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CINO ZUCCHI > CASA
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RIVISTA DI ARCHITETTURE, CITTà E ARCHITETTI
SanMarco, leader tra i produttori di elementi in laterizio, aiuta architetti e progettisti a sperimentare soluzioni innovative per gli spazi.
e d i t r i c e
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settembre dicembre
Artwork by Carta e Matita
NON CONVENTIONAL LIVING 2010
CINO ZUCCHI > CASA
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e d i t r i c e
cino zucchi zon-e arquitectos bakers architekten splitterwerk piergiorgio semerano alberto breschi behnisch architekten
AND Rivista quadrimestrale di architetture, città e architetti n°19 settembre/dicembre, 2010 direttore responsabile Francesca Calonaci direttore editoriale Paolo Di Nardo comitato scientifico Giandomenico Amendola, Gabriele Basilico, Miranda Ferrara, Maurizio Nannucci, David Palterer, Sergio Risaliti, Giorgio Van Straten coordinamento comitato scientifico Alessandro Melis redazione Tommaso Bertini, Filippo Maria Conti, Samuele Martelli, Elisa Poli, Pierpaolo Rapanà, Daria Ricchi, Eugenia Valacchi coordinamento editoriale Giulia Pellegrini coordinamento redazionale Fabio Rosseti corrispondenti dalla Francia: Federico Masotto dalla Germania: Andreas Gerlsbeck dagli Stati Uniti: Daria Ricchi traduzioni italiano-inglese, inglese-italiano Team Translation crediti fotografici le foto sono attribuite ai rispettivi autori come indicato sulle foto stesse. L’editore rimane a disposizione per eventuali diritti non assolti progetto grafico Davide Ciaroni impaginazione elettronica Giulia Pellegrini, Davide Ciaroni direzione e amministrazione via XX settembre, 100 - 50129 Firenze www.and-architettura.it redazione via XX settembre, 100 - 50129 Firenze redazione@and-architettura.it editore DNA Editrice via XX settembre, 100 - 50129 Firenze tel. +39 055 582401 info@dnaeditrice.it
agente per la Lombardia, Liguria, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto R.D.E. srl via Roma 21 - 20094 Corsico (MI) tel. +39 02 4491149 - fax +39 02 4405544 info@rdesrl.net distribuzione per l’Italia JOO Distribuzione via F. Argelati, 35 - 20143 Milano joodistribuzione@joodistribuzione.it distribuzione per l’estero S.I.E.S. Srl via Bettola, 18 - 20092 Cinisello Balsamo(MI) tel. +39 02 66030400 - fax +39 02 66030269 sies@siesnet.it www.siesnet.it stampa Vanzi Industria Grafica, Colle Val d’Elsa (SI) ufficio stampa Complemento Oggetto www.complementoggetto.it abbonamenti abbonamenti@dnaeditrice.it arretrati joodistribuzione@joodistribuzione.it quadrimestrale una copia € 12,00 numero con speciale € 15,00 numeri arretrati € 24,00 abbonamento annuale (3 numeri) Italia € 36,00; Europa € 45,00; resto del mondo € 60,00 (posta prioritaria) Registrazione del Tribunale di Firenze n. 5300 del 27.09.2003 ISSN 1723-9990 R.O.C. n. 16127 del 11/01/2006 © AND - Rivista di architetture, città e architetti (salvo diversa indicazione) © dei progetti di proprietà dei rispettivi autori AND - Rivista di architetture, città e architetti è una testata di proprietà di DNA Associazione Culturale via XX settembre, 100 - 50129 Firenze è vietata la riproduzione totale o parziale del contenuto della rivista senza l’autorizzazione dell’editore e dell’Associazione Culturale DNA. La rivista non è responsabile per il materiale inviato non richiesto espressamente dalla redazione. Il materiale inviato, salvo diverso accordo, non verrà restituito.
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in copertina/cover Cino Zucchi, Edifici residenziali area ex-Junghans alla Giudecca, Venezia © Cino Zucchi
sommario/summary Cino Zucchi > Casa
architettura pop, intervista a Cino Zucchi
Area ex-junghans alla giudecca, venezia
nuovo portello, milano
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villa van straaten
giardino pubblico a san donà di piave
nuova chiesa resurrezione di gesù
edificio per uffici u15
museo dell’automobile, torino
central pasila tower area
salewa headquarters
WORK IN PROGRESS
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EDITORIALE, Paolo Di Nardo
EDITORIAL
Casa blossom music center, Marc Manack
Ex cementificio italcementi, Paolo Di Nardo
nuova misericordia di prato, Manuel Orazi
casa, Fabio Rosseti
Housing sociale, Vincenzo Di Nardo
Zon-e arquitectos, Residenza per minatori
bakers architekten, Black House
splitterwerk, Green Treefrog
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splitterwerk, Frog King
piergiorgio semerano, Casa De Masi
breschi-giannone, Residenze in via Cittadella a Firenze
behnisch architekten, Marco Polo Tower
EDITORIAL
PAOLO DI NARDO
Introdurre a questo numero sulla ‘casa’ attraverso i progetti di Cino Zucchi, un architetto che ne ha interpretato il senso contemporaneo legato all’interscambio architettura/socialità oppure attraverso le declinazioni progettuali della seconda parte, sarebbe solo bibliografico per un tema così esteso e denso di significati. Pensando alla ‘casa’ la prima immagine che viene alla mente è il disegno di un bambino, proprio perché la casa è da sempre il primo oggetto ad essere rappresentato. La casa nel disegno è allo stesso tempo il mondo in cui vivono il bambino e il suo ‘io’. Dal disegno della casa la psicologia infantile riesce a interpretare le fasi di crescita, il senso di serenità o disagio all’interno del microcosmo-famiglia. Spesso i figli di genitori separati disegnano due case o una casa in due parti, a dimostrazione del forte legame casa=famiglia. Nell’interpretazione dei disegni infantili di una casa, quella ben centrata, dalle finestre aperte e con molte porte, denota un bambino felice, dal carattere aperto e solare. Al contrario una casa piccola, in un angolo del foglio, con finestre piccole, indica un problema affettivo che cambia a seconda dell’età: tra i 6 e gli 8 anni denota un forte attaccamento alla madre e la fatica a rivolgersi verso l’esterno, gli amici, la scuola. Dopo gli 8 anni denota un senso di isolamento, di inferiorità. In tutti i casi comunque, l’assenza di sentiero o un isolamento della casa senza contesto, sono simboli di una sensazione di fallimento del bambino. Una variante della casa è il castello come rifugio ideale e protettivo e che secondo Françoise Dolto è la rappresentazione difensiva del corpo. Nell’interpretazione dei sogni la casa significa sicurezza, bisogni di base e di valori. Sempre nei sogni, chi non trova la strada di casa spesso ha perso fede, stima e fiducia in se stesso. Nel mondo degli oroscopi si lega il pianeta al concetto di ‘quinta casa’; in astrologia, questa è la casa della vitalità e del modo personale di esprimere la creatività, ma è anche la casa del piacere e degli svaghi, degli amori, dei figli, dell’insegnamento. Questo ‘quinto settore zodiacale’ è sempre abbinato ai pianeti e ai conseguenti significati come strumento di lettura della posizione astrologica: Sole in quinta casa, Luna in quinta casa, Mercurio in quinta casa, Venere in quinta casa, Marte in quinta casa… e così via fino a Plutone. Potremmo non finire questo elenco di collegamenti con la casa, attraverso i suoi significati reconditi, con i possibili e svariati mondi percettivi e non. Ma ‘casa’ è soprattutto appartenenza e valore delle cose. In fondo la prova del valore ancestrale della ‘casa’ risiede già nella parola ecologia. Ecologia dal greco oikòs, casa, e lògos, studio, ovvero studio della casa, dell’abitare: la casa quindi come nucleo e origine del sistema locale.
An introduction in this issue on the house through the projects of an architect, Cino Zucchi, who has interpreted the contemporary sense linked to the interchange between architecture and social relations, or through the other project declinations of the second part, would only be bibliographic to such a wide subject so replete with meanings. Thinking of the ‘house’ the first picture to come to mind is the design made by a child, simply because it is a house which has always been the first item to draw. The drawing of a house at the same time stands for the world in which the child and his ego lives. From a child’s drawing of a house, child psychology arrives to an interpretation of the stages of growth, a sense of peace of mind or of unease within the family microcosmos. Often, the children of separated parents draw two houses or a house consisting of two areas to show the strong connection that house=family. In the interpretation of child drawings of a house, the one sited in the middle of page, with open windows and many doors, denotes a happy child, having an open and radiant character. To the contrary, a small house, in a corner of the page, with small windows, is a sign that there is an emotional problem, according to the child’s age: between 6 and 8 years of age, it indicates a strong attachment to mother and the discomfort caused in attempting to face outer life, friends, school. Past 8 years of age it indicates a sense of isolation, inferiority. In all cases, however, the absence of a pathway or the isolation of the house without an
encompassing background, symbolise a feeling of failure in the child. Another version of the house is the castle as an ideal and protective shelter and which according to Françoise Dolto is a defence representation of the body. In the interpretation of dreams, the house stands for safety, basic needs and values. Still in the dream world, whoever does not find his way home has often lost his faith, self-esteem and confidence in himself. Horoscope charts connect the planet to the concept of the ‘fifth house’; in astrology, this is the house for liveliness and the personal manner of expressing inventiveness, but it is also the house for pleasure and recreation, love, children, teaching. This ‘zodiac fifth sector’ is always coupled with the planets and resulting meanings as a tool to read the astrological position: Sun in the fifth house, Moon in the fifth house, Mercury in the fifth house, Venus in the fifth house, Mars in the fifth house... and so on and so forth till we get to Pluto. We could go on infinitely with this list of connections with the house, through its overtones, with several possible perceptive worlds and not so perceptive. Yet ‘house’ is above all a sense of belonging and value of things. Basically, proof of the ancestral value of ‘house’ already resides in the word ecology. Ecology from the Greek oikòs, house, and lògos, study, or study of the house, of living within: the house is so like a nucleus and origin of the local system.
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Architettura pop Paolo Di Nardo intervista/interviews Cino Zucchi foto di/photos by Ivan Sarfatti Pop architecture | Paolo Di Nardo Your architectural projects are always uniquely suited to their location, to their placement in the environment.
Paolo Di Nardo Nelle sue architetture risulta sempre piuttosto evidente il legame con il luogo che le ospitano, il loro inserimento ambientale. Allo stesso tempo traspare una grande attenzione a un uso contemporaneo del linguaggio, anche attraverso elementi e forme semplici. Ci può parlare di questi
At the same time, you pay great attention to the contemporary use of language, in part by using simple shapes and components. Can you tell us about these two aspects of your work and the link between them? Cino Zucchi A project grafts onto a space. We often attribute to designs of the past a ‘contextualist’ approach they did not intend. In his Quattro libri [NdR: Four Books], Palladio presented his works as abstract objects, ignoring all the accommodations he made for the design context. In fact, he doesn’t even mention them. In this sense, a design isn’t ‘written’ on a space or drawn from it in a mechanical fashion. The act of design is rather a process of inference, a discovery of the intellect that we then test against the information at hand, and the spaces we seek to fill. The design’s shapes resonate within the context, generating unexpected harmonies or dissonances. In this sense, a certain degree of abstraction in the design can embody the sense of economy and sufficiency of historic architecture as opposed to an excess of architectural Kunstwollen [NdR: will to art]. The latter tends to make eclectic architecture similar to so much contemporary architecture. A good design must be experienced as a standalone work, as well as an interpretation in a broader context, encompassing both the city and the environment. This dual nature – being both
due aspetti e della relazione che li lega? Cino Zucchi Un progetto è un innesto di un pensiero su un luogo. Spesso attribuiamo retroattivamente ai progetti del passato un atteggiamento ‘contestualista’ che in realtà essi non avevano: nei Quattro Libri Palladio rappresenta le sue opere come oggetti astratti, cancellando ogni aggiustamento dovuto al contesto e ogni riferimento ad esso. In questo senso, un progetto non è ‘scritto’ in un luogo o derivabile da esso in maniera meccanica. L’atto progettuale è piuttosto un’operazione di natura ‘abduttiva’, un tirare a indovinare intelligente che viene collaudato dai dati e dai luoghi che cerca di risolvere. Le forme del progetto entrano in risonanza con il contesto, generando armonie o dissonanze inaspettate. In questo senso, un certo grado di astrazione della forma potrebbe incarnare il senso di economia e adeguatezza dell’architettura storica in opposizione a un eccesso di Kunstwollen [NdR: volontà artistica] architettonica, che accomuna l’architettura dell’eclettismo a molta architettura contemporanea. Un buon progetto deve poter essere letto sia come opera autonoma che come interpretazione di un quadro più allargato, quello della città e dell’ambiente. Questa sua natura doppia, al contempo autonoma ed eteronoma – ma soprattutto la vibrazione che si crea tra diverse letture possibili – è ciò che distingue un’architettura completa dalla sua controparte ‘commerciale’, che vorrebbe sempre saldare all’oggetto sensazioni e interpretazioni preconfezionate, imponendo in maniera univoca l’‘effetto’ che farà sullo spettatore. Il rapporto tra un luogo e un progetto è quindi un processo di interpretazione piuttosto che di adeguamento; un’architettura opera su un luogo una trasformazione non reversibile, e se ne deve prendere quindi tutte le responsabilità. PDN Lo studio opera a diverse scale d’intervento con una produzione piuttosto varia: edifici pubblici, residenziali e commerciali, spazi pubblici e piani urbanistici. In ogni intervento è possibile scorgere una certa sensibilità individuale e un’attenzione particolare ai nuovi comportamenti umani a cui l’architetto deve adeguarsi. Esiste un metodo di progettazione specifico che ricorre nei suoi progetti e, in particolare, nella residenza sia essa individuale o collettiva? CZ Diceva Paul Valéry: «Bisogna lavorare a più cose alla volta. è il rendimento migliore, l’una approfitta dell’altra, e ognuna è più se stessa, più pura; delle idee che vengono, si spedisce ciascuna dove è meglio al suo posto, poiché ci sono più posti che attendono». Se un architetto non può scegliere l’oggetto del proprio lavoro, egli può scegliere il modo di affrontarlo e interpretarlo. Oggi dobbiamo creare nuovi ambienti e luoghi adeguati a modi di vivere e valori in continua evoluzione, capaci di
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independent and subject to outside influences – and moreover, the vibration created through the various possible interpretations, make allow this
create new environments and places suited to our changing lifestyles and values. These must be capable of fulfilling the myriad needs of contem-
lives. I would like to create architecture which is the spatial equivalent of my favourite singers: Natalie Merchant, Neko Case, Laura Veirs, Kristin
kind of holistic architecture to stand in a league of its own. It is quite different from its ‘commercial’ counterpart, which, by contrast, is forever seeking a common viewpoint, imposing a single ‘effect’ on the viewer. The relationship between design and space is therefore a process of interpretation rather than adaptation. A work of architecture transforms a place irrevocably, and must take full responsibility for this. PDN Your studio operates on different-sized projects, with a rather varied output: public buildings, residential and commercial buildings, public spaces and city planning. With every project you uncover a certain individual sensitivity and pay particular attention to emerging human behaviours – trends that an architect must incorporate into his designs. Is there a specific working style that comes up again and again in your projects and, in particular, in residential construction, whether single- or multi-family units? CZ Paul Valéry said: «We have to work on many things at once. That gets the best result. One adds value to the other, and each one becomes more itself, more distilled. Whatever ideas come to me, I send them to where they fit the best, because there are different places waiting for them». Although an architect can’t always choose the subject of his own work, he can choose the way to approach it and to interpret it. Today we must
porary life. That said, we must not run the risk of misinterpreting modernism, attempting to perform ‘social engineering’ through the manipulation of space. Examples of this type of failure abound, and many projects promoted by magazines as ‘innovative’ are only worn-out and half-hearted renditions of used-up utopias. Form must not ‘create’ a sense, but rather embody it, give it a container, a place to reside. Rather than a rigid process, I think of ‘method’ as the act of selecting and incorporating things I discover along the way, which give progressively greater form to the flexible structure. It becomes then more capable of responding to the complexity of the functional and formal needs of its theme. All of this is done in order to carry out ‘character’ research. By this I mean discovering the individual features that distinguish a home from a courthouse, a church from an office, a park from a public square. Sometimes one can mix genres, but first you have to understand the rules of each one. One can only break the rules once one knows them well, and knows how to use them. Creating a home is a challenge, requiring a deft hand. Adolf Loos understood the deep conflict running between the safety and protection a house must provide, and the avant-garde artistic ambitions of his time. Residential architecture for me is like a pop song, a soundtrack for our
Hersh, Belle and Sebastian, New Pornographers, Rilo Kiley, Death Cab for Cutie, the Shins and all the others on continuous play on my IPod while I’m working. Just as there is an architect for every space, there is a pop song for every state of mind. My coffin will only enter a church at the sound of Something is Sacred by the Eels. PDN Can you talk to us about the value that spatial flexibility has for you? CZ An architect responds to needs. But he does not do it as much to ‘respond to a function’ as to create a more flexible structure in its role as a shelter. I noticed as a young man – especially while I was in America – many attempts to create ‘project algorithms’ which could immediately translate a program to a shape. The pages of technical writing from the 1970’s were full of mathematical formulas, as if they could deny the multipurpose character of the container and the contents. Finally, I understood that there is nothing more volatile and changeable than a functional program. The design must focus on an individual, specific project, which nonetheless contains the capacity to adapt itself to needs as-yet unanticipated at the moment of its creation. Basically, the contemporary idea of lofts is not so different from the classic ‘type’, a space which because of its connection to the city, its relationship with public spaces, distribution, lighting conditions and orientation has the
vista esterna dello studio con la Torre Branca di Gio Ponti sullo sfondo/external view of the studio with the Branca Tower by Gio Ponti in the background pagina precedente: vista d’insieme del piano terra/previous page: total view of the ground floor
capacity to comfortably contain our lives while at the same time being flexible. The body does not design the space, but it is a guest there and is
ospitare le manifestazioni cangianti della vita contemporanea. Ma non dobbiamo ripercorrere l’errore di un modernismo male inteso, che ha cercato di fare dell’‘ingegneria sociale’ mediante la forma degli spazi. Molti fallimenti di questo atteggiamento sono di fronte ai nostri occhi e molti progetti propa-
protected by it. The city must survive the generations that built it, otherwise it would be necessary to tear it down and rebuild it every thirty years. But as Gio Ponti remarked, the architect always «should imagine a person leaning out the window, or coming through a door, or someone walking downstairs while another is climbing them, or two people meeting in an entryway, someone relaxing on a terrace or living in a room. He should hear a song drifting through the windows. He should hear names yelled out: he hears calls, he hears whistles. He should hear people at work». PDN At one time there was ‘Popular and Economic Construction’, which then became ‘Public Residential Housing’ and now Social Housing (although its meaning is broader than the earlier terms). Is this only a kowtow to English tastes or has something really changed? CZ Something has certainly changed, both in the use and in the culture of architecture. In the last century, responding to the huge need for housing, architecture needed to be inspired by the ‘typical’ man and family and to design houses tied to the concept of what was ‘standard.’ Today we understand that the culture of dwelling cannot be reduced to a single pattern which goes on indefinitely. Dutch culture in the 1970’s, with its research on social housing, has contributed perhaps the most to this understanding. From the
gandati dalle riviste come ‘innovativi’ appaiono solo stanche e poco convinte riedizioni di utopie già consumate. La forma non deve ‘creare’ un senso, ma piuttosto ospitarlo, dargli un recipiente, luogo in cui risiedere. Più che come una procedura data, penso al ‘metodo’ come un meccanismo di selezione e consolidamento di cose trovate strada facendo, che danno progressivamente forma a un oggetto articolato, capace di rispondere alla complessità delle esigenze funzionali e formali del tema. Tutto ciò alla ricerca di un ‘carattere’: l’individuazione dei tratti peculiari che distinguono una casa da un tribunale, una chiesa da un ufficio, un parco da una piazza. Talvolta si possono ibridare i generi, ma non prima di averne capito le regole, che possono essere infrante solo da chi le conosce e le sa usare. Dare forma a una casa è un tema molto delicato; Adolf Loos aveva capito il conflitto profondo che intercorre tra il senso di protezione che deve emanare la casa e le velleità artistiche delle avanguardie del suo tempo. L’architettura della casa per me è come una canzone pop che fa da sfondo amato alle nostre vite. Vorrei fare architetture che siano l’analogo spaziale delle canzoni dei miei cantanti preferiti: Natalie Merchant, Neko Case, Laura Veirs, Kristin Hersh, i Belle and Sebastian, i New Pornographers, i Rilo Kiley, i Death Cab For Cutie, gli Shins e tutti gli altri che suonano a ciclo continuo sul mio Ipod mentre lavoro. Come c’è un’architettura per ogni luogo, c’è una canzone pop per ogni stato d’animo: la mia bara non entrerà in una chiesa se non al suono di Something is Sacred degli Eels. PDN Può parlarci della valenza che per lei assume la flessibilità degli spazi? CZ Un’architettura risponde a un bisogno. Ma lo fa non tanto come ‘risposta a una funzione’, ma piuttosto in una forma più articolata, nella sua qualità di ‘riparo’, di shelter. Ho osservato da giovane – in particolare nella mia esperienza americana – molti tentativi di mettere a punto ‘algoritmi progettuali’ che potessero tradurre direttamente un programma in una forma. Le pagine dei testi metodologici degli anni Settanta erano pieni di formule matematiche, quasi a scongiurare il carattere polivalente che lega contenitore e contenuto. Poi ho capito che non c’è niente di così labile e cangiante di un programma funzionale. Il progetto deve puntare a un prodotto individuale, specifico, che tuttavia contenga nel suo corpo la capacità di adattarsi a esigenze non presenti al momento della sua realizzazione. In fondo l’ideale contemporaneo del loft non è così diverso da quello classico del ‘tipo’, uno spazio che per collocazione nella città, rapporto con lo spazio pubblico, distribuzione, condizioni di luce e affaccio contiene la capacità di ospitare confortevolmente la nostra vita e di essere flessibile
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pagina seguente: postazioni di lavoro al piano terra/following page: work stations on the ground floor
prophetic work Variations by John Habraken to
munity and Privacy: Toward a New Architecture of
we tend to keep the responsibility for the entire
the houses of Herman Hertzberger and Aldo van Eyck (notably the Hubertus house in Amsterdam
Humanism in which they maintained that the individual dimension of privacy was in fact a funda-
project in a project manager who then ‘calls on’ the required specific abilities from within the stu-
for single parents), we began to observe real ways of living, free from bias. The recent changes in the
mental need for human well-being (even between parents and children). This study attempted a
dio as needed. In any case the project manager remains the single contact for the client. Naturally,
composition of society and in its lifestyles have
project-based answer – with an interesting model
I have the honour (or burden) of the initial sketch
created a need for new solutions. To follow up on the idea of architecture ‘in
settlement based on patio homes – for this private dimension, but also adaptable to the density and
and I supervise the entire process. More than anything, though, I act as a ‘buffer’ against the
progress’, many contemporary projects have nonetheless trivialised the aesthetic of ‘open work’
communal living which makes up the fabric of European cities.
standard protocol that takes place during the actual work on a project. Paradoxically, it is because
as though we should build a little hut on the roof
The best elements of contemporary urban design took up this challenge with new forms focused on
I have more experience (and training, both in the sciences and the liberal arts) which the younger
these two values, the necessity to preserve the in-
generation lacks a bit, I am able to act with more
dividual dimension and that of complementing social groupings. The goal is to guarantee a choice:
freedom and am more likely to question the status quo. Sometimes in the course of a project, some
the alternate models of the ‘multi-family homes’ (from Falansterio by Charles Fourier to Narkomfin by Moisej Ginzburg) and the Anglo-Saxon subur-
data or forms are kept which conflict with the objectives and assumptions which inspired them in the first place due to a sort of ‘professional lazi-
ban neighbourhoods based on the use of private cars are both ‘determinative’. What might be possible is that the evolution of the European city still holds unexplored spaces, as Jacques Tati romantically suggested in his film Mon Oncle. PDN One last thing: can you tell us, from an organizational and managerial point of view, how are new projects carried out in your studio? CZ The greatest dilemma facing an architecture studio is, in a certain sense, this: whether to divide up a project by task or to accept it as a monolithic whole. We can then compare two models of team management. One is for one person or group to follow the concept phase, another the working drawings, another interior design, another construction supervision, another customer relations, another questions of urban design, another still the coordination of technical consultants, visualisation and rendering. This model optimizes the specialized abilities of the team but ‘breaks up’ the project, removing its identity and creating internal communication problems. The opposite approach – in a certain sense the more ‘traditional’ one – is to have a single person involved with one, or at the most two projects, and see them through from the first sketch to the building’s inauguration. After having experimented with both models, our studio chose a hybrid approach which lays out the projects on a sort of ‘matrix’. If the columns are the specialisations and the rows are the projects,
ness’. This ends up in automatic gestures, habits, recipes. The goal is always to ‘naturalise’ technique. Only a high level of professionalism joined with great mental freedom today – in this era of ‘blind procedure’ – allows us to attain that kind of simplicity. There is almost an inevitability, I would say, in great design that that has always been the goal for the final result. Often amateurs mistake the sense of ‘naturalness’ expressed by a successful work with the spontaneity of the author’s state of mind, not understanding that it is the result of a complexity of components and above all a great deal of hard work. The project becomes ‘itself’ precisely because of the capacity to transform resistance and difficulties into ‘individuality’, a word which I would always use in place of ‘originality’. This requires that everyone who works on a project, even though with different tasks, appreciate the deeper meanings of them. In this way, they become ‘architects’ not only in the academic sense, but professionals with a deeper understanding of the architectural phenomenon, its resources and its limit. A game has rules but also a ‘heart’, and a professional studio is like a musical group who tries to play music together, transforming technique into a body of sound, something physical which must have consistency, character, grace. The city left to us by past generations had these characteristics. Let’s hope to create spaces different from these, but has lovely as the ones we have inherited.
every time a child is born. A short time ago, at a seminar on Social Housing held on the theme
of residence designs for specific categories (immigrants, under-35s, over-65s, roommates, sin gle parents), I asked myself: if we design these ‘made to order’ houses, should an inhabitant be required to move out on his 35th birthday? And if a single mother falls in love again, should she move? Maybe people, instead of acting like snails should act like hermit crabs. Instead of developing a new shell they should find another one when its own is too big or too little. Let’s say that social housing should be more like ready-to-wear than couture. However, the vital issue in Social Housing is not so much the dwelling unit itself, but rather that of the relationship between public and private space. The modern metropolis tends to separate functions and to create specialized enclaves. We should instead conserve and design spaces among things, the interface between the various dimensions caused by living in a community. The relationship between house and city is the trickiest point, and it needs a radical revision. Otherwise we run the risk of an infinite extension of houses without any relationship between them, whether these are the houses of the Anglo-Saxon suburbs, or the speculative high rises in Italy or the massive towers of the new Chinese cities. PDN Today we hear a lot about individuality, social networking, privacy, sharing, often however in reference to the virtual Internet world, or even the Orwellian one of surveillance and security. In your opinion what merit do these values have in planning the modern city and its individual units, that is, houses? CZ Many years ago, Christopher Alexander and Serge Chermayeff published a study called Com-
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vari ambienti dello studio some rooms of the office
nel tempo. Il corpo non disegna lo spazio, ma ne è ospitato e protetto. La città deve sopravvivere alle generazioni che l’hanno costruita, altrimenti dovremmo distruggerla e rifarla ogni trent’anni. Ma, come diceva Gio Ponti, l’architetto «immagini sempre per una finestra una persona al davanzale, per una porta una persona che la oltrepassi, per una scala una persona che la discenda e una che la salga, per un portico una persona che vi sosti, per un atrio due che si incontrino, per un terrazzo una che vi riposi, per una stanza una che ci viva. Oda una canzone volare tra le finestre. Oda nomi gridati: oda richiami, oda zufolare. Oda mestieri». PDN Un tempo esisteva l’Edilizia Economica e Popolare, che poi è divenuta Edilizia Residenziale Pubblica e adesso Social Housing (anche se il suo significato è più ampio dei primi). è solo la cessione al gusto per l’inglesismo o in effetti qualcosa è cambiato? CZ Qualcosa è certamente cambiato sia nell’utenza che nella cultura architettonica: se il secolo scorso, per rispondere al grande bisogno di abitazioni, ha dovuto inventarsi l’uomo e la famiglia ‘tipo’ e disegnare case legate al concetto di ‘standard’, abbiamo oggi capito che la cultura dell’abitare non può essere ridotta a uno schema iterabile all’infinito. La cultura olandese degli anni Settanta, con le sue ricerche sulla casa sociale, è stata forse quella che più ha contribuito a questa revisione critica: dal profetico lavoro Variations di John Habraken alle case di Herman Hertzberger e Aldo van Eyck (in particolare la casa Hubertus ad Amsterdam per genitori single) si è iniziato a osservare i modi di abitare reali senza pregiudizi. I recenti cambiamenti nella composizione della società e nei suoi modi di vita hanno bisogno di risposte inedite. Nel seguire un’idea di architettura in progress, molti progetti contemporanei hanno tuttavia banalizzato un’estetica da ‘opera aperta’, per la quale dovremmo costruire un abitacolo sul tetto ogni volta che ci nasce un figlio. Qualche tempo fa, a un seminario sul Social Housing che aveva dato come tema progettuale il disegno di residenza per categorie specifiche (migranti, under 35, over 65, cohousers, persone single con figli), mi sono domandato: se progettiamo case così ‘su misura’, allo scoccare del 35° compleanno un utente dovrebbe forse cambiare casa? E se una donna single con figlio si innamora di nuovo, deve traslocare? Forse l’uomo piuttosto che come una lumaca si comporta come un paguro bernardo, che invece di costruirsi la conchiglia se ne trova un’altra quando gli va stretta o larga. Diciamo che l’edilizia sociale dovrebbe essere più simile al prêt-à-porter che alla sartoria su misura. Tuttavia il tema cruciale del Social Housing non è tanto quello dell’unità abitativa in quanto tale, ma piuttosto quello del rapporto tra spazio privato e spazio collettivo. La metropoli contemporanea tende a separare le funzioni e a creare enclaves specializzate; dobbiamo invece conservare e disegnare lo spazio tra le cose, le interfacce tra diverse dimensioni dello stare insieme. Il rapporto tra casa e città è il punto più delicato che ha bisogno di una revisione profonda; pena l’estensione senza fine di case senza alcun rapporto tra loro, siano esse le villette deli sobborghi anglosassoni, le palazzine della speculazione italiana o le torri delle nuove metropoli cinesi. PDN Oggi si parla molto di individualità, socialità, privacy, condivisione, riferendosi però spesso al mondo virtuale di Internet o a quello, di sapore orwelliano, del controllo e della sicurezza. Secondo lei che valore hanno queste categorie nella progettazione della città contemporanea e delle sue unità elementari, le residenze? CZ Tanti anni fa, Christopher Alexander e Serge Chermayeff avevano pubblicato uno studio dal nome Spazio di relazione e spazio privato nel quale sostenevano la dimensione individuale della privacy come un fatto fondamentale del benessere umano (addirittura di quello dei figli dai genitori); lo studio tentava di rispondere progettualmente – con un interessante modello insediativo di case a patio – a questa dimensione privata, ma anche a obiettivi di densità e socialità desunte dal tessuto della città europea. Le migliori esperienze di disegno urbano contemporaneo donano forme inedite a questa
doppia valenza, la necessità di preservare una dimensione individuale e quella complementare dello stare insieme. Il fine è quello di garantire la scelta: i contrapposti modelli della ‘casa collettiva’ (dal Falansterio di Charles Fourier al Narkomfin di Moisej Ginzburg) e dei quartieri suburbani anglosassoni basati sull’uso dell’auto privata sono ambedue ‘deterministici’; mentre forse l’evoluzione della città europea contiene ancora spazi inesplorati, come Jaques Tati sembrava romanticamente suggerire nel suo film Mon Oncle. PDN Potrebbe infine raccontarci qual è, dal punto di vista di organizzazione e gestione, il percorso che segue un nuovo progetto all’interno del vostro studio? CZ Il grande dilemma di uno studio di progettazione è in un certo senso il seguente: spacchettare un progetto per ‘competenze’ oppure accettare il suo carattere inscindibile? Si possono quindi confrontare due modelli complementari di organizzazione del team: uno dove una persona o un gruppo segue i concept di tutti i progetti, un altro i progetti definitivi, un altro il progetto di interni, un altro gli esecutivi e la direzione lavori, un altro il rapporto con i clienti, un altro le procedure, le questioni urbanistiche, la rispondenza alle normative, un altro ancora il coordinamento dei consulenti tecnici, un altro la visualizzazione e i rendering... Questo modello ottimizza le competenze specialistiche ma ‘spezzetta’ il progetto, togliendogli identità e creando problemi di comunicazione interna. Nel modello contrapposto, in un certo senso più ‘tradizionale’, una persona sola si occupa di uno, massimo due progetti e ne segue tutte le fasi dal primo schizzo all’inaugurazione dell’edificio. Dopo aver sperimentato ambedue i modelli, il nostro studio ha optato per un’organizzazione che li ibrida in una sorta di ‘matrice’: se le colonne sono le specializzazioni e le righe sono i progetti, tendiamo a conservare la responsabilità sull’intero lavoro da parte di un capo progetto che poi ‘accende’ le competenze specifiche all’interno dello studio quando necessario, e che in ogni caso rimane come referente unico per il cliente. Naturalmente io ho l’onere/onore dello schizzo iniziale e mantengo la supervisione su tutto il processo; ma soprattutto agisco come elemento di ‘rottura’ degli automatismi procedurali che spesso si generano nella pratica progettuale. Per paradosso, proprio perché dotato di molta esperienza (e cultura, sia scientifica che umanistica, che manca un po’ alle generazioni più giovani), agisco con più libertà, mettendo spesso in discussione lo stato delle cose. Può succedere che nel corso di un progetto si tenda a conservare alcuni dati o forme anche al cadere degli obiettivi o gli assunti che le avevano motivate, per una sorta di ‘pigrizia professionale’ che finisce per condensarsi in comportamenti automatici, abitudini, ricette. Il fine è sempre quello della ‘naturalizzazione’ delle tecniche; solo una grande professionalità unita a una grande libertà mentale permette oggi – nell’era delle procedure ‘cieche’ – di raggiungere quella semplicità, direi quasi quell’ovvietà che è sempre stata l’obiettivo del risultato finale. Spesso i dilettanti scambiano il senso di ‘naturalezza’ che emana da un’opera riuscita con la spontaneità della disposizione d’animo dell’autore, mentre non capiscono come invece essa sia il risultato di un’insieme molto complesso di cose e soprattutto di molto, molto lavoro. Il progetto diventa ‘se stesso’ proprio attraverso la capacità di trasformare le resistenze e le difficoltà in ‘specificità’, parola che sostituirei sempre al concetto di ‘originalità’. Questo comporta che tutte le persone che operano sul progetto, pur applicando competenze particolari, ne capiscano i meccanismi più profondi; in questo senso, che essi siano ‘architetti’ non tanto per titolo accademico, quanto per una comprensione non superficiale del fenomeno architettonico, delle sue risorse, dei suoi limiti. Un gioco ha delle regole ma anche un ‘succo’, e uno studio professionale è come un complesso di musicisti che cercano di far musica insieme, trasfigurando la tecnica in un corpo sonoro, o fisico, che deve avere consistenza, carattere, grazia. La città che ci hanno lasciato le generazioni passate aveva queste caratteristiche; speriamo di generare ambienti diversi da essa, ma pur amabili come quelli ereditati.
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Edifici residenziali area ex-Junghans alla Giudecca, Venezia
nome progetto/project name Edifici residenziali area ex-Junghans, Giudecca/Residential buildings at ex-Junghans area, Giudecca progetto e direzione lavori/design and works supervision Cino Zucchi Architetti committente/client Judeca Nova luogo/place Venezia foto/photos Cino Zucchi, Pietro Savorelli edificio A2-A3/building A2-A3 nome progetto/project name Cino Zucchi, Pietro Nicolini con/with Roberta Castiglioni, Cristina Margarini, Carlotta Garretti, Stefano Vaghi data progetto/design date 1998-2002 volume/volume 4.855 mc/cm
edificio B/building B progetto/design Cino Zucchi, Alessandro Acerbi, Ida Origgi, Franco Tagliabue, Federico Tranfa con/with Mariavera Chiari, Matteo Moretti, Caroline King, Chiara Aliverti data progetto/design date 1998-2002 volume/volume 3.012 mc/cm edificio D/building D progetto/design Cino Zucchi, Alessandro Acerbi, Ida Origgi, Franco Tagliabue, Federico Tranfa con/with Natascha Heil, Gaudia Lucchini, Anna Morandi, Luca Zaniboni data progetto/design date 1997-2002 volume/volume 4.105 mc/cm
edificio E1/building E1 progetto/design Cino Zucchi, Alessandro Acerbi, Ida Origgi, Franco Tagliabue, Federico Tranfa, Luca Zaniboni, con/with Giorgio Ceradelli, Mariavera Chiari, Silvia Cremaschi, Caroline King, Matteo Moretti, Pilar Marti Rodrigo data progetto/design date 1999-2002 volume/volume 5.775 mc/cm edificio G1-G2/building G1-G2 progetto/design Cino Zucchi, Pietro Nicolini, Ida Origgi, Franco Tagliabue, con Pietro Bagnoli, Mariavera Chiari, Carlotta Garretti, Caroline King, Cristina Margarini, Matteo Moretti, Pilar Marti Rodrigo, Stefano Vaghi data progetto/design date 1999-2002 volume/volume 9.606 mc/cm
Residential buildings at ex-Junghans area in Giudecca disctirct, Venice The intervention realized in the island of Giudecca, in Venice, in the ex Jung-
L’intervento realizzato nell’isola della Giudecca, a Venezia, nell’area ex Junghans tenta di stabilire un rapporto ‘contemporaneo’ con la tradizione e con l’unicità del paesaggio urbano della città lagunare. Le due scale urbane presenti nell’isola, il tessuto più denso a nord e quello più rado dei recinti indu-
hans area attempts to establish a ‘contemporary’ relationship with tradition and with the uniqueness of the urban landscape of the lagoon city. The two urban scales within the island, with the thickest texture to the north and the sparsest one consisting of industrial enclosures abutting on the lagoon, are recognised by the new urban plant. The project operates a kind of ‘micro-surgery’ within the disused industrial area, alternating decisive transformations with thinner alterations to existing buildings and open spaces. The old ex-Junghans enclosure thus opens up for the city, with the construction of a new texture and the changeover of existing industrial buildings for dwelling purposes. A new projection on the lagoon landscape with a longish square confining the existing school garden and a new canal crossing the residential texture to the south, are the elements characterising the intervention. The six buildings constituting the intervention propose a fresh contemporary interpretation of the traditional formal features of the lagoon residencies. The A2-A3 building is a simple existing industrial complex. Small changes to its profile attempt giving architectural dignity to the new background role of the planned square. The dug out loggias on the uppermost floor stress the sheath character of the southern façade, whose public function is underscored by a new copper-plated penthouse.
striali che si affacciano sulla laguna, sono riconosciute dal nuovo impianto urbano. Il progetto opera una sorta di ‘microchirurgia’ all’interno dell’area industriale dismessa, alternando decise trasformazioni a più sottili modifiche degli edifici e degli spazi aperti esistenti. Il recinto della ex-Junghans viene così aperto alla città, con la costruzione di un nuovo tessuto e la riforma degli edifici industriali esistenti ad uso abitativo. Un nuovo affaccio sul paesaggio lagunare con una lunga piazza che borda il giardino della scuola esistente e un nuovo canale che attraversa il tessuto residenziale a sud, sono gli elementi che caratterizzano l’intervento. I sei edifici che compongono l’intervento ripropongono una interpretazione contemporanea delle caratteristiche formali tradizionali delle residenze lagunari. L’edificio A2-A3 è un semplice corpo industriale esistente. Piccole riforme al suo profilo tentano di dare dignità architettonica al nuovo ruolo di sfondo della piazza di progetto. Le logge scavate all’ultimo piano enfatizzano il carattere di schermo della facciata sud, la cui funzione pubblica è sottolineata da una nuova tettoia in rame. L’edificio B costituisce la ricostruzione integrale di un piccolo corpo esistente affacciato sul canale. Il nuovo sottile corpo in mattoni riprende in testata il profilo dell’edificio precedente attraverso una deflessione planimetrica e altimetrica del corpo di fabbrica. Grandi logge a doppia altezza affacciano sul verde del campiello. L’edificio D è una nuova costruzione per sedici appartamenti di edilizia convenzionata che sostituisce un edificio esistente di cui è conservata la ciminiera come testimonianza del passato industriale. La massa cubica dell’edificio è scavata verso sud da una corte trapezia in marmorino bianco, un luogo intimo che porta dallo spazio pubblico all’ingresso. Se i materiali e le tecniche usate sono del tutto tradizionali, i dettagli del loro uso rivelano l’impossibilità di una replica storicistica. L’edificio E1 delimita la piazza di progetto e il nuovo canale. La facciata verso la piazza, poggiata su un lungo portico, è costituita da uno schermo di lastre di pietra di diverso colore e tessitura e conclusa da una cornice molto aggettante che inquadra la veduta verso la Laguna. Il lato verso l’acqua, più semplice, è bucato a piano terra da portali che ne aumentano la permeabilità visiva. G1-G2 I due corpi gemelli, che si affacciano su di un giardino comune, sono separati da un taglio che apre un cono visivo verso la Laguna. Le facciate esterne in mattoni sono scavate dalle alte nicchie delle scale mentre, verso il giardino alte torri in acciaio e legno raccolgono i balconi privati.
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D
prospetto ovest/west elevation
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5m
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pianta piano terra/ground floor plan
intonaco/plaster
pietra/stone
vetro/glass schemi dei materiali utilizzati nei prospetti schemes of the materials used on the faรงades
E1
planimetria generale general site plan
pianta piano terra/ground floor plan
B
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5m
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pianta piano tipo/standard floor plan
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A2-A3 prospetto sud/south elevation
Building B consists of a supplemented reconstruction of a small existing body projecting onto the canal. The new sheer brick body reassumes the profile of the former building through a site and vertical plan deflection of the factory building. Large loggias having a double height face out onto the green of the small square. Building D is a new construction for sixteen apartments of socially agreed buildings substituting an existing building where the chimney still stands in witness to its industrial past. The cubic massiveness of the building is dug out to the south from a short white marble trapeze, this being an intimate place taking from a public space to the entrance. If the materials and techniques used are altogether traditional, the details of their use reveal how impossible it is to reply to them historically. Building E1 marks the limits of the project square and the new canal. The faรงade looking out onto the square, positioned on a long portico, consists of a multi-hued and textured flagstone sheath finished out of a highly projecting cornice framing the view over the Lagoon. The side facing the water is, more simply, holed by portals at ground floor which increase the visual permeability. G1-G2 are the two twin complexes, facing each other on a common garden, separated by a breach which opens a visual cone onto the Lagoon. The external brick faรงades are dug out of the high niches on the stairs, while in the direction of the garden high steel and wooden towers keep together the private balconies.
G1-G2 pianta piano terra/ground floor plan
0
5m
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Nuovo Portello, Milano
nome progetto/project name Nuovo Portello Edifici di edilizia residenziale libera e convenzionata, edificio per uffici/New Portello: free and socially agreed residency, office building progetto/design Cino Zucchi Architetti con/with Zucchi & Partners progetto urbanistico piano integrato di intervento Nuovo Portello/plan for the re-use of the former industrial Portello site Gino Valle progetto preliminare/preliminary project Cino Zucchi Architetti – Cino Zucchi, Pietro Bagnoli con/with Leonardo Berretti, Elisa Leoni progetto definitivo/definitive project Cino Zucchi Architetti – Cino Zucchi, Pietro Bagnoli, Cristina Balet Sala, Leonardo Berretti, Silvia Cremaschi, Elisa Leoni, Maria Rita Solimando Romano, Helena Sterpin con/with Reem Almannai, Francesco Cazzola, Filippo Carcano, Maria Chiara D’Amico, Thilo De Gregorio, Sang Soo Han, Manuela Parolo
progetto esecutivo e direzione artistica/construction documents and art direction Zucchi & Partners – Nicola Bianchi, Andrea Viganò, Cino Zucchi con/with Leonardo Berretti, Chiara Frassi e/and Ivan Bernardini, Irene Bino, Claudia Brivio, Michele Corno, Linda Pirovano, Gabriella Trotta, Nükhet Anadal, Chiara Toscani direzione lavori edilizia convenzionata in linea e a torre/works supervision for the socially agreed residency (in-line and tower buildings) Fulvio Leonardelli direzione lavori edilizia libera, edificio a uffici e spazi aperti/works supervision of the free residency, office building and open spaces Vittore Ceretti rendering/rendering Gianluca Cavazza, Marco Pizzuto committente/client Auredia – Ennio Brion coordinamento/coordinator Pirelli & C. Real Estate Project Management strutture/structures Sajni e Zambetti
impianti/systems Ariatta ingegneria dei sistemi impresa/contractor Marcora Costruzioni luogo/place Milano data progetto/design date 2002-2008 foto/photos Cino Zuchi, ORCH (Fulvio Orsenigo, Alessandra Chemollo)
New Portello, Milan The portion designed by Cino Zucchi Architetti in sector 2b-2c of the Intervention Supplemented Programme for the Portello area,
La porzione disegnata da Cino Zucchi Architetti sul comparto 2b-2c del Programma Integrato di Intervento per l’area del Portello, la seconda ad essere realizzata dopo l’aggregato commerciale, comprende cinque edifici di residenza convenzionata, tre edifici di residenza libera affacciati sul parco, e un
the second to be realized after the commercial complex, includes five building of socially agreed residency, three buildings of free residency facing the park, and a building consisting of offices on public land at Alfa Romeo’s former mess and recreational centre. The sector is partitioned into three distinct areas connected by inner pathways. The southern part of the area is characterized by three complexes in line eight-storey high, a city front towards the street increasing exposure to the sun and screening against traffic noise. The depth of the factory building is excavated from a small open court onto which bathrooms and kitchens abut. The north-eastern fronts, which are more compact, are characterised by thin geometric deformations which accentuate the ‘concavity’ of the courts; the south-western fronts towards the park are instead cleared up with a metal split-level screen, giving rise to protection for the wide loggias abutting on the park. The long arcade on the ground unifies access to vertical circulations and creates a privileged façade overlooking the courtyard. The materials used are tiles in bleached terracotta, white Trani stone, warm gray wooden apertures and gray-green painted aluminium rolling shutters and blinds. At the centre, the structural typology in wide spans in the building housing Alfa Romeo’s ex mess is hollowed out at the two upper floors from a glass
edificio a uffici sul sedime della ex mensa e circolo ricreativo dell’Alfa Romeo. Il comparto è ripartito in tre aree distinte connesse da percorsi interni. La parte sud dell’area è contraddistinta da tre corpi in linea alti otto piani, un fronte urbano verso la strada che massimizza l’esposizione solare e scherma dal rumore del traffico. La profondità del corpo di fabbrica è scavata da una piccola corte aperta su cui affacciano bagni e cucine. I fronti a nord-est, più compatti, sono caratterizzati da sottili deformazioni geometriche che accentuano la ‘concavità’ delle corti; i fronti a sud-ovest verso il parco sono risolti invece con uno schermo in elementi metallici, sfalsati, che creano una protezione per le ampie logge affacciate verso il parco. Il lungo porticato a terra unifica l’accesso alle circolazioni verticali e crea un affaccio privilegiato verso la corte. I materiali utilizzati sono piastrelle in cotto decolorato, pietra di Trani bianca, serramenti in legno grigio caldo, tapparelle e scuri scorrevoli in alluminio verniciato in color grigio-verde. Al centro, la tipologia strutturale a vaste campate dell’edificio della ex mensa Alfa Romeo è scavata ai due piani superiori da un cavedio vetrato che crea una sorta di giardino interno sul quale affacciano i nuovi uffici. Il piano terra, un vasto spazio a doppia altezza, è inflesso verso nord-ovest da una serra che ospita lo show-room e un ingresso indipendente in relazione alla nuova piccola piazza di progetto. La sua pelle, contraddistinta dal rivestimento in Pietra del Cardoso a lunghi conci orizzontali e i serramenti in alluminio e vetro di diversa trasparenza e giacitura, racchiude un volume unitario proiettato verso il parco e i nuovi percorsi pubblici. Nella sua porzione nord il progetto adotta una tipologia residenziale a torre che massimizza la trasparenza tra città e parco. Le due torri di residenza convenzionata ripropongono il linguaggio dei corpi in linea a sud: rivestimento in cotto decolorato in pietra di Trani bianca, serramenti in legno e tapparelle e scuri scorrevoli in color blu cobalto, zinco al titanio per le coperture. Il profilo della copertura è inflesso a ‘cercare’ la forma di un tetto a falde e inquadra l’accesso al parco. Le tre torri di residenza libera affacciate sul parco sorgono invece da un giardino privato comune; la loro disposizione cerca le viste sullo stesso attraverso logge aggettanti, prismatiche, che rompono il profilo unitario del volume. I materiali, qui usati con un maggiore connotato di ‘pelle’, sono la pietra di colore grigio caldo a due diverse finiture, serramenti in legno decolorato, parapetti in vetro sabbiato e serigrafato, scuri in alluminio in tre diversi colori.
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pianta piano tipo/standard floor plan
0
10 m
Edifici a torre di edilizia residenziale convenzionata/Socially agreed residential tower buildings superficie/area 5.724 mq/sqm sotto: schema dei colori sul prospetto below: colors’ scheme on the façade
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Edifici a torre di edilizia residenziale libera Free residential tower buildings superficie/area 8.834 mq/sqm pagina seguente: schema dei colori sul prospetto/following page: colors’ scheme on the façade
sheathed cavaedium which creates a kind of internal garden onto which the new offices abut. The ground floor, consisting of a double high extensive space, is bent inwards to the north-west from a greenhouse within which are located the showroom and an independent entrance relative to the new small square in the project. With its skin characterised by the cover afforded in Cardoso Stone in long horizontal dressings, and aluminium and glass apertures having different transparency and spread, it encapsulates a unitary volume projected towards the park and the new public pathways. In its northern sector the project adopts a residential typology in a tower-like structure maximising the transparency between city and park. The two towers of the socially agreed residency further propose the language of the aligned complexes to the south: a covering in bleached terracotta in white Trani stone, wooden apertures and cobalt blue rolling shutters and blinds, with titan zinc for the covers. The cover profile is bent inwards to ‘look for’ the form of a layered roof and it frames access to the park. The three free residency towers abutting on the park instead stand out from a common private garden; their lay-out searches views of it through projecting and prismatic loggias which break the unitary profile of the volume. The materials, which are here used with a better description of ‘skin’, are warm gray stone in two different finishes, bleached wooden apertures, parapets in frosted and printed glass, tarnished in aluminium in three different colours.
pianta piano tipo/standard floor plan
0
10 m
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Edifici in linea di edilizia residenziale convenzionata/Socially agreed residential in-line buildings superficie/area 11.441 mq/sqm
schema dei colori sul prospetto colors’ scheme on the façade
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20 m
pianta piano tipo/standard floor plan
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pianta piano terra/ground floor plan
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5m
Edificio per uffici nell’ex mensa Alfa Romeo Office building in Alfa Romeo’s ex mess volume/volume 15.900 mc/cm
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Villa Van Straaten a Enschede
nome progetto/project name Villa Van Straaten Van Straaten House progetto/design Cino Zucchi Architetti con/with Visser van Aalderen Architecten – Cino Zucchi, Cristina Balet Sala, Markus van Aalderen committente/client Mark Van Straaten luogo/place Enschede, Olanda volume/volume 1.300 mc/cm data progetto/design date 2005-2008 foto/photos Allard van der Hoek
Van Straaten House in Enschede On the inside of a reconstruction plane of a few cut-off areas of the city of Enschede, in Holland, the Van Straaten spouses’ house where their children also live, punctually responds to the needs of the family and at the same time to the master plan’s constrainslevels of freedom. Along a boulevard stretched between two museums, and sidelined by unfamiliar houses for which the floor orders a strong urban presence, there develops the building, characterised by a strong articulation of volumes. The main ‘formal’ entrance and that of the kitchen, intend reinforcing the elongated projection towards the museum, while the lean volume of three floors at the corner articulates the grafting of the secondary road, where the garage is found, which at this point crosses the boulevard. The inner side instead presents a broken geometry embracing the small private garden overlooked by the vertical distribution. The front has been realized in oxidised or electro-coloured zinc sheaths with a vertical flow broken by large windows with grated openings on the front. At ground floor level, a series of domestic ambients open up on the sequence of the main stairway, positioned in a double height parallel to the area wall. Large windows of various dimensions open up onto the surrounding urban landscape, rendering the building porous and transparent, with long views crossing it. At the two upper floors the stairway identifies a series of small common spaces between rooms.
All’interno di un piano di ricostruzione di alcuni isolati della città di Enschede, Olanda, la casa per i coniugi Van Straaten e per i loro tre figli risponde in maniera puntuale alle esigenze della famiglia e, al contempo, ai ‘vincoli-gradi’ di libertà del master plan. Lungo un boulevard teso tra due musei, e fiancheggiato da case unifamiliari per le quali il piano prescrive una forte presenza urbana, si sviluppa l’edificio, caratterizzato da una forte articolazione dei volumi. L’ingresso principale ‘formale’ e quello della cucina, vuole rinforzare la lunga prospettiva verso il museo, mentre lo snello volume di tre piani sull’angolo articola l’innesto della strada secondaria, dove è posto il garage, che in questo punto incrocia il boulevard. Il lato interno presenta invece una geometria spezzata che abbraccia il piccolo giardino privato sul quale affaccia la distribuzione verticale. Il fronte è stato realizzato in lamiere di zinco ossidato o elettrocolorato, ad andamento verticale, rotto da grandi finestre con serramenti a filo facciata. A piano terra, una serie di ambienti domestici si apre sulla sequenza della scala principale, posta in una doppia altezza parallela al muro d’ambito. Grandi finestre di diversa dimensione si aprono sul paesaggio urbano circostante, rendendo l’edificio poroso e trasparente, con lunghe visuali che lo attraversano. Ai due piani superiori la scala individua una serie di piccoli spazi comuni tra le stanze.
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planimetria generale/site plan
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in basso: vista dal boulevard/bottom: view from the main road pagina seguente: l’innesto sulla strada secondaria/following page: the grafting on the secondary road
a
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pianta piano terra/ground floor plan
pianta primo piano/first floor plan
sezione aa/section aa
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5m
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DOORSNEDE B - B'
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Giardino pubblico a San Donà di Piave
nome progetto/project name Giardino pubblico a San Donà di Piave/Public park in San Donà di Piave progetto/design Cino Zucchi Architetti con/with Gueltrini e Stignani Associati Cino Zucchi Architetti – Cino Zucchi, Pietro Bagnoli con/with Francesco Cazzola, Filippo Facchinetto modello/model Filippo Carcano consulenza paesaggistica/landscape consultant Gueltrini e Stignani Associati – Paolo Gueltrini e/and Antonio Stignani coordinamento/coordinator Proteco committente/client Consorzio Borgo Vecchio luogo/place San Donà di Piave (VE) superficie/area 20.000 mq/sqm data progetto/design date 2004-2007 foto/photos Cino Zuchi, ORCH (Fulvio Orsenigo, Alessandra Chemollo)
Public park in San Donà di Piave The Park in the
city of San Donà di Piave has been realized in a peripheral area surrounded by buildings with a height of from two to four floors, developed in quite a haphazard manner. Starting off from the idea that a park should offer a sense of well-being and relaxation, Cino Zucchi has worked on the morphology of the ground and the materials used to feature space. Sandy hills and embankments isolate the area from parking and from the surrounding periphery while the foot pathways, the same way as the seating places, the auditorium, the fountain, the children’s area, the cycle tracks and the picnic areas, are realized with white pebble stones kept together with cement, which is also white. The parking area, by comparison, is instead asphalted with bright colours. A concave space, defined by trees, lights and seating places in white stone, gathers an informal amphitheatre to host events. A series of rayed out pathways link the park’s central nucleus with the foot and cycle paths joining the quarter to the city. The children’s play park is further protected by a wooden spiral featured by a high lamp emerging from the ground. The lights do not but underscore the distinctive feature of the several areas within the park: a line of high and thin lamp posts follows the slight curve of the pathways, with the low and horizontal light points marking the ground’s irregularity and coarseness and the high lamp posts of the playing area marking the park’s presence to whoever is coming through from the street.
Il Parco della città di San Donà di Piave è stato realizzato in un’area periferica circondata da edifici alti da due a quattro piani cresciuti in maniera abbastanza disordinata. Partendo dall’idea che un parco debba offrire una sensazione di benessere e distensione, Cino Zucchi ha lavorato sulla morfologia del terreno e sui materiali utilizzati per caratterizzare lo spazio. Dune e terrapieni isolano l’area dal parcheggio e dalla periferia circostante mentre i percorsi pedonali, così come le sedute, l’auditorium, la fontana, il luogo di ritrovo dei bambini, le piste ciclabili e le aree pic-nic, sono realizzati con ciottoli bianchi legati da cemento, sempre bianco, L’area destinata al parcheggio, per contrasto, è invece asfaltata con colori accesi. Uno spazio concavo, definito da alberi, luci e sedute in pietra bianca, accoglie un anfiteatro informale per ospitare eventi. Una serie di percorsi a raggiera collegano il nucleo centrale del parco con i sentieri pedonali e ciclabili che uniscono il quartiere alla città. Il parco giochi dei bambini è protetto ulteriormente da una spirale in legno e caratterizzato da un’alta lampada che esce dal terreno. Le luci non fanno che sottolineare il carattere distintivo delle diverse aree del parco: una fila di lampioni alti e sottili segue la lieve curva dei percorsi, i punti luce bassi e orizzontali rimarcano l’irregolarità e la ruvidità del suolo, gli alti lampioni dell’area gioco segnalano la presenza del parco a chi arriva dalla strada.
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tracciamento della duna the tracing of the dune in basso: le gradonate in ciottoli bianchi legati da cemento/bottom: seating places realized with pebble stones kept together by concrete
sezioni paesaggistiche/landscape sections
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Š Studio ORCH
planimetria generale/general site plan
Nuova chiesa Resurrezione di Gesù, Sesto San Giovanni
nome progetto/project name Nuova chiesa Resurrezione di Gesù/New Church Resurrezione di Gesù progetto preliminare/preliminary project Cino Zucchi Architetti – Cino Zucchi, Helena Sterpin, Filippo Carcano, Cinzia Catena, Silvia Cremaschi, Cristina Balet Sala, con/with Anna Bacchetta, Annalisa Romani, Martina Valcamonica, Valentina Zanoni progetto definitivo e esecutivo/definitive project construction documents Zucchi & Partners – Cino Zucchi, Nicola Bianchi, Andrea Viganò, Leonardo Berretti, Ivan Bernardini direzione lavori/works supervision Zucchi & Partners Nicola Bianchi, Marcello Felicori
rendering/rendering Filippo Facchinetto modelli/models Filippo Carcano, Paola Andreoli, Roberto Rezzoli consulenti esterni/external consultants Don Giovanni Mariani, Don Giovanni Zuffada (liturgista/liturgy); Hélène Delprat (artista/artist); Zucchi & Partners (stima dei costi/quantity surveyor); Mauro Giuliani – Redesco (strutture/structures); Cinzia Ferrara – Ferrara Palladino (consulenza illuminotecnica/lighting consultant); Gianfranco Ariatta – Ariatta ingegneria dei sistemi (impianti/systems) luogo/place Sesto San Giovanni (MI) data progetto/design date 2004-2010 foto/photos Cino Zucchi
La nuova chiesa a Sesto San Giovanni è un progetto asciutto, dalla soluzione spaziale compatta, dove il volume è scavato fino a generare degli spazi coperti di accoglienza della comunità che si aprono verso l’esterno. Il nuovo fronte, traforato nella parte alta, assume il filo di gronda del vicino oratorio; l’inflessione planimetrica dei suoi due lati crea uno spazio coperto di fronte all’ingresso e dà forma al nuovo spazio del sagrato. Intorno al volume principale dell’aula un corpo più basso coperto da un tetto a falda ospita gli ambienti di servizio e di vita sociale del complesso parrocchiale. La disposizione generale delle parti è del tutto tradizionale, ma la determinazione accurata degli spazi di pertinenza, le proporzioni degli ambienti, l’illuminazione, il disegno semplice dei luoghi liturgici e degli arredi esprimono la ricerca di un carattere accogliente e profondo per questi luoghi. L’interno dell’aula liturgica vuole essere uno spazio sereno, mistico ma non teatrale. Dal portale sul sagrato si accede a uno spazio trasversale più basso che costituisce un elemento di transizione tra sagrato e aula. Esso contiene – oltre all’acquasantiera, alla bacheca avvisi e alla distribuzione dei messali – il fonte battesimale. Il soffitto dell’aula rettangolare è ritmato dalle fitte nervature trasversali che contengono i lucernari. Due leggere ‘vele’ dipartono dalle pareti per chiudersi verso il centro; un grande lucernario sulla parete di fondo porta la luce da nord sopra il presbiterio.
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studi iconografici dell’artista Hélène Delprat iconographical studies by artist Hélène Delprat
sezione aa/section aa
a
New Church Resurrezione di Gesù in Sesto San Giovanni The new church in Sesto San Giovanni is a dry project, having a compact spatial solution,
pianta piano terra/ground floor plan
prospetto laterale/side elevation
0
5m
where the volume is dug out up to generating covered community reception spaces opening to the outside. The new façade, pierced in the upper part, takes the gutter of the nearby oratory; the planimetric bending of its two sides creates a covered space in front of the entrance and gives shape to the new parvis space. Around the main volume of the hall a lower complex covered by a layered roof hosts the ambients providing service and social life within the parish complex. The general layout of the parts is completely traditional, yet the precise establishment of stay-in spaces, ambient proportions, lighting, the simple design of liturgical places and of fixtures express the search for a receptive and profound character for these places. The inner area of the liturgy hall must be a serene, mystical and non-theatrical space. From the portal on the parvis one proceeds to a lower transversal space which constitutes an element of transition between the parvis and the hall. There stands the baptismal font, besides the holy water font, the notice board and the distribution table for missals. The roof of the rectangular hall is rhythmed with the tight transversal ribs containing skylights. Two light ‘veils’ flow down from the walls to join in a closed position near the middle area; a large skylight on the background wall absorbs light from the north on to the presbytery.
prospetto laterale con campetto da calcio adiacente/side elevation with the football ground sotto: aula liturgica con vista delle nervature trasversali/below: the liturgy hall with the tight tranversal ribs
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Edificio per uffici U15, Assago
nome progetto/project name Edificio per uffici U15 U15 office building progetto/design Cino Zucchi Architetti con/with General Planning progetto preliminare, progetto definitivo, direzione artistica/preliminary project, definitive project/art direction committente/client Milanofiori 2000 luogo/place Assago (MI) superficie/area 18.000 mq/sqm data progetto/design date 2007-in costruzione under construction foto/photos Cino Zucchi
U15 office building in Assago The large dimension of the plot in the north-western zone of the new Milanofiori 2000 settlement in Assago, and
La grande dimensione del lotto nel quadrante nord-ovest del nuovo insediamento di Milanofiori 2000 ad Assago, e della sagoma limite dell’edificio indicata dal master plan è interpretata piegandone i margini verso l’interno fino a generare uno schema distributivo efficace. Il profilo concavo a sud
of the building’s peripheral silhouette shown in the master plan is interpreted by folding the margins inwards until an efficient distributive scheme is generated. The concave profile to the south of the building for the U15 offices, significantly extends the projection of the offices onto the green and open spaces. The perimetral sheath confining the inner spaces is divided into several strata and forms a facade marked by a strong plasticity and a splitting in two of his plans: the inner wall – consisting of a traditional sheath alternating a windowed band and continuous apertures with an opaque belt of a parapet of equal height – and the system of fixed brise-soleils hanging on the outside. Corresponding to the building’s standing on the ground the second ‘skin’ cover is interrupted according to a slight wavy profile, revealing a continuous underlying glass sheath which enhances the projections onto the green. The designs of pertinent open spaces alternates paved surfaces with green areas with prismatic surfaces; the first give form to the pathways from the south and from the east to the main foyer, constituting a pleasant dehors for the ground floor offices. The green areas making up the garden supplement the general landscape design, creating a visual sequence opening up on the new landscape arrangement and protecting the park’s microclimate from edge roads.
dell’edificio per uffici U15, estende in maniera significativa l’affaccio degli uffici sul verde e sugli spazi aperti. L’involucro perimetrale che delimita gli spazi interni è diviso in più strati e forma una facciata connotata da una forte plasticità e da uno sdoppiamento dei suoi piani: la parete interna – costituita da un involucro tradizionale che alterna una fascia finestrata e serramenti continui con una fascia opaca di parapetto di uguale altezza – e il sistema di frangisole fissi applicati esternamente. In corrispondenza dell’attacco a terra dell’edificio la seconda ‘pelle’ di rivestimento si interrompe secondo un profilo leggermente ondulato, rivelando una vetrata continua sottostante che massimizza gli affacci sul verde. Il disegno degli spazi aperti pertinenziali alterna superfici pavimentate ad aree verdi dalla superficie cangiante; le prime danno forma ai percorsi da sud e da est verso l’atrio principale, costituendo un piacevole dehors per gli uffici a piano terra. Le aree verdi a giardino si integrano con il disegno generale del paesaggio, creando una sequenza visiva che si apre sulle nuove sistemazioni del paesaggio e protegge il microclima del parco dalle strade di bordo.
schizzi di studio/study sketches
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pianta piano tipo/standard floor plan
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10 m
pianta piano terra/ground floor plan
vista complessiva/total view sotto: dettaglio del sistema dei frangisole esterni/below: detail of the external brise-soleil system
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Ristrutturazione e ampliamento del Museo dell’automobile Carlo Biscaretti di Ruffia
nome progetto/project name Ristrutturazione e ampliamento del Museo dell’automobile Carlo Biscaretti di Ruffia/Renovation and expansion of the Carlo Biscaretti di Ruffia car museum progetto/design Cino Zucchi Architetti con/with Recchi Engineering, Proger Spa concorso (primo premio), progetto preliminare, progetto definitivo, progetto esecutivo, direzione artistica/competition (first prize), preliminary project, definitive project, construction documents, art direction committente/client Museo dell’automobile di Torino luogo/place Torino superficie/area 17.100 mq/sqm data progetto/design date 2005-in costruzione under construction foto/photos Cino Zucchi
Restoration and expansion of the Carlo Biscaretti di Ruffia car museum The renovation and expansion intervention of the present museum, aims at making this complex a compelling element of urban renewal of the southern quarter of the city of Turin. The project aims at responding to the several surrounding conditions and to emphasise the relationship with the urban spaces adjacent to the museum. On the ground floor there is a series of public spaces related to the museum and to connected activities (bookshop, merchandise sales, bar and coffee shop), while the real exhibition functions are supplemented by a series of complementary activities which make the Car Museum live at any time. The new wing on the western side, being a large space which is inseparable from the grand flexible preparations, supplements the existing complex, by affording continuity to the two ‘urban’ prospects. The new glass façade, dealt with at various levels of transparency, renews the image of the museum with great attention to the relationship between existing parts and new parts, reunited by a planning approach which can evaluate and give unity to the complex. The new courtyard onto which the museum pathways abut guarantees an orientation of extremely natural visitors, becoming together with the existing connecting gangways between the two complexes, the heart of a tested “ringed” exhibition scheme. The auditorium and the teaching halls could easily function both in an independent manner and in connection with the museum and restaurant, thus animating the museum complex.
L’intervento di ristrutturazione e ampliamento dell’attuale museo, mira a fare del complesso un elemento trainante del rinnovo urbano del quadrante sud della città di Torino. Il progetto mira a rispondere alle diverse condizioni dell’intorno ed enfatizzare il rapporto con gli spazi urbani adiacenti al museo. Al piano terra si articola una serie di spazi pubblici di relazione del museo e delle attività ad esso connesse (bookshop, vendita di merchandising, bar-cafeteria), mentre le funzioni propriamente espositive sono integrate da una serie di attività complementari che fanno vivere il Museo dell’automobile in ogni momento. La nuova ala sul lato ovest, un grande spazio indiviso dalla grande flessibilità allestitiva, si integra al corpo esistente, dando continuità ai due prospetti ‘urbani’. La nuova facciata di vetro, trattato con diversi gradi di trasparenza, rinnova l’immagine del museo con una grande attenzione al rapporto tra parti esistenti e parti nuove, riunite da un approccio progettuale capace di valorizzare e dare unità al complesso. La nuova corte sulla quale si affacciano i percorsi museali garantisce ai visitatori un orientamento estremamente naturale, diventando insieme alle esistenti passerelle di collegamento tra i due corpi il cuore di un collaudato schema espositivo ‘ad anello’. L’auditorium e le sale didattiche possono facilmente funzionare sia in maniera indipendente sia in connessione con il museo e il ristorante, animando così il complesso museale.
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in queste pagine: rendering e immagini di cantiere/in these pages: renderings and views of the site works
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Central Pasila Tower Area
nome progetto/project name piano particolareggiato e progetto preliminare di due torri/detailed and preliminary project of two towers progetto/design Cino Zucchi Architetti con/with One Works e/and Buro Happold London committente/client Città di Helsinki – Ufficio pianificazione urbana City planning department luogo/place Helsinki, Finlandia superficie/area 36.620 mq/sqm data masterplan/masterplan design date 2004 data piano particolareggiato torri/detailed plan date 2009
Pasila is one of the suburbs of the city of Helsinki and represents one of the main hubs of mobility, such as to be divided, between east and west, by a wide area of railway junctions, presently the subject of urban planning. Starting from the presumption that the increase in dwelling density and the creation of a functional mix (above all near public transport hubs like Pasila) could be one of the major contributors to CO2 reduction, the Detailed Plan for the Towers, proposed within the master plan for Central Pasila, actually represents the focal point of this new urban axis. A line-up of public spaces, it unravels towards the former train deposits which become transformed into spaces for shops, artisans, coffee shops. Around the new main square, a few towers on a polygonal layout host services and offices at the lower floors and residences at higher ones, according to a new settlement model with distinguished functions and based on pedestrian mobility. The base of the towers instead extends to embrace the public spaces and terraced gardens connecting various levels. As to the future a certain number of simple guidelines and rules allow the project to develop, ensuring full vitality to urban spaces and conserving both environment and natural landscape.
in queste pagine: rendering del progetto in these pages: renderings the project
Pasila è uno dei sobborghi della città di Helsinki e ne rappresenta uno dei principali nodi della mobilità, tanto da essere suddiviso, fra est ed ovest, da un’ampia area di smistamento ferroviario, attualmente soggetta a pianificazione urbanistica. Partendo dal presupposto che l’aumento della densità abitativa e la creazione di un mix funzionale (soprattutto in prossimità di nodi del trasporto pubblico come Pasila) possono essere uno dei maggiori contributi alla riduzione di CO2, il Piano Particolareggiato per le Torri, proposto all’interno del master plan per Central Pasilia, rappresenta di fatto il centro focale di questo nuovo polo urbano. Una sequenza di spazi pubblici si dipana verso gli ex depositi dei treni che vengono trasformati in spazi per negozi, artigiani, caffè. Attorno alla nuova piazza principale, alcune torri a pianta poligonale ospiteranno servizi ed uffici ai piani più bassi e residenze a quelli più alti, secondo un nuovo modello di insediamento con funzioni differenziate e basato sulla mobilità pedonale. La base delle torri si estende invece ad abbracciare gli spazi pubblici ed i giardini terrazzati che connettono i diversi livelli. Per il futuro un certo numero di semplici linee guida e regole permetteranno al progetto di svilupparsi, assicurando una piena vitalità agli spazi urbani e preservando l’ambiente ed il paesaggio naturale.
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Salewa Headquarters, Bolzano
nome progetto/project name Salewa Headquarters progetto/design Cino Zucchi Architetti e/and Park Associati per/for Cino Zucchi Architetti – Cino Zucchi per/for Park Associati – Filippo Pagliani, Michele Rossi concorso (primo premio), progetto preliminare, progetto definitivo, direzione artistica competition (first prize), preliminary project, definitive project, art direction committente/client Oberalp Spa luogo/place Bolzano superficie/area 25.000 mq/sqm data progetto/design date 2007-in costruzione under constrution foto/photos Cino Zucchi
Salewa Headquarters The new Salewa international Headquarters establishes a connection with the several dimensions of the place where they are found and becomes a communications instrument between the firm, its network of supply, co-operators, clients, and the natural or urban environment surrounding it. From the highway, also representing the most direct physical link to the European dimension to the firm, the intervention presents itself as a strong, unitary sign which can, however, react in an interesting manner with the dynamic dimension of car movements. To the south, the quiet in the fields reminds us of the secular relationship between man’s work nature. The northern side, on the new road, is the most urban side of the plot, and it can be reached by car or on foot by whosoever must reach the building. The eastern side, with the rock hewn gymnasium abutting onto the public green and bistro, represents the most socialising and public instant of the complex. The storehouse is dealt with as if it were a large artificial topography, the office and rock gym volumes carry on a dialogue among themselves and with the surrounding mountains which embrace the green middle space of the hanging garden ‘carved out’ on the storehouses’ roof. The availability of functions in the building volumes generates a configuration of relational spaces determining the image of the building to the various scales, a series of external and internal “landscapes” which help the public orientate itself in relation to the several ambient privacy levels.
La nuova sede di Salewa stabilisce una connessione con le diverse dimensioni del luogo in cui si colloca e diviene uno strumento di comunicazione tra l’azienda, la sua rete di fornitori, collaboratori, clienti, e l’ambiente, naturale o urbano, che lo circonda.
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Dall’autostrada, che rappresenta anche il link fisico più diretto alla dimensione europea dell’azienda, l’intervento si pone come un segno forte, unitario, ma capace di reagire in maniera interessante con la dimensione dinamica del movimento automobilistico. A sud, la quiete dei campi ci ricorda il rapporto secolare tra opera dell’uomo e natura. Il lato nord, sulla nuova strada, è il lato più urbano del lotto, raggiungibile in auto o a piedi da chi deve accedere all’edificio. Il lato est, con la palestra di roccia affacciata sul verde pubblico e sul bistrot, rappresenta il momento più sociale e pubblico del complesso. Il magazzino è trattato come una grande topografia artificiale, i volumi degli uffici e della palestra di roccia dialogano tra loro e con le montagne circostanti abbracciando lo spazio verde centrale del giardino pensile ‘scavato’ sul tetto dei magazzini. La disposizione delle funzioni nei volumi edilizi genera una configurazione di spazi di relazione che determina l’immagine dell’edificio alle varie scale, una serie di ‘paesaggi’ esterni ed interni che aiutano il pubblico a orientarsi in rapporto ai diversi gradi di privacy degli ambienti.
prospetto ovest/west elevation 0
10 m
prospetto nord/north elevation
prospetto est/east elevation
0
10 m
in queste pagine: rendering e modelli in these pages: renderings and models in apertura: dettaglio del rivestimento opening page: detail of the skin
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nome progetto/project name Trilogia Navile, Edifici residenziali/ Trilogia Navile, residential buildings progetto/design Cino Zucchi Architetti luogo/place Bologna data progetto/design date 2008-in corso concorso a inviti/invitation competition vincitore lotti C, D, E, M/ winner plots C, D, E, M
Work in progress La partecipazione ai concorsi è una componente importante per la professionalità di ogni studio. Oltre a costituire un’occasione di ricerca di incarichi, ciò che attrae è la possibilità che nei concorsi viene offerta, per loro stessa natura, di sperimentare soluzioni architettoniche, funzionali, tecnologiche anche inconsuete e innovative. Cino Zucchi Architetti partecipa assiduamente a questo tipo di attività, sia in Italia che all’estero. Allo stesso modo la ricerca e la capacità propositiva dello studio sono tra le componenti principali della sua attività. Questa vuole essere una breve rassegna di progetti sui quali lo studio sta lavorando. Participation to competitions is an essential component for the professionalism of any studio. In addition to representing an opportunity to seek out new orders, what attracts architects further is the chance that the competitions offer, due to their very nature, to experiment new architectural, functional, and technological solutions, often uncommon and innovative. Cino Zucchi Architetti is a frequent guest at this kind of event, both in Italy and abroad. At the same time the research activity and the studio proposal skill are ones of the main characteristics of its activity. The following aims at providing a brief overview of some works which the studio is working on at the moment.
Trilogia Navile The architectural elaboration for four blocks defined by the Master Plan for the area North of the Bologna train station draws from their particular
Trilogia Navile L’elaborazione architettonica per quattro isolati definiti dal Master Plan per l’area a nord della stazione di Bologna, trova nella loro posizione l’occasione per generare un paesaggio architettonico vario, attento alle condizioni di margine, al programma edilizio, all’orientamento rispetto al corso
location the inspiration to create a varied architectural landscape, attentive to the marginal conditions, the building construction plan, and the orientation with respect to the course of the sun. The buildings create a comfortable and pleasant urban habitat, one with a high environmental quality. Nel corpo della città [In the heart of the city] Using the recurrent similarities between the city and biological organisms which have infused our language throughout the centuries as a springboard, the ideal of an organic architecture has been transfigured into an animate object, thinking of the urban planner as though he were a sort of ‘barefoot doctor’ of the city. The Roman baroque domes transform themselves into a heart of stone, and the layout of Rome engraved by Giambattista Nolli in 1748 becomes the microscopeview of a human texture cultivated in vitro. Porta Nuova, East Residential Building A ‘virtual block’ shelters a refined inner green space. The main body bends over the Northern portion to align the sequence of open spaces with the flight that leads to the new circular square, making the most of the view on the historic city and protecting the new private garden. The enclosure around the perimeter confers a strong plasticity to the façade, while the bow windows at the back create a vertical articulation of volume, giving place to a play of shadows. New Lavazza’s Headquarters The core of the project is a new, vast square lined with trees, in the middle
del sole. Gli edifici generano un ambiente urbano confortevole e di grande qualità ambientale. Nel corpo della città Partendo dalle ricorrenti analogie tra città e organismi biologici che attraversano il nostro lessico nei secoli, l’ideale di un’architettura organica è stato trasfigurato in un oggetto animato, pensando all’urbanista come un possibile ‘medico scalzo’ della città. Le cupole del barocco romano si trasformano in un cuore di pietra, e la pianta di Roma incisa da Giambattista Nolli nel 1748 diventa la vista al microscopio di un tessuto umano coltivato in vitro. Porta Nuova, Edificio residenziale Est Un ‘isolato virtuale’ protegge un interno verde di grande qualità. Il corpo principale si piega nella porzione nord per allineare la sequenza degli spazi aperti alla rampa che porta alla nuova piazza circolare, massimizzando l’affaccio sulla città storica e proteggendo il nuovo giardino privato. L’involucro perimetrale connota la facciata con una forte plasticità mentre i bow windows retrostanti creano un’articolazione dei volumi in senso verticale generando un gioco di ombre. Nuovo centro direzionale Lavazza Cuore del progetto è una nuova grande piazza alberata al centro dell’isolato. L’edificio per uffici, che comunica con la città attraverso un atrio vetrato aperto sulla piazza, sembra una grande ‘nuvola’ che raccorda tra loro i vari fronti e gli edifici industriali conservati e convertiti a nuove funzioni. Le altezze e le facciate sono attentamente studiati in rapporto all’orientamento solare, alla qualità degli spazi aperti e all’intorno. Europe Embankment, Disegno delle facciate Il progetto interpreta il tema della ‘monumentalità’ e del contesto attraverso un attento uso delle proporzioni, dei materiali e dei ritmi. La proposta per le due facciate cerca di interpretare e valorizzare le diverse condizioni dello spazio da cui queste sono percepite. Riqualificazione dell’ex-Ospedale. Cittadella dell’Accoglienza Concepire un nuovo e moderno modello di residenza per anziani, che rifiuta la logica organizzativa di tipo ospedaliero, ma che pone al centro l’utente fragile, creando un ambiente familiare e terapeutico, dimostrandosi qualitativo, efficiente e funzionale, è stato l’obiettivo principale. La Cittadella dell’Accoglienza è concepita come un luogo intimo per la terapia, ma legato anche alla città garantendo vita e integrazione. Edificio residenziale Darsena L’edificio vuole porre in relazione reciproca due scale diverse, ragionando sull’evoluzione dell’abitare e del rapporto con il paesaggio. La chiarezza dell’impianto tipologico, la disposizione dei volumi, rispondono alle lunghe viste sulla città e sul mare e costruendo uno spazio a corte aperto verso il nuovo parco.
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nome progetto/project name Edificio residenziale in Darsena/Residential building in Darsena progetto/design Zucchi & Partners luogo/place Ravenna data progetto/design date 2006-in costruzione under construction
nome progetto/project name Nuovo centro direzionale Lavazza New lavazza’s Headquarters progetto/design Cino Zucchi Architetti con/with Ai Engineering, Manens-TiFS, Atelier G’art luogo/place Torino data progetto/design date 2010-in corso concorso a inviti/invitation competition primo premio/first prize
nome progetto/project name Porta Nuova, Edificio residenziale Est/Porta Nuova, Residential Building Est progetto/design Cino Zucchi Architetti luogo/place Milano data progetto/design date 2005-in corso
nome progetto/project name Europe Embankment, Disegno delle facciate/design of the façades progetto/design Cino Zucchi Architetti luogo/place San Pietroburgo data progetto/design date 2010 concorso a inviti/invitation competition selezionati/selected
nome progetto/project name Riqualificazione dell’ex-Ospedale. Cittadella dell’Accoglienza/Redevelopment of the former hospital. Cittadella dell’Accoglienza progetto/design Cino Zucchi Architetti con/with Europroject srl (capogruppo) luogo/place Riva del Garda (TN) data progetto/design date 2010 concorso a inviti/invitation competition primo premio/first prize
of the block. The office building, which interacts with the city through a glazed atrium that opens on the square, looks like a great ‘cloud’ which joins the sev-
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eral fronts and the industrial buildings, which have been preserved and converted to new functions. The heights and the facades have been carefully studied in relation to their orientation to the sun, the quality of the open spaces, and the immediate surroundings. Europe Embankment, design of the facades The project interprets the ‘monumentality’ theme and the context through a wise blend of proportions, materials, and rhythm. The concept for the two facades attempts to decipher and enhance the value of the different conditions of the space from which they are obtained. Requalification of the former Hospital. Cittadella dell’Accoglienza The mission to conceive a new and modern retirement home model, which rejects the organizational logic of a hospital, but rather focuses on the frail guest of these homes, creating a familiar and therapeutic ambient which succeeds in combining quality, efficiency, and functionality, was our driving purpose. The concept behind the Welcome Citadel wants to provide an intimate retreat for therapy, while yet linked to the city, ensuring liveliness and integration. Darsena Residential Building The building aims at reciprocally relate two different scales, with a new spin on the evolution of modern living spaces and relationship with the landscape. The clarity of the typology and the arrangement of the volumes, are responsive to the views on the city and the sea, creating an open courtyard which opens toward the new park. Nuovo centro direzionale Lavazza/New Lavazza’s Headquarters
nome progetto/project name Nel corpo della città in ‘Spazio’ progetto/design Cino Zucchi Architetti luogo/place MAXXI, Roma data progetto/design date gennaio/January 2010
Piet Van Dijk, FAIA – Blossom Music Center
Blossom Music Center
Casa della musica
Piet Van Dijk, FAIA
House of music
di/by
Marc Manack
planimetria generale/general site plan pagina seguente: veduta aerea following page: aerial view in apertura: sezione opening page: section
A quattro decadi dal suo completamento, il Blossom Music Center è uno straordinario esempio di architettura contemporanea. L’estetica del Blossom è segno di qualità architettonica e cura per il dettaglio, la sensibilità e originalità progettuale sono un testamento della percezione visionaria del suo architetto, Piet Van Dijk. Piet Van Dijk descrive liberamente la sua vita e la sua carriera come una serie di fortuiti incontri casuali, cosa che la dice lunga sull’umile personalità di questo eccezionale architetto americano. Nato nel 1929 da genitori olandesi, Van Dijk trascorse la sua infanzia viaggiando per il mondo, vivendo in territori coloniali olandesi come Indonesia e Curaçao, prima d’immigrare negli Stati Uniti durante l’adolescenza. Conseguì la laurea in architettura all’Università dell’Oregon, dove studiò con R. Buckminster Fuller. Dopo aver servito l’esercito americano, Van Dijk si servì del ‘G.I. Bill’ (NdT: legge sui benefici di formazione militare) per conseguire un master al Massachusetts Institute of Technology (MIT) e ottenne una ‘Fulbright traveling fellowship’ (NdT: borsa di studio post-universitaria per studiare all’estero) per studiare l’architettura italiana. Circondato da luminari come Kahn, Gropius, Sert, Mumford e Gideon, dalla cultura di Cambridge e dal cameratismo tra Harvard e il MIT, quello si dimostrò per Van Dijk un periodo di consapevolezza e formazione. Al MIT fu presentato alla persona per lui più significativa, un vero e proprio mentore, Eero Saarinen, con il quale Van Dijk avrebbe lavorato come designer su diversi progetti importanti per un periodo di quattro anni. Un consorzio di architetti locali in cerca di un giovane e dinamico talento con un imprimatur internazionale portò Piet Van Dijk a Cleveland, Ohio, nel 1961, dove continuò a fare esperienza. La filosofia progettuale di Van Dijk può essere interpretata come chiaramente moderna, pur rispettando lo spirito del luogo, e questo dipende sia dal suo senso pratico di evidente eredità olandese che dal suo carattere spontaneo e viscerale e dall’etica operaia da città postindustriale che lui chiama casa. La sua opera abbraccia sei decadi; è stato responsabile della progettazione di edifici straordinari sparsi per tutti gli Stati Uniti e tra questi nessuno
Well into the fourth decade after its completion, Blossom Music Center stands as a striking and contemporary work of architecture. While Blossom’s appearance is a marker of architectural quality and detail, its design sensibility and ingenuity is a testament to the projective vision of its architect, Piet Van Dijk. Piet Van Dijk casually describes his life and career as a series of fortuitous chance encounters, which speaks volumes to the humble character of this unique American architect. Born in 1929 to Dutch parents, Van Dijk spent his childhood traveling the world, living in Dutch colonial territories such as Indonesia and Curaçao before immigrating to the United States during his teenage years. He received his Bachelors in Architecture from the University of Oregon, where he studied under R. Buckminster Fuller. After serving in the U.S. Army, Van Dijk used the G.I. Bill to obtain his Master’s Degree from the Massachusetts Institute of Technology (MIT) and was awarded a Fulbright traveling fellowship to study Italian architecture. Being surrounded by such luminaries as Kahn, Gropius, Sert, Mumford and Gideon, the culture of Cambridge, and the camaraderie between Harvard and MIT, proved to be an awakening and formative time for Van Dijk. At MIT he was introduced to his most significant influence and mentor, Eero Saarinen, with who Van Dijk would work for as a designer on several important projects over the course of four years. A consortium of local architects in search of a dynamic young talent with international imprimatur brought Piet Van Dijk to Cleveland, Ohio in 1961, where he continues to practice. Van Dijk’s design philosophy can be characterized as distinctly Modern, but with a sense of place, which is equal parts the no-nonsense approach of his Dutch heritage, coupled with the raw visceral character and blue collar ethic of the post-industrial city that he calls home. His body of work spans six decades and he has been responsible for the design of remarkable buildings across the United States, perhaps none more impressive than Blossom Music Center.
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© Roger mastroianni
esterno/exterior sotto: dettagli della copertura below: drawing details of the roofing
è meno imponente del Blossom Music Center. Nel 1966, all’età di 37 anni, gli fu affidata la progettazione del Blossom Music Center, la sede estiva dell’orchestra sinfonica di fama mondiale di Cleveland. Anche altre orchestre avevano spazi simili; ad esempio il Ravinia di Chicago e il Tanglewood di Boston erano ritenuti dei modelli, ma sembravano avere uno spazio, un’atmosfera o un’acustica insufficienti per il tipo di esigenze espresse dall’orchestra di Cleveland. Con il Blossom, Van Dijk ha cercato di risolvere il problema apparentemente paradossale di collocare uno spazio musicale orchestrale, con una grande acustica, all’aperto, in campagna. Situata in una radura al centro della fitta foresta del Parco Nazionale della Cuyahoga Valley, la posizione del Blossom è stata scelta per la sua verdeggiante bellezza e il suo relativo isolamento. In particolare, la forma concava e la leggera pendenza del terreno sembravano già pronte ad accogliere la configurazione ad anfiteatro richiesta per il Padiglione semichiuso da 5.700 posti a sedere e per i 13.500 posti a sedere liberi del ‘prato’ all’aperto. Nonostante la posizione vantaggiosa, Van Dijk volle creare visuali scenografiche del paesaggio per tutti gli spettatori, offrendo una panoramica serena che si contrapponesse all’esperienza sonora al contrario decisamente drammatica. A prima vista, sembra quasi che il Blossom chini il capo al suo maestro. Sono presenti la scenografica forma ad arco e l’uso dell’acciaio corten, entrambi segni distintivi dell’opera di Saarinen, più precisamente nella forma del Gateway Arch di St. Louis, Missouri, e nel rivestimento arrugginito del John Deere World Headquarters di Moline, Illinois. Ma il progetto di Van Dijk è diverso. Scultoreo senza essere gestuale, fonde le forme idealizzate e simboliche di Saarinen in un’organizzazione malleabile che emerge da specifiche pressioni e forze producendo un’architettura dinamica. Nel descrivere il suo lavoro, Van Dijk sembra riconoscere questo approccio a favore della specificità, invocando come ispirazione la citazione di Giorgio Vasari secondo il quale l’architettura «Non è semplice costruzione, ma una vera e propria nascita». Infatti, il Blossom Music Center sembra quasi essere sempre stato lì.
© Kevin Reeves
In 1966, at the age of 37, Van Dijk was entrusted with the design of the Blossom Music Center, the summer home of the world renowned Cleveland Symphony Orchestra. Other orchestras had similar spaces. Chicago’s Ravinia and Boston’s Tanglewood were benchmarked as models, but seemed to fall short in site, atmosphere, or acoustics for the kind of space desired by Cleveland’s orchestra. With Blossom, Van Dijk sought to reconcile the seemingly paradoxical problem of situating an orchestral music space with great acoustics, outside, in the country. Located in a clearing amidst the dense forest of Cuyahoga Valley National Park, the site for Blossom was chosen for verdant beauty and relative isolation. More specifically, the bowl shape and gentle slope of the terrain seemed naturally prepared to receive the amphitheatre configuration required for the 5,700-seat semi enclosed ‘Pavilion’ and 13,500-casual seating in the open air ‘Lawn’. Regardless of vantage point, Van Dijk desired to create dramatic views of the landscape for all spectators providing a serene visual counterpoint for the otherwise dramatic sonic experience. At first glance, the design for Blossom seems like a protégé’s nod to his master. Present are the dramatic shape of the arch and the use of weathering steel, both signatures of Saarinen’s work, most notably in the shape of Gateway Arch in St. Louis, Missouri and the rusted cladding of the John Deere World Headquarters in Moline, Illinois. But Van Dijk’s project is different. It is sculptural without being gestural, and transforms Saarinen’s idealized and symbolic forms into a responsive organization that emerges from specific pressures and forces to produce a dynamic architecture. In describing his work, Van Dijk seems to acknowledge this move toward specificity, invoking as inspiration Giorgio Vasari’s quote that architecture be «Not built, but actually born». Indeed Blossom Music Center feels as though it might always have been there. Working in tandem, the arch shaped ‘beam’ and hovering mollusk-like figure of the Pavilion roof, Blossom’s most enduring and iconic architectural features,
esterno, parte retro del padiglione exterior, rear of the pavilion
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Agendo all’unisono, la ‘trave’ ad arco e la figura a forma di conchiglia sospesa nell’aria del tetto del Padiglione, gli elementi architettonici più stabili e iconici del Blossom, risolvono problemi molto pragmatici creando dinamici effetti di spazio. Con il rinomato musicista Christopher Jaffe, Van Dijk sviluppò per il Padiglione una forma che avrebbe avuto la giusta miscela di volume, superficie e articolazione dei materiali per ottenere lo spazio riecheggiante per il quale la musica sinfonica è composta. La sua forma avvolge i suoni; il suo profilo è realizzato in modo tale da porre il palcoscenico al centro di una vista panoramica costituita da un paesaggio naturale che rende il Padiglione, in modo sorprendente, una grande stanza nel cuore della foresta. All’interno, una struttura a vista tridimensionale costituita da elementi cilindrici ha lo scopo di riflettere i suoni e allo stesso tempo di sostenere il soffitto. Una serie di superfici ondulate realizzate in legno di cedro segato grezzo avvolge il palcoscenico per creare una conca d’orchestra che, se illuminata, offre un caldo scintillio animato, come quello di uno scoppiettante fuoco da campo, a un pubblico di 20.000 spettatori. Lo stesso effetto dinamico è evidente nella struttura a vista del Blossom, poiché i suoi elementi sembrano allungarsi e contrarsi sotto la tensione e la compressione. Rivestito in acciaio arrugginito, lo scheletro esterno dell’edificio emerge dal terreno, come una serie di geyser di acciaio forgiati dai minerali del sottosuolo. L’imponente arco abbraccia saldamente la conca e ha lo scopo di ridurre al minimo il numero di colonne necessarie per sorreggere la struttura di copertura. L’arco è delicatamente sorretto da una serie di contrafforti la cui sezione tetraedrale si allunga per toccare appena l’arco. La visibilità delle fondamenta è ridotta al minimo per enfatizzare al massimo l’effetto di continuità con il terreno. Per il Blossom Music Center, Piet Van Dijk ha forgiato con la sua sensibilità modernista un’architettura che enfatizza l’atmosfera rustica dell’ambiente che lo circonda e allo stesso tempo cattura la ruvidezza industriale che caratterizza la regione del Rust Belt. Sarebbe stato possibile realizzarlo solo a Cleveland. Inoltre, Van Dijk crea un’architettura che lascia il segno perché evita i cliché, privilegiando invece una specifica combinazione di formalismo, pragmatismo e materia. Fortunatamente per noi, il risultato è un’eroica opera di architettura che ha ‘fatto decisamente centro’.
solve very pragmatic problems and create dramatic spatial effects. With famed acoustician Christopher Jaffe, Van Dijk developed a shape for the Pavilion that would have the right mix of volume, surface area, and material articulation to create the reverberant space for which symphonic music is composed. The form envelopes the sounds; its profile is contoured to center the stage in a panoramic view of natural landscape, affectively making the Pavilion a big room in the forest. On the interior, an exposed three dimensional space frame composed of cylindrical members works to reflect sound while structuring the roof. A series of pleated surfaces of rough sawn cedar envelope the stage to create an orchestral shell which, when illuminated, provides an animated warm glow, like a roaring campfire for an audience of 20,000. The same sense of motion is apparent in Blossom’s exposed structure as members seem to expand and contract under tension and compression. Clad in rusting steel, the buildings exoskeleton emerges from the ground, like a series of steel geysers forged from the ore of the earth below. The massive arch tightly hugs the surface of the shell and works to minimize columns required to support the roof structure. The arch is gently propped up by a series of buttresses whose tetrahedral section is stretched to lightly touch the arch. The appearance of foundations is minimized to enhance the effect of seamlessness with the ground. With Blossom Music Center, Piet Van Dijk culled from his modernist sensibility an architecture which enhances the ambiance of its immediate rustic setting while capturing the sensibility of industrial toughness of the Rust Belt region. It may only have been possible in Cleveland. Moreover, Van Dijk creates an architecture which remains relevant because it avoids clichés privileging instead a specific combination of formal, programmatic and material performance. Fortunately for us, the result is a heroic piece of architecture that just flat out works.
in alto: il guscio dell’orchestra in legno di cedro top: the orchestra shell-cedar
Casa della cultura
Restoration. Reuse. Multifunctionality. The ex-Italcementi concrete factory
House of culture
di/by
Paolo Di Nardo
Recupero. Riconversione. PolifunzionalitĂ . Ex cementificio Italcementi
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FRONTE SUD
prospetto/elevation
FRONTE OVEST
prospetto/elevation
A
SEZIONE A-A
A
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sezione/section
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20 m
«Change and recurrence are the sense of being alive» Kevin Lynch, What time is this place?, Boston, 1972
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20 m
pianta piano terra/ground floor plan
«What time is this place?» si chiede Kevin Lynch nel suo libro omonimo del 1972. L’attenzione del grande urbanista americano era diretta alla città e ai suoi cambiamenti, alla percezione del tempo come elemento cruciale per il proprio benessere ma anche come strumento essenziale per la ‘gestione’ deli cambiamenti dell’ambiente in cui viviamo, compreso quello fisico della città. Guardando, oggi, l’ex cementficio Italcementi ad Alzano Lombardo recuperato da Tullio Leggeri, viene naturale ripensare a quelle parole: i cambiamenti e le ricorrenze sono il senso dell’essere vivi. Questo intervento è in un certo senso il paradigma di queste parole: come i cambiamenti e le ricorrenze siano riusciti a dare un nuovo senso a questo edificio, a rendere attuale parte di quell’ambiente costruito esistente in disuso, di cui tanto si parla, senza per questo stravolgerlo in qualcosa di diverso. Quando si ottengono risultati come questi talvolta si parla di circostanze fortuite che hanno creato le condizioni per giungervi. In realtà, in questo caso, tutto nasce dalla passione, dalla cultura e dalla lungimiranza di chi realizza queste opere. Tullio Leggeri ha progettato (con la figlia Simona) e realizzato, con l’omonima impresa di famiglia, questo intervento di recupero con la stessa passione e attenzione con cui ha realizzato, prima e dopo di questo, altri interventi di restauro e riqualificazione. L’edificio è una vecchia costruzione industriale, un cementificio, realizzato alla fine dell’800 dall’architetto Ernesto Pirovano di Milano, lungo l’attuale metropolitana leggera Bergamo-Albino. è uno dei più importanti esempi italiani di archeologia industriale, tutelato dalla Soprintendenza, segnalato dall’Unesco. Ma era anche un edificio abbandonato da circa 40 anni. Quando circa otto anni fa Tullio Leggeri assieme a Fausto Radici hanno acquistato il complesso forse si sono posti la stessa domanda di Lynch: qual è il ‘tempo’ di questo luogo? Quello di un restauro conservativo che lo ‘congeli’ come opera del suo tempo o un intervento che rispettando necessariamente la storia del manufatto riesca a rendere lo stesso, contemporaneo, nel senso più ampio del termine, e quindi di nuovo vivo? Le circostanze di cui parlavamo (ma non fortuite) sono il fatto che i due nuovi proprietari, collezionisti d’arte appassionati e competenti, sono prima di tutto, come loro stessi dicono, imprenditori che attingendo alla
© Claudio sabatino
«What time is this place?» Kevin Lynch asks in his homonymous book published in 1972. The attention of the great American town planner was directed to the city and its changes, to its perception of time as a crucial element for his wellness but also as an essential instrument for the ‘running’ of the environmental alterations we live in, including physical change within the city. Viewing, now, the former concrete factory Italcementi at Alzano Lombardo recovered by Tullio Leggeri, it is quite natural to think over those words: change and recurrence give sense to being alive. This intervention is in a way the paradigm of these words: how change and recurrence have succeeded in giving a new sense to this building, to render current part of that extant built environment in disuse, which is much spoken about, without for this reason distorting it into something different. When such results are obtained one often speaks of fortuitous circumstances which have given rise to the conditions to arrive at them. Actually, in this case, everything originates from passion, from culture and from the farsightedness of persons realising these works. Tullio Leggeri has planned (together with his daughter Simona) and realized, with the family business of the same name, this recovery intervention with the same passion and attention with which he has realized other interventions of restoration and requalification. The building itself is an old industrial construction, a concrete factory, realized at the end of 1800 by architect Ernesto Pirovano, from Milan, along the present light underground Bergamo-Albino. It is one of the most important Italian examples of industrial archaeology, safeguarded by the Superintendence, marked by UNESCO. Yet it also was a building which had been abandoned for some 40 years. When about eight years ago Tullio Leggeri purchased the estate together with Fausto Radici they may have perhaps asked themselves the same question made by Lynch: what time is this place? Is it that of a conservative restoration which ‘freezes’ as a work of its time or is it an intervention which, while necessarily respecting the history of the artefact, succeeds in rendering it contemporaneous, within the widest sense of the word, and so alive again? The circumstances we spoke about (but not chancy ones) consist of the fact that the two new owners, who are keen and competent art collectors, are first of all, as they themselves
vista dell’esterno dopo l’intervento di riqualificazione/view of the exterior after the restoration pagine precedente: una vecchia immagine d’archivio/previous page: an old archive image
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© Alzano Italcementi
progetto/design Tullio Leggeri, Simona Leggeri committente/client FABRICA Srl luogo/place Alzano Lombardo (BG) superficie/area 7.200 mq/sqm superficie restaurata/restored area 14.000 mq/sqm data progetto/design date 2003 fine lavori/completion 2010 foto/photos Gabriele Basilico, Roberto Marossi, Claudio Sabatino
propria storia ed esperienza potevano conferire a tutta l’operazione quella pragmaticità necessaria a far rivivere l’edificio. Due sono i punti di forza: il restauro, che nel rispetto di regole oggi universalmente riconosciute, si basa sul criterio di reversibilità, ed il mix funzionale degli spazi, che vede, senza falsi moralismi, accostare la cultura di un museo di arte contemporanea, alla ‘realtà’ di residenze, uffici, laboratori, parcheggi, rendendo questo luogo vivo in ogni momento del giorno, sempre. Il tutto in uno spazio costruito che non è autoreferenziale, ma che anzi fa della contaminazione, delle funzioni e delle persone che ci vivono, che lo visitano e lo usano, un elemento ulteriore di vitalità. Ricorrenze e cambiamenti, quindi. Il restauro ha recuperato e conservato l’edificio, caratterizzato dai lunghi fronti, quello principale loggiato, e dalle torri in stile moresco. Le parti strutturali non sono state intaccate e tutte le suddivisioni e interventi tecnici sono stati predisposti in modo tale da essere facilmente rimossi. Gli impianti sono a vista e le residenze poste al primo piano sono accessibili attraverso passerelle aeree, in acciaio, sospese e appoggiate alla struttura esistente ma mai invasive. Tutte le parti aggiunte sono dichiarate, dialogando con la architettura storica dell’edificio. Nei loft residenziali realizzati al primo piano lo spazio è suddiviso, dove necessario, da pannellature scorrevoli realizzate con materiali diversi (acciaio, vetro, stoffa, plexiglass) e il volume sfruttato grazie a soppalchi autoportanti che non intaccano le murature. I servizi igienici sono scatole tecnologiche complete, quasi elementi di arredo. La stessa attenzione e cura sono state riservate alla realizzazione degli altri spazi, come il ristorante o gli atelier. Il museo, nelle grandi sale e navate al piano terra, caratterizzato dallo stesso approccio tenuto per le altre funzioni e spazi, è un elemento fortemente dinamico: da un lato il luogo espositivo, spazio mai identico a se stesso nel tempo, ma improntato alla massima flessibilità morfologica; dall’altra la massima flessibilità funzionale che apre le porte di un luogo, il museo, che troppo spesso è reso ‘difficile’ da avvicinare dal grande pubblico anche dalla sacralità intoccabile dei luoghi. Funzioni diverse, come happening, workshop, manifestazioni teatrali, feste, installazioni, rendono questo spazio, uno spazio vivo.
© Claudio sabatino
say, entrepreneurs who, drawing from their own life story and experience, could confer upon the whole operation such pragmatic approach as would be necessary to make that building live again. There are two strongpoints: restoration, which in relation to rules which are presently recognized worldwide, founds itself on the criterion of reversibility, and the functional mix of spaces, which sees, without any false moralisms, the culture of a contemporary arts museum drawing near, to the ‘reality’ of houses, offices, laboratories, parking places, making this place throb with life at all times of the day, always. All in a built up space which is absolutely not self-referenced, but which rather makes out of the contamination, of the functions and of the people living within it, visiting it and using it, a further element of vitality. So, recurrence and change. Restoration has recovered and conserved the building, characterised by its long façades, the main one adorned with loggias, and by Moresque style towers. The structural parts have not been dug in and all technical subdivisions and interventions have been arranged in such manner as to be easily removed. The plants can be seen easily and the residences at first floor level are accessible through aerial gangways, in steel, suspended and supported on the existing structure yet never invasive. All added parts are declared, in dialogue with the historical architecture of the building. In the residential lofts realized on the first floor space is subdivided, where required, by running panels realized with different materials (steel, glass, fabric, plexiglass) and volume is exploited by self-carrying intermediate floors which do not cut into the walls. Hygienic services consist of complete technological boxes, very much like elements of furniture. The same attention and care have been reserved for the realisation of other spaces, such as the restaurant or the studio. The museum, in the large halls and naves on the ground floor, characterized by the same approach taken for other functions and spaces, is a strongly dynamic element: on one hand the exhibition place, a space which is never identical with itself, but indelibly marked with the greatest morphological flexibility; on the other, the greatest functional flexibility opening the doors of a place, the museum, which quite often could be approached with ‘difficulty’ by the general public even by the untouchable sacredness of the places. Different functions, like happenings, workshops, theatre shows, feasts, installation events, make this space a living space.
gli spazi voltati del museo/the museum’s vaulted space pagine precedente: il cortile con i giardini privati/previous page: the courtyard with the private gardens
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Š Alzano Italcementi
Š Alzano Italcementi
vista di alcuni ambienti interni views of some inner spaces
Casa della solidarietĂ
The new headquarters of the Misericordia in Prato
House of solidarity
di/by
Manuel Orazi
La nuova sede della Misericordia a Prato
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prospetto-sezione corte interna elevation-section inner courtyard
prospetto nord north elevation
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10 m
«I pratesi dei morti si fidano, dei vivi no» «The inhabitants of Prato trust the dead, but not the living» Curzio Malaparte, Maledetti toscani, Firenze, Vallecchi 1956
«La capacità di dialogare con la morte è il migliore indicatore di civiltà di un’epoca» «The ability to converse with death is the best indicator of the civilization of an epoch» Dino Baldi, Morti favolose degli antichi, Macerata, Quodlibet 2010
progetto/design Luigi Zola con/with Paola Foggia (concorso/competition) collaboratori/collaborators Giuseppe Basile, Simone Fiesoli, Francesco Baldi, Lapo Baroncelli progetto architettonico esecutivo e direzione lavori construction drawings and site works supervisor Luigi Zola con/with Giuseppe Basile, Paola Foggia strutture/structures Studio B&C impianti meccanici/mechanical systems Dante Di Carlo impianti elettrici/electrical systems Giampiero Hyeraci imprese costruttrici/contractors BTP (opere edili building works); Intercom (facciate/façades); Baldi e Innocenti termoidraulica (impianti meccanici mechanical systems); STE (impianti elettrici/electrical systems) luogo/place Prato superficie/area 5.000 mq/sqm superfici scoperte/uncovered area 5.000 mq/sqm data progetto/design date 2005-2010 fine lavori/completion 2010 costo/cost 6 mil € fornitori/suppliers Tecnofloor (pavimenti galleggianti/ floating floors); Iscom (coperture in riverclack/ riverlack roofings); Intercom (facciate continue ventilate e non/façades, continuous façades); Mangini (pareti mobili/moving walls); Targetti (lampade e sistemi illuminotecnici/lamps and lighting systems); Permasteelisa Impianti, FCC Planterm Division – (climatizzazione radiante a soffitto/ceiling radiant climatization); Sarti (ascensori e montacarichi/lifts and goods lifts); Isolana Systems (isolanti in lana naturale/natural wool insulators); Johnson Controls (automazione facciate/façades automation)
Declassata è il nome di una delle più disgraziate strade d’Italia, a cominciare dal nome. Congiunge la periferia occidentale di Firenze con quella orientale di Pistoia e attraversa tutto lo sprawl meridionale pratese, e trovandosi in una pianura contornata da basse colline ti sembra di stare nella California meridionale più che nella bucolica Toscana. Più o meno in mezzo c’è Prato, o meglio la zona di espansione ifdustriale pratese, la zona del Pino dove si trova anche il cimitero che da sempre è gestito dall’Arciconfraternita della Misericordia di Prato. Non tutti conoscono questa antichissima istituzione nata nel 1588 da un giuramento di ex pellegrini pratesi fatto sulla via della Santa Casa di Loreto e però presente anche in tutte le altre provincie, a cominciare dalla vicina Venerabile Arciconfraternita di Firenze. Cosa fanno le confraternite? Soccorrono i malati, tradizionalmente, e poi, quando vengono a mancare, li seppelliscono. A Prato la Misericordia conta circa cinquantamila iscritti tanto da rappresentare un bel pezzo di welfare alternativo a quello statale: Centro di ascolto anti usura, Cimitero di via Galcianese, Consultorio Familiare, Gruppo Donatori di Sangue Fratres, Pronto soccorso odontoiatrico festivo, Protezione Civile, ecc. sono solo alcuni dei servizi offerti. E il servizio numero uno in termini di remunerabilità, benché senza scopo di lucro, è appunto quello delle pompe funebri, che – donazioni a parte – permette all’Arciconfraternita di offrire tutti gli altri servizi filantropici e di mantenere la propria struttura operativa. Il rapporto con la morte, dunque è il primo carattere chiaro dell’edificio, topografico quasi: chi vi arriva, e vi si può arrivare solo in automobile come a Los Angeles, deve parcheggiare di fronte alla nuova sede e di fianco al cimitero. Inoltre il rapporto fra interno ed esterno dell’edificio, che in verità è piuttosto chiuso all’interno del proprio recinto – come un cimitero –, è manifesto solo nella grande sala dell’impresa funebre al secondo piano: qui un grande bovindo vetrato illumina naturalmente l’ambiente in cui si deve scegliere la bara o l’urna cineraria per il caro estinto. Ed è misericordiosa l’intenzione architettonica di collegare in un ultimo istante di riflessione, il paesaggio familiare formato delle basse colline ventose della Calvana allo spazio deputato al momento più triste e ultimo, quello necessario del funerale. Misericordia del resto era anche il nome di una spada corta rinascimentale, con lama robusta a doppio filo, che serviva appunto per finire il nemico agonizzante. Misericordia e freddezza non sono dunque opposte, ma anzi vanno insieme.
‘Declassata, literally the ‘downgraded’, is the name of one of the most sinistrous roads in Italy, starting from its very name. It joins the western periphery of Florence with Pistoia’s eastern periphery and it crosses the full southern sprawl of Prato. Finding oneself in a plain contoured with low hills, it seems like you are standing in southern California more than in cracker-barrel Tuscany. Prato is more or less situated in the middle, or to be more exact in Prato’s industrial area, the Pine zone where the cemetery is also situated, which has always been administered by the Prato Arciconfraternita della Misericordia. This most ancient institution, founded in 1588, is not known to all. It owes its origin to an oath made by former pilgrims from Prato while on their way to the Holy House of Loreto but this oath may also be found in all other provinces, starting from the nearby Venerabile Arciconfraternita of Florence. What are confraternities up to? Traditionally, they help the sick and then, when they pass away, they bury them. In Prato, the Arciconfraternita della Misericordia has some 50,000 members so much so as to represent a big alternative slice to the welfare state: an Anti-usury listening centre, the Cemetery of via Galcianese, Family planning clinic, a Fratres blood donors group, Holiday dentistry first aid, Civil Protection centre, etc. are only some of the services offered. And the topmost priority in terms of remuneration, although not a profit-making one, is that of a funeral home, which – apart from donations – allows the Arciconfraternita to offer all other philanthropic services and to keep itself going. The relationship with death, then, is the first clear feature of the building, almost topographical: whoever arrives there, and you could only get there by car like in Los Angeles, must park in front of the new premises and on the side of the cemetery. Besides, the relationship between the inner and outer parts of the building, which is actually very much enclosed within its own perimeter, like a cemetery, is only seen in the large hall of the funeral home at second floor level: it is here that a large bow window naturally lights up the environment where one has to choose the coffin or the ashes urn for one’s dear deceased. Also founded on mercy is the architectural intention of linking in a last moment of reflection the familiar landscape formed by the low, windy, Calvana hills with the space allotted for the final and saddest instant of all, the need to have a funeral. The Misericordia, moreover, was also the name of a short Renaissance sword, with a robust double-edged blade, which indeed served to finish
vista della corte in cui si evidenziano i nuovi interventi e le preesistenze. A destra, il bovindo della sala dell’impresa funebre verso le colline della Calvana/view of the courtyard with the new interventions and the preexixtences. On the right, the bow window of the funeral parlour room facing the Calvana Hills
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la cappella dei Cirenei/the Cirenei [Cyreneans] chapel
Questa istituzione premoderna che è l’Arciconfraternita, finalmente si è dotata di una sede moderna, e il modo in cui Luigi Zola (con Paola Foggia e Giuseppe Basile) ha risolto il problema architettonico è stato con un semplice e forte gesto compositivo. Mantenendo e restaurando ciò che restava dell’edificio industriale del primo ‘900, un ex lanificio, e quindi il suo perimetro esatto composto di stanze in muratura, è stata aggiunta una duplice struttura cruciforme soprelevata in alluminio e vetro. Il primo piano di tutto il complesso, occupato perlopiù dagli uffici, è quindi unito da questa struttura, mentre al piano terra la corte, suddivisa in quattro più piccole, resta quasi del tutto agibile e anche carrabile, tranne per un piccolo spazio centrale, che è quello in cui la grande croce modulare soprelevata atterra. Qui trova posto la cappella dei Cirenei, coloro che aiutarano Cristo a portare la croce, dei misericordiosi come tutti coloro che fanno del volontariato gratuito. La soluzione scelta da Zola, Foggia e Basile è dunque una soluzione razionale, ma che non trascura il livello simbolico dell’architettura. La cappella è infatti e senza dubbio lo spazio più aggraziato del complesso, una piccola boîte à miracle realizzata con materiali semplici come il vetro smerigliato e con riflessi colorati freddi dove si avvertono appena le sagome angelicate di Enrico Savelli, che è anche l’autore della scultura in marmo di Carrara. Una cappella in cui lo spazio coincide con la luce, e visibile da tutto il resto del complesso, di una compostezza formale che rimanda a uno degli episodi progettuali più alti del razionalismo italiano, la sala della Vittoria di Edoardo Persico, Marcello Nizzoli e Giancarlo Palanti realizzata per la Triennale del 1936. Quello spazio che avrebbe dovuto essere retorico e laico, venne risolto da Persico in modo del tutto antiretorico e pervaso di una classicità più greca che romana, con in più una venatura sacrale – dopotutto Persico era forse l’unico fervente cattolico fra i razionalisti. È una fredda razionalità la cifra della nuova sede della Misericordia: fredda nei materiali (acciaio e vetro) e nei colori (tutti marini: d’inverno il mare può diventare color canna di fucile), fredda nel non nascondere la presenza della morte, fredda anche nella strategia di intervento sul costruito (le preesistenze sono nettamente differenziate dalle aggiunte) e fredda anche nella scelta di elementi modulari prefabbricati e quindi i più economici. E solo un catanzarese, dunque greco «tra i due mari», come Luigi Zola poteva regalare un frammento d’ordine all’informe e movimentato disordine della Declassata pratese.
off one’s enemy in agony. Mercy and coldness do not thus oppose each other, but they go together. This pre-modern institution called the Arciconfraternita, has been finally endowed with modern premises, and the manner in which Luigi Zola (with Paola Foggia and Giuseppe Basile) has resolved the architectural problem has been with a simple and strong composite gesture. While maintaining and restoring what has remained of the early 20th century industrial building, a former woollen mill, and so its proper perimeter is composed of brick walls, there has been added a double cross-shaped elevated structure in aluminium and glass. The first floor of the whole complex, mostly occupied by offices, is this kept together by this structure, while at ground floor lever the courtyard, which is divided into four smaller ones, remains nearly totally clear and also carriageable, except for a small central space, which is that where the large elevated cross shape lands. It is here that the Cirenei [Cyreneans] chapel is sited, those who helped Christ carry the cross, of the merciful like all those who offer their voluntary work for free. The solution chosen by Zola, Foggia and Basile is so a rational solution, but it does not neglect the symbolic level of architecture. The chapel is actually and undoubtedly the most graceful space of the whole complex, a little boîte à miracle realized with simple materials such as frosted glass and having cold colour reflexes where Enrico Savelli’s angelic silhouettes can be nearly seen, being also the author of the small marble sculpture. It is a chapel in which space coincides with light and which is visible from the remaining parts of the complex, having a formal composure which throws back to one of the highest project episodes of Italian rationalism, Victory Hall by Edoardo Persico, Marcello Nizzoli and Giancarlo Palanti which was realized for the 1936 Triennial. That space which should have been rhetorical and lay, was resolved by Persico in a completely anti-rhetorical and pervaded by a more Greek than Roman classicality, moreover with a sacred vein – after all Persico was perhaps the only fervent catholic among rationalists. The cipher of the new Misericordia premises form a cold rationality: cold in their materials (steel and glass) and colours (all marine: in winter the sea could take a gun-barrel hue), cold in not concealing death’s presence, also cold in the strategy of intervention on constructions (what was there before is clearly differentiated from what has been added later) and cold even in the choice of prefabricated modular elements, so more economical. And it is only someone from Catanzaro, and so a Greek ‘between two seas’, such as Luigi Zola, who could bestow a fragment of order to the informal and lively disorder of Prato’s downgraded area.
Casa
di/by
Fabio Rosseti 110
Dedicare parte di una rivista di architettura al tema della ‘casa’ può essere un grande azzardo oppure certezza. Un azzardo perché sicuramente il tema è stato studiato e analizzato in ogni sua componente funzionale, estetica, sociale, politica... lasciando ben poco spazio alla novità. Il grande interesse per il tema fa sì però che da un punto di vista editoriale questo sia una certezza di realizzazione: gli argomenti sono numerosi e ricchi di documentazione e non esiste studio che non abbia realizzato nel corso della propria carriera una ‘casa’ e sia disponibile a pubblicarla. Questo è il bivio a cui ci siamo trovati quando abbiamo deciso di dedicare il numero a questo tema. Se da un lato Cino Zucchi, uno dei maggiori architetti italiani ed internazionali ad avere affrontato il tema della residenza riuscendo a dare risposte concrete a ciò che la realtà dei tempi richiedeva, era una scelta immediata, dall’altro, la ‘casa’ rappresentava, come detto, tutto e niente. La nostra scelta, in questo caso, è stata quella di fermarsi a quel bivio e di guardare attorno per capire da che parte andare. Ed abbiamo visto alcune cose... ‘case’, che ci hanno colpito per la loro schiettezza e capacità di interpretare la realtà che ci circonda. Dalla Black House di Utrecht, di Bakers Architekten, dove linguaggi di epoche diverse dialogano in maniera chiara, pacata e riconoscibile, ai lavori del collettivo austriaco Splitterwerk che partendo dall’immagine archetipica della casa, attraverso una successione di involucri trasparenti giunge alla negazione dell’idea di casa come organismo architettonico risolto; dalla Casa De Masi, a Casarano, di Piergiorgio Semerano, dove schemi planimetrici sostanzialmente tradizionali e funzionali diventano parte dell’ambiente circostante grazie ad un attento lavoro sulla pelle dell’edificio, alla residenza per minatori a Degaña, Spagna, con cui lo studio Zon-e dimostra come edilizia sociale e qualità architettonica non siano termini in antitesi; dalla residenza realizzata da Alberto Breschi a Firenze, che attraverso l’uso di materiali e colori, riesce ad integrarsi con il paesaggio urbano e a dialogare, alla pari, con l’architettura industriale del ‘900 della Centrale Termica del Mazzoni, alla Marco Polo Tower, ad Amburgo, di Behnisch Architekten, che concilia un progetto residenziale di alta qualità con l’idea di un edificio ecologico totale. Dedicating part of an architecture magazine to the subject ‘house’ could either be a great gamble or indeed, a certainty. A gamble because surely the subject has been studied and analysed in its every functional, aesthetic, social and political component... leaving very little space to a new approach. The great interest for the subject is such, however, that from an editorial point of view this is a certainty of realisation: several topics replete with documentation are dealt with and there is no studio which has not realised a ‘house’ in the course of its career and is ready to publish it. These are the crossroads we have come to when we decided to dedicate this edition to the subject. If on the one hand Cino Zucchi, one of the greatest Italian and international architects to have dealt with the subject of residence and succeeded in giving steadfast answers to what temporal reality required, was a sudden choice, the ‘house’ on the other hand represented, as already told, all and none. Our choice, in this case, has been that of stopping at the crossroads and to look around searching which way to go. And we have seen some things... ‘houses’, which have struck us for their frankness and ability to interpret the reality which surrounds us. From the Black House in Utrecht, of Bakers Architekten, where the parlance of different epochs dialogues in a clear, calm and recognisable manner, to the works of the Austrian collective Splitterwerk which, starting off from the archetypal image of the house, through a succession of transparent wrappings, arrives at a denial of the house idea as a resolved architectural organism; from Casa De Masi, in Casarano, by Piergiorgio Semerano, where substantially traditional and functional planimetric schemes, come to form part of the surrounding environment owing to careful work on the building’s skin, to the miners’ residence in Degaña, Spain, by means of which the studio Zon-e demonstrates how social constructions and architectural quality are not antithetic terms; from the residence realised by Alberto Breschi in Florence, who by using materials and colours succeeds to integrate himself with the urban landscape and to dialogue, on an equal footing, with the 20th century industrial architecture of Mazzoni’s Central Heating Plant, at the Marco Polo Tower, in Hamburg, of Behnisch Architekten, accommodating a residential high quality project with the idea of a full ecological building.
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Š Seier + Seier
Housing Sociale Offrire una casa a chi non riesce a pagare affitti di mercato
di/by
Vincenzo Di Nardo
Social housing Offering a house to anyone who is
Offrire una casa a chi non riesce a pagare affitti di mercato. È questo l’obiettivo dell’Housing Sociale,
not able to pay market rents. This is the aim of Social Housing, according to the definition given
secondo la definizione del Comitato Europeo per la promozione del diritto alla casa (Cecodhas). Nella definizione di Social Housing viene sottolineato il fine di migliorare e rafforzare la condizione
by the European Committee for the promotion of the right to decent housing (Cecodhas).
di queste persone sia attraverso interventi immobiliari sia attraverso servizi integrati, che permettano l’accesso a relazioni umane ricche e significative.
The definition of Social Housing underscores the
Giovani studenti fuori sede, famiglie mono-parentali, lavoratori a progetto, anziani, immigrati consoli-
purpose of improving and strengthening the condition of these persons both by means of real estate
dati sono i destinatari di questa tipologia dell’abitare, soggetti ‘troppo ricchi’ per accedere all’Edilizia Residenziale Pubblica ma ‘troppo poveri’ per accedere al mercato residenziale ‘classico’.
interventions and through supplemented services, allowing access to enriching and significant hu-
In Italia, il modello di intervento alla base del Piano Nazionale di Edilizia Abitativa costituisce uno strumento in grado di rispondere, in maniera diretta ed organica, al problema della casa, inserendolo,
man relations.
opportunamente, nel più ampio e strategico ambito della riqualificazione urbana.
Young students away from home, single parent families, project workers, senior citizens and con-
è un’impostazione che raccoglie il dibattito culturale che si è sviluppato intorno al ruolo della città e alle sue funzioni molteplici, ed in continuo cambiamento, che supera il concetto di ‘abitazione sul
solidated immigrants are the addressees of this kind of dwelling, persons who are ‘too rich’ to have
territorio’ per giungere a quello più ampio di ‘territorio abitato’. è in questo senso che dev’essere interpretato l’esplicito riferimento alla «valorizzazione e all’incre-
access to Public Residential Buildings but ‘too poor’ to have access to the ‘classical’ residential market.
mento dell’offerta abitativa» che l’articolo 11 del D.L. 112/2008 (il c.d. Piano Casa) attribuisce al sistema integrato dei fondi, senza mai limitarlo alla sola componente abitativa sociale. In questa logica, diviene centrale la capacità di promuovere, organizzare e realizzare non solo singoli
In Italy, the intervention model at the basis of the National Plan for Residential Buildings consists of an instrument which can respond, in a direct and organic manner, to the housing problem, by inserting it, opportunely, in the widest and most strategic perspective of urban re-qualification. It is a set-up which collects within it the cultural debate which has developed around the role of the city and its several functions, and in continuous change, overtaking the concept of ‘territorial habitation’ to reach the wider concept of ‘inhabited territory’. It is in this sense that a meaning should be given to the explicit reference to an «evaluation and increase of the offer for habitation» which article 11 of Leg. Dec. 112/2008 (the so called Housing Plan) attributes to the supplemented premises system, without ever limiting it only to the social dwelling component.
edifici, ma un vero e proprio ‘progetto di territorio’, per il quale sono da sempre a disposizione l’impegno e la progettualità del sistema delle costruzioni. Il Piano Casa non può – e non deve – esaurire la sua funzione semplicemente nell’offerta di nuove abitazioni a canone contenuto, ma assumere il ruolo di volano per il rinnovamento di interi ‘pezzi’ di città. Sebbene quello dell’integrazione delle funzioni edilizie che compongono i progetti territoriali sia un principio ampiamente condiviso, non sono ancora del tutto chiare le modalità di intervento. Qual è il mix ottimale tra le molteplici destinazioni abitative, non residenziali e commerciali che rende un progetto realizzabile? Quale la quota massima di alloggi sociali al di sopra della quale un progetto non sarà in grado di offrire una remunerazione in linea con i rischi dell’operazione e, di conseguenza, non riuscirà a trovare sul mercato le risorse finanziarie necessarie alla sua realizzazione? In che modo verranno confrontate e scelte le diverse proposte di intervento che verranno dal territorio? Le risposte a queste domande non possono fermarsi a enunciazioni incerte o, peggio, ideologiche, in quanto dall’approccio operativo e realistico a tali questioni dipende il successo o il fallimento dell’intero programma. A questo proposito, tre sono i punti di particolare interesse: a. Il mix ottimale tra la componente social e quella non social all’interno di un progetto di investimento L’aspetto più interessante del modello proposto risiede nella sua flessibilità, ovvero nella sua capacità di offrire risposte diverse a diverse realtà territoriali. Una flessibilità che potrà consentire, ad esempio, di adattare le funzioni abitative degli interventi alle realtà in cui andranno ad inserirsi attraverso sia programmi complessi che interventi singoli, ma integrati su base territoriale. In questo modo, quindi, anche una componente minoritaria di housing sociale potrebbe essere garantita da interventi di più ampio respiro, in grado di assicurare una redditività necessaria dall’integrazione delle funzioni. Interventi sociali che, inoltre, vedrebbero la luce in contesti diversificati, plurali, secondo un approccio integrato all’intervento edilizio che, meglio di altri, garantisce qualità della vita e dell’abitare. Naturalmente, tutti gli investitori istituzionali potranno sottoscrivere quote di partecipazione di diversa natura, a seconda dei connessi diritti ai risultati di gestione. Così, ad esempio, soggetti quali le Fondazioni bancarie, che attraverso l’Acri partecipano al Fondo
Teglværkshavnen Harbour Housing architetti/architects Tegnestuen Vandkunsten luogo/place Copenhagen, Danimarca cronologia/chronology 2003-2008
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BBB low-cost housing
© Seier + Seier
architetti/architects Tegnestuen Vandkunsten luogo/place Kvistgård, Elsinore, Danimarca cronologia/chronology 2004-2008
In this way of thinking, the hinge point is the ability to promote, organise and realise not only individual buildings, but a true and proper ‘territorial project’,
a. The best mix between the ‘social’ and ‘non social’ component within an investment project The most interesting aspect of the proposed model
for which commitment and building systems planning have always been available. The Housing Plan could not – and should not – exhaust its function simply by offering new habitations at an accommodating rent, but it should take up a flywheel role in renewing whole ‘pieces’ of the city. Although the supplementing of building functions making up the territorial projects is a widely shared principle, the ways of intervention are still not completely clear. What is the best mix between the several dwelling purposes, non residential and commercial which make the project one which could be realised? What is the greatest number of social dwellings over which a project would not be able to offer a remuneration conforming with the operational risks and, consequently, would not succeed in finding a market of financial resources required for its realisation? How will the various intervention proposals coming from the territory be compared and chosen? The answers to these questions could not stop at uncertain or, worse still, ideological, replies in that it is from the operational and realistic approach to these questions that the success or failure of the whole programme depends. In this regard, there are three points of particular interest:
is found in its flexibility, or rather in its ability to offer several replies to various territorial realities. This flexibility can, for example, allow an adaptation of the dwelling functions of the interventions to the realities within which they will be embedding themselves both through complicated programmes and individual interventions, yet all integrated on a territorial basis. This way, thus, even a minority component of social housing could be guaranteed by much wider interventions, which can ensure the necessary income from the integration of functions. These are social interventions which would, besides, see the light in different and several contexts, according to an integrated approach to the building intervention which, better than others, guarantees quality of life and habitation. Naturally, all institutional investors could underwrite participation shares of a different nature, according to the rights connected to the management results. Thus, for example, persons like bank Foundations, which through Acri participate in the dwelling Investments Fund which has access to local fund shares by accepting a low yield, could promote and underwrite fund shares operating at a local level (even a regional or inter-regional one), with participation also remunerated with market yields. This possibility would meet two fundamental needs:
© Cino Zucchi
Investimenti per l’abitare che accede alle quote dei fondi locali accettando un basso rendimento, potranno promuovere e sottoscrivere quote di fondi operanti a livello locale (anche regionale o interregionale), con partecipazione remunerate anche con rendimenti di mercato.
in alto/top Nuovo Portello Edifici in linea di edilizia residenziale convenzionata/Socially agreed residential in-line buildings architetti/architects Cino Zucchi luogo/place Milano cronologia/chronology 2002-2008
Questa possibilità verrebbe incontro a due fondamentali esigenze: – garantire la provvista finanziaria necessaria ad innescare processi rigenerazione urbana che comprendano una componente di edilizia residenziale sociale; – concentrare gli investimenti degli investitori nei territori di rispettiva rappresentanza, al fine di accrescere la visibilità dell’intervento e partecipare attivamente alle sue ricadute sulla comunità territoriale di riferimento. b. Le modalità e i processi di attivazione dei progetti La capacità del Fondo di raggiungere i propri obiettivi sarà tanto più alta quanto più la competizione sarà basata su proposte progettuali concrete e sulla capacità di rapida cantierizzazione. L’impresa di costruzioni diviene, in tale accezione, il ‘motore’ del processo, in quanto soggetto che, meglio di chiunque altro, è in grado di promuovere iniziative territoriali, in coordinamento con gli enti locali anche tramite procedura di evidenza pubblica, che garantiscano un’adeguata offerta di edilizia sociale, unitamente alla capacità dei progetti di garantire un equilibrio economico di lungo periodo. Non è, infatti, la mera disponibilità finanziaria a dare impulso a tali iniziative, ma l’idoneità a proporre prodotti in grado di rispondere industrialmente alle complesse e diversificate esigenze territoriali ed in sintonia con gli indirizzi delle politiche di trasformazione individuate a livello locale. c. Il tema della gestione della componente di housing sociale Un tema di grande rilevanza è quello della gestione delle iniziative realizzate, soprattutto di quella parte destinata ad edilizia residenziale sociale. Il tema della gestione va affrontato nella sua interezza e cioè sia per gli aspetti di tipo più propriamente edilizio legati alla manutenzione ordinaria e straordinaria, ai servizi correnti ed infine agli aspetti legati alla riscossione dei corrispettivi. Il prodotto edilizio dovrà quindi essere progettato e realizzato, nell’ambito di progetti caratterizzati da un’elevata sostenibilità ambientale, secondo criteri in grado di ottimizzare questi aspetti anche attraverso l’adozione di libretti di uso e manutenzione degli immobili. Nello stesso tempo è necessario procedere alla razionalizzazione dei processi amministrativi anche attraverso un procedimento di corresponsabilizzazione dell’utenza per la conservazione della funzionalità degli immobili. Tutte queste ragioni individuano un mercato potenziale di notevole interesse, nel quale le imprese di costruzioni, da sole o in partnership con soggetti specializzati, possono svolgere un ruolo di primaria importanza.
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bird houses – to guarantee the financial supply required to trigger off urban regeneration processes which include a component of the social residential building; – to concentrate the investments made by investors within their respective territories of representation, for the purpose of increasing the visibility of intervention and actively participating in its fallouts on the territorial community of reference. b. Methods and processes of project activation The Fund’s ability to reach its aims will be ever greater the more that competition is based on concrete planning proposals and on the ability of fast creating a construction site. The building industry becomes, in accepting this, the ‘motor’ of the whole process, in that it can, more than anyone
fer of social building, together with the projects’ ability to guarantee a financial balance for a long time. It is not, actually, the simple financial availability which gives an impulse to these initiatives, but the suitability to propose products which can industrially respond to the complex and varied territorial requirements and also in syntony with the addresses of transformation policies identified at a local level. c. The management theme of the social housing component A very relevant theme is that of managing the realised initiatives, above all that part destined to social residential buildings. The management theme is dealt with in its fullness and so both for the aspects of a more proper building nature connected with ordinary and extraordinary maintenance, current services and finally the aspects having to do with payment collection. The building product should therefore be planned and realised, within the context of projects featuring high environmental sustainability, according to the criteria which can improve these aspects even by means of the adoption of user manuals and the maintenance of properties. At the same time it would be necessary to proceed with rationalising the administrative processes also through a procedure of co-responsibility of the utility for the conservation of the functionality of the properties. All these reasons identify a potential market of remarkable interests, in which the construction undertakings, either alone or in partnership with specialised persons, could perform a role of primary importance.
© SEE-ming LEE
else, promote territorial initiatives, in co-ordination with local entities also by means of a procedure of public evidence, guaranteeing an adequate of-
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Ricerca, costruzione, energia Zon-e arquitectos, Residenza per minatori, Degaña
testo di/text by
Fabio Rosseti
Research, construction, energy Zon-e arquitectos
Zon-e arquitectos è uno studio, fondato nel 2001 da José Antonio Ruiz Esquiroz e Ignacio Ruiz Allén,
is a studio, founded in 2001 by José Antonio Ruiz Esquiroz and Ignacio Ruiz Allén, which bases its ac-
che basa la propria azione su 3, apparentemente semplici, paradigmi: la ricerca formale attraverso la cultura, il contesto e il linguaggio; la costruzione, con la ricerca di nuove soluzioni costruttive e
tion on three apparently simple paradigms: Formal Research through culture, context and language;
l’uso inconsueto di materiali tradizionali; l’energia, facendo propri i timori per il risparmio energetico e l’uso di risorse rinnovabili. Concetti semplici, assolutamente (e direi quasi inevitabilmente) condi-
Construction, with a search for new building solu-
visibili che hanno trovato nei lavori dello studio piena rispondenza, in particolare in questo progetto
tions and the unusual use of traditional materials; Energy, by making one’s own the fears for energy
di social housing per minatori a Cerredo, vicino a Degaña, nella regione spagnola delle Asturie. Un villaggio di minatori di carbone, nel pieno della Cordigliera Cantabrica, dove da 25 anni non è stato
saving and the use of renewable sources. These are simple concepts which are absolute (and I would
realizzato alcun nuovo edificio residenziale. Una sorta di enclave progettuale, anche se forse non unica, all’interno di una nazione che ha visto nell’ultimo decennio uno sviluppo architettonico con-
say almost inevitably) shared which have found full response in the studio works, particularly in
temporaneo considerato come punto di riferimento internazionale. Un territorio vergine da esplorare ma anche da difendere da un degrado ambientale che già l’attività mineraria, di per sé, innesca. Una
this social housing project for miners in Cerredo,
sfida, così come il progetto e la realizzazione di 52 appartamenti a ridosso di una autostrada vicino
close to Degaña, in Spain’s Asturia region. It is a village of coal miners, fully immersed in the Can-
a Pamplona, situazioni, ognuna di per sé, estrema. Là dove l’edificio di Pamplona segue la curva stradale nella forma e nella sostanza, con elementi che richiamano elementi della viabilità e che ca-
tabrian Mountains, where for the past 25 years no new residential building has been realised. It is a kind of project enclave, although perhaps not a sin-
ratterizzano i prospetti conferendo una immagine fluida e veloce come l’autostrada che fiancheggia, qui a Cerredo la montagna, la luce del sole ed il buio delle miniere, sono gli elementi cardine del progetto. La prima fase vede la realizzazione del maggiore dei due volumi, disposti a L, che compon-
gle one, within a nation which has seen in the last decade a contemporary architectural development which is considered to be an international point of reference. Rather virgin territory to be explored and also defended from environmental degradation which the mining activity, in its own right, already triggers. A challenge, indeed, like the project and the realisation of 52 apartments close to a highway near Pamplona, creating situations which, each of its own nature, is extreme. While the building in Pamplona follows a road bend in form and substance, with elements recalling thoroughfare elements and featuring elevations which confer a fluid and fast appearance like the highway on the side, in Cerredo the mountain, the light of the sun and the darkness of the mines, are the hinge point elements
gono l’intervento; la sfaccettatura, la forma angolata nasce dalla geometria ‘cristallina’ delle regole urbanistiche della cittadina. Il progetto di Cerredo ha visto la realizzazione di 15 appartamenti di edilizia pubblica e l’edificio che ne è risultato sembra uscire direttamente dalla più profonda miniera di carbone. Ciò che colpisce è il richiamo al ‘minerale’, nella forma, nel colore, nei materiali: un prisma sfaccettato, un cristallo nero come il carbone, su cui si aprono dei punti di luce, le numerose ed ampie finestre, che irradiano luminosità sui luoghi circostanti. Ma dato che niente è casuale in questo progetto, il rivestimento in lastre di pietra scura locale assorbe la luce ed il calore del sole, mentre le grandi finestre permettono alla luce di entrare profondamente nei singoli appartamenti e di creare delle serre solari che contribuiscono al riscaldamento degli ambienti in maniera naturale. Il risultato è un oggetto che si pone al tempo stesso sia come parte della montagna su cui sorge sia come elemento di disturbo: un dualismo dinamico sottolineato dal contrasto affatto casuale del bianco degli intonaci interni e delle finestre aggettanti ed il nero del rivestimento esterno; dalla regolarità geometrica della scansione delle finestre sui prospetti e la diversità dimensionale e planimetrica di ognuno dei singoli appartamenti dagli altri; dal contrasto fra la massa dell’edificio, resa tangibile dai materiali e dalle forme, e la sua apparente leggerezza, resa a sua volta tangibile dall’arretramento del piano terra rispetto alle facciate.
planimetria generale/general site plan 0
200 m
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nome progetto/project name Residenza per minatori/ Social housing for mine-workers progetto/design ZON-E Arquitectos – Nacho Ruiz Allén, José Antonio Ruiz Esquiroz capiprogetto/project architects Nacho Ruiz Allén, José Antonio Ruiz Esquiroz gruppo di progetto/project team Lucía Martinez Trejo, Sara López Arraiza strutture/structures Pentia impianti/M&E consultant Ingitech + Alfredo Balsera computi metrici/quantity surveyor Manuel Martinez Manso controllo della progettazione/planning supervisor Manuel Martinez Manso consulente geotecnico/geotechnical consultant Congeo – Francisco Ruiz Arias appaltatore generale/main contractor Construcciones y Contratas Herrera facciate/façades Cufa committente/client Governo del Principato delle Asturie + 11,99 luogo/place Degaña, Asturie, Spagna data progetto/design date ottobre/October 2006 inizio lavori/start on site date gennaio/January 2007+ 9,17 fine lavori/completion 2009 superficie lorda interna/gross internal floor area 2.385 + 6,25 mq/sqm costo totale/total cost 1.212.784 euro foto/photos Ignacio Martinez, Jose Antonio Ruiz + 3,33 www.zon-e.com
+ 11,99
+ 9,17
+ 6,25
+ 3,33
+ 0,00
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- 2,96
- 2,96
a destra: vista del lato nord on the right: view of the north side
of the project. The first phase witnesses the realization of the greatest of the two volumes, laid out in an L-shape, making up the intervention; the facet, the angle shape originates from the village’s ‘crystalline’ geometry of town planning rules. The Cerredo project has seen the realisation of 15 public building apartments and the building which looked like directly emerging from the deepest coal mine. What strikes us is the throw-back to things ‘mineral’, in form, colour and materials: a multi-faceted prism, a crystal as black as coal, on which there open up points of light, several and wide windows, radiating brightness on surrounding places. Yet given that nothing happens by chance in this project, the dressing in local dark flagstones absorbs sunlight and its heat, while the large windows allow light to penetrate deeply inside individual apartments and to create greenhouses which contribute towards heating the environments in a natural manner. The result is an object which presents itself at the same time both as part of the mountain on which it rises and as a disturbing element: a dynamic dualism underscored by the altogether casual contrast of the whiteness of internal plastering and projecting windows and the blackness of the outer facing; from the geometric regularity of the articulation of windows on elevations and the difference in size and planimetry of each one of the individual apartments from all others; by a comparison between the building’s mass, as made real by materials and forms, and its apparent lightness, made on its part tangible by the back movement of the ground floor with respect to the façades.
sezione aa/section aa
section bb/section bb
a
b
pianta piano terra/ground floor plan
pianta primo e terzo piano first and third floor plan
pianta secondo piano second floor plan
120 121
il balcone di un appartamento the terrace of an apartment sopra: lato sud/above: the south side pagina seguente: la hall di ingresso following page: the entrance hall
Š Jens Lindhe
Occasione di confronto Bakers Architecten, Black House, Utrecht
testo di/text by Azzurra Macrì foto di/photos by Maarten Noordijk, Frank Stahl
Chance of comparison We are in Utrecht. Repeat-
Siamo ad Utrecht. L’episodio della casa ‘astronave’ all’angolo di una strada popolata da edifici tra-
ing itself is the episode of the ‘spaceship’ house at the corner of a street lined with traditional build-
dizionali si ripete. Sono passati quasi novanta anni da quando la Schröderhuis di Gerrit Rietveld appariva a fianco di una casa vecchio stile, suscitando stupore e promuovendo un dialogo fra linguaggi
ings. Nearly ninety years have passed since Gerrit Rietveld’s Schröderhuis appeared on the side
appartenenti ad epoche diverse. La città olandese continua a proporre occasioni di confronto, a generare interferenze per produrre riflessioni e aggiornare la sua immagine, quasi fosse un tratto del suo
of an old style house, giving rise to astonishment
codice genetico. La Black House, opera dello studio Bakers Architecten con sede a Utrecht, sorge
and promoting a dialogue between languages belonging to different eras. The Dutch city continues
in un lotto all’incrocio fra due strade nel quartiere che ospita il museo cittadino e numerosi edifici storici. L’interferenza con il paesaggio urbano che la circonda è forte, netta, riconoscibile, eppure non
setting out opportunities to make comparisons, to generate interventions producing reflections and
produce prevaricazioni. Il linguaggio contemporaneo al quale si aggancia non è mai strillato, aggressivo o provocatorio: piuttosto, per quanto diverso, cerca il confronto con il tessuto consolidato in manie-
to update its image, as if it was a sequence of its
ra garbata ed elegante. Nella stessa rielaborazione della copertura a due falde, benché interpretata
genetic code. Black House, a building realised by the Bakers Architecten studio with its main office in
attraverso colori e materiali diversi, si può rintracciare la volontà di fare eco all’edilizia tradizionale con l’obiettivo di promuovere un confronto con l’esistente. L’edificio ospita sei appartamenti, un par-
Utrecht, stands on a plot at the cross-road between two streets in the district hosting the city museum
cheggio seminterrato e i nuovi locali di Bakers Architecten. La convivenza fra appartamenti e luoghi di lavoro si denuncia in facciata attraverso la contrapposizione fra il volume a vetri al piano terra, sede
and several historical buildings. The interference with the urban countryside surrounding it is strong, clear and recognisable, or rather it does not pro-
degli uffici, e il volume solido dei piani superiori: la vita di lavoro e di relazione si esprime all’esterno come un fatto pubblico – come un biglietto da visita dell’attività dello studio –, mentre la vita privata si raccoglie più intima all’interno del corpo bruno. L’edificio, in questo senso, da una parte narra alcune
duce any quibbling. The contemporary language on which it hinges never yells, nor is it aggressive or provoking: it rather, inasmuch as it is different, looks for a comparison with the consolidated texture in a polite and elegant manner. In the re-processing itself of the two-layer cover, though interpreted by means of different colours and materials, one could trace back the desire to echo traditional buildings with the aim of promoting a comparison with what exists. The building has enough room for six apartments, a basement parking place and Bakers Architecten’s new premises. The sharing of space between apartments and work areas can be seen at the façade by means of the contrast between the volume of glass sheets at ground floor level, where the offices are sited, and the solid volume at the upper levels: working and social life are externally expressed as a public fact, like a visiting card of the studio’s activities, while private life becomes ever more intimate within the brown body. In this manner, the building on the one hand narrates about some of its functions, while on the other it incorporates them, in an interplay of balance between extrovert and introvert volumes, between transparency and opaqueness. Even the darkish colour and the texture of the upper part of the building contribute towards making the crossroad between the two streets a strong visual point of reference: the covering material is a layer of Kolumba bricks with an anthracite tint, having a prolonged dimension and a horizontal lay-out, able to characterise the surface of the Black House in a decisive, almost virile, manner. Yet there is still another element act-
delle sue funzioni, dall’altra le interiorizza, in un gioco di equilibrio fra il volume estroverso e quello introverso, fra trasparenza e opacità. Anche il colore scuro e la tessitura della parte superiore dell’edificio contribuiscono a rendere l’incrocio fra le due strade un punto di riferimento visivo forte: il materiale di rivestimento è un manto di mattoni Kolumba dal colore antracite, dalla dimensione allungata e ad andamento orizzontale, capace di caratterizzare la superficie della Black House in maniera decisa, quasi virile. Ma c’è ancora un altro elemento che fa da perno visivo, da segnale architettonico e urbano: è la grande bacheca vetrata che si apre ed emerge dal profilo della facciata più lunga. Come un occhio privilegiato sulla città, si trova in posizione strategica a metà della strada curvilinea che dalla piazza del duomo porta al museo centrale. Gli accessi all’edificio sono due: uno porta al parcheggio seminterrato, l’altro conduce agli appartamenti che si articolano lungo una corte dotata di un ampio spazio all’aperto destinato alle abitazioni. Gli interni dello studio di architettura sono schietti, diretti, asciutti. È il cemento armato a vista l’elemento dominante della scena, ma nulla appare come non finito. Un arredamento sobrio ma elegante, grandi anelli bianchi come punti luce provenienti dal soffitto concorrono a definire un ambiente ricercato, accogliente, fiero della sua personalità tanto da raccontarla all’esterno attraverso la pelle a vetri che lo circonda. La Black House – come molte altre architetture di Utrecht, fra queste, per esempio, la Villa KBWW di MVRDV ma l’elenco potrebbe continuare – consente di riflettere sulla disponibilità che la cittadina manifesta ad accogliere innovazioni linguistiche, aspirazioni contemporanee, non solo nelle zone periferiche rispetto al tessuto urbano, ma anche nel suo centro storico. Passeggiando per le strade di Utrecht si avverte immediatamente questa confidenza fra passato e presente, così come la naturalezza con la quale i cittadini vivono i nuovi ‘preziosi’ della loro città. In posti come questi l’architettura può ancora esercitare anche il suo ruolo sociale.
wstraat
Lange Nieu
oude Gracht
0
100 m
planimetria generale/site plan
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nome progetto/project name the Black House progetto/design Bakers Architekten gruppo di progetto/project team Jan Bakers, Martijn Boer, Erik Feenstra, Noor van de Loo, Remko Verkaar strutture/structural engineering CIHR consulenti/consultants Campus Installatie Techniek BV, Barneveld; IVL, Wijk bij Duurstede consulente per l’illuminazione/lighting consultant Maikel van Burik appaltatore/contractor Bouwonderneming Van Bekkum Houten committente/client Bakers Architecten bv, Utrecht & Van Bekkum Projecten bv, Hooglanderveen luogo/place Utrecht, Paesi Bassi data progetto/design date 2010 superficie/area 1.100 mq/sqm www.bakersarchitecten.nl
sezione aa/section aa
0
5m
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a
pianta piano terra/ground floor plan
0
5m
ing as a visual hinge point, as an architectural and urban sign: it consists of the wide glazed showcase opening and emerging from the profile of the widest façade. Like a privileged eye on the city, it is sited in a strategic position in the middle of the bent street taking from cathedral square to the central museum. There are two access points to the building: one takes to the basement parking place, the other leads to apartments laid along a courtyard occupying a wide open space intended for dwelling houses. The inner areas of the architecture studio are plain, direct and dry. At first sight the dominating element of the scene is reinforced concrete, yet nothing appears to be unfinished. It has sober but elegant decor, with large white rings as sources of light coming down from the ceiling and contributing to define a sought after ambient which is receptive and haughty of its personality so much so that it relates about it to the outside world through the glass skin that surrounds it. The Black House – like many other Utrecht architectures, among which, for example, MVRDV’s Villa KBWW but the list can stretch out for ever – allows some thought on the town’s availability to accept language innovations, contemporary expectations, not only in the peripheral zones with respect to the urban texture, but also within its historical centre. Walking along the streets of Utrecht one is immediately aware of this intimacy between past and present, the same as the naturalness with which the townsfolk live the new ‘preciosities’ of their city. In places like these the architecture can still exercise its social role.
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pianta primo piano/first floor plan
pianta terzo piano/third floor plan
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prospetto sud est/south east elevation
0
5m
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Aforismi di case SPLITTERWERK, Green Treefrog, St. Josef, Styria
testo di/text by
Valentina Ricciuti
House aphorisms Of all the interdisciplinary and
Nell’ambito delle definizioni multiformi e interdisciplinari che il collettivo austriaco Splitterwerk
multiform definitions the Austrian collective Splitterwerk gives to architecture, their most abstract
è solito assegnare all’architettura, quella riguardante il tema dell’abitare è certamente la più astratta ed enigmatica. Da Laugier a Palladio, da Piranesi ad Aldo Rossi, a Peter Eisenman, a Franco Purini,
and enigmatic interpretations come in the field of home design. From Laugier to Palladio, from Pi-
il significato della ‘dimora’ in cui la storia della disciplina architettonica rintraccia forse il suo più arcaico principio di necessità, ha attraversato le differenti epoche ed esperienze affermandosi sem-
ranesi to Aldo Rossi, Peter Eisenman and Franco
pre come forma archetipica, tendente, seppur nelle spesso distanti tonalità espressive, a presentarsi
Purini, the architecture traces back meaning of ‘dwelling place’ to the principle of necessity. From
nell’edificio nelle sembianze di un principio di congruenza, di necessarietà, di coesione assoluta delle sue parti. Come se il senso stesso del dimorare, del risiedere, sottendessero implicitamente un’impo-
this archetypal form, the home has developed over time to reflect various moods. At the same time,
stazione progettuale semanticamente autodeterminata, in grado di prescindere dal corso della storia. In questo senso, il progetto della casa Green Treefrog realizzato da Splitterwerk a St. Josef, nei
homes must express harmony, fulfil basic need while making sure all the parts fit together. The
pressi di Styria, rappresenta un inedito gesto di congedo dal classico e dalla sua mitologia. Qui il modello formale archetipico è infatti contraddetto dalla pronunciata dimensione metaforica dell’apparato
concepts of dwelling spaces and residences often
funzionale. Dal punto di vista strettamente tettonico la casa si presenta come un sistema di involucri
result in projects which are self-defined by semantics, as if attempting to ignore the history that pre-
dai diversi gradienti di trasparenza, al più esterno dei quali è affidato il compito di restituire, sul piano figurativo, un’immagine iconica visivamente stabile. Gli strati più interni, al contrario, definiscono
cedes them. In this sense, weekend home Green Treefrog designed by Splitterwerk in St. Josef, near Styria, represents a new approach to honour-
spazi accidentati e distanti da ogni ragionevole forma di pragmatismo nell’organizzazione dell’ambiente domestico. L’idea di casa in quanto organismo architettonico risolto in ogni sua parte trova nel progetto della Green Treefrog il teorema della sua negazione. Pervasa di quella ‘anoressia’ espressiva
ing the classical along with its mythology. Here, the archetypal model is actually contradicted by the pronounced metaphoric dimension of the functional structure. By a strictly tectonic point of view, the house looks like a system of layers in varying gradients of transparency. The uppermost surface displays a visually stable iconic image. Under this, internal layers show uneven spaces completely at odds with the usual domestic environment. The Green Treefrog project negates the idea of the house as a fully-formed architectural organism. This ‘green spider web’ wins the spectator over with a sense of void and emptiness, a lack of content through which it demonstrates its individual contemporary language. It is an example of what Achille Bonito Oliva likes to call expressive ‘anorexia’, which is present in a lot of contemporary art works. Another project was the restructuring of an existing building into a seminar space. It started with very different presumptions and obtained very different results. The same concordantia oppositorum between the needs of its intended use and
cui Achille Bonito Oliva ama di frequente richiamarsi a proposito di certe, attuali, derive dell’arte, la Raganella verde conquista con l’assenza, con il vuoto contenutistico che la rappresenta, la sua iscrizione al registro linguistico della contemporaneità. Non diversamente, anche se con presupposti ed esiti evidentemente lontani, la riconversione di un edificio storico da destinare a casa seminariale, realizza la stessa concordantia oppositorum tra l’esigenza suggerita dalla destinazione d’uso e la volontà di affermazione dell’identità visiva dell’architettura. Nel caso del Frog King però, l’ossimoro forma/ funzione risulta invertito. Se nella Green Treefrog era l’impiego simbolico della funzione a dar luogo al paradosso, all’ossimoro architettonico tra l’essenzialità archetipica della forma e l’apparentemente inspiegabile instabilità di utilizzo ricercata attraverso l’impostazione geometrica degli interni, nel Re delle rane è l’involucro a trasportare l’orditura semantica del progetto in un territorio dei significati più ambiguo e concettuale. Oltre alla riorganizzazione della distribuzione degli spazi, l’intervento prevede appunto la copertura integrale delle superfici esterne dell’edificio con un tessuto policromo avvolgente di tessere di cemento, proposto in ventisei colori differenti. Sospeso tra l’austerità sottesa anche se non dichiarata dalle esigenze funzionali e l’ironia del puntinismo allegorico che raduna sulle facciate un’inaspettata varietà cromatica del rivestimento, Frog King possiede il fascino straniante del readymade duchampiano nella sua manifestazione più assoluta. Dimostra come sia possibile riformulare completamente il senso di un luogo a partire dal riorientamento delle vocazioni che esso incorpora. Ma rappresenta anche, al tempo stesso, il manifesto di un modus operandi che si identifica nella vitalità della forma che esso produce, nell’invito, pienamente contemporaneo, a che questa forma si consumi rapidamente, facendosi portatrice di un messaggio mobile e indecifrabile, testimone, ricordando Bauman, di quello stato di liquidità nel presentarsi delle cose cui la nostra epoca sembra essere naturalmente soggetta.
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nome progetto/project name Green Treefrog progetto/design SPLITTERWERK gruppo di progetto/project team Mark Blaschitz, Hannes Freiszmuth, Johann Grabner, Edith Hemmrich, Bernhard Kargl, Stephanie Matthäi, Josef Roschitz consulente per le strutture/structural consultant werkraum wien, Peter Bauer committente/client Mr. & Mrs. B. luogo/place St. Josef, Styria, Austria costruzione/construction 1998-2004 superficie costruita/built up area 200 mq/sqm costo/cost 100.000 ₏ foto/photo SPLITTERWERK www.splitterwerk.at
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1
5m
sezione aa/section aa
the desire to show the identity of the architecture is apparent. In the case of the Frog King, however, the oxymorons form/function results in an inver-
prospetto/elevation
sion. The Green Treefrog used function symbolically in order to create a paradox. This architectural paradox was between the archetypal essence of the form and the apparently inexplicable instability created through the geometric placement of the interiors. In the Frog King, on the other hand, the fabric covering gives the formal semantics of the project a more ambiguous and conceptual meaning. In addition to redistributing space, in fact, the architects completely covered the surface of the building with a multicoloured skin, made of concrete tiles in 26 different colours. Frog King possesses the alien fascination of a DuChamps ready made in its understated austerity juxtaposed upon a multicoloured surface. This work demonstrates the possibility of completely recreating the sense of place through the reorientation of the vocations located within it. But it simultaneously represents a modus operandi through the vitality of form which it produces. There is a totally contemporary invitation from the work, bearing a changeable and indecipherable message. Bauman described it as a liquid presentational style that speaks naturally to our time.
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pianta piano terra/ground floor plan
pianta primo piano/first floor plan
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vista d’insieme e dettaglio della casa total view and detail of the house
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SPLITTERWERK, Frog King, Graz
nome progetto/project name Frog King progetto/design SPLITTERWERK, GRAZT Architektur ZT gruppo di progetto/project team Mark Blaschitz, Marius Ellwanger, Hannes Freiszmuth, Johann Grabner, Edith Hemmrich, Monique Herrmann, Stephanie Matthäi, Lisa Naumann, Bernhard Kargl, Josef Roschitz, Maik Rost, Ingrid Somitsch, Nikolaos Zachariadis consulente per le strutture/structural consultant Siegfried Hiebl impianti/HVACR design TB Fruhmann consulente per l’energia/energy consultant Kautsch Peter progetto elettrotecnico/electrical design TB Essler committente/client Landesimmobiliengesellschaft mbH in Vertretung von Land Steiermark luogo/place Graz, Steiermark, Austria costruzione/construction 2007-2008 superficie netta/net area 910 mq/sqm superficie costruita/built up area 1.819 mq/sqm volume/volume 5.662 mc/cm foto/photo Nikolaos Zachariadis www.splitterwerk.at
sopra: alcune immagini prima dell’intervento/above: some images before the intervention
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dettaglio del rivestimento in piastrelle di cemento/detail of the skin in concrete tiles sotto: vista d’insieme da sud/below: south total view
sezione aa/section aa 0
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pianta piano terra/ground floor plan 0
pianta primo piano/first floor plan
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nome progetto/project name Casa De Masi progetto/design Piergiorgio Semerano collaboratori/collaborators Stefano Antonello, Giuseppe Apollonio, Mauro Aschedamini, Carolina Bozzi Colonna, Valeria Crasto, Luigi Cremonesi, Ludovica Fava, Iride Filoni, Clémentine Gautreau, Joao Loureiro, Marta Montinari, Andrea Piscopo, Sergio Rollo, Simone Romaro, Giuseppe Scarabello, Gunar Thom, Caterina Zaccaria, Stefano Zanardi direttore lavori/works supervision Piergiorgio Semerano impresa/contractor Givierre
© Stefano Zanardi
opere metalliche/metal works Metasistemi opere in legno/wooden works Giuseppe Stamerra, Sergio Latino opere in vetro/glass works Vetreria Calasso impianti/systems Tecnoimpianti Salentina, Renato Portaluri vivai/green Vivai Giuranna, Vivaibambù committente/client privato luogo/place Casarano (LE) data progetto/project date 2007 costruzione/construction 2008 superficie/area 4.042 mq/sqm www.semerano.com
Naturale/artificiale Piergiorgio Semerano, Casa De Masi a Casarano
di/by
Pierpaolo Rapanà
Una casa di campagna, persa nell’Agro di Casarano (LE), subisce un processo di metamorfosi da edificio anonimo e senza qualità in luogo incontro fra arte ed architettura. La nuova pelle lignea ridefinisce il volume del vecchio corpo di fabbrica, unificandolo, e ridisegna la partitura delle facciate. Il rivestimento è continuo e omogeneo, è schermo visivo e filtro luminoso, soglia mimetica tra casa e giardino, limite evanescente fra arte e territorio. Varcata la soglia del cancello esterno, tutto è avvolto dalle piante e dal canneto. Non esiste visione d’insieme: arte, vegetazione, e architettura, si fondono e confondono i percorsi che si dipanano ‘a ramo d’albero’, tagliati nella vegetazione, alla scoperta della casa e delle sculture dell’artista giapponese Hidetoshi Nagasawa. La ramificazione dei percorsi procede per successivi sdoppiamenti dei tracciati e propone una molteplicità di visioni frammentarie. Il giardino svela episodicamente le opere d’arte, il recinto, la casa, il nuovo padiglione, in una successione rapsodica da jump-cut cinematografico. Per abbracciare con lo sguardo l’insieme di elementi compositivi occorre giungere al termine del percorso dove uno spazio più ampio del giardino sancisce il compimento dell’esperienza percettiva. Varcata la soglia del recinto interno, la scoperta riprende nella successione di giardini privati, comunicanti ma visivamente separati, in modo tale che ogni camera abbia una sua naturale prosecuzione all’esterno, senza che ciò ne pregiudichi l’esclusività e la privacy. Ogni giardino ha una sua precisa connotazione di colore e di odore: le piante che risiedono in ognuno di essi hanno colori simili, ma fioriscono e profumano l’aria in stagioni diverse, in modo da assicurare la presenza floreale lungo tutto l’arco dell’anno. Il recinto interno e la fodera lignea che avvolge la casa permettono inoltre, data la struttura a fughe aperte, di collocare lungo l’intero perimetro del fabbricato piante rampicanti che, col tempo, copriranno ogni manufatto. A partire dal momento in cui sono terminati i lavori di ristrutturazione, infatti, è iniziata un’altra opera di modificazione: la riconquista del luogo da parte della natura. L’opera non viene consegnata come un prodotto finito, ma come un organismo all’inizio di un nuovo processo di trasformazione, operato dalla natura e dall’abitare. Le travi e le pareti lignee che cingono gli spazi esterni alla casa, infatti, non sono una mera cifra stilistica, semplice prefigurazione della ‘rovina’, bensì le impalcature di un cantiere continuo che d’ora in avanti procederà secondo regole proprie, affidato alla cura dei committenti e alle loro esigenze. In sintonia col criterio di avvolgimento, nel vecchio corpo di fabbrica, che è circondato su due lati dai giardini privati, sono state sistemate le stanze private dei proprietari e degli ospiti, oltre alla cucina e alla sala da pranzo. Per l’ambiente di soggiorno, invece, è stato realizzato appositamente un nuovo padiglione, in adiacenza all’edificio esistente. Tale padiglione è immerso nel giardino comune, che ospita, fra le altre sculture della collezione privata, il Pozzo nel Cielo. La relazione del padiglione con l’esterno è quindi di tipo inverso rispetto a quella della parte di casa ‘avvolta’ nella fodera: qui l’immersione nella luce e nel verde del giardino comune e il rapporto visivo diretto con le sculture denotano una apertura totale e continua. Il confine con l’esterno è più rarefatto. Una parete di vetro curvo cinge lo spazio del soggiorno protetto da una copertura che pare fluttuare nell’aria grazie all’artificiosa dissoluzione della struttura in un canneto artificiale. La selva di canne lignee, distribuite sul perimetro, diventa filtro alla luce a intensità regolabile: le canne sono provviste di un sistema di aggancio a molla che consente di modificarne a piacere il numero e la distribuzione. Le canne in legno di cedro hanno anche una connotazione olfattiva che si sprigiona nei giorni di pioggia. La scoperta della casa è punteggiata da artifici progettati ad arte che trasformano il dialogo con la natura in una esperienza sensoriale immersiva.
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Š Stefano Zanardi
sezione aa/section aa
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5m
1 ingresso/entrance 2 soggiorno/living room 3 vasca per piante acquatiche/hydrophyte’s pond 4 sala da pranzo/dining room 5 cucina/kitchen 6 cabina armadio/wardrobe 7 camera da letto/bed room 8 bagno/bath room
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pianta/plan
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Š Stefano Zanardi
prospetto nord/north elevation
prospetto novest/west elevation
prospetto sud/south elevation
prospetto est/east elevation
Š Carlo Carossio
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5m
© Carlo Carossio
la sala da bagno/the bath room pagina precedente: la parete di vetro curvo del soggiorno/previous page: the wall of curved glass
Natural/artificial A country house, in the wilds of Agro di Casarano (LE), undergoes a process of change from an anonymous and quality deprived
gardens, communicating but visibly separated, in such manner that every room flows out naturally outside, without this being of any prejudice to ex-
is surrounded on two sides by private gardens, the private rooms of both owners and guests, besides the kitchen and dining room.
building into a site where the arts and architecture meet. The new wooden skin redefines the volume of the old factory building, by unifying it, and redesigns the façade’s front. The facing is continuous and smooth, a visual screen and luminous filter, a camouflage threshold between house and garden, an elusive limit between arts and territory. Having passed the threshold of the outer gate, the whole area is enveloped by shrubs and a cane thicket. There does not exist a vision of togetherness: the arts, vegetation and architecture melt and confound themselves in pathways which unravel ‘like a tree branch’, cut out in the vegetation, on the outside of the house and of the sculptures made by Japanese artist Hidetoshi Nagasawa. The branching out of pathways continues with the subsequent dual splitting of tracks and proposes a multiplicity of fragmented visions. The garden episodically reveals the arts works, the fence, the house, the new pavilion, in a rhapsodic line-up like a cinema jump-cut. To embrace with a glance the wholeness of composite elements the end of the pathway would have to be reached where a wider garden space permits the fulfilment of the perceptive experience. Having passed the threshold of the inner fence, the discovery continues in a succession of private
clusiveness and privacy. Each garden has its precise connotation of colour and smell: the plants potted in each one of them has similar colours, yet they flower and scent the air in different seasons, in such manner to ensure a floral presence throughout the whole year. The inner fence and the woody lining enshrouding the house besides permit, considering the structure with open escape outlets, the planting along the whole perimeter of the building of climbers which will in time cover every artefact. Starting from the instant when renovation works have been terminated, other alteration works have actually commenced, namely the reconquest of the place by nature. The work shall not be delivered as a finished product, but as an organism at the start of a new transformation process, worked out by nature and living in. The beams and wooden walls surrounding the external spaces of the house are not actually a mere stylistic digit, a simple prefiguration of the ‘ruin’, but rather the scaffolding of a continuous building site which from now on will go on according to its own rules, entrusted to customers’ care and their needs. In syntony with the criterion of wrapping up there have been arranged, in the old building body which
As for the living room, instead, a new pavilion has been suitably realised, adjacent to the existing building. This pavilion is immersed in the common garden hosting, among other private collection sculptures, the Heaven’s Well (Pozzo nel Cielo). The pavilion’s relationship with the exterior is thus of an inverted type with regard to that of the part of the house which is ‘enshrouded in the lining: here the immersion in the light and in the greenery of the common garden and the direct visual relationship with the sculptures denote a total and continuous opening. The border with the exterior is more rarefied. A wall of curved glass surrounds the living space protected by a cover which looks like fluttering in the air owing to the affected dissolution of the structure in an artificial grove of reeds. The thicket of woody canes, stretched out on the perimeter, filters the light at a regular intensity: the canes are provided with a spring hook system allowing to change as one pleases both amount and distribution. The cedar wood canes also have an odorous connotation which is released on rainy days. The discovery of the house is punctuated by devices planned artfully and which transform the dialogue with nature into an immersive sensorial experience.
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Dialogo urbano Breschi-Giannoni, Residenze in via Cittadella
testo di/text by
Eugenia Valacchi
Urban dialogue The residential building planned by
L’edificio residenziale progettato da Alberto Breschi e Claudia Giannoni a Firenze è situato tra via Citta-
Alberto Breschi and Claudia Giannoni? at Florence is situated between via Cittadella and via delle Ghi-
della e via delle Ghiacciaie, a ridosso della ferrovia nel tratto verso la stazione di Santa Maria Novella. L’intervento si pone anche in una posizione strategica in previsione dell’insediamento della linea 2
acciaie, close to the railway in the stretch taking to Santa Maria Novella station. The intervention
della Tramvia, che in quei pressi potrebbe avere una fermata. Esso insiste su un sito dalle molteplici complessità e coordinate di riferimento; sul lotto irregolare,
also takes place in a strategic position in view of
leggermente romboidale, all’incrocio delle due strade, sorgeva un capannone industriale in contiguità
the laying of the Tramway’s line 2, in which area there could be a stop. It insists on a very complex
con il costruito circostante, mentre sul fronte opposto di via Cittadella l’architetto si è cimentato con il difficile compito di dialogare con la preesistenza significativa della Centrale Termica di Angiolo
site and reference co-ordinates; on the irregular, slightly rhomboid, parcel of land at the crossroads
Mazzoni. Questa, costruita insieme alla Cabina Apparati tra il 1932 e il 1934, fu progettata proprio a completamento del complesso della nuova stazione ferroviaria, con la funzione di bruciare il carbone
between the two streets, there rose an industrial hut contiguous with the surrounding buildings,
per il riscaldamento dei locali. La sua connotazione formale, con richiami e citazioni mutuati dalle esperienze di avanguardia futurista e costruttivista, si affidava sostanzialmente alla aperta e imme-
while on the opposite side of via Cittadella the ar-
diata dichiarazione delle funzioni tecnologiche che si svolgevano all’interno, tanto da ricevere anche
chitect tried his hand at the difficult task of holding a dialogue with the significant pre-existence
l’entusiastica ammirazione di Marinetti. Su via delle Ghiacciaie il fronte della Centrale è segnato da una lunga vetrata orizzontale, incorniciata in travertino, che collega i due accessi carrabili aperti alle
of Angiolo Mazzoni’s Central Heating Plant. It was built together with the tools cabin between 1932 and 1934, and it was suitably planned to complete
estremità, mentre all’altezza dell’ultimo livello si ripete la fila di finestrine allungate. La facciata su via Cittadella, dove si apre l’accesso alla Centrale, si configura invece in maniera più tradizionale, con l’ingresso rialzato su sei gradini in travertino e una vetrata verticale a garantir l’illuminazione degli in-
the new railway station complex, having the task of burning coal to warn local premises. Its formal connotation, with its call-backs and quotations borrowed from the avant garde futurist and constructivist experiences, is substantially entrusted to the open and immediate declaration of technological functions which developed within, so much so as also to receive Marinetti’s enthusiastic admiration. Facing on via delle Ghiacciaie the Plant’s façade is marked by long horizontal glass sheathing, framed in Travertine, connecting the two open driveways at the extremity, while at the last floor level there is a repeat performance of elongated windows. The façade on via Cittadella, where access to the Plant opens up, instead configures itself in a more traditional manner, with the entrance raised on six steps in Travertine and vertical glass sheathing to guarantee lighting within the inner areas. To intervene in this context, it would be thus significant to make comparisons with morphological, texture and linguistic data which have formed the grid array of possible composite choices, having for their purpose a planning action which avails itself of a functional and symbolical analysis to define its character’s significant and expressive value. The ability to relate with the surrounding environment is, actually, a priority need of every structure which is to be inserted in a consolidated urban context; in this case Breschi’s building installs a dialogue relationship with the island and with Mazzoni’s
terni. Intervenire su questo contesto ha significato dunque confrontarsi con dati morfologici, materici, linguistici che hanno formato la griglia matrice delle possibili scelte compositive, avendo come fine un’azione del progettare che si avvalga dell’analisi funzionale e simbolica per definire il valore significante ed espressivo del suo carattere. La capacità di relazione con l’ambiente circostante è, infatti, esigenza prioritaria di ogni struttura che ben si voglia inserire in un contesto urbano consolidato; in questo caso l’edificio di Breschi instaura una relazione dialogica con l’isolato e con l’architettura di Mazzoni, raccordandosi alla quinta edilizia determinata dagli edifici contigui. L’edificio infatti si allinea a questi ultimi sia planimetricamente che altimetricamente, ribadendo la volontà di ancoraggio e radicamento al territorio e al costruito, e anzi conferendo unitarietà ai frammentati strati di formazione urbana susseguitisi nei decenni. L’accogliere progettualmente tali istanze non ha significato accettare passivamente un dato di fatto, bensì infondere precisi caratteri formali all’architettura, senza renderli al tempo stesso puramente formalistici: l’altezza del corpo principale che eguaglia quello del fronte opposto, il taglio e le caratteristiche delle aperture che richiamano, nella prevalente dimensione in orizzontale e nella partitura degli infissi, scelte caratteristiche del movimento moderno già utilizzati da Mazzoni, l’utilizzo degli stessi materiali (intonaco colorato in pasta, travertino), fino ad arrivare alla definizione di un simile cromatismo, dichiarano una sensibilità progettuale che si svincola dall’arroganza del ‘gesto’ creativo per instaurare altresì un intelligente dialogo tra due opere distanti quasi ottant’anni e possibile solo per mezzo di una coerente onestà intellettuale.
prospetto su via delle Ghiacciaie via delle Ghiacciaie elevation
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nome progetto/project name Edificio a destinazione residenziale in via Cittadella a Firenze/Housing building in via Cittadella in Florence progetto/design Alberto Breschi e/and Claudia Giannoni direzione lavori/works supervisors Alberto Breschi e/and Claudia Giannoni strutture/structures T Progetti, Fabio Terrosi impianti/systems Studio Cacioli-Noci appaltatore principale/main contractor Gransasso Costruzioni luogo/place Firenze data progetto/design date 2008 fine lavori/completion 2010 Edificio certificato CasaClima Classe A/CasaClima Classe A certified building www.breschistudio.it
a destra: dettagli dei materiali: vetro e travertino/on the right: details of the materials: glass and travertine sotto: vista d’angolo tra via delle Ghiacciaie e via Cittadella/below: view froom the crossroads between via delle Giacciaie and via Cittadella
architecture, in agreement with the fifth building established by contiguous buildings. The building actually aligns itself to the latter both as to its planimetric and altimetric aspects, reinforcing the will for anchorage and rooting to territory and construction, and rather by conferring uniformity to the fragmented strata of urban formation which followed during the decades. In accepting these occurrences as a project it is meaningless to accept passively a factual datum, rather than to infuse exact formal characters to the architecture, without at the same time rendering them to be purely formal: the height of the main body equalling that of the opposite side, the cut and characteristics of the apertures which they recall, in the prevailing horizontal dimension and in the shutters’ appearance, these being characteristic choices of modern movement which have already been made use of by Mazzoni, the use of the same materials (tinted plaster paste, Travertine), up to arriving to a definition of a similar chromatism, all declare a project sensitivity which unbinds itself from the arrogance of the creative ‘gesture’ to yet install an intelligent dialogue between two works lying apart from each other by something like eighty years and only possible by means of a coherent intellectual honesty.
pianta piano terra/ground floor plan
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5m
pianta primo piano/first floor plan
pianta terzo piano/third floor plan
pianta quarto piano/fourth floor plan
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La torre che guarda intorno Behnisch Architekten, Marco Polo Tower, Amburgo
testo di/text by Elio Bedarida foto di/photos by Roland Halbe
The tower which looks far out In Hamburg, in one
Ad Amburgo, in una delle zone europee a maggior sviluppo urbano, dal 2025 il centro cittadino si am-
of the European zones sustaining great urban development, the city centre will as from 2025
plierà del 40% sull’isola fluviale Großer Grasbrook nell’ alveo dell’Elba. In questo contesto Behnisch ha collocato la sua Marco Polo Tower, dislocata sulla banchina settentrionale di HafenCity, a diretto
widen by some 40% on the river island Großer Grasbrook within the Elbe riverbed. In this con-
contatto con il palazzo della Unilever, fra la Filarmonica dell’Elba e il Centro delle Scienze di Amburgo così da risultare uno dei nuovi segni distintivi della città.
text Behnisch has situated his Marco Polo Tower,
L’edificio è dotato di ampi balconi percorribili come vere e proprie passeggiate che attraversano tutta
stationed on the northern quay of HafenCity, in direct contact with the Unilever palace, between
la torre fino alla sede della Unilever, conferendo a tutto l’insieme un’immagine di armoniosa organicità. Il risiultato è di assoluta originalità: 55 metri di elevazione morbidamente scolpiti per tutti i 17
the Elbe Philharmonic and the Hamburg Centre for Sciences so that it now shows as one of the
piani, ognuno dei quali è ruotato di alcuni gradi intorno ad un asse centrale in modo da regalare ai 58 appartamenti – mai uguali fra loro – pregevoli viste che vanno dal fiume all’intera città passando
new distinctive city features. The building has wide balconies which can be
per il porto. A partire dal secondo piano si distribuiscono gli appartamenti – tra i 60 e i 340 mq – che grazie all’estrema flessibilità progettuale possono combinarsi fra loro per ottenere ulteriori soluzioni
walked along as true and proper walkways crossing
distributive già leggibili in facciata dove i diversi tipi di appartamenti – l’attico o il bilocale – modellano
the whole tower up to the Unilever office, giving the whole ensemble an image of a harmonious or-
le svariate sagome di ogni piano, tutte differenti fra loro, e i volumi della torre. L’interno è ugualmente flessibile ed adattabile grazie alla riduzione al minimo ingombro delle strutture
ganic structure. The result is an absolute originality: 55 metres of elevation softly sculpted for all 17 floors, each of which revolves for a few degrees
verticali e dei cavedi dando la possibilità ai futuri residenti di decidere dove collocare bagni, cucina e gli altri ambienti. Strutturalmente la torre si compone di un nucleo centrale in c.a. di 35 metri di lato che raggruppa i
around a central axis in such way as to afford 58 apartments – which are never the same in their own right – excellent views taking from the river to the whole city passing through the harbour. Starting from the second floor, the 60 to 340 sqm apartments are laid out which, owing to the great flexibility of the plan, could combine among themselves to achieve further lay-out solutions which be already seen in the façade where the various types of apartments, be they attic or two-roomed flats, model out the various shapes found at each floor level, being all so different from each other, and the tower volumes. The inner part is equally flexible and adaptable owing to the reduction to minimum encumbrance of vertical structures and shafts, making it possible for future residents to decide where to position their bathrooms, kitchens and other rooms. The tower is structurally made up of an approximately 35 metre-wide central nucleus grouping together the vertical connections between the two basement levels and all 17 floors above ground level. In view of the specific tower structure, the pillars do not enjoy a continuous flow from one floor to the other but result to be laid out according to the shape of the lofts which on their part dislodge their weight onto seven supporting structures and so onto the nucleus. The characteristic soft wrapping form of the balconies is achieved from a structural extrados which confers proper rigidity to the lofts’ outer edge.
collegamenti verticali fra i due piani interrati e tutti i 17 piani fuori terra. Data la particolare conformazione della torre, i pilastri non hanno un andamento continuo da un piano all’altro ma risultano via via distribuiti a seconda delle sagome dei solai che a loro volta scaricano il peso su setti collaboranti e quindi sul nucleo. La caratteristica forma morbida e avvolgente dei balconi è data da un estradosso strutturale che conferisce la giusta rigidità al bordo dei solai. Data la vicinanza con le attività portuali, per ridurre l’impatto acustico a 30 db nelle ore notturne, il piano di HafenCity prevedeva una dotazione di facciate ventilate, logge vetrate ed altri accorgimenti tecnologici per tutti gli edifici residenziali muniti di raffrescamento a ventilazione naturale. Behnisch ha quindi evaso la richiesta ideando una insonorizzazione integrata nella facciata con speciali aperture che permettono di raggiungere i valori richiesti grazie ad una semplice scanalatura di ventilazione dotata di vetri posizionati davanti alle parti fisse della facciata in modo da nascondere le aperture all’osservatore. Dal punto di vista energetico la Marco Polo Tower concilia un progetto residenziale di alta qualità con il concetto di edificio ecologico totale. Il riscaldamento è assicurato dal sistema di teleriscaldamento del quartiere. Le ampie facciate vetrate sono quindi dotate di pannelli opachi non solo per ridurre la dispersione ma anche per migliorare il comfort interno accumulando calore. In copertura i collettori solari forniscono l’energia necessaria a produrre acqua calda anche per l’adiacente area sportiva comunale. Se nei mesi più freddi la richiesta supera la capacità dei collettori solari, l’energia supplementare è assicurata tramite valvole regolate dal sistema di teleriscaldamento locale. Il raffrescamento è invece generato da un impianto guidato dall’irraggiamento solare: una serie di collettori vuoti e uno scambiatore di calore convertono il calore assicurando il raffrescamento mentre un accumulatore immagazzina l’energia solare in eccesso per poterla riutilizzare successivamente nel ciclo.
vista nord della Torre Marco Polo e della sede della Unilever Germania/north view of the Marco Polo Tower and of the Unilever Germany Headquarters
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vista dal balcone al livello 10/view from level 10 balcony sotto: vista generale della Torre Marco Polo e della sede della Unilever Germania/below: total view of the Marco Polo Tower and of the Unilever Germany Headquarters
nome progetto/project name Torre Marco Polo/Marco Polo Tower progetto/design Behnisch Architekten, – Stefan Behnisch, David Cook, Martin Haas capoprogetto/project leader Katja Knaus gruppo di progetto/project team Anja Willmann, Anna Bilinska, Hie Gown Ohh, Zheng Sun, Konstantin August, Su Jeong Park, Andreas Gerlsbeck, Stefan Sindlinger ruolo di Behnisch Architekten nel progetto/role of Behnisch Architekten in the project architettura, progetto degli interni e dei mobili/architect, interior designer, furniture designer supervisione/supervision 360grad+ ingegneria strutturale/structural engineer Weber Poll impianti/MEP HSGP Heinze Stockfisch Grabis + Partner fisica tecnica/building physics ITA Ingenieurgesellschaft für Technische Akustik; Horstmann + Berger (interni/interiors) illuminotecnica/lighting Licht01 Lighting Design architettura del paesaggio/landscape EMBT Enric Miralles, Benedetta Tagliabue antincendio/fire protection hhpberlin
facciate/façades Prof. Michael Lange Ingenieurgesellschaft studi sul vento/wind studies I.F.I. Aachen coordinamento per la sicurezza e la salute coordinator for safety and health matters Dekra Umwelt committente/client Projektgesellschaft Marco Polo Tower (Projektgesellschaft è una associazione temporane formata da Hochtief Projektentwicklung e DC Residential/Projektgesellschaft is a joined venture composed of Hochtief Projektentwicklung e DC Residential) luogo/place Amburgo concorso/competition 2006 data progetto/design date 2007 inizio lavori/start on site date 2007 fine lavori/completion 2010 superficie lorda/gross area 12.500 mq/sqm superficie netta/net area 7.650 mq/sqm volume/volume 40.770 cm piani fuori terra/floors above ground 17 piani interrati/floors below ground 2 www.behnisch.com
Considering the closeness to harbour activities, in order to reduce the noise impact to 30 db during night-time, the HafenCity plan provided for an array of ventilated façades, glass sheathed loggias and other technological devices for all residential premises cooled with natural ventilation. Behnisch has so evaded the request by originating full soundproofing on the façade with special openings which allow one to reach the required values because of simple keyway ventilation fitted with glass sheaths positioned before the façade’s fixed parts in such manner as to hide the apertures to an observer. From an energy point of view the Marco Polo Tower twins a high-quality residential project with the concept of a complete ecological building. Heating is assured by a distance warming system of the area. The wide glass sheathed façades are therefore fitted with opaque panels not only to reduce heat dispersion but also to improve inner comfort by accumulating heat. On the roof the solar connectors provide the required energy to produce warm water also for the adjacent municipal sports area. If during very cold months demand exceeds the solar collectors’ capacity, supplementary energy is ensured through valves regulated by the local distance warming system. Cooling is generated by a guide controlled by solar radiation: a series of empty collectors and a heat exchanger convert heat by ensuring cooling while an accumulator stores excess solar energy to be able to use it again later in the cycle.
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pianta livello 4/level 4 plan 10 m 0
level 04 1m
0
10 m
pianta piano terra/ground floor plan 1m
ground floor plan
pianta livello 15/level 15 plan
level 15 1m
dettaglio della balaustra/balaustrade detail pagina seguente: banco della reception nell’atrio/following page: reception counter in atrium
+51,31 livello 15/level 15
+14,63 livello 4/level 4
+0,00
prospetto est/east elevation
0
1m
EAST ELEVATION
10 m
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[sul comodino]
[sul comodino]
[letture facoltative]
[letture facoltative]
Una guida all’architettura frugale Fondazione Bruno Zevi
Florian Idenburg Relations in the Architecture of
Mi chiamo Charles Saatchi e sono un artolico
Pino Brugellis (a cura di), L’invisibile linea rossa,
La frugalità in architettura è intesa in contrapposizione sia all’edilizia di bassa qualità che alle grandi opere dai budget esorbitanti, è la ricerca di soluzioni puntuali ad
Kazuyo Seijma + Ryue Nishizawa Postmedia, Milano, 2010 Sulla linea che da Kikutane passa per Ito l’approccio di Sanaa è tra i più efficaci nell’interpretare le
Phaidon, Londra, 2010 Saatchi è l’emblema del mondo dell’arte contemporanea, inteso non solo come opere ma anche come mercato, mostre
Quodlibet, Macerata, 2009 L’incontro con 8 architetti, ‘coltivatori di idee’ (Friedman, Mayne, Eisenman, Acconci, Tschumi, Zenghelis, Lynn, Diller
esigenze specifiche. Priva di un approccio uniforme si fonda su alcuni indirizzi – materiali naturali,
metropoli attuali. Con la ricerca di un atteggiamento sobrio, personale e non dogmatico,
e collezione. Pubblicitario di successo è divenuto collezionista per passione
e Scofidio – li contiamo per uno), più uno mancato (Koolhaas), come incontro, non certo come
metodi di costruzione alternativi, tecnologia applicata al contesto, partecipazione – improntati alla responsabilità sociale e al risparmio energetico senza però
fornisce soluzioni provvisorie e alternative contemporanee grazie ad un approccio relazionale all’architettura. Coinvolgimento, attivazione, socialità sono gli
riuscendo ad influenzare profondamente i meccanismi del sistema: guru del mercato, curatore di mostre leggendarie, invidiato talent-scout di artisti
architetto, ma sul quale c’è la testimonianza di Antonio Negri. Questo è il contenuto del libro, resoconto/testimonianza degli incontri promossi a Firenze, nei
trascurare la qualità progettuale. Nella linea di revisione critica del moderno è un approccio che
elementi che innervano i progetti, fatti non solo di strutture ma anche di azioni ed eventi. La pianta
emergenti. Con il suo giudizio ha segnato la scena degli ultimi decenni divenendo una figura
primi 5 anni dall’Osservatorio sull’Architettura della Fondazione Targetti. Uno stato dell’arte
impone di riformulare ogni attività con il ritorno al grado zero.
ne è l’elemento organizzativo, lo spartito per la sceneggiatura delle azioni. Idenburg svela l’essenza delle scelte di
leggendaria avvolta sempre da polemiche e da pettegolezzi. Ora le vicende legate alla cura, gestione ed eredità della sua
della ricerca teorica e della sperimentazione formale dell’architettura contemporanea separata dall’utopia dalla sottile
Seijma, anche curatoriali.
collezione ne hanno già raccolto il testimone.
linea rossa del titolo. (a cura della redazione)
[on the nightsand] Una guida all’architettura frugale Fondazione Bruno Zevi Frugality in architecture is meant to contrast both low-quality building construction and grand-scale works with expensive budgets, its aim is to provide punctual solutions to specific requirements. Lacking a uniform approach, it is founded on a few basic elements – all-natural materials, alternative construction methods, technology applied to context, participation – oriented to social responsibility and energetic saving, without nonetheless neglecting the project quality. A critical revision of modernity, an approach that demands the re-elaboration of each activity with a return to square one.
[on the nightsand] Florian Idenburg Relations in the Architecture of Kazuyo Seijma + Ryue Nishizawa Postmedia, Milano, 2010 Along the virtual line that from Kikutane travels through Ito, Sanaa’s approach is among the most successful in reinterpreting modern-day cities. Seeking a sober, individual, and non-conventional attitude, it offers temporary solutions and contemporary alternatives, thanks to a relational approach to architecture. Involvement, proactivity, sociality are the elements that characterize the projects, which include more than just plain structures, but action and events as well. The layout is the core organizational aspect, the score for an active script. Idenburg unveils the true essence of Seijma’s choices, even the curated type.
[optional lectures] [optional lectures] Mi chiamo Charles Saatchi e sono un artolico Phaidon, Londra, 2010 Saatchi epitomizes the world of contemporary art, intended as works but also marketing, exhibits, and collections. A successful advertiser who has become a collector driven by mere passion, he has succeeded in profoundly influencing the dynamics of the system: a trade mogul, a curator of sensational exhibits, and an envied talent-scout for emerging artists. His judgment has marked the scene of the last few decades and he has become a legendary figure shrouded with the echoes of controversy and gossip. The affairs associated to the preservation, management, and heritage of his collection have now picked up the banner.
Pino Brugellis (edited by), L’invisibile linea rossa, Quodlibet, Macerata, 2009 The encounter with 8 architects, aptly nicknamed ‘breeders of ideas’ (Friedman, Mayne, Eisenman, Acconci, Tschumi, Zenghelis, Lynn, Diller and Scofidio – we consider the duo a unit), and a ‘failed’ one (Koolhaas), which we are quick to add, is not in the least failed as an architect, but a rather a missed chance to rendezvous, but to whom none other than Antonio Negri has stood in to bear witness. This is the content matter of the book, an account/rendition of the encounters sponsored in Florence during the first 5 years by the Observatory of Architecture of the Targetti Foundation. A snapshot of the condition of the art of theoretical research and formal experimentation of contemporary architecture, severed from the dreamy ideal of the thin red line of the title. (by the editorial staff)
Random 06
a cura di/edited by Diego Barbarelli
[sul comodino]
[letture facoltative]
[letture facoltative]
Valentina Ricciuti (a cura di) Splitterwerk, Libria, Melfi, 2010
Hans Ulrich Obrist …dontstopdontstopdontstopdontstop
Marc Desportes Paesaggi in movimento
Splitterwerk è il nome di un collettivo austriaco, di Graz per la precisione, ancora poco noto in Italia che si occupa di architettura ma anche di pittura,
Postmedia, Milano, 2010 La raccolta di testi, saggi e presentazioni del curatore culto degli ultimi due decenni. Sperimentatore di modelli
Libri Scheiwiller, Milano, 2008 Desportes sostiene che in ogni epoca l’idea di paesaggio è legata allo sviluppo dei mezzi di trasporto: ogni nuovo sistema ne ha
scultura e nuovi media. Questo piccolo libro, a cura di Valentina Ricciuti, ci presenta i lavori più
curatoriali ed espositivi (con il coinvolgimento degli artisti e la partecipazione attiva del pubblico)
comportato una nuova ed originale visione perché «il paesaggio nasce da una distanza: quella tra
significativi del gruppo, la cui personalissima linea di ricerca è espressa in maniera molto chiara nelle opere pubblicate: l’ironia e il continuo slittamento verso altre
è un sismografo delle necessità e dei fermenti della società attuale.
l’osservatore e lo spazio osservato».
discipline, prima fra tutte l’arte, che le contraddistingue ci dicono come l’orditura più profonda, concettuale, dell’opera sia, per Splitterwerk, il vero messaggio da comunicare. (a cura della redazione)
[optional lectures] Hans Ulrich Obrist …dontstopdontstopdontstopdontstop Postmedia, Milano, 2010 The collection of texts, essays and forewords of the most famous curator since the last two decades. Experimenter of curatorial and exhibition models involving artists and audience. He is the registrar of needs and ferments of the present society.
[optional lectures] Marc Desportes Paesaggi in movimento Libri Scheiwiller, Milano, 2008 Desportes upholds that during the epochs the concept of landscape is related to the development of means of transport. Every new system of transport pushed a new and original vision of the landscape, because it «is generated from a distance: the one between the observer and the observed space».
[letture facoltative] W.J.T. Mitchell Pictorial turn. Saggi di cultura visuale
[on the nightstand] Valentina Ricciuti (a cura di) SPLITTERWERK, Libria, Melfi, 2010 SPLITTERWERK is the name of an Austrian-native team (from the town of Graz, to be precise), as of yet, scarcely known in Italy, which is involved in architecture and more: painting, sculpture, and new media. This small book written by Valentina Ricciuti, presents the most significant works of the group, whose quite original line of research finds a very clear expression in the works published. The irony and constant crossover to other disciplines, first and foremost art, which distinguishes them reveal how the most essential conceptual drive of their creations is the real message Splitterwerk wants to communicate. (by the editorial staff)
duepunti edizioni, Palermo, 2008 Nei saggi di Mitchell, tra i padri della cultura visuale, sono descritti concetti quali pictorial turn, image/ picture, metapictures e biopictures alla base di una disciplina che rifugge sia l’ambivalenza che la comparazione tra testo e immagine per indagare le relazioni che intercorrono tra i media.
[sul comodino] Ricardo Bak Gordon Disegni di case Libria, Melfi, 2008 Raccolta di disegni di 13 case del portoghese Ricardo Bak Gordon, utilizzata nell’introduzione da Federico Tranfa per riflettere sulle possibilità comunicative del disegno: in particolare sulle potenzialità delle scelte grafiche della scuola portoghese e sull’utilità del disegno a mano.
[optional lectures] W.J.T. Mitchell
[on the nightstand]
Pictorial turn. Saggi di cultura visuale duepunti edizioni, Palermo, 2008 Mitchell is one of the fathers
Ricardo Bak Gordon Disegni di case Libria, Melfi, 2008
of visual culture. In some of his essays he describes some concepts, such as pictorial turn, image/picture, metapictures and biopictures, which are the basics
Collection of thirteen houses's drawings by Portuguese Ricardo Bak Gordon. Federico Tranfa, in his
of a discipline that recoils from both ambivalence and comparison between text and image in order to investigate the relationships among media.
foreword, uses them to think about the communicative abilities of drawing. Especially he thinks about the capabilities of the graphic choices by the Portuguese School and the utility of drawing by hand.
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Metra Spa via Stacca, 1 25050 Rodengo Saiano (BS) tel. +39 030 6819.1 metra@metra.it www.metra.it
[NC 75 STH] La progettazione e realizzazione di sistemi per l’architettura ed edilizia ad elevate prestazioni rappresenta uno dei punti di forza del Gruppo Metra. I Sistemi a Battente METRA comprendono Serie a taglio termico (NC 50 STH, NC 65 STH, NC 65 STH-i, NC 75 STH, NC 75 STH-i) e non a taglio termico (NC 50 I). I primi rappresentano la più valida risposta alle attuali esigenze di isolamento sia dal caldo che dal freddo ed alla particolare necessità di ottimizzare le caratteristiche di estetica, funzionalità e durata con il risparmio energetico e la conseguente riduzione dei costi di gestione. L’ampia gamma estetica, la possibilità di combinare diversi tipi di apertura, la facilità di manutenzione sono il plus che contraddistingue la produzione del Gruppo.
[NC 75 STH] The planning and realisation of high level architecture and construction systems represents one of the strongpoints of the Metra Group. The Metra Swing Systems include a thermal break Series (NC 50 STH, NC 65 STH, NC 65 STH-i, NC 75 STH, NC 75 STH-i) and a non-thermal break Series (NC 50 I). The first represent the best response to the present needs of isolation both
Monitor
from heat and from cold and to the particular need of improving features relating to aesthetics, functionality and endurance together with energy saving and the consequent reduction of running costs. The wide aesthetic range, the possibility of combining various types of apertures and maintenance ease are the favourable points affording distinction to the Group’s production.
[prodottiproducts] a cura di/edited by Fabio Rosseti
[Riverclack©] Le caratteristiche che fanno del sistema di copertura Riverclack®, brevetto mondiale di ISCOM Spa sin dal 1987, un punto di riferimento per i progettisti vanno dall’impermeabilità assoluta, garantita dall’esclusivo canale di drenaggio, alla modalità di fissaggio delle lastre che avviene a scatto senza alcun foro passante; dall’inalterabilità nel tempo garantita dalla particolare lega di alluminio con cui le lastre sono prodotte, alla pedonabilità. Riverclack® garantisce una libertà architettonica senza precedenti grazie alla caratteristica di auto centinatura, fino ad un raggio di 25 metri, alla possibilità di calandratura fino ad un raggio di 3 metri e alla profilatura, in cantiere, delle lastre lunghe fino a 150 metri.
[Riverclack©] The features making out of the Riverclack cover system, with an ISCOM SPA world patent since 1987, a reference point for planners range from absolute impermeability, guaranteed by the exclusive draining canal, to the methods of fixing the plates occurring with a spring with the need of any hole passing through; from unchangingness in time guaranteed by the specific
ISCOM Spa via Belvedere, 78 37026 Pescantina (VR) tel. +39 045 7732177 fax +39 045 7732970 www.riverclack.it
aluminium alloy with which the plates are produced, to walkability. Riverclack® guarantees an architectural freedom without precedents owing to the characteristic of car cambered sections, up to a range of 25 metres, to the possibility of calendering up to a range of 3 metres and to the profiling, on the building site, of plates as long as 150 metres.
Linea Light via Cal Longa, 7 Zona industriale 31028 Vazzola (TV) tel. +39 0438 444826 fax +39 0438 444850 www.linealight.com
[O-line] Linea Lght rappresenta senza dubbio un punto di riferimento nella produzione di prodotti di qualità per l’illuminazione, grazie alla costante ricerca tecnologica ed evoluzione dei prodotti e dei servizi offerti ai propri clienti. In questa ottica Linea Light ha creato MA[&]DE [Materials & Design], una realtà che porta ancora più avanti la sperimentazione su materiali diversi e sulla luce stessa. O-Line, disegnata da Mirco Crosatto, è una lampada a sospensione con una montatura in alluminio verniciato bianco o nero, che richiama nella forma il più celebre tra gli ovali, quello della pista di Indianapolis, simbolo di velocità, passione ma anche tecnologia. Come illuminazione O-Line utilizza la tecnologia power led, uno dei punti di forza del Gruppo.
[O-line] Linea Light undoubtedly represents a point of reference in the production of lighting quality products, due to an ongoing technological research and evolution of products and services offered to its clients. In this perspective Linea Light has created MA[&]DE [Materials & Design], a reality which further carries forward the experiments being carried out on different materials
and on light itself. O-Line, designed by Mirco Crosatto, is a suspended lamp having an aluminium mounting varnished in white or black, recalling in its form the most famous among ovals, that of the Indianapolis track, being a symbol of velocity, passion as well as technology. For its lighting O-Line makes use of power led technology, one of the Group’s strongpoints.
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[NAWTONE] COPLAN è leader incontrastata nelle tecniche per la finitura a faccia vista di muri e pannelli in calcestruzzo, attraverso l’uso di stampi elastici riutilizzabili o a perdere, o sistemi di colorazione delle superfici di materiali porosi. NAWTONE Stain NWRT91 non è un sistema di colorazione convenzionale: non possiede infatti proprietà filmogene, e di fatto non altera la struttura delle superfici trattate, pur proteggendo in modo significativo le superfici dagli agenti atmosferici aggressivi e dalle piogge acide. rimanendo permeabile alla diffusione del vapore. Il prodotto è ecologico e i 20 diversi colori a catalogo possono essere mescolati fra loro e diluiti con acqua. Gli effetti di ombre e sfumature sono volute e non sono un difetto del sistema.
[NAWTONE]
treated surfaces, though significantly
COPLAN is the undisputed leader in technologies for the finishing of concrete
protecting the surfaces from aggressive atmospheric agents and acid rain, while remaining permeable to the spread of steam. The product is ecological and the 20 different colours shown on the catalogue could be mixed between
wall façades and panels, by using elastic moulds, reusable or throwaway, or colouring systems of the surfaces of porous materials. NAWTONE Stain NWRT-91 is not a conventional colouring system: it does not actually have any film-forming properties, and does not actually change the structure of the
COPLAN s.r.l. via Treves, 74 20090 Trezzano s/N (MI) tel. +39 02 4459165 coplan@coplan.it www.coplan.it
themselves and diluted with water. The effects of shades and gradations are part of the system and not a defect of it.
Cordivari Design Zona Industriale Pagliare 64020 Morro D’Oro (TE) tel. +39 085 8041 www.cordivaridesign.it ufficiostampa@cordivari.it
[Raising] Il brand Cordivari Design è specializzato nella ricerca estetica e progettazione di corpi scaldanti e accessori d’arredo disegnati da grandi designer. Nell’ultima edizione del Cersaie, nel 2010, è stato presentato Raising, un nuovo modello free-standing che nel progetto dell’Architetto Mariano Moroni, libera il corpo scaldante dalla tradizionale posizione a parete e diventa un radiatore a tutto tondo, presentato come nuovo complemento d’arredo che unisce la funzione del termoarredo a quella di piantana di illuminazione. Raising consente una maggiore resa termica ed una rapida e omogenea diffusione del calore nell’ambiente perché avvolto dalla libera circolazione dell’aria. Raising è disponibile con funzionamento elettrico o acqua calda.
[Raising] The Cordivari Design brand’s speciality is aesthetic research and the planning of heating bodies and furnishing accessories designed by great designers. Raising was presented during the last Cersaie edition in 2010. It is a new free-standing model which according to Architect Mariano Moroni’s plan, frees the heating body from its traditional position on the wall and becomes an all-surrounding
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radiator, presented as a new furnishing complement joining the radiator function together with floor lamp lighting. Raising thus allows a greater thermal yield and a swift and homogeneous spread of heat in the environment as the heat is caught up in a spiral of free circulation in the air. Raising can be electrically operated or with hot water.
[prodottiproducts] a cura di/edited by Fabio Rosseti
[Naòs] Fortemente orientata alla ricerca e all’innovazione Unifor progetta e produce sistemi per ufficio. L’azione di ricerca progettuale e sperimentazione si manifesta non solo nello studio di nuovi prodotti, ma anche nell’evoluzione di quelli esistenti. Nell’ultima edizione di Orgatec 2010, Unifor ha presentato le nuove proposte per Naòs, sistema di arredi direzionali disegnato da Pierluigi Cerri, in grado di interpretare con coerenza l’evolversi dello spazio ufficio. Flessibili, funzionali e qualificati da un design contemporaneo, questi nuovi componenti di arredo permettono di eseguire composizioni personalizzate per ambienti direzionali e spazi studio. Il sistema si compone di una libreria bifacciale, libreria parete e tavolo per riunioni.
[Naòs] Highly orientated towards research and innovation Unifor plans and produces office systems. Action in planning research and experimentation does not only manifest itself in the study of new products but also in the development of existing ones. During the last Orgatec 2010 edition, Unifor has presented new proposals for Naòs, a system of directional furniture
Unifor Spa via Isonzo,1 22078 Turate (CO) tel. +39 02 967191 www.unifor.it unifor@unifor.it
designed by Pierluigi Cerri, which are able to coherently interpret the evolution of office space. Flexible, functional and qualified by a contemporary design, these new furniture components allow the execution of personalised compositions for directional environments and studio spaces. The system consists of a two-faced library, a wall library and a boardroom table.
EGGER Retail Products Weiberndorf 20 6380 St. Johann in Tirol, Austria tel. +43 50 600 0 info-sjo@egger.com
[Industry Collection] In occasione della fiera SICAM, EGGER, azienda leader internazionale nella lavorazione del legno, ha presentato la nuova Industry Collection 2010/2011. La struttura dei mobili è sempre più ricca di contrasti e richiede una grande varietà di colori e materiali. Fra le novità di EGGER vi sono senza dubbio i decorativi più ricercati, i nuovi prodotti offerti e le nuove soluzioni digitali, come ad esempio il premiato studio virtuale di design (VDS). Con Industry Collection EGGER presenta 40 nuovi decori e strutture per l’industria del mobile, fra cui l’innovativa ST17 Aluline, che grazie a una superficie uniforme e finemente spazzolata conferisce una materialità particolarmente intensa a tinte unite, decori metallici e decori in legno o fantasia a righe sottili.
[Industry Collection] On the occasion of the fair SICAM, EGGER, an international leading firm in carpentry, has presented the new Industry Collection 2010/2011. The construction of furniture is ever more abundant in contrasts and requires a great variety of colours and materials. Among EGGER’s new features one undoubtedly finds the most sought after decorative items, new products on offer and new digital
solutions, like for example the prized virtual design studio (VDS). Through its Industry Collection EGGER presents 40 new decorating features and constructions for the furniture industry, among which the novel ST17 Aluline, which owing to a uniform and finely brushed up surface area confers a particularly intensive material feeling with unified colours, metallic decorating features as well as wooden ones or a fantasy of thin rows.
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[Wire] Wire è un innovativo progetto nato dalla collaborazione tra Simone Micheli e Tagina. Un rivoluzionario sistema ceramico in grado di generare architetture continue e fuide. Un sistema completo e versatile studiato per rivestire le superfci degli ambienti domestici fino ad arrivare alle aree wellness e alle spa, passando attraverso il residenziale, l’hotellerie e il settore contract. Il sistema si compone di 3 collezioni: Wire.House, per interni, realizzata in pasta bianca da 12 mm attraverso la tecnica del colaggio; Wire.Natural, in gres porcellanato, sia per interno che esterno da 12 e 20 mm, particolarmente indicato per l’impiego nelle spa; 20mm, lastre di grande spessore per realizzare pavimentazioni sopraelevate su supporti.
[Wire] Wire is an innovative project born out of the collaboration between Simone Micheli and Tagina. It is a revolutionary ceramic system which can generate continuous and fluid architectures. It is a complete and versatile system studied to cover the surfaces of home environments up to the point of reaching the wellness areas and spas, passing through the residential,
Tagina ceramiche d’arte S.p.A. via Flaminia Zona Industriale Nord 06023 Gualdo Tadino (PG) tel. +39 075 9141375 www.tagina.it
hotels and contract sectors. The system consists of three collections: Wire.House, for indoors, realised in a white 12 mm paste through a casting technique; Wire. Natural, in porcelain ceramic, 12 and 20 mm, both indoors and outdoors, particularly adapt to be used in spas; 20mm, sheets having great thickness to realise elevated floorings on supports.
COMICS
Hanno collaborato a questo numero / Contributions to this issue
Diego Barbarelli
Marc Manack
Perugia, 1975. Redattore di PresS/Tletter e PresS/Tmagazine, collaboratore di Compasses/Perugia, 1975. Editor of PresS/Tletter and PresS/Tmagazine, contributor to Compasses
1979. Lavora come architetto a Cleveland, Ohio, dove nel 2006 ha fondato uno studio in cui attualmente lavora con Robert Maschke Architects e SILO AR+D. Manack ha insegnato presso la Kent State University College of Architecture and Environmental Design e attualmente insegna presso la Austin E. Knowlton School of Architecture della Ohio State University/1979. He is an Architect in Cleveland, Ohio, and currently practices with Robert Maschke Architects and SILO AR+D, an office he founded in 2006. Manack has taught at the Kent State University College of Architecture and Environmental Design and currently teaches at Ohio State University’s Austin E. Knowlton School of Architecture
Elio Bedarida
architetto/architect
Pontedera (PI), 1972. Si laurea in architettura a Firenze con una tesi in pianificazione del territorio e progettazione urbana con il professor Pizziolo. Nel 2007 consegue un master in sistemi informativi territoriali presso l’Università di Pisa. Da tre anni collabora con lo studio Heliopolis 21 sia nel campo della progettazione che nella partecipazione ai concorsi di idee. Nel 2008, con Heliopolis e altri, ha vinto il concorso per la nuova piazza Montanelli a Fucecchio/ Pontedera (PI), 1972. He graduated in architecture in Florence, with a final project on landscape planning and urban redevelopment with professor Pizziolo. In 2007 he got a master degree about informative territorial systems from the University of Pisa. He has collaborated with Heliopolis 21 since 2007 working on projects and competitions. In 2008, with Heliopolis and others, he won the competition for the new Montanelli square in Fucecchio
Paolo Di Nardo
architetto/architect
Firenze, 1958. Fondatore e direttore editoriale della rivista And, nel 2002 fonda lo studio ARX che si occupa di progettazione e ricerca architettonica; lavora con Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten con cui partecipa a concorsi e progetti internazionali. è professore a contratto di progettazione presso la Facoltà di Architettura di Firenze e autore di numerosi articoli e saggi sull’architettura contemporanea/Florence, 1958. Founder and editor of And magazine. In 2002 Di Nardo founded studio ARX, which is concerned with architectural research and design; he works with Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten partecipating to competitions and international projects. He is a temporary professor of Design at the Faculty of Architecture in Florence and has written many articles and essays on contemporary architecture
Vincenzo Di Nardo
ingegnere/engineer
Firenze, 1951. Ha operato da sempre nel mondo dell’edilizia coniu-
gando il punto di vista imprenditoriale, come membro dei consigli di amministrazione di numerose imprese e consorzi edili, con quello istituzionale ricoprendo importanti cariche associative quali Vice Presidente Confindustria Firenze, Vice Presidente ANCE Toscana, Vice Presidente ANCE Nazionale. è docente a contratto per numerosi corsi universitari e master post laurea ed è Presidente del Consorzio G.S.T. Global Service Toscana che si occupa di finanza di progetto, della gestione globale dei patrimoni immobiliari, di servizi pubblici e privati/Florence, 1951. He has always been concerned with the building field, both from the imprenditorial point of view – as a member of the board of directors of many building contractors and building consortium – and from the institutional one – as Confindustria Firenze Vice-President, ANCE Toscana Vice-President, ANCE National Vice-President. He is temporary professor at many courses at university and post-degree masters and he is the President of the GST Global Service Toscana consortium, dealing with project financing, global management of real estates, public and private services
Giorgio Fratini
architetto/architect
Prato, 1976. è architetto, illustratore e autore di fumetti. Vive e lavora a Firenze. è stato pubblicato in Italia e Portogallo il suo primo romanzo grafico Sonno elefante – I muri hanno orecchie, Edizioni BeccoGiallo (It) e Campo das Letras (Pt)/Prato, 1976. He is an architect, illustrator and comic-book writer. He lives and works in Florence. His first graphic novel, Sonno elefante – I muri hanno orecchie (Edizioni BeccoGiallo (It) and Campo das Letras (Pt)) was published in both Italy and Portugal
Azzurra Macrì
giornalista/journalist
Finlandia, 1975. Dopo avere studiato in Italia per diventare architetto, ha deciso di essere giornalista. Osserva e scrive di architettura per profonda passione. Interessata alle forme di comunicazione dell’architettura nei paesi non ancora sedotti dalle suggestioni mediatiche, pubblica su diverse riviste di settore in Italia e all’estero/ Finland, 1975. After having studied architecture in Italy, she decided to become a journalist. She observes architecture and writes about it with a deep passion. Particularly interested in the forms of communication of architecture in countries that have not been seduced by the influence of media, she publishes in various magazines dedicated to the field in Italy and abroad
Manuel Orazi
architetto/architect
architetto/architect
Macerata, 1974. Insegna Teorie della ricerca architettonica contemporanea presso la Scuola di architettura e design di Ascoli Piceno – Unicam. Collabora con le riviste Abitare, Log, AMC e lavora presso la casa editrice Quodlibet. Recentemente ha curato la riedizione di Imparare da Las Vegas di R. Venturi, D. Scott Brown e S. Izenour/Macerata, 1974. He teaches Theories of contemporary architetctural research in the School of Architectur and Design in Ascoli Piceno – Unicam. He contributes to the magazines Abitare, Log, AMC and works for the editorial company Quodlibet. Recently he has edited the reissue of Learning from Las Vegas, by R. Venturi, D. Scott Brown e S. Izenour
Pierpaolo Rapanà
architetto/architect
Lecce, 1978. Svolge attività professionale in collaborazione con lo studio ARX di Firenze e attività di ricerca come Cultore della Materia nel corso Laboratorio di Architettura II presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Fa parte della redazione di And/Lecce, 1978. Works in partnership with studio ARX of Florence and conducts research as a scholar with the Architectural Workshop of the Faculty of Architecture in Florence. A member of the And editorial staff
Valentina Ricciuti
architetto/architect
Roma, 1971. Cofondatrice dello studio di architettura Medir, svolge, insieme alla professione, un’intensa attività pubblicistica e di ricerca. Dottore di ricerca in Progettazione architettonica e urbana, si occupa di architettura e arte contemporanea collaborando con importanti testate editoriali, associazioni e istituzioni culturali/Rome, 1979. She is a co-founder of the Medir architecture firm. She is a committed writer and researcher. A PhD in Architectural and Urban Design, she works in the field of architecture and contemporary art, and contribuites to major publications, associations and cultural institutions
Fabio Rosseti
architetto/architect
Viareggio (LU), 1961. Vive e lavora a Firenze, rivolgendo la sua attenzione al rapporto fra architettura e tecnologie dell’informazione. è coordinatore della redazione di And con cui ha collaborato fin dal primo numero. Ha scritto vari articoli per And e per altre testate/ Viareggio (LU), 1960. Lives and works in Florence, focusing on the relationship between architecture and information technologies. Editorial staff coordinator of And, he has worked with the magazine since its very first issue, writing various articles for And and for other publications
Eugenia Valacchi
architetto/architect
Firenze, 1975. Si laurea a Firenze nel 2003. Dottore di Ricerca presso il Dipartimento di Storia dell’Architettura dell’Università di Firenze. Lavora attualmente nel team dello studio di architettura ARX e collabora fin dai primi numeri con la rivista And. Dal 2010 è nel gruppo del laboratorio di ricerca Material Design della Facoltà di Architettura di Ferrara/Florence, 1975. She graduated in Florence in 2003. PhD graduate at the Department of History of Architecture at the University of Florence. She works as part of the ARX architectural studio team and has collaborated with And magazine since the early issues. Since 2010 she is part of the Material Design Research Laboratory at the Faculty of Architecture of Ferrara