denser on the structural elements and less dense – for example – where we wanted more light to be able to penetrate right down to the deepest parts of the station. We also investigated the most effective use of spiral geometry in the design of staircases to free up as much space in the middle of each staircase. As well as solving the technical challenges, we also considered the architect’s role in design; not just to create a building but also to create a space which has relevance to its context. This kind of process of design is an example of the relationship between art and science in architecture. Richard sometimes says: «Where is the architect? Where is the art?».


sezione aalsection aa

1 ingresso al parcheggio/parking entrance 2 area nuova espansione cimiteriale/new cemetery extension area 3 parcheggio/parking 4 pick up (terminal partenze bus)/pick up (bus departures terminal) 5 area sosta lunga bus (30 posti)/long stay bus area (30 seats) 6 area sosta breve bus (15 posti)/short stay bus area (15 seats) 7 parcheggio taxi/taxi parking 8 stazione meropolitana/metro station 9 attivitĂ commerciali/commercial activities 10 piazza pedonale/pedestrian square 11 drop off (terminal arrivo bus)/drop off (bus arrivals terminal)

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Works Heathrow, Terminal 5

nome progetto/project name Heathrow, Terminal 5 progetto/project design Rogers Stirk Harbour + Partners ingegneria strutturale/structural engineer Arup servizi d’ingegneria/services engineer DSSR/Arup computo metrico/quantity surveyor Turner & Townsend/ E.C. Harris consulente commerciale/retail consultant Chapman Taylor ingegneria civile/civil engineer Mott McDonald appaltatori principali/principal contractors Laing O’Rourke, Mace,Balfour Beaty direzione lavori/construction management BAA plc committente/client BAA plc luogo/place Heathrow Airport, London, England, UK data/date 1989-2008 superficie/area 300.000 mq/sqm terminal; 60.000 mq/sqm satellite 1; 55.000 mq/sqm satellite 2 costo/cost 6,5 miliardi euro foto/photos Katsuhisa Kida

The construction of a fifth terminal at London Heathrow was the subject of a limited competition in 1989. The winning scheme is based on a projected capacity of 30 million passengers annually. The passenger areas at Terminal 5 are on one level, with plant rooms, baggage handling and other ancillary functions below, though passenger areas extend over two levels at both edges of the building. The immense roof is dynamically curved, with great bands of glazing flooding the interior with daylight and leading passengers through the building in a logical progression from arrival point to embarkation. The building is effectively a dramatic progression of spaces, which vary in height according to their function. The structure is strongly expressed, with great structural trees’ supporting the roof. Provision is made for an underground and mainline rail link from central London. Natural ventilation is impractical in view of noise and air pollution from aircraft but the design adopts an energy-efficient strategy using a displacement airconditioning system developed by Arup and shading by means of canopies and low eaves to reduce solar gain on the long east and west elevations.

La costruzione del quinto terminal dell’aeroporto di Heathrow a Londra fu oggetto di un concorso ristretto bandito nel 1989. Il progetto vincente è basato su una capacità di traffico, prevista, pari a 30 milioni di passeggeri all’anno. Le aree passeggeri nel Terminal 5 sono su un livello, salvo che alle estremità dell’edificio, dove si sviluppano su due. Le sale impianti, gestione bagagli e altre funzioni accessorie si trovano al livello inferiore. La vasta copertura, dinamica nella sua curvatura, lascia che, attraverso delle ampie fasce vetrate, la luce naturale inondi lo spazio interno e guidi i passeggeri attraverso l’edifico in un percorso logico dal punto di arrivo a quello di imbarco. L’edificio è in realtà una suggestiva successione di spazi che variano in altezza a seconda delle loro funzioni. La struttura viene dichiarata in maniera esplicita, con grandi ‘alberi’ strutturali che sostengono la copertura. Dall’aeroporto si accede alla metropolitana ed alla linea ferroviaria principale che lo collegano con il centro di Londra. La ventilazione naturale non è appropriata in questo caso, a causa del rumore e dell’inquinamento atmosferico causato dagli aerei, ma il progetto ha previsto di adottare una strategia di efficienza energetica attraverso l’utilizzo di un sistema di condizionamento aria a dislocamento sviluppato da ARUP e riducendo l’incidenza solare sui lunghi prospetti est ed ovest per mezzo di schermature e aggetti della copertura in facciata.

ipotesi progettuali, schizzi design hypothesis, sketches in apertura: dettaglio della copertura opening: detail of the roof

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arrivi/arrivals partenze/departures sicurezza/security

sezione nord sud che evidenzia la circolazione verticalelnorth-south section showing the vertical circulation

sezione trasversale che evidenzia la circolazione verticale ed orizzontale/ transversal section showing the vertical and the horizontal circulation


facciata vetrata/glazed faรงade sotto: terminal principale below: main terminal pagine precedente: esterno previous page: exterior immagine pagine seguenti: arrivi following page image: arrivals

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spazi pubblici/public spaces spazio commerciale, lounges, uffici

e back up alle partenze/retail, lounges,

lounge check in per le partenze – lato aria check in departures lounge – airside

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offices and back up, departures bagagli a mano/baggage handling circolazione verticale/vertical circulation

hall check in – lato terra check in hall – landside area


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Š Redshift Photography 2006


National Assembly for Wales

nome progetto/project name Assemblea Nazionale Gallese National Assembly for Wales progetto/project design Richard Rogers Partnership ingegneria strutturale/structural engineer Arup consulente ambientale/environmental consultant BDSP Partnership project manager/project manager Schal architettura del paesaggio/landscape architect Gillespies LLP consulenza antincendio/fire consultant Warrington Fire Research consulenza acustica/acoustic consultant Sound Research Laboratories consulente per l’accessibilità/access consultant Vin Goodwin Access Consultant consulente per le trasmissioni/broadcasting consultant Department Purple consulente ingegneria del vento/wind engineering consultant Arup ingegneria struttura di facciata/façade engineer Arup consulenza per la sicurezza/bomb blast consultant TPS Consultant committente/client National Assembly for Wales luogo/place Cardiff, Wales, UK data/date 1998-2005 superficie lorda interna/gross internal area 5.308 mq/sqm costo/cost 61,5 milioni/millions euro

La sede dell’Assemblea Nazionale Gallese, nell’ex area portuale di Cardiff, rappresenta un sorprendente inserimento nel panorama locale. Il luogo è il ‘Pierhead’, ex centro del commercio ed esportazione del carbone. La trasparenza dell’edificio esprime l’idea di apertura verso l’esterno. Gli spazi pubblici sono posti in alto, su un basamento rivestito di ardesia, tagliato per far penetrare la luce naturale fino agli spazi amministrativi posti al livello inferiore. Una copertura leggera, leggermente ondulata e forata dalla protesa estensione della Sala del Consiglio, protegge sia gli spazi interni che quelli esterni. La Sala Consiliare, un ampio spazio circolare posto al cuore dell’edificio, è caratterizzata da un soffitto di grande effetto che si forma dalla copertura soprastante e si abbassa fino a definirne lo spazio. L’edificio include anche spazi educativi ed espositivi, una caffetteria, sale per riunioni, sale stampa, uffici per i principali funzionari dell’Assemblea e una sala per i membri del Consiglio. Le caratteristiche impiantistiche rispondono alle diverse esigenze degli spazi interni: il condizionamento dell’aria è previsto nella Camera del Consiglio mentre gli spazi pubblici sono ventilati naturalmente; la massa termica del basamento modera le fluttuazioni termiche nell’ambiente interno. In questo modo il progetto raggiunge dei significativi risparmi energetici se comparato agli edifici tradizionali. Elementi di arredo del parco ed una cortina di alberi creano, assieme, una sorta di chiostro per l’Assemblea e completano il mosaico del nuovo sviluppo di questa parte della baia di Cardiff.

esterno/exterior

© Katsuhisa Kida

area ingresso con il grande open space reception area with the big open space

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© Redshift Photography 2006

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1 camera di discussione/debating chamber 2 stanze del consiglio/committee rooms 3 uffici, sale riunioni/offices, meeting rooms 4 corti private/private courtyards 5 sala stampa/media briefing room 6 sala da tè per i membri/members’ tea room 7 atrio/milling space

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in alto: l’imbuto rivestito da una pannellatura di legno/above: the wood paneled funnel

pianta secondo piano/second floor plan

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The Welsh National Assembly, its home, Cardiff’s former docklands, is a striking addition to the local scene. The setting is the Pierhead, once the centre of the coal exporting trade. The idea of openness is exemplified by the transparency of the building. Public spaces are elevated on a slate-clad plinth and cut away to allow daylight to penetrate the administrative spaces at lower level. A light-weight, gently undulating roof shelters both internal and external spaces, pierced by the protruding extension of the Debating Chamber. A large circular space at the heart of the building, the Chamber is defined by the dramatic roof which is drawn down from the roof above to form the enclosure. The Assembly also includes exhibition and education spaces, a café, committee and meeting rooms, press facilities, offices for the principal officers of the Assembly and a members’ lounge. The servicing strategy responds to the varying demands of the internal spaces – air-conditioning is supplied in the debating chamber, while the public lobby is naturally ventilated; the thermal mass of the plinth tempers fluctuations in the internal environment. In this way, the design achieves significant energy savings compared to traditional buildings. Hard landscaping, together with a canopy of trees, creates a close for the Assembly and completes the jigsaw of new development in this part of Cardiff Bay.

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section bb/section bb

section cc/section cc

20 m

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5

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25m



Oxley Woods Housing

nome progetto/project name Intervento residenziale a Oxley Woods/Oxley Woods Housing progetto/project design Rogers Stirk Harbour + Partners promotore concorso/competition initiator English Partnership progetto esecutivo/developer George Wimpey South Midlands produttore/manufacturer Wood Newton Ltd servizi d’ingegneria/services engineer RYBKA architettura del paesaggio/landscape architect Gillespies LLP ingegnere capo/chief engineer Woods Harwick periti degli accessi per i disabili/disability access assessors David Bonnett Associates produttori degli ecohat [cappello ecologico]/ecohat manufacturers Nuaire committente/client English Partnerships luogo/place Milton Keynes, England, UK data/date 2005superficie lotto/site area 3 ha costo/cost 19,5 milioni/millions euro foto/photos Katsuhisa Kida

‘The Design for Manufacture’ (DfM) competition in 2005 had the aim of building high-quality homes at a construction cost of £ 60,000. RSHP’s response was to develop a generic house type that can be adapted to suit any location and site constraint using modern methods of construction. An emphasis is placed on the potential of adapting houses to suit their occupants’ lifestyle changes and family sizes. RSHP’s approach standardizes the serviced spaces – including bathrooms, kitchens and heating/ lighting centres – across the range of proposed house types and, along with the façades and ‘EcoHats’, are manufactured off site and transported to site for assembly. The remainder of the space is treated as a highly flexible shell, unencumbered by services and structural peculiarities. Through variations in cladding, the houses are able to have many variations which will allow them to adjust to the vernacular of the area by appropriating colours and textures typical of the surrounding area. The flexibility of cladding, living space, roof orientation and fenestration enable the houses to be located at any site, while at the same time being specific to the site. In conjunction with George Wimpey Plc RSHP, was one of six winning partnerships, and was awarded the Oxley Park site, close to Milton Keynes, after a three stage competition. The site is just over three hectares in size and will have 145 dwellings on it, providing a mixture of affordable housing and larger private dwellings in two and three-storey houses around a central high street.

Il concorso chiamato Design for Manufacture (DfM), del 2005, aveva l’obiettivo di costruire case di alta qualità ad un costo di costruzione di 60.000 sterline. La risposta di RSHP fu di sviluppare una tipologia abitativa generica che potesse adattarsi ad ogni localizzazione e vincolo fondiario, usando moderni metodi di costruzione. Particolare rilievo è posta sulla capacità di poter adattare la casa ai cambiamenti nello stile di vita o della dimensione della famiglia che la occupa. L’approccio sviluppato da RSHP standardizza gli spazi di servizio – inclusi i bagni, le cucine e i centri di riscaldamento/illuminazione – per una serie di tipologie abitative proposte e, assieme alle facciate e all’‘Eco-Hat’ [cappello ecologico], sono realizzati in fabbrica e trasportati in cantiere per l’assemblamento. Il resto dello spazio è trattato come un guscio altamente flessibile, libero da stranezze strutturali o impiantistiche. Attraverso diverse combinazioni nel rivestimento, le case sono in grado di avere molte variazioni che gli permettono di adeguarsi al contesto per mezzo di colori appropriati e trattamenti tipici del luogo circostante. La flessibilità del rivestimento, del soggiorno, dell’orientamento del tetto e delle finestrature, permettono di ubicare la casa in qualsiasi lotto ed al tempo stesso essere peculiare per quel luogo. Oxley Woods si estende per oltre 3 ettari ed avrà 145 abitazioni che garantiranno un mix di alloggi calmierati ed appartamenti, più grandi, privati, in edifici di 2-3 piani, disposti lungo una via centrale.

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sopra: esterno; nella progettazione delle case sono stati presi in considerazione i principi di Secure by Design/above: exterior; Secure by Design principles were taken into account in the design of the houses pagina seguente: l’intervento è costituito da tipologie di case che differiscono per dimensione e distribuzione/following page: the development is made up of a number of house types of differing sizes and room layouts prospetto principale/main elevation

prospetto laterale/side elevation

0 pianta piano terra/ground floor plan pianta primo piano/first floor plan

5m


uso tipico degli impianti nelle case standard/typical use of technology in standard house

impianti raggruppati per salvare spazio e sistemati in un pannello in soffitta technology grouped together to save space and located in a panel in the attic

parte del soffitto rimossa e posizionata su un nuovo nucleo razionalizzato per diventare un modulo ‘eco-hat’ section of ‘hattic’ removed located over rationalised core to become orientable ‘eco-hat’ roof module

casa tradizionale energeticamente inefficiente con un posizionamento non chiaro degli elementi di servizio (bagni, wc, scale ecc.) original, inefficient traditional house with unclear zoning of service elements (bath, wc, stairs etc)

casa DfM efficiente e flessibile con un chiaro nucleo separato efficient and flexible DfM house with clear separated ‘core’

la zona separata assicura uno spazio giorno flessibile ed un volume interno che corrisponde al volume esterno della casa (senza soffitta) separate zone provides flexible living space and an internal volume that responds to external volume of house (no attic)

Original, inefficient traditional house with unclear zoning of service elements (bath, wc, stair etc)

Efficient and flexible DFM house with clear separated ‘core’

Flat Pack Richard Rogers Partnership/George Wimpey

concetto costruttivo: il ‘flat pack’/ construction concept: the ‘flat pack’ Original, inefficient traditional house with unclear Efficient and flexible DFM house Separate zone provides flexible living space and an internal volume that responds to Original, inefficient traditional house with unclear Efficient and flexible DFM house zoning of service elements (bath, wc, stair etc) with clear separated ‘core’ external volume of house (no attic) zoning of service elements (bath, wc, stair etc) with clear separated ‘core’

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Separate zone provides flexible living space and an internal volume that responds to Separate zone provides flexible living space and an internal volume that responds to external volume of house (no attic) external volume of house (no attic)



Maggie’s Centre, London

nome progetto/project name Centro Maggie, Londra Maggie’s Centre, London progetto/project design Rogers Stirk Harbour + Partners ingegneria strutturale/structural engineer Arup servizi d’ingegneria/services engineer Arup computo metrico/quantity surveyor Turner & Townsend architettura del paesaggio/landscape architect Dan Pearson Studio consulenza illuminotecnica/lighting consultant Speirs and Major committente/client Maggie’s Centre luogo/place London, England, UK data/date 2001-2008 superficie lorda interna/gross internal area 370 mq/sqm costo/cost 3,5 milioni/millions euro foto/photos Richard Bryant

Maggie’s Centres offer support for people affected by cancer at any stage, be they patients, family members or friends. Their work is in complete support of conventional medical treatment. Maggie’s Centre London, at Charing Cross Hospital in Hammersmith, is conceived to contrast with the main hospital building. It is a ‘non-institutional’ building, an ‘open house’ of 370 sqm, arranged over one and a half floors. It is both flexible and adaptable. It can be transparent or opaque, noisy or quiet, light or dark, with a kitchen at the heart of the structure. Rogers Stirk Harbour + Partners has created something that is more than a house – more welcoming, more comfortable, more thought-provoking and more uplifting. The entrance is approached from within the hospital grounds. The building is made up of four components: a wall that wraps around four sides, providing protection from its exposed location; the kitchen – a single height central space which will be the main focus and heart of the building; annexes off the main space, conceived as meeting, sitting and consulting rooms; and a ‘floating roof’ that oversails the outer wall and acts as the enclosure to the heart of the building. Small courtyards are formed between the building and the wall. The landscaping strategy knits together the existing hospital and the new Maggie’s Centre. Wrapping the building with trees will filter the noise and pollution of the surroundings whilst providing a leafy backdrop from the inside.

Il Centro Maggie offre supporto alle persone affette da cancro, a qualsiasi stadio, sia che siano pazienti, familiari o amici. Il loro lavoro è totalmente in ausilio alle cure mediche convenzionali. Il Centro Maggie di Londra, presso l’Ospedale Charing Cross ad Hammersmith, è pensato per essere in contrasto con l’edificio principale in cui si trova l’Ospedale. è un edificio ‘non istituzionale’, una ‘casa-aperta’ di 370 mq distribuiti su un piano e mezzo, flessibile ed adattabile. Può essere trasparente od opaca, rumorosa o tranquilla, luminosa o buia, con una cucina posta al cuore della struttura. Rogers Stirk Harbour + Partners ha creato qualcosa che è più di una casa, più accogliente, confortevole, stimolante e confortante. L’ingresso si raggiunge dal parco dell’ospedale. L’edificio consiste di 4 elementi: un muro che si avvolge sui quattro lati, per proteggerne l’intimità; la cucina – uno spazio a tutta altezza, centrale, che rappresenta il cuore ed il focus dell’edificio; spazi annessi a quello principale, pensati come stanze per incontri, riunioni, ambulatorio; ed un ‘tetto galleggiante’ che sovrasta il muro più esterno e racchiude il cuore dell’edificio. Fra il muro e l’edificio si formano dei piccoli cortili. La strategia paesaggistica unisce l’ospedale esistente con il nuovo Centro Maggie. Coprire l’edificio con gli alberi, oltre a filtrare i rumori e l’inquinamento circostante, crea uno sfondo frondoso per chi lo vede dall’interno.

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sopra: la zona giorno del Centro può essere vista attraverso la finestra sulla corte/above: the dining area of the Centre can be viewed through the courtyard window pagina precedente: il tetto previous page: the roof

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20 m

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planimetria/site plan


vista del Maggie’s Centre dall’interno dell’area dell’ospedale/ view of Maggie’s Centre from inside the hospital grounds pagina seguente: la zona giorno guarda fuori sulla corte/following page: the dining area looks out into the courtyard

a

pianta piano terra/ground floor plan

sezione aa/section aa

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20 m

pianta primo piano/first floor plan

prospetto ingresso/entrance elevation


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La costruzione della città

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The city’s construction

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Plans, projects, signs and drawings

Piani, progetti, segni e disegni Il carattere evidente nella progettazione è il disegno, a varie scale e a vario ‘titolo’ anche di fantasia, immesso in una trafila collettiva e usato come «ponte per accedere alla realtà e alle sue possibili metamorfosi. [...] Comincio ogni lavoro disegnando a mano il campo di studio, fino a individuare le caratteristiche misurabili del risultato. Non ho voluto imparare i programmi elettronici, per non fissare troppo presto le scelte definitive; le ritardo fino a quando diventa preferibile che altri le perfezionino sul computer, e altri ancora ordinatamente le trasferiscano sul terreno».2 è l’evidenziazione di un metodo di progettazione graduale che pone in successione, attraverso ‘figure’, le idee dapprima approssimate e quindi fantastiche per pervenire a cogliere gli elementi singolari ovvero specifici, un procedimento complesso nel quale si procede per astrazioni ed esclusioni: da un lato le possibilità infinite dall’altro tutte le condizioni di limite, quali i vincoli, le leggi, le norme, le caratteristiche specifiche dei luoghi. «Ciò che guida e accompagna il pensiero del progettista, attraverso questo insieme di dati vincolanti, sono le astrazioni che noi chiamiamo ‘figure’. Alcune di esse sono descrittive e generali come ‘ambiente’ o ‘paesaggio’ e non preludono ad un atteggiamento da tenere nei confronti di un qualsiasi problema. Altre invece assumono, già nella loro formulazione, valenze più operative, come ‘scala’ o ‘confine’. La figura mentale è versatile; può comprendere aspetti tra loro contrastanti; è immediata, velocemente immaginabile, ed evidenzia una particolarità del pensiero progettuale: quella di procedere per immagini. Nella pratica della progettazione, la figura interviene come condizione iniziale».3 Il fine a cui tende il processo di pianificazione è progettare lo spazio della città. Il compito dell’urbanista consiste nel mettere a punto un’ipotesi di sviluppo spaziale e di forma, una immagine, esercitandosi prioritariamente ad individuare le più attendibili per scegliere tra queste, oltre che le più probabili anche le più augurabili avviando così un primo ragionato processo selettivo dello sviluppo futuro. L’obiettivo di questa operazione è una visione sintetica, a grandi linee, della distribuzione spaziale dello sviluppo prescelto. Si tratterà di procedere poi ad una lettura di questa immagine urbana e metterne in luce, analiticamente, tutti gli elementi critici. Definita l’ipotesi desiderata, il passaggio al piano


di/by

In planning, the pre-eminent item is the drawn plan, on various scales and in various senses, including that of the imagination, put through a group process and used as a «bridge to access reality and its possible metamorphoses. [...] I start every job by drawing the field of study by hand to identify the measurable characteristics of the end result. I didn’t learn electronic programs so as to avoid fixing the final choices too soon; I delay those choices until it becomes preferable for others to perfect it on the computer and still others to transfer it carefully onto the site».2 This is the description of a gradual design method that places ideas in a succession through ‘figures’, ideas that are first approximate and therefore imaginative to then capture the individual or specific elements, a complex process in which one goes forward by abstractions and exclusions. On one side are infinite possibilities and on the other all the limiting conditions, such as restrictions, laws, regulations and the sites’ specific features. «That which guides and accompanies an architect’s thinking, through this whole series of restraining facts are the abstractions that we call ‘figures’. Some of these figures are descriptive and general, such as ‘environment’ or ‘landscape’ and they do not lead to an approach to be applied to any problem. In contrast, others, starting from their formulation, take on more operational values, such as ‘scale’ or ‘border’. The mental figure is versatile; it can include aspects that conflict with one another; it is direct, can be quickly imagined and shows a particular quality of planning thought, one that proceeds by images. In the practice of planning, the figure comes as the initial condition».3 The planning process’s aim is to design the city’s space. The urban planner’s task is to fine-tune an idea of spatial and formal development, an image, giving priority to identifying the most tenable images and choosing among those, as well as identifying the most probable and most desirable, initiating a first reasoned selection process for future development. The objective of this operation is to achieve an overview, a general idea of the spatial distribution of the chosen development. Then it is a matter of proceeding to interpret this urban image and bringing all of its critical elements into an analytic light. Once the desired idea has been defined, the step towards the

Paride G. Caputi

sopra: riconfigurazione ambientale del pianeta Maratea; pagina precedente: città verticali su suolo artificiale above: the ambiental reconfiguration of pianeta Maratea; previous page: vertical cities on an artificial ground


Napoli, la sistemazioni di via Caracciolo; sotto: città di paesaggi, collegamenti aerei tra la valle dell’Agri, i centri urbani e le montagne dell’Appennino Lucano; pagina seguente: il cuneo verde della città metropolitana di Napoli e la stazione di Porta dell’Alta Velocità Naples, via Caracciolo’s layout; below: landscape cities, air connections between Agri valley, the urban centres and the mountains of the Appennino Lucano; following page: the green wedge of the metropolitan city of Naples and the Porta station of the High Speed

consisterà nel precisare i contenuti e i dettagli tecnici e procedere al disegno (del piano) attraverso quelle tecniche consolidate (uso del suolo, zonizzazione) e quelle innovazioni alle medesime (disegno del suolo, ecc.) che rappresentano il contenuto originale del progettista. Il piano ha la funzione di rendere possibile, usando correttamente gli strumenti tecnici, il raggiungimento degli obiettivi desiderati: la difesa degli insediamenti antichi, la conservazione o la trasformazione in vari gradi degli ambienti compatti della gestione postliberale, il controllo dell’espansione periferica, l’abbassamento dei prezzi delle aree e il pareggio delle iniziative pubbliche, la difesa dell’ambiente e del paesaggio. Il progetto urbanistico ha sempre come proposito la comprensione e trasformazione di un luogo il cui carattere è segnato dalla natura e dalla storia ed esprimere un rapporto equilibrato tra queste; ha come obiettivo la trasformazione di una situazione presente di un insediamento e del suo territorio in una diversa e desiderata situazione futura. Nel disegnare i piani ho sempre inteso indispensabile nel contempo individuare le ‘cose’ che ci sono, tra le quali viviamo (scena naturale e artificiale) e indicare quelle che vorremmo ci fossero o che ci possono essere utili e farlo in modo specialistico ma anche chiaro e leggibile per mettere in condizione gli utenti cioè la comunità dei cittadini, di conoscere e valutare la situazione presente e accettare o meno quella proposta, sottraendo questa materia agli ‘specialisti’ per spostarla nel campo più proprio della consapevole partecipazione. Nel progettare i piani ho sempre utilizzato contemporaneamente tutte le scale metriche indipendentemente dal tipo di strumento, perché credo che «quando si affronta il problema di una città o di un territorio per riqualificarlo, si debbano utilizzare contemporaneamente tutte le scale nelle quali il fenomeno spaziale si presenta e continuare a risalire dalle scale minori a quelle maggiori, a ridiscendere da quelle maggiori a quelle minori, per costruire una interpretazione complessiva che consenta di mettere a punto modi di intervento che pur essendo parziali conservino sempre la consapevolezza del complessivo». La distinzione di più scale di progettazione collegate tra loro, che fanno intervenire nella trasformazione del territorio e dell’ambiente diverse committenze e diversi soggetti, appartiene alla tradizione europea. Le diverse scale progettuali riguardano le diverse tipologie di piani che normalmente si incontrano nell’attività della professione di urbanista, ognuno dei quali pone problemi a sé stanti ma fortemente correlati. Nelle immagini che seguono, selezionate dal testo, sono, in modo accelerato, rappresentati progetti di piani a varie scale con riferimento ai disegni di immaginazione e ai disegni tecnici.

1 Il testo e le immagini contenute nel presente articolo fanno riferimento al libro Piani, progetti, segni e disegni di Paride G. Caputi, Massa Editore, Napoli, 2008. Il testo è un ‘diario’ illustrato delle principali progettazioni svolte dall’autore nel campo della progettazione urbanistica. 2 Leonardo Benevolo, L’uso dei disegni nella progettazione architettonica, presentazione al libro Piani, progetti, segni e disegni di Paride G. Caputi. 3 Benno Albrecht, Leonardo Benevolo, I confini del paesaggio umano, Laterza, Bari, 1994. 4 Giancarlo De Carlo, Gli spiriti dell’architettura, antologia degli scritti, Livio Sichirollo (a cura di), Roma 1992.


plan involves specifying the contents and technical details and proceeding to drawing (the plan) through establish techniques, such as land use and zoning and innovations to these techniques (land design and so forth) that are the architect’s original contribution. The plan’s purpose is to make it possible to achieve the desired objectives by properly using technical tools. These goals include the protection of historic sites, the conservation and transformation to varying degrees of the compact spaces of post-liberal land management, the control of urban sprawl, lowering prices of areas, the equalization of public initiatives, and protection of the environment and landscape. The urban plan always has the task of understanding and transforming a place whose character is defined by nature and history and finding a balanced relationship with those factors; its goal is to transform the existing situation of a site and its area into a different, desired future situation. In drawing plans, I have always considered it indispensable to identify the ‘things’ that are there, among which we live (natural and artificial settings) as well as to identify those that we would like to be there or that could be useful. I seek to do this with a specialist approach, but one that is clear and legible, to make the users (the community) able to know and assess the present situation and accept or reject the proposal, removing this matter from the ‘specialists’ to shift it to the field of conscious participation. In designing plans I have always simultaneously used all the metric scales regardless of the type of tool, because I believe that «when we address the problem of a city or an area to be improved we should simultaneously use all the scales in which the spatial phenomena presents itself and continue to go from the smallest to the largest scales, and then back down from the largest to the smallest to build a comprehensive interpretation that lets us fine-tune a project, while still maintaining an awareness of a whole, even if the project is partial». The distinction of several scales of planning connected to each other, which bring together different clients and different parties acting on the area and or the environment, is part of the European tradition. The different scales of planning have to do with the different types of plans that are normally part of an urban planner’s profession, each of which raises problems that are self-standing, yet highly correlated, issues. In the images that follow, selected for the text, there is an accelerated representation of project plans on various scales with reference to drawings of imagination and technical drawings.

1 The text and images in this article come from Piani, progetti, segni e disegni by Paride G. Caputi, Massa Editore, Naples, 2008. The text is a ‘diary’ illustrated by select plans that the author has designed in the field of urban planning. 2 Leonardo Benevolo, L’uso dei disegni nella progettazione architettonica, presentation of the book Piani, progetti, segni e disegni by Paride G. Caputi. 3 Benno Albrecht, Leonardo Benevolo, I confini del paesaggio umano, Laterza, Bari, 1994. 4 Giancarlo De Carlo, Gli spiriti dell’architettura, anthology of writings, Livio Sichirollo (edited by), Rome, 1992

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Waterfront Scutari

Urban outlines to direct the gaze

Scutari’s waterfront

Tracce urbane per volgere lo sguardo

‘Volgere lo sguardo’ è allo stesso tempo metafora e nuova azione urbana strategica per la città di Scutari, in Albania. Scutari, come tutta l’Albania, sta cercando di guardare ad un nuovo futuro urbano tentando di non restare indietro rispetto ai rapidissimi tempi della speculazione selvaggia e dell’abusivismo. Il gap temporale è enorme e le trasformazioni in atto stanno distruggendo quelle tracce urbane su cui poter fondare uno sviluppo futuro, ma soprattutto per recuperare l’architettura stessa ed i rapporti fra quest’ultima e lo spazio urbano. La ricerca svolta ed in corso di aggiornamento per l’anno 2009, proprio cosciente di questo stato dell’arte, ha cercato di mettere in atto, attraverso il recupero e la ricerca dei segni e delle tracce urbane della città, di innescare un’azione di cambiamento, anzi, di totale ribaltamento dell’attuale morfologia della città: volgere lo sguardo. Attualmente la città, sia a livello fisico che mentale e relazionale, dà le spalle alla più grande risorsa dell’area: il lago. Una terra di nessuno ‘rosicchiata’ dalla speculazione e dall’abusivismo lo divide dal centro di Scutari. Ma è proprio questo il luogo del riscatto, del capovolgimento delle relazioni urbane su cui si vuole insistere per definire la nuova immagine della città attraverso un nuovo elemento: il waterfront. Il dinamismo ecologico del lago, che nei diversi periodi dell’anno disegna il confine tra terra e acqua, è la nuova risorsa che serve a dare vita ad una immagine che accetta il particolare, contro la generalizzazione e la certezza di un futuro che presto potrebbe essere compromesso. Il masterplan è quindi il nuovo foglio su cui disegnare la Scutari che come una bella donna guardi indietro richiamata da ammiratori fedeli: come sono le memorie e le tradizioni degli scutarini.


di/by

Paolo Di Nardo

‘Directing the gaze’ is both a metaphor and a new urban strategy for the city of Scutari, Albania. Scutari, like all of Albania, is trying to look towards a new urban future, while struggling to keep up with the extremely rapid pace of rampant speculation and unauthorized development. The time lag is enormous, and the transformations underway are destroying the urban pattern that could be a foundation for future development, but above all, offer a way of reclaiming architecture itself and the relationship between it and urban space. The studies that have been carried out, currently being updated for 2009, are conscious of this state of affairs, and have attempted to identify and reclaim the city’s patterns and outlines in order to trigger a change that actually entails a total upheaval of the city’s current form: directing its gaze elsewhere. Physically, psychologically, and socially, the city is currently turning its back on the area’s greatest resource: the lake. A no-man’s-land, ‘gnawed away’ by speculation and unauthorized development, separates it from the center of Scutari. But this is the very site of redemption, of a turnaround in urban relations, that has been chosen as a focal point for shaping the city’s new image, through the introduction of a new element: the waterfront. The ecological dynamism of the lake, which traces the border between earth and water through the seasons, is a new resource for breathing life into an image that embraces specificity rather than generalization, and faith in a future that could soon be compromised. The masterplan is thus a new page for sketching out Scutari, in the pose of a beautiful woman who turns back at the call of faithful admirers: the memories and traditions cherished by the people of Scutari.

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in queste pagine e nelle seguenti (in alto): studio ARX, progetto per il nuovo waterfront della città di Scutari, 2008 in these pages and in the following ones (above): studio ARX, project for the new waterfront of Scutari


Un progetto comune A common project Il tema oggetto della collaborazione scientifica e tecnologica qui presentata, dal titolo Studio dell’area regionale del lago e della città di Scutari sullo sviluppo urbano e turistico ricettivo, ha costituito una solida base di ragionamento sulla memoria e sul futuro di Scutari. Il filo conduttore che ha accompagnato questa riflessione sulla città è stato il rapporto scambievole fra lo spazio urbano ed il lago, ad oggi reciso e negato. Si è cercato di individuare varie direttrici per uno sviluppo successivo tentando di pensare Scutari come luogo di attrazione turistica valorizzandone al massimo il patrimonio storico, architettonico ed ambientale. I gruppi di ricerca provengono dall’Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Architettura, Dipartimento di Progettazione architettonica e dall’Università di Tirana, Facoltà di Ingegneria, Dipartimento di Architettura. The subject of the scientific and technological research, whose title is Study on the urban and touristic facilities development in the regional area of the city of Scutari and its lake, presented on these pages, can be considered as a solid basis to reason about Scutari’s memory and future. The main thread of this reflections upon the city is the mutual connection between the urban space and the lake that, at present, is broken off and denied. The study identifies several lines for a subsequent development which consider Scutari as a tourist attraction exploiting at best the historical, architectural and environmental heritage. The research teams come from the Architectural design Department of the Faculty of Architecture at the University of Florence (Italy) and the Architectural Department of the Faculty of Engineering at the University of Tirana.

tesi di laurea di Anisa Qorri, relatore Agron Lufi/degree thesis by Anisa Qorri, supervisor Agron Lufi

tesi di laurea di Eranda Lici, relatore F. Nepravishta/degree thesis by Eranda Lici, supervisor F. Nepravishta


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tesi di laurea di Lindita Bande, relatore Elton Qepali/degree thesis by Lindita Bande, supervisor Elton Qepali

tesi di laurea di Rrmira Gjonca, relatore Agron Lufi/degree thesis by Rrmira Gjonca, supervisor Agron Lufi


IN permeabile

Much more than a raincoat

INpermeabile

Molto più di un impermeabile Il concept è basato sul carattere polifunzionale, che conferisce al prodotto un valore aggiunto, distinguendolo dallo standard. In virtù di questo nasce un progetto che racchiude al suo interno un triplo modo d’uso. INpermeabile è una borsa, uno zaino, un impermeabile. La sua abilità sta nel mutare la forma in base alle esigenze di chi lo indossa. Il carattere geometrico e minimale nasce dalla necessità di renderlo facilmente richiudibile. Il punto di forza di INpermeabile è senza dubbio la simultaneità delle sue funzioni: borsa o zaino oppure borsa e impermeabile contemporaneamente in caso di necessità. Tutto questo è concesso dal fatto che gli spazi contenitivi della borsa sono, nel contempo, le tasche dell’impermeabile e attraverso un semplice sistema di bottoni automatici è possibile trasformare il prodotto in base alle esigenze. La tracolla della borsa si sdoppia nelle due bretelle dell’impermeabile, dettaglio che mira a migliorare il confort del prodotto quando lo si indossa. Il cappuccio può assumere forme differenti, offrendo la possibilità di scegliere e cambiare modello. La trasformazione è agevole e veloce ed è possibile effettuarla in ogni contesto, caratteristica che attribuisce una connotazione urbana al prodotto; INpermeabile dialoga con la città, si trasforma attraversandola negli spazi e con i tempi che le appartengono; ad accentuare il legame con lo spazio urbano, il primo modello del progetto riutilizza la cartellonistica pubblicitaria per realizzare alcuni componenti. Il prodotto nasce come progetto per la mia tesi di laurea in Disegno Industriale, in collaborazione con Ilaria Cornacchini, curato dalla professoressa Elisabetta Cianfanelli, Assessore alla Moda alla Provincia di Firenze. INpermeabile è stato ospitato a Pitti Immagine Uomo 2009, all’interno del progetto YAKERS’, nato dalla collaborazione tra il marchio Aeronautica Militare e l’Università degli Studi di Firenze. INpermeabile diventa il primo progetto trasformabile del gruppo vicdue , formato da Ilaria e Veronica Cornacchini (www.vicdue.com). L’approccio progettuale di vicdue si avvicina molto di più al design che alla moda, in quanto si propone di valorizzare il gusto estetico attraverso forma e funzione frutto di una ricerca che intende il progetto come ‘un’architettura indossabile’, in opposizione al carattere di assoluta transitorietà tipico della moda.


di/by

Veronica Cornacchini

The concept behind it is based on a multi-purpose nature, giving it extra value and setting it apart from the norm. This is the origin of a design that offers three modes of use. INpermeabile is a purse, a backpack and a raincoat. Its special ability is to change form based on the needs of its wearer. Its minimal, simple shape corresponds to the need to make it easy to reclose. Without question, INpermeabile’s best feature is the simultaneous nature of its functions: purse or backpack or purse and raincoat, at the same time, as needed. This is made possible by the fact that the purse’s container spaces are also the raincoat’s pockets. A simple system of snaps lets users transform the piece to their needs. The purse’s strap doubles as the raincoat’s suspenders, a detail that adds to the comfort of the raincoat. The hood can take on different shapes, giving the option to choose and change models. It is quickly and easily transformed, and the operation can be done in any place, a feature giving the piece an urban sensibility. INpermeabile communicates with the city, transforming as one moves through the city’s defining spaces and times. Indeed, the first design model reuses advertising poster for some of its parts, underscoring its connection with the city’s space. The piece came out of the thesis project for my degree in Industrial Design, with Ilaria Cornacchini, and overseen by Professor Elisabetta Cianfanelli, Chancellor to Fashion for the Province of Florence. INpermeabile was shown at Pitti Immagine Uomo 2009, within the YAKERS’ project, the result of a joint project between the Aeronautica Militare brand and the University of Florence. It is the first transformable design by the vicdue group, Ilaria and Veronica Cornacchini. (www.vicdue.com) vicdue’s approach is much closer to design than to fashion, as it seeks to add value to aesthetic style through form and function, based on an approach that sees the design as ‘wearable architecture’ as opposed to fashion’s typical highly transitory nature.

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Questa ricerca analizza lo sviluppo di New York attraverso 5 diverse linee temporali di 150 anni, dalla metà dell’‘800 ad oggi, ognuna delle quali percorre un tema tipologico e funzionale che caratterizza lo sviluppo urbano di New York: – la griglia degli isolati e dei distretti; – gli spazi ‘pelasgici’, spazi civici aperti per la città; – il Contratto sociale, una sfida per gli architetti; – la Sezione Urbana Ideale, l’immagine di New York come ispirazione; – le morfologie del luogo e le trasformazioni programmatiche, le reciproche influenze dei progetti.

Diane

Architects

Sprezzatura

Given the iconographic complexity with which Diane Lewis expressed these ideas, we chose to keep the original layout and do without a translation.

Lewis

This study analyzes New York’s development through 5 different time lines over 150 years, from the mid 19th century to the present. Each timeline follows a functional theme defining New York’s urban development: – the grid of blocks and architectural precincts; – the ‘Pelasgic’ spaces, open civic spaces for the city; – the social contract, a challenge for architects; – the Ideal Urban Section, the image of New York as inspiration; – site morphologies and programmatic transformations, the mutual influences of projects.

New York

Data la complessità iconografica con cui Diane Lewis ha espresso questi concetti, abbiamo preferito mantenere il layout originale, rinunciando alla traduzione.

It’s New York, so I make an effort to make it look effortless. This comes from an acceptance of circumstances, restraints, specifcs – a selection of individuals with whom I share an epochal spirit, a continuing work with colleagues, clients, students. The UN was born a decade before me, so I grew up watching the construction of Lever House, Seagrams, the Guggenheim, Paley Park, the Whitney, 666 Fifth Avenue-fragments of the radiant city realized – a CONSCIOUSLY FREE PLAN – Manhattan. After four years working under James Ingo Freed on building 499 Park Avenue – our glass tower opposite the Pepsi building, my experience learning from Mies’ protégé whet my already surging appetite for the work of my city. These identities, the level of detail, the distinctive spatial interior-exterior condition of the grid street, the pilotis, voids, ambulatories, masonry and luminosity are provocations to my work, ideas, and level of design for civic architecture in Manhattan as a continuity of memory. This selected survey of ideas, projects, teaching and competition work on New York is a report from ‘within’ at a profound moment – today is election day. It’s clear that the energy of my radical generation and the hope to weave aspirations for progressive contemporary civic activity with a space, ambulatory, and vista, ‘beyond the free plan’ has rerooted to move forward now. I have an amazing studio team that has worked on the projects represented here- our relationship continues the tradition that I have worked in – having attended Cooper Union and returned to teach there after fve years at Yale – I worked for the architects who were my studio teachers during my studies – Meier, Freed, Hejduk, Abraham setting the fundamental values for the architecture of the city as innovative models of practice and theory. And my studio is composed of architects who studied in the studios I conducted characters whose pursuits and visions are part of the tradition of ‘disegno’ – a life drawing in the studio – a passing on of objectives, knowledge, research, construction experience, love of materials space and the weight of the civic persona. The work represented here is a clear integration of practice, research, and teaching. NY 150+ a TIMELINE is a research partially sponsored by my having received the AIA BRUNNER GRANT of the New York chapter. The team included two of the current members of this studio – Daniel Meridor and Emma Fuller.


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Mitchell Joachim

sustainability 100%

Mitchell Joachim

Sostenibilità al 100%

Daria Ricchi Questo numero di AND è dedicato a quattro città europee. Quale pensi essere la maggiore differenza nella progettazione delle città europee rispetto a quelle americane? Mitchell Joachim Senz’altro la differenza più grande risiede nell’utilizzo dell’energia e delle infrastrutture. Le città americane sono state pianificate dopo la nascita dell’automobile e intorno alla sua esistenza. Le distanze tra i centri sono enormi, il design vira intorno ai grandi nodi autostradali ed è basato su un basso costo dell’energia. Per le città europee il processo è stato inverso. Sono le macchine ad essere progettate a scala urbana per confrontarsi con la pedonalizzazione. La città europea è comunque a dimensione umana, la macchina deve poter passare di fronte ai locali. Solo a New York è successo qualcosa di analogo quando il sindaco Bloomberg ha deciso di ridurre le carreggiate. Ed ha pensato di limitare le strade con tavoli e sedute in mezzo alla Broadway e le auto che scorrono ai lati. Ma la scala urbana è comunque troppo diversa. Credo però che se l’interfaccia della città è il pedone, questo la renda molto più sostenibile. DR Quindi è l’America a dover guardare all’Europa? MJ Nel 2007 New York ha chiamato come consulente l’urbanista danese Jan Jehl che ha citato esempi europei. L’idea è quella di contenere l’espansione urbana, riducendo lo spazio per i garage delle automobili, finora due a famiglia. Una percentuale contraria al modello pubblicizzato dal New Urbanism che è invece molto simile al modello europeo. DR In cosa per esempio? MJ In America è stato il movimento più influente. Concettualmente non c’è nulla da eccepire: integrare ogni livello di classe sociale, case unifamiliari con giardino, un centro dove incontrarsi, la possibilità di raggiungere tutto in poco tempo. Poi in realtà gli unici esempi dove questo si è concretizzato è nel film The Truman Show, o in Celebration, un parco tematico in Florida. È proprio l’implementazione a divenire il punto debole. I concetti sono brillanti ma non funzionano ed il lato architettonico poi è terribile: un’estetica inglese in stile vittoriano. DR Non c’è un’alternativa?


di/by

Daria Ricchi

Daria Ricchi This issue of AND focuses on four European cities. What do you think is the biggest difference in planning European cities compared to American ones? Mitchell Joachim The biggest difference is definitely in the use of energy and infrastructures. American cities were planned after the dawn of the automobile and based around its existence. There are huge distances between towns and design revolves around large highway hubs and was based on inexpensive energy. The process was the opposite for European cities. It was cars that were designed on an urban scale to deal with pedestrian traffic. European cities are on a human scale. Cars have to be able to pass in front of shops. Only in New York did something like this happen when Mayor Bloomberg decided to reduce lanes. He decided to bound the streets with tables and chairs in the middle of Broadway and have cars go to the sides. But the urban scale is still too diverse. But I think that when the pedestrian is the interface with the city, this makes it much more sustainable. DR So it’s America that should look to Europe? MJ In 2007, New York brought in the Danish urban planner Jan Jehl as a consultant and he used European examples. The idea is to contain urban expansion, cutting down on the space for car garages, which have been two per family so far. This percentage goes against the model publicized by New Urbanism, which is very similar to the European model. DR Like how, for example? MJ In America, this was the most influential movement. In theory, there’s nothing to object to: integrating every social class, single-family homes with gardens, a center for gathering, being able to get everywhere quickly. But then in reality the only examples that we actually see of this are in the movie The Truman Show, and in Celebration, a theme park in Florida. It is really implementation that becomes the weak point. The concepts are brilliant, but they don’t work and then the architectural side is terrible, Victorian-style English aesthetics. DR Isn’t there an alternative?

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Terreform1, Omni bubble; sopra/above: Terreform1, Rapid refuse; pagina precedente/previous page: Terreform1, Peristaltic city, front


sopra/above: Terreform1, Blimp bumper bus; pagina seguente/following page: Terreform1, Fab tree hab, model

MJ No, credo siano cambiate le condizioni. La progettazione urbana come professione ormai è tramontata. È nata con Kevin Lynch al MIT di Boston ed ha sofferto con il New Urbanism. Il problema vero oggi è la quantità di rifiuti prodotti che non possono essere smaltiti. In America il ‘Sanitary Landfill’, come discarica salubre, è un concetto fasullo ed è solo un modo di celare. DR Quale potrebbe essere una soluzione? MJ Si può riciclare. A Zurigo si ricicla il 95% dei materiali che in confronto al 10% di New York è una percentuale enorme. Riutilizzare sarebbe ancora meglio di riciclare. Riciclare. Riutilizzare. Ridurre. Dovrebbero essere la regola, ma significherebbe il fallimento del design. Non solo dell’Urban Design. Pensa solo a tutta l’industria del packaging. Negli anni Cinquanta e Sessanta esisteva un movimento, il KAB, Keep America Beautiful, [Mantieni pulita l’America] che era una propaganda ambigua poiché incolpava gli individui che producevano rifiuti, ma coloro che finanziavano la campagna erano gli stessi che realizzavano packaging. È evidente che il ridurre non sarebbe mai stata una loro prerogativa. DR Cosa dovrebbero fare i progettisti urbani? Mi pare che ora anche in America ci sia maggiore attenzione, meno consumo e più riciclo. MJ Forse, ma non siamo ancora molto avanti. Ed anche l’Europa è indietro. Un grosso errore è stato quello di costruire tanti edifici con doppie facciate dove gli sprechi diventano enormi: basti pensare all’energia necessaria per rinfrescarli. Si spende molta più energia, e denaro, per climatizzarli rispetto a ciò che è stato speso per costruirli. DR Dovremmo tornare a sistemi più antichi. Il problema è che non è possibile salire in altezza, costruire più di 40 piani e quindi far fronte all’aumento di popolazione. MJ La Commerz Bank a Francoforte è un esempio che funziona. È efficiente. Per ammortizzare i costi occorre almeno superare certe dimensioni in altezza, anche se poi il problema diventa di ordine urbano ed in questo caso ad esempio l’edificio è un po’ fuori scala. DR Insomma, un buon esempio di progettazione urbana sostenibile? MJ Portland. Dove sono stati fissati limiti entro i quali espandersi. Oppure Curitiba, in Sud America, è ancora una città in via di sviluppo ma con un sistema di trasporto pubblico efficiente ed all’avanguardia. DR Ma in città indiane o cinesi? Come si potrebbe ovviare al problema di numeri e dimensioni? MJ Un esempio è quello di Masdar in Dubai, progettata da Norman Foster. DR Su cosa si basa? MJ Sui sistemi energetici. Primo tra tutti quello solare, che fornisce energia sia alle infrastrutture che alle case. Hanno tentato di utilizzare bulldozer in grado di funzionare a energia solare. Fa sorridere se pensi che un banale trapano si scarica dopo un’ora. A questo si integrano sistemi ad energia idraulica utilizzando l’acqua del mare e l’attenzione all’orientamento.


MJ No, I think conditions have changed. Urban planning as a profession has been superceded. It started with Kevin Lynch at MIT in Boston and suffered with the New Urbanism. The real problem now is the amount of waste created that we can’t dispose of. In America the ‘Sanitary Landfill’ is a bogus concept and just a way to hide things. DR What might be a solution? MJ We can recycle. In Zurich, 95% of materials are recycled, which compared to 10% in New York, is a huge percentage. Reusing would be even better than recycling. Recycle. Reuse. Reduce. Those should be the rules, but this would be the end of design. Not just of urban design. Just think of the entire packaging industry. In the fifties and sixties, there was a movement called KAB, Keep America Beautiful, which was ambiguous propaganda because it put the blame on individuals who produced waste, but those who financed the campaign were the ones who made packaging. Obviously, reducing wouldn’t have ever been their priority. DR What should urban planners do? It seems to me that in America there is also more awareness, less consumption and more recycling. MJ Maybe, but we are still not very advanced. And Europe is behind too. A huge mistake was building so many buildings with double façades where the waste is enormous. Just consider the energy needed to cool them. Much more energy and money is spent to control their climate than what it cost to build them. DR We should return to older systems. The problem is that you can’t build upwards, building over 40 floors up to deal with population growth. MJ The Commerz Bank in Frankfurt is an example that works. It’s efficient. To lower costs you need to build at least certain amount upwards, even if then the problem becomes on an urban scale, and in this case, for example, the building is a little out of proportion. DR So a good example of sustainable urban planning? MJ Portland. Where they limited the bounds in which it could expand. Or Curitiba, in South America, which is still a developing city, but with an efficient, state-of-the-art public transportation system. DR What about Indian and Chinese cities? How could they get around the problem of numbers and proportions? MJ An example is Masdar in Dubai, designed by Norman Foster. DR What is it based on? MJ On energy systems. First, the solar system that supplies energy both to the infrastructures and to the houses. They tried to use bulldozers that could work on solar energy. It makes you laugh if you think that a simple drill loses its charge in an hour. They added hydraulic energy systems using sea water, and paid attention to orientation. There are fantastic cities, but still none that are 100% sustainable.

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Behnisch Architekten Workshop Progettare la sostenibilità

di/by

Alessandro Melis

Dal 12 al 16 dicembre 2008 si è svolto a Firenze, presso lo spazio A18, sede della rivista, il workshop Progettare la Sostenibilità condotto da Martin Haas di Behnisch Architekten e da Thomas Auer di Transsolar. La particolarità di questa iniziativa risiede nella concretezza dell’obiettivo: una progettazione corale applicata ad una problematica urbana reale, quale può essere un'area di trasformazione, individuata in accordo con l’Amministrazione comunale. L’area individuata, pertanto, sarà oggetto d’intervento sia come macro valutazione urbanistica e di riassetto del luogo urbano, che come micro valutazione alla scala del singolo edificio come generatore di qualità architettonica in termini di sostenibilità. In anni recenti la coscienza ambientale si è espansa al punto tale da coinvolgere virtualmente ogni area dell’attività umana. Cambi climatici, inondazioni, siccità, deforestazione e altre conseguenze della crescita della popolazione e dell’industrializzazione sono ormai tematiche da affrontare inevitabilmente e chiunque sia coinvolto nella progettazione e nella costruzione deve essere in grado di riconoscere l’impatto che le sue decisioni avranno nell’accelerazione delle suddette conseguenze. Il workshop Progettare la Sostenibilità nasce come un’occasione per una riflessione sulla progettazione sostenibile applicata ad una concreta realtà urbana, quale può essere un’area in trasformazione all’interno di una città così urbanisticamente complessa come Firenze. L’espansione meridionale del capoluogo toscano presenta una serie di flussi viari nord-sud, che rendono difficili gli spostamenti est-ovest verso il principale polmone verde della città, il parco delle Cascine. Percorrendo viale Guidoni si ha la percezione che il parco, a poche centinaia di metri, sia distante chilometri. Eppure l’area in oggetto è permeata da emergenze architettoniche rilevantissime come il nuovo Palazzo di Giustizia, il complesso universitario di Novoli e i nuovi edifici in via di realizzazione nell’area ex Fiat. Il workshop si poneva come obiettivo la sostituzione di una serie di edifici, in Piazza Caduti di Cefalonia, con un high-rise con spiccate caratteristiche di sostenibilità, che fungesse da volano anche per la riattivazione di una nuova viabilità trasversale. Per un’operazione di questo tipo, il comitato scientifico, coordinato da Paolo Di Nardo, ha immediatamente pensato a coloro che, a buon diritto, possono essere considerati i massimi esperti in materia: Martin Haas, socio con Stephan Behnisch e David Cook del blasonato studio Behnisch Architekten, con sedi a Stoccarda e Boston, e Thomas Auer, di Transsolar, consulenti per l’energia delle più note firme di architettura, con sedi a Stoccarda, Monaco e New York. Nel corso dei lavori, grazie al duo tedesco, il workshop ben presto si trasforma in qualcosa di ancor più significativo: un’opportunità, cioè, per i partecipanti, di progettare in modo integrato e secondo un approccio proprio degli studi internazionali. Un’occasione rara se rapportata alla realtà con cui spesso i giovani professionisti si trovano a dover fare i conti, ovvero quella degli studi di architettura, piccoli e medi, o delle società di ingegneria, entrambi dediti ad una progettazione del tutto frammentaria e stratificata, l’unica, di fatto, praticata e riconosciuta in Italia. Fin dal primo giorno di lavoro i docenti, ben supportati dai tutor, Filippo Maria Conti di Arx, Nico Panizzi di Heliopolis 21 e Nicoletta Sale, hanno stravolto i normali canoni didattici del tipico workshop universitario a cui era abituato anche il sottoscritto, in qualità di coordinatore didattico: a conclusione della fase di analisi i cinque gruppi, composti ciascuno da quattro partecipanti, sono stati rimescolati e riorganizzati in quattro unità di lavoro integrate fra loro, ad ognuna delle quali è stato assegnato uno specifico incarico messo in evidenza dall’analisi: la redazione del masterplan generale; l’attraversamento di viale Guidoni; lo studio di un high-rise e di un boulevard di collegamento; il recupero, in chiave sostenibile, di piazza Caduti di Cefalonia. L’intuizione di Haas e Auer è stata, sostanzialmente, quella di estendere il criterio della progettazione sostenibile alla scala urbana. Non si può immaginare di intervenire pensando alla sostenibilità come ad un vestito da applicare al singolo edificio al di fuori delle strategie urbane. La sostenibilità prêt-à-porter, infatti, non prende in considerazione gli aspetti climatici ed ambientali su grande scala e non può che risolversi in una serie di gadget come pannelli fotovoltaici, led e frangisole, marchi di fabbrica dell’autoreferenzialità di molti paladini dell’ecologia. «L’Unione Europea», spiega Auer, «sollecitata da alcune figure chiave della politica norvegese, più di ogni altra comunità ha promosso un nuovo modello di sostenibilità, in chiave non più idealizzata ed utopica, ma basato sulle reali necessità ambientali, economiche e sociali della futura comunità umana. Le azioni e le decisioni progettuali dovrebbero essere considerate non solo in termini di potenziale per minimizzare gli effetti sull’ambiente, ma anche per il loro potenziale contributo positivo al miglioramento e alla riqualificazione sia sul piano ambientale, che economico e culturale». Anche per questo la progettazione sostenibile deve incentrarsi soprattutto sugli aspetti passivi e non può quindi prescindere dall’integrazione del lavoro dei vari tecnici fin dalle fase embrionale del concept. La sostenibilità è un’opportunità, anche in chiave espressiva, per il progetto, non un ostacolo. Non si può più pensare all’opera di un architetto come ad un percorso creativo solitario, a cui, in fasi successive, strutturisti prima ed impiantisti poi garantiscono la fattibilità. Per questo le unità progettuali dei partecipanti, organizzate in modo dinamico e flessibile, hanno operato come fossero parte di un unico team, anziché competere fra loro sulla migliore interpretazione di un singolo ‘oggetto’ architettonico dato, lo stesso per tutti (ragione per cui, assai di frequente, i workshop offrono, come risultati, inutili esercizi di stile a confronto). Il workshop così fatto ha liberato nuove energie, probabilmente inespresse, fra partecipanti e tutor, i quali hanno scoperto una alternativa rispetto al modo convenzionale di intendere l’edificio nel proprio contesto, senza per questo rimanere invischiati nelle sterili polemiche, in chiave pseudostorica, di casa nostra. La considerazione sull’entusiasmo che si è diffuso tra partecipanti e staff non è di poco conto se si pensa che, sempre secondo Haas e Auer, i progetti ed i processi che intrigano e producono un senso di meraviglia o risonanza incoraggeranno le persone in modi diversi e personali e potranno anche suscitare cambi nella reazione umana. Pertanto il progetto in sé può alterare la percezione dello stile di vita e il senso di responsabilità per le azioni che si compiono e può diventare il catalizzatore per il cambiamento all’interno di organizzazioni o nei confronti di singoli individui che vi entrino in contatto.

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In Florence, from 12 to 16 December 2008, in the A18 space, AND’s headquarters, the workshop Designing Sustainability was led by Martin Haas of Behnisch Architekten and by Thomas Auer of Transsolar. The special feature of this project is in the concrete nature of its objective: a joint design project applied to an actual urban issue, which may be an area for renovation chosen with the municipal administration. The chosen area will be the project’s focus, both in a macro urban planning assessment, reorganizing the urban site, as well as in a micro assessment on the scale of the individual building as a catalyst of architectural quality in terms of sustainability. In recent years, environmental awareness has expanded to the point that it now touches on almost every sphere of human activity. Climate change, flooding, drought, deforestation, and other consequences of population growth and industrialization are now issues that must be dealt with, and anyone involved in design and construction should be able to recognize the impact that their decisions will have on the acceleration of these repercussions. The workshop Progettare lla Sostenibilità [Designing Sustainability] was conceived to offer an opportunity for reflection on ways of applying sustainable design to a concrete urban context, such as an area in transformation within a city like Florence, highly complex from the urban planning standpoint. The southern extension of the Tuscan capital features a series of north-south traffic flows that hamper east-west movement towards the city’s main ‘green lung’, the Cascine park. Driving down Viale Guidoni, it feels like the park, only a few hundred meters off, is kilometers away. And yet the area in question is permeated by extremely significant architectural features such as the new courthouse, the Novoli university complex, and the new buildings under construction in the former Fiat industrial area. The goal of the workshop was to replace a series of buildings in Piazza Caduti di Cefalonia with a very sustainable high-rise that would also serve as a catalyst for creating new east-west traffic patterns. For the type of project in question, the scientific committee, coordinated by Paolo Di Nardo, immediately thought of calling on figures who can rightly be considered the leading experts in the field: Martin Haas, partner along with Stephan Behnisch and David Cook in the award-winning practice Behnisch Architekten, with offices in Stuttgart and Boston; and Thomas Auer, from Transsolar, an energy consultant for famous architectural firms, with offices in Stuttgart, Munich, and New York. Over the course of the sessions, this German duo soon turned the workshop into something even more significant: a chance for the participants to try out an integrated approach to design, applying a method used by international firms. This was a rare opportunity, considering the context that young professionals usually find themselves in, i.e., small and mid-sized architectural practices or engineering firms, both given over to a kind of design that is completely fragmentary and stratified, but is the only one really recognized and practiced in Italy. From the very first day of the workshop, the instructors – with excellent support from the tutors, Filippo Maria Conti from Arx, Nico Panizzi from Heliopolis 21, and Nicoletta Sale – subverted the normal didactic canons of the average university workshop that even this writer, as the didactic coordinator, was accustomed to. At the end of the analysis phase, the five groups, each made up of four participants, were reshuffled and organized into four integrated work units, each of which was assigned a specific task that had been brought to light by the analysis: drafting a master plan; creating a way to cross Viale Guidoni; designing a high-rise and connecting boulevard; redeveloping Piazza Caduti di Cefalonia from a sustainable angle. Haas and Auer’s inspiration was essentially the idea of expanding sustainable design criteria to the urban scale. It’s not possible to work as if sustainability were a garment that can be applied to an individual building, regardless of urban strategies. Pret-à-porter sustainability does not take large-scale climatic and environmental aspects into consideration, and only comes down to a series of gadgets like photovoltaic panels, LEDs and brise-soleils, the self-referential hallmarks of many environmental crusaders. As Auer explains, «At the urging of several key figures in Norwegian politics, the European Union has done more than any other community to promote a new model of sustainability, with an approach that is no longer idealized and utopian, but rather based on the real environmental, economic, and social needs of future human society. Planning decisions and measures shouldn’t just be considered in terms of their potential to minimize environmental repercussions, but their potential to make a positive contribution to improvement and redevelopment, both on the environmental level and in the economic and cultural sphere». This is part of the reason why sustainable design must focus above all on passive aspects, and thus cannot be separated from the process of integrating the work of various technical experts, starting from the embryonic concept phase. Even in creative terms, sustainability is a design opportunity, not a hindrance. The work of an architect can no longer be thought of as a solitary creative process, whose feasibility is ensured by structural engineers and then plant engineers in later phases. For this reason, the groups of participants, organized in a dynamic, flexible way, worked as if they were on a single team, rather than competing with each other to come up with the best interpretation of a single given architectural ‘object’, the same for everyone (which is why the results of workshops often boil down to useless comparative exercises in style). Structured in this way, the workshop unleashed new, probably never-before-expressed potential in the participants and tutors, who discovered an alternative to the conventional way of thinking about buildings in their context, though without getting caught up in the sterile, pseudo-historical debates so common in Italy. The enthusiasm that infused the participants and staff is a factor worthy of note, if one considers – again, according to Haas and Auer – that projects and processes which intrigue people and elicit a sense of wonder or resonance will stimulate them in different, personal ways, and can even cause changes in human reactions. The design itself can therefore affect one’s perception of lifestyles and the sense of responsibility for one’s actions, becoming a catalyst for change within organizations or the individuals who come in contact with them.


promotori/promoter DNA Associazione culturale, AND sostenitore/sponsorship ANCE FIRENZE – Sez. Edile di Confindustria Firenze patrocini/patronages Comune di Firenze Università di Firenze, Facoltà di Architettura Università di Firenze, Facoltà di Ingegneria ANCE Associazione Nazionale Costruttori Edili Ordine degli Ingegneri di Firenze in collaborazione con/in collaboration with Assessorato all’Urbanistica del Comune di Firenze architetto docente/architect teacher Martin Haas (Behnisch Architekten) ingegnere consulente/engineer teacher consultant Thomas Auer (Transsolar) coordinatore didattico/didactic coordinator Alessandro Melis comitato scientifico/scientific board Paolo di Nardo – Direttore editoriale AND Fabio Rosseti – Presidente Ass. Culturale DNA Ulisse Tramonti – Direttore Dipartimento di Progettazione, Facoltà Architettura Firenze Maurizio Talocchini – Direttore Direzione Urbanistica, Comune di Firenze Gaetano di Benedetto – Dirigente Direzione Urbanistica, Comune di Firenze tutors Filippo Maria Conti, Nico Panizzi, Nicoletta Sale segreteria organizzativa/organization AND – Rivista di architetture, città e architetti partecipanti/participants 20 architetti e ingegneri su iscrizione fino ad esaurimento posti periodo/period 12-16 dicembre 2008 (5 giorni) oggetto di studio/study object area del Comune di Firenze – zona Novoli luogo/place Spazio A18, via degli Artisti, 18R Firenze ufficio stampa/press re.publiquepress@gmail.com

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1. masterplan

gruppo/group Davide Canali, Agnese Damiani, Paqualino Grifone, Mario Romano, Giovanni Servidio Si propone di costruire un asse di collegamento nord-sud, tra il Palazzo di Giustizia e il Parco delle Cascine, poco connesso e percepibile dal quartiere. Tre sono gli interventi di ristrutturazione urbanistica lungo la nuova promenade: a nord e a sud, mediante nuove edificazioni di vicinato ed edifici alti a più destinazioni d’uso e un isolato residenziale centrale, sorto nel dopoguerra, nel quale si propone puntuali interventi di sostituzione e riqualificazione del tessuto esistente/The proposal is to build a north-south axis linking the courthouse and the Cascine Park, which is poorly connected to its surroundings and not easily perceptible from the neighbourhood. Three urban redevelopment projects are planned along the new promenade: to the north and the south, with new small-scale buildings and multipurpose highrises, and on a central residential block from the post-war period, with targeted measures aimed at converting and upgrading the current fabric.

2. gate

gruppo/group Valentina Chisci, Maria Foselli, Francesca Millucci, Guido Quirici Macrotema della testata nord dell’intervento, il gate è il punto nodale in cui il boulevard si innesta sull’invalicabile barriera del viale Guidoni. Alla base del progetto l’ambiziosa idea di scavalcare l’ostacolo con percorsi aerei, elementi fluidi capaci di informare di sé il tessuto urbano limitrofo e generare le forme dell’architettura. Nasce da qui il volume snello di una torre che ospita biblioteca e museo del diritto e diventa un riferimento visivo di immediata riconoscibilità, vero e proprio landmark urbano/As the major theme in the northern part of the project, The Gate is the key point where the boulevard is grafted onto the seemingly insurmountable barrier of Viale Guidoni. The project is based on the ambitious idea of overcoming this obstacle by using aerial walkways, fluid elements that influence the surrounding urban fabric, generating new architectural forms. This gives rise to a slender tower housing the Library and Museum of Law, an immediately recognizable visual reference that becomes a true urban landmark.


3. high-rise

gruppo/group Francesca Barracu, Franco Bresciani, Giovanni Di Virgilio, Alessia Faggioli, Chiara Lenzi Tema centrale è l’integrazione fra la città ed il parco metropolitano, attraverso la ricomposizione della trama urbana e l’individuazione di un percorso di collegamento. Percorso che si snoda fra gli edifici formando una linea fluida, dove lo sguardo non coglie da subito il punto di arrivo, ma lo percepisce attraverso la presenza di architetture emergenti che ritmano il percorso. L’incontro fra i due sistemi coincide con un edificio che riassume in sé la complessità dell’approccio sostenibile allo sviluppo della città/A central theme is that of integrating the park with the city by recomposing the urban fabric and singling out a route between them. This route runs between the buildings, forming a fluid line, and though one does not immediately see the point where it leads, this is perceived through architectural landmarks that give it a sense of rhythm. The encounter between these two systems is embodied by a building that sums up all the complexity of the sustainable approach to urban development.

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4. block

gruppo/group Damiano Capuzzo, Filippo Giovannini, Emanuele Luciani, Antonella Ottaviano, Leone Pierangioli Il tipo d’intervento è stato quello della rottamazione: eliminazione di tutto ciò che ostacola l’osmosi tra edificato e vissuto: tessuto fortemente edificato, maglia stradale discontinua. Ogni cesura nel tessuto origina dei germogli: giardini d’inverno all’interno dell’isolato e pareti vegetali nelle cortine dello stesso; l’approccio progettuale fa perno attorno ad un boulevard centrale che attraversa l’isolato permeandolo in orizzontale e in verticale, attraverso slarghi del marciapiede e terrazzi a sbalzo/The project concept is based on demolition: getting rid of everything that hinders the osmosis between constructed space and daily life, i.e., a densely constructed urban fabric and uneven network of streets. Every cut into the fabric germinates new shoots: greenhouses within the block and green walls along its sides; the design approach hinges on a central boulevard that cuts through the block, infiltrating it horizontally and vertically through wider sections of sidewalk and overhanging terraces.

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legenda con gli autori dei progetti legend with the projects’ authros 1 Dixon Jones 2 Page & Park 3a/b Haworth Tompkins 4 a/b/c Brock Carmichael 5a Hawkins Brown 5b Stephenson Bell 5c Stephenson Bell 6 Glenn Howells 7/7a Haworth Tompkins 8 Grieg & Stephenson 8 padiglione/pavilion FAT 9 CZWG 10 John McAslan 10a Wilkinson Eyre 11 Michael Squires & Partners 11a Wilkinson Eyre 12 Pelli Clarke Pelli 13a BDP

© David Millington

13b Allies & Morrison 13d BDP 14 BDP 14 facciata/façade Marks Barfield 15 Groupe 6 16f BDP 16g Studio Three 16h/i BDP 17/17a Wilkinson Eyre 18 Leach Rhodes Walker 19/20 Austin Smith Lord ampliamento dell’edificio della PSS di fronte al lotto 19/extension to PSS [Personal Service Society] building opposite site 19 Owen Ellis ODIC [Old Dock Interpretation Centre] BDP stazione St. Anne/St. Annes Stn Brock Carmichael progetto dell’acqua/water feature Gross Max progettazione spazio pubblico/public realm BDP parco/park BDP progetto illuminazione/lighting BDP


Liverpool Il rinascimento della capitale europea della cultura 2008

di/by

Liverpool. The Renaissance of European Capital of Culture 2008 Contemporary international discourse is all about cities and the future of their identity, which makes it no surprise that, coinciding with the World Architecture Festival in October 2008 in Barcelona, the annual International Conference of RIBA (Royal Institute of British Architects) organized its full schedule of conferences on the theme of the relationships between Place, Politics and Identity. Cities compete for archistars, trying to gain a primacy that, however, cannot escape the political and socio-cultural mechanisms at the foundation of the governance of urban regeneration processes that involve developers, politicians and architects in a system that is becoming ever more complex. From Dubai to Shanghai, Berlin to Bilbao,big cities have launched the new millennium with urban transformations that fit the new model of the ‘global city’ as a point of ever-expanding multiculturalism and market competition. Liverpool is a case in point. On its 800th anniversary, Liverpool, the city of John Lennon and James Stirling, took on the challenge of becoming the ‘European Capital of Culture 2008’. In the Victorian era, it was the second leading city in the British Empire, and then underwent a slow decline that reached its lowest points in the severe recession of the 1980s. After years of economic stasis, Liverpool, the capital of Merseyside, broke the downward spiral and burst forward with an incredible schedule of events, including exhibitions, concerts, urban installations, restorations and a lot of new architecture to return it

Cristina Donati

La città ed il futuro della sua identità sono al centro del dibattito contemporaneo internazionale: non è un caso che, in coincidenza del World Architecture Festival che si è tenuto a Barcellona nell’ottobre 2008, l’annuale Conferenza Internazionale del RIBA (Royal Institute of British Architects) abbia concentrato il suo ricco susseguirsi di convegni sulle tematiche di relazione tra Place, Politics, Identity. Le città si contendono le archi-star alla ricerca di un primato che non può però eludere la gestione dei meccanismi politici e socio-culturali su cui si fonda la governance dei processi di rigenerazione urbana che coinvolgono promotori, politici ed architetti, secondo una logica di sistema che sta assumendo sempre maggiore complessità. Da Dubai a Shanghai, da Berlino a Bilbao: le metropoli hanno inaugurato il Terzo Millennio all’insegna di trasformazioni urbane in grado di rispondere al nuovo modello di ‘città globale’, espressione di una sempre crescente multiculturalità e competizione di mercato. Emblematico è il caso di Liverpool: la città di John Lennon e James Stirling, nell’anno del suo ottocentesimo compleanno, ha accettato la sfida di trasformarsi in ‘Capitale Europea della Cultura 2008’. Seconda città dell’impero nel periodo vittoriano, ha poi vissuto un lento declino culminato nella profonda recessione degli anni ‘80. Così, dopo anni di stasi economica, la capitale del Merseyside spezza la spirale di crisi ed esplode con un incredibile calendario di manifestazioni: mostre, concerti, allestimenti urbani, restauri e tanta nuova architettura per tornare agli antichi fasti e sancire l’atteso Rinascimento, come lo definisco gli stessi quotidiani nazionali. Liverpool si è trasformata in un grande cantiere con l’obiettivo di cambiare il corso della storia, riprogettando la sua identità con un volano di rigenerazioni che hanno fatto affluire capitali nel centro storico e finanziario della città. Molti gli interventi a diverse scale urbane, tra i più significativi: il restauro e l’ampliamento dell’antico Bluecoat Arts Centre dello studio BIQ Architecten di Rotterdam; la nuova Accademia di Arte e Design di Rick Mather; il piano guida dei BDP per rilanciare i North Docks in un avveniristico quartiere di grattacieli che faranno lievitare la popolazione di oltre 400.000 residenti. Le gru hanno invaso anche Albert Dock, il waterfront di pregio, dove si snodano i due interventi a maggior impatto urbano e cioè: la nuova Arena & Convention Centre (ACC) dello studio Wilkinson Eyre con oltre 7.500 mq di spazio espositivo e due auditorium da 10.000 e 1.350 posti; Liverpool One, un intervento multifunzionale con più di 30 nuovi edifici, tra cui due grandi magazzini, due alberghi, una stazione per autobus, una multisala, 600 unità residenziali, oltre ad un parco ed un parcheggio da 3.000 posti auto. Un insediamento da un milione di sterline, gestito in forma interamente privata dalla Grosvenor Estate, società immobiliare del Duca di Westminster, maggior latifondista della Gran Bretagna. Fulcro del rinnovamento, il progetto ha previsto un masterplan curato dai BDP (Building Design Partnership) e la partecipazione di 15 studi internazionali per la realizzazione delle opere di architettura.

Liverpool One area di sviluppo/development area confini dell’area/site boundary area definizione dell’area sotterraena/ below ground site boundary

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alcuni particolari di Liverpool One some details of Liverpool One

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to its former splendor and confirm its much-awaited renaissance, as English newspapers refer to it. Liverpool turned into a huge construction site, seeking to change the course of its history, redesigning its identity driven by regeneration projects that infused capital into its historic and financial center. There were many projects on different scales. Some of the most significant were: the restoration and expansion of the Bluecoat Arts Centre by the BIQ Architecten studio from Rotterdam; the new Art and Design Academy by Rick Mather; the master plan by BDP to revive the North Docks and making it into a futuristic district of skyscrapers to bring Liverpool’s population of over 400,000 residents up to a new level. The prestigious waterfront Albert Dock was likewise overrun by construction cranes where two projects of major urban impact cross paths: the new Arena and Convention Center (ACC) by the Wilkinson Eyre with over 7,500 sqm of exhibition space and two auditoriums, seating 10,000 and 1,350; and Liverpool One, a multi-functional project with over 30 new buildings including two large warehouses, two hotels, a bus station, a multi-plex cinema, 600 housing units, plus a city park and a 3000-spot car park. The million-pound development project was managed almost completely privately by Grosvenor Estate, the real estate firm of the Duke of Westminster, the largest landholder in Great Britain. The project, governed by a masterplan by BDP (Building Design Partnership), was pivotal to the renewal project, involving 15 international firms designing the architecture projects.


BDP Building Design Partnership, Liverpool One

Ten years ago, the process got underway to transfigure this substantial swath of the city, with its 17 hectares facing the Strand, cut through by Paradise Street. The project’s intent is to create a high quality modern public space that will rehabilitate a historic center that has too long lain in a state of neglect. In the summer of 1999, the Municipal government announced a competition for the master plan for the area, which was won by the Manchester office of the BDP, led by Terry Davenport joined by Peter Drummond and Richard Rees from the Londonbased studio to plan the project’s final stages. The project’s objective is to form a central urban space, which can fit into the historic context while having its own independent identity and powerful urban quality. It is intended as a place for shopping that is part of the city, presenting a model that has little to do with anonymous, homogenous, suburban outlet stores typical of England. The Grosvenor Estate consultants, the specialists of the Municipal government and the BDP team worked for a full year to develop a masterplan with unified strategies to resolve restraints and meet objectives, including: justifying the demolition of some large buildings from the ‘60s; determining the suitable commercial share to finance the spaces for the diverse intended uses needed to regenerate the neighboring areas; building a spacious underground car park; planning a route with shops and social spaces that is attractive and communicates a new civic sense that the city needs to reestablish its urban dignity. The plan is the final fruit of a slow process of development that led to solutions that worked, including bringing the parking lot underground to create the new Chavasse Park above it, demolishing the postWar buildings to restore the historic urban fabric facing a new line of buildings with street-level shops and service sector businesses, housing and services on the upper levels. The resulting neighborhood has a European quality and seeks to create an ample mix of functions, with places for the arts, dining,

Inizia dieci anni fa il processo di trasformazione di questo consistente brano di città, 17 ettari prospicienti lo Strand e tagliati dall’asse di Paradise Street: un intervento che mira a realizzare un moderno spazio pubblico di qualità che rigeneri un centro storico in stato di abbandono da oramai troppo tempo. Così, nell’estate del 1999 la Municipalità bandisce il concorso per il piano guida dell’area che viene vinto dalla sede di Manchester dei BDP, sotto la guida di Terry Davenport a cui si uniranno Peter Drummond e Richard Rees dello studio di Londra per definire le fasi finali del progetto. Lo scopo è quello di realizzare una centralità urbana che, seppur integrata al contesto storicizzato, sia connotata da un’identità autonoma e a forte valenza urbana: un luogo per lo shopping che appartenga alla città e proponga un modello lontano dagli anonimi e omologati outlet di periferia di stampo anglosassone. I consulenti della Grosvenor Estate, i tecnici del Comune ed il team dei BDP lavorano per un intero anno alla definizione di un masterplan che contenesse strategie di sistema in grado di risolvere vincoli ed obbiettivi come: giustificare la demolizione di alcune imponenti strutture degli anni ‘60; definire l’adeguata percentuale di quota commerciale per finanziare gli spazi a diverse destinazioni d’uso necessari per rigenerare le aree limitrofe; realizzare un capiente parcheggio interrato, progettare un percorso con negozi e luoghi di socializzazione che fosse accattivante ma comunicasse anche il nuovo senso di civitas di cui ha bisogno la città per rifondare la sua nuova dignità urbana. Il piano è quindi il frutto di una lenta elaborazione, che ha portato a soluzioni vincenti come: interrare il parcheggio per crearvi sopra il nuovo parco urbano di Chavasse Park, riuscire a demolire gli edifici del dopo guerra per recuperare la maglia urbana storica su cui si affaccia una nuova cortina di edifici con negozi a livello strada e quote di terziario, residenza e servizi ai piani alti. Il risultato è un quartiere di matrice europea dove si è voluto creare un ricco mix di funzioni che spaziano da luoghi per la cultura, il ristoro, lo shopping, la residenza ed il lavoro. Dal punto di vista urbanistico, l’insediamento costituisce una cerniera tra il centro storico ed il lungo fiume, connessi grazie a nuovi assi di penetrazione e al nuovo parcheggio, concepito come snodo intermodale con bus navetta di collegamento ai principali quartieri cittadini. Un piano ben congeniato per il quale la Grosvenor Estate ha preteso un’architettura di eccellenza, coinvolgendo, tra gli altri, studi come quelli di: Wilkinson Eyre, Piers Gough, Allies and Morrison, John McAslan, Dixon Jones, Cesar Pelli. Lo studio dei BDP, oltre al coordinamento progettuale ed alla definizione dei principali codici architettonici, si è occupato della realizzazione dei Grandi Magazzini Debenham, del multisala Odeon, del parcheggio e del soprastante Chavasse Park. Per concretizzare un’operazione di trasformazione urbana della scala e della complessità di Liverpool One, Terry Davenport, capogruppo BDP, sottolinea la necessità dei seguenti fattori: un committente con una volontà ed una visione chiara e determinata; il coinvolgimento, fin dalle prime fasi della progettazione, dei tecnici comunali; una forte e costante integrazione tra ingegneri, pianificatori, consulenti commerciali e architetti; una tenuta dei valori e degli obbiettivi di piano; la partecipazione attiva e positiva dei residenti. è improbabile che si possano nuovamente concretizzare le condizioni economiche e culturali che hanno consentito la realizzazione di un’operazione immobiliare della complessità di Liverpool One: un progetto che non solo ha contribuito all’affermazione di Liverpool come Capitale Europea della Cultura 2008 ma che l’intera comunità considera come intervento volano per la rigenerazione dell’intera regione del Merseyside.

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immagini dell’intervento Liverpool One: una piazza ed una strada pedonale commerciale/images of the Liverpool One project: a square and a commercial and pedestrian street

shopping, housing and work. The development’s urban planning makes it a link between the historic center and the riverside, which are connected by new entrance roads and the new car park, conceived as a transportation hub for shuttle buses to the primary neighborhoods of the city. The plan is carefully-conceived, and Grosvenor Estate wanted excellent architecture for it, bringing in firms the likes of: Wilkinson Eyre, Piers Gough, Allies and Morrison, John McAslan, Dixon Jones and Cesar Pelli. The BDP firm was in charge of design coordination and defining the principle architectural styles. It also designed the Debenham department store, the Odeon multi-plex, the car park and Chavasse Park above it. To successfully implement an urban regeneration project on the scale and complexity of Liverpool

One, Terry Davenport, the project director for BDP, emphasizes the need for the following factors: a client with determination and a clear, precise vision; the involvement of municipal specialists from the earliest phases of planning; an ongoing, solid cooperation between engineers, planners, commercial consultants and architects; staying true to the plan’s values and objectives; and the residents’ active, positive involvement. We are unlikely to see again the economic and cultural conditions such as those that made it possible to implement a real estate undertaking of Liverpool One’s complexity. The project not only helped affirm Liverpool’s place as the European Capital of Culture 2008, the entire community sees it as a driver of the regeneration of the entire Merseyside region.


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Wilkinson Eyre Architects, Nuova Arena e Centro Convention

Chris Wilkinson and Jim Eyre are leading representatives of English structuralism, merging art and science to explore multi-disciplinary realms and challenge the learned conventions of geometry, movement, lightness and flexibility. In this spirit, the space becomes architecture, with the support of sophisticated digital technology of state-of-the-art software to govern the materials’ performance, component design and the structure’s expressive impact. The plan is conceived as an experiment exploring the potentials of recent information technology to offer new narrative and sensorial visions of the space, where innovation is the ends and technology the means. Having been invited to Liverpool to turn the King’s Waterfront from a depressed area to a city stage for the cultural celebrations put on throughout 2008, Chris Wilkinson and Jim Eyre realized an ambitious plan, including the new Arena and Convention Centre (ACC), a multi-level car park with 1600 parking spaces, 96 housing units, as well as intensive urbanization with new road systems that revolve around a square, an emblem of the city’s civic rebirth. The city sought an icon of the contemporary age to alter Liverpool’s face with a highly recognizable building. The grand complex is like the shell of a giant crab resting lightly along the river. With its elongated shape and seagull wings, it brings to mind anthropomorphic forms and references to the place’s port and seagoing roots. The new ACC, opened in January 2008, has two units that mirror each other: the two plans, with a horseshoe layout, are connected along a distributional axis that becomes part of the public road sys-

entrata principale/main entrance sopra: schizzi di studio above: preliminary sketches

Protagonisti della migliore scuola strutturalista anglosassone, Chris Wilkinson e Jim Eyre integrano arte e scienza per esplorare ambiti multidisciplinari e sfidare le convenzioni acquisite di geometria, movimento, leggerezza e flessibilità. Con questo spirito, lo spazio si trasforma in architettura grazie anche alla sofistica tecnologia digitale dei più aggiornati software che mirano al controllo delle proprietà performanti dei materiali, del design dei componenti e dell’espressività della struttura. La progettazione è, quindi, concepita come una sperimentazione che indaga le potenzialità dell’ultima information technology per proporre nuove visioni narrative e sensoriali dello spazio, dove l’innovazione è il fine; la tecnologia, il mezzo. Chiamati a Liverpool per trasformare il King’s Waterfront da area depressa a palcoscenico urbano delle celebrazioni culturali che si sono succedute per tutto l’arco del 2008, Chris Wilkinson e Jim Eyre hanno portato a termine un programma ambizioso che comprende: la nuova Arena e Centro Convention (ACC), un garage multipiano per 1.600 posti auto, 96 unità residenziali, oltre ad un’intensa urbanizzazione con nuova rete viaria che ruota intorno ad una piazza, simbolo della rinascita civica della città. La città ha voluto un’icona della contemporaneità che cambiasse il volto di Liverpool con un edificio a forte riconoscibilità: l’imponente complesso si presenta quasi come la corazza di un enorme granchio che si adagia leggero lungo il fiume grazie alla sua forma allungata, ad ali di gabbiano, che sollecita suggestioni antropomorfe e riferimenti alla cultura marinara e portuale del luogo. Inaugurata a gennaio 2008, la nuova ACC è costituita da due blocchi speculari: le due piante, con impianto a ferro di cavallo, sono collegate lungo un asse distributivo che diviene parte del sistema viario pubblico. Questa direttrice è evidenziata da una galleria vetrata a copertura voltata che collega l’Arena, contenuta nel ‘guscio’ più grande, al Centro Convention dove si trova l’auditorium a più ridotta capienza e lo spazio espositivo. L’attacco a terra è studiato per comunicare integrazione e senso civico: un rivestimento in vetro lascia quindi percepire il percorso anulare della distribuzione principale dove, come lungo una strada urbana protetta, si svolge l’interfaccia con la città. La scelta della trasparenza alla base dell’edificio conferisce dinamismo all’architettura e comunica tutta la partecipazione dei cittadini alla vita culturale di Liverpool. L’ininterrotta leggibilità del profilo rappresenta uno dei virtuosismi del design e della tecnologia dei componenti che tracciano una linea fluida e continua che dalla copertura curva sui prospetti costituiti da tre fasce di pannelli a diversa intensità di texture materica. L’espressività del rivestimento è stato oggetto di approfondite ricerche per riuscire ad esprimere un impatto scenografico che non perdesse di intensità di giorno come di notte. è stata quindi scelta una progressione di fasce orizzontali: trasparenti al piano terra, translucide nella parte mediana ed opache in alto. Il vetro liscio del basamento è quindi seguito da pannelli in vetro satinato posati diagonalmente e serigrafati con un disegno a linee spezzate, che la sera proiettano accattivanti giochi di luce; il coronamento dell’edificio, che prosegue ininterrotto sulla copertura, è invece un sistema a pannelli modulari che chiudono il volume con l’opacità dell’acciaio. L’involucro diviene design e connota l’identità dell’architettura che si fa interprete delle istanze del luogo e del programma: con questo obbiettivo, Chris Wilkinson e Jim Eyre lavorano sui materiali per trasformare la tecnologia in linguaggio espressivo. Il progetto segna una svolta nel metodo e nella rappresentazione della progettazione che è stata, per la prima volta, eseguita interamente con software BIM (Building Information Modeling): la complessità geometrica del rivestimento poteva, infatti, essere risolta soltanto con tecniche di modellazione virtuale. Il nuovo landmark di Liverpool è quindi il risultato di un approccio integrato tra architettura, design e tecnologia, applicate alla risoluzione di forme complesse: una sperimentazione che dichiara un forte interesse ad esplorare le potenzialità di superfici e materiali nuovi ed interattivi che solo la creatività interdisciplinare di Chris Wilkinson e Jim Eyre poteva trasformare in realtà costruita.

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in queste pagine: viste dall’alto e dal fiume in these pages: aeral and riverside views

nome progetto/project name Nuova arena e centro congressi/New arena and congress centre progetto/project design Wilkinson Eyre Architects strutture/structures Buro Happold consulenza sull’architettura sportiva/consulting for athletic architecture Sport Concepts consulenza sulla progettazione teatrale/consulting for theatre design Theatre Projects architettura del paesaggio/landscape architecture Gustafson Porter illuminotecnica/lighting technology Speirs & Major acustica/acoustics Sandy Brown Associates impianti elettrici e meccanici/ electrical and mechanical systems Faber Maunsell committente/client Liverpool City Council luogo/place Liverpool, UK cronologia/chronology dicembre 2005 (inizio cantiere)-gennaio 2008 (realizzazione)/December 2005 (groundbreaking)-January 2008 (completion) costo/cost 157 milioni euro

tem. This axis is highlighted by a glazed gallery with a vaulted roof connecting the Arena, located in the larger ‘shell’, to the Convention Centre which houses the smaller auditorium and exhibition space. The ground attachment was designed to express integration and its civic meaning with glass cladding that lets us perceive the ring path of the main distribution, where the interface with the city occurs, like along a covered city street. The building’s fundamental choice of transparency gives it a dynamic quality and expresses the full participation of the public in Liverpool’s cultural life. The uninterrupted legibility of the contour is one of greatest virtues of the design and the components’ technology that form a fluid, continuous line from the curved roof to the façades of three panels with different intensities of material texture. The cladding’s expressive power was the subject of close study in an effort to have a theatrical impact that would have equal intensity day and night. A progression of horizontal bands was chosen for this purpose, transparent on the ground floor, translucid in the median part and opaque on top. The smooth glass of the base is followed by satin-finished glass

panels placed diagonally and screen-printed with a broken-line pattern. In the evening, they project fascinating light effects; the building’s coping which follows the roof without interruptions, is a system of modular panels that close off the volume with the opacity of steel. The envelope becomes its design and marks the building’s identity as it expresses the place and plan’s intentions. Chris Wilkinson and Jim Eyre had this objective in mind in working with the materials to turn its technology into expressive language. The project marks a turning point in method and project representation, done for the first time entirely with BIM (Building Information Modeling) software. The cladding’s geometric complexity could only be resolved with virtual modeling technologies. Liverpool’s new landmark is the result of an integrated approach of architecture, design and technology, applied to complex forms. This experiment proclaims its interest in exploring the potentials of surfaces and new, interactive materials, which Chris Wilkinson and Jim Eyre’s interdisciplinary creativity skillfully turned into a built reality.


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pianta primo piano/first floor plan

prospetto sul fiume/elevation on the river side

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Lubiana Il carattere della città

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Ljubljana. The Character of the city A character of a place is like that of a person. Its qualities are shaped by walls, memories and the people who choose to inhabit it, make it a part of their story. It is the surrounding life that makes buildings into cities, and the ability to restructure its logic is what constitutes the precondition of freedom. But the character of a place is made of much more than what we perceive from the outside. It is also what lies hidden in the cracks of the walls of society. Just as our lives are determined by the place we choose to inhabit, so does the character of a place depend on us. In this way, with the form of a city the inhabitants shape a character that cannot be reproduced in a different location or in any different time. The language of life surrounding a place, as well as the names it adopts, speak of the present day. Just a few years ago, it was not so common to hear foreign languages as one strolled down the banks of the Ljubljanica river, along which the center of Slovenia’s capital has developed. This has changed since Easy Jet opened a London-Ljubljana route in 2004. Ljubljana’s appearance on the maps of travel agencies, airlines and international businesses owes much to the fact that Slovenia joined the European Union in 2004. The new reality that the city entered means it is now enjoying the reputation of a laid-back, relaxing destination for tourists from around the world. To some, it is rather exotic, in the sense of Eastern European, to others, nostalgically beautiful. The town was facing, for the first time, the challenge of representing a political center around the time that Plecnik returned to Ljubljana in 1921 and ˇ began ascribing new meaning to the existing context when designing public space. The memory of the past still inhabits the city’s present vibe, but the shift in consciousness brought by low-cost airlines has changed the character of the place. In each transition, the present integrated the old city fabric with urban space, laying the ground for a new phase to begin. As this image was becoming accepted by the inhabitants, an incision was made through the densest part of Ljubljana in 1999, under the castle ˇ in Prešeren Square, where Plecnik’s Triple Bridge crosses the Ljubljanica: an entrance designed as a seamless cut in the gray base, leading to the daytime chapel by Maruša Zorec in the cellar of the

Nika Grabar

Il carattere di un posto è come quello di una persona. Le sue qualità sono formate da muri, ricordi e persone che hanno scelto di abitarci rendendola parte della loro storia. è la vita circostante a far diventare gli edifici, città e l’abilità di ristrutturarne la logica è ciò che costituisce i requisiti della libertà. Ma il carattere di un posto è costituito da molto più di quello che noi percepiamo dall’esterno. è anche quello che è nascosto nelle crepe dei muri della società. Così come le nostre vite sono determinate dal posto in cui abbiamo scelto di abitare, il carattere di un posto dipende da noi. In questo modo, con la forma di una città, gli abitanti formano un carattere che non può essere riprodotto in altro luogo o in altro tempo. Il linguaggio della vita che circonda un luogo, come anche il nome che adotta, parla del presente. Alcuni anni fa non era così frequente ascoltare lingue straniere passeggiando lungo il fiume Ljubljanica, lungo il quale si è sviluppato il centro della capitale slovena. Tutto è cambiato da quando Easy Jet ha aperto una linea Londra-Lubiana nel 2004. Il fatto che Lubiana sia apparsa sulle mappe di agenzie turistiche, compagnie aeree e affari internazionali, si deve per lo più all’entrata della Slovenia nell’Unione Europea nel 2004. La nuova realtà nella quale la città si è trovata, gode ora della reputazione di capitale rilassante per i turisti da tutto il mondo. Per alcuni piuttosto esotica, intesa come est-europea, per altri nostalgicamente bella. ˇ La città affrontò, per la prima volta, la sfida a rappresentare un centro politico quando Plecnik ritornò a Lubiana nel 1921, iniziando ad attribuire un nuovo significato ad un contesto preesistente quando progettava uno spazio pubblico. Il ricordo del passato vive ancora nella percezione del presente, ma un mutamento della consapevolezza portato dalle linee aeree low cost, ha cambiato il carattere del posto. In ogni transizione, il presente integra il vecchio tessuto cittadino con lo spazio urbano, ponendo le basi per l’inizio di una nuova fase. Quando questa idea stava per essere accettata dagli abitanti, fu praticato, nel 1999, un taglio attraverso la parte più densamente edificata di Lubiana, sotto il castello ˇ ˇ in piazza Preseren, dove il triplo ponte di Plecnik attraversa il fiume Ljubljanica: un ingresso, progettato come un taglio senza soluzione di continuità nella base grigia della cappella diurna disegnata da Maruša Zorec nella cantina del monastero francescano. Soltanto ad un passo dalla animata piazza, celebrata dal circolo di Ravnikar, si trova una sfera di solitudine e contemplazione, qualcosa che sembra essere quasi l'inconscio dello spazio pubblico. Il visitatore entra attraverso una porta – un’estensione del muro, un sipario di metallo che sfiora appena la pietra sulla destra. L'interno si rivela mentre si è guidati da una rampa verso il basso, fino al retro di uno spazio a volta, costituito da tre ambienti separati dal corpo principale della cappella, definito da una parete di legno. Sul fronte la luce penetra all’interno, cadendo sull’altare e tracciando le possibilità dello spazio fra luce e pietra. ˇ Il mercato di Plecnik, dall’altra parte del fiume, è un evento in sé per sé con i colori e gli odori dell’inizio dell’estate. Gli orti del sobborgo di Krakovo, lo rifornivano di verdure fresche e, quando Lubiana cominciò a crescere e divenire una città moderna, il ‘paese’ fu inglobato nel tessuto urbano. L’immagine di una casa, come ce l’aspetteremmo dal carattere rurale di Krakovo, è piuttosto diversa da quella che lo studio di architettura Deckleva-Gregoricˇ ha creato nel 2004. Il nome di questa casa per il weekend, XXS (extra extra small), ben si abbina con i giardini e le case di piccole dimensioni che sono adesso protette da speculazioni di ogni tipo. La sua forma è stata determinata dai regolamenti edilizi sulla base delle dimensioni di una casa precedente. Modesta di carattere, sfida il rapporto muro-tetto e lo tratta come una superficie continua con la facciata frontale. Questo involucro in combinazione con il muro retrostante e laterale dello stesso colore, fanno della casa un prezioso pacchetto grigio che permette ad un altro gioco di svilupparsi, il gioco delle aperture. Contrariamente a case più grandi con piccole finestre, lo spazio di questa particolare casa fa entrare il mondo esterno attraverso una grande finestra del salotto al piano inferiore e approfitta di un cortile semi-privato. Delle aperture più piccole che si affacciano sulla strada sono posizionate a lato e la camera da letto, al piano superiore, gode

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XXS House nome progetto/project name Casa XXS/XXS House architetto/architect Dekleva Gregoricˇ Arhitekti Aljoša Dekleva, Tina Gregoricˇ committente/client privato/private data di progetto/design date 2002-2004 fine lavori/completion 2004 luogo/site Lubiana, Slovenia superficie lotto/site area 42 mq/sqm costo/cost 62.000 euro foto/photo Matevz Paternoster www.dekleva-gregoric.com

in alto, da sinistra: schizzi della trasformazione; schizzi dello studio dell’illuminazione naturale above, form the left: sketch of the transformation of the house; sketch of the house sunlight concept

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pianta piano terra/ground floor plan

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Chapel nome progetto/project name Cappella/Chapel architetto/architect Maruša Zorec realizzazione/construction date 1996-1999 luogo/site Lubiana, Slovenia

viste esterne ed interne della chiesa sulla piazza Prešeren/exterior and interior views of the church on Prešeren Square

Franciscan monastery. Only a step away from the vibrant square celebrated by Ravnikar’s circle lies a sphere of solitude and contemplation, something that seems almost unconscious of the public space. Visitors enter through a door – an extension of the wall, a curtain of metal that barely touches the stone to the right. The interior is revealed as one is guided by a ramp down to the rear of the vaulted space, with three rooms separated from the main body of the chapel, structured by a wooden wall. At the front, light penetrates the interior and falls onto the altar, tracing out possibilities of space between light and stone. ˇ Plecnik’s market across the river is an event in itself, with its array of colors and smells in early summer. The Krakovo gardens used to provide it with fresh vegetables, and when Ljubljana began growing into a modern city, this ‘village’ was swallowed up by the urban fabric. The image of a house one would expect from the village-like character of Krakovo is rather different from the one that the Dekleva-Gregoricˇ architectural practice created in 2004. The name of this weekend residence, XXS, goes well with the other small-scale gardens and homes that are now legally protected from any sort of speculation. Its form was determined by regulations, according to the dimensions of a previous house. Modest in character, it challenges the relationship between wall and roof, treating it as one continuous surface with the front façade. In combination with the back and side wall in the same color, this

‘wrapping’ turns the house into an exquisite gray package that allows a different game to take place, a game of openings. In contrast to bigger houses with small windows, this space welcomes in its surroundings through a large window in the living room downstairs and takes advantage of a semi-private courtyard. Smaller openings peeking onto the street are placed to the side, and the bedroom upstairs enjoys a view of the sky. The game of scale and of urban/rural, inside/outside relationships is not easy to grasp for someone visiting Ljubljana for the first time, yet these relationships play an important role in the capital of a country with a total population of two million. Student life is another layer that defines the sprit of Ljubljana and has become an interesting blend that incorporates international students from the Erasmus program. In the ‘60s, student housing was the subject of fierce debate before construction took place in Rožna Dolina. The architects’ argument that students should be housed in the city center was lost when real estate prices became the determining factor in choosing the location. Today these facilities are aging, and while the majority of those seeking knowledge in their twenties have to settle for the old or renovated housing, some are lucky enough to enjoy the new projects. One of them, designed and completed in 2006 by the Bevk-Perovic´ practice, is on Poljanska Street. Even though its location is considered central, it was really built at the edge of what is perceived as ‘downtown’ in the


mental image of pedestrians. It was this project and the social housing on Mesarska Street constructed in 2006 by Ofis Architects that extended the boundaries of the center, pushing its borders a bit further out. The character of the dense new neighborhood with public programs on the ground floor is slowly coming to life, while additional housing is currently under construction. Both projects contribute to expanding public space. While one created an opportunity in the way it manipulated the site and plan to provide an introverted inner courtyard, onto which the ground floor student housing public program opens up, the other compensated for the density of social housing with variations in the façade. These projects have an effect on urban space, but are rather conventional in terms of their plan, and limited the extent to which architects could experiment with hybridity. They act as important incisions in the urban fabric, but it is fair to say that Ljubljana has been waiting for something bigger in scale. It is important to understand that in addition to gaining independence within the international privatized playground, Slovenia witnessed a transition in its political system along the way. What can be added to the plate is that ever since the ‘80s, nation states have been functioning like global corporations. Slovenia therefore entered a slippery world in 1991, and as the state is being consolidated, the strategic operative solutions that are sought turn out to be sometimes more, sometimes less reasonable. When dealing with complex programmed construc-

della vista del cielo. Il gioco di dimensioni e delle relazioni urbano-rurale, dentro-fuori, non è facile da cogliere per qualcuno che visita Lubiana per la prima volta, ma allo stesso tempo queste relazioni assumono un ruolo importante per la capitale di un paese che conta due milioni di abitanti. La vita studentesca è un altro aspetto che definisce lo spirito di Lubiana, diventata un’interessante mescolanza di studenti internazionali promossa dal programma Erasmus. Negli anni ‘60, gli alloggi studenteschi erano argomento di un acceso dibattito prima che ne fosse avviata la costruzione a Rožna Dolina. L’argomento, difeso dagli architetti, che gli alloggi studenteschi dovessero essere situati nel centro della città, fu accantonato quando il prezzo del terreno divenne il fattore decisivo per la scelta del luogo. Oggi questi edifici stanno invecchiando e mentre la maggioranza di quei ventenni in cerca del sapere deve accontentarsi di alloggi vecchi o rinnovati, i più fortunati si godono quelli nuovi. Uno di ´ si trova in via Poljanska. Anche questi, progettato e completato nel 2006 dallo studio di Bevk-Perovic, se questo luogo è considerato centrale, in realtà è stato costruito ai margini di ciò che viene percepito come ‘centrale’ dall’immagine mentale dei pedoni. è stato questo progetto, insieme alle case popolari di via Mesarska costruite nel 2006 dallo studio Ofis Architects, ad estendere i limiti del centro, spingendo il suo confine poco più avanti. Il carattere del nuovo, denso, vicinato con lo spazio pubblico al pianterreno, pian piano prende vita, mentre altri alloggi sono attualmente in costruzione. Entrambi i progetti contribuiscono ad estendere lo spazio pubblico. Mentre uno ha creato un’opportunità, per come ha saputo agire sul luogo e sulla pianta per offrire un cortile interno, introverso, sul quale si aprono gli spazi pubblici ai piani terra delle residenze per studenti, l’altro ha compensato la densità delle case popolari con il gioco della facciata. Questi progetti hanno un effetto sullo spazio urbano, ma sono piuttosto convenzionali da un punto di vista planimetrico, e limitano la possibilità degli architetti di sperimentare l’ibridazione degli spazi. Sicuramente sono un importante segno nel tessuto della città, ma è lecito sostenere che Lubiana si aspettasse qualcosa a scala maggiore. è importante capire che oltre ad acquisire indipendenza sul tavolo da gioco dell'economia internazionale, la Slovenia è stata, lungo il suo percorso, testimone della trasformazione del proprio sistema politico. Quello che si può aggiungere è che sin dagli anni ‘80, le nazioni hanno operato come corporazioni globali. La Slovenia è entrata perciò in una realtà sfuggente, nel 1991, e mentre lo Stato si sta consolidando, le strategiche soluzioni operative che si ricercano si rivelano, secondo i casi, più o meno ragionevoli Quando si tratta di complessi interventi programmati, non possiamo fare il confronto con la realizzazione delle residenze sociali o studentesche. Nei grandi

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Student Housing Poljane nome progetto/project name Residenza per studenti Poljane/Student Housing Poljane architetto/architect Bevk Perovic´ Arhitekti gruppo di progetto/design team ˇ Matija Bevk, Vasa Perovic, ´ Ana Celigoj, Ursula Oitzl, Davorin Pocivašek ˇ committente/client Ministero per l’Educazione di Lubiana/Ministry of Education, Lubiana data di progetto/design date 2004-2005 realizzazione/construction date 2005-2006 luogo/site Lubiana, Slovenia superficie/area 13.000 mq/sqm numero appartamenti/apartment units 56 foto/photo Miran Kambicˇ www.bevkperovic.com

tion, the task cannot be compared to social or student housing. In large projects, society is revealed down to its last pore. The project not only depends on the work of builders, architects, and investors, but on the institutions involved. Given the story of Slovenia, large-scale projects are no easy task, since institutions have to orient themselves within the new context while simultaneously adopting systematic changes. It is therefore no surprise that large-scale projects have become a contested issue in Ljubljana’s recent history. Programs that the capital city should provide (the new national library, Kolizej, the stadium, the passenger center, just to name a few) are caught somewhere between land speculation and public opinion, while the state and regulators are left with no tools to unravel conflicting tasks. For this reason, it is important at present to look at the discipline in its totality, from the smallest- to the largest-scale projects, since it is between the most hidden places and the most up-to-date facade that the new public sphere is constructed. Even though the institutional framework often leaves architects with no tools to work with other than playful facades, it is dangerous to talk about architecture only in terms of aesthetic principles. The inventiveness of those who seek solutions in the name of opening up public space, sometimes despite impossible conditions, is not something to be neglected. Large constructions and small incisions constitute our daily lives. It is amongst walls that we walk, observe, inhabit space. In between, our lives are shaped as we shape the character of a place. The in-between should not be left to chance.


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pianta piano terra/ground floor plan

pianta piano tipo/typical floor plan

prospetto nord/north elevation sezione aa/section aa

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in queste pagine: viste esterne ed interne in these pages: exterior and interior views

progetti la società viene messa a nudo. Il progetto non dipende soltanto dai costruttori, dagli architetti e dagli investitori, ma anche delle istituzioni coinvolte. Data la storia della Slovenia, progetti di grandi dimensioni non si rivelano dei compiti facili, in quanto le istituzioni devono orientare loro stesse nella nuova condizione, mentre adottano simultaneamente dei cambiamenti di sistema. Per questo non sorprende che i progetti di grandi dimensioni siano diventati argomento di contestazione nella storia recente di Lubiana. Servizi che la capitale dovrebbe fornire (la nuova biblioteca nazionale, Kolizej, lo stadio, il centro passeggeri, per citarne alcuni) sono bloccati fra la speculazione fondiaria e l’opinione pubblica, mentre lo Stato e i legislatori sono lasciati senza strumenti a districarsi fra obiettivi contrastanti. Per questa ragione oggi è importante vedere la disciplina progettuale nella sua totalità, dalla scala minore a quella maggiore, perché è fra i luoghi più nascosti e le facciate più contemporanee che si costruisce il nuovo spazio pubblico. Anche se le Istituzioni spesso lasciano gli architetti senza altri strumenti da usare se non facciate divertenti, è pericoloso parlare dell’architettura solo sulla base di principi estetici. La creatività di quelli che cercano delle soluzioni con lo scopo di rendere accessibile uno spazio pubblico, qualche volta in condizioni di estrema difficoltà, è qualcosa che non può essere ignorato. Grandi costruzioni e piccole segni costituiscono la nostra vita quotidiana. è fra le mura che noi camminiamo, osserviamo, abitiamo. In questo intermezzo le nostre vite vengono plasmate come noi plasmiamo il carattere di un posto. Tale intermezzo non deve essere lasciato al caso.


650 apartments nome progetto/project name 650 appartamenti 650 apartments architetto/architect Ofis Arhitekti gruppo di progetto/design team Rok Oman, ˇ Špela Videcnik, Martina Lipicer, ˇ Neža Oman, Marisa Baptista, Nejc Batistic, Karla Murovec, Neli Ouzounova, Florian Frey strutture/structural engineering Elea IC d.o.o. ingegneria meccanica e strutturale/mechanical and structural engineering Biro ES d.o.o. appaltatore/contractor Gradis Skupina G, d.d. committente/client Gradis Skupina G data di progetto/design date 2003 realizzazione/construction date 2004-2006 luogo/site Lubiana, Slovenia superficie lotto/site area 15.000 mq/sqm superficie costruita/built area 47.400 mq/sqm (appartamenti/housing); 42,000 mq/sqm (parcheggi sotterranei/underground parking); 400 mq/sqm (aree commerciali/commercial areas) foto/photo Tomaž Gregoricˇ www.ofis-a.si

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planimetria general/general plan

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pianta piano terra/ground floor plan

pianta piano tipo/typical floor plan

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prospetto nord est/north-east elevation

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prospetto sud ovest/south-east elevation

sezione aa/section aa

sezione bb/section bb

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vista dall’interno di un appartamento e viste degli edifici/view from the interior of a flat and views of the buildings

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A&GP International, Citypark Ljubljana

testo di/text by

Over the last 15 years, Slovenia has been the stage of economic, social and political development the likes of which few other countries in the modern era have seen. Naturally, this is reflected in its architecture. On one side, there is a push from investors, who have favored ‘quantity’, the use of the land to build the services and infrastructures needed for social and economic development. On the other side, there is a group of architects who have in common their young age and have grasped the opportunity that Slovenia’s independence and, especially its inclusion in the European Community in 2004, gave them to form cultural and educational relationships. They ‘emigrated’ to the leading, most contemporary European and international firms and there built the experience needed to create their own identifying language and went back to Slovenia to apply it. Citypark, the large shopping center in Ljubljana, may straddle those two ends of spectrum. The project for what could be called a paradigm of economic investment (being a shopping center) was made by a Viennese (therefore Central European) studio, the A&GP International studio of architect Hans H. Brunner. What was done here was to merge the profitability and function of a shopping center with a ‘sustainable’ architectural quality (including in economic terms) for investors. The project, which is slotted for completion this year, is in an outlying area on the eastern edge of Ljubljana, where BTC (Business and Trade Cen-

immagini dell’esterno/views of the exterior

Fabio Rosseti

La Slovenia è una nazione che negli ultimi 15 anni è stata protagonista di uno sviluppo economico, sociale, politico, che pochi altri paesi, in epoca moderna, hanno avuto. Ed inevitabilmente questo si è riflesso anche nell’architettura. Da un lato la spinta degli investitori, che di fatto ha favorito la ‘quantità’, l’uso del territorio, anche per realizzare quei servizi e quelle infrastrutture necessari allo sviluppo economico e sociale. Dall’altro lato, invece, un gruppo di architetti accomunati da una giovane età anagrafica che hanno saputo cogliere le opportunità che l’indipendenza e soprattutto l’ingresso della Slovenia, nel 2004, nella Comunità europea, gli offrivano in termini di rapporti culturali e formativi. Sono quindi ‘emigrati’ nei maggiori e più contemporanei studi europei ed internazionali e lì si sono costruiti l’esperienza necessaria a creare un proprio linguaggio identitario e sono tornati in Slovenia per applicarlo. L’intervento del grande centro commerciale Citypark di Lubiana, si pone forse a cavallo fra questi due estremi: il progetto, per quello che può essere considerato il paradigma dell’investimento economico (un centro commerciale, appunto) è stato realizzato da uno studio viennese, lo studio A&GP International dell’architetto Hans H.Brunner. Quello che è stato fatto è, evidentemente, coniugare la funzionalità e la redditività di un centro commerciale con una qualità architettonica ‘sostenibile’, almeno in termini economici, per gli investitori. Il progetto, che vede in questo anno il suo completamento, interessa un’area periferica al margine orientale di Lubiana, dove si trova il complesso commerciale più grande della Slovenia, il BTC (Business and Trade Center). Date le dimensioni, il complesso Citypark è stato costruito per fasi, ad iniziare dal 2001. Nel corso degli anni sono aumentate le superfici di vendita (che a regime saranno circa 60.000 mq), sono state aggiunte diverse funzionalità, come il ‘Food Court’ – che prevede 7 ristoranti, ed un parcheggio coperto per circa 2.200 posti. Mentre la composizione architettonica è gran parte frutto delle singole fasi di costruzione e dei successivi ampliamenti, particolare attenzione è stata rivolta alle finiture ed ai materiali utilizzati, sia all’esterno che all’interno, al fine di sottolineare l’unitarietà dell’intervento ma al tempo stesso creare spazi che fossero riconoscibili. Così mentre le facciate esterne utilizzano elementi di vetro smaltato in diversi colori e pannelli di alluminio o microforato, all’interno sono stati curati in particolare i rivestimenti, giocati sui colori essenziali del bianco e del nero. Per le pavimentazioni, ad esempio, sono stati utilizzati i materiali di una azienda italiana di rilievo come GranitiFiandre: Michelangelo Statuario levigato e semilucidato, della collezione NewMarmi, nel formato di 60x60 cm, un Black Galaxy levigato, della collezione NewGranite, 30x30 cm, per delineare i margini, indicare i percorsi e comporre motivi grafici che sottolineano ulteriormente gli spazi.

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pianta interrato basement floor

0

40 m

pianta piano terra (negozi) ground floor plan (shops)

pianta primo piano (ristoranti) first floor plan (restaurants)

ter), Slovenia’s largest commercial complex, is located. Due to its proportions, the ‘Citypark’ complex was built in stages starting in 2001. Throughout the years, the retail area has increased (it will be 60,000 sqm when completed), a variety of functions were added, such as the ‘Food Court’, which has 7 restaurants, and a covered parking lot with about 2,200 parking spots. Though the architectural composition is largely the result of individual construction phases and subsequent expansions, special attention was given to finishes and to the materials used, both on the exterior and interior, in order to emphasize the unity of the project, while creating recognizable spaces. The outside facades use different colored enameled glass elements and aluminum or microperforated panels. On the interior, wall coverings were given special attentions, working with basic white and black. For the floor coverings, materials were used from GranitiFiandre, a leading Italian company. The coverings included a honed, semi-polished Michelangelo Statuario from the NewMarmi collection, in 60x60 cm slabs, and honed Black Galaxy from the NewGranite collection, in 30x30 cm slabs, to mark edges and routes and create graphic motifs to give the spaces’ extra emphasis.


nome progetto/project name Citypark Ljubljana progetto/project design A&GP International – H.H. Brunner materiali pavimentazioni interne/internal floor materials GranitiFiandre (60x60 cm Michelangelo Statuario levigato e semilucidato, collezione/collection NewMarmi; 30x30 cm Black Galaxy levigato, collezione/collection NewGranite superficie fasi 1-5/floor area phases 1-5 area vendite/sale area 53.000 mq/sqm magazzini/storage area 6.500 mq/sqm uffici/office area 2.000 mq/sqm superficie totale/total floor area 83.000 mq/sqm luogo/place Lubiana, Slovenia fine lavori/completion autunno 2009/autumn 2009 costo/cost 90 milioni euro

viste interne della galleria commerciale, piano terra e primo piano/internal views of the mall, ground floor and first floor

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1 1 PGT, ‘dorsale’ delle reti strutturali (infrastrutture, verde, servizi), metrogramma, 2007 1 PGT, ‘backbone’ of the systems (infrastructures, greeness, facilities) ‘metrogramma’ 2007 pagina seguente: Milano verso il suo futuro, metrogramma, 2007/ following page: Milan towards its future, metrogramma, 2007


Milano La nuova sfida

di/by

Milan. A New Challenge Milan has always taken a determined attitude towards tackling the challenges of modernity, and, along with them, those of change. In some ways, change is Milan’s ‘mission’, its ethos. This has allowed the city, throughout its recent history in the 20th century and beyond, to propose cultural models of great value and transformational impact, as well as to accept the challenges of modernity, in its various phases of economic and industrial evolution. Over the last decade, at the dawn of a new century, the city finds itself in a new, particular condition, with a new challenge: that of creating a coherent system out of the multiple interventions, projects, and urban renewals of the last few years, along with new visions of transformation, including the formidable accelerator of Expo 2015. It is the challenge of reinventing itself as a new metropolitan capital. With its own identity, its own ‘Milanity’, but able to compete within the global network of major world cities. It is a difficult challenge, but one that Milan can win. This is thanks in part to a new urban plan (the PGT [Piano di Governo

Maurizio Sabini

Milano ha sempre affrontato con determinazione le sfide della Modernità, e, con esse, quelle del cambiamento. Il cambiamento è un po’ il ‘dover essere’ di Milano, il suo ethos. Questo le ha permesso, nel corso della storia recente dell’ultimo secolo e più, di produrre modelli culturali di grande valore e impatto di trasformazione e di accettare le sfide della Modernità, nelle sue varie fasi di evoluzione economica e produttiva. In quest’ultimo decennio, all’alba del nuovo secolo, la città si trova in una situazione ancora diversa e particolare, con una nuova sfida: quella di portare a sistema il moltiplicarsi di interventi, progetti, e riqualificazioni urbane degli ultimi anni, con nuove prospettive di trasformazione, compreso il formidabile acceleratore di Expo 2015. è la sfida di reinventarsi come nuova capitale metropolitana. Con una sua identità, la sua ‘milanesità’, ma capace di competere nella rete globale delle maggiori città mondiali. Una sfida difficile, ma che Milano può vincere. Anche grazie a un nuovo piano urbanistico (il PGT, Piano di Governo del Territorio), attualmente in fase di ultimazione, tra gli esperimenti di urbanistica e progettazione urbana più avanzati, complessi e innovativi degli ultimi anni, in Italia e in Europa. Il nutrito elenco di interventi e progetti per Milano degli ultimi anni è già stato ampiamente mappato, analizzato e discusso.1 Dalle importanti trasformazioni della Stazione Centrale e zone limitrofe, alla nuova sede regionale di Pei e Cobb, alla Città della Moda di Pelli, al work-in-progress della Bicocca di Gregotti, all’area ex-Falk di Piano a Sesto San Govanni, al nuovo quartiere Santa Giulia a Rogoredo di Foster, al polo di Rozzano di 5+1 (masterplan con metrogramma), alla ristrutturazione della Darsena di Jean-Francois Bodin, agli importanti interventi della zona ex-fiera: quello proprio di CityLife, con le ‘torri delle stelle’ (Zaha Hadid, Daniel Libeskind, Arata Isozaki), e quello vicino del Portello, ultimo grande saggio di intelligenza progettuale di Gino Valle. E a nord-ovest, la nuova fiera di Fuksas. E poi i parchi: quello nord e quello a est di via Rubattino di Andreas Kipar, il Forlanini di Gonçalo Byrne, il grande Parco Agricolo Sud, il Parco delle Cave, ecc. E le infrastrutture: 80 km di tangenziali, e molti altri di ferrovie, metropolitane, sistemi della logistica, ecc. Infine, Expo 2015: 1,7 kmq nell’area fieristica a cavallo dei comuni di Pero e Rho. Un investimento da 4 miliardi di euro per la sola area Expo, più 10 miliardi di euro per le opere connesse: le nuove linee del metro M4 ed M5, la Pedemontana, la tangenziale est esterna. 70.000 nuovi posti di lavoro per i prossimi anni e almeno 29 milioni di visitatori nel 2015. Lanciando l’operazione PGT nel luglio 2007, l’Amministrazione Moratti e l’Assessore allo Sviluppo del Territorio Carlo Masseroli hanno saputo cogliere l’opportunità dell’obbligo di legge2 alzando il tiro del compito amministrativo, per puntare a una nuova strategia urbanistica complessa. Gli uffici tecnici comunali sono stati così affiancati da un bel team di esperti nelle varie discipline, coordinati da Andrea Boschetti e Alberto Francini di metrogramma, in collaborazione con l’urbanista Paolo Pomodoro. Molti sono gli aspetti innovativi del PGT milanese, che arriva dopo il Piano Regolatore del 1953 e le 300 varianti successive, compresa la Variante Generale del 1980. Ma, soprattutto, come nota l’Assessore Masseroli, «[il PGT stabilisce] una vera rivoluzione nel rapporto tra regola e realtà, dove è la realtà che struttura e dà forma alle regole e non viceversa».3 Si tratta di un rapporto più interattivo tra regia pubblica e iniziativa privata, superando il sistema passivo dei vincoli, assimilando e stimolando l’iniziativa privata (anche tramite meccanismi incentivanti) entro un quadro di compatibilità con il fine pubblico.4 Il meccanismo perequativo, componente fondamentale dell’architettura del PGT, garantisce poi un’equa partecipazione dei privati alle potenzialità dello sviluppo.5 La città pubblica (o ‘la città dei vuoti’) è, giustamente, il cuore del piano. Rete infrastrutturale, sistema dei parchi e rete dei servizi compongono un’armatura che innerva la città metropolitana, da un lato, per offrire linfa alle componenti locali e dall’altro per saldare le connessioni al sistema più vasto delle relazioni territoriali.

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5+1AA (Alfonso Femia e Gianluca Peluffo), Polo di Rozzano, 2005-06. Masterplan co-firmato con metrogramma 5+1AA (Alfonso Femia e Gianluca Peluffo), Rozzano Area, 2005-2006. Masterplan co-signed with metrogramma pagina seguente: progetto al Portello, Ennio Brion/Nuova Portello/Aurelia Developer, 2003-11. Masteplan di Gino Valle, centro commerciale e piazza dello Studio Valle, complessi residenziali di Cino Zucchi e Guido Canali, parco di Charles Jencks, Andrea Kipar, ‘edificio collina’ Studio Boeri, ponte ciclopedonale di Arup Italia srl

following page: the Portello project, Ennio Brion/Nuova Portello/Aurelia Developer, 2003-11. Masterplan by Gino Valle, commercial centre and square by Studio Valle, residential complexes by Cino Zucchi and Guido Canali, park by Charles Jenks, Andrea Kipar, ‘hillbuilding’ by Studio Boeri, bicycle and pedestrian bridge by Arup Italia srl


del Territorio] – General Land Use Plan), currently under finalization, which is among the most advanced, complex and innovative urban planning and design experiments of recent years in Italy and Europe. The long list of measures and projects for Milan in the last few years has been already widely mapped out, analyzed and discussed.1 From the important transformations in and around the central railroad station, to the new headquarters for the Region of Lombardy by Pei & Cobb, to the fashion district by Pelli, to the work-in-progress in Bicocca by Gregotti, to the former Falk industrial site reconverted by Renzo Piano in Sesto San Giovanni, to the new Santa Giulia neighborhood by Norman Foster, to the hub development at Rozzano by 5+1 (master plan with metrogramma), to the redesign for the Darsena (navigation head of the canal network) by Jean-Francois Bodin, to the most important projects in the former Fiera area: the redevelopment of the former Fiera itself by CityLife, with the ‘towers of the stars’ (Zaha Hadid, Daniel Libeskind, Arata Isozaki), and the neighboring development at Portello, the last great example of intelligent design by Gino Valle. And to the northwest, the new trade fair center by Massimiliano Fuksas. And then there are the parks: the ones to the north and the east near Via Rubattino by Andreas Kipar, the Forlanini by Gonçalo Byrne, the large Parco Agricolo Sud, the Parco delle Cave… And the infrastructure: 80 km of outer ring highways and many more of railways, metro rails, freight rails... Finally, Expo 2015: 1.7 sq km in the current new trade fair area, straddling the municipalities of Pero and Rho. A four-billion-euro investment in the Expo area itself, plus ten billion euros for related projects: the new M4 and M5 metro-rail lines, the Pedemontana highway, the new ring highway to the east. Seventy thousand new jobs for the next few years, and at least 29 million visitors in 2015. In launching operation PGT in July 2007, Mayor Moratti’s administration and Councillor for Regional Development Carlo Masseroli managed to seize the opportunity of the measures required by law2, going beyond the call of administrative duty to aim for a new, complex urban strategy. The municipal

metrogramma ha capito che Milano non è più soltanto una città radiale, ma che, nel tempo, alla scala metropolitana, è diventata anche una città reticolare. Una doppia anima che bisogna assimilare e rafforzare entro un modello, forse meno puro, ma più ampio e complesso di forma urbana. Corollario a questa intuizione, sta quella della Milano ‘policentrica’, dove tale condizione non è vista come un problema, ma anzi un’opportunità da sfruttare per rispondere a nuovi bisogni, modelli di vita e aspirazioni degli abitanti della città. Ed ecco allora emergere l’idea dei 10 ‘epicentri’ di sviluppo, che più che centri veri e propri sono, giustamente, ‘filiere di centralità’, deputate a guidare i processi di trasformazione. Associata a questa è l’idea dei ‘raggi verdi’ e de ‘il filo rosso’ ciclo-pedonale, che infila la collana dei parchi di cintura, eredi degli studi di Andreas Kipar.6 Al layer di questi grandi sistemi alla macro-scala, viene poi associato quello della micro-progettualità degli 88 Nuclei d’Identità Locale. L’organismo insediativo è quindi letto nella sua struttura di arcipelago di nuclei urbani, storicamente e compiutamente definiti, o ancora in fieri.7 Questa è la città lenta che si intreccia con la città veloce degli epicentri e delle grandi infrastrutture della mobilità. Sullo sfondo, una strategia generale di densificazione dell’‘impronta urbana’ esistente (laddove necessaria e solo come alternativa allo sprawl urbano), premessa ineludibile per ogni discorso serio sulla città sostenibile. La ‘nuova Barcellona’ degli anni ‘80 e ‘90, la Berlino della ‘ricostruzione della città europea’ degli anni ‘90, o l’Amsterdam del recupero dell’Eastern Harbour e del waterfront sull’Ij al volgere del secolo scorso, sono state grandi storie di riforma urbana (tuttora ancora da completare). Ma con il nuovo PGT Milano ambisce a proporre una nuova, completa e complessa, idea di città. Nonostante la sua ambizione ‘strutturale’8, il Documento di Piano del PGT rimane ben lungi dall’utopia. Dando respiro visionario al realismo urbanistico di Secchi e alla real politik di Koolhaas, Boschetti e Francini hanno sviluppato un nuovo approccio all’‘architettura della città. Un approccio che coniuga il volo alto dell’urbanistica, il calcolo dell’ingegneria e dell’economia urbana, il disegno preciso del progetto di architettura e lo sguardo a tutto campo del progetto del paesaggio. Molto lavoro resta da fare. Il processo di comunicazione, dibattito, verifica, e vaglio delle risposte della comunità e degli operatori è appena cominciato. La recente crisi economico-finanziaria mondiale rallenterà le iniziative e complicherà le cose. I tempi della realtà, dell’urbanistica e della politica continueranno a battere a ritmi diversi. Ma Milano è sulla buona strada per vincere, di nuovo, una delle sue sfide più difficili. Come hanno osservato Boschetti e Francini: «la sfida di Milano, da un punto di vista progettuale, sarà quella di reinventare il senso collettivo della metropoli».9 Note 1. Sebastiano Brandolini, Milano che cambia, in Sebastiano Brandolini, Maurizio Sabini, a cura di, Milano in cambiamento, Kent State University, Firenze, 2008, pp. 11-32. 2. Cfr. nuova legge urbanistica della Regione Lombardia n. 12/2005. 3. Carlo Masseroli, Assessore allo Sviluppo del Territorio, Milano verso il suo futuro. Primi contenuti strategici, in “Quaderni del PGT”, vol. 2, marzo 2008. 4. Come sottolinea Giovanni Oggioni, Direttore del Settore Pianificazione Urbanistica Generale, «il PGT, che si articola nei tre atti costitutivi del Documento di Piano (DdP), Piano dei Servizi (PdS) e Piano delle Regole (PdR) […] [si presenta] come strumento di proposizione e non di conformità regolativa, un piano dove, a parità di diritti, sia non solo lecito e consentito, ma vivamente consigliato, agire diversamente, creativamente». Giovanni Oggioni, Milano verso il suo futuro. Primi contenuti strategici, in “Quaderni del PGT”, vol. 1, novembre 2007. 5. Come ha osservato Ezio Micelli, consulente per la perequazione: «…a tutti viene infatti attribuito un indice edificatorio (e dunque un plusvalore) a fronte del quale la proprietà cederà al Comune i suoli destinati alla città pubblica». In Ezio Micelli, Ripartire dalla perequazione, Tempi Milano, supplemento a “Tempi”, 29 maggio 2008, n. 22, p. 35. 6. Gli studi di Andreas Kipar, così come quelli di Paolo Pomodoro sulle ‘nuove centralità’ (o ‘bolle dello sviluppo’, a corona del nucleo centrale), sono stati contributi importanti all’interno della conversazione sul futuro della forma urbana di Milano innescata dal PGT. 7. Ogni nucleo ha un ‘mandato’ («deve sviluppare una sua identità contemporanea»), e una serie di ‘diritti/obiettivi’ («un centro o sistema di centralità […] un parco […] connessione con il sistema di trasporto pubblico […] con il sistema ambientale […] avere una mixité funzionale e sociale, ecc.»). Milano verso il suo futuro. Nuclei d’Identità Locale in “Quaderni del PGT”, vol. 4, settembre 2008. 8. La progettazione urbanistica ‘strutturale’ (diversa da quella ‘vincolistica’ del vecchio Piano Regolatore Generale) è già stata avviata in Italia da altre città, sulle base di altre leggi regionali avanzate (come la n. 5/1995, poi riformulata nella n. 1/2005, della Toscana, o la n. 20/2000, poi integrata dalla n. 31/2002, dell’Emilia-Romagna). Ma con il PGT milanese la progettazione urbanistica strutturale viene ora testata a una nuova scala, su una città di 1,3 milioni di abitanti, entro una regione metropolitana di oltre 7 milioni di persone. 9. Andrea Boschetti, Alberto Francini, Postfazione: Il rinascimento di Milano. La sfida della complessità e la necessità del progetto, in Milano in cambiamento, op. cit., p. 83.

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progetto CityLife, vista dell’area centrale con le tre torri di Zaha Hadid, Arata Isozaki e Daniel Libeskind (in primo piano il Museo del Design di Libeskind) the CityLife project, view of the central area with Zaha Hadid’s Arata Isozaki’s and Daniel Libeskind’s three towers (foreground, Libeskind’s Museum of Design) pagine seguente: progetto CityLife, area ex-Fiera, 2005. Masterplan (completamento pervisto per il 2015)/ following page: the CityLife project, in the ex-Fiera area, 2005. Masterplan (entirely programmed for 2015)

planning office has thus been complemented by a good team of experts in various disciplines, coordinated by Andrea Boschetti and Alberto Francini from metrogramma, in collaboration with urbanist Paolo Pomodoro. There are many innovative aspects to Milan’s PGT, which comes after the Master Plan of 1953 and the 300 revisions that followed, including the General Revision of 1980. Above all, though, as noted by Councillor Masseroli, «[the PGT introduces] a real revolution in the relationship between regulation and reality, whereby it is reality that structures and informs the regulations, and not vice-versa».3 It is about a more interactive relationship between public direction and private initiative (in part through incentives) within a framework of compatibility with the public interest.4 An equity-based development policy, a crucial component of the PGT’s architecture, guarantees equitable participation by the private sector in the new development opportunities.5 The public city (or ‘the city of voids’) is the heart of the plan, and rightly so. Infrastructure, the park system, and the public services network compose an armature that sustains the metropolitan city, both to offer vital support to local nuclei and establish connections to the broader system of regional relationships. Metrogramma has grasped the idea that Milan is no longer just a radial city, but that over time, at the metropolitan scale, it has become a ‘grid city’. This double essence needs to be accepted and strengthened within a model of urban form that may be less pure, but is broader and more complex. A corollary to this concept is that of a ‘multicentric’ Milan, where such a condition is not seen as a problem, but as an opportunity to be exploited in order to respond to the new needs, ways of life and aspirations of city residents. Hence the idea of the 10 ‘epicenters’ of development, which aren’t so much actual centers as (appropriately so) ‘systems of centralities’, powered to guide urban transformation. Connected to this is the idea of the ‘green rays’ and of the ‘red thread’ for bicycle and pedestrian traffic that links the necklace of ring parks, inherited from Andreas Kipar’s studies.6

In addition to this layer of macro-systems, there is the layer of micro-projects for the 88 Nuclei of Local Identity. The metropolitan organism is thus interpreted through its archipelago-like structure of urban nuclei, whether historically and completely defined, or still in the making.7 This is the ‘slow city’ that is intertwined with the ‘fast city’ of the epicenters and the major mobility infrastructures. In the background, there is a general strategy of making the existing ‘urban footprint’ more closeknit and compact (when necessary, and only as an alternative to urban sprawl): an inevitable prerequisite for any serious discussion about the sustainable city. The ‘new Barcelona’ of the ‘80s and ‘90s, the Berlin of the ‘reconstruction of the European city’ of the ‘90s, and the Amsterdam of the Eastern Harbour redevelopment and Ij waterfront at the turn of the century, have been great stories of urban reform (still to be completed). With the new PGT, though, Milan aims at proposing a new, complete and complex idea of the city. In spite of its ‘structural’ ambition8, the Planning Document of the PGT stays far from utopia. Giving visionary breadth to Bernardo Secchi’s urbanistic realism and Rem Koolhaas’ real politik, Boschetti and Francini have developed a new approach to the ‘architecture of the city’. It is an approach that combines the broad vision of urbanism, the calculation of engineering and urban economics, the detailed design of the architectural project, and the full-scope view of landscape design. A lot of work remains to be done. The process of communication, debate, verification and filtering of feedback from local communities and stakeholders has just begun. The recent financial and economic world crisis will slow down the initiatives and complicate things. The timeframes of reality, urbanism and politics will continue to run at a different pace. But Milan is on the right track to succeed, once again, in one of its most difficult challenges. As Boschetti and Francini have observed: «the challenge of Milan, from a design standpoint, will be to reinvent the collective sense of the metropolis».9


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Notes 1 Sebastiano Brandolini, Milano che cambia, in Sebastiano Brandolini, Maurizio Sabini, edited by, Milano in cambiamento, Kent State University, Florence, 2008, pp. 11-32. 2 See the new urban & regional planning act [nuova legge urbanistica] of the Region of Lombardy, n. 12/2005. 3 Carlo Masseroli, Councillor for Regional Development, Milano verso il suo futuro. Primi contenuti strategici in “Quaderni del PGT”, vol. 2, March 2008. 4 As noted by Giovanni Oggioni, Director, Settore Pianificazione Urbanistica Generale, «the PGT, which consists of the Documento di Piano [DdP – Planning Document], Piano dei Servizi [PdS – Plan of Public Services] and Piano delle Regole [PdR – Bylaws] […] [presents itself] as a tool to propose and not to control conformity to the rules; a plan where, with equal rights, it is not only allowed, but highly encouraged to act differently and creatively». Giovanni Oggioni, Milano verso il suo futuro. Primi contenuti strategici, in “Quaderni del PGT”, vol. 1, November 2007. 5 As explained by Ezio Micelli, equity consultant: «…a plot ratio (and therefore an increased land value) is given to all properties, against which the owner will relinquish to the municipality the land designated for the public city». In: Ezio Micelli, Ripartire dalla perequazione, Tempi Milano, supplement to “Tempi”, 29 May 2008, n. 22, p. 35. 6 The studies by Andreas Kipar, and those by Paolo Pomodoro on the ‘new centralities’ (or ‘development bubbles’, around the central urban nucleus), have been important contributions to the conversation, sparked by the PGT, on the future of Milan’s urban form. 7 Every nucleus has a mandate («it has to develop its own contemporary identity»), and a series of ‘rights/objectives’ («a center or a system of centralities […] a park […] connection to the public transit system […] to the natural system […] has to have a functional and social mix […] etc.»). In Milano verso il suo futuro. Nuclei d'Identità Locale in “Quaderni del PGT”, vol. 4, September 2008. 8 ‘Structural’ urban planning (as opposed to the ‘regulatory’ kind in the old master plan [PRG]) has been already experimented with in Italy by other cities, based on other innovative regional planning acts (like no. 5/1995, later revised by no. 1/2005, of the Region of Tuscany, or no. 20/2000, later complemented by no. 31/2002, of the Region of Emilia-Romagna). With the Milan’s PGT though, structural urban planning is being tested at a whole other scale, on a city of 1.3 million inhabitants, within a metropolitan region of more than 7 million people. 9 Andrea Boschetti, Alberto Francini, Postfazione: Il rinascimento di Milano. La sfida della complessità e la necessità del progetto, in Milano in cambiamento, cit., p. 83.

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Andreas Kipar, ‘raggi verdi’ e ‘filo rosso’, 2006/Andreas Kipar, ‘green beams and ‘red thread’, 2006 sotto: Milano in cambiamento, 2008, p. 8/below: Changing Milan, 2008, p. 8 pagina precedente 1 PGT, temi di progetto, metrogramma, 2008 2 PGT, gli ‘epicentri’, metrogramma, 2008 3 PGT, i Nuclei d’Identità Locale [NIL] e il ruolo guida dei nuovi servizi e spazi pubblici, metrogramma, 2008

previous page 1 PGT, design topics, metrogramma, 2008 2 PGT, the ‘epicentres’, metrogramma, 2008 3 PGT, Local Identity Cores [NIL] and new facilities’ and pablic spaces’ guide role, metrogramma, 2008

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Š Luke Hayes


Saragozza Eco-esperimenti postmoderni per una città globale

di/by

Juan-Luis Font

«…come costruire una nuova narrativa sulla globalizzazione economica, una che includa piuttosto che sfrattare tutti gli elementi spaziali, economici e culturali che sono parte di una economia globale così come è costituita nelle città?» Saskia Sassen, The City: Between Topographic Representation and Spatialized Power Projects, in “Art Journal”, estate 2001 «Tutta la vita delle società in cui prevalgono le condizioni moderne di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli. Tutto quello che una volta era vissuto direttamente è diventato pura rappresentazione» Guy Debord, The Society of the Spectacle, Parigi, 1967

«…how do we construct a new narrative about economic globalization, one that includes rather than evicts all the spatial, economic, and cultural elements that are part of the global economy as it is constituted in cities?...» Saskia Sassen, The City: Between Topographic Representation and Spatialized Power Projects, in “Art Journal”, summer 2001 «The whole life of those societies in which modern conditions of production prevail presents itself as an immense accumulation of spectacles. All that once was directly lived has become mere representation» Guy Debord, The Society of the Spectacle, Paris, 1967

Zaragoza. Post Modern experiments for a global city In a recent lecture on ecology and sustainable design, Kenneth Frampton emphasized the necessity of sustainable design in today’s cities, not only from the ‘physical’ standpoint, but from the ‘cultural’ standpoint.1 According to Mr. Frampton, sustainable design should take into account measurable physical variables, such as the heat transmission of materials or energy saving systems, and at the same time, the cultural context of the place itself. If one considers the title of the recent Expo 2008 international exhibition in Zaragoza, Water and Sustainable Design, then we can examine Zaragoza’s recent urban design in the terms set out by the Expo, with Frampton’s point framing the discussion: to what extent does recent urban planning in Zaragoza address this issue? Does urban design in Zaragoza take local conditions into account? Is it possible to design an international expo site in order to re-define Zaragoza as a global city2, and at the same time, design within the framework of sustainable urbanism? Unfortunately, despite some initial concerns and good intentions, it seems that contemporary urbanism in Zaragoza is being driven by the real estate industry, via smart marketing campaigns, rather than being the result of a conscious, ethical re-definition of urbanism in terms of sustainable development. There is an inherent contradiction in planning an enormous urban development project for an international marketing event, while at the same time attempting to design sustainably. Since the Spanish transition, the city of Zaragoza has been struggling to define its identity among both the overwhelming Madrid-Barcelona polarity, and events taking place in fellow cities: Seville’s Expo ‘92, Bilbao’s Guggenheim effect, and the 2007 America’s Cup in Valencia. There are two main conditions that have shaped Zaragoza’s form

In un recente intervento sull’ecologia e sul design sostenibile, Kenneth Frampton ha evidenziato la necessità di un design sostenibile nelle città moderne non soltanto dal punto di vista ‘fisico’, ma anche dal punto di vista ‘culturale’.1 Secondo Frampton il design sostenibile dovrebbe considerare allo stesso tempo variabili fisiche misurabili, come la trasmissione del calore dei materiali o i sistemi di risparmio energetico, e le condizioni culturali del luogo stesso. Se si considera il titolo della recente Expo 2008 a Saragozza, Water and Sustainable Design [Acqua e Design sostenibili], allora è possibile interpretare il design urbanistico di Saragozza degli ultimi tempi secondo i termini stabiliti dall’Expo con l’idea di Frampton a fare da cornice al dibattito: fino a che punto la recente pianificazione urbanistica di Saragozza considera questa problematica? Il design urbanistico di Saragozza tiene conto delle caratteristiche del luogo? è possibile progettare una mostra internazionale allo scopo di ri-definire Saragozza come città globale2 e allo stesso tempo progettare entro i limiti di un urbanismo sostenibile? Sfortunatamente, malgrado iniziali interessi e buone intenzioni, sembra che l’urbanismo contemporaneo a Saragozza sia stato determinato dall’industria immobiliare con accattivanti campagne di marketing, piuttosto che essere il risultato di una ri-definizione etica e consapevole di urbanismo in termini di sviluppo sostenibile. Esiste un’intrinseca contraddizione fra pianificare un immenso sviluppo urbanistico, per un evento di marketing internazionale, e allo stesso tempo tentare di progettare in modo sostenibile. Dalla Transizione Spagnola la città di Saragozza lotta per definire la sua identità rispetto alla schiacciante polarità tra Madrid e Barcellona e agli eventi che si sono svolti in città simili come l’Expo del ‘92 a Siviglia, l’effetto Guggenheim di Bilbao e l’America’s Cup del 2007 a Valencia. Saragozza ha due principali condizioni che ne hanno definito aspetto e identità: la posizione strategica al centro della regione aragonese, tra Madrid e Barcellona, e la condizione ambientale determinata dalla sua posizione lungo il fiume Ebro.3 Dalla fine degli anni ‘90 questa doppia condizione è stata presa in considerazione dai piani strategici urbanistici del comune. Nel 2001 il progetto Ebro Riversides ha dato il via a delle proposte per migliorare il rapporto della città con il fiume, ridefinendo quest’ultimo come ‘strada principale di Saragozza’ e come ‘nuovo elemento culturale’.4 Tuttavia, l’interesse urbanistico e sociale fondamentale per Saragozza era la nuova linea ferroviaria Madrid-Saragozza-Barcellona del treno ad alta velocità spagnolo AVE e il completamento della nuova stazione Delicias AVE nel 2003. Al giorno d’oggi la doppia condizione di Saragozza è stata associata alla ri-definizione della città in un singolo progetto che regolava la sua urbanizzazione: la candidatura all’International Exhibition del 2008. Inizialmente erano due le tendenze precedenti individuabili nel recente urbanismo spagnolo per eventi internazionali: l’applaudito urbanismo dei giochi olimpici del ‘92 a Barcellona, e l’artificiale armamentario post-moderno di expo-urbanismi come l’Expo ‘92 di Siviglia e il Cultures Forum 2004 di Barcellona. Quest’ultima sembra essere la tendenza vincente dell’attuale urbanismo di Saragozza. Il luogo per l’Expo 2008 fu dapprima creato durante la campagna elettorale del 1999. Nel 2000 il Pro-Expo Committee (comitato pro-Expo) ha commissionato un dossier di candidature ad un gruppo formato da figure altamente specializzate in ‘expo-urbanismo’: Joseph A. Acebillo (Direttore del Dipartimento di Edilizia di Barcellona, responsabile del Forum 2004 di Barcellona), Juan Correa (che

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Zaragoza Bridge Pavilion nome progetto/project name Ponte Padiglione a Saragozza/Zaragoza Bridge Pavilion architetto/architect Zaha Hadid Architects progetto/design Zaha Hadid con/with Patrik Schumacher capo progetto/project architect Manuela Gatto (associata/associate) gruppo di progetto/project team Fabian Hecker, Matthias Baer, Soohyun Chang, Feng Chen, Atrey Chhaya, Ignacio Choliz, Federico Dunkelberg, Dipal Kothari, Maria Jose Mendoza, JosĂŠ Monfa, Marta Rodriguez, Diego Rosales, Guillermo Ruiz, Lucio Santos, Hala Sheikh, Marcela Spadaro, Anat Stern, Jay Suthadarat gruppo di concorso/competition team Feng Chen, Atrey Chhaya, Diapl Kotari ingegneria/engineers Arup Associates consulenza per i costi/cost consultant Arup Associates, IDOM committente/client Expoagua Zaragoza 2008 data di progetto/design date 2005 fine lavori/completion 2008 luogo/site Saragozza, Spagna lunghezza/lenght 270 m altezza massima/maximum height 30 m www.zaha-hadid.com

planimetria generale/general plan

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sezione longitudinale/longitudinal section

Š Fernando Guerra


prospetto nord/north elevation prospetto sud/south elevation

prospetto est/east elevation

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Š Luke Hayes

prospetto ovest/west elevation


b Spanish Pavilion for Expo Zaragoza nome progetto/project name Padiglione Spagna all’Expo di Saragozza/Spanish Pavilion for Expo Zaragoza architetto/architect Francisco José Mangado gruppo di progetto/project team Fabian Hecker, Matthias Baer, Soohyun Chang, Feng Chen, Atrey Chhaya, Ignacio Choliz, Federico Dunkelberg, Dipal Kothari, Maria Jose Mendoza, José Monfa, Marta Rodriguez, Diego Rosales, Guillermo Ruiz, Lucio Santos, Hala Sheikh, Marcela Spadaro, Anat Stern, Jay Suthadarat strutture/structures Jesús Jiménez Cañas, Alberto López, NB 35 efficienza energetica/energy-efficiency Iturralde y Sagüés. Fundación CENERCIEMAT progetto esecutivo/project construction ˇ José Mª Gastaldo, Richard Král’ovic, Cristina Chu, Hugo Mónica, Cristina Chu, César Martín Gómez computo metrico/quantity surveyor Fernando Oliván, Vicente de Lucas committente/client SEEI (State Society for International Exhibitions) concorso/competition 2005 data di progetto/design date 2005-2006 realizzazione/realization 2006-2008 luogo/site Saragozza, Spagna superficie/area 8.000 mq/sqm costo/cost 18.502.000 euro www.fmangado.com

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pianta piano terra/ground floor plan

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pianta primo piano/first floor plan

legenda piano terra ground floor plan legend 1 accesso 1/entrance 1 2 atrio/atrium 3 spazio proiezioni/projections space 4 esposizione principale 1/main exhibition 1 5 esposizione principale 2/main exhibition 2 6 esposizione principale 3/main exhibition 3 7 accesso 2/entrance 2

legenda primo piano first floor plan legend 1 plateau 2 sala privata ristorante/restaurant’s private room 3 ristorante/restaurant 4 cucina/kitchen 5 ufficio presidenza/presidency office 6 reception presidenza/presidency reception 7 sala VIP/VIP room 8 uffici/offices 9 sala riunioni/meeting room 10 direzione padiglione/pavillion management

and identity: the strategic context of being located at the center of the Aragon region, between Madrid and Barcelona, and the environmental context deriving from its location on the river Ebro.3 Since the late ‘90s, this double condition has been addressed by the city council’s Urban Strategic Plans. In 2001, the Ebro Riversides project put forward proposals for improving the city’s relationship with the river, redefining it as Zaragoza’s Main Street, and ‘new cultural element’.4 However, the most crucial urban and social issue for Zaragoza has been the new Madrid-Zaragoza-Barcelona railway layout for the Spanish high speed train AVE, and the completion of the new Delicias AVE Station in 2003. Nowadays, Zaragoza’s double condition has been unified with the city’s re-definition in a single project that has governed its entire urban planning process: its candidacy for the 2008 International Exhibition. Initially, two former trends could be found in recent Spanish urbanism centered around international events: the acclaimed urban planning for Barcelona’s ‘92 Olympic games, and the artificial postmodern paraphernalia of expo-based urban design projects such as Seville’s EXPO ‘92 and Barcelona’s 2004 Universal Forum of Cultures. The latter seems to be the trend that has won out in Zaragoza’s current urbanism. The venue for EXPO ‘08 was initially conceived during the 1999 election campaign. In 2000, the Pro Expo Committee commissioned a candidacy dossier from a

group made up of highly skilled figures in the field of ‘expo-urbanism’: Josep A. Acebillo (Barcelona’s Commissioner for Infrastructure, responsible for Barcelona’s 2004 Forum), Juan Correa (who contributed to Seville’s EXPO ‘92 design), the Bassat & Ogilvy advertising group, Batle & Roig architects, and urban planner F.J. Monclus – together they came up with the ‘smart’ label for Zaragoza’s Expo: Water and Sustainable Development. In December 2004 Zaragoza was selected to host the Expo. The site chosen for the exhibition was aimed at re-defining Zaragoza’s double condition through a single, global project: a green area along a meander in the Ebro river at the north-west edge of the city, right in front of the new train station. The Expo site was meant to be connected to the entire city by a peripheral road running through the site, and to the old city by three new bridges. But neither the pedestrian bridge nor the iconic Bridge Pavilion by Zaha Hadid seems to bring one anywhere downtown. The millennium bridge, as part of the third peripheral belt, works on a ‘car scale’, connecting the new train station and the Expo. But the Expo site is cut off from its surrounding area by this peripheral belt that is meant to link it to the rest of the city. This urban isolation of the Expo site is increased by the architectural design of the main pavilion, set with its back to the neighborhood. Prestigious architects designed masterpieces, such as the Spain Pavilion by Patxi Mangado or Nieto & Sobejano’s Congress Building, that were set down on the site without much concern for an


Š Pedro Pegenaute

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Š Roland Halbe

sezione longitudinale aa/longitudinal section aa

sezione trasversale bb/transversal section bb

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© Roland Halbe

innocuous overall design. Grouping together spectacular architecture with no sense of harmony, the Expo urban design is cut off from the city. Only the local architects, Basilio Tobías and Alday & Jover, tried to integrate their sober architecture with the site, counter to the show-business trend of the outskirts. The topics defined by the Expo have driven Zaragoza’s overall urban strategy: the theme of water, the concern for sustainability, and the ‘branding’ tendency of consumer capitalism. The latest strategic urban project based on macro-structural development designed by Zaragoza’s urban planners seems to have been swallowed up and deformed by the power of the Spanish real estate industry. The ‘branding’ tendency that began with the venue for the Expo has seeped into Zaragoza’s urbanism and subsequent architecture, mainly through the Expo urban support plan. This ambitious plan consisted in the restoration of Zaragoza’s river waterfronts, a plan for later uses of the Expo area, improvements to transport systems (including the new airport extension), downtown cultural centers such as Espacio Goya by Herzog & De Meuron, and housing developments. The former railway area, initially included in the Expo city development project, has been renamed Milla Digital Project5; the former Expo Villa has been turned into the Valdespartera Ecocity with more than 10,000 new apartments. At the same time, ‘sustainable’ commercial areas have sprung up throughout the

partecipò alla progettazione dell’Expo ‘92 di Siviglia), il gruppo pubblicitario Bassat & Ogilvy, gli architetti Batle & Roig e l’urbanista F.J. Monclus insieme crearono l’‘accattivante’ etichetta dell’Expo di Saragozza Water and Sustainable Development [Acqua e sviluppo sostenibili]; nel dicembre 2004 Saragozza è stata selezionata per ospitare l’Expo. L’area scelta per l’esposizione aveva lo scopo di ridefinire la doppia condizione di Saragozza attraverso un unico grande progetto: una distesa serpeggiante lungo il fiume Ebro all’estremo nord-est della città, situata proprio davanti alla nuova stazione dei treni. La zona dell’Expo doveva essere connessa a tutta la città tramite una circonvallazione che attraversava l’area, e con la città vecchia tramite tre nuovi ponti. Ma né il ponte pedonale né l’iconico Padiglione ponte di Zaha Hadid, sembrano condurre da nessuna parte. Il ponte del millennio, come parte del terzo anello della circonvallazione, si inserisce come car scale [a dimensione di automobile] che collega la nuova stazione dei treni all’Expo. Ma la zona dell’Expo è separata dall’area circostante da quest’anello di circonvallazione pensato per connetterla con il resto della città. Tale distaccamento urbanistico dell’area dell’Expo è evidenziato dall’architettura del padiglione principale che volge le spalle al circondario. Architetti di fama hanno progettato capolavori come il Padiglione Spagnolo di Patxi Mangado o il Palazzo dei Congressi di Nieto & Sobejano, che sono apparsi sul sito senza curarsi troppo dell’innocuo design complessivo. Radunando architettura spettacolare priva di senso d’armonia l’Expo urbanismo è distaccato dalla città. Soltanto gli architetti locali, Basilio Tobìas e Alday & Jover, hanno cercato di integrare all’interno del sito la loro architettura sobria rispondendo alla tendenza dello show-business di periferia. Gli argomenti definiti dall’Expo hanno influenzato l’intera strategia urbanistica di Saragozza: il tema dell’acqua, l’interesse per la sostenibilità, e la tendenza ad un marketing aggressivo del capitalismo consumistico. L’ultimo strategico progetto urbanistico basato sullo sviluppo macrostrutturale creato dagli urbanisti di Saragozza, sembra essere stato fagocitato e deformato dal potere dell’industria immobiliare spagnola. L’attenzione al marketing iniziata con la sede dell’Expo si è infiltrata nell’urbanismo e nell’architettura successiva di Saragozza, soprattutto attraverso il piano di supporto urbanistico dell’Expo. L’ambizioso piano prevedeva il ripristino del lungofiume di Saragozza, un piano per l’uso successivo dell’area dell’Expo, miglioramenti del sistema di trasporto (incluso un ampliamento del nuovo aeroporto), centri culturali in città come il Goya Space di Herzog & De Meuron, e complessi edilizi. La precedente area della stazione, che inizialmente era inclusa nello sviluppo dell’Expo City, è stata rinominata Milla Digital Project5; la vecchia Villa-Expo è stata trasformata in Eco-city Valdespartera, con più di diecimila nuovi appartamenti. Allo stesso tempo, aree commerciali ‘sostenibili’ sono

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Auditorium and Convention Centre of Aragon Expo 2008 nome progetto/project name Auditorium e Centro Congressi all’Expo Saragozza 2008 architetto/architect Nieto Sobejano Arquitectos, S.L. – Fuensanta Nieto, Enrique Sobejano capo progetto/project architect Patricia Grande collaboratori/collaborators Carlos Ballesteros, Mauro Herrero, Sebastian Sasse, Alexandra Sobral, Lucía Gigante coordinatore della sicurezza/site supervision Nieto Sobejano Arquitectos S.L. – Fuensanta Nieto, Enrique Sobejano Patricia Grande, Project Architect Miguel Mesas Izquierdo, Technical Architect U.T.E. Máster/Técnicas Reunidas S.A. strutture/structures NB 35 S.L ingegneria meccanica/mechanical engineer R. Úrculo Ingenieros Consultores, S.A. acustica/acoustics Higini Arau sistema prevenzione incendi/fire prevention system 3i Ingeniería Industrial ingegneria di facciata/façade engineering Ove Arup & Partners attrezzature di scena/scenographic equipment Chemtrol modello/model Nieto Sobejano – Juan de Dios Hernández, Jesús Rey committente/client Government of Aragón concorso/competition 2005 data di progetto/design date 2005-2006 realizzazione/realization 2006-2008 luogo/site Saragozza, Spagna foto/photo Roland Halbe www.nietosobejano.com

periphery, such as PLA-ZA, Puerto-Venecia, and Aragonia, designed by Rafael Moneo. Zaragoza can be considered an urban system in which a clear strategic plan has been articulated to re-define its identity as a global city and balance out its former urban dysfunctions through the overall project. An ambitious international exhibition project was branded with the politically correct label of Water and Sustainable Design. The intention was to lay out and build, in a short period of time, a solution to a very difficult problem which is endemic to cities in our current era. How is it possible, then, to be a global city within the framework of a sustainable development, adapted to local conditions? I would argue that this remains an unresolved issue. The urban planners of Zaragoza might have had good intentions, but the goal was too ambitious. And unfortunately the power of the Spanish real estate industry and the marketing trend has been so strong that the final result is more a ‘tabula rasa’ redefinition of the city than a true interpretation of it in terms of sustainable design.6

in queste pagine: vista generale dell’edificio e particolare dell’ingresso principale/in these pages: general view of the building and detail of the main entrance in alto: assonometria above: axonometric view


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sezione aa/section aa

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pianta piano terra/ground floor plan

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interno/interior pagina precedente: vista del prospetto principale/previous page: view of the main façade

Notes 1 Keynote lecture given by Kenneth Frampton during the congress Echogram. The sustainability question held at the Graduate School of Architecture at Columbia University. October 20th-25th of 2008. 2 I am using the expression ‘global-city’ borrowed mainly from Saskia Sassen and Ignasi de Solà-Morales. See Saskia Sassen prologue in Ignasi de Solà-Morales , Territorios, Gustavo Gili, 2002. 3 At the point where it meets the rivers Gallego, Huerva and the Imperial Chanel (Irrigation and transport channel built in the XVIII century. It flows parallel to Ebro’s river from a higher stretch in the northwest region of Navarra). 4 Francisco Javier Monclus, Exposiciones internacionales y urbanismo: el proyecto Expo Zaragoza 2008, Edicions Universitat Politecnica de Catalunya, 2008, p.140. 5 The project seems to be originally consequence of a collaboration with the MIT School of Architecture and Planning (Under the leadership of Dennis Frenchman and William J. Mitchell) with 214.000 sqm of tertiary use built areas and almost 4.000 apartments surrounding the linear park that will make up the spaces nearby the station. 6 A true interpretation in terms of what Manuel Solà-Morales expressed in his essay urban acupuncture (essay included in the book A matter of things, NAi Publishers, Rotterdam, 2008). The city is understood to form a body system in which the urban projects «…are not concerned with the design of objects, ensembles, or spaces as such… Rather, in every case, they are meant to be true interpretations of the cities and sincere proposals for their transformation». I am not presenting the widely tested ‘urban acupuncture’ tendency as solution; I am outlining the interpretation of the city rather than its re-definition as better goal for the urbanism. The river seems to be the only pre-existent element barely considered in the re-design of Zaragoza. Unfortunately, no other elements of its surface have been considered, as Manual Sola-Morales states in the same book «…the surface of the city, the urban skin, is considered ‘superficial’, that is, light, inconsistent, insignificant, incapable of having a content worthy of serious study. Reduced to the status of a bearer of only ‘superstructural’, ‘aesthetic’ or environmental values, the skin of the city is for today’s neo-structuralists a consequence rather than a subject, a phenomenon rather than anything material. And yet, in the surface of the city experienced in its tangible materiality in its physical sensations and in all it suggests, lie the origin and form of any kind of urbanity».

spuntate in tutta la periferia: come PLA-ZA, Puerto Venecia e Aragonia progettate da Rafael Moneo. Saragozza può essere considerata un sistema urbanistico nel quale un piano strategico definito è stato articolato per ri-definire la sua identità come città globale, e per bilanciare attraverso un progetto generale le sue precedenti disfunzioni urbanistiche. Un ambizioso progetto di fiera internazionale è stato bollato con l’etichetta politicamente corretta di Water and Sustainable Design. L’intenzione era di impostare e costruire in un breve periodo di tempo la soluzione ad un problema estremamente complesso e radicato nelle città moderne. Com’è possibile allora essere una città globale nel quadro di uno sviluppo sostenibile, adattato alle condizioni locali? Sostengo che questa sia una problematica finora irrisolta. Gli urbanisti di Saragozza avranno avuto la buona volontà, ma l’obiettivo era troppo ambizioso. E sfortunatamente il potere dell’industria immobiliare spagnola e la tendenza del marketing sono stati così forti che il risultato finale è più una ridefinizione tabula-rasa della città che una vera interpretazione di essa in temini di design sostenibile.6 Note 1 Conferenza principale di Kenneth Frampton al congresso Echogram. The sustenibility question tenuto al Graduate School of Architecture della Columbia University, 20-25 ottobre 2008. 2 Uso l’espressione ‘città globale’ mutuandola principalmente da Saskia Sassen e Ignasi de Solà-Morales. Vedi il prologo di Saskia Sassen in Ignasi de Solà-Morales, Territorios, Gustavo Gili, 2002. 3 Nel punto in cui incontra i fiumi Gallego, Huerva e il Canale Imperiale (un canale d’irrigazione e trasporto costruito nel XVIII secolo. Scorre parallelo al fiume Ebro da un punto più alto della Navarra nord-occidentale). 4 Francisco Javier Monclus, Exposiciones internacionales y urbanismo: el proyecto Expo Zaragoza 2008, Edizioni Universitat Politecnica de Catalunya, 2008, p. 140. 5 Il progetto sembra essere originariamente conseguenza di una collaborazione con la MIT School of Architecture and Planning (sotto la direzione di Dennis Frechman e William J. Mitchell) con 214.000 mq di area costruita ad uso terziario e almeno 4.000 appartamenti circostanti il parco lineare che occuperà gli spazi vicino alla stazione. 6 Una reale interpretazione sulla base di ciò che Manuel Solà Morales espresse nel suo saggio urban acupunture (saggio incluso nel libro A matter of things, NAi Publishers, Rotterdam, 2008). La città è intesa per formare un sistema corporeo nel quale i progetti urbanistici «…non hanno a che fare con il design di oggetti, complessi, oppure spazi… Piuttosto sono intesi come vere interpretazioni delle città e sincere proposte per la loro trasformazione». Non presento la tendenza urban acupunture ampiamente testata come una soluzione; descrivo l’interpretazione della città piuttosto che la sua ridefinizione, come miglior obiettivo per l’urbanismo. Il fiume sembra essere l’unico elemento pre-esistente considerato a malapena nel re-design di Saragozza. Sfortunatamente nessun altro elemento della sua superficie è stato preso in considerazione come Manuel Solà-Morales afferma nello stesso libro: «…la superficie della città, la pelle urbanistica, viene considerata ‘superficiale’, vale a dire leggera, inconsistente, insignificante, incapace di avere un contenuto che valga la pena studiare seriamente. Ridotta allo stato di portatrice di valori soltanto ‘sovrastrutturali’, ‘estetici’, o ambientali, la pelle della città è per i neostrutturalisti di oggi, una conseguenza piuttosto che un soggetto, un fenomeno piuttosto che qualcosa di materiale… eppure, nella superficie della città sperimentata nella sua tangibile materialità, nelle sue sensazioni fisiche e tutto ciò che suggerisce, sta l’origine e la forma di ogni tipo di urbanità».

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[sul comodino]

[sul comodino]

Valeria Tatano (a cura di) Verde: naturalizzare in verticale Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna (RN), 2008 Il verde in architettura è tra i temi più attuali nel trattamento di facciate e coperture. Nel testo, che non sposa il fronte ecologista a priori ma tiene un punto di vista equilibrato, si ricordano i vantaggi nell’uso della vegetazione: dal controllo microclimatico ai benefici psicologici, ma non si omettono i dubbi sul suo uso massiccio che sconfina nel pericolo di una nuova moda. Proprio l’ultimo sviluppo, il muro vegetale, suscita interrogativi: la natura proposta è addomesticata, adattata al progetto, curata da personale specializzato e lascia all’utente solo la contemplazione.

LAN Architecture You Can Be Young and An Architect AntePrima – Silvana Editoriale, 2008 I primi 5 anni di uno studio parigino: la ricerca di incarichi, i contrasti con i clienti, il ruolo della comunicazione, ma anche la felicità per il primo progetto realizzato, per i concorsi vinti e per l’inserimento nei Nouveaux Albums. Qui la differenza con l’Italia: un sistema di promozione che permette ai giovani studi di farsi conoscere ed ottenere commesse, ma che impone di strutturarsi per divenire una ‘piccola impresa’ pena il ritorno all’anonimato. Il tutto è raccontato con estrema onestà, perché in realtà il problema è semplice: «strappare un buon incarico con un budget adeguato».

[on the nightstand]

[on the nightstand]

Valeria Tatano (editor) Verde: naturalizzare in verticale Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna (RN), 2008 Greenery in architecture is a very hot topic when it comes to facade and roof design. This text – which takes a balanced viewpoint rather than espousing an environmentalist stance a priori – enumerates the advantages of using vegetation, ranging from microclimatic control to psychological benefits; but it does not hesitate to question the kind of overuse that crosses over into the dangerous realm of faddishness.The latest development, the green wall, is precisely what raises doubts: the ‘nature’ featured in it is tamed, adapted to the design, tended by specialized personnel, and allows users only a contemplative role.

LAN Architecture You Can Be Young and An Architect AntePrima – Silvana Editoriale, 2008 The first five years of an architectural firm in Paris: the search for jobs, quarrels with clients, the role of publicity; but also the joy of finishing the first project, winning competitions, and being chosen for Nouveaux Albums. One can see the difference with respect to Italy: a promotional system that allows young firms to build a reputation and obtain commissions, but also demands that they structure themselves as ‘small businesses’, if they don’t want to slip back into anonymity. All of this is told with extreme honesty, because the problem is actually quite simple: «getting a good job with an adequate budget».

www.gruppoconsorzioetruria.it

Il CONSORZIO ETRURIA è una delle più antiche cooperative del settore dell’edilizia operanti in Italia. Nata nel 1921, oggi è capofila del Gruppo, che conta oltre mille dipendenti. Del Gruppo Consorzio Etruria fanno parte anche la Inso, Co.e.stra ed Etruria Investimenti .

Da anni siamo impegnati per progetti in Africa e in Brasile. La solidarietà rende rivoluzionario il nostro lavoro e ci aiuta ad essere noi stessi: una cooperativa di produzione e lavoro. REGALIAMOCI LA GIOIA DI VEDERE SORRIDERE I BAMBINI

foto di elena achilli


Random [01]

a cura di/index by Diego Barbarelli

[io c’ero]

[andar per]

Pedro Meyer Heresies Bibbiena, Cesano Maderno, Montefalco (in Italia) Meyer è tra i maggiori fotografi messicani e dal suo desiderio di indagare le alternative aperte dalla tecnologia nasce la sua ultima scommessa: in contemporanea 60 mostre differenti sul proprio lavoro in 60 sedi diverse. Originale il metodo di selezione: 20 differenti curatori hanno creato una prima antologia da cui ogni museo poteva scegliere liberamente le immagini da inserire in mostra. Si è così creata una procedura espositiva innovativa ed affascinante, aperta a molteplici sviluppi vista l’interattività che presenta e gli interrogativi sui temi di esposizione e di selezione che nasconde.

Canadian Centre for Architecture (CCA), 1989-2009 A venti anni dalla sua apertura il Centro Canadese per l’Architettura (CCA) celebra il suo anniversario con una serie di ambiziose iniziative che si svolgeranno nel corso del 2009. Il CCA è un centro di ricerca internazionale ed un museo, nati nella convinzione che l'architettura debba essere di dominio pubblico.

[on the road] Canadian Centre for Architecture (CCA), 1989-2009 Twenty years after its opening to the public, the Canadian Centre for Architecture (CCA) celebrates its anniversary with an ambitious series of activities throughout 2009. The CCA is an international research centre and museum founded on the conviction that architecture is a public concern.

[cose nostre]

[I was there] Pedro Meyer Heresies Bibbiena, Cesano Maderno, Montefalco (in Italia) Meyer is one of Mexico’s finest photographers, and his urge to investigate the alternatives offered by technology has led to this latest gamble: 60 different exhibits of his work in 60 different locations, all held at the same time. An original selection method was used: 20 different curators compiled an initial anthology that each museum could draw on freely, choosing which pictures to put in the show. This yielded an innovative, fascinating exhibition procedure that was open to many different developments, given its interactive nature and the questions about exhibition and selection issues that lie behind it.

The Kent State University College of Architecture & Environmental Design (CAED) Florence Program La sede fiorentina della scuola di Architettura della Kent University, guidata da Maurizio Sabini, offre ogni semestre una serie di conferenze di rilievo (The Kent State Lectures on Design) che vedono la partecipazione delle maggiori personalità, italiane e straniere, nei diversi settori della progettazione. Le conferenze sono gratuite ed aperte al pubblico.

[round here] The Kent State University College of Architecture & Environmental Design (CAED) Florence Program The CAED Florence Program headed by Maurizio Sabini, offers each semester an outstanding lecture series (the Kent State Lectures on Design), featuring some of the most interesting personalities from the various fields of design in Italy and abroad. The lectures are free and open to the public.

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[letture facoltative]

[ricreazione]

Miguel Angel Martin Neuro Habitat: cronache dell’isolazionismo Coniglio editore, Roma, 2008 Minimalismo estetico ed eliminazione delle emozioni, isolamento e tecnologia, rinuncia consapevole ai sentimenti e rifiuto di contatti fisici, riduzione dei tratti somatici e cancellazione della vita sociale. Scelta estrema ma non originale divenuta – nel fumetto – modello sociale consueto. Ciò che Martin indaga, vista in condizioni estreme, non è un assurdo e improbabile futuro, ma sono gli aspetti sociali e le relazioni interpersonali presenti già oggi nella società. Dopo Brian the Brain un altro capolavoro di Martin in grado di far riflettere.

Vivere l’architettura Roma Uno (satellite sky CH 860) 12 puntate (dal 17 dicembre) Trasmissione televisiva, giunta alla terza serie, dedicata all’architettura. Vari i temi trattati, tutti di area romana. Merita una segnalazione essendo tra le poche interamente dedicate all’architettura. Sempre più spesso l’architettura è inserita in trasmissioni dedicate alla moda, al costume, all’arte e molte sono le pubblicazioni sia cartacee che digitali. L’assenza di trasmissioni specifiche – al di fuori dei palinsesti di canali tematici – risulta comprensibile se si pensa che al pubblico interessa l’immagine, l’aspetto iconico e non certo le analisi approfondite.

[optional readings]

[recreation]

Miguel Angel Martin Neuro Habitat: cronache dell’isolazionismo Coniglio editore, Roma, 2008 Aesthetic minimalism and emotional deprivation, esclusion and technology, conscious rejection of feelings and refusal of physical contacts, decrease in somatic features and obliteration of social life. Extreme but unoriginal choice which becomes – in the comic – an usual social model. What Martin do investigates, in extreme conditions, is not an absurd and improbable future, but social aspects and interpersonal relations, already present in the society. After Brian the Brian, another Martin’s masterpiece able to make people reflect.

Vivere l’architettura Roma Uno (satellite sky CH 860) 12 episodes (from December 17th) An architecture series for TV at its third edition where the treated themes refer to the Roman area. It deserves a report because it is – among a few others – fully dedicated to architecture. More often than not architecture is included in TV series dedicated to fashion, to costume, to art and there are many both paper and digital publications. The lack of specific programs – except the monotemathic channels’ programs – can be comprehensible if we think the public as interested in image, in the iconic aspect and surely not in a deeper analysis.

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[letture facoltative]

[cose nostre]

Robert Frank Gli americani Contrasto; Roma; 2008 Tra le ristampe del 2008 è senza dubbio da segnalare il classico Gli americani di Robert Frank con l’introduzione originale di Jack Kerouac. Il reportage, frutto di un lungo viaggio attraverso 48 stati americani nel 1955-56, racconta l’America quotidiana, vera, priva di retorica attraverso gesti, sguardi, situazioni. Ritrae funerali e jukebox, persone in auto o sdraiate sul prato creando una successione di immagini dolci e malinconiche. Sono scene ormai consuete per essere state subito dopo riprese in molti romanzi e in tanti film. Un libro poetico, da sfogliare e conservare.

Dario Scodeller Gaddo Morpurgo – progetti pensieri ricerche Foschi editore, Forlì, 2008 La didattica performativa, la grafica di pubblica utilità, il tema dell’esporre e soprattutto lo studio su come la fotografia interviene nella percezione dello spazio sono alcuni degli argomenti indagati da Morpurgo e ripresi nell’intervista.

[round here] Dario Scodeller Gaddo Morpurgo – progetti pensieri ricerche Foschi editore, Forlì, 2008 Performative didactics, public service graphics, the theme of exhibition, and above all, an investigation of how photography affects one’s perception of space: these are a few of the subjects explored by Morpurgo and outlined in the interview.

[cose nostre]

[optional readings] Robert Frank The Americans, Contrasto, Roma, 2008 The classic The Americans by Robert Frank, with Jack Keruac's original introduction, surely deserves a report among the 2008's reissues. The reportage, as a result of a long trip through 48 States of America in 1955-56, without any rhetoric narrates the true everyday America by signs, glances, situations. It portrays funerals and jukeboxes, people inside the cars or lying down on a grass, creating a sequence of sweet and lonely images. Those are well-known scenes, immediately exploited in many novels and movies. A poetic book, to be leafed through and kept.

Giovanni Leoni (a cura di) Marcociarloassociati Libria, Melfi, 2008 Il lavoro di Ciarlo si caratterizza per la profonda attenzione al contesto attraverso gesti quieti, non ostentati e dai risvolti poetici.

[round here] Giovanni Leoni (editor) Marcociarloassociati Libria, Melfi, 2008 Ciarlo’s work is characterized by a keen eye for context, with a quiet, unobtrusive approach that has poetic implications.

[andar per] Beyond Media Stazione Leopolda, Firenze 9-17 luglio 2009 Il tema di questa edizione del festival curato da Brizzi è ‘Visions’.

[on the road] Beyond Media Stazione Leopolda, Florence 9-17 July 2009 The theme of this year’s festival, curated by Brizzi, is ‘Visions’.

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Hanno collaborato a questo numero / Contributions to this issue

Diego Barbarelli

ingegnere/engineer

Perugia, 1975. Redattore di PresS/Tletter e PresS/Tmagazine, collaboratore di Compasses/Perugia, 1975. Editor of PresS/Tletter and PresS/Tmagazine, contributor to Compasses

Paride Giustino Caputi

architetto/architect

Asmara (Eritrea), 1947. Insegna Urbanistica alla Facoltà di Architettura di Napoli. Ha studiato ed elaborato piani urbanistici e paesistici ambientali di rilevanza nazionale. è stato componente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Presidente dell’INU Campania, Assessore dei comuni di Maratea e Napoli. è autore di numerose pubblicazioni di urbanistica/Asmara, (Eritrea) 1947. Caputi teaches urban planning at the Faculty of Architecture in Naples. He has devised urban and environmental landscape plans of national eminence. He has been a member of the Upper Board of Public Words, President of INU Campania, Chancellor of municipalities of Maratea and Naples. He has written numerous books about urban planning

Veronioca Cornacchini

designer/designer

Foligno (PG), 1984. Laureata in Product Design a Firenze. Da novembre 2008 collabora con l’Assessorato alla Moda del Comune di Firenze e partecipa al progetto YAKERS’ presentando un proprio progetto a Pitti Immagine Uomo 2009. Dalla collaborazione con Ilaria Cornacchini nasce VICDUE, spazio di ricerca tra Moda e Design per la progettazione di prodotti trasformabili/Foligno, 1984. Graduated in Product Design in Florence. Since November 2008, she has been working with the Council of Fashion for the Municipality of Florence. She took part in the YAKERS’ project, presenting her design at Pitti Immagine Uomo 2009. Her partnership with Ilaria Cornacchini gave rise to VICDUE, a studio for exploring the line between fashion and product design to design transformable pieces

Paolo Di Nardo

architetto/architect

Firenze, 1958. Fondatore e direttore editoriale della rivista AND, nel 2002 fonda lo studio ARX che si occupa di progettazione e ricerca architettonica; collabora con studi quali Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten. è professore a contratto di progettazione presso la Facoltà di Architettura di Firenze e autore di numerosi articoli e saggi sull’architettura contemporanea/Florence, 1958. Founder and editor of AND magazine. In 2002 Di Nardo founded studio ARX, which is concerned with architectural research and design; he also works with studios such as Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten. He is a temporary professor of design with the Faculty of Architecture in Florence and has authored numerous articles and essays on contemporary architecture

Cristina Donati

architetto/architect

Firenze, 1962. Si laurea a Firenze, dove consegue un dottorato in Storia dell’Architettura Contemporanea. Si trasferisce ad Oxford (UK) dove collabora con studi professionali, organizza eventi di architettura e collabora con riviste internazionali tra cui: Controspazio, Modulo, Architecture Today, Architectural Record. Ha svolto attività didattica presso la Facoltà di Architettura di Firenze e per il Florence Programme della Kent State University (USA). Pubblicazioni recenti: Michael Hopkins; CSPE: L’Innovazione Tecnologica dalla Ricerca alla Realizzazione/Florence, 1962. She graduated in Florence, where she received a doctorate in the History of Contemporary Architecture. She moved to Oxford (UK), where she works with professional studios, organizes architectural events and works with international magazines, including: Controspazio, Modulo, Architecture Today and Architectural Record. She has taught at the Faculty of Architecture at the University of Florence and for the Florence Program of Kent State University (U.S.). Recent monographs: Michael Hopkins; CSPE: L’Innovazione Tecnologica dalla Ricerca alla Realizzazione

Juan Luis Font architetto/architect (Juan-Luis Valderrabano-Montañes) Madrid (Spagna), 1975. Ha una laurea in ingegneria civile ad una in Architettura. Ha studiato a Parigi, Napoli e Barcellona ed ha lavorato un anno a Berlino presso lo studio di Daniel Libeskind. Nel 2002 fonda a Madrid lo studio Plata+Font Arquitectura con Miguel Plata. Nel 2004 inizia un dottorato con Juan Herreros. Nel 2007 vince una borsa di studio della Caixa di Barcellona per svolgere il suo dottorato nell’ambito del Master in Advanced Architectural Design per l’anno accademico 2008/09 presso la Columbia University di New York/ Madrid (Spain), 1975. Holds a Building Engineering degree and an Architecture degree. Has studied in Paris, Naples and Barcelona and worked in Berlin with Daniel Libeskind in 2001. In 2002 opened the practice Plata+Font Arquitectura in Madrid with Miguel Plata. In 2004 begins his PhD with Juan Herreros. In 2007 was awarded the Caixa de Barcelona Scholarship to work towards his PhD within the Master in Advanced Architectural Design 2008-09 at Columbia University (New York)

Nika Grabar

architetto/architect

Luigi Prestinenza Puglisi

architetto/architect

Celje (Slovenia), 1978. Si laurea nel 2003 alla Facoltà di Architettura di Lubiana, Slovenia, dove sta svolgendo un dottorato di ricerca sul tema della relazione tra architettura e politica. Attualmente sta conducendo la sua ricerca presso il GSAPP (Graduate School of Architecture Planning and Preservation) alla Columbia University, New York, come visiting scholar [ricercatore esterno] /Celje (Slovenia), 1978. Graduated in 2003 from the Faculty of Architecture in Ljubljana, Slovenia, where she is working as a PhD researcher in the field of architecture and politics. Currently she is conducting her research at GSAPP (Graduate School of Architecture Planning and Preservation), Columbia University in New York as a Fulbright visiting scholar

Catania, 1956. Architetto e critico di architettura. Scrive per numerose riviste. è autore di monografie su architetti quali Rem Koolhaas e Zaha Hadid e di testi di ricerca sulle tendenze dell’architettura contemporanea. Ha pubblicato anche testi di argomento tecnico. Insegna Storia dell’architettura contemporanea all’Università di Roma La Sapienza/Catania, 1956. Architect and architecture critic. In addition to writing for numerous reviews, he is the author of monographic works on architects such as Rem Koolhaas and Zaha Hadid, and studies on trends in contemporary architecture. He has also published texts on technical subjects. He teaches History of Contemporary Architecture at La Sapienza University in Rome.

Mitchell Joachim

Pierpaolo Rapanà

architetto/architetto

Docente alla Columbia University di New York. Co-fondatore e partner di Terreform 1 e responsabile dello studio Archinode. Specializzato in teoria e tecnica della progettazione ecologica. Ha vinto il Premio di History Channel and Infinity Design Excellence per la Città del Futuro, a New York. è stato selezionato dalla rivista internazionale Wired come uno dei personaggi più autorevoli per il 2008/ Currently he is faculty at Columbia University and Parsons. He is a Co-Founder and Partner of Terreform 1 and Principal of Archinode Studio. His specialty is in the theory and science of ecological design. He won the History Channel and Infiniti Design Excellence Award for the City of the Future, New York. He was selected by Wired magazine for The 2008 Smart List: 15 People the Next President Should Listen To

Diane Lewis

architetto/architect

New York, USA. Vive e lavora a Manhattan. Ha ricevuto il Premio Roma per l’Architettura nel 1976. Negli anni ‘70 ha alimentato lo spirito della sua formazione attraverso la costante interazione con architetti e teorici italiani, tedeschi e americani presso la Cooper Uninon University di New York. Ha sempre integrato il dibattito sull’‘archietttura della città’ attraverso la sua attività professionale, internazionalmente riconosciuta, ed attraverso ricerche portate avanti da più di 27 anni. Professoressa di Architettura alla Cooper Union dal 1992. Vincitrice di concorsi, tra cui Riverview Music Quaid, 2008. Nel 2008 è uscita una monografia su di lei Diane Lewis, Inside-Ouside Architecture/New York (USA). She lives and works in Manhattan. Recipient of the Rome Prize in Architecture 1976, has sustained the spirit of her education within the lively interaction of architects and theorists of Italy, Germany, and the US during the 70s at Cooper by integrating a debate on ‘the architecture of the city’ in her internationally recognized architectural practice and the design studios she has simultaneously conducted for the past 27 years. Professor of Architecture at Cooper Union since 1982. Winner of competitions (Riverview Music Quaid, 2008). A monograph about her Diane Lewis, Inside-Outside Architecture, new York City, has been published in 2008

Alessandro Melis

architetto/architect

Cagliari, 1969. Si laurea a Firenze e nel 1995 fonda Heliopolis 21 a.a. con sedi a Pisa e Cagliari. Alterna all’attività professionale l’attività didattica e di ricerca alla Facoltà di Ingegneria di Pisa e alla Facoltà di Architettura di Firenze. Ha pubblicato monografie e saggi. Ha curato mostre, tenuto conferenze, visiting critic e lectures presso istituti italiani ed esteri/Cagliari, 1969. After graduating in Florence, he founded Heliopolis 21 a.a. in 1995 with branches in Pisa and Cagliari. He alternates his professional activity with didactic and research pursuits at the University of Pisa and at the University of Florence. Besides having published monographs and essays, he has directed exhibitions, held conferences, visiting critics and lectures at both Italian and foreign institutes

Giulia Pellegrini

architetto/architect

Pisa, 1977. Si laurea in architettura nel 2003 presso l’Università degli Studi di Firenze. Da subito si dedica al settore della pubblicistica e dell’editoria collaborando con testate internazionali. Dal 2006 lavora con AND per la quale ricopre il ruolo di coordinatrice editoriale. Vive e lavora a Firenze/Pisa, 1977. She graduated in architecture in 2003 from Università degli Studi in Florence. She dedicated herself to the writings and publishing sector and has collaborated with international publications. Since 2006 she has worked with AND in the role of editorial supervisor. She lives and works in Florence

architetto/architect

Lecce, 1978. Svolge attività professionale in collaborazione con lo studio ARX di Firenze e attività di ricerca come Cultore della Materia nel corso Laboratorio di Architettura II presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Fa parte della redazione di AND/Lecce, 1978. Works in partnership with studio ARX of Florence and conducts research as a scholar with the Architectural Workshop of the Faculty of Architecture in Florence. A member of the AND editorial staff

Daria Ricchi

architetto/architect

Novafeltria (PU), 1978. Architetto e giornalista. Scrive per riviste specializzate di settore in Italia e all’estero, tra cui a10, Il Giornale dell’Architettura, Area e Casamica. Ha scritto una monografia su Mecanoo e appena curato una monografia su Diller Scofidio + Renfro, edito da Skira. È attualmente visiting scholar [ricercatrice esterna] presso la Columbia University a New York/Novafeltria (PU), 1978. Architect and journalist. She writes for specialist magazines in Italy and abroad, amongst which are a10, Il Giornale dell’Architettura, Area and Casamica. She has written a monograph on Mecanoo and has recently directed a monograph on Diller Scofidio + Renfro, published by Skira. She is currently a visiting scholar at Columbia University in New York

Fabio Rosseti

architetto/architect

Viareggio (LU), 1961. Vive e lavora a Firenze, rivolgendo la sua attenzione al rapporto fra architettura e tecnologie dell’informazione. è coordinatore della redazione di AND con la quale ha collaborato fin dal primo numero. Ha scritto vari articoli per AND e per altre testate/Viareggio (LU), 1960. Lives and works in Florence, focusing on the relationship between architecture and information technologies. Editorial staff coordinator of AND, he has worked with the magazine since its very first issue, writing various articles for AND and for other publications

Maurizio Sabini

architetto/architect

è professore associato di architettura e progettazione urbana alla Kent State University e Coordinatore del Florence Program in Architecture & Enviromental Design. La sua attività professionale e di ricerca si incentra prevalentemente su progettazione e studi urbani. è autore di numerose pubblicazioni e partecipa a conferenze internazionali/Associate professor of architecture & urban design at Kent State University for which he also serves as Coordinator for the Florence Program in Architecture & Enviromental Design. His professional activity and research has been primarly developed in the field of urban design and studies. He is author of publications and partecipates at international conferences


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