Salute > Wellness

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2009 maggio agosto

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Salute > Wellness

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la nuova superficie per l'Architettura

e d i t r i c e

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AND Rivista quadrimestrale di architetture, città e architetti n°15 maggio/agosto, 2009 direttore responsabile Eugenio Martera direttore editoriale Paolo Di Nardo comitato scientifico Giandomenico Amendola, Gabriele Basilico, Miranda Ferrara, Maurizio Nannucci, David Palterer, Sergio Risaliti, Giorgio Van Straten redazione Tommaso Bertini, Filippo Maria Conti, Samuele Martelli, Elisa Poli, Pierpaolo Rapanà, Daria Ricchi, Eugenia Valacchi coordinamento editoriale Giulia Pellegrini coordinamento redazionale Fabio Rosseti corrispondenti dalla Francia: Federico Masotto dalla Germania: Andreas Gerlsbeck dagli Stati Uniti: Daria Ricchi traduzioni italiano-inglese Johanna Bishop, Miriam Hurley, Team Translation crediti fotografici le foto sono attribuite ai rispettivi autori come indicato sulle foto stesse. L’editore rimane a disposizione per eventuali diritti non assolti progetto grafico Davide Ciaroni impaginazione elettronica Giulia Pellegrini, Pierpaolo Rapanà direzione e amministrazione via V. Alfieri, 5 - 50121 Firenze www.and-architettura.it

distribuzione per l’estero S.I.E.S. Srl via Bettola, 18 - 20092 Cinisello Balsamo(MI) tel. +39 02 66030400 - fax +39 02 66030269 sies@siesnet.it www.siesnet.it stampa Litograf Editor, Città di Castello (PG) comunicazione Complemento Oggetto www.complementoggetto.it abbonamenti abbonamenti@dnaeditrice.it arretrati joodistribuzione@joodistribuzione.it quadrimestrale una copia € 12,00 numero con speciale € 15,00 numeri arretrati € 24,00 abbonamento annuale (3 numeri) Italia € 36,00; Europa € 45,00; resto del mondo € 60,00 (posta prioritaria) Registrazione del Tribunale di Firenze n. 5300 del 27.09.2003 ISSN 1723-9990 © AND - Rivista di architetture, città e architetti (salvo diversa indicazione) © dei progetti di proprietà dei rispettivi autori AND - Rivista di architetture, città e architetti è una testata di proprietà di DNA Associazione Culturale via V. Alfieri, 5 50121 Firenze è vietata la riproduzione totale o parziale del contenuto della rivista senza l’autorizzazione dell’editore e dell’Associazione Culturale DNA. La rivista non è responsabile per il materiale inviato non richiesto espressamente dalla redazione. Il materiale inviato, salvo diverso accordo, non verrà restituito.

in copertina/cover Ateliers Jean Nouvel, Complexe Aquatique des Docks, Le Havre © Emmanuelle Blanc

redazione spazio A18 via degli Artisti, 18r - 50132 Firenze redazione@and-architettura.it editore DNA Editrice via V. Alfieri, 5 - 50121 Firenze tel. +39 055 2461100 info@dnaeditrice.it pubblicità DNA Editrice via V. Alfieri, 5 - 50121 Firenze tel. +39 055 2461100 niccolonatali@and-architettura.it distribuzione per l’Italia JOO Distribuzione via F. Argelati, 35 - 20143 Milano joodistribuzione@joodistribuzione.it

soci sostenitori ANCE TOSCANA ARX SEZIONE EDILE DI CONFINDUSTRIA FIRENZE


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EDITORIALE, Paolo Di Nardo

MODELLO EVOLUTIVO, intervista a M. Mauri e U. Veronesi

QUATTRO OSPEDALI, intervista a Mario Cucinella

PER I BAMBINI, Daria Ricchi

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QUALITà DI VITA, Guido Incerti

SCULTURE LEGGERE, Elisa Poli

A MISURA D’UOMO, Azzurra Macrì

TEXTURE, LUCI E COLORI, Elisa Massano

EMERGENCY. LIFE SUPPORT, Guido Incerti

PACKAGING E MEDICINALI, F. Ranzani e S. Albolino

SANI E SALVI, Fabio Rosseti

WELLNESS, Alessandro Melis

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ATELIERS JEAN NOUVEL, Les Bains des Docks

ANTONIO IASCONE, Casalunga Golf Resort

IKON.5 ARCHITECTS, Centro benessere a New Rochelle

LARC STUDIO, Centro di spiritualità

MICHAEL YOUNG, Skin

SIMONE MICHELI, Centro benessere Hotel Exedra Nice

VA ARCHITECTS, Blue Lagoon

MONEO BROCK, Terme di Tiberio

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Random [02] RANDOM, Diego Barbarelli


EDITORIALE

PAOLO DI NARDO

Il rapporto con la malattia e la sua cura è sicuramente uno dei più difficili e personali da affrontare. La progettazione degli ospedali ha sempre rappresentato una sfida, non solo – o non tanto – per la complessità tecnologica e funzionale, comunque codificabile e di fatto codificata, quanto per la complessità delle risposte emotive che sono richieste ad un’architettura che si interfaccia con l’uomo quasi sempre attraverso il dolore e la sofferenza. La funzionalità, tecnologica ed impiantistica, deve lasciare il passo alla vivibilità degli spazi, alla loro capacità di accogliere l’individuo e di creare attorno a lui un ambiente positivo e quindi terapeutico. I progetti che AND presenta in questa prima parte vanno tutti in questa direzione: l’attenzione per l’uomo. Mario Cucinella, nel progetto dei quattro ospedali dell’area Apuana in Toscana, partendo dalle linee guida del professor Umberto Veronesi, affronta il tema come una «piccola città vissuta socialmente in modo trasversale». Sou Fujimoto, giovane architetto giapponese, nel suo Centro di riabilitazione psichiatrica infantile, crea degli spazi di connessione che definisce ‘terapeutici’ perché permettono ai bambini di trovare lì un rifugio, uno spazio per il gioco o per dormire. Pinearq, con l’Ospedale Quiròn di Barcellona crea un luogo dove «la qualità del vivere conta forse più della stessa sopravvivenza». A Tres Cantos, una delle ‘nuove città’ dormitorio alla periferia di Madrid, il Centro medico Memoria, di Montes Herraiz, riesce a riqualificare tutta la città con i suoi volumi colorati che sembrano sculture. Lo Studio Altieri ed Emilio Ambasz, con il nuovo Ospedale dell’Angelo di Mestre, creano una struttura che diviene comunità terapeutica a misura d’uomo. La stessa attenzione che ritroviamo, seppur su scala minore, nel Centro Sanitario CEDT a Daimiel, dello Studio Entresitio. Punto di arrivo è l’esperienza di chi, come lo studio Tam Associati, si trova a progettare e realizzare un ospedale di Emergency nei luoghi della sofferenza, ma anche della speranza. La parte centrale, AND, illustra un diverso modo di affrontare l’umanizzazione della cura, od almeno un suo aspetto, attraverso lo studio dell’usabilità e dell’ergonomia del packaging dei farmaci. Un aspetto apparentemente secondario del ‘diritto’ alla salute ed al benessere: la chiarezza di lettura delle confezioni, la loro semplicità d’uso, come la loro sicurezza, sono tutti aspetti che devono fare parte del percorso terapeutico che conduce al benessere in senso generale e non solo alla sanità fisica.


Divine HarvesterTM, Take the red pill [Prendi la pillola rossa]

The relation of the individual with illness and its treatment is certainly one of the most difficult and personal to face. The planning of hospitals has always represented a challenge, not only – or so much – due to technological and functional complexities, though able to be codified and thus encoded, as for the complexity of emotional response which is required of an architecture that interfaces with man often via pain and suffering. Functionality, both technological and of engineering, must leave room for living space, its capacity to receive the individual warmly and create a positive and therefore therapeutic environment around them. The projects that AND presents in this first part all move in this direction: attention to people. Mario Cucinella, within the project of four hospitals in the Apuana area of Tuscany, starting from the guidelines of Professor Umberto Veronesi, faces the theme like a «small city experienced socially in a transversal way». Sou Fujimoto, a young Japanese architect, creates, in his Centre of childhood psychiatric rehabilitation, connecting spaces which are defined as ‘therapeutic’ as they allow the children to find a shelter, a space in which to play or sleep. Pinearq, with the Quiròn Hospital in Barcelona, creates a place where «the

quality of life is maybe even more important than survival itself». In Tres Cantos, one of the ‘new city’ dormitories on the outskirts of Madrid, the Memoria medical centre by Montes Herraiz, is able to upgrade the whole city with its coloured volumes which seem like sculptures. Altieri Studio and Emilio Ambasz, with the new Hospital of the Angel in Mestre, create a structure which becomes a tailor-made therapeutic community. The same attention that we find, even though on a smaller scale, in the CEDT Health Centre in Daimiel, by the Entresitio Studio. The aim is the experience of those who, like the Tam Associates studio, find themselves planning and constructing an Emergency hospital in places where there is suffering but also hope. The central part, AND, illustrates a different way of facing the humanization of treatment, or at least one aspect, via the study of the usability and ergonomics of medicine packaging. One, solely apparently secondary aspect of the ‘right’ to health and well-being of the individual: the ability to clearly read the packaging, its usability, as well as safety, are all aspects which must make up part of the therapeutic route which leads to well-being in general and not only to physical health.

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18 1 noise 2 smells 3 safe 4 ventilation 5 informations 6 temperature 7 fridge 8 dampness 9 signage 10 air quality 11 domotic 12 environmental sustainability 13 ergonomics 14 artificial lighting 15 phone 16 natural lighting 17 TV 18 colours

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Scheme of the CERBA’s structure The dimension of the clinic, of the research and didactic, of the support shared facilities (logistic, analysis laboratories, parkings...), of the Park and of the reception are integrated

clinic

Molecular Medicine 1 prevention 2 advance diagnosis 3 risk reduction 4 diagnosis 5 personalization of the therapy 6 focused therapy 7 care 8 reconstruction of the sick parts 9 rehabilitation 10 improvement of the life quality 11 deseases comprehension 12 individual predisposition

research and

didactic

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Un modello evolutivo CERBA – Centro Europeo di Ricerca Biomedica Avanzata

Maurizio Mauri

e/and

Umberto Veronesi

direttore generale Fondazione CERBA/general manager of CERBA Foundation direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia, Milano scientific director of the European Institute of Onchology, Milan

An evolutionary model. CERBA [European Centre of Advanced Biomedical Research] Today’s hospitals have to address our era’s major changes, sometimes without even realizing it. We can delineate these changes very briefly as: – the revolution in medical and scientific knowledge of the post-genomic era and that of molecular and systems medicine; – the revolution in biomedical technologies; – the revolution in information and communication technology; – the revolution in ethics and in humanization. Hospitals need to respond to the demand for care from a society that is increasingly vital and dynamic. Thanks to the extraordinary achievements of medicine, our society is not willing to be stopped even by the most serious illnesses. Today, illness is experienced as an acute condition from which to recover quickly. This is not about a process of denial. On the contrary, illness is an intimate part of life and the process avoids separating patients from their worlds. Instead, it lets patients have an experience that, though, of course, intense, is not necessarily traumatic. It is no longer acceptable that an unnecessary stay

a sinistra: alcuni grafici realizzati dal CERBA on the left: some diagrams by CERBA

L’ospedale oggi si deve confrontare con le grandi rivoluzioni epocali che stiamo vivendo, talvolta senza neppure rendercene conto, e che in estrema sintesi possiamo definire: – rivoluzione delle conoscenze medico-scientifiche, caratterizzata dalla post-genomica e dalla medicina molecolare e dei sistemi; – la rivoluzione delle tecnologie biomediche; – la rivoluzione della information e communication technology; – la rivoluzione etica e dell’umanizzazione. L’ospedale si deve adeguare alle richieste di cura di una società sempre più vitale e dinamica che, grazie agli straordinari traguardi raggiunti dalla medicina, non è disposta a farsi fermare nemmeno dalle malattie più gravi. La malattia è oggi vissuta come una condizione acuta da cui riprendersi velocemente. Non si tratta di un processo di rimozione, al contrario: la malattia fa parte integrante della vita e non punta a separare il malato dal suo contesto. Piuttosto gli consente di vivere un’esperienza sicuramente intensa, ma non necessariamente drammatica. Non è più accettabile che, per un ricovero inappropriato, il paziente sia allontanato dal proprio contesto sociale e familiare, ma allo stesso tempo non si può più entrare in ospedale in cerca di assistenza sociale. L’ospedale chiarisce la sua identità: centro polispecialistico per acuti ad alta tecnologia ed elevata assistenza che apre le porte a chi, avendo già avuto una diagnosi accurata, ha bisogno di cure intensive ed interventi mirati. Meno letti di degenza ordinaria e molto più spazio al day hospital, al day surgery ed agli ambulatori. Spazio anche a strutture, situate nei pressi dell’ospedale stesso, dove completare la convalescenza, confortati e accuditi dai propri familiari. Il tutto deve essere realizzato a misura d’uomo, con attenzione al comfort ed ai dettagli d’arredo, e con una presenza importante di spazi verdi. Ragionando su questi mutamenti il profilo dell’ospedale ideale è stato delineato in un decalogo di principi guida: 1. Umanizzazione Fin dall’ingresso in ospedale, il malato deve essere ben orientato e ricevere la sensazione che tutto ruoti intorno a lui, con competenza, sicurezza e cordialità. 2. Urbanità L’ospedale si estende su un’area ampia (nell’ordine dei 10-15 ha), molto probabilmente periferica, ma è integrato con il suo territorio e ben collegato al centro città. 3. Socialità L’ospedale è aperto al volontariato ed alle attività socio-culturali di assistenza al malato; ospita inoltre strutture ricreative (ristoranti, teatro, ecc.) e di servizio (centri commerciali, librerie, banca, posta, ecc.).

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in the hospital separates patients from their social and family context. Though, people can also no longer go to the hospital seeking social assistance. Hospitals are clarifying their identity. Now they are multi-specialized centers for acute illnesses with high technology and assistance levels, whose doors are open to those who have had a careful diagnosis and need intensive care and targeted treatments. There are less beds for ordinary hospital stays and much more space for day hospitals, day surgery and ambulatories. There is also space for facilities located near the hospital where patients can complete their convalescence, comforted and cared for by their families. These hospitals are to be built on a human-scale, with attention to comfort and furnishing details, and a significant amount of green space. With consideration of these major changes, we have defined the profile of a model hospital based on ten main principles: 1. Humanization From the moment patients enter the hospital, they should be well oriented, and have the feeling that everything revolves around them with competence, friendliness and safety. 2. Urbanity The hospital extends over a large area (around 10-15 ha), most likely on the outskirts of cities but integrated in the area and well-connected to the city center. 3. Socially involved The hospital is open to volunteers and social and cultural activities for patients; it also includes recreational facilities (restaurants, theatre and the like) and services (shopping cent-

ers, bookstores, banks, post offices and so forth). 4. Organization Thanks to a re-organization of processes, according to the trajectory that patients follow during treatment, the hospital’s operations are efficient, effective and safe. 5. Interactivity The hospital is a hub in a larger care network, using IT networks to connect family doctors to diagnostic centers and to rehabilitation and long-term care facilities. 6. Appropriateness Healthcare actions are divided into different categories according to the intensity of care (from intensive to day hospital) to limit the number of beds while maintaining a high volume of services; furthermore, the clear organization of diagnostic and treatment trajectories controls the appropriateness of care and the use of resources. 7. Reliability The organization of processes, and the hospital’s computer system allow for a constant, careful management of clinical risk, resulting in safer treatments. 8. Innovation The hospital must remain in step with the times and be able to adapt to innovations in diagnostics, treatment, technology and information technology. 9. Research The speed with which knowledge changes in medicine in the post-genome era requires a close relationship between basic biomedical research, clinical research and medical, bedside practice. 10. Education The hospital becomes a point of confluence for clinical and scientific knowledge, intellectual research, and professional and general

education for doctors and the nursing, technical, and administrative staff and for local residents. The hospital’s architectural project follows a functional/structural approach. It is made of a series of standard, yet modular, blocks that can be adapted and converted as needed. Its structure fosters connections, sharing and synergies, including between basic and clinical research. Ambulatories, specialized facilities, equipment and state-of-theart technologies are centralized to allow their use by many different professional figures, which lets their use be optimized. The new thinking is about more than the hospital as a physical place, as it becomes an integrated collection of care processes, interdisciplinary therapeutic and diagnostic trajectories that keep the focus on patients and their clinical problems. Vertical organization into departments is left behind and replaced with a horizontal network based on treatment processes and new administration models. The network is supported by an intelligent, rapid structure provided by information technology. Data integration helps greatly shorten process time. For example, obsolete practices and techniques, more than technical time frames, affect the length of the common path of a radiograph, from the time it is ordered at the patient’s bedside to delivery of the report. Intensive, shortened hospital stays, followed by rapid transfer to residential assistance facilities are appreciated by patients who can recover their health there, with more respect for their lifestyles and social habits. During assistance, quality of


life and lack of suffering are given much attention (hospitals without pain), including cases in which there is a minimal chance of recovery. This is achieved through targeted architectural strategies (starting from single rooms with bathrooms) and changes in hospital rules (much more respectful of patient privacy, their freedom of movement and right to receive visits at any time of day). Other essential points are innovation and the integration of knowledge. Considerable space is given to research laboratories adjacent to hospital facilities to ensure there is a connection between the questions asked by clinic experience and the answers provided by science. The hospital is also meant to be a place of teaching, providing facilities for training and education. These are intended not only for internal medical and nursing staff and are open to outside medical professionals and businesses. This aims to foster healthcare education, intellectual research and continuous professional training. As for costs, it is estimated that, in about three years, the savings in operating expenses would

rendering notturno del nuovo modello di ospedale studiato dal CERBA/night rendering of the new model of hospital studied by CERBA

4. Organizzazione Grazie ad un ripensamento dell’organizzazione per processi, secondo il percorso che il paziente compie durante il suo trattamento, l’attività dell’ospedale risulta efficiente, ma allo stesso tempo efficace e sicura. 5. Interattività L’ospedale costituisce il nodo di una rete di assistenza più ampia, che lo collega – anche grazie alle reti informatiche – sia ai medici di famiglia ed ai centri diagnostici sia alle strutture di riabilitazione e di lungo degenza. 6. Appropriatezza Le azioni sanitarie sono divise in diverse tipologie secondo l’intensità di cura (da quella intensiva al day hospital) in modo da contenere il numero di posti letto pur mantenendo un alto volume di prestazioni; inoltre l’esplicitazione dei percorsi diagnostici e terapeutici consente il controllo della correttezza delle cure e dell’uso delle risorse. 7. Affidabilità Sempre l’organizzazione per processi e l’informatizzazione della struttura permettono un’attenta gestione del rischio clinico ed hanno come risultato cure più sicure. 8. Innovazione L’ospedale deve essere costantemente al passo con i tempi e sapersi rinnovare nell’ambito diagnostico, terapeutico, tecnologico ed informatico. 9. Ricerca La rapidità con cui cambiano le conoscenze in medicina nell’era della post-genomica impongono uno stretto collegamento tra la ricerca biomedica di base, la ricerca clinica e la pratica medica al letto del paziente. 10. Formazione L’ospedale diventa un luogo di accumulo di conoscenza clinico-scientifica, di ricerca intellettuale, di continuo aggiornamento professionale e di cultura per i medici ed il personale infermieristico, tecnico, gestionale e per i cittadini dell’area. Il progetto architettonico segue l’approccio funzional-strutturale. Una serie di blocchi standard ma modulari, che possono essere adattati e convertiti secondo le esigenze. Una struttura che favorisce le connessioni, le condivisioni e le sinergie anche tra ricerca di base e clinica. Ambulatori, strutture specialistiche, attrezzature e tecnologie d’avanguardia sono centralizzate in modo da poter essere utilizzate da molteplici professionalità, consentendone un uso razionale. Il ripensamento non riguarda solo l’ospedale come luogo fisico, ma soprattutto come insieme integrato di processi di cura, di percorsi diagnostico-terapeutici interdisciplinari che mantengono al centro il paziente e il suo problema clinico. Viene quindi abbandonata l’organizzazione verticale in reparti in favore di una rete orizzontale basata sui processi di cura e su nuovi modelli di gestione. La rete è supportata dalla trama veloce ed intelligente fornita dall’informatica che, grazie all’integrazione dei dati, consente una notevole contrazione dei tempi di processo: basti pensare all’abituale

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A proposito del CERBA About CERBA AND Come è nato il CERBA e cosa è? Maurizio Mauri Il CERBA è nato da una visione, come sempre innovativa e che guarda al futuro, del professor Umberto Veronesi. L’idea scaturisce dalla consapevolezza che stiamo vivendo un’era di grandi rivoluzioni, non solo epidemiologiche, sociali e economiche, ma anche nelle conoscenze (la lettura del genoma umano e la medicina molecolare nei prossimi 10 anni cambieranno l’80% delle nostre conoscenze e quindi dei nostri modi di fare prevenzione, diagnosi e terapia); nelle tecnologie biomediche e informatiche; nell’etica e nell’umanizzazione, che riconoscono al centro di tutti gli sforzi per migliorarne la salute la persona, specie se malata, soggetto attivo e non più passivo oggetto delle cure e vero ‘azionista’ della sanità. Sono necessarie nuove risposte alle nuove esigenze del nuovo mondo. Le risposte possono venire solo dalla ricerca, fatta in modo nuovo, concentrando le risorse e condividendo grandi apparecchiature, piattaforme tecnologiche e professionalità, facendo vivere fianco a fianco ricercatori e clinici di diverse discipline, che usano il linguaggio comune della post genomica e si potenziano l’un l’altro sinergicamente. Il CERBA nasce per questo ed è un precursore, un prototipo avanzato e complesso, di un nuovo modello di ospedale per la medicina del futuro. è da realizzare oggi per non restare indietro nel mondo ma anzi attrarre i migliori cervelli e fare dell’Italia il crocevia in Europa della ricerca e della buona assistenza per la salute. Una decina di soci fondatori (Allianz, Fondiaria-SAI, Generali Assicurazioni, IntesaSanPolo, Mediobanca, Pirelli, RCS, Telecom, Unicredit e ENPAM) ha subito capito l’importanza dell’idea e l’ha sostenuta sino ad oggi, finanziando il progetto che si avvia a diventare una concreta realtà. Come Alvar Aalto, Renzo Piano ed altri grandi maestri hanno rinnovato l’architettura mondiale; così il CERBA contribuirà a rinnovare il sistema salute per tutti in una ‘città della scienza per la salute’ che sarà unica in Europa, all’avanguardia nel mondo, in grado di raggruppare in un’unica sede, con piattaforme tecnologiche condivise, più istituti di ricerca, cura e formazione per le patologie big killer del secolo: dall’oncologia alla cardiologia, alle neuroscienze e tante altre. AND L’Italia è tradizionalmente una nazione in cui la qualità della sanità è diffusa

AND How did CERBA originate and what is it? Maurizio Mauri CERBA was born from a vision, ever innovative and looking to the future, of Professor Umberto Veronesi. The idea arises from the knowledge that we are living in an era of great revolution, not only social and economical, but also: of knowledge (the reading of the human genome and molecular medicine will, over the next 10 years, change 80% of our knowledge and thus our methods of prevention, diagnosis and therapy); biomedical and information technology; ethics and humanization, that are central to all efforts to improve the health of a person, particularly if ill, the active subject and no longer the passive object of treatment, and real ‘stakeholder’ of healthcare. New answers to the new needs of the new world are necessary. These answers can only come from research, also carried out in a new way, concentrating resources and sharing equipment, technological platforms and professionalism, ensuring that researchers and clinics of differing disciplines, who use the common, post-genome language and who strengthen each other, live side by side. CERBA was born for this reason and it is a precursor, an advanced, complex prototype, of a new model of hospital for the medicine of the future. It is to be achieved today so as not to be left behind but instead attract the most powerful minds and make Italy the junction of research and quality healthcare assistance in Europe. Ten founding partners (Allianz, Fondiaria-SAI, Generali Assicurazioni, IntesaSanPolo, Mediobanca, Pirelli, RCS, Telecom, Unicredit and ENPAM) immediately understood the importance of the idea and still support it today, by financing the project which is becoming a concrete reality. As Alvar Aalto, Renzo Piano and other great masters renewed world architecture; so CERBA will contribute to the renovation of the healthcare system for all in a ‘city of science for healthcare’ which shall be the only one of its kind in Europe, at the cutting edge throughout the world, able to bring together, with shared technological platforms, numerous research institutes, treatment and training for the ‘big killer’ pathologies of the century: from oncology to cardiology, neuro-science and much more. AND Italy is traditionally a nation in which the quality of healthcare is spread like ‘leopard spots’. Will the approach of a model hospital solve such a problem? In other words, will this approach concern only a part of healthcare, that of excellence, or will it be able to trigger a wider virtuous process? MM The achievement of CERBA, and the derivant definition of the new model of hospital, will be able to contribute to the giving of a valid and concrete response to assistance needs, from the level of excellence to more common levels, because we believe this will favour the achievement not only of high technology hospitals, based on new advanced principles and management methods, but also the creation of an integrated network of services throughout the territory, which will achieve a real organic system, and not an accumulation of disjointed and unconnected structures like today. A perspective which is no longer hospital-centred but citizen-centred, that is the patient is not only at the centre of healthcare activities but ‘protagonist’ of decisions regarding his or her health. It is so true that the realities of healthcare in our country are very different, and they go from situations of excellence or good quality to many others which are, unfortunately, undignified and unacceptable. We are certain that to look to the future and propose advanced models is a great stimulus, which will facilitate an indispensable evolution, even one step at a time, towards models and situations more advanced and of better quality, spreading and sharing ideas and principles with obvious experience. Defining and achieving highly advanced points should not increase divisions but, on the contrary, reduce them and favour a virtuous development of the entire system.

a ‘macchia di leopardo’. L’approccio all’ospedale modello contribuirà a risolvere tale problematica? In altre parole, tale approccio riguarderà solo una parte della sanità, quella delle eccellenze, o sarà capace di innescare un processo virtuoso più ampio? MM La realizzazione del CERBA, e la definizione del nuovo modello di ospedale che ne deriverà, potranno contribuire a dare una valida e concreta risposta alle necessità assistenziali, dai livelli di eccellenza sino a quelli più comuni, perché riteniamo che favoriranno la realizzazione non solo di ospedali ad alta tecnologia, basati su nuovi principi avanzati e nuove modalità di gestione, ma anche la creazione di una rete integrata di servizi sul territorio, che realizzino un vero sistema organico, e non un coacervo di strutture disunite e scollegate come è oggi. In un’ottica non più ‘ospedalo-centrica’ ma ‘cittadino-centrica’, cioè con il malato non solo al centro delle attività sanitarie che lo riguardano, ma ‘protagonista’ delle decisioni sulla sua salute. è verissimo che le realtà sanitarie del nostro paese sono molto differenti e vanno da situazioni di eccellenza o buone a tante altre purtroppo indecorose e inaccettabili. Siamo certi che guardare al futuro e proporre modelli avanzati sia comunque un grande stimolo, che faciliterà un’evoluzione indispensabile, anche passo dopo passo, verso modelli e situazioni più avanzati e di miglior livello, diffondendo e condividendo idee e principi guida e anche con l’esperienza osservabile. Definire e realizzare punte molto avanzate non dovrà cioè aumentare i divari ma al contrario ridurli e favorire uno sviluppo virtuoso dell’intero sistema.

L’evoluzione del modello di ospedale The evolution of the model of the hospital

grafico realizzato dal CERBA sull’evoluzione del modello di ospedale/a diagram by CERBA about the tipology evolution of the hospital

degenza/ward diagnosi e tarapie/diagnosis and therapies accoglienza/reception ricerca/research didattica/didactic

ospedale tradizionale traditional hospital

Istituto Clinico Humanitas Humanitas Clinical Centre

ospedale modello model hospital

CERBA


cover the cost of building a new hospital designed like this. Structural costs are largely compensated by being able to streamline processes and economize operating costs. In contrast to the cultural mindset that sees the hospital as an uncomfortable place, innovative functional designs that are more respectful of the patients’ psychological and physical wellbeing are not necessarily more expensive than traditional ones. We need a major change in the future model of the hospital in the ways described above. These changes have already been partly realized in recent hospital projects and even more in projects under way. The CERBA (European Center for Advanced Biomedical Research) is at the forefront of this movement and offers a new model for research, diagnosis and treatment, teaching and hospitality, combined with environmental protection and sustainability. The new hospital model is part of a healthcare system that is truly a system with an integrated network. It would be well equipped to meet expectations for health, which people today increasingly consider their most important asset.

rendering del nuovo modello di ospedale studiato dal CERBA, vista aerea/rendering of the new model of hospital studied by CERBA, aeral view

percorso di una radiografia, dal momento della richiesta al letto del malato alla consegna del referto, su cui incidono, più che i tempi tecnici, le pratiche ed i comportamenti obsoleti. I tempi di ricovero contratti ed intensivi, seguiti da un rapido trasferimento a strutture residenziali di assistenza, incontrano il gradimento dei pazienti, che lì possono recuperare la propria salute con un maggior grado di rispetto delle proprie abitudini di vita, anche sociale. Nel corso dell’assistenza va curata molto la qualità di vita e la ‘non sofferenza’ (ospedale senza dolore), anche nel caso in cui le aspettative di guarigione siano minime. Ciò si realizza attraverso soluzioni architettoniche appropriate (a partire dalle camere singole con bagno) e cambiamenti nelle regole dell’ospedale (molto più rispettose della privacy dei pazienti, della loro libertà di movimento e di ricevere a qualsiasi ora visite). Fondamentali sono poi l’innovazione e l’integrazione dei saperi: ampio spazio è riservato ai laboratori di ricerca, contigui alle strutture di ricovero, in modo da garantire la connessione tra le domande poste dalla clinica e le risposte fornite dalla scienza. L’ospedale deve poi essere sede di insegnamento e disporre di strutture per la formazione e la didattica, non riservate esclusivamente al personale medico e infermieristico interno, ma aperte anche a operatori esterni della medicina e al mondo delle imprese. Lo scopo è favorire lo sviluppo di una cultura sanitaria, della ricerca intellettuale e dell’aggiornamento professionale. Per quanto riguarda i costi aziendali, si stima che i risparmi sulla gestione ripagherebbero in circa tre anni i costi di costruzione di un nuovo ospedale così concepito. I costi strutturali sono infatti ampiamente compensati dalle razionalizzazioni di processo che è possibile ottenere e dalle economie che è possibile realizzare nella gestione. Contrariamente a quanto si pensa secondo un retaggio culturale che vede l’ospedale come un luogo disagiato, le soluzioni funzionali innovative più rispettose e attente al benessere psico-fisico dell’ospite non sono necessariamente più dispendiose di quelle tradizionali. è quindi necessaria un’evoluzione del modello futuro di ospedale nel modo sopra accennato, già in parte attuata nelle più recenti realizzazioni ospedaliere e ulteriormente proposta in progetti in corso di realizzazione. Di questa evoluzione il CERBA (Centro Europeo di Ricerca Biomedica Avanzata) rappresenta la punta più avanzata e un nuovo modello per la ricerca, la diagnosi e cura, la formazione, l’ospitalità, congiunte alla tutela ambientale e alla sostenibilità. Il nuovo modello di ospedale, parte di un sistema sanitario realmente tale a rete integrata, potrà ben soddisfare le aspettative di salute, che i cittadini vedono oggi sempre più come il loro più importante valore.

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Quattro ospedali Mario Cucinella, Progetto per gli ospedali delle Apuane

Alessandro Melis

e/and Giulia incontrano/meet Mario

Four Hospitals. A project for the Apuan Alps’ hospitals AND In this project for four hospitals in Tuscany, we found it a fascinating idea to separate the hospital part from the reception part. Mario Cucinella This design came out of a layout conceived by Umberto Veronesi for a model hospital. His thinking was based on the fact that single block or high rise hospitals, in terms of infrastructure, were inadequate in their relationship with the city. Its lack of connection to the context results from a missed opportunity for urban improvement. In the 19th century and early 20th century, for example, this opportunity was taken, designing pavilions connected to parks that also served a therapeutic purpose. This relationship was gradually weakened as hospitals grew in size. It goes without saying that a 50,000 sqm, 400 bed structure has major impact on the local area. The example of these new hospitals in Tuscany is unique in Europe. Four hospitals of considerable size are put in a network, located in the quite fragile urban fabric of the peripheries. All four of the cities, Prato, Pistoia, Lucca and Massa, have in common the sprawl of their low-density peripheries with issues of identity, especially compared to their historic centers. Changes in layout lead to rapid treatment rather than long stays, increasingly targeted at improving services and expediting procedures with a high level of technology. AND Can we talk of a mix of functions? MC A hospital is like a small city, and the social ex-

Pellegrini Cucinella

AND Nella proposta per i quattro ospedali della Toscana ci è sembrata molto interessante l’idea di distinguere la parte ospedaliera da quella dell’accoglienza. Mario Cucinella Questo progetto nasce dall’impianto pensato da Umberto Veronesi per un ospedalemodello. Le sue riflessioni si basavano sul fatto che l’ospedale monoblocco o a torre, inteso come infrastruttura, fosse carente in relazione al rapporto con la città. La sua estraneità al contesto è il risultato di una mancata opportunità di qualificazione urbanistica, che invece veniva colta nell’Ottocento e all’inizio del Novecento, quando la tipologia a padiglione si legava ad un parco che aveva anche una valenza curativa. Questo rapporto è andato affievolendosi con la crescita delle dimensioni: risulta abbastanza chiaro che un edificio di 50.000 mq con 400 posti letto abbia un grande impatto sul territorio. L’esperienza dei nuovi ospedali toscani è unica a livello europeo: quattro ospedali di notevoli dimensioni in rete e posizionati su tessuti periferici molto fragili; tutte e quattro le città in questione, Prato, Pistoia, Lucca e Massa, sono accomunate dal tema della ‘polverizzazione’ delle periferie a bassa densità e con problemi di identità, soprattutto se messi a confronto con i rispettivi centri storici. L’evoluzione della tipologia porta alla cura rapida piuttosto che alla degenza lunga, puntando sempre più verso il miglioramento dei servizi e ad operazioni sempre più veloci, ad alto tasso tecnologico. AND Possiamo parlare di mix funzionale? MC Un ospedale è come una piccola città vissuta socialmente in modo trasversale. Lo schema che si vuol attuare è di separare l’accoglienza del malato da quella del pubblico, per poi far compenetrare i due sistemi nei piani alti per l’accesso alle degenze. Abbiamo poi voluto limitare l’altezza dell’edificio per tentare di smorzare la forte presenza dell’edificio sul territorio. Inoltre, dal punto di vista dei flussi, ci si muove in maniera molto più efficiente in orizzontale che non in verticale con gli ascensori. AND Avete fatto anche uno studio cromatico sull’edificio? MC Sì, legato all’inserimento paesaggistico. Il tema del colore è da condurre all’identità dell’edificio: il colore, come in questo caso, spesso denota appartenenza. Abbiamo utilizzato la paletta dei colori di Lucca, o di Prato, riferendoci alla gamma cromatica dei piani di colore della città e delle pietre maggiormente utilizzate. I cittadini possono in questo modo riconoscere l’ospedale che frequentano come parte di un contesto, ben inserito a livello paesaggistico, senza che esso risulti necessariamente mimetico. Al contrario, rispetto a molti paesi stranieri, ritengo che l’Italia sia un paese drammaticamente arretrato dal punto di vista dello sviluppo ospedaliero, anche se con alcune eccellenze più dal punto di vista medico che architettonico. In Italia ci sono enormi risorse professionali, ma purtroppo l’architettura arriva sempre molto in ritardo e con costi elevati. AND Questi progetti rientrano in un piano di project financing?

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perience of it has gone throughout it. The scheme that we want to implement is to separate the reception of patients from that of the public, having the two systems come together on the upper floors for access to the wards. We also wanted to limit the building’s height to try to attenuate the building’s presence in the area. Also, in organizing the flow of traffic, we can move much more efficiently horizontally than vertically with elevators. AND Did you plan the use of color in the building? MC Yes, based on fitting it into the landscape. The color theme can be linked to the building’s identity. Color often denotes belonging, as it does here. We decided to use the color palette of Lucca (or Prato) to connect the colors to the color schemes of the cities and the stones most used in them. This lets the public recognize the hospital that they go to as part of a context that fits well into the landscape without necessarily merging into it. Compared to most foreign countries, I see Italy as extremely behind in terms of hospital development, with a few special cases that are more medical than architectural. In Italy, we have vast professional resources, but unfortunately the architecture always comes very late and with high costs. AND Are these projects part of a project financing plan? MC Yes, but it is partial financing for 25% of the budget and the rest comes from the Region. This project has had a lot of obstacles put in front of it and is not adequately understood. Among other

things, it was also stopped for three years due to a legal issue. Without going too much into the details, as the court judged it in compliance, we can say that when legal actions are pursued for economic policy reasons, the resulting social cost is high. I think these things have to be said as there are responsibilities for things that are a burden for society that does not have access to a necessary service. AND Who is responsible for hospital operations and those expenses? MC Hospital operations (waste, cleaning, paths, etc.) are delegated to private parties and are such a large commitment that only those who build and manage it can create an efficient system. The public sector has no responsibility for this. I think that the Region’s plan was very intelligent. On the other hand, it wouldn’t be right to have the hospital part handled by private businesses. There are already plenty of private clinics. AND In Italy, we generally have very advanced scientific and technological systems and totally inadequate reception system. In the private realm, it’s the other way around… MC There’s a political void. This Tuscan project is very important because it is quite unique in terms of organization. It isn’t easy to bring together the local health services of four municipalities. I met the health directors of these four health services in Tuscany. They have truly extraordinary skills at a very high level, both technically and in terms of management. Here, the managerial structure is


very sophisticated and in many ways, their operation is even radical. It’s a case study in its contractual system too, given that it brings together four health services that manage a shared budget with hospitals that have minor differences in competences in a quite limited local area. AND How is this model expressed in the different contexts in which it is to be set? MC I’d say that we limited ourselves to color due to budget restrictions. In terms of building type, we borrowed the 16th century model of the fortresses by Francesco di Giorgio Martini, who adapted his model to different locations, changing them based on the places. The challenge was to try to use a functional model that rotates, shifts, expands and changes based on the conditions of the local context and suits different color schemes. We shouldn’t forget that hospitals are extremely rigid in their functional aspects, and I certainly don’t think it’s right to put the efficiency of a building in question for an issue of form. This mistake has been made in the past on a great many buildings. It’s illogical because a hospital, first and foremost, must work!

rendering del modello dei quattro Ospedali per il territorio delle Apuane/rendering of the model for the Four Hospitals for Apuane’s territory

MC Sì, ma è un finanziamento parziale del 25% del budget, mentre la parte restante viene dalla Regione. Questo progetto è stato molto ostacolato e non gode della comprensione necessaria; è stato inoltre fermo tre anni per una questione giuridica. Senza entrare troppo nel merito, poiché giudicato in regola da un tribunale, si dovrebbe considerare che nel momento in cui si portano avanti delle azioni legali per ragioni di politica economica, il costo sociale che ne deriva è alto. Credo che queste cose debbano essere dette visto che ci sono delle responsabilità che pesano sul corpo sociale che non ha accesso ad un servizio dovuto. AND A chi è affidata la gestione ed i relativi costi? MC La gestione dell’ospedale (rifiuti, pulizia, percorsi, ecc.) è demandata ai privati ed incide così tanto che solo chi lo costruisce e lo gestisce può riuscire a fare un’operazione di efficienza. Il Pubblico non ha competenze per questo, quindi credo che la formula della Regione sia stata molto intelligente. Non sarebbe invece corretto affidare al privato la gestione della parte ospedaliera: ci sono già cliniche private a sufficienza. AND In genere in Italia abbiamo un apparato scientifico e tecnologico molto avanzato e una parte di accoglienza totalmente insufficiente. Nel privato invece accade il contrario... MC C’è un vuoto di natura politica. L’esperienza toscana è molto importante perché è un’operazione particolare anche dal punto di vista organizzativo: riuscire a mettere insieme le ASL di quattro comuni diversi non è semplice. Ho conosciuto i direttori sanitari di queste quattro ASL toscane e trovo che abbiano delle competenze davvero straordinarie, di un livello veramente alto, sia dal punto di vista tecnico che della gestione; la struttura manageriale, in questo caso, è molto sofisticata e l’operazione è anche rivoluzionaria da molti punti di vista: è un caso studio anche dal punto di vista contrattuale dato che mette insieme quattro aziende sanitarie che gestiscono un budget comune, ospedali che hanno delle leggere differenze di competenza su un territorio molto limitato. AND Come declinate questo modello nei vari contesti in cui si va ad inserire? MC Direi che per un problema di budget ci siamo limitati allo studio del colore. Dal punto di vista tipologico abbiamo ripreso il tema cinquecentesco delle fortezze di Francesco di Giorgio Martini che adattava il suo modello ai diversi territori modificandolo in funzione dei luoghi. La sfida è stata provare ad usare un modello funzionale che ruota, si sposta, si allarga e si modifica in funzione delle condizioni del contesto territoriale e si adatta ad un diverso cromatismo. Non dobbiamo dimenticare che gli ospedali hanno delle rigidità funzionali molto forti e non trovo certo giusto mettere a repentaglio l’efficienza di un edificio per un problema formale. È un errore che storicamente è stato fatto su moltissimi edifici ed è una contraddizione perché un ospedale deve prima di tutto funzionare!

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© Sou Fujimoto


Per i bambini Sou Fujimoto, Centro di riabilitazione psichiatrica infantile

«The plan can be flexibly packed because it is random» Sou Fujimoto

testo di/text by

Daria Ricchi

For the Children The design of the Children’s center for psychiatric rehabilitation can be summed up in the words of its architect: it has a compact, versatile feel, due to the random nature of its composition, or rather its de-composition. Though the space is the result of a long, rigorous design process, the result appears completely coincidental. Laid out on a site that measures 14,000 sqm, the structure occupies barely 1,600. It is not a building, but rather a series of buildings, a ‘scattered’ building with no one single center, but rather multiple centers. They change depending on the user, the time of day, and the volume that happens to be lit up. In this sense, they are relative centers: for the medical personnel, the staff room becomes the center of activities, while for the children, it may be the living room, the play area, their own room, or the alcoves. Like a set of boxes, the volumes are placed at various angles and house all kinds of facilities: kitchens, therapy rooms, dormitories, bathrooms and medical areas. Sou Fujimoto, a Japanese architect born in 1971, began his career designing hospital buildings. His first completed project, a rest home in the Hokkaido prefecture, dates back to 1996. He then realized a series of projects in the same area, including a dormitory in the hills, for which he already conceives a sort of small, scattered village, featuring simple volumes and dark colours. A few years ago, on the other hand, he designed two private houses, also in the same area. The client and the

Il progetto per il Centro di riabilitazione psichiatrica infantile è riassunto in una frase del suo progettista: la pianta ha l’apparente capacità di risultare compatta, in maniera flessibile, grazie alla casualità della sua composizione, o meglio della sua scomposizione. Nonostante lo spazio sia frutto di un infinito e rigido processo progettuale, il risultato appare completamente casuale. Dislocato su 14.000 mq di terreno, ne occupa appena 1.600 in costruito. Non è un edificio, ma una serie di edifici, o un edificio ‘diffuso’, per questo non ha un centro o ne ha molteplici. Ed i centri cambiano a seconda dell’utente interessato, dei momenti della giornata o a seconda di quale volume sia illuminato. Si tratta quindi di centri relativi: per lo staff medico, la stanza del personale diviene un centro funzionale, mentre per i bambini il centro diviene alternativamente il soggiorno, la zona giochi, la propria stanza o le alcove. I volumi, come scatole, sono ruotati con diverse angolazioni per ospitare ogni genere di struttura, cucine, stanze terapeutiche, dormitori, servizi igienici e spazi medici. Sou Fujimoto, architetto giapponese classe 1971, ha cominciato la sua carriera progettando strutture ospedaliere. Risale al 1996 il suo primo edificio costruito, una casa di cura proprio nella prefettura di Hokkaido. Nella stessa zona ha poi realizzato una serie di progetti, tra i quali un dormitorio sulle colline, in cui propone già una sorta di piccolo villaggio diffuso, volumi semplici e colore scuro. A qualche anno fa risale invece la costruzione di due residenze private, sempre nella stessa zona. Cambia la committenza e la tipologia di incarico, ma i volumi rimangono come nel progetto per il centro di riabilitazione, dei parallelepipedi con tetto a due spioventi. Sono proprio i tetti a due falde, il ritmo che varia nell’altezza dei ventiquattro volumi che compongono il progetto e la loro disposizione ‘pseudo-casuale’ a conferire un aspetto dinamico al progetto. Il rischio di un ambiente angusto è solo sfiorato dalla totale assenza di colore, dalla scelta del bianco acromatico. Alta luminosità ma senza tinta. Se esso ha una valenza terapeutica, questa importante funzione è giocata anche dagli spazi di connessione che offrono rifugi alternativi e confortevoli, una sorta di alcove che si ricavano tra un volume e l’altro dove i bambini possono giocare e nascondersi o semplicemente addormentarsi. Gli spazi che collegano i volumi ospitano anche le stanze dove cenare e pranzare assieme. Sou Fujimoto si inserisce in quella tradizione di giovani architetti che non hanno goduto della fortuna e della ricchezza del Giappone anni Ottanta e, alla stregua di molti architetti contemporanei giapponesi, ma anche di molti colleghi europei, è nella semplicità delle forme ed in una composizione progettuale sobria e non ostentata che si riconosce e apprezza il loro attuale lavoro.

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© Edmund Sumner/VIEW


Š Daici Ano pianta primo piano/first floor plan pianta piano terra/ground floor plan in alto: vista dal campo sportivo sottostante al crepuscolo/above: twilight view from sport field below pagina precedente: padiglioni per l’accoglienza dei genitori/previous page: parents’ cabin accomodations

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nome progetto/project name Centro per la riabilitazione psichiatrica dei bambini/Children’s center for psychiatric rehabilitation progetto/project Sou Fujimoto Architects superficie lotto/site area 14.590 mq/sqm superificie costruita/built area 1.604 mq/sqm luogo/place Hokkaido, Giappone www.sou-fujimoto.com

impianti (esterno) machine (outside)

cucina/kitchen

stanza giochi playroom

spazio multifunzionale multipurpose space

armadietti locker room

sala riunioni meeting room

corte court

zona pranzo dining area

magazzino storage room

stanza studio study room

zona pranzo dining area

spogliatoio changing room

zona giorno living area

camera bed room

sezione su un padiglione/section on one pavillion

camera bed room

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type of job may change, but the volumes are the same ones found in the rehabilitation center design: parallelepipeds and pitched roofs. These double-pitched roofs, the varied rhythm created by the different heights of the twenty-four volumes, and their seemingly random arrangement are precisely what gives a dynamic aspect to the design. The risk of making the environment feel cramped is only hinted at by the choice of an achromatic shade such as white. The ambience is suffused with light, yet eschews colour, if this can be considered therapeutic; an important therapeutic role is also played by the spaces between one structure and the next, which offer alternative, comforting refuges: alcoves where children can play, hide, or just fall asleep. The areas linking the volumes also house rooms for eating together. Sou Fujimoto is part of a generation of young architects who never enjoyed the wealth and fortune of 80s Japan, and the current work of many of these Japanese talents, like many of their European colleagues, can be recognized and admired for its simplicity of form and sober, restrained composition.

stanza delle scarpe/boot room

Š Edmund Sumner/VIEW

pagina seguente: area comune following page: communal space


Š Daici Ano

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Qualità di vita Pinearq, Ospedale Quirón Barcellona

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testo di/text by Guido Incerti foto/photo Fernando Guerra Life quality. Hospital Quirón Barcelona Located in an outlying urban area of the city of Barcelona, between Plaza Alfonso Comin and Ronda de Dalt, in the Gracia neighbourhood, the Quirón clinic is part of a more extensive healthcare complex, Parc Sanitari Pere Virgili. Designed by the Pinearq architectural practice, founded by Albert de Pineda, which has earned an international reputation for the high quality of its hospital designs, this clinic’s architecture responds to the contemporary need to see even hospitals as realms of ‘wellness’, places where quality of life is perhaps more important than mere survival. The concept of ‘health’ was defined by the WHO (World Health Organization) in 1949 as «A state of complete physical, mental, and social well-being and not merely the absence of disease and infirmity». In its pursuit of this idea, the Quirón clinic is quite unique. Its pronounced north-south orientation is the result of a major rise in the terrain, with a difference in altitude that reaches 16 meters along this axis. This has also guided the composition, leading the architects to design a large ‘L’ shape that cradles a central nucleus between its wings. The ‘L’, whose outer sides lie north-west, houses the patients’ rooms, which in the interest of optimal comfort, are all single. Moreover, the slight downhill gradient has made it possible to open up a large channel that brings natural light and air down to the final underground level, -7. The low, sheltered central core, facing south, fol-

Situata in un nodo urbano ai margini della città di Barcellona, tra la Plaza Alfonso Comin e la Ronda de Dalt, nel quartiere di Gracia, la clinica Quirón fa parte di un complesso sanitario più strutturato, il Parco Sanitario Pere Virgili. Progettata dagli architetti dello studio Pinearq, fondato da Albert de Pineda e famoso a livello internazionale per l’alta qualità architettonica dei progetti ospedalieri, la clinica e la sua architettura non vengono meno a quel bisogno contemporaneo di identificare anche un ospedale come spazio per il ‘wellness’, un luogo cioè dove la qualità del vivere conta forse più della stessa sopravvivenza. La definizione del concetto di ‘salute’, indicata dall’OMS (Organizzazione Mondiale Sanità) nel 1949, riporta infatti: «La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente un’assenza di malattia e infermità». Perseguendo questo principio, la clinica Quirón risulta alquanto particolare. La forte assialità nord sud è determinata dal pronunciato dislivello del lotto che raggiunge, lungo questa direzione, i 16 m. è proprio il dislivello che ha guidato anche l’ottimizzazione compositiva della pianta portando al disegno di una grande ‘L’ che accoglie, tra i suoi bracci, un nucleo centrale. Il volume ad ‘L’, i cui lati esterni sono orientati a nord ovest, ospita le camere che, nella ricerca del massimo comfort per i degenti, sono tutte stanze singole. Inoltre il suo leggero slittamento verso valle ha permesso di aprire il grande taglio che porta luce e aria naturale fino all’ultimo livello scavato nel terreno, il -7. Anche il nucleo centrale, orientato verso sud, basso e protetto, segue l’andamento del terreno per provvedere allo smistamento degli ingressi, diversificando su tre quote l’ingresso del pubblico, quello delle emergenze e quello di servizio per i fornitori. Il medesimo nucleo contiene inoltre, fino al livello -4, sia i servizi al pubblico e ai parenti dei degenti – bar, biblioteca e auditorium – che i servizi necessari alla clinica – ambulatori, sale operatorie, laboratori. L’aspetto esteriore dell’edificio è assai ricercato e l’aritmia delle aperture, l’alternanza di legno e lamiera in facciata, enfatizzano ulteriormente quell’effetto che avvicina gli attuali centri ospedalieri ad architetture quali centri benessere e SPA. Questa caratteristica viene ulteriormente accentuata negli interni, dove spazi architettonici suggestivi, compressioni ed esplosioni spaziali, ambienti a tripla altezza, balconi, patii, luci, materiali pregiati ed arredi contemporanei mostrano il moderno approccio che Pinearq ed il committente hanno cercato e trovato nella progettazione di un luogo che, da sempre, è un centro di grandi gioie, ma anche di grandi dolori. Un luogo che, per l’accortezza delle scelte programmatiche effettuate, l’architettura di qualità, il calore dei materiali e la ricercatezza delle finiture, può rendere più confortevole la ricerca di quello stato di benessere fisico, sociale e mentale, denominato ‘salute’, a cui ogni essere umano ambisce.

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pianta quarto piano/fourth floor plan

lows the lay of the land to separate the points of entrance, placing the public entrance, emergency entrance, and service entrance for suppliers on three different levels. This nucleus also contains services for the public and for family members – a café, library and auditorium – and down to level -4, services necessary for the clinic – consulting rooms, operating rooms, and labs. The exterior of the building is quite elegant, and the uneven rhythm of the windows and the alternation of wood and sheet metal in the facade further emphasize a style that brings contemporary medical centers closer to the architecture of facilities such as wellness centers and spas. This characteristic is further accentuated inside, where architecturally evocative interiors that compress and expand space, with three-story-high ceilings, balconies, patios, skylights, fine materials and contemporary decor, show the modern approach that Pinearq and the client have sought and achieved in designing a place that is traditionally a center of both great joy and great grief. A place where wise design choices, quality architecture, warm materials and sophisticated finishings add comfort to the quest for that state of physical, social and mental well-being, called ‘health’, which every human being aspires to.

pagina precedente: l’ingresso principale previous page: main entrance

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nome progetto/project name Ospedale Quirón Barcellona/Hospital Quirón Barcelona progetto/design Albert de Pineda Álvarez (Pinearq, s.L.), Manuel Brullet Tenas collaboratori/collaborators Xavier Llambrich, Alfonso de Luna, Marc Gomà, Juan García, Gerardo Solera, Patricio Martínez, Silvia Salueña, Albert Vitaller, Pau Calleja ingegneria strutturale/structural engineer Manuel Arguijo installazioni/installations Grupo J.G. impianti/systems Imma Casado, Josep Molero coordinatrice sicurezza e salute/health and safety coordinator Imma Casado appaltatore generale/general contractor Dragados – Vias proprietà/owner Grupo Hospitalario Quirón, S.A. luogo/place Barcellona, Spagna data progetto/design date 2004 fine lavori/completion 2007 superficie costruita/built area 57.775 mq/sqm numero di letti/number of beds 177 costo/cost 49.894.838 euro www.pinearq.com


viste dell’ospedale: i due corpi aggettanti e, nella pagina seguente, il lato est ovest views of the hospital: the two jutting out parts and, in the following page, the east-west side of the building

prospetto sud/south elevation

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sezione aa/section aa


interno: la zona della reception ed un corridoio/interior: the reception area and a corridor


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Sculture leggere Montes Herraiz e Fariña Martínez, Centro medico Memoria

testo di/text by Elisa Poli foto di/photos by Lluís Casals Light sculptures. Tres Cantos is a recently founded municipality on the outskirts of Madrid. Its history is linked to a construction strategy that in the early 90s, following the British and American model, generated a series of ‘dormitory towns’ built to solve the problem of urban expansion. The absence of services and the low aesthetic quality of such housing were determining factors in the deterioration and poor functioning of these areas, always slightly alienated from the nearby metropolis. In recent years, however, the local administration has invested in a series of measures aimed at redeveloping not only the downtown, but its relationship with the public. The project that has established this virtuous circle is focused on public healthcare: Memoria is a medical center located at the very heart of Tres Cantos, in a park that lies between the neighbourhood of the town hall and the shopping district. The successful concept of its two designers, José Ignacio Montes Herraiz and Francisco Fariña Martínez, is linked to the idea of a functional whole that subverts the stereotypical vision of a polyclinic, turning this new complex into an aesthetic dividend for the city. The plan called for the medical center to be built within the city park, but without upsetting the role that this public space had taken on for residents. The two architects came up with the concept of a group of buildings that would visually constitute a composition of sculptures. With this in mind, they created a series of lowstanding structures, fragmented yet modular.

Tres Cantos è una cittadina di nuova fondazione alle periferie di Madrid. La sua storia è legata ad una politica edilizia che, intorno all’inizio degli anni ‘90, seguendo il modello anglosassone, produsse una serie di città-dormitorio costruite per risolvere il problema della crescita urbana. L’assenza di servizi e la scadente estetica abitativa sono stati fattori determinanti nel processo di degrado e nel cattivo funzionamento di questi luoghi, sempre leggermente alienati rispetto alla vicina metropoli. Negli ultimi anni, però, l’amministrazione locale ha investito su una serie d’interventi atti a riqualificare non soltanto il centro urbano, ma anche le sue relazioni con il pubblico. Il progetto che ha prodotto l’instaurarsi di questo circolo virtuoso è infatti rivolto alla sanità pubblica: Memoria è un centro medico collocato proprio nel cuore di Tres Cantos, in un parco che s’inserisce tra la zona del municipio e il quartiere commerciale. L’idea vincente dei due progettisti, José Ignacio Montes Herraiz e Francisco Fariña Martínez, è legata alla concezione di un insieme funzionale che scardini la visione stereotipata del poliambulatorio rendendo questo nuovo complesso un plusvalore estetico per la città. Il programma prevedeva l’inserimento del centro medico all’interno del parco urbano senza però stravolgerne il ruolo di spazio pubblico che questo aveva assunto nei confronti della popolazione. I due architetti hanno pensato ad un gruppo di edifici che avrebbero dovuto costituire, dal punto di vista visivo, una composizione di sculture. Per questo hanno creato una serie di volumi bassi, frammentati ma al contempo modulari. Quattro prismi di cemento, alti al massimo 4 m ciascuno, simili per forma e dimensione, appoggiati ad un muro trasversale che separa nettamente il centro di salute dal verde circostante. All’estremo sud i quattro prismi si affacciano sul parco mentre sul lato nord, più sotterrati, sono praticamente ciechi. La separazione mediante patii verdi contigui, messi in relazione da una serie di passerelle di vetro, permette sia l’accesso visivo al parco sia la diluizione degli edifici all’interno del giardino. Per evitare di perdere l’astrazione della volumetria hanno preferito non insistere sulla composizione delle facciate ma disegnare volumi uguali: «Volevamo trattarli come se li avessimo trovati lì ed il nostro lavoro consistesse nell’approfittare di essi, dovevamo solamente sistemare al loro il programma di un centro di salute con elementi leggeri, quasi smontabili». Gli spazi interni sono disegnati in modo razionale e semplice: gli studi medici sono stati pensati secondo un modello di circolazione lineare e si trovano in bande parallele gli uni di fronte agli altri. Sono divisi da sottili lastre di alluminio giallo – che ritornano anche in facciata – e ruotati in modo da evitare che ciascun ingresso guardi direttamente l’altro. Il centro di salute offre un’immagine complessiva di grande intimità: la circolazione si presenta agevole mentre il profilo degli edifici all’interno del parco ricorda grandi sculture abitabili. Il cemento che forma i quattro parallelepipedi è completato da lastre di vetro e pannelli leggeri che chiudono gli spazi. Memoria è un luogo pensato non soltanto per gli utenti del centro medico, ma come cura estetica per l’intera città.

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nome progetto/project name Centro medico Memoria Memoria medical center progetto/project design Francisco Fariña Martínez, José Ignacio Montes Herraiz collaboratori/collaborators Emilio Carrasco Gutierrez, Stephane Willig, Isabel Fraile, Mónica Carballal, Miguel Marinas ingegneria strutturale/structural engineer José Abellán Muñoz consulenti/consultants Ignacio Isasi Zaragoza (strutture/structures), EURING S. L. (impianti elettrici/electrical systems) Alberto Russo (meccanica/mechanics) direzione lavori/works management Francisco Caminero, Daniel Halbach committente/client Servicio Madrileño de Salud SER+MAS appaltatore principale/main contractor UYCESA proprietà/owner Grupo Hospitalario Quirón, S.A. luogo/place Tres Cantos (Madrid), Spagna data progetto/design date 2003 fine lavori/completion 2007 superficie costruita/built area 2.000 mq/sqm www.montesherraiz.com

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sezione cc/section cc

Four prisms of concrete, each a maximum of 4 m high, similar in shape and dimension, set against a transversal wall that cleanly separates the healthcare center from the green spaces around it. At the south end, the four prisms look out onto the park, while on the north side, set further into the ground, they are almost windowless. The partitioning created by contiguous green patios, connected by a series of glass walkways, allows visual access to the park while helping the buildings blend into it. To avoid sacrificing the abstract quality of the volumes, the architects decided not to focus on the composition of the facades, but rather to design identical structures: «We wanted to treat them as if we had found them there, and our job was just to take advantage of them, by organizing light, almost dismantleable elements into the form of a

healthcare center». The interiors feature a simple, rational design: the doctors’ offices follow a linear circulation scheme and are placed in parallel bands across from each other. They are divided by thin sheets of yellow aluminum – which crop up again on the façade – angled so as to keep the entrances from looking directly into each other. This healthcare center creates an overall feeling of great intimacy: it is easy to get from one place to the next and the silhouette of the buildings within the park resembles a group of large, inhabitable sculptures. The concrete of the four parallelepipeds is rounded out by panes of glass and lightweight panels that close off the spaces. Memoria is a place conceived not just for the users of the medical center, but as a beauty treatment for the entire town.

sopra: ingresso/above: entrance previous page: lato nord sud previous page: north-south side



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1 ingresso/entrance 2 reception 3 zona fitness/fitness area



A misura d’uomo Studio Altieri e Emilio Ambasz, Nuovo Ospedale dell’Angelo a Mestre

testo di/text by Azzurra Macrì foto di/photos by Oscar Ferrari On a human scale. The Hospital in Mestre was chosen to take part in the World Architecture Festival in Barcelona. It is one of the first Italian hospitals to actualize the model of a hospital conceived as a therapeutic community on a human scale, based on the specific needs of patients, sensitive to the idea of humanizing hospital spaces. It went even further than that, seeking to establish a meaningful relationship with the landscape of the hospital’s setting. There was good reason behind the architectural design Studio Altieri’s choice of Emilio Ambasz as an artistic consultant. The hospital is set in a still intact rural area, with a park to the west and the Alps to the north. The hospital was added to this context without any trauma to it, as it was designed to form a dialogue between architecture and nature. The project entailed a hospital area over 100,000 sqm for a total of 680 beds for the recovery wards and over 25 beds for dialysis patient and 20 cradles. The hospital system includes two main components: a slab volume completely covered with plants, consisting of two aboveground and one below ground levels, and the recovery ward building that rises six floors above the level of the slab volume. The underground floor of the slab volume includes the technological areas and areas for staff changing rooms. The ground floor houses the diagnosis and treatment services and the first floor includes the areas for visitors’ reception. The structure of the recovery ward was organized

Selezionato per partecipare al World Architecture Festival di Barcellona, l’Ospedale di Mestre è fra i primi casi italiani ad incarnare realmente il modello di struttura concepita come una comunità terapeutica a misura d’uomo, in funzione delle esigenze specifiche della persona malata, sensibile al concetto di umanizzazione degli spazi ospedalieri. Ma c’è di più: la volontà è stata quella di stabilire una relazione significativa con il paesaggio nel quale l’ospedale è stato inserito. Non a caso, lo Studio Altieri, responsabile del progetto architettonico, ha scelto Emilio Ambasz come consulente artistico. L’ospedale si inserisce in una zona rurale ancora integra, caratterizzata a ovest da un parco e a nord dall’arco alpino. L’inserimento dell’ospedale in questo contesto non è stato affatto traumatico, piuttosto è stato studiato per creare un dialogo fra architettura e natura. Il progetto ha previsto la realizzazione di un’area ospedaliera delle dimensioni di oltre 100.000 mq, per un totale di 680 posti letto di degenza ospedaliera, oltre a 25 posti per pazienti in dialisi e 20 culle. Il sistema ospedaliero si compone di due elementi principali: la piastra, completamente ricoperta di verde e costituita da due livelli fuori terra ed uno interrato, e l’edificio delle degenze che si eleva per sei piani al di sopra della piastra. Al piano interrato della piastra sono localizzate le aree tecnologiche e le aree destinate agli spogliatoi del personale, al piano terra i servizi di diagnosi e cura, mentre al primo livello quelle destinate all’accoglienza dei visitatori. Il corpo delle degenze è stato pensato come un sistema di terrazzamenti: ogni piano risulta sfalsato rispetto all’altro, in modo che ogni camera goda della propria terrazza, anche questa trattata a verde. Ma l’elemento che conquista e seduce di più è certamente la grande parete vetrata esposta a sud ovest, che sembra fare eco con la sua sagoma alle cime delle vicine Alpi. Si tratta di un elemento che copre tutto il corpo dell’ospedale e che va ad allargarsi man mano che raggiunge il tetto verde della piastra. Si ricava così un atrio estremamente luminoso su cui si attestano tutti gli spazi e i servizi di relazione. La facciata, oltre al suo valore estetico ed iconico, presenta una ‘doppia pelle’ con intercapedine ventilata che consente da un lato di raggiungere elevati livelli di isolamento acustico, dall’altro di mantenere condizioni ottimali di comfort igrotermico, senza dover ricorrere agli impianti di climatizzazione. All’interno si viene a creare in questo modo un vero e proprio giardino d’inverno. Per la prima volta in Italia è stato costruito un ospedale veramente diverso, capace di dare prova che anche una struttura di questo tipo può vantare, oltre alle più sofisticate tecnologie, un aspetto dalle valenze architettoniche interessanti e innovative. In questo caso ad ispirarle sono stati la natura ed il paesaggio, che hanno reso l’ospedale attore di un dialogo intessuto di interazioni costanti con il verde.

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Š Studio Altieri


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spazi pubblici/public areas percorso sporco/dirty way percorso pulito/clean way area per il personale/staff area percorsi ammalati/patients’ ways

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pianta piano terra/ground floor plan

20 m

a

as a system of terraces. Each floor is staggered in relationship the next, so that each room has use of its own terrace, which is also landscaped with plant life. Without question, the most attractive element is the large southwest-facing glazed wall, whose contour seems to echo the peaks of the nearby Alps. The wall covers the hospital’s entire structure and gradually expands to reach the slab volume’s green roof. This forms a very brightly-lit atrium on which all the reception spaces and services face. In addition to the façade’s aesthetic and iconic qualities, it also serves as a ‘double skin’ with a ventilated gap, which achieves superior levels of acoustic insulation and optimal moisture and temperature comfort, without the need for climate control systems. This creates a full-fledged interior winter garden. This is the first time in Italy that a truly different hospital has been built, offering proof that even these kinds of buildings can offer interesting, innovative architectural qualities, beyond just sophisticated technologies. The inspiration here was nature, the landscape, which made the hospital an active participation in a dialogue made up of its constant interactions with greenery.

vista del giardino d’inverno view of the winter garden pagina seguente: vista esterna delle degenze/following page: external view of the recovery wards area


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nome progetto/project name Nuovo Ospedale dell’Angelo/The new Hospital of the Angel progetto/project design Alberto Altieri, Emilio Ambasz (consulenza artistica/artistic consultant) coordinatore progettazione/project coordinator Alberto Altieri consulente opere strutturali/structures consultant Renato Vitaliani responsabile del progetto/design manager Marco Foti project manager/project manager Fabio Romani progettazione architettonica opere civili/civil works design Studio Altieri Spa impianti meccanici e trasporti automatizzati/ mechanical systems and automized-carriage Cofathec Spa impianti elettrici, speciali e sistemi informativi/ electrical and special systems, informational systems Gemmo Impianti Spa

realizzazione opere civili e forniture elettromedicali/ civil works and electro-medical equipments C.O.Mes scrl (Astaldi, Mantovani, Mattioli) concedente/grantor Giancarlo Galan, presidente Regione Veneto; Antonio Padoan, direttore generale Ulss 12 responsabile del procedimento/responsible for coordinating Girolamo Strano Ulss 12 direttore dei lavori/works manager Roberto Scibilia Ulss 12 collaudatori/collaudators Maria Giovanna Piva, Roberto Casarin, Giovanni Paolo Gaspari concessionaria/concessionaire Veneta Sanitaria, Finanza di Progetto Spa responsabile della concessione/responsible of the grant Raffaele Raimondi ATI/Temporary Joint Venture Astaldi Spa (capogruppo mandataria), Mantovani Spa, Mattioli Spa, Gemmo Spa, Cofathec Progetti Spa, Studio Altieri Spa

committente/client Veneta Sanitaria di Progetto Spa luogo/place Zelarino (VE) inizio lavori/start 2004 fine lavori/completion 2008 superficie/area degenze ospedaliere/recovery wards 24.532 mq/sqm; diagnosi e cura/diagnosis and treatment 19.911mq/sqm; tecnologica/technological 32.011mq/sqm; uffici/offices un piano intero/an entire floor; percorsi e impianti/ways and systems 211.520 mq/sqm; parcheggio/parking 31.058 mq/sqm numero di letti/number of beds 680 (+25 dialisi/dialysis, +20 culle/cradles) costo/cost 200.841.000 euro www.studioaltieri.it

degenze/recovery wards

area direzionale/management area ambulatori/surgeries day hospital/day hospital

parcheggio/parking

sezione aa/section aa

0

10 m

spazi pubblici public areas

spogliatoi/staff changing rooms vano tecnico/technical room

servizi di diagnosi e cura diagnosis and treatment services



Texture, luci e colori Studio Entresitio, Centro sanitario CEDT a Daimiel

testo di/text by Elisa Massano foto di/photos by Roland Halbe Textures, lights and colors. Health center CEDT in Daimiel In the town of Daimiel, Spain, a few kilometers from Ciudad Real, the CEDT, a specialized center for diagnostics and treatment, serves patients from the local area. The Entresitio studio designed the architectural parts of the center and the Geasyt studio designed the structural engineering and systems, featuring a high level of design attention to the complex realm of hospital construction. The client, SESCAM (Servicio de Salud de CastillaLa Mancha), chose the designers through an ideas competition in 2003 and the center was built and opened in 2007. The facility is governed by streamlined simplicity both in the outside envelope and in the interior arrangements, with respect for the precepts of hospital modularity. The ground floor, which is a high traffic area, avoids mixing primary care with support care, with an entire area dedicated to diagnostics. The building is a structure on which blocks of varying heights are inserted, with regular intervals of internal courtyard. The entrances are set back from the building line and soften the building’s contour to planimetria/site plan

0

50 m

A pochi chilometri da Ciudad Real, nel paese di Daimiel in Spagna, il CEDT, Centro specializzato in diagnostica e trattamento, accoglie pazienti locali e del territorio circostante. Progettato dallo studio Entresitio per le parti architettoniche e da Geasyt per l’ingegneria strutturale e impiantistica, evidenzia un notevole impegno progettuale per un tema delicato quale quello dell’edilizia ospedaliera. Il progetto assegnato dal committente SESCAM (Servicio de Salud de Castilla-La Mancha), in seguito a concorso d’idee del 2003, risulta realizzato e attivo dal 2007. La linearità e semplicità sembrano fare da padrone in questa struttura, sia nell’involucro che nella disposizione interna, nel rispetto dei canoni propri della modularità ospedaliera. Il piano terra, caratterizzato da un cospicuo flusso di persone, vuole evitare la commistione delle cure primarie con quelle di tipo assistenziale, dedicando un’intera zona alla diagnostica. L’edificio si presenta come un volume su cui si innestano blocchi di varie altezze ed in cui le corti interne sono scandite con regolarità. Gli ingressi, arretrati rispetto al filo dell’edificio, ne sfumano il contorno, quasi a inglobare parte della città, e quelli principali, appositamente filtrati, destinati rispettivamente all’ingresso dei pazienti, alle emergenze e al personale, sono collocati in tre dei quattro angoli dell’edificio. Nel quarto angolo, opportunamente schermato e contenuto nel perimetro, troviamo un ulteriore ingresso tecnico a cui si accede tramite una rampa di scale che denuncia la secondarietà dell’elemento. I progettisti risolvono l’inserimento dell’edifico nel contesto residenziale grazie ad un particolare involucro a due strati. Il gioco di luci e colori generato dalla doppia pelle è reso possibile grazie all’uso di lamelle in metallo zincato microforato grigio all’esterno e alla scelta del colore rosso con orditura orizzontale nella pelle interna. La texture di facciata si ritrova anche nelle corti interne che donano rilevanza estetica e, allo stesso tempo, filtrano la luce per proteggere gli spazi interni, sia dal punto di vista visivo che del comfort termico. Una grande hall dedicata alle informazioni accoglie il paziente e da questa posizione risultano inoltre facilmente percepibili le scale e gli ascensori; la hall riceve luce da due corti che sottolineano un ambiente ampio e modulare. I cortili interni, accessibili, si presentano regolari e armoniosamente inseriti nell’edificio, allo scopo di illuminare i corridoi in maniera naturale, così come gli ambienti destinati all’attesa dei pazienti, nonché agli uffici dei dottori e assicurando una certa privacy ai pazienti. Lo studio di un’adeguata illuminazione naturale garantisce il comfort visivo e psicofisico, facendo sì che le persone dimentichino quasi di essere in attesa per una visita medica. Un’architettura ospedaliera riuscita e attenta alle persone.

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viste d’insieme dell’edificio total views of the exterior


nome progetto/project name Centro specializzato in diagnostica e trattamento CEDT Daimiel/Specialized centre in diagnostics and treatments CEDT Daimiel progetto/project design Studio Entresitio – María Hurtado de Mendoza Wahrolén, César Jiménez de Tejada Benavides, José María Hurtado de Mendoza Wahrolén collaboratori/collaborators Carolina Leveroni, Jorge Martínez Martín, Verena Ruhm, Raquel Fernández Antoñanzas, Vidal Fernández Díez, Cristina Fidalgo García, Vincent Rodríguez, Fabrice Quemeneur, Filipe Minderico, Laura Sánchez Carrasco, Laura Frutos Campelo, Irene de la Cruz García ingegneria strutturale/structural engineering Geasyt S.L. ingegneria civile/civil engineering Juan Carlos Corona Ruiz computi metrici /quantity surveyor Santiago E. Hernán Martín

disegno/drawings Diego Hurtado de Mendoza consulenti/consultants Ignacio Isasi Zaragoza (strutture/structure), EURING S. L. (impianti elettrici/electrical systems) Alberto Russo (meccanica/mechanics) direzione lavori/works management Gregorio Marañón c/v Severo Ochoa promotore/promoter Servicio de Salud de Castilla-La Mancha (SESCAM), Gestión de Infraestructuras de Castilla-La Mancha SA (GICAMAN) appaltatore principale/main contractor UTE Arción Construcciones – Cantera del Vértice luogo/place Daimiel (Ciudad Real), Spagna data progetto/design date 2003 inizio lavori/start 2004 fine lavori/completion 2007 superficie costruita/built area 5.563 mq/sqm costo/cost 6.237.401 euro www.entresitio.com

a

1 ingresso principale/main entrance 2 informazioni e registrazione informations and registration 3 emergenza/emergency 4 radiologia/radiology 5 magazzino/warehouse 6 fisioterapia/physiotherapy 7 area attesa/waiting area 8 ufficio del medico/doctor’s office 9 ufficio dell’infermiera/nurse’s office 10 stanza dei trattamenti/treatments room 11 corte/courtyard

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b 8

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the point of nearly incorporating part of the city. The main entrances are filtered and intended for the respective entrance of patients, emergency cases and staff. They are located at three of the building’s four corners. In the fourth corner, screened and contained within the perimeter, there is an additional technical entrance, which is accessed through a stairway that underscores the entrance’s secondary quality. The architects used a special two-layer envelope to fit the building into the residential surroundings. The light and color effects created by the double skin were made by using micro-perforated gray galvanized metal blades on the outside and the choice of red and a horizontal direction for the internal skin. The façade’s texture is repeated in the internal courtyards, both giving it stylistic prominence and filtering light to protect the interior spaces, both visually and for thermal comfort. A large information hall receives patients. From here, the stairways and elevators are in clear view. The hall is lit by two courtyards that underscore its large, modular, regular space. The internal, accessible courtyards are regular and fit seamlessly in the building. They serve to filter natural light in the hallways, waiting areas, as well as the doctors’ offices, and also provide patients with a certain degree of privacy. The planning of suitable natural lighting provides visual and psychological comfort, helping people almost forget that they are waiting for a medical visit. The effect is a well-executed hospital facility that pays attention to the needs of people.

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pianta piano terra/ground floor plan

pianta primo piano/first floor plan

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sotto: terrazza al secondo piano below: terrace on the second floor pagina seguente: corte interna following page: internal court

sezione aa/section aa

sezione bb/section bb

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Emergency Life support Tam Associati, Centro di cardiochirurgia Salam

«Il mondo è cambiato, non è più da conquistare: è da abitare» Dal film di G. Deslauriers, L’Exil du roi Behanzin, 1996 «The world has changed. It’s no longer to be conquered. It’s to be lived in» From the film by G. Deslauriers, L’Exil du roi Behanzin, 1996

Emergency. Life supprt Two-sided places, full of hope and full of pain. Architectural transpositions by Giano. In worlds at war, the spaces and places occupied by Emergency are bastions of peace, rights, support and equality. This renders their buildings marks of a frontier where «Opposing forces encounter each other, often clash, and at other times meet, nonetheless coming into difficulty».1 These are frontiers that lead us into territories where previous certainties and assurances fail and we are brought into the realm of uncertainty. This frontier, designed by Tam Associati, is also the Salam Cardiac Surgery Center in Sudan. It’s a «scandalously beautiful» building, to quote Gino Strada, a totem to display the god of peace in a scene of poverty, destruction and neglect, a frontier of dialogue and understanding, a gathering place for the hopes of refugees as well as for architects and their ethics. A totem for which it was important to listen to the genius loci, important in necessitating a readiness to listen and find a ‘mystical’ knowing and symbiosis with the place. In Sudan, the genius loci spoke to the architects through large mango trees that generated the hospital space. In the design for the cardiac surgery clinic, the presence of mango trees determined the empty space of the courtyard, the core that protects it from the outside world. Its narrative perception is based on the architects’ ability to create ever changing spatial views, successions of different planes and angles. The overall effect is under-

testo di/text by Guido Incerti foto di/photos by Raul Pantaleo

Luoghi a due facce, carichi di speranza e di dolore. Trasposizioni architettoniche di Giano. Nel mondo in guerra, i luoghi occupati da Emergency sono presidi di pace, diritti, assistenza e uguaglianza. Come tali le loro architetture divengono segni di una frontiera dove: «Forze opposte si confrontano, spesso si scontrano, altre volte si incontrano, comunque entrano in crisi».1 Frontiere che ci inoltrano in territori dove precedenti certezze e rassicurazioni cessano, per farci entrare nel territorio dell’incertezza. Frontiera, progettata da Tam Associati, è anche il Centro di cardiochirurgia Salam in Sudan. Un’architettura «scandalosamente bella» per dirla con le parole di Gino Strada, segno totemico dove mostrare il dio della pace ad uno scenario di miseria, distruzione ed abbandono, frontiera di dialogo e comprensione, punto di raccolta per le speranze dei profughi così come degli architetti e della loro etica, segno per il quale l’ascolto del genius loci è pratica importante. Per la predisposizione all’ascolto, alla conoscenza ‘mistica’ e alla simbiosi con il luogo che impone. E in Sudan il genius loci ha parlato agli architetti, grazie a grandi alberi di mango, generatori dello spazio dell’ospedale. Nel progetto per la Clinica cardiochirurgica la presenza dei mango ha infatti determinato il vuoto della corte, il ventre protettivo dal mondo esterno, la cui percezione narrativa si è giocata sulla capacità, degli architetti di creare scorci spaziali, successioni di piani ed angoli sempre differenti. Il tutto enfatizzato dalla minima altezza delle gallerie coperte su cui si affacciano i bassi padiglioni del centro ospedaliero. L’uso tipologico del padiglione ha permesso, grazie al gioco dimensionale, agli angoli variabili e alle prospettive generate, di amplificare l’aspetto domestico del luogo rispetto a quello ospedaliero. Permettendo a degenti e personale la ricerca di quella ‘prossimità’ che spesso viene a mancare nel rapporto medicopaziente, ma che al contrario è fondamentale, per Tam ed Emergency, nella progettazione di un buon ospedale. Anche la tecnologia di costruzione ha perseguito una visione intima dell’architettura, riprendendo la migliore tecnologia realizzabile e gestibile localmente, evitando che: «Operando in un paese da ‘terzo mondo’ sia sufficiente fornire una struttura ospedaliera da ‘terzo mondo’».2 Ecco allora paramenti murari isolati, di grande spessore (58 cm), piccole bucature ritmicamente sincopate, esaltate dal colore, e tutte quelle accortezze che l’architettura locale da sempre utilizza per ripararsi dal sole. Schermi in fibra vegetale intrecciata, masse verdi. Ma un centro di cardiochirurgia non può usare solo questo tipo di tecnologia. Troviamo quindi installati anche 1.000 mq di pannelli fotovoltaici, impianti di raffrescamento e tecnologie miste naturali-artificiali per il filtraggio dalla polvere nelle sale operatorie. Cercando, anche nella gestione degli impianti tecnologici, quel dialogo tra culture differenti, quel giocare sulla frontiera, che fa da filo ‘rosso’ a tutto il progetto. Note 1 P. Zanini, Il Significato del Confine. I limiti naturali, storici, mentali, Bruno Mondadori, Milano, 1997, p. 12. 2 Tam Associati, dalla relazione di progetto.

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PLAN OF THE SURGERY CENTRE

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a 1 blocco operatorio/surgery block 2 diagnostica ed amministrazione diagnostic and administration 3 degenze/wards

3 pianta piano terra/ground floor plan

1

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10 m


nome progetto/project name Centro di cardiochirurgia Salam/Salam cardiac surgery centre progetto/design Tam Associati – Raul Pantaleo, Massimo Lepore, Simone Sfriso, Sebastiano Crescini con/with Pietro Parrino e Gino Strada responsabile del progetto/design manager Pietro Parrino coordinatori/coordinators Rossella Miccio, Pietro Parrino studio di fattibiità/preliminary studies Gino Strada, Emiliano Cinelli, Fabrizio Fasano, Andrea Cioffi consulente strutturale/structural consultant Francesco Steffinlongo consulente ambientale/environmental consultant BDSP Partnership progetto impiantistico/systems design Studio Pasqualini e/and Jean Paul Riviere con/with Nicola Zoppi consulente per le sale operatorie/surgery consultant Franco Binetti

responsabili di cantiere/works management Roberto Crestan con/with Alessandro Giacomello impresa/contractor personale locale reclutato da Emergency/local people recruited by Emergency committente/client Emergency – Life Support for Civilian War Victims ONG/ONLUS luogo/place Soba, Khartoum, Repubblica Federale del Sudan data progetto/design date 2004-2006 realizzazione/realization ottobre/October 2005aprile/April 2007 superficie coperta/covered area 6.000 mq/sqm superficie totale/total area 41.000 mq/sqm costo/cost 12 milioni/millions euro www.tamassociati.org

prospetto sud est/south east elevation

sezione aa/section aa

0

10 m

scored by the low height of the covered galleries lined by the hospital center’s low pavilions. Through the effect of the proportions, variable anglesELEVATION and AND generated perspectives, the use 0of SECTION OF THE SURGERY CENTRE the pavilion building type amplified the place’s domestic aspect over its hospital one. This lets the patients and staff seek the ‘closeness’ that is 0 often lacking in patient-doctor relationships, and ELEVATION AND SECTION OF THE SURGERY CENTRE which Tam and Emergency consider fundamental to designing a good hospital. Its building technology also pursued an intimate vision of architecture, adopting the best technology that could be built and managed locally. It rejects the idea that «Working in a ‘third world’ country, it suffices to offer a ‘third world’ hospital structure».2 Indeed, here we find all the strategies that the local architecture has long used to protect itself from the sun, such as insulated, very thick (58 cm) walls and small, rhythmically paced openings, made brilliant by color. And woven plant fiber screens, masses of vegetation. A cardiac surgery center, however, cannot use this kind of technology alone. We also find 1,000 sqm of photovoltaic panels, cooling systems and natural/artificial mixed technologies for filtering dust from the operating rooms. The plan of technological systems also seeks the dialogue between different cultures, the working on the border that is the project’s leit motif.

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5

10 m

5

10 m

1 centro di chirurgia/surgery centre 2 edifici tecnici/technical buildings 3 casa per i parenti/relatives’ house 4 edificio per i servizi/services building 5 pannelli solari/solar panels 6 padiglione di meditazione e preghiera prayer and meditation pavilion

planimetria generale del Centro Salam site plan of the Salam Centre 5

6

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1

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Notes 1 P. Zanini, Il Significato del Confine. I limiti naturali, storici, mentali, Bruno Mondadori, Milan, 1997, p. 12. 2 Tam Associati, from the project report.

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SITE PLAN OF THE “SALAM” CENTRE

0 10 20

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Tam Associati, Padiglione di meditazione e preghiera

testo di/text by Guido Incerti foto di/photos by Raul Pantaleo Prayer and meditation pavilion «Daughter Daddy, why do things have outlines? Father Do they? I don’t know. What sort of things do you mean? D I mean when I draw things, why do they have outlines? F Well, what about other sorts of things – a flock of sheep? Or a conversation? Do they have outlines? D Don’t be silly. I can’t draw a conversation. I mean things. F Do you mean “why do we give things outlines when we draw them” or do you mean that the things have outlines whether we draw them or not?».1 In a country like Sudan, which over the course of the last twenty years, has been the stage of numerous inter-ethnic and particularly inter-religious wars, the design for the mediation and prayer hall is a frontier place, as is the entire Cardiac surgery center of which it is part. It couldn’t have been otherwise because the design of a place for prayer, as is usual in any healthcare place, brings up a difficult dilemma, that of conceiving a space equipped to accommodate the spiritual complexities that are increasingly harbored in each country. The choice that Tam Associati made avoided favoring any one form of religion, instead creating a space that can accommodate the prayer and mediation of all faiths. This frontier place, bound by the waters of the Nile River, full of symbolism in this part of subSaharan Africa, bounds the building. The white

«Figlia Papà, perchè le cose hanno contorni? Padre Davvero? Non so. Di quali cose parli? F Sì, quando disegno delle cose, perché hanno i contorni? P Beh, e le cose di altro tipo... un gregge di pecore? O una conversazione? Queste cose hanno contorni? F Non dire sciocchezze. Non si può disegnare una conversazione. Dico le cose. P Sì... stavo solo cercando di capire cosa volevi dire. Vuoi dire “perché quando disegniamo le cose diamo loro dei contorni?”, oppure vuoi dire che le cose hanno dei contorni, che noi le disegniamo oppure no?»1 In un paese, il Sudan, che nel corso degli ultimi venti anni è stato teatro di numerose guerre inter-etniche ma sopratutto interreligiose, il progetto per il Padiglione di meditazione e preghiera è, come tutto il Centro cardiochirurgico di cui fa parte, un luogo di frontiera. Non fosse altro perché la progettazione di un luogo che ospita la preghiera, com’è consuetudine in qualunque luogo di cura, porta a confrontarsi con un difficile dilemma: pensare uno spazio che possa ospitare le complessità spirituali che sempre più albergano in ogni paese. La scelta effettuata dai progettisti di Tam Associati è quindi stata quella di non privilegiare alcuna forma di culto ma di creare uno spazio capace di ospitare la preghiera e meditazione di tutte le fedi. Una frontiera delimitata dall’acqua del Nilo, carica di significati simbolici in questa zona dell’Africa subsahariana, che cinge l’architettura, il recinto bianco delimitante i giardini del raccoglimento, immaginati per permettere il distacco mentale dalla realtà macrocosmica circostante. Le due aule sfalsate, dotate di una copertura semitrasparente realizzata con le anime di foglie di palma, vengono così ad essere situazioni spaziali dai contorni definiti, necessari per consentire la divisione dei sessi durante le abluzioni. Così da non rendere dominante l’idea di una fede sulle altre, creando un luogo per ospitare la preghiera e la meditazione di tutte le fedi. Un luogo ‘segnato’, uno spazio che proprio per questo motivo risulta stabilizzato, demarcato e inamovibile. Saldato alla terra o al cielo. Sembrerebbe un ossimoro che la natura di questo padiglione sia il suo essere frontiera. Ma esso, pur delimitato e confinato, viene ad essere luogo di fusione tra l’uomo ed il suo credo. Un nastro, mancante di un dentro e un fuori, dove uomini e culture religiose devono poter convivere nel rispetto gli uni degli altri. Con questo progetto Tam Associati ed Emergency hanno perseguito un fine architettonico, funzionale ed etico, oltre che rispondere alle esigenze religiose dell’attuale Sudan. Ma sono andati oltre, infatti sono riusciti a dialogare ancora una volta con il genius loci sudanese. E l’ascolto ha portato al riconoscimento di un luogo dove dopo anni di guerre sono nati pace, bellezza e speranza. Note 1 G. Bateson, Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1985, p. 62.

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nome progetto/project name Padiglione di meditazione e preghiera presso il Centro di cardiochirurgia Salam Prayer and meditation pavilion at Salam cardiac surgery centre progetto/design Tam Associati – Raul Pantaleo, Massimo Lepore, Simone Sfriso coordinatore del programma/program coordinator Pietro Parrino direzione lavori/works management Roberto Crestan committente/client Emergency – Life Support for Civilian War Victims ONG/ONLUS luogo/place Soba, Khartoum, Repubblica Federale del Sudan www.tamassociati.org a prospetto nord est/north east elevation

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sezione aa/section aa

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pianta piano terra/ground floor plan

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sezione bb/section bb

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enclosure is bordered by quiet gardens, designed to allow a mental break from the surrounding macrocosmic reality. The two staggered wings, covered with a semi-transparent roof made of the cores of palm leaves, offer spatial situations with definite boundaries, needed to divide the sexes during ablutions. This avoids letting the concept of one faith dominate over the others, creating a place for the prayer and meditation of all faiths. A ‘marked’ place, which makes it a space that is stabilized, demarcated and unmovable. Joined to the earth or the sky. It may seem an oxymoron that the nature of this hall is in its being a frontier. Though delimited and bound, it becomes a place for people and their beliefs to merge. A ribbon, lacking an inside and an outside, where people and religious cultures must be able to coexist in respect for one another. With this project, Tam Associati and Emergency pursued an architectural, functional and ethical goal in addition to responding to the religious needs of modern Sudan. But they have gone further than that in their intent. With this small hall, they have managed to dialogue once again with Sudan’s genius loci. And their attention to it has led to recognizing a place where, after years of war, peace, beauty and hope have arisen.

Notes 1 G. Bateson, Steps to an Ecology of Mind, ed. University Of Chicago Press, Chicago, 2000

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Packaging e medicinali

The role of design in patient’s safety

Packaging and medicines

Il ruolo del design nella sicurezza del paziente Nel mondo dei progettisti ad ogni forma deve corrispondere una funzione. Nel caso dei farmaci la forma è solo uno dei problemi al quale il designer deve pensare. Come sappiamo, in commercio esistono numerosi prodotti che possono essere scambiati tra loro a causa di forme, colori o etichette simili. La forma riguarda il senso della vista ma anche quello del tatto: superfici calde, fredde, gommose, pungenti stimolano l’utente in modo diverso. Le confezioni dei medicinali dovrebbero diversificarsi notevolmente dall’immaginario di categorie totalmente diverse quali prodotti per la pulizia, alimenti o elettrodomestici. Di primo acchito riusciamo a capire cosa contiene una determinata confezione perché l’abbiamo interiorizzata attraverso l’esperienza, tuttavia questo processo può essere molto pericoloso. Questo automatismo può essere arrestato dall’ultimo elemento d’interazione tra l’utente e la confezione del farmaco, il tappo. Lavorare sulla sua forma può fornire un elemento forte di riconoscibilità delle sostanze. Le etichette sono una tra le più importanti cause di errori, esistono addirittura casi in cui sono pressoché identiche in farmaci con caratteristiche molto diverse. La progettazione grafica di confezioni, etichette e foglietti illustrativi, si rende perciò indispensabile. I caratteri tipografici si differenziano per tipo e dimensioni e la scelta di un font piuttosto che un altro, della dimensione, della spaziatura tra lettere e righe è di fondamentale importanza per determinare la leggibilità. Spesso gli utilizzatori sono anziani con capacità visive ridotte, o persone che possono avere disturbi da stress con facoltà percettive alterate. Le informazioni importanti devono essere evidenziate e scandite in modo chiaro grazie alla grafica. Le informazioni in primo piano dovrebbero essere: il nome del prodotto, il principio attivo, il dosaggio e la forma farmaceutica. Sarebbe buona norma indicarle su tutte e sei le facce della confezione esterna (packaging secondario) per renderle facilmente riconoscibili una volta che il farmaco viene immagazzinato. Il colore gioca un ruolo fondamentale nella vita dell’uomo, ma nel contempo il suo abuso può generare una visione distorta del prodotto. Contesti diversi da quello di riferimento forniscono spunti interessanti: nel campo della sicurezza stradale viene fatto uso di colori fluorescenti per mettere in allerta gli autisti distratti, mentre colori ‘forti’ quali il rosso vengono usati dai fast-food per attirare i clienti. Si potrebbe ipotizzare un utilizzo sistematico dei colori in modo da creare


di/by Francesco Ranzani e/and Sara Albolino

In the world of designers, every form must have a corresponding function. In the case of medicines, form is only one of the problems facing the designer. As we know, numerous products exist on the market which can cause confusion due to their similar form, colour or label. Form concerns sight but also touch: hot, cold, rubbery or sharp surfaces stimulate the user in different ways. Medicine containers should vary notably from the image of totally different categories such as products for cleaning, foods or household appliances. At face value, we are able to understand what a certain package contains because we have learned from experience, although this process can be very dangerous. This automatic process can be halted by the last element of interaction between the user and the medicine packaging, the lid. Working on its form can provide a strong element in order to recognise the substance. The label is one of the most important causes of error. There are even cases in which the medicines are almost identical but with very different characteristics. The graphic designing of packaging, labels and instruction leaflets, is therefore indispensible. Typographic charateristics differ in type and size. The choosing of one source rather than another, for its size, spacing between letters and lines is of fundamental importance for determining legibility. The users are often elderly with reduced vision, or even people suffering from stress which alters perceptive faculties. The important information is clearly shown via the use of graphics. The informations that should be shown close-up, so as to be found immediately are: the name of the product, the active principles, dosage and pharmaceutical form. It would be a good idea to indicate them on all six sides of the outer packaging (secondary packaging) to make them more easily recognisable once the medicine is stored. Colour plays a fundamental role in man’s life, but at the same time, its misuse may cause a distorted vision of the product. Contexts different from that of reference provide interesting ideas: in the field of road safety, flourescent colours are used to alert distracted drivers, while ‘strong’ colours such as red are used by fast-food outlets to attract customers. It is possible to hypothesise a systematic use of colours in order to create

bottiglietta che permette il riempimento immediato di una siringa/small bottle which allows an immediate filling-up of a syringe in alto, a sinistra: sei anelli di gomma colorati above, on the left: six coloured rubber rings


6 ClearRx Bottle Il sistema ClearRx progettato per Target da Deborah Adler e Klaus Rosburg, include flaconi per pillole e liquidi e una siringa di dosaggio/The ClearRx system

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Deborah Adler and Klaus Rosburg designed for Target includes bottles for pills and liquids and a measuring syringe

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foglietto con informazioni dettagliate card with detailed informations

un codice internazionale di classificazione delle diverse tipologie di farmaci. Nelle sale operatorie di alcuni ospedali si usa già un codice colore per distinguere i farmaci. Un altro aspetto non secondario del cromatismo riguarda poi il contrasto testo-sfondo che non deve pregiudicare la leggibilità. Per quanto riguarda la nomenclatura la letteratura riporta numerosi esempi di errori terapeutici dovuti a nomi simili. Sarebbe auspicabile la creazione di un database contenente tutti i nomi dei farmaci già presenti in commercio, in grado di fornire, all’inserimento di un nuovo nome, un controllo puntuale su eventuali similitudini. L’indicazione della data di scadenza costituisce infine un altro elemento critico. Per ovvi motivi economici questo dato viene stampigliato in un secondo tempo sulla confezione ad inchiostro in bassorilievo, ma tale consuetudine crea difficoltà di lettura di un’informazione che è di fondamentale importanza. La quantità e la qualità di informazioni riportate sull’etichetta e sulle confezioni devono rispondere alle esigenze dell’utente e non della casa farmaceutica o di normative che non tengono conto di queste problematiche. Infine un capitolo a parte, che riguarda invece nello specifico gli ospedali, è costituito dallo stoccaggio che gioca un ruolo chiave negli errori terapeutici. Due farmaci che potrebbero essere scambiati non dovrebbero essere mai stoccati vicini. Dovrebbe esistere quindi un’attenta organizzazione degli spazi, ad esempio mediante l’impiego di dispositivi di separazione che non permettano la commistione accidentale tra le confezioni. Un altro problema lamentato dai farmacisti ospedalieri al momento della preparazione dei medicinali per la somministrazione, deriva dal fatto che i blister vengono smembrati perdendo in questo modo tutte le informazioni fondamentali quali il nome del farmaco e la data di scadenza. Sono le agenzie di comunicazione, incaricate dalle case farmaceutiche, che si occupano della progettazione del packaging dei farmaci, rivestendo quindi un ruolo fondamentale nella prevenzione degli errori di terapia. Purtroppo nella maggior parte dei casi il principio dello User Centered Design, che pone l’utente (medici, infermieri, pazienti) al centro del processo di progettazione, non viene utilizzato. è inoltre essenziale una regolamentazione normativa che rispetti i bisogni degli utilizzatori e che stabilisca delle linee guida alle quali le case farmaceutiche si dovrebbero attenere.


1 Riconoscimento/Identification Il nome del medicinale è stampato anche nella parte alta del contenitore, così è più visibile The name of the drug is printed also on the top of the bottle, so it’s more visible 2 Colore/COLOUR Il colore rosso del flacone è un simbolo immediatamente riconoscibile, che significa ‘attenzione!’ The red color of the bottle is an immediately recognizable symbol for caution 3 Informazione/INFORMATION L’etichetta è suddivisa in due parti separate da una linea orizzontale. Le informazioni più importanti, come il nome del medicinale od il dosaggio, sono sopra la linea; quelle meno importanti sono posizionate in basso/The label is divided into two parts separated by a horizontal line. The most important informations, such as drug name or dosage, are placed above the line; the less important datas are positioned below 4 Posizione/STANDING Una versione prevede la possibilità di posizionare il flacone capovolto, in piedi sulla capsula di chiusura, in modo che l’etichetta potesse essere avvolta attorno alla sommità del flacone The upside-down version stands on its cap, so that the label can be wrapped around the top 5 Anelli colorati/COLOURED RINGS Un sistema di sei anelli di gomma colorata da attaccare al collo del flacone, permette ad ogni membro della famiglia di identificare il proprio medicinale/A system of six coloured rubber rings, attached to the neck of the bottle, let each family member to identify his own medications 6 Foglietto informativo/Info card Un foglietto con informazioni più dettagliate sul medicinale è posizionato dietro l’etichetta A card with more detailed information is tucked behind the label

an international code to classify different types of medicine. In some hospitals, colour codes are used in operating theatres to distinguish medicines. Another primary aspect of chromatism concerns the text-background which should not compromise legibility. With regards to nomenclature, literature records numerous examples of therapeutic error due to similar names. The creation of a database containing all the names of medicines currently on the market, able to provide, upon insertion of a new name, a prompt verification of any eventual similarities, would be desirable. Indication of the expiry date also constitutes a critical element. For obvious economic reasons, this information is subsequently stamped onto the packaging with ink in bas-relief. This habit creates difficulty in reading information which is of fundamental importance due to a low quality of printing. The quantity and quality of information displayed on the label on the packaging must respond to the needs of the user and not of the pharmaceutical company or regulations which do not take this problem into account. Finally, a separate chapter, which specifically concerns hospitals, and consists of storage which plays a key role in therapeutic error. Two medicines which may cause confusion must never be stored close to each other. From this must come a careful organisation of space, for example via the use of separating devices which do not allow the accidental mixing-up of packages. Another complaint of hospital pharmacists is that which derives, at the moment of medicine preparation for distribution, from the fact that blisters are dismembered, thus losing all the fundamental information such as the name of the medicine and the expiry date. Currently occupied with the designing of medicine packaging are communication companies, commissioned by pharmaceutical companies, which consequentially take on a fundamental role in the prevention of therapeutic errors. In the majority of cases, the principle of User Centered Design, which places the user (doctors, nurses, patients) at the centre of the design process, is not used. Regulations which respect the needs of the user and which establish guidelines that pharmaceutical companies must follow, is also essential.

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Sani e salvi

Safe and sound

The design to protect the body and the mind

Il design per proteggere il corpo e la mente Alla fine del 2005 si aprì al MoMA di New York una mostra molto particolare dal titolo SAFE: Design Takes On Risk, che raccoglieva 300, tra prodotti e prototipi, pensati e progettati in risposta alle minacce, fisiche e psicologiche, che possono assillare l’individuo. La risposta ad una delle ossessioni del mondo occidentale contemporaneo, la ricerca della sicurezza, si esprime così attraverso oggetti più diversi: da rifugi di emergenza gonfiabili a giacche con 44 tasche dove riporre tutto l’occorrente per la sopravvivenza, da gusci in poliuretano antisommossa a sistemi solari di filtraggio delle acque inquinate o saline, dal defibrillatore portatile ad un nuovo concetto di confezioni per farmaci. La caratteristica comune a questi oggetti è la capacità di rispondere a bisogni concreti, nati da situazioni di pericolo, ma anche a quei ‘bisogni’ emozionali che dalle stesse situazioni nascono, portando un conforto spesso intangibile ma efficace. Nasce così, ad esempio, un tavolo di acciaio laccato di rosso, studiato presso la Scuola di design di Losanna, per essere utilizzato in condizioni di emergenza e quindi dotato di un completo kit di prima sopravvivenza fissato sulla faccia inferiore del piano di appoggio. Qui fra una coperta, un casco di protezione, l’ossigeno, un estintore, un kit di pronto soccorso medico, l’acqua, il progettista ha inserito tutto l’occorrente per realizzare e mangiare una perfetta fonduta svizzera (anche se liofilizzata). è evidente che al di là dell’ironia quello che un’opera come questa esprime, e che in emergenza è importante, è la necessità di fornire un conforto non solo fisico ma anche psicologico attraverso, ad esempio, il recupero di gesti quotidiani (la fonduta, per uno svizzero) in situazioni di estrema difficoltà. Un altro degli aspetti indagati nella mostra è la capacità dell’informazione, se chiara e comprensibile, di essere uno strumento di sicurezza e di salute. Fu presentato quindi in questa occasione il Sistema

ClearRx, realizzato da Deborah Adler e Klaus Rosburg per le farmacie di una grande catena americana. Questo sistema, composto da contenitori per pillole e liquidi, è stato pensato per semplificare la lettura e la comprensione delle informazioni, minimizzando così il rischio di assumere farmaci o dosi sbagliate per scarsa chiarezza delle etichette. Il flacone, ad esempio, presenta sempre una faccia piatta, per l’etichetta, in modo che le informazioni più importanti, organizzate gerarchicamente, possano essere lette anche a colpo d’occhio.


a cura di/edited by

Fabio Rosseti

Mathieu Lehanneur (Francese, nato nel 1974) Therapeutic Felt-tip Pens, from the Objets Thérapeutiques collection [Pennarelli Terapeutici, dalla collezione Oggetti Terapeutici]. Modello. 2001. Materiali vari, 3x3x15 cm. Foto di Véronique Huygues Questo analgesico per il dolore cronico è una medicazione sistemica che agisce su tutti i sintomi. Tutto quello che è richiesto è scrivere sulla parte dolorante del corpo, ogni giorno e rimuovere la cartuccia usata alla fine di ogni giorno. Questo prodotto transdermico è accoppiato ad un inchiostro innocuo che scompare dopo qualche minuto

Mathieu Lehanneur (French, born 1974) Therapeutic Felt-tip Pens, from the Objets Thérapeutiques collection. Model. 2001 Various materials, 3x3x15 cm. Photos by Véronique Huygues This analgesic for chronic pain is a systemic medication, which acts on all symptoms together. All that is required is to write on the painful area of the body each day and to remove the used cartridge at the end of each day. This transdermal product is coupled with a user-friendly ink that disappears after several minutes

At the end of 2005 at MoMA in New York, there was the opening of an extremely particular exhibition entitled SAFE: Design Takes On Risk, which gathered together 300 products and prototypes, perceived and designed in response to threats, both physical and psychological, which can assail the individual. The response to one of the modern western world’s prime obsessions, the research into safety, is thus expressed via very different objects: from emergency inflatable shelters to jackets with 44 pockets to contain everything necessary for survival, from riot gear in polyurethane to solar polluted-water or saltwater filter systems, portable defibrillators to a new concept of medicine packaging. The characteristic common to all these objects is the capacity to respond to concrete needs, born of situations of danger or risk but also of emotional ‘needs’ which arise from these same situations, bringing comfort often intangible but equally effective. So is born, for example, a red lacquered steel table, designed at the school of design in Lucerne, Switzerland, to be used in conditions of emergency and therefore equipped with a complete first-aid kit fixed to the underside of the upper surface. Here, among a cover, a protective helmet, oxygen, an extinguisher, a medical first-aid kit, water, the designer inserted all things necessary to make and eat a perfect Swiss fondue (even if freeze-dried). It is evident that, above and beyond the irony that works such as this express, and important in cases of emergency, is the necessity to provide not only physical comfort but also psychological comfort via, for example, the recovery of daily gestures (fondue for the Swiss) in situations of extreme difficulty. One of the other aspects investigated during the exhibition is the capacity of information, if clear and comprehensible, to be an instrument of safety and health. In this sense, this occasion saw the presentation of the ClearRx System, designed by Deborah Adler and Klaus Rosburg for the pharmacies of a great chain of American sales called Target. This system, composed of containers for pills and liquids, was thought up to simplify the reading and comprehension of information, thus minimising the risk of taking incorrect medicines or doses due to a lack of clarity on the labels. The bottle, for example, always presents a flat face, for the label, so that the most important information, organised hierarchically, can also be read at a glance.

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Olivier Peyricot (Francse, nato nel 1969) IDSland (Francia, dal 2000) Vigilhome [Casa vigile]. Prototipo. 2003. Materiali vari. Prototipo realizzato da Satellite du Musée d’Art Moderne de Paris, Francia (2003) Foto di IDSland

Olivier Peyricot (French, born 1969) IDSland (France, est. 2000) Vigilhome. Prototype. 2003. Various materials Prototype by Satellite du Musée d’Art Moderne de Paris, France (2003) Photos by IDSland

Vigilhome è una casa trasportabile, completamente equipaggiata per paranoici della sopravvivenza. Il rifugio, che si ripiega su se stesso, isola i suoi occupanti dal mondo esterno e assicura le minime necessità di sopravvivenza: grandi scorte di cibo, due scatole di ansiolitici per combattere lo stress. Cinque scatole per attrezzi a forma di armi che contengono utensili di uso quotidiano: dall’estintore al martello, dalla padella alla scorta di ossigeno

Vigilhome is a fully equipped transportable house for the paranoid survivalist. This shelter, which withdraws into itself, isolates its occupant from outside world and ensure basic survival needs: extra-large food packs, two boxes of anxiolytic pills to fight stress. Five gun-shaped toolboxes containing everyday utensils such as fire extinguisher, hammer, fryng pan or oxygen tank

École cantonale d’art de Lausanne (ECAL) (Svizzera, dal 1821) Martino d’Esposito (Italiano, nato nel 1976) Swiss Fondue Earthquake Safety Table [Tavolo di emergenza per terremoti con oggetti di conforto, in questo caso una confezione di fonduta svizzera]. Prototipo. 2001. Acciaio termo laccato, 73x80x120 cm. Foto di ECAL/Pierre Fantys Un kit di sopravvivenza è fissato sotto un tavolo di acciaio da utilizzare in caso di terremoto. Oltre ad alcuni oggetti essenziali per l’emergenza, il tavolo contiene anche tutto il necessario per preparare e mangiare una fonduta

École cantonale d’art de Lausanne (ECAL) (Swiss, est. 1821) Martino d’Esposito (Italian, born 1976) Swiss Fondue Earthquake Safety Table. Prototype. 2001. Thermolacquered steel, 73x80x120 cm. Photos by ECAL/Pierre Fantys A survival kit is stored under a steel table to be used in the event of an earthquake. Besides some basic items for emergency, this table contains all the necessary items to prepare and eat a fondue


Kosuke Tsumura (Giapponese, nato nel 1959) Final Home 44-pocket parka [Final Home giaccone con 44 tasche]. 1994. Nylon, 110x60 cm. Produttore: A-net, Inc., Giappone (1994). Foto di A-net, Inc. Questo giaccone, un ‘rifugio’ indossabile, dispone di 44 tasche che possono contenere cibo, medicine, attrezzi. Se la temperatura si abbassa le tasche possono essere riempite con giornali o qualsiasi altro materiale isolante. Il giaccone si adatta a qualsiasi taglia, semplicemente riempiendo certe tasche con materiale extra

Kosuke Tsumura (Japanese, born 1959) Final Home 44-pocket parka. 1994. Nylon, 110x60 cm. Manufacturer: A-net, Inc., Japan (1994). Photo by A-net, Inc. This parka, a wearable shelter, features forty-four pockets that can store food, medicine, and tools. If the weather gets cold, the pockets can be stuffed with newspaper or any other insulating materials. The parka can be made to suit any body type by simply stuffing certain pockets with extra materials to provide a tighter fit

Frédéric Ruyant (Francese, nato nel 1961) First-Aid Bag for the French Red Cross [Borsa di Primo Soccorso per la Croce Rossa Francese]. 2001. Fibra sintetica 27x13 cm diam. Produttore: JPMA, Francia (2001) Foto di Pierre-Yves Dhinaut La borsa, ispirata al barilotto dei cani San Bernardo, mostra una croce rossa riflettente e contiene 39 elementi per l’emergenza, come forbici chirurgiche, bendaggi compressivi, guanti, ma anche un taccuino ed una penna, od una mantella per la pioggia o una lampada tascabile od un fischietto

Frédéric Ruyant (French, born 1961) First-Aid Bag for the French Red Cross. 2001. Synthetic fiber, 27x13 cm diam. Manufacturer: JPMA, France (2001) Photo by Pierre-Yves Dhinaut The bag, inspired by a Saint Bernard dog’s barrel, displays a reflective red cross and contains thirty-nine elements for emergency, such as pocket scissors, compressive bandage, gloves, but also a notepad and a pencil or rain cape or a pocket lamp and a whistle

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John Kim, 10 anni, Road to Health [La strada per la salute]; dalla mostra The America’s Future Starts with Healthy Children [Il futuro dell’America inizia dai bambini in salute], 26-28 gennaio 2009, Washington D.C., USA John Kim, 10 years old, Road to Health; from the art exhibition The America’s Future Starts with Healthy Children, 26-28 january 2009, Washington D.C., USA


Wellness Benessere integrato

di/by

Alessandro Melis

Qualche anno fa sarebbe apparso irrispettoso associare il tema della salute a quello del benessere. Oggi, non solo ciò non desta alcuna diffidenza, ma vi è addirittura una precisa necessità, si potrebbe dire perfino sociale, nel combinare le due sfere. Il livello delle conoscenze scientifiche e l’evoluzione civile delle società occidentali ormai pongono come obiettivo l’innalzamento della qualità della vita, anche nelle sue condizioni più estreme. In un sistema integrato, come la città contemporanea, i centri benessere contribuiscono a questo obiettivo. Nell’articolo di apertura, Umberto Veronesi e Maurizio Mauri offrono un’autorevole interpretazione dell’ospedale del futuro, ibrido, teso a ridurre la degenza e le condizioni di ‘sofferenza’, in favore di un’architettura integrata con funzioni del mondo ‘esterno’, dallo shopping all’istruzione, al fine di evitare quel senso di ‘ghettizzazione’ che spesso si ha negli ospedali tradizionali. Anche il lessico architettonico dei centri benessere è sempre meno distinguibile dalla versione, una volta asetticamente austera e ‘punitiva’, degli istituti medici, ad esclusione, naturalmente, dei reparti intensivi in cui necessariamente prevale la componente tecnologica. Un esempio di questo overlapping sono i nuovi reparti di Ostetricia, nei quali, finalmente, il puerperio non viene affatto trattato come una malattia, ma come una parentesi particolarmente gioiosa nella vita della donna. Insieme a forme di anestesia meno invasive, aumenta il gradimento per le stesse tecniche di rilassamento praticate nei centri benessere, e ciò si riflette anche nella cura degli spazi destinati al parto naturale, in deciso aumento, confortevoli ed attrezzati come quelli di un hotel a cinque stelle o di casa propria. Si ristabilisce inoltre la centralità dell’elemento acqua, il cui ruolo taumaturgico e misticamente ancestrale, metafora della fonte della vita, diventa convenzionalmente core-business nei centri wellness. Ci sono tutte le premesse per chiudere il sillogismo: i wellness sono i nuovi templi pagani, una versione aggiornata del tempio-pozzo dell’età del Bronzo, una trasposizione ideale del fonte battesimale o delle pratiche religiose induiste. Se il riferimento alla spiritualità è esplicito nel Centro progettato da Larc Studio, diventa un effimero riferimento culturale nell’esplorazione del rapporto uomo-acqua-luce, nel Complesso acquatico di Le Havre di Nouvel e nel Centro geotermale e medico di VA architects. L’esplicito richiamo alla biunivocità dei termini ‘cura’ e ‘benessere’, viene riproposto da Micheal Young, in chiave ancora più eversiva, nel Centro estetico e clinica Skin, in cui l’apparente distanza tra ‘voluttà’ e ‘necessità’ viene colmata dall’unità d’intervento realizzata anche grazie al progetto grafico di Katrin Olina. Il centro benessere, oltreché tipologia autonoma o a corredo di un’attività curativa, è sempre più spesso spazio sociale a complemento di contenitori polifunzionali destinati al turismo o al tempo libero. Il Centro benessere dell’Hotel Exedra Nice di Simone Micheli, o l’impianto di Antonio Iascone per il Casalunga Golf Resort ne sono un esempio.

Wellness. Integrated wellbeing A few years ago, it would have seemed impolite to associate the idea of healthcare with that of wellness. Today, not only does this raise no objections, there is actually a real need, a need we could even call social, to combine the two spheres. The level of scientific knowledge and the civil development of western societies now set the objective of raising quality of life, even in its most extreme conditions. In the integrated system of the contemporary city, wellness centers help achieve this goal. In the introductory article, Umberto Veronesi and Maurizio Mauri offer an authoritative look at the hospital of the future. The hospital is hybrid, seeks to reduce hospital stays and conditions of ‘suffering’, favoring an architecture integrated with functions of the ‘outside’ world, such as shopping and education, to avoid the sense of ‘ghettization’ common in traditional hospitals. Even the architectural vocabulary of wellness centers is increasingly more difficult to distinguish from that of medical institutions, which were once ascetically austere and ‘punishing’. Of course, this doesn’t apply to intensive care units, in which the technological component necessarily dominates. An example of the overlapping of these styles is in the new obstetrics departments. In these places, the postpartum period is at last treated as an especially joyful moment in a woman’s life, rather than an illness. Along with less invasive forms of anesthesia, there is growing appreciation for the relaxation technique practiced in wellness centers. This is also reflected in the treatment of rooms for natural childbirth, much on the rise, which are comfortable and furnished like the rooms of a five-star hotel or a home. The central importance of water is reestablishing itself. Its mystical ancestral role as a miracle maker and a metaphor for the source of life has conventionally made it the core business of wellness centers. All the conditions are in place to complete the syllogism: wellness centers are new pagan temples, modern versions of the well temples of the Bronze Age, transposing the idea of the baptismal font or Hindi religious practices. In the Center designed by Larc Studio, this reference to spirituality is made explicit. In contrast, in the Nouvel’s Swimming complex in Le Havre, and the Geothermal and medical center by VA architects, water becomes an ephemeral point in the exploration of the relationship between humans, water and light. Michael Young offers an explicit reference to the two-way relationships between the terms ‘care’ and ‘wellness’, with an even more trailblazing approach in the Skin beauty center and clinic. Here, the apparent distance between ‘pleasure’ and ‘need’ is bridged by a unified design, supported by Katrin Olina’s graphic design. Wellness centers, in addition to being self-standing facilities or supporting a treatment facility, are increasingly social spaces complementing multifunctional centers for tourism and recreation. Examples include the Wellness center in the Hotel Exedra Nice by Simone Micheli and Antonio Iascone’s design for the Casalunga Golf Resort.

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«L’architettura è un dono della parte più profonda di noi stessi. Realizzare mondi, inventare luoghi, piccoli piaceri, piccole sensazioni, veloci tuffi nella realtà» Jean Nouvel «Architecture is a gift from the deepest part of one’s self. It is the making of worlds, the invention of places, of micro pleasures, micro sensations, quick dips into reality» Jean Nouvel

© Clement Guillaume


Les Bains des Docks Ateliers Jean Nouvel, Centro natatorio a Le Havre

testo di/text by

Pierpaolo Rapanà

Les Bains des Docks Jean Nouvel’s cities are great theatres with roles often reversed. The scenario is written by the spectators, the direction is entrusted to light, the photography to the memory. Each project is a new spectacle, different in every way from the previous. The only constant is the wonder of research via the use of common, industrial materials. Rigorous, unequivocal materials which, once assembled and brought into the light, seem, paradoxically, to replace the physical world with a world of imagination, suspended between desire and memory. It is in this way he places metaphors, allusions, rhetorical figures and suggests the transcending of reality and «to amplify our world, in a moment in which our world becomes ever smaller». The natatorium of Les Bains des Docks is a haven of light, air and water. The building overlooks quai de la Réunion in the place of old, abandoned hangars. It is the first structure of an ample project for the renovation of the old port of Le Havre. The master plan devised at Ateliers Jean Nouvel beat that of Daniel Libeskind and plans the completion, by 2012, of a tropical glasshouse, an aquarium, a weather station, a panoramic restaurant, exhibition areas and a research institute for the sustainable development of the sea. The multiple functions and uses of the aquatic centre are organised in distinct volumes, on staggered levels spread out within a regular prism like tetris on a grand scale. «A game of chess on a cube» would be the raumplan master’s definition, free from the boxedin compactness of Loos and the rationalisation of surfaces, but revealing the same simultaneousness of reasoning born of the three dimensions, and leads to similar solutions such as the benches or

Le città di Jean Nouvel sono grandi teatri in cui i ruoli sono spesso ribaltati. La sceneggiatura è scritta dagli spettatori, la regia affidata alla luce, la fotografia alla memoria. Ogni progetto un nuovo spettacolo, in tutto diverso dal precedente. L’unica costante è la ricerca della meraviglia attraverso l’impiego di materiali comuni, d’uso industriale. Materiali rigorosi, inequivocabili, che assemblati e portati alla luce sembrano paradossalmente far recedere il mondo fisico a fronte di un mondo immaginifico, sospeso tra desiderio e memoria. È in questo modo che egli compone metafore, allusioni, figure retoriche, e suggerisce di trascendere la realtà ed «ampliare il nostro mondo, in un momento in cui il nostro mondo diventa sempre più piccolo». Il centro natatorio Les Bains des Docks è uno spazio ovattato, fatto di luce, aria e acqua. L’impianto sorge su quai de la Réunion al posto di vecchi hangar in disuso. È la prima struttura di un ampio progetto di rinnovamento della storica area portuale di Le Havre. Il masterplan messo a punto negli Ateliers Jean Nouvel ha prevalso su quello di Daniel Libeskind e prevede la realizzazione entro il 2012 di una serra tropicale, un acquario, una stazione meteorologica, un ristorante panoramico, aree espositive, oltre a un istituto di ricerca sullo sviluppo sostenibile del mare. Le molteplici funzioni ed usi cui è destinato il centro acquatico sono organizzate in volumi distinti, su livelli sfalsati distribuiti all’interno di un prisma regolare come in un tetris a grande scala. «Una partita a scacchi su un cubo» la definirebbe il maestro del raumplan, libera dalla compattezza scatolare di Loos e dalla razionalizzazione delle superfici, ma che rivela la medesima simultaneità dei ragionamenti ideativi nelle tre dimensioni, e conduce a simili soluzioni come le panchine o l’area giochi ricavate nelle nicchie. Da un’unica hall si guadagna l’accesso agli spogliatoi di tutte le piscine e dei giochi acquatici, alla sala per acquaterapia, al centro fitness, e al solarium. La caffetteria pubblica e l’amministrazione sono dotate di accesso indipendente sempre in comunicazione con l’atrio d’ingresso. Nouvel conferisce a ciascun ambiente un’atmosfera distinta ottenuta mediante la modulazione della luce e un diverso trattamento di riflessioni e texture, e rimarcata dai leggeri dislivelli. Così ogni spazio è concepito come privato ed intimo, filtrato da fontane e tende d’acqua che, insieme al soffitto fonoassorbente, contribuiscono ad attutire il riverbero di suoni e rumori. Il bianco domina lo spazio interno. È un espediente per rimarcare le linee geometriche e intersecanti delle nicchie, dei corridoi, che ostentano un disordine formale quasi caotico, in deciso contrasto con l’atmosfera sospesa e trasognata. Il candore degli interni è interrotto improvvisamente da una macchia di colore ad individuare un’area gommosa destinata ai bambini. Il gioco di giustapposizioni e articolazioni dell’interno è riproposto all’esterno con una successione di aperture rettangolari di varie dimensioni che interrompono liberamente la pelle monocromatica senza uno stringente nesso causale con l’impaginato interno né tantomeno con la scansione del rivestimento esterno. L’aspetto esteriore del complesso acquatico sembra mediare tra l’immagine industriale dei capannoni che vi hanno lasciato il posto e le nuove urbanità della ‘Grande Parigi’, che si estenderebbe dal capoluogo proprio fino all’area portuale di Le Havre.

nome progetto/project name Le Havre – Complesso Acquatico ai Docks/Le Havre – Water Complex at the Docks progetto/project design Ateliers Jean Nouvel capo progetto e partner/project manager and partner Mirco Tardio architetti/architects Julie Fernandez (responsabile fase di studio/manager of the study phase) Felix Medina (direttore di cantiere/works manager) Cyril Desroche, Caroline Djuric, Raphaële Carril, Marion Delqueux, Angeline Faraud, Mathieu Forest, Claire Fredin, Marta Grzadziel, Vincent Laureau, PaulEmmanuel Loiret, Xavier Laplae, Vincent Laplante, François Leininger, Antony Pascual, Moon Puig Vila, Arantxa Manriquez, Charlotte Khim, Tina Kortmann, Sophie Thuillier, Nicolaï Raich, Alison Sadler, Gemma Serra, Anna Struck Rosemary Serrand, Laurence Senechal, Antoine Vauclare, Qiang Zou

ingegneria strutturale e dei fluidi/structural and fluids engineering SERO, CET economia/economy SLETEC, GEC consulente scenografia/scenography consultant Ducks Sceno (concorso/competition) consulente acustico/acoustics consultant AVEL (concorso/competition, studio/study) certificazione ambientale/HQE Pierre Lefèvre, Alto, Transsolar (concorso/competition) consulente piscine/swimming pools consultant ISC (concorso/competition) illuminazione naturale e artificiale/natural and artificial lighting Ingelux (studio/study) illuminazione/lighting design Odile Soudant (phase DCE) modello/model Jean Louis Courtois

immagini di sintesi/syntesis images Jean Angelini, Mirco Tardio, ARTEFACTORY illustrazioni/illustrations Didier Ghislain committente/client Mairie du Havre, CODAH luogo/place Port du Havre, Francia data progetto/design date aprile/April 2004 (concorso/competition) sviluppo progetto/design development maggio/May 2005-dicembre/December 2005 inizio lavori/start gennaio/January 2006 fine lavori/completion giugno/June 2008 superficie utile/usable floor area 12.000 mq/sqm superficie totale/gross floor area 58.600 mq/sqm costo/cost 16 milioni/millions euro www.jeannouvel.com

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esterno/exterior

© Philippe Roault

sotto e pagina successiva: interno, vista delle vasche e della zona colorata per i bambini/below and following page: interior, views of the pools and of the coloured children area

© Clement Guillaume

the play area dug into the niches. Via a unique hall, you gain entrance to the changing rooms of all the pools and water games, the water-therapy hall, the fitness centre, and the solarium. The public cafeteria and offices have independent entrances on to the entrance lobby. Nouvel conveys to each area a distinct atmosphere obtained via the modulation of light and an original handling of reflections and textures, notable for their slight unevenness. Thus, every area is conceived as being private and intimate, marked by fountains and curtains of water which, along with the sound-absorbent ceiling, contribute to the cushioning of sound and noise. White dominates the internal area. This is an expedient to point out the geometric lines and intersections of the niches, corridors, which are ostentatious in their formal, almost chaotic disorder, in marked contrast to the suspended, dream-like atmostphere. The candour of the internal areas is abruptly interrupted by a splash of colour identifying a soft area for children. The play on juxtaposition and articulation of the internal area is again proposed outside with a succession of rectangular openings of various dimensions which are spread liberally over the monochromatic skin without a stringent causal link to the internal layout or a scanning of the external facing. The exterior aspect of the aquatic complex seems to mediate between the industrial imagery of the hangars which made space and the new urbanity of ‘Great Paris’, which would extend from the capital right to the port of Le Havre.


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Š Philippe Roault

pianta piano terra/ground floor plan


Š Emmanuelle Blanc

in queste pagine: viste interne del complesso/in these pages: internal views of the complex chiusura: la grande piscina esterna closing pages: the great external pool

sezione aa/section aa

sezione bb/section bb

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Š Philippe Roault

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Š Clement Guillaume


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Š Marcela Grassi


Elementi naturali Antonio Iascone, Casalunga Golf Resort

testo di/text by

Natural elements Golf, a sport once synonymous with luxury and high social status, is steadily expanding to attract different strata of society, and as a result we are seeing the creation of many new golf courses and related facilities. So while on the one hand, the game may be losing its aura of exclusiveness, on the other it is increasingly taking on the connotation of an environmentally-friendly sport that lets people commune with nature and the Casalunga Golf Resort, built in Castenaso (near Bologna) by Antonio Iascone, is emblematic of this type of approach, though it is an expansion of a pre-existing golf club. This project involved the creation of five new buildings, a pool and an open-air bar to round out and replace the services at the old golf club. Enormous importance has been placed on both structural and cladding materials. The ‘environmentally sustainable’ aspect inherent in the use of natural materials such as stone, wood and water is part of this choice, but so is the desire to emphasize, through an immediately recognizable language, the close relationship between the design and the landscape. The stone that fills the stainless steel gabions helps ensure efficient temperature regulation, while creating a textural element that changes over the course of the day and the seasons. And though one may inevitably think of the Dominus Winery at Napa Valley by Herzog & De Meuron, the allusion is instead undoubtedly to the abandoned gravel pit along the river that led to the creation of the golf course as an environmental restoration project, as well as to the lake.

schizzo di studio/preliminary sketch apertura: dettaglio della facciata dell’hotel opening: detail of the hotel’s façade

Fabio Rosseti

Il golf, sport una volta sinonimo di lusso e status sociale elevato, sta avendo un’espansione sempre maggiore coinvolgendo strati sociali diversi e conseguentemente si assiste alla nascita di un gran numero di campi e delle relative strutture funzionali. Così, se il gioco del golf perde, da un lato, la sua aura di esclusività, dall’altro acquista sempre più la valenza di sport a contatto con la natura, rispettoso dell’ambiente, e il Casalunga Golf Resort, realizzato da Antonio Iascone a Castenaso, vicino a Bologna, è paradigmatico di questo tipo di approccio, pur trattandosi di un intervento di ampliamento del vecchio golf club esistente. Con questo intervento sono stati realizzati 5 nuovi edifici, una piscina ed un bar estivo che vanno ad integrare e sostituire i servizi esistenti del vecchio golf club. Grande rillievo è stato dato ai materiali, sia costruttivi che di finitura. Sicuramente l’aspetto ‘sostenibile’ insito nell’uso di materiali naturali come pietra, legno e acqua, è parte di questa scelta, ma lo è anche il desiderio di sottolineare con un linguaggio immediatamente riconoscibile lo stretto legame di questo intervento con il paesaggio circostante. La pietra, con la quale sono riempite le gabbie di acciaio inox, ha la funzione di creare un elemento di compensazione climatica efficace, ma al tempo stesso crea una texture che muta con il passare della giornata e delle stagioni. E, se inevitabilmente viene alla mente la cantina Dominus Winery a Napa Valley di Herzog & De Meuron, in realtà il riferimento è senza dubbio la cava di ghiaia lungo il fiume dalla cui dismissione è nato il campo di golf, come azione di recupero ambientale, ed il lago. Il legno riveste, assieme alla pietra, l’esterno di buona parte dei nuovi volumi, in particolare le pareti che sono rivolte verso gli spazi più privati come la corte di accesso alle camere o le loro corti private, vere e proprie nicchie di intimità e riflessione. Il legno viene poi usato in maniera diffusa anche per gli interni, pavimenti e finiture. Il riferimento è nella vegetazione che circonda e al tempo stesso crea questo luogo: filari di carpini, di pioppi, macchie boschive tipiche del lungo fiume. L’acqua è quella della grande piscina esterna, aperta verso il campo e posta fra i volumi più funzionali (spogliatoi, palestra, reception, club house) e le camere: una sorta di filtro fra socialità e privato. L’acqua è, simbolicamente, quella del fiume e del lago vicini. L’importanza del rapporto interno-esterno è sottolineato anche dall’uso di grandi vetrate che contrastano ed al tempo stesso alleggeriscono la fisicità della pietra, permettendo di godere da molti degli spazi interni la natura circostante in maniera immediata. Le tecnologie sono adeguate alla sostenibilità del progetto: nonostante l’ampiezza dei volumi, le grandi vetrate ed il tipo di funzioni ospitate, un sistema di supervisione e controllo della gestione degli impianti e le specifiche scelte progettuali a livello impiantistico e costruttivo permettono un risparmio fino al 30% rispetto a strutture più tradizionali.

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Along with stone, wood clads the exterior of many of the new structures, especially the walls facing onto more private areas, like the entrance courtyard that leads to the guest rooms, or the private courtyards of the latter, truly intimate niches that invite meditation. Wood is also used abundantly for the floors and finishings of the interiors. This is an allusion to the greenery that both surrounds and forms the site: rows of hornbeams and poplars, the classic groves lining along the river. Water is to be found in the large outdoor pool, which looks out onto the countryside and is set in between the more service-oriented structures (locker rooms, gym, reception area, club house) and the guest rooms: a sort of filter between public and private

vista complessiva dell’intervento general view of the complex pagina seguente: vistra tra gli edifici di sera following page: view between the buildings at evening

Š Roland Halbe

space. This water is symbolic of the nearby river and lake. The importance of the relationship between interior and exterior is also underscored by the large expanses of glass that both contrast with and lighten the physical nature of the stone, letting the natural surroundings be directly enjoyed from many of the spaces inside. The technological aspects of the design are linked to its environmental sustainability: despite the spaciousness of the volumes, their large glass surfaces, and the type of services they house, a monitoring and regulation system, along with specific engineering and construction choices, allows energy savings of up to 30% compared to more traditional structures.

nome progetto/project name Casalunga Golf Resort progetto/design architect Antonio Iascone ingegneri architetti capo progetto/project manager Antonio Iascone capo gruppo/team leader Andrea Gadani gruppo di progetto/project team Francesca Galasso, Silvia Malaguti, Sara Mazzoli modellazioni e rendering/3D models and renderings Raffaello De Gennaro, Nicola Iannucci direzione lavori/works management Antonio Iascone ingegneri architetti strutture/structures Luca Turrini in collaborazione con in collaboration with Fabio Pasaretti ingegneria elettrica e meccanica/electrical and mechanical engineering Raff Srl progetto illuminazione/lighting design Chiara Rinolfi appaltatore generale/general contractor B.M.V. Costruzioni Srl committente/client Gianluca Vacchi (COFIVA Holding Spa) luogo/place Castenaso, Bologna data progetto/design date 2003-2008 inizio lavori/start 2006 fine lavori/completion 2008 superficie costruita/built area 3.000 mq/sqm area totale/total area 45 ha costo/cost 5 milioni/millions euro www.antonioiascone.it


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planimetria generale/general plan

1 club house/club house 2 spogliatoi/dressing rooms 3 palestra/gym 4 bar estivo/summer bar 5 hotel/hotel

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Š Roland Halbe

sezione aa/section aa


Š Marcela Grassi


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Š Marcela Grassi

club house/club house sopra: la piscina e la palestra above: the swimming pool and the gym

Š Roland Halbe

pagina seguente: la corte di accesso alle camere/following page: the access court to the bed rooms


Š Roland Halbe

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Flussi energetici Ikon.5 architects, Centro benessere a New Rochelle

testo di/text by Fabrizia Vecchione foto di/photos by Peter Mauss/ESTO Photographics

Il fitness center inaugurato nel Maggio 2008, va ad inserirsi nello storico contesto del college di New Rochelle, New York, che da circa 40 anni non subiva trasformazioni così rilevanti. La priorità degli architetti Ikon.5 è stata generare un processo di fusione capace di coinvolgere lo scenario architettonico ed il paesaggio naturale. Cemento, pannelli di vetro colorati e pietra locale si combinano abilmente nelle facciate esterne generando così immediate relazioni con la pietra tardo ottocentesca degli edifici in stile gotico del campus. Il tetto giardino contribuisce invece a diminuire la percezione della massa dell’edificio che appare quindi armoniosamente immerso nel verde. L’investimento da 28 milioni di dollari ha provvisto il college di una serie di notevoli strutture atletiche: una piscina olimpionica a sei corsie con 200 posti a sedere, una palestra con oltre 1.500 sedute e un centro per il fitness e l’aerobica. Il progetto propone inoltre un nuovo modo d’interpretare il benessere fisico, rivolgendo particolare attenzione anche alla sfera della mente e dello spirito. Un giardino per la meditazione, una cappella ed alcune aule, intersecano le aree destinate all’atletica, innescando piacevoli e interessanti connessioni. Il partner design Joseph Tattoni, si è lasciato ispirare dall’immagine pittoresca del giardino dell’Eden, creando così a soli 16 km da Manhattan un recinto ovattato, protetto dal caos della metropoli, destinato a esperienze intellettuali e mistiche. Metaforicamente ogni elemento del programma è legato a forme naturali: il natatorium con il soffitto voltato e le pareti avvolgenti, entrambi in cemento sabbiato, è assimilabile ad una grotta; il gymnasium con le sue facciate esterne in granito sembra affiorare dal terreno come una roccia, e la lobby d’ingresso è una crepa di pietra tagliata in profondità nel terreno appena inclinato. La conferma del successo di questa intuizione progettuale è il nuovo modo con cui i fruitori del centro si riferiscono ad esso chiamandolo wellness center. Il concetto di benessere trionfa e si impone all’attenzione pubblica coinvolgendo lo stesso edificio che viene concepito come un organismo capace di generare flussi positivi di energia. Oltre all’impiego di materiali locali, il centro è stato costruito con materiali riciclati. Frammenti di vetro e scorie vulcaniche provenienti da una fornace si mischiano al cemento nella realizzazione del pavimento in lastre lucidate. L’edificio è fornito anche di un sistema di recupero del calore che consente di reimpiegare l’aria calda, altrimenti espulsa, per riscaldare l’acqua e i locali della piscina. Grandi finestre e una serie di 6 lucernari lasciano penetrare luce naturale nella maggior parte degli ambienti, limitando in tal modo la loro dipendenza da luce artificiale. Scelte appropriate quindi sia nell’ambito costruttivo che in quello materico e formale, hanno fatto guadagnare al Wellness Center dell’università di New Rochelle, il certificato Silver Leed, che premia l’eco-compatibilità di questo oggetto bene inserito nell’ambiente circostante.

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Meadow Road

1 parcheggio/parking 2 centro benessere/wellness centre 3 giardino pensile di meditazione con piscina e, sotto, stanze per armadietti/contemplation roof garden with pool and locker rooms below 4 Angela Hall/Angela Hall

eet w Str

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Willo

planimetria/site plan

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Chesnut Street

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nome progetto/project name Centro benessere al College di New Rochelle/Wellness centre at the College of New Rochelle progetto/project design ikon.5 architects rappresentante per la proprietà /owner’s rep Appleby Construction Management ingegneria civile/civil engineering Chas H. Sells, Inc. ingegneria strutturale/structural engineering Robert Silman Associates, P.C. economia/economy SLETEC, GEC impianti/MEP Cosentini Associates architettura del paesaggio/landscape Bellalta 3 Design consulenza per i costi/cost consultant Wolf & Co. segnaletica/signage Jack Hulme Design appaltatore/contractor Andron Construction luogo/place New Rochelle, New York, USA fine lavori/completion giugno/June 2008 superficie/area 5.110 mq/sqm costo/cost 24 milioni/millions dollars www.ikon5architects.com

vista dei lucernari che illuminano la piscina sottostante/view fo the skylights to pool below sotto: esterno/below: exterior


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1 natatorium/natatorium 2 atrio/concourse 3 zona fitness/fitness 4 attrezzi/equipment issue 5 stanze armadietti/locker rooms 6 impianti/mechanical

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pianta piano terra/ground floor plan

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1 gymnasium/gymnasium 2 uffici/offices 3 ingresso/lobby 4 stanza per la meditazione meditation room 5 atrio/concourse 6 giardino pensile per la contemplazione/contamplation roof garden 7 lucernari della piscina al livello inferiore/skylights to pool below

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pianta primo piano/first floor plan

4 Liberty Street 1 piscina/pool 2 stanze armadietti/locker rooms 3 giardino pensile/roof garden 4 lucernari/skylights sezione aa/section aa

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Meadow Lane



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Energetic fluxes The fitness center inaugurated in May 2008, becomes part of the historical context of the college of New Rochelle, New York, which has not seen such relevant transformation for around 40 years. The priority of Ikon.5 architects was to generate a process of fusion capable of involving the architectonic scenery and the nature of the countryside. Cement, panels of coloured glass and local stone combine ably in the external façade thus generating immediate relations with the late eighteen hundreds stone of the gothic-style campus buildings. The roof garden instead contributes to a diminishing of the perception of the building’s mass which therefore appears as being harmoniously immersed in greenery. The investment of 28 million dollars has provided the college with a series of notable athletics structures: an olympic swimming pool with six lanes and room to seat 200 people, a gymnasium with over 1,500 seats and a fitness and aerobics centre. The project also proposes a new way of interpret-

ing physical well-being, paying particular attention also to the sphere of mind and spirit. A garden for meditation, a chapel and several halls will be inserted into the areas reserved for athletics, creating pleasureable and interesting connections. The design partner, Joseph Tattoni, took inspiration from the picturesque image of the Garden of Eden, thus creating a fenced-in haven, protected from the chaos of the metropolis, reserved for intellectual and mystical experiences at only 16 km from Manhattan. Metaphorically, every element of the programme is linked to natural forms: the natatorium with its high ceilings and surrounding walls, all in sandblasted cement, is similar to a grotto; the gymnasium with its external facades in granite seems to rise out of the ground like a rock, and the entrance lobby is a rock crevice deeply cut into the slightly sloping ground. Confirmation of the success of this planning intuition is the new way in which the beneficiaries of the centre refer to it as the ‘wellness center’. The concept of well-being triumphs and draws public

attention by involving the same building which is conceived as an organism capable of generating flows of positive energy. As well as the use of local materials, the centre has been constructed with recyclable materials. Fragments of glass and vulcanic scoria from a furnace mix with cement to produce polished flagstone floors. The building is also equipped with a heat saving system which allows the re-use of hot air, otherwise expelled, to heat the water and the premises of the swimming pool. Great windows and a series of 6 skylights allow natural light to penetrate the majority of the areas, thus limiting dependence on artificial light. Appropriate choices, therefore, both from a construction and a material and formal viewpoint, which have earned the Wellness Center of the University of New Rochelle, the Silver Leed certificate, which awards the eco-compatibility of this building which blends into the surrounding environment. in queste pagine: viste degli spazi interni in these pages: views of the internal spaces



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pianta della copertura/roof plan

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Luce per l’anima LARC Studio, Centro di spiritualità e Casa del Giovane

testo di/text by Fabio Rosseti foto di/photos by Mario Corsini

L’idea che il benessere passi anche attraverso la cosiddetta ‘pace interiore’, ovvero uno stato di equilibrio e serenità mentale, è una convinzione sempre più suffragata dalla realtà in cui viviamo, che spesso ne è l’esatto contrario. La progettazione di un luogo religioso, quale una chiesa o la sede di un ordine monastico, chiede necessariamente al progettista di confrontarsi con questa condizione interiore, pur avendo necessariamente da scontrarsi quotidianamente con norme e vincoli che molte volte ne sono l’antitesi. Il LARC Studio di Castiglione del Lago, vicino a Perugia, ha avuto questo incarico: progettare e costruire un nuovo organismo edilizio a carattere religioso (e ricreatvo) in sostituzione di una vecchia struttura inagibile. Il Centro di Spiritualità Sacro Cuore di Gesù accoglie la sede di un ordine religioso ma anche degli spazi funzionali alle esigenze più sociali, religiose e sportive di un piccolo centro urbano come Terontola. La scelta progettuale è stata quella di tendere ad una ricerca formale e compositiva che ‘tolga’ piuttosto che ‘aggiungere’. Ciò che colpisce in questo intervento è la purezza dei volumi, l’assenza di elementi fini a se stessi, specie se decorativi, la linearità di linguaggio degli elementi compositivi. Tutto sembra favorire il raccoglimento e la riflessione, specie nello spazio dedicato al monastero ed alla cappella. I volumi ruotano attorno ad un chiostro, sicuramente contemporaneo nell’immagine e nei materiali, ma antico, ‘tradizionale’, nella capacità di invitare a quell’equilibrio, a quella riflessione, alla preghiera quotidiana a cui sono chiamate le suore che qui vivono. Un spazio lineare da percorrere, dove la luce che penetra durante il giorno attraverso le grandi vetrate ed a sera è diffusa da una illuminazione lineare a soffitto senza soluzione di continuità, modella di fatto lo spazio e guida, non solo fisicamente, coloro che qui si muovono. Gli aspetti simbolici si mescolano così a quelli più strettamente funzionali o tecnologici in una contaminazione che sicuramente si rifà alla convinzione, per chi crede, di trovare un ‘segno’ anche nelle cose più semplici e quotidiane. Ad esempio l’altare è illuminato dalla luce naturale, con un semplice lucernario, così come un altro lucernario sottolinea con la sua luce zenitale l’ingresso del monastero. La luce sicuramente è l’elemento più forte, a livello simbolico, utilizzato dai progettisti: la convergenza delle linee compositive e l’inclinazione dei piani, verticali ed orizzontali, dei volumi (in particolare quello della cappella); lo studio degli aggetti ed il bianco delle pareti, che contrasta con le venature della pietra naturale con cui sono rivestite molte pareti, interne ed esterne, o è pavimentato il chiostro; le grandi trasparenze delle vetrate; lo studio dell’esposizione delle camere; l’attenta progettazione dell’illuminazione artificiale che, a sera, illumina il complesso. Questi sono tutti elementi che contribuiscono a quel benessere dell’anima così spesso ricercato.

esterno, vista notturna/exterior, night view

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1_atrio nome progetto/project name Centro di Spiritualità 2_cappella 3_chiostro Figlie del Sacro Cuore di Gesù e Casa del Giovane/ 4_sala incontri Spiritual Centre Figlie del Sacro Cuore di Gesù and 5_refettorio 6_cucina Youth House 7_biblioteca 8_studio progetto/project design LARC Studio – 9_sala lavoro 10_centrale termica Mirko Ceccarelli, Luca Lucarelli 11_sala polivalente 12_spagliatoi collaboratori/collaborators Jury Lucarelli, 13_lavanderie 14_aula catechismo Lucia Scarabicchi, Daniela Dottorini 15_terrazzo 0 1 2 3 coordinatore 4 5m del progetto/project coordinator

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Francesco Gabelli direttore di cantiere/works manager Stefano Pierli appaltatore principale/general contractor F.lli Sgrevi s.r.l. sub appaltatori/sub-contractors Edil Due (struttura/ structure), G.D.R. (impianti elettrici/electrical systems), Tecnosistem Impianti (impianti meccanici/ mechanical systems), Val Di Tresa (infissi/window frames) committente/client Seminario Vescovile di Arezzo luogo/place Terontola, Cortona (AR) data progetto/design date 2006 fine lavori/completion 2008 superficie costruita/built area 1.300 mq/sqm (350 mq/sqm chiostro/clauster, 3.100 mq/sqm giardino/garden) volumetria/volume 4.100 mc/cm costo/cost 1.900.000 euro

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pianta primo piano/first floor plan

1 atrio/hall 2 cappella/church 3 chiostro/clauster 4 sala incontri/meeting room 5 refettorio/dining room 6 cucina/kitchen 7 biblioteca/library 8 studio/study room 9 sala lavoro/work room 10 centrale termica/thermal power plant 11 sala polivalente/multifunctional room 12 spogliatoi/dressing rooms 13 lavanderie/laundries 14 aula catechismo/catechism room 15 terrazzo/terrace

LIght for the soul The idea that wellbeing comes through ‘inner peace’, a state of balance and serenity of mind, is a belief well borne out by our modern 1_atrio world, so often the exact opposite of such a state. 2_cappella 3_chiostro 4_sala incontri The design of a religious place, like a church or 5_refettorio 6_cucina a seat of monastic order, by their very nature, re7_biblioteca 8_studio 9_sala lavoro quires project to address this inner con10_centraledesigners termica 11_sala polivalente 12_spagliatoi dition, while often doing daily battle with regulations 13_lavanderie 14_aula catechismo and restraints 15_terrazzothat are more often than not the an0 1 2 3 4 5m tithesis of inner peace. The LARC Studio from Castiglione del Lago, near Perugia, was set the following task: design and build a new building structure for religious (and recreational) purposes, replacing an old structure no longer fit for use. The Sacro Cuore di Gesù Spirituality Center includes the seat of a religious order, along with functional spaces for various social, religious and athletic purposes, in the small town of Terontola. The design choice was to seek a formal, compositional solution that ‘subtracts’ rather than ‘adds’. The striking features of this project are the purity of its volumes, the lack of elements that are ends unto themselves, especially decorative ones, and the streamlined style of its compositional elements. The overall effect favors meditation and thought, especially in the space for the convent and the chapel. The volumes revolve around a cloister whose look and materials are unquestionably contemporary, yet ‘traditional’ in their ability to usher in the balance, reflection and daily prayer to which the nuns who live here are called. The space to be crossed is

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pianta piano terra/ground floor plan

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prospetto sud ovest/south west elevation

vista del cortile interno view of the internal court pagina seguente: ingresso alla cappella following page: entrance to the chapel

linear and light penetrates during the day through large windows. In the evening, linear light from the ceiling spreads uninterrupted, shaping the space and guiding those moving through it, more than just physically. Symbolic aspects mix with those that are more narrowly functional and technological. This mingling is surely inspired by the conviction of the religious that they can find ‘signs’ even in the simplest, most everyday things. For example, the altar is lit by natural light with a ‘simple’ skylight and another skylight brings in sunlight from above to emphasize the convent’s entrance. Symbolically,

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PROSPETTO SUD - OVEST 0

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light is definitely the strongest element that the architects employed. The convergence of compositional lines and the inclination of the volumes’ horizontal and vertical planes (especially of the chapel); the design of projecting elements and the white of the walls, contrasting with the natural veining of the stone covering many interior and exterior walls and the cloister’s paving; the large transparent windows; the planning of the rooms’ exposure; and the careful design of artificial lighting which lights the complex at night. All these factors work together to foster the much-sought wellbeing of the soul.


PROSPETTO SUD - EST

prospetto sud est/south east elevation

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SEZIONE A - A

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Pelle colorata Michael Young, Clinica medica e centro estetico

testo di/text by Azzurra Macrì foto di/photos by Carlo Lavatori

Coloured skin Strolling within Florence’s medieval walls, around the Ponte Vecchio, we come across an example of a highly effective relationship between the past and present. Along a narrow street by the Arno, flanked by 14th-century palazzi, inside a tall stone building, we find SKIN, a new aesthetic medical center designed by Michael Young (architectural design) and Katrin Olina (graphic design). The past and present intermingle in a powerful, uninhibited relationship. In a city full of charm, yet often hostile to innovative styles, a historic palazzo dialogues with an interior whose features are markedly contemporary. The clinic’s name SKIN hints at the metaphor guiding this bold juxtaposition. The skin of the interior gently seduces that of the exterior, drawing it in with sensuality and breathing fresh life into the 14th-century architectural context. Color is the star here. Pink, in all its many shades, encounters the stone’s browns and natural hues; the interiors’ bright, light quality infuses freshness and vigor into the somber color of the exterior, a testament to the passage of time. The color effect evokes the design’s other message, whose purpose is more commercial; the delicacy of pink brings to mind the color of skin. The sensuality of its hues alludes to the virtues of the treatment that the clinic offers. The color suggests beauty, purity and the potential perfection that the skin could achieve. This comes out of a well-considered business strategy, in which the architecture, graphics and design become communication tools meant to seduce customers. The intermingling between past and present continues in the interior as well, which features fur-

nome progetto/project name Skin – Clinica Medico Estetica/SKIN – Aesthetic Medical Clinic progetto degli interni/interior design Michael Young installazioni su pavienti e pareti/art work on floors and walls Katrin Olina capo progetto e direzione/project architect and management Alberto Puchetti e/and Paolo Romagnoli committente/client Kalloni Srl fine lavori/compeltion 2007 luogo/site Firenze superficie/area 250 mq/sqm www.michael-young.com

Passeggiando fra le quinte medievali di Firenze, in prossimità di Ponte Vecchio, ci si imbatte in un episodio di interazione fra storia e contemporaneità di grande efficacia. Lungo un borgo che costeggia l’Arno, fiancheggiato da palazzi di memoria trecentesca, all’interno di una torre in pietra, nasce SKIN, il centro di estetica clinica realizzato da Michael Young (progetto architettonico) e Katrin Olina (progetto grafico). L’interferenza è forte, spregiudicata: in una città affascinante, ma spesso ostile al confronto con i linguaggi innovativi, un palazzo storico dialoga con un interno dai caratteri decisamente contemporanei. Nel nome della clinica, SKIN, si intuisce la metafora che guida questo audace confronto: la pelle dell’interno seduce con garbo la pelle dell’esterno, la ‘aggancia’ con sensualità, aggiornando l’atmosfera del tessuto architettonico trecentesco. Il colore è l’attore principale di questo scenario. Il rosa, declinato nelle più diverse sfumature, si misura con i toni bruni e naturali della pietra; la luminosità e la chiarezza dell’interno donano freschezza e brio alla patina cupa dell’esterno, testimone del passare del tempo. Un gioco cromatico che suggerisce l’altro messaggio del progetto, di vocazione più commerciale e pubblicitaria: la delicatezza del rosa richiama il colore della pelle, la sensualità dei suoi toni allude alle virtù delle cure offerte dalla clinica. Dietro il colore c’è il richiamo alla bellezza, alla purezza, alla potenziale perfezione che l’epidermide può raggiungere. Espressione di una precisa strategia aziendale, nella quale l’architettura, la grafica, il design diventano strumenti di comunicazione mirati a sedurre gli avventori. L’interferenza fra passato e presente continua anche all’interno: arredamento dalle linee avvolgenti, superfici di vetro popolate da motivi floreali stilizzati, pavimenti riflettenti simili a campi di fiori rarefatti si alternano a colonne in pietra serena, paramenti in ferro battuto, pareti in pietra a vista. Lo scenario è sognante, sospeso. Non è per nulla asettico, come ci si aspetterebbe da una struttura medica. Anzi, la scelta di questa meticolosa raffinatezza, di questo candore, di questa attenzione ai dettagli si rivela vincente e suggerisce l’idea del nitore senza rinunciare all’estetica. La clinica si estende per 250 mq e conta sale mediche, ambienti per le riunioni e le conferenze, stanze per i massaggi, la reception. Con questo progetto Young e Olina confermano la loro collaborazione con DupontTM: per la prima volta in Europa, SKIN introduce la DuPont™ SentryGlas® Expressions™, una tecnologia basata sulla tecnica di stampa digitale su PVB. Le immagini floreali di Katrin Olina sono state stampate su una pellicola di plastica trasparente e successivamente laminate sul vetro. La tecnica è stata applicata sui pavimenti, sulle pareti, sulle porte. «La collaborazione con Katrin in questo progetto – spiega Michael Young – è stata un successo perché le atmosfere delle sue opere d’arte rappresentano per me dei volumi e l’esplorazione più profonda dei sensi. La combinazione che lei ha creato fra lo spazio, i materiali usati e l’arte ci conducono ad un livello superiore, a ciò che noi conosciamo come tradizione e verso l’ignoto. Io volevo usare un gigantesco dipinto come esperimento per spingere l’atmosfera verso la più assoluta fantasia».

dettaglio della pavimentazione con le immagini floreali di Katrin Olina detail of the floor with the floreal images by Katrin Olina

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nishings with soft, enveloping lines, glass surfaces covered with stylized floral motifs, reflective floors like fields of flowers alternating with pietra serena stone columns, wrought-iron dividers and exposed stone walls. The setting has a dream-like, ethereal Section FF’ feel, and nothing of the ascetic quality you would expect in a medical facility. In fact, the choice of this meticulous sophistication, light colors and attention to details is highly effective, suggesting the idea of cleanliness without forgoing beauty. FF’ medical The clinic covers 250 sqm andSection includes Section NN’ rooms, spaces for meetings and conferences, massage rooms and reception. Young and Olina once again teamed up with DupontTM for this project. Section FF’ SKIN is the first in Europe to adopt DuPont™ SentryGlas® Expressions™, a technology based on digital printing on PVB. Katrin Olina’s Sectionfloral NN’ images Section OO’ are printed on a transparent plastic film and then laminated on the glass. The technique was used on the floors, walls and doors. Section NN’ Michael Young says, «Collaboration with Katrin on this project is successful because the atmosphere Section in her art work represents volume to OO’ me and exploration into the super senses. The combination with the space, material application and the art she creates takes us one step beyond what we all Section OO’ acknowledge as tradition and into the unknown. I wanted to use a gigantic painting on the floor to set the atmosphere of a complete fantasy».

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1 studio del chirurgo/surgeon’s studio 2 stanze della clinica/clinic’s rooms 3 atrio/lobby 4 ingresso/entrance

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Nuova tridimensionalità Simone Micheli, Centro benessere Hotel Exedra Nice

testo di/text by Veronica Balutto foto di/photos by Jürgen Ehim

Una delle più recenti creazioni dell’architetto Simone Micheli ha sede all’interno del prestigioso Hotel Exedra Nice di Nizza: un wellness centre decisamente innovativo nel cuore della Costa Azzurra «con la volontà di esaltare la sfera sensoriale degli ospiti attraverso un progetto dai tratti forti, ma inebrianti che evolvono nella sinestesia» come sostiene lo stesso Micheli. Ad un primo approccio sembra essere più uno spazio creativo che un centro wellness: tutto è disegnato per cullare l’ospite in una sorta di sogno. L’arredamento degli interni è molto curato nei dettagli: ottima la sinergia tra elementi basici che garantiscono piena funzionalità e forme plastiche che permettono all’ospite di entrare in contatto con una dimensione eterea, parallela al mondo reale. L’ospite vive un’esperienza privata diversa in una nuova tridimensionalità di architettura, sensorialità e benessere. Le forme sono all’insegna di morbidezza e fluidità, l’utilizzo della luce è sapiente e calibrato. Il wellness centre si presenta come un luogo interattivo, emozionante ed ibrido: in un percorso sinuoso si passa facilmente attraverso i vari ambienti. Ogni spazio è pensato per essere vissuto nella sua interezza: i percorsi di scambio ospitano vetrine espositive accessorie, colorate ed illuminate, che sembrano emergere quasi naturalmente dalle pareti sagomate e dal pavimento. La zona reception è ubicata centralmente. Al suo fianco trova spazio la zona fitness, caratterizzata dal movimento sinuoso delle pareti bianche e da specchi che celano grandi monitor multimediali. Da qui l’accesso agli spogliatoi è diretto: lastre di pietra di Prun naturale rivestono pavimenti e pareti. Il percorso sensoriale prosegue con forme armoniche e curvilinee; attigua l’area delle sale per i trattamenti corpo, dotate di lavabo in solid surface bianco e docce a filo pavimento, internamente ed esternamente rivestite in specchio acidato con porte scorrevoli e con soffitto colorato. Viene concesso molto spazio alla retroilluminazione grazie ai neon bianchi a luce calda che determinano giochi di luci riflesse. Oltre, si sviluppa la zona umida del centro: sauna, bagno turco, docce aromatiche, docce vichy, fabbricatore di ghiaccio, acque ghiacciate, acque calde, offrono al cliente una totale immersione in una dimensione che permette di rilassarsi in un’atmosfera onirica e surreale. Un’enorme vetrata segnata da grandi porte separa e suddivide la sauna, completamente rivestita in listelli di cedro, ed il bagno turco, trattato con vernice bianca lucida glitterata. Le zone relax sono allestite con comode chaise-longue che permettono l’affaccio alla piscina idromassaggio, zona rivestita in tessere di mosaico color argento. Puntuali luminescenze di led blu incassati creano un piacevole gioco di luci: punto focale la grande vasca, al cui centro spicca un albero idealizzato con getto ad idromassaggio. La scelta della paletta cromatica è molto oculata: prevale il bianco in contrapposizione a spot accesi. La scelta materica è, invece, varia: le murature sono rivestite con superfici plastiche realizzate in espanso e finite con gesso e resina bianca lucida, sapientemente contrapposte a rigorosi rivestimenti parietali in specchio e specchio acidato. Una sorta di cortina bianca riveste pertanto tutte le superfici in un gioco continuo di luci ed ombre, creato dall’illuminazione puntiforme a soffitto per una scenografia assolutamente contemporanea. I pavimenti, in pietra naturale di Prun, permettono di esaltare matericità e plasticità: ad essi si contrappongono i volumi puliti ed essenziali degli arredi ed il soffitto colorato. Il progetto rivela il tocco moderno e quasi impertinente di Micheli: un segno forte, volta ad una straordinaria ricerca di emotività, in cui l’architettura è portata continuamente ad interagire con tutte le sfere della sensorialità. Una dimensione di sorprese stupefacenti ed esaltazioni emotive: è un luogo dove vivere l’esperienza dell’astrazione. Una sorta di iper contemporaneità architettonica, un segno di espressività per una dimensione tridimensionale polisensoriale decisamente da vivere!

vista dell’ingresso e della reception view of the entrance and the reception

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1 ingresso/entrance 2 reception/reception 3 zona fitness/fitness area 4 spogliaotio uomini/men changing room 5 spogliaotio donne/women changing room 6 cabine trattamento/treatment cabins 7 sauna/sauna 8 bagno turco/steam bath 9 docce aromatiche/aromatic showers 10 area relax/relax area 11 piscina/pool 12 area relax piscina/pool relaxing area 13 distributore ghiaccio/ice dispenser

pianta/plan

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A new three-dimensionality One of architect Simone Micheli’s most recent creations is to be found inside the prestigious Hotel Exedra Nice: a remarkably innovative wellness center located in the heart of the Côte d’Azur, «aimed at reawakening the senses through a design whose strong, stirring features build a kind of synesthesia», as Micheli says. At first glance, it might look more like a creative space than a spa: everything is designed to cradle guests in a sort of dream world. The interiors show painstaking attention to detail: there is a perfect synergy between basic elements that ensure full functionality and sculptural forms that usher guests into an ethereal parallel universe. Here, they can live out a unique, private experience within the new three dimensions of architecture, well-being, and the senses. The shapes are marked by softness and fluidity, while the use of light is skillful and calibrated. The wellness center is presented as an interactive, exciting, hybrid place, where one can move effortlessly through different areas along a sinuous path. Each space is designed to be experienced as a whole: the areas of passage house colourful, illuminated decorative showcases that seem to emerge naturally from the curved walls and the floor. The reception area is centrally located. Next to it is the fitness area, with rippling white walls and mir-


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rors that conceal large multimedia monitors. From there one can directly enter the locker rooms, where slabs of natural Pietra di Prun clad the floors and walls. Our sensory journey continues among harmonious, curving shapes; next door is the area with rooms for body treatments, featuring white solid-surface washbasins and flush-to-floor showers, clad inside and out in acid-etched mirrors, with sliding doors and coloured ceilings. There is a generous use of backlighting, with warm white fluorescent bulbs that create glimmering reflections. Beyond this is the wet area of the spa: the sauna, Turkish bath, aromatherapy showers, Vichy showers, ice maker, ice water, and hot water plunge clients into a dimension that lets them unwind in a dreamlike, surreal ambience. An enormous glass wall with large doors separates and partitions the sauna, completely clad in slats of cedar, and the Turkish bath, painted a glittering gloss white. The relaxation areas are furnished with comfortable chaise-longues that offer a view of the whirlpool spa, an area clad in silver mosaic tiles. Small blue inset LEDs create an attractive lighting effect: the focal point is the large pool, at the center of which stands a stylized tree with a hydromassage jet. The palette has been skillfully chosen: the predominant colour is white, contrasted by bright

spotlights. The materials, on the other hand, are varied: the walls are fluidly clad in sculptural foam surfaces finished with plaster and gloss white resin, skillfully contrasted with minimalist reflective claddings and acid-etched mirrors. All the surfaces are thus cloaked in a sort of white veil, with a constant play of light and shadow from the spotlights on the ceiling, for un utterly contemporary setting. The floors, made of natural Pietra di Prun, put the accent on texture and sculptural effect; they are contrasted by clean, streamlined furnishings and touches of colour on the ceiling. Overall, the design shows Micheli’s modern, almost impertinent touch: a distinctive style, focused on an extraordinary quest for emotion, in which architecture is constantly brought into dialogue with every realm of the senses. This is a dimension of constant wonder and excitement, a place to experience abstraction. A hyper-contemporary architectural approach, whose expressive power fashions a three-dimensional, multisensorial realm that begs to be explored.

vista della piscina/view of the pool pagina precedente: ingresso previous page: entrance

nome progetto/project name Centro benessere dell’Hotel Exedra Nice/Exedra Hotel Nice wellness centre progetto degli interni/interior design Simone Micheli progetto illuminotecnico/lighting design Simone Micheli committente/client Boscolo Hotel luogo/place Nizza, Francia data progetto/design date 2008 realizzazione/realization 2008 superficie/area 700 mq/sqm



Terme vulcaniche VA Architects, Complesso geotermale e centro medico

testo di/text by

Nicoletta Sale

Volcanic thermal spa The Blue Lagoon spa center is located on the edge of the Illahraun lava flow and overlooks a geothermal lake of the same name in Grindavík, a tourism location renowned both for its uncommonly appealing landscape and the therapeutic quality of its water. It was designed and built based on a careful, respectful reading of the context. The result was an extension of a landscape that is already extraordinary and unique by learning about it and understanding it. The building takes refuge in a natural lava berm that protects and defines the lagoon. The relationship with the context can be seen in the images of the architectural structure as well as in the design’s graphic materials. There is an ongoing pursuit of a relationship with the natural elements, expressed in two different ways: one is a direct relationship with the lagoon on which the interior spaces open; and the other is a mediated relationship with the volcanic rock. Studying the distribution of interior and exterior spaces and their special relationship, the path connecting the nearby parking area and the main entrance leads guests into a cliff and through a lava barrier. Inside the building, the gorge becomes an artificial volcanic wall leading to the entrance hall, the restaurant area and a terrace that stretches over the water. The linear element, which goes from a path to become a cliff and then a wall, creates physical continuity with the natural context while orienting guests within the building and lead-

Il centro termale Blue Lagoon è situato sulla frangia del campo lavico Illahraun e si affaccia sull‘omonimo lago geotermale a Grindavík, località turistica celebre sia per il paesaggio particolarmente affascinante che per le proprietà terapeutiche delle sue acque. Il progetto e la sua realizzazione sono stati concepiti in seguito ad una attenta e rispettosa lettura del contesto, che ha portato ad una evoluzione di un paesaggio già naturalmente straordinario e unico, attraverso la sua conoscenza e presa di coscienza. L’edificio trova rifugio nel naturale berma lavico, che protegge e definisce la laguna. Nello specifico, il rapporto con il contesto è leggibile sia attraverso la visione delle immagini dell‘oggetto architettonico, che esaminando gli elaborati grafici di progetto. In particolare, emerge la ricerca costante di un rapporto con gli elementi naturali presenti, che si concretizza in due modi diversi: uno diretto, quello con la laguna su cui si aprono gli ambienti interni, e uno di confronto mediato con la roccia vulcanica. Analizzando la distribuzione degli spazi interni ed esterni e la loro speciale relazione, il sentiero di collegamento tra la vicina area di parcheggio e l’ingresso principale, conduce gli ospiti in un dirupo ed attraversa la barriera lavica. All’interno dell’edificio, il burrone diventa un muro vulcanico artificiale, che conduce alla sala di ingresso, all’area ristorante e ad una terrazza protesa sull‘acqua. L’elemento lineare, che si trasforma da sentiero in dirupo e poi in muro, crea una continuità fisica col contesto naturale e, allo stesso tempo, orienta gli ospiti all’interno dell’edificio, conducendoli fino alla laguna. L’edificio rappresenta la prima fase della realizzazione di un complesso più ampio, divenuto poi un centro benessere e di servizio turistico, ispirandosi alla tradizionale cultura locale della balneazione. I corpi degli edifici comprendono la sala di ingresso, i camerini, l’ampia area balneare, il ristorante, l’area conferenze ed il negozio. Il complesso è stato poi completato con la realizzazione dell’albergo, un centro di trattamento della psoriasi, attrezzature, conferenze, ristorazione, ed attività ricreative. Le fasi successive non hanno interrotto le funzioni precedentemente esistenti ed ogni attività opererà come un’entità indipendente. Gli elementi naturali sono l’ispirazione di questo progetto. Le particolari condizioni di luce rendono unico il contesto locale, capace di mutare profondamente con il passaggio delle stagioni. L’atmosfera islandese entra negli spazi costruiti e li arreda di luce, che separa le aree pubbliche, caratterizzate da ampie vetrate realizzate con cornici, rivestimenti e brise-soleil di legno, che guardano verso la laguna, dalle aree di sevizio, contraddistinte da elementi monolitici in cemento che si confrontano con la roccia lavica. Scelte formali e materiche che sottolineano inoltre come l’invecchiamento dell’edificio ne completerà l’armonizzazione con l’ambiente circostante.

il pontile verso al laguna the wharf towards the lagoon

nome progetto/project name SPA Geotermale: Laguna Blu/The Geothermal SPA: Blue Lagoon progetto/project design VA architects progettista/project architects Sigridur Sigthorsdottir gruppo di progetto/design team Anna Sigridur Johannsdottir, Edda Þorsdottir, Richard Olafur Briem, Sigurdur Bjorgulfsson, Steinunn Halldorsdottir proprietà/owner Eldvorp ehf luogo/place Svartsengi, Islanda data progetto/design date 1995 fine lavori/completion 1999 (complesso geotermale/geothermal complex); 2008 (clinica/clinic) foto/photos gentile concessione di VA architects Courtesy Va architects www.vaarkitektar.is

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pianta piano terra – Clinica ground floor plan – Clinic

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ing them to the lagoon. The building was the first phase of a larger complex that has became a wellness center and tourist service, taking inspiration from the local bathing history. The buildings include the entrance hall, changing rooms, a large bathing area, a restaurant, a conference area and a shop. The complex has been completed with a hotel, a psoriasis treatment center, an equipment room, conference rooms, and dining and recreational facilities. Later stages of construction did not interrupt the facilities already in operation. Each activity functions as an independent entity. The project was inspired by natural elements. The specific local light conditions make the surroundings unique, changing dramatically with the passage of the seasons. The atmosphere of Iceland comes into the built spaces and decks them with light, separating the public areas, which feature large windows made with wooden frames, finishes and brise-soleil overlooking the lagoon, from the service areas, defined by monolithic cement elements that are in relationship with the lava rock. The choices in form and material emphasize the building’s aging process which will let it complete its unity with the environment around it.


pianta primo piano – SPA Complesso geotermale first floor plan – Geothermal SPA sotto e pagina precedente: viste esterne della Clinica/below and previous page: external views of the Clinic

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alcune immagini della Clinica some images of the Clinic pagine seguente: Clinica, vista dalla veranda following page: Clinic, view from the veranda


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Panticosa Moneo Brock Studio, Terme di Tiberio a Panticosa

testo di/text by

Vittorio Savi

critico di architettura/architectural critic

foto di/photos by Luis Asín Panticosa If you asked the designers of the studio founded in New York and moved to Madrid, Belén Moneo and Jeff Brock about the new bathing resort of Panticosa, they, as happily pragmatic authors would create serious theories regarding the design and construction progress of the authentic architectonic work, that is contextual, durable, sustainable, spacious, in the sense of generating living space both inside and outside. They would not begin either from the whole, or from a part. They would respond «Id est principium» the single component, the fundamental element. «The hollow glassblock, to which we gave the concept and design, and which Seves Glassblock has perfected, manufactured the prototype, encoded Q30, taken from the furnace in thirty thousand pieces to use up there, at a height of 1,633 m, at Panticosa», ancient Roman nucleus of the Aragonese Pyrenees; then, much later, multiple venue for the therapeutic exploitation of the thermo-mineral water, especially thermo-sulphurous water. The Panticosa thermal bath begot by the village of Panticosa, which, in the golden age of the spa cities spread over Europe, during the latter part of the Nineteenth Century, had the not so singular aspect of hybridisation of the bathing resort villa with that of the obrera colony – whilst the village of Panticosa was further down – and remains lower down, along the winding provincial road to Huesca. Do not be surprised. In fact, Peter Zumthor’s precedent (awarded the Pritzker Prize this year) is confirmed. Urged to speak of his spa at Vals, he also began from a similar starting point, from the green slab of gneiss, dug, cut and sanded on site, in the Swiss Grisons. Ask of Q30, what it is, what inspired it. They say «Trapezoidal Diffuser. The sides are thirty centimetres by thirty centimetres, with a slope of five de-

dettaglio della facciata principale e dell’ingresso/detail of the main elevation and of the entrance

Se tu domandassi del nuovo balneario di Panticosa ai progettisti dello studio avviato a New York, trasferito a Madrid, a Belén Moneo ed a Jeff Brock; loro da autori felicemente pragmatici per l’occasione si farebbero seri teorici quasi solenni, certo consapevoli del procedimento progettuale, costruttivo dell’opera architettonica autentica, ossia contestuale, durevole, sostenibile, spaziosa, nel senso del suscitare spazio usufruibile dentro e fuori. Non comincerebbero né dal tutto, né dalla parte. Risponderebbero «Id est principium»: la componente singola, l’elemento fondamentale. «Il vetromattone cavo, di cui abbiamo fornito il concept ed il design, e del quale Seves Glassblock ha perfezionato, fabbricato il prototipo, codificato Q30 Trapezioidal, sfornato dalla vetreria in trentamila pezzi da impiegare lassù, a 1633 m di altitudine, a Panticosa», antico nucleo romano nei Pirenei aragonesi; poi, molto dopo, sede plurima per ricoverare lo sfruttamento terapeutico delle acque termominerali, specialmente dell’acqua termosolforosa. Panticosa terme gemmata da Panticosa paese: nel periodo d’oro delle città termali sparse per l’Europa, durante il finesecolo ottocentesco, aveva l’aspetto della ibridazione del tipo della villa balnearia con il tipo della colonia obrera – mentre Panticosa paese restava più in basso – e resta più sotto, lungo la tortuosa strada provinciale alla volta di Huesca. Non ti meravigliare. Infatti, si verifica il precedente di Peter Zumthor (onorato quest’anno con il premio Pritzker). Sollecitato a parlare delle sue terme di Vals, anche lui iniziava dal punto analogo, dalla lastra di gneiss color verde, cavata, segata e levigata sul posto, nei Grigioni svizzeri. Chiedi allora del Q30: come e quale sia, da che cosa ispirato. Dicono «Diffusore trapezioidale. Le facce trenta centimetri per trenta centimetri, inclinate di cinque gradi. Superfici satinate. La sua forma geometrica è concreta, anziché astratta. Assomiglia a due tegole appoggiate l’una all’altra. In quanto doppia tegola, essa, montata insieme alle altre a costituire l’involucro del balneario, ricorda la parete laterizia delle case delle piovose province spagnole settentrionali. Quella che fa scivolare via le gocce dell’acqua piovana e i fiocchi di neve». Insomma, il Q30 difende la salute del muro del nuovo balneario. Così, al balneario nuovo, non più stabilimento termale vero e proprio, meno che meno sanatorio, è permesso esercitare la nuova articolata funzione di salus per aquam, siglato spa. Igiene, benessere, bellezza del corpo, bellezza dell’anima inestricabile dal corpo, spa, salus per aquam. L’opposto del malessere e della malattia, il contrario della death by water cantata dallo struggente capitolo IV di Th. S. Eliot The Waste Land. Sei sulla riva dell’Ibón de los baños. Smetti di interpellarli. Alzi gli occhi e guardi l’edificio balneare, intestato al controverso imperatore Tiberio. Provi a ragionare con la tua testa. La spa sorge tra gli edifici otto, novecenteschi, alberghi, casino, restaurant, chiesa. In genere edifici contraddistinti dallo stile elementare, dai muri bucati dalle finestre tutte uguali, gli ambienti interni caratterizzati dagli anonimi corridoi lungo i quali si distribuiscono le camere da riposo e le camere da cura. Ora però sono architetture restaurate, azzarderei rallegrate da Rafael Moneo. Il cluster è in attesa dell’ultima annessione edilizia. Una volta attuata, a firma di Álvaro Siza Vieira, il cluster rappresenterà l’unitario balneario integrato.

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5 1 atrio, reception/lobby, reception 2 caffetteria/café 3 spa/spa retail 4 salone di bellezza/beauty salon 5 spogliatoi/changing rooms 6 cura per i bambini/children care 7 stanza giochi/play room 8 uffici/offices 9 stanza armadietti/lockers room 10 impianti meccanici/mechanical

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1 accoglienza piscine/pools reception 2 piscina della cascata/waterfall pool 3 piscina per idroterapia/hydrotherapy pool 4 piscina aromatica/aromatic pool 5 piscina acqua fredda/cold pool 6 piscina dell’‘oculo’/oculus pool 7 caffetteria/café 8 ‘sala del sole’/sunroom lounge 9 sale per esfolizaione/exfoliation rooms 10 hammam/hammam 11 stanza per il vapore/steam room 12 sauna finlandese/finnish sauna 13 igloo/igloo 14 calidarium/calidarium 15 sala delle rocce/rock lounge 16 docce/showers 17 terrazza/terrace 18 bar esterno/exterior bar


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facciata principale, vista notturna main façade, night view

nome progetto/project name Terme di Tiberio/Tiberio Thermal Baths progetto/project design Moneo Brock Studio SL – Belén Moneo, Jeff Brock gruppo di progetto/project team Iñigo Cobeta, Silvia Fernández, David Goss, Mathias Schútte, Benjamín Llana, Brenda Moczygemba, Eduardo Vivanco, Bárbara Silva, Carlos Revuelta, María Pierres, Sandra Formigo, Andrea Caputo, Spencer Leaf, Andrés Barrón, Clara Moneo (anche progetto degli interni/interior project too) progetto degli interni/interior design Moneo Brock Studio SL consulente per il paesaggio/landscape consultant Isaac Escalante (CES Arquitectura del Paisaje) consulente per l’illuminazione/lighting consultant Diaz y Osorio impianti/MEP engineering Klimakal, Emte, Swim and Dream, Imogep, Biosalud ingegneria strutturale e civile/structural and civil engineering NB35 Jesús Jiménez appaltatore principale/general contractor UTE Panticosa: HINACO + LENA Construcciones; Manuel Mirallas proprietà/owner Aguas De Panticosa luogo/place Panticosa, Huesca, Spagna fine lavori/completion gennaio/January 2008 superficie totale/total area 8.500 mq/sqm www.moneobrock.com

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Sul fronte della spa, nemmeno vigesse l’intento aaltiano, i vetromattoni si connettono grazie alle armature occulte e creano la superficie continua, percorsa senza soluzione di continuità da fasce ondulate, corrispondenti a cinque terrazze sovrapposte (interne, esterne). In corrispondenza degli angoli smussati, il moto ondoso è agevolato dai colonnati in curva, composti di frangisole, sorta di alberi, dove i Q30 trapezioidali si susseguono in verticale e, di volta in volta, sono appena ruotati. Evidentemente, si tratta di una pelle. Pelle traslucida, capace di donare la coloritura alla facciata esterna, di giorno gradatamente diffondere la luce naturale all’interno, di notte risultare lampada accesa ai piedi delle montagne rocciose dai picchi alti tremila metri e oltre. Benché traslucida, questa pelle è assai poco decorativa, come la nostra pelle, che è strutturale, organica, indispensabile alla vita umana. Decorativa sarà la nudità, o la nudità tatuata, o la veste trasparente. Ti distogli dalla conversazione e vai a visitare l’interno. Pensi che l’interno sia davvero ben studiato. Che, inoltre, con le palestre, le vasche, le docce, le scale, i bagni e tutti quanti gli arredi, con la loro disposizione planimetrica e con la loro morfologia tridimensionale inneschino la mai vista metafora architettonica del semplice spettacolo contemplato spesso: sassi scagliati e fatti rimbalzare, fino a provocare la miriade dei cerchi sull’acqua. Tra te e te concludi che, in questo modo, rinasce il balneario di Panticosa, sotto forma di spa oggi destinata all’uso, adatta al costume, adeguata alla psicologia balneare, inabile a sollevare il ricordo doloroso del tempo andato. Se non presso di te, che, durante l’imprecisato centesimo del secolo scorso, bambino sfuggito al controllo della madre, correvi a perdifiato per il corridoio del misterioso stabilimento termale ammodernato. Ti sembrava interminabile, invaso dai vapori provenienti dalla camera dell’humage.


grees. Satin surfaces. Its geometric form is concrete, as opposed to abstract. It resembles two tiles placed side by side. As a double tile, mounted along with the others constituting the envelope of the balnearium, it is similar to the brickwalls of houses in the rainy provinces in Northern Spain. That which makes the rain drops and the snowflake slide away». Then, the Q30 protects the health of the new balnearium’s wall. So, at the new bathing resort, no longer a real spa structure, and even less sanatory, the new articulated function of salus per aquam, or spa, can be realized. Hygiene, well-being, beauty of body and soul inextricably linked to the body, spa, salus per aquam. The opposite of disease and illness, the contrary of Death by water sung in the fourth chapter by Th. S. Eliot The Waste Land. You are on the bank of the Ibon de los baños. Stop approaching them. You lift up your eyes and look at the bathing resort building, in the name of the controversial emperor Tiberius. You try to reason with your own head. The spa rises along the theme of the Nineteenth, Twentieth Centuries buildings, hotels, casinos, res taurant, church. In general, buildings marked by

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their elemental style, with walls pocked by identical windows, the internal areas characterized by anonymous corridors, along which relaxation rooms and treatment rooms are distributed. Now, however, they are restored architectures, I would guess, cheered up by Rafael Moneo. The cluster is awaiting the final construction annex. Once carried out, by the hand of Álvaro Siza Vieira, the cluster shall represent an integrated and unified bathing resort. On the front side of the spa, not even Aalto’s theories, the glassblocks interconnect thanks to concealed reinforcing and create a continuous surface, entirelly covered by undulating bands, corresponding to five overlaying terraces (internal, external). In correspondence with the rounded angles, the undulating movement is facilitated by columns on a bend, made up of brise-soleil, kind of trees, where the trapezoidal Q30s follow one another vertically and, occasionally, slightly rotated. Evidently, we are talking of a skin. A translucent skin which gives colour to the outer façade, by day spreading natural light inside, by night as a switched on lamp at the foot of the rocky mountains with peaks reaching up to three thousand metres and more.

Although translucent, this skin is rather undecorative, like our, which is structural organic, indispensible to human life. Decorational would be nudity, or tattooed nudity, or even transparent clothing. You detach yourself from the conversation and go to visit the interior. You think that the internal area has really been well studied. Which, furthermore, the gyms, the baths, the showers, the stairs, the toilets and all the furnishing, with their planimetric disposition and tridimensional morphology, spark the never-before-seen architectonic metaphor of the simple spectacle often contemplated, pebbles flaked and rebounding off the water, stones thrown into the water, to provoke myriad ripples. You conclude to yourself that, this way, the balnearium of Panticosa borns again, as a spa, destined to this use today, suitable to the costum, appropriate to the bathing psychology, unable to raise the painful memory of the past. But for you, a child, who during the undefined lapse of the last century, escaped from his mother’s hand, running breathlessely in the corridor of the mysterious and modernized bathing complex. It seemed interminable to you, invaded by the vapours coming from the humage room.


reception al piano terra the reception on the ground floor

sezione bb/section bb

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piscina della cascata al primo piano waterfall pool on the first floor sotto: piscina dell’‘oculo’/below: oculus pool pagina seguente: piscina per l’idroterapia al primo piano/following page: hydrotherapy pool on the first floor


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[sul comodino]

[io c’ero]

[ricreazione]

[sul comodino]

Massimiliano Nocchi Leonardo Savioli – allestire arredare abitare Alinea editrice, Firenze, 2008 Alcuni progettisti italiani del novecento pur essendo conosciuti e riconosciuti sono stati oggetto di ricerche limitate e ogni volta che un nuovo volume ne indaga il loro pensiero è una gradita novità. Il testo afferma che l’allestimento è la pratica progettuale congeniale a Savioli. I princìpi e le tecniche che vi indaga si ripercuotono anche sugli altri tipi di progetti. Attento alla ricerca di nuove relazioni spazio-utente, interessato alla prefabbricazione, cultore del dubbio, Savioli trova nella rapida dimensione temporale del progetto per allestimento un vero balsamo intellettuale.

Festival dell’arte contemporanea Faenza, 17-19 aprile 2009 Tutto sulle Biennali era il titolo del 2° Festival dell’arte contemporanea. Nessuna opera in mostra, ma dibattiti ed incontri dove critici, curatori ed artisti si sono interrogati sul tema della biennalizzazione delle esposizioni. La formula oramai di moda conta numerose varianti nel mondo e sembra non sia più in grado di fare il punto sullo stato dell’arte. Il buon successo di pubblico del festival dimostra che la gente si interessa all’arte, ha piacere ad informarsi e ad avere le nozioni per meglio capire il sistema e le opere; forse non è vero che la critica sia destinata a morire.

Simon Mawer La casa di vetro Neri Pozza, Vicenza, 2009 è il romanzo dell’anno per gli architetti, almeno a giudicare dalla campagna pubblicitaria. Una coppia di giovani, belli e moderni, affronta i primi decenni del novecento, si innamorano, si sposano, si tradiscono, devono fuggire per l’arrivo della prima guerra mondiale. La vera protagonista è però la loro abitazione: casa Tugendhat a Brno. Mawer considera il progetto paradigmatico per evidenziare le ansie esistenziali della coppia e i cambiamenti storici del periodo. Ma il paradigma di Mawer è solo in parte coincidente con i valori miesiani, anche questo può chiarire l’eredità del moderno.

Andrea Ponsi Firenze Sensibile Alinea editrice, Firenze, 2008 Firenze Sensibile è un’originale ‘mappa percettiva’ della città, anzi delle molteplici città che essa racchiude; una guida per smarrirsi nel labirinto urbano, tra cunicoli, logge, piazze, gallerie, e ‘finire chissà dove’; un manuale per diventare piccolissimi tra le sconnessioni del selciato e ritrovare il senso dello spazio nelle linee di una mano, tra gli interstizi delle dita, e misurarlo con l’udito ad ogni battito di tacchi. Un viaggio uditivo, tattile, olfattivo. Un volo nello spettro cromatico della città che l’architetto e pittore Andrea Ponsi racconta con raffinati ‘acquerelli di parole’. (a cura della redazione)

[I was there] [on the nightstand] Massimiliano Nocchi Leonardo Savioli – allestire arredare abitare Alinea editrice, Florence, 2008 Some Italian designers of the 1900s, although being known and recognized, have been the object of limited research and it is a great novelty every time their thought is investigated by a new volume. The text states that fitting is the design practice congenial to Savioli. The principles and techniques he investigates also echo in other types of projects. Attentive to the research into new space-user relationships, interested in pre-fabrication, lover of doubt, Savioli finds a real intellectual balm in the rapid temporal dimension of the project for fitting.

Festival of contemporary art Faenza, April 17-19 2009 Tutto sulle Biennali [All on the Biennials] was the title of the 2nd Festival of contemporary art. No work on display, instead debates and meetings where critics, curators and artists discussed the exhibition’s theme of ‘biennialisation’. The fashionable formula counts numerous variants throughout the world and it seems that it is no longer able to take stock of the state of art. The great public success of the festival shows that people are interested in art, they enjoy learning about it and having the notion of better understanding the system and works; maybe it is not true that the critic is destined to die out.

[recreation] Simon Mawer La casa di vetro Neri Pozza, Vicenza, 2009 It is the novel of the year for architects, at least judging from the advertising campaign. Two youngsters, good-looking and modern, face the first decades of the 1900, they fall in love, they marry, they betray, they must run away due to the First World War. The real star, however, is their home: Tugendhat House in Brno. Mawer considers the project paradigmatic so as to highlight the existential anxieties of the couple and the historic changes of the period. But Mawer’s paradigm only partly coincides with Miesian values, this too may clear up the inheritance of the modern world.

[on the nightstand] Andrea Ponsi, Firenze Sensibile, Alinea editrice, Florence, 2008 Firenze sensibile [Sensible Florence] is an original ‘map of perceptions’ of the city, rather than the multiple cities that it encircles, a guide to losing yourself in the urban labyrinth, among tunnels, lodges, squares, galleries, and ‘end up who knows where’; a manual to become miniscule among the disjointed pathways and to rediscover a sense of space within the lines of a hand, through the gaps between fingers, and measure it with the sound of each footfall. An auditory journey, tactile, olfactory. A flight through the chromatic spectrum of the city which the architect and painter Andrea Ponsi tells with refined ‘watercolour words’. (by the editorial staff)


Random [02]

a cura di/edited by Diego Barbarelli

[letture facoltative]

[cose nostre]

[sul comodino]

Tommaso Tozzi Arte di opposizione – Stili di vita, situazioni e documenti degli anni Ottanta ShaKe edizioni, Milano, 2008 Il punto di vista è parziale e partigiano. La quantità di informazioni notevole. La tesi è in antitesi con la versione ufficiale che vede gli anni ‘80 come il periodo dell’individualismo, del disinteresse per il sociale e del rifiuto per la ribellione. Tozzi sostiene che le pratiche alternative e di opposizione furono varie e articolate, sviluppate lungo una linea sotterranea alla cultura ufficiale e collegate sia ai movimenti precedenti che ai successivi. Sicuri che in futuro, come già per i decenni precedenti, queste pratiche saranno riprese e oggetto di rivisitazione è già possibile rifletterci.

Luca Maria Francesco Fabris (a cura di) Elastico SPA Stefano Pujatti architetti – Architettura al sangue Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (RN), 2008 La monografia dedicata a Elastico SPA, lo studio di Stefano Pujatti nato da una costola del precedente studio Elastico. Una raccolta di progetti dove le idee, i materiali e le tecniche sono costantemente rinnovati utilizzando una vitale ironia, senza nessuna concessione al mimetismo o a riferimenti precostituiti.

John Silber, Architetture dell’assurdo – come il ‘genio’ ha tradito un’arte al servizio della comunità Lindau, Torino, 2009 Molti sono stati in questo periodo i libri critici sullo stato dell’architettura. Questo non è il migliore né il più esaustivo ma rapidamente racchiude le contestazioni pragmatiche e concrete all’architettura iconica. Nessuna concessione all’immagine.

[optional lectures] Tommaso Tozzi Arte di opposizione – Stili di vita, situazioni e documenti degli anni Ottanta ShaKe edizioni, Milan, 2008 The viewpoint is partial and partisan. The quantity of information is remarkable. The argument is in contrast to the official version which sees the 80s as a period of individualism, of a lack of social interest and refusal of rebellion. Tozzi claims that alternative, oppositional practice was varied and articulated, developed along an underground movement of the official culture and connected both to previous and subsequent movements. Sure that in the future, as in the previous decades, this practice will be taken up once again and, as an object of revision, it is already possible to reflect on it.

[round here] Luca Maria Francesco Fabris (edited by) Elastico SPA Stefano Pujatti architetti – Architettura al sangue Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (RN), 2008 The monography dedicated to Elastico SPA, Stefano Pujatti’s research born from the bones of the previous Elastico research. A compilation of projects where ideas, materials and techniques are constantly renewed using a vital sense of irony, without making any concession to opportunism or preconceived reference points.

[sul comodino] Renato De Fusco Parodie del design Allemandi, Torino, 2008 Per chi crede che il design possa salvare il mondo o in altri slogan retorici. De Fusco bacchetta, critica, ironizza, dà il giusto valore alle cose ed elimina gli eccessi alimentati soprattutto dalla letteratura di genere. Corroborante.

[on the nightstand] Renato De Fusco Parodie del design Allemandi, Turin, 2008 For those who believe that design can save the world or in other rhetorical slogans. De Fusco thrashes, criticizes, is ironic, gives deserved value to things and eliminates excess, fed especially by relative literature. Invigorating.

[on the nightstand] John Silber, Architetture dell’assurdo – come il ‘genio’ ha tradito un’arte al servizio della comunità Lindau, Turin, 2009 In this period, there have been many books critical of the state of architecture. This is neither the best nor the most exhaustive but it quickly encapsulates the pragmatic and concrete protests of iconic architecture. No concession to the image.

[andar per] Danube University Krems, Austria L’università organizza un master post lauream (Msc) sulla progettazione sostenibile aperto ad architetti ed ingegneri. Il corso focalizza su aspetti attuali quali l’efficienza energetica o la bassa emissività atmosferica. Il programma è articolato su 2 anni (4 semestri) ed inizierà il 21/09/09. Per informazioni www.donau-uni.ac.at/dbu/fbs (a cura della redazione)

[on the road] Danube University Krems, Austria The University will realize a post graduated Master of Science on Designing Sustainability, designed for architetcs and climate engineers. The course focus on up to date topics such us energy efficiency’s and zero carbon emissions’ buildings. The duration of the course is 2 years (4 semester) and it is scheduled to start on 09/21/09. For informations www.donau-uni.ac.at/ dbu/fbs (by the editorial staff)

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Hanno collaborato a questo numero / Contributions to this issue

Sara Albolino

sociologa/sociologist

Roma, 1975. Svolge ricerca, consulenza e formazione nel campo degli studi organizzativi e dell’affidabilità e sicurezza dei sistemi; attualmente fa parte del Centro per la Gestione del Rischio Clinico e la Sicurezza del Paziente della Regione Toscana. è autrice di numerose pubblicazioni/Roma, 1975. Sara Albolino, sociologist, carries out research, consultancy and formation in the field of organisational studies and the reliability and safety of systems; she is currently part of the Centre for the Management of Clinic Risk and Patient Safety for the Region of Tuscany. She is the author of numerous publications

Veronica Balutto

architetto/architect

Udine, 1976. Si laurea in architettura presso lo IUAV di Venezia nel 2002. Architetto, ma anche designer e giornalista pubblicista attiva nel campo del design e dell’architettura, collabora con diverse aziende ricevendo vari riconoscimenti, ricordiamo quello al concorso Young & Design 2006 al Salone del Mobile di Milano 2006/Udine, 1976. She graduated in architecture from the University IUAV of Venice in 2002. She collaborates with various companies in her capacity as an architect, but also as a designer and freelance journalist in the fields of design and architecture, and her talents have been acknowledged on various occasions, including the 2006 Young & Design competition at the Salone del Mobile 2006 in Milan

Diego Barbarelli Perugia, 1975. Redattore di PresS/Tletter e PresS/Tmagazine, collaboratore di Compasses/Perugia, 1975. Editor of PresS/Tletter and PresS/Tmagazine, contributor to Compasses

Guido Incerti

architetto/architect

San Donà di Piave (VE),1972. Dopo studi allo IUAV e alla TU Delft, collabora con studi internazionali quali DillerScofidio+Renfro. Rientrato in Italia nel 2004 fonda a Firenze, con altri, nEmoGruppo. Si occupa della relazione architettura/corpo, in particolare di UMIC, Unità di Minimo Intervento Corporeo. Ha curato con D. Simpson e D. Ricchi la monografia su DS+R. Attualmente è dottorando presso la Facoltà di Architettura di Firenze/San Donà di Piave (VE),1972. After studying at IUAV and at TU Delft, he collaborates with inter national studies such as DillerScofidio+Renfro. Upon returning to Italy in 2004 he founded, along with others, nEmoGruppo. He is involved in architecture/body relations, particularly of UMIC, Unit of Minimum Body Intervention. With D. Simpson and D. Ricchi, he edited the monograph on DS+R. He is currently a doctorate student at the Faculty of Architecture in Florence

Paolo Di Nardo

architetto/architect

Firenze, 1958. Fondatore e direttore editoriale della rivista AND, nel 2002 fonda lo studio ARX che si occupa di progettazione e ricerca architettonica; collabora con studi quali Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten. è professore a contratto di progettazione presso la Facoltà di Architettura di Firenze e autore di numerosi articoli e saggi sull’architettura contemporanea/Florence, 1958. Founder and editor of AND magazine. In 2002 Di Nardo founded studio ARX, which is concerned with architectural research and design; he also works with studios such as Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten. He is a temporary professor of design with the Faculty of Architecture in Florence and has authored numerous articles and essays on contemporary architecture

Elisa Massano

ingegnere/engineer

Pisa, 1979. Si laurea in Ingegneria Edile presso l’Università di Pisa. Socia AIAV (Associazione italiana per la gestione e l’analisi del valore) ed esperta Analisi del Valore. Dottoranda di ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria Civile di Pisa, si occupa di tecniche costruttive innovative (involucri attivi, domotica, nanotecnologia, antisismica) da applicare all’edilizia ospedaliera/ Pisa, 1979. Degree in Construction Engineering at the University of Pisa. Member of AIAV (Italian Association for the management and analysis of value) and Value Analysis expert. A doctorate student of research at the Department of Civil Engineering in Pisa, specialising in innovative construction techniques (active casing, home automation, nanotechnology, earthquake-proofing) to apply in hospital construction

Alessandro Melis

architetto/architect

Cagliari, 1969. Si laurea a Firenze e fonda nel 1995 Heliopolis 21 a.a. con sedi a Pisa e Cagliari. Alterna all’attività professionale l’attività didattica e di ricerca alla Facoltà di Ingegneria di Pisa e alla Facoltà di Architettura di Firenze. Ha pubblicato monografie e saggi. Ha curato mostre, tenuto conferenze, visiting critic e lectures presso istituti italiani ed esteri/Cagliari, 1969. After graduating in Florence, he founded Heliopolis 21 a.a. in 1995 with branches in Pisa and Cagliari. He alternates his professional activity with didactic and research pursuits at the University of Pisa and at the University of Florence. Besides having published monographs and essays, he has directed exhibitions, held conferences, visiting critics and lectures at both Italian and foreign institutes

Giulia Pellegrini

architetto/architect

Pisa, 1977. Si laurea in architettura nel 2003 presso l’Università degli Studi di Firenze. Da subito si dedica al settore della pubblicistica e dell’editoria collaborando con testate internazionali. Dal 2006 lavora con AND per la quale ricopre il ruolo di coordinatrice editoriale. Vive e lavora a Firenze/Pisa, 1977. She graduated in architecture in 2003 from Università degli Studi in Florence. She dedicated herself to the writings and publishing sector and has collaborated with international publications. Since 2006 she has worked with AND in the role of editorial supervisor. She lives and works in Florence

Elisa Poli

critica/critic

Bologna, 1979. Svolge un dottorato in Storia dell’architettura presso l’Università degli Studi di Firenze in cotutela con l’Université de Paris1 Pantheon-Sorbonne. Si occupa di critica architettonica. Sta attualmente compiendo ricerche presso il CAC (Canadian Architecture Collection) di Montréal. Nel 2002 ha partecipato alla pubblicazione Il volto nascosto della città/Bologna, 1979. Graduated from a Florence University programme in the History of Architecture organised with l’Université de Paris1 Pantheon-Sorbonne. Now an architectural critic, she is conducting research at the CAC (Canadian Architecture Collection) in Montréal. In 2002 she participated in the publication of Il volto nascosto della città

Francesco Ranzani

designer/designer

Vigevano (PV), 1979. Designer ed ergonomo, si occupa del coordinamento delle campagne per la sicurezza del paziente e lo sviluppo del sistema Gestione Rischio Clinico della Regione Toscana; è docente di master e corsi su questi temi, oltre che autore di numerosi articoli e pubblicazioni anche internazionali/Vigevano (PV), 1979. Francesco Ranzani (1979), designer and ergonomist, he is occupied with the coordination of campaigns for patient safety and the development of the system Clinic Risk Management in the Region of Tuscany; he is a teacher of master’s degrees and courses on these themes, as well as being the author of numerous, national and international articles and publications

Pierpaolo Rapanà

architetto/architect

Lecce, 1978. Svolge attività professionale in collaborazione con lo studio ARX di Firenze e attività di ricerca come Cultore della Materia nel corso Laboratorio di Architettura II presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Fa parte della redazione di AND/Lecce, 1978. Works in partnership with studio ARX of Florence and conducts research as a scholar with the Architectural Workshop of the Faculty of Architecture in Florence. A member of the AND editorial staff

Daria Ricchi

architetto/architect

Novafeltria (PU), 1978. Architetto e giornalista. Scrive per riviste specializzate di settore in Italia e all’estero, tra cui a10, Il Giornale dell’Architettura, Area e Casamica. Ha scritto una monografia su Mecanoo e appena curato una monografia su Diller Scofidio + Renfro, edito da Skira. È attualmente visiting scholar [ricercatrice esterna] presso la Columbia University a New York/Novafeltria (PU), 1978. Architect and journalist. She writes for specialist magazines in Italy and abroad, amongst which are a10, Il Giornale dell’Architettura, Area and Casamica. She has written a monograph on Mecanoo and has recently directed a monograph on Diller Scofidio + Renfro, published by Skira. She is currently a visiting scholar at Columbia University in New York

Fabio Rosseti

architetto/architect

Viareggio (LU), 1961. Vive e lavora a Firenze, rivolgendo la sua attenzione al rapporto fra architettura e tecnologie dell’informazione. è coordinatore della redazione di AND con la quale ha collaborato fin dal primo numero. Ha scritto vari articoli per AND e per altre testate/Viareggio (LU), 1960. Lives and works in Florence, focusing on the relationship between architecture and information technologies. Editorial staff coordinator of AND, he has worked with the magazine since its very first issue, writing various articles for AND and for other publications

Nicoletta Sale

ingegnere/engineer

Cagliari, 1974. Dopo la laurea in Ingegneria Edile alla Facoltà di Ingegneria di Cagliari si è specializzata in Architettura bioecologica e tecnologie sostenibili per l’ambiente presso la Facoltà La Sapienza di Roma, ha svolto attività di ricerca presso la Facoltà di Cagliari nei laboratori di Architettura e Composizione Architettonica, conseguendo il titolo di Dottore di ricerca; ha maturato esperienze professionali in Italia ed all’estero/Cagliari, 1974. After getting a degree in Construction Engineering at the Faculty of Engineering in Cagliari, he specialised in biological Architecture and sustainable technologies for the environment at the Faculty la Sapienza in Rome, and has carried out research at the Faculty of Cagliari in the laboratories of Architecture and Architectonic Composition, receiving the title of Doctorate of research; he has gained professional experience in Italy and abroad.

Vittorio Savi

critico/critic

Firenze, 1975. Si laurea a Firenze nel 2003. Sta svolgendo un Dottorato di Ricerca presso il Dipartimento di Storia dell’Architettura dell’Università di Firenze. Lavora attualmente nel team dello studio di architettura ARX e collabora fin dai primi numeri con la rivista AND/Florence, 1975. She graduated from Florence in 2003. She is currently taking a PhD at the Department of History of Architecture at the University of Florence. She works as part of the ARX architectural studio team and has collaborated with AND magazine since the early issues

Fabrizia Vecchione Atripalda (AV), 1983. Laureanda presso il Dipartimento di Storia dell’Architettura della Facoltà di Firenze. Nel 2006 studia un anno presso la facoltà di Architettura di Oporto (FAUP) dove frequenta un corso di fotografia presso l’Istituto portoghese di fotografia. Nel 2007 vince la prima edizione del concorso La carta e le parole, bandito dalla rivista AND con la quale attualmente collabora/Atripalda (AV), 1983. Received her degree from the Department of Architectural History at the Faculty of Florence. In 2006, she studied for a year at the Faculty of Architecture in Oporto (FAUP) where she attended a course in photography at the Portuguese Institute of photography. In 2007, she won the first edition of the competition paper and words, published by the magazine AND with which she currently collaborates.


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