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PAOLOPAOLO ZERMANI ZERMANI > DISEGNO > DISEGNO E IDENTITà
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RIVISTA DI ARCHITETTURE, CITTà E ARCHITETTI
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Artwork by Carta e Matita
NON CONVENTIONAL LIVING maggio agosto
2011
PAOLO ZERMANI > DISEGNO E IDENTITà
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e d i t r i c e
tempio di cremazione a parma municipio a noceto casa della finestra a firenze chiesa a perugia cimitero a sansepolcro
AND Rivista quadrimestrale di architetture, città e architetti n°21 maggio/agosto, 2011 direttore responsabile Francesca Calonaci direttore editoriale Paolo Di Nardo comitato scientifico Giandomenico Amendola, Gabriele Basilico, Miranda Ferrara, Maurizio Nannucci, David Palterer, Sergio Risaliti, Giorgio Van Straten coordinamento comitato scientifico Alessandro Melis redazione Tommaso Bertini, Filippo Maria Conti, Samuele Martelli, Elisa Poli, Pierpaolo Rapanà, Daria Ricchi, Eugenia Valacchi coordinamento editoriale Federica Capoduri, Giulia Pellegrini coordinamento redazionale Fabio Rosseti corrispondenti dalla Francia: Federico Masotto dalla Germania: Andreas Gerlsbeck dagli Stati Uniti: Daria Ricchi traduzioni italiano-inglese, inglese-italiano Pierpaolo Rapanà, Team Translation crediti fotografici le foto sono attribuite ai rispettivi autori come indicato sulle foto stesse. L’editore rimane a disposizione per eventuali diritti non assolti progetto grafico Davide Ciaroni impaginazione elettronica Giulia Pellegrini, Davide Ciaroni, Federica Capoduri direzione e amministrazione via XX settembre, 100 - 50129 Firenze www.and-architettura.it redazione via XX settembre, 100 - 50129 Firenze redazione@and-architettura.it editore DNA Editrice via XX settembre, 100 - 50129 Firenze tel. +39 055 582401 info@dnaeditrice.it comunicazione e pubblicità DNA Editrice via XX settembre, 100 - 50129 Firenze tel. +39 055 582401 comunicazione@and-architettura.it
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AND rispetta l’ambiente stampando su carta FSC
in copertina/cover Chiesa di San Giovanni, Perugia, 1997-2007 © Mauro Davoli
21 sommario/summary Paolo Zermani > Disegno e identità
EDITORIALE, Paolo Di Nardo
INTER-VISTA, Intervista a Paolo Zermani
TEMPIO DI CREMAZIONE, PARMA
MUNICIPIO DI NOCETO, PARMA
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CASA DELLA FINESTRA, FIRENZE
CHIESA DI SAN GIOVANNI, PERUGIA
CIMITERO DI SANSEPOLCRO, AREZZO
IDENTITà, Paolo Zermani
PAOLO DI NARDO intervista PAOLO ZERMANI
CAPPELLA SUL MARE, MALTA
MUSEO DELL’ACROPOLI, ATENE
FAMEDIO DI SEPOLTURA, TORINO
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CHIESA DI SAN SISTO, PERUGIA
la città della scuola, sarno
EDITORIALE
Disegno e identità
MAUSOLEO dei primi cristiani, ROMA
Progetto per l’area di Speicherstadt, potsdam
cappella-museo madonna del parto, monterchi
MUSEO EGIZIO DI GIZA, IL CAIRO
CITTADELLA DELLE RELIGIONI, BARI
BIBLIOTECA UNIVERSITARIA, FIRENZE
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Random [08] CASTELLO sforzesco-visconteo, NOVARA
CHIESA DI GIOIA TAURO
RANDOM, Diego Barbarelli
AND COMICS, Giorgio Fratini
EDITORIALE
PAOLO DI NARDO
Alla fine del Settecento Quatremére de Quincy faceva una distinzione fra ‘composizione architettonica’ e ‘concezione architettonica’ rilevando come quest’ultima sia un’operazione dello spirito che può esprimersi anche solo con uno schizzo. è prerogativa di pochi poter esprimere con estrema sintesi, attraverso la semplicità di un tratto, un mondo interiore profondo e radicato in campi disciplinari non separati, ma vissuti intensamente come parti di un pensiero comune. In questo senso la ‘concezione architettonica’ e il ‘disegno’ hanno composto il binomio di questo numero dedicato al pensiero di Paolo Zermani e alla sua capacità di materializzare le sue ‘concezioni’ attraverso il tratto preciso e incisivo di una matita sul tavolo dell’ideazione. Questo appuntamento di AND non rappresenta quindi una riflessione generica o pluralista su un panorama culturale ed architettonico, spesso difficile da interpretare e decifrare, bensì una pausa vera di riflessione sul ruolo culturale del progettista capace di innestare sul territorio un pensiero, una ‘concezione’ e non un segno da aggiungere agli altri. Paolo Zermani ci ha dato questa opportunità aprendoci le porte delle stanze del suo pensiero, guidandoci attraverso le sue opere, come attraverso i suoi disegni, in un percorso fatto di parole, misure, confronti, sguardi, intervalli fra rivelazione e mistero, di vicinanze e distanze, di panorami. Per AND questo appuntamento narrativo ha rappresentato soprattutto, dopo quasi dieci anni di vita e di ricerca editoriale, l’occasione per navigare attraverso il panorama architettonico contemporaneo grazie all’ausilio di una ‘bussola dell’architettura’ capace di evitare i pericolosi scogli delle deviazioni o evasioni attraverso la consapevolezza che gli strumenti della disciplina sono sempre gli stessi e non possono essere confusi, piegati o distorti. La ‘misura’ di Paolo Zermani, come persona e come architetto, è stata il filo di Arianna che vi accompagnerà fra le righe, le immagini, ma soprattutto i disegni contenuti nelle pagine di questo momento narrativo, pur nella consapevolezza che è stato solo un passaggio breve e che non potrà essere esaustivo nel comunicare momenti di confronto e scambio intensi come quando abbiamo potuto contemplare, distesi sui tavoli o sul pavimento della sua casa, molti disegni di Zermani con una emozione che spero si possa cogliere attraverso questa piccola finestra editoriale. Colgo infine l’occasione per ringraziare Paolo Zermani per la sua disponibilità e per la sua vera gentilezza manifestate anche attraverso una condivisione del lavoro editoriale che è stata la dimostrazione, per noi che in questi mesi ci abbiamo lavorato a stretto contatto, di una dedizione profonda verso il racconto architettonico.
At the end of the 18th century Quatremére de Quincy made a distinction between ‘architectural composition’ and ‘architectural conception’ pointing out how the latter is a work of the spirit that can express itself even only with a sketch. It is a prerogative of a few who can express themselves very succinctly, through the simplicity of a brushstroke, a deep inner world rooted in unseparated disciplinary camps, yet lived intensively as parts of a common idea. In this sense the ‘architectural conception’ and ‘design’ have composed this edition’s double name dedicated to Paolo Zermani’s idea and to his ability to materialise his ‘conceptions’ through the precise and incisive pencil stroke on the design table. This appointment made by AND does not therefore represent a generic or pluralistic reflection on a cultural and architectural panorama, which is often difficult to interpret and decipher, but rather a real reflective pause on the planner’s cultural role which can implant on the territory an idea, a ‘conception’ and not a sign to add to others. Paolo Zermani has given us this opportunity opening for us the doors of the rooms of his idea, showing us around his works, the same as around his designs, in a tour made of words, measures, comparisons, glances, intervals between revelation and mystery, closeness and distance, panoramas.
For AND this narrative appointment has above all represented, after almost ten years of life and research in publications, the occasion to navigate through the a contemporary architectural panorama thanks to the help of an ‘architectural compass’ which can avoid the dangerous reefs of deviations or evasions by means of an awareness that the instruments regulating the subject are always the same and could not be confused, folded or distorted. Paolo Zermani’s ‘measure’, both as a person and as an architect, has been Arianna’s yarn which will keep you company between the lines, the shapes, but above all the designs contained between the pages of this narrative moment, even if in the awareness that it has only been a short but intensive passage that cannot be exhaustive in communicating instants of comparison and intense exchange as when we were able to contemplate, lying on tables or on the flooring of his house, many of Zermani’s designs with an emotion which I hope can be snatched through this little window of a publication. Lastly, I take the occasion to thank Paolo Zermani for his availability and real gentleness also shown in his sharing the work relating to the publication which has been a manifestation, for us who have during these months worked very closely, of a deep dedication towards the architectural narrative.
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Intervista Paolo Di Nardo
intervista/interviews
Paolo Zermani
Inter-view I Paolo Di Nardo Getting carried away by the descriptive capacity of Michelangelo Antonioni who, in the notes entitled ‘Per un film sul fiume Po’
Paolo Di Nardo Facendosi trasportare dalla capacità descrittiva di Michelangelo Antonioni, che negli appunti ‘Per un film sul fiume Po’ (1939) riesce a misurare il paesaggio esteriore di un territorio attraverso il paesaggio interiore in cui il significato psicologico di una civiltà, come quella lungo il fiume Po, si manifesta
[For a film on the Po river] (1939), is able to measure the exterior landscape of a territory through the interior landscape where the psychological meaning of a civilisation, like the one along the Po river, is seen as «an absent-minded and ecstatic aura (...) that seems to evaporate from that great mass of water», it comes naturally to ask you how this trace, this approach regarding a location that is strongly defined and complex may manifest itself also in the architecture following the concepts of your works. Paolo Zermani During the mid Nineteenth century, David Caspar Friedrich got the notion that the relationships between the distance of things begin to change. Men and women, always with their backs to the viewer, observe the landscape as if the painting were a room and you are inside this room, viewing the image and changing the perception of it. Two paintings made in 1808 show The Right Window and The Left Window of the artist's studio and the landscape is filtered through the cross-window where the studio is the room. The window, completely distorted by the cross, shows you four panels of sky. That sky, distorted into four sections, is the Infinite, or rather the Divine. Based on the relationship with this Infinite, pursued in the landscape but created through inward notions, Friedrich begins to destroy all useless things in order to create the problem of the scale of things. He feels that something is changing. The problem of distance is central, his figures are not part of the land-
spontaneo chiederti come questa traccia, questo approccio dinanzi ad un luogo fortemente caratterizzato e complesso possa manifestarsi anche nell’architettura seguendo il percorso ideativo delle tue opere. Paolo Zermani Alla metà dell’Ottocento David Caspar Friedrich ha un presentimento del fatto che i rapporti tra le distanze delle cose comincino a mutare. Uomini e donne, quasi sempre di spalle, osservano la vicenda del paesaggio come se il quadro fosse una camera dentro la quale si fissa l’immagine, potendone variare la scala di percezione. Già due quadri del 1808 ritraggono La finestra destra e La finestra sinistra dello studio dell’artista e il paesaggio filtrato dal serramento a croce dove lo studio è camera. La finestra, rigorosamente scomposta dalla croce, offre alla vista quattro riquadri di cielo. Quel cielo, scomposto in quattro settori, è l’Infinito, cioè il Divino. Secondo la relazione con questo Infinito, perseguito nel paesaggio ma costruito attraverso l’interiorità, Friedrich comincia la distruzione di tutto quanto è inutile per porsi il problema della scala delle cose. Sente che qualcosa sta mutando. Il problema della distanza è centrale: le sue figure non sono parte del paesaggio, ma semplicemente lo osservano. Spesso le figure di spalle coprono addirittura il punto di fuga della prospettiva, e comunque l’artificio prospettico viene trasgredito. La nebulosità delle zone che dovrebbero risultare più nitide dà luogo a una sfuocatura, data comunque dall’azione di un artificio, di una interferenza, di un processo esterno. Il punto di fuga potrebbe dirsi ribaltato. Noi viviamo dentro questo dramma, che il Novecento ci ha consegnato. Possiamo solo mirare a ricomporre, attraverso la nuova complessità dei luoghi, una nuova unità tra interno ed esterno, pena l’estinzione. Ogni mio progetto contiene questa ricerca. Il Tempio di Cremazione di Parma, appena ultimato, riassume tale sostanza sviluppando un percorso tra struttura interiore e struttura esteriore che determina, letteralmente, lo spazio architettonico. PDN L’architettura padana, con le sue nebbie avvolgenti come sfondo di un pensiero fatto di misure scritte e struttura mentale, quanto ha inciso nella tua formazione e nella tua ricerca? PZ Sono nato a pochi metri da un castello imperiale del IX secolo, le sue rovine sono state il luogo di gioco della mia infanzia, la sua pianta allungata e dispersa su un crinale appenninico un quesito mai risolto. Così ho cominciato a conoscere l’architettura. In tal senso i miei maestri sono Giovan Battista Aleotti – ingegnere e architetto degli Estensi, dei Bentivoglio, dei Farnese, autore del Teatro Farnese di Parma – e Giacomo Vignola, autore del Palazzo Farnese di Piacenza. Aleotti porta l’acqua dei canali e dei fiumi padani, in forma di mare teatrale, dentro il corpo duro della Pilotta parmigiana. Vignola porta il paesaggio, ancora attraverso il teatro, nel cortile del Palazzo Ducale. Entrambi lavorano attraverso la ‘scala’ e la sua riformulazione dimensionale.
come «un’aura smemorata ed estatica (...) che sembra evaporare dalla gran massa d’acqua», viene
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sopra e nella pagina seguente: esterno, vista della facciata di Casa Zermani, Varano (PR), 1997 above and next page: exterior, view of the façade of Zermani's Home, Varano (PR), 1997 pagina precedente: interno, particolare della biblioteca, Casa Zermani previous page: interior, detail of the library, Zermani's Home
scape, they simply observe it. Often the back figures cover the vanishing point and the prospective device is violated. The nebulosity of the areas that should be
through the use of the theatre, in the courtyard of Palazzo Ducale. Both work through the use of ‘scale’ and its dimensional reformulation.
clear creates a sort of blurriness, due to the action of a device, of an interference, of an external process. You could say that the vanishing point is turned upside down. We live inside this drama, which the Twentieth century has given to us. We can only gaze and recompose, through this new complexity of places, a new unit between the interior and the exterior, otherwise it will vanish. Each and every one of my projects contains this research. The Tempio di Cremazione di Parma [The Cremation Temple of Parma], just completed, summarises this essence developing a course between interior structure and exterior structure that literally determines the entire architectural area. PDN How much has the Po Valley architecture with its enshrouding fogs as a backdrop of thoughts made of set dimensions and mental structures, affected your education and research? PZ I was born near an imperial castle of the IX century. Its ruins were my playground and its entire layout spread out on a mountain ridge an unresolved mystery to me. That is how I became familiar with architecture. In this sense my masters are Giovan Battista Aleotti, engineer and architect to the Estensi, Bentivoglio and Farnese families, creator of the Teatro Farnese in Parma and Giacomo Vignola, creator of Palazzo Farnese in Piacenza. Aleotti brings the water of the canals and of the Po valley rivers, in the form of a theatrical sea, inside the hard body of the Pilotta Palace in Parma. Vignola brings the landscape, always
PDN In many of your works we see a precise willingness to merge landscape with architecture and vice versa. Which rules do you use in order to create this interchanging relationship? PZ I was deeply involved with Vignola’s works, applied to the Po Valley where architecture and landscape come together in different works. His designs for the construction of the Teatro Farnese in Piacenza, in different versions, place the reclaimed farm lands between the city and the Po river as the central element for the conception of the building’s feature, closed off towards the city and with an internal courtyard, where a classic theatre was obtained by digging the back area of the building. The terrace is divided by a vomitory that seems to be in direct spatial continuity with the back façade, where five loggias facing the landscape are located. The water canal that reaches the Po begins there and then goes straight towards the sea. The Palace is none other than a fragment, closely related to the landscape. The classic figures, the semicircle of the theatre, the square shape of the palace’s layout, the rectangle of the loggia are all arranged in order to represent this fundamental relationship and to develop it. Vignola, core figure behind this reasoning, chooses the semicircle, based on a random course: Piacenza had one of the biggest Roman theatres ever. Therefore, with the theatre dug within the palace, architecture and landscape structure come together. The same reasoning is used even today, for
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in questa pagina e a fianco: particolare della grande apertura circolare della facciata, Casa Zermani/on this page and to the side: detail of the large circular opening of the façade, Zermani's Home
changing distances. Basically, you work on the ‘scale’ of architecture, like putting a camera into focus, adjusting it to the conditions and distance of the subject until you get a clear sense and picture. PDN Scale seems to go beyond architectural function in order to take on a more territorial value. In which of your works can you see this concept and how? PZ In the Municipal building of Noceto, in a plot of land outside of the inhabited area, between the historic centre and the landscape in front of Via Emilia, the grand staircase represents the continuity of the relationship, now partially landlocked, between the city and the farmland, or what remains of it. The flight of stairs that lead to the town hall located on the last floor clearly shows, since the first step, the prospective focus made up of a central window in the hall. But only when you take the last step leading to the upper landing do you see the lingering view towards Via Emilia, a fragment of a surviving farmland, made up of a farmstead with a portico, a prototype of the traditional Po Valley settlements and cornerstone of a repeated and precise landscape order. The staircase, empty and animated body in the full and hard body of the building, as if it were dug out inside of it, leads you inside the building, which is now chronologically misplaced, whereby the city was created in time, almost preserving its roots, as if waiting to transmit it. In my home in Varano, the library, which takes over the interior of the house,
PDN In molte tue opere si assiste ad una precisa volontà di far confluire il paesaggio nell’architettura e viceversa. Attraverso quali regole tessi questo scambievole rapporto? PZ La vicenda del Vignola mi ha coinvolto profondamente, applicata alla Pianura Padana, per quel tanto
is turned towards the town and the landscape: it is eight metres high, just like the house, while the other rooms are only three metres high. It is covered with bricks just like the outside of the house, while the other rooms are normally painted. Thus two types of landscapes are created, one inside and the other outside. Who walks into the library changes the scale of things. The huge circular opening turned towards the outside is interpreted as a gigantic eye by some and by others as Munch’s ‘The Scream’ with respect to the drama of the landscape. Others see a more peaceful interpretation, such as a warm Po Valley rosette, inserted in the gable. All the books inside the library are quite interesting because they all contribute to the idea of one element that keeps the scale of landscapes and thoughts together. In the heart of historical Florence, inside its ancient walls, in Piazza Tasso, about one hundred metres way from the Bellosguardo hill, the place where painters have always painted the city, I completed the age-old convent of San Salvatore with the ‘Casa della Finestra’ [The House of the Window]. The house's soul is the staircase. You reach this staircase by passing through an opening obtained by withdrawing the facade line with respect to the sidewalk: starting from the square you reach the grand hall of the attic. Visitors going up the stairs discover Florence, the churches, the walls, the Duomo and the Cupola, until they reach the huge window where they can see the road that
che ha unito, in diverse opere, architettura e struttura del paesaggio. I suoi progetti per la costruzione del Teatro Farnese a Piacenza, nelle diverse versioni, pongono la struttura bonificata del territorio agrario tra la città e il Po come elemento centrale per concepire il carattere dell’edificio, chiuso verso la città e dotato di un cortile interno, nel quale un teatro classico viene ottenuto scavando il corpo di fabbrica posteriore. La gradonata è divisa da un vomitorio che risulta in diretta continuità spaziale con la facciata posteriore, questa forata da cinque logge rivolte verso il paesaggio. Da lì parte il canale d’acqua che raggiunge il Po; dal Po si può raggiungere il mare. Il Palazzo non è che un frammento, strettamente relazionato al paesaggio. Le figure classiche, il semicerchio del teatro, il quadrato della pianta del palazzo, il rettangolo delle logge, si organizzano per rappresentare questo rapporto fondamentale e per consentirne lo svolgimento. Vignola, quale fuoco di questo ragionamento, sceglie il semicerchio, secondo un percorso tutt’altro che casuale: Piacenza aveva posseduto il più grande dei teatri romani del nord Italia. E così, attraverso il teatro scavato nel palazzo, architettura e struttura sostanziale del paesaggio coincidono. Il ragionamento vale anche oggi, nelle distanze mutate. Si tratta di lavorare sulla ‘scala’ dell’architettura, come ad azionare la messa a fuoco di un apparecchio fotografico, adeguandola alle condizioni e alla distanza dal soggetto, fino a percepirne il senso in modo nitido. PDN La scala sembra andare oltre la propria funzione architettonica per assumere una valenza quasi territoriale. In quali tue opere questo concetto si esprime e come? PZ Nel Municipio di Noceto, in un lotto di margine rispetto all’edificato, tra il centro storico e il paesaggio che precede la Via Emilia, lo scalone rappresenta la continuità del rapporto, ora parzialmente intercluso, tra la città antica e lo stesso paesaggio agrario, o quel che ne resta. La salita che conduce alla sala civica dell’ultimo piano annuncia, fin dal primo gradino, il fuoco prospettico costituito da una finestra centrale della sala. Ma solo quando della scala si percorre l’ultimo gradino di accesso al pianerottolo superiore, allora e solo allora, si inquadra il permanere, verso la Via Emilia, di un frammento di paesaggio agrario superstite, costituito da una tenuta agricola porticata, prototipo dell’insediamento padano tradizionale e cardine di un ordine paesaggistico ripetuto e preciso. La scala, corpo vuoto e animato nel corpo pieno e duro dell’edificio, come scavata al suo interno, porta dentro l’edificio l’ordine, ormai anacronistico, attraverso il quale la città si è formata nel tempo, quasi a conservarne la matrice, nell’attesa di poterla trasmettere. Nella mia casa a Varano, la biblioteca, che governa lo spazio interno, è rivolta verso il paese e il paesaggio: è alta otto metri, come la casa, mentre gli altri ambienti sono alti tre metri. è rivestita in mattoni come
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leads to Siena and the villa of Bellosguardo. Here the way is sublime: the city, the architecture admires Bellosguardo, where it has always been admired. PDN Sacred architecture, in its multiple expressions, plays an important role in your architectural world. How and with what means does your architecture take this spiritual journey? PZ The notion of spirituality, escaping the liturgical boundaries, has climbed over the walls of the buildings in order to travel and free itself of the needs of a regulated place. Once the standard terms of reference to the Western condition of cult have fallen, and once the guidelines of a more open and diffuse evangelization were established by the Vatican Council II, it seemed possible, constructing sacred buildings, to abandon the logical consequence of a practice already written in the history of architecture and liturgical forms, in the rules of orders. On this line of reasoning the main principle behind my projects remains, just like it has always been for architects of Western Christianity, that of revealing, in the buildings, the cross. Showing the cross, gradually acquired as a typological element, is the eye of the needle where the sacred space continues to show its true colours. The fusion between the cross, layout of the building, and the human figure, as a reference of an element of re-birth, continues to gain value. The figure is still the figure of Christ. In its human form it introduces excellence and fragility to the typological figure, revealing the necessary, reiterated sacrifice. With regards to my work this reflection begins with the sea of Malta, where I designed the Chapel at Marsascala, in 1989: a descent from the earth to the sea and vice versa, through the cross. PDN What role does technology have in your works? And how do you combine the use of age-old materials such as bricks with contemporary language? PZ The Twentieth century has favoured the use of new technologies as a solution to problems tied with discipline, making more functional and engineering devices, which are certainly comforting, to a society that is constantly searching for unnecessary, not essential and expensive technological elements. This has caused construction activities, apparently more sophisticated, to be enslaved and dependent of evergrowing technological and energetic demands. And now we are trapped in this vicious cycle and we're going through a great deal of trouble trying to find sustainable development through the use of further technological complications. The great process pertaining to building materials, which in history has always been particularly characterised and resolved in the continuity between the material structure of the ground and the internal structure of the building itself (stone that becomes quoin, tuff that becomes a block, clay that becomes brick) has been brutally interrupted in its process. Today it is mainly new technologies, which are not self-sufficient and often times not compatible, that create the grounds for more needs and demands. The abuse of materials and the block in the transmission chain of techniques, connected to the specificity of each place of origin, has consequently stimulated ingenuous adherences to more commercial proposals. With regards to my work brick is simply the material that is used the most. For over two thousand years
a fianco: esterno, Casa Zermani avvolta nelle nebbie delle campagne parmensi to the side: exterior, Zermani's Home wrapped in the mists of the Parma countryside
l’esterno della casa, mentre gli altri ambienti sono intonacati. Conforma così due tipi di paesaggio, l’uno interno, l’altro esterno. Chi entra nella biblioteca cambia la scala delle cose. La grande apertura circolare rivolta verso l’esterno è stata letta, da alcuni, come un grande occhio, da altri come l’urlo di Munch rispetto al dramma del paesaggio, da altri ancora, più quietamente, come un caldo rosone padano, innestato nel timpano. Tutte le letture sono interessanti, perchè concorrono all’idea di un elemento che tiene insieme le scale del paesaggio e del pensiero. Nel cuore della Firenze storica, sulle antiche mura della città, in Piazza Tasso, a 100m dalla collina di Bellosguardo, il luogo dal quale i pittori hanno sempre ritratto la città, ho completato l’antico convento di San Salvatore con la ‘Casa della Finestra’. L’anima dell’edificio è la scala, cui si giunge attraverso un varco ottenuto arretrando la linea di facciata rispetto al marciapiede. Chi sale, per gradi, scopre Firenze, le chiese, le mura, il Duomo, la Cupola, fino alla grande finestra dove si vedono la strada per Siena e la villa di Bellosguardo. Qui il percorso si sublima: la città, l’architettura guardano Bellosguardo, da cui sono sempre state guardate. PDN L’architettura sacra nelle sue molteplici manifestazioni occupa uno spazio rilevante nel tuo mondo architettonico. Come e con quali mezzi la tua architettura percorre questo cammino spirituale? PZ La nozione di spiritualità, sfuggendo ai confini della liturgia, ha oltrepassato i limiti del perimetro murario degli edifici per rendersi itinerante e affrancarsi dalla necessità di un luogo deputato. Caduti i termini canonici di riferimento propri alla occidentale condizione del culto, e stabilite dal Concilio Vaticano II le linee di una più aperta e diffusa evangelizzazione, è sembrato possibile, costruendo gli edifici sacri, abbandonare la logica consequenziale di una pratica già scritta nella storia delle architetture e delle forme liturgiche, nelle regole degli ordini. Su questo orizzonte il principio di fondo dei miei progetti rimane, come è sempre stato per gli architetti della cristianità occidentale, quello di rivelare, nell’edificio, la croce. La manifestazione della
it is the material used in places where I have built and constructed, it is an extraordinary and very lasting ma-
croce, gradualmente acquisita come elemento tipologico, è la cruna entro cui lo spazio sacro continua ad avverarsi. La fusione fra la croce, pianta di edificio, e la figura umana, posta a riferimento dalla trattatistica rinascimentale, continua ad assumere valore. La figura è ancora la figura del Cristo. In sembianza umana
terial and, basically, the promo type of pre-fabrication.
essa introduce eccellenza e fragilità alla figura tipologica, svelandone il necessario, reiterato sacrificio.
I don’t use bricks where they have never been used
Per quanto riguarda il mio lavoro questa riflessione inizia sul mare di Malta, ove ho progettato la Cappella a
before. In other places I have used stone. In the ‘Casa della Finestra’, for example, I used the strong stone from the Chianti area and, for the flooring of the ac-
Marsascala, nel 1989: una discesa dalla terra al mare e viceversa, attraverso la croce. PDN Che ruolo ha la tecnologia nella progettazione delle tue opere? E in che modo riesci a coniugare l’uso di un materiale antico quale il mattone con il linguaggio contemporaneo?
cess area to the grand hall, I used stones taken from
PZ Il Novecento ha favorito una rincorsa a delegare a supposte nuove tecnologie la soluzione dei problemi
the streets of Florence, stones that the Municipality had abandoned and thrown away in a dump. PDN AND has often engaged itself with ‘sustainable’ development because there is the knowledge that this
della disciplina, caricando la costruzione di dotazioni funzionali e impiantistiche certamente consolatorie per una società protesa verso il voluttuario, ma non indispensabili e costose. Ciò ha reso la costruzione, apparentemente più sofisticata, sempre più schiava e dipendente da un fabbisogno tecnologico ed energetico crescente, del quale ora, con un discorso che si morde la coda, ci si affanna a cercare la sostenibilità,
word has been demagogically abused and its meaning not fully understood. A word that is usually screamed out loud in the name of modern sustainability, able to produce technically efficient construction machinery which is highly incompatible with the environmental peculiarities. What are your thoughts on this? PZ The architecture-technology relationship today has a new scenario, but in our country it is still very superficial. The need to use energy retaining techniques in modern living spaces is a blatant example. These techniques are proposed through generic supplies of bulky equipment, not imported on time, with unsatisfactory efficiency or painted with a bizarre ecological disguise causing the definite amnesia of the building’s typical features and characteristics. In the name of energy saving and of a sought-after environmental compatibility improbable buildings are constructed that gain consensus and cover up the poor conscience of public buyers. These false experiments, that corrupt the natural vocation of the materials, disguising, with the use of prosthetic elements, the technological truth, permanently destroy the meaning of the technologies and typology, which we gained through experience and with which we need to transform without disguises, through the use of other experiences. This misunderstanding distracts us from the true research of materials, of techniques, of the energetic values, intrinsic for any place, but always delegated, in architecture, to the specificity of the environmental means, untouched or transformed and changing in a non neutral and generalised way.
attraverso un’ulteriore complicazione tecnologica. Il grande processo connaturato al materiale costruttivo, che nella storia è sempre stato segnatamente caratterizzato e risolto nella continuità tra la struttura materica del suolo e la struttura interna propria della costruzione (la pietra che diventa concio, il tufo che diventa blocco, l’argilla che diventa mattone) ha trovato brusca interruzione nel proprio svolgimento. Sono ora in gran parte le nuove tecnologie, non autosufficienti e spesso non compatibili, a creare il presupposto per ulteriori esigenze. L’abuso materico e il blocco nella catena di trasmissione delle tecniche, connesse alle specificità di ciascun luogo di provenienza, ha stimolato per conseguenza ingenue adesioni alle proposte più commerciali. Per quanto riguarda la mia opera il mattone è semplicemente il materiale più usato, da duemila anni, nei luoghi dove mi sono trovato a costruire, un materiale straordinario e durevole e, in fondo, il primo tipo di prefabbricazione. Non uso mattoni in luoghi ove non ne sono mai stati usati. In altri contesti ho usato la pietra. Nella Casa della Finestra a Firenze, per esempio, ho usato la pietra forte del Chianti e, per il pavimento della zona di accesso alla grande scala, ho addirittura usato le pietre delle strade di Firenze, che il Comune aveva abbandonato in una discarica. PDN AND si è spesso occupata di ‘sostenibilità’ proprio perché c’è la consapevolezza che questo termine sia demagogicamente abusato e non compreso nel suo significato. Una parola spesso gridata in nome di una modernità sostenibile capace di produrre macchine edilizie tecnicamente efficienti, ma drammaticamente incompatibili con le peculiarità ambientali. A questo proposito qual è il tuo pensiero? PZ Il rapporto architettura-tecnica vive oggi una nuova attualità, ma il suo manifestarsi, nel nostro Paese, è soltanto apparente. La risposta alla necessità di dotare i tipi dell’abitare contemporaneo delle tecniche di contenimento energetico ne è l’esempio più lampante. Essa viene proposta attraverso un generico approvvigionamento di attrezzature ingombranti, importate in ritardo, di scarsa efficacia reale, o colorata di un bizzarro travestimento ecologico, con cui si consegue la definitiva amnesia del carattere tipologico dell’edificio. Nel nome dell’urgenza risparmiatrice e di una ambita compatibilità ambientale si concepiscono edifici arborati di essenze improbabili che raccolgono il consenso e coprono la cattiva coscienza dei committenti pubblici e degli speculatori. Queste false sperimentazioni, che traviano le naturali vocazioni dei materiali, travestendone, attraverso protesi, la verità tecnologica, distruggono definitivamente il significato delle tecnologie e delle tipologie, quali ci sono state consegnate dall’esperienza e quali dovremmo trasformarle senza mascheramenti, attraverso altra esperienza. L’equivoco messo in scena distrae dalla vera ricerca sui materiali, sulle tecniche, sui valori dell’energia, intrinseca a ogni luogo, ma delegata da sempre, nell’architettura, alle specificità delle proprie misure d’ambiente, intonse o trasformate, al loro darsi e mutare non neutrale e generalizzabile.
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Opere Tempio di cremazione, Parma
II nuovo Tempio di cremazione di Parma è ubicato a nord dell’antico Cimitero di Valera. Da una parte la città e la via Emilia, dall’altra la campagna e l’abitato di Valera, segnano i riferimenti di un paesaggio storicamente caratterizzato dall’ordine centuriale della colonizzazione romana e dalla fondamentale viabilità altomedievale: una civiltà ancora leggibile in filigrana o in superficie nei rinvenimenti della Domus romana, nel tracciato delle strade e dei poderi, nell’architettura romanica delle chiese di Vicofertile, S. Pancrazio, S. Croce. Il Tempio emerge all’interno del recinto, visibile da lontano e a chi percorre la tangenziale, come un grande elemento basamentale, preceduto da due spazi coperti alle estremità, analoghi a sud e a nord, verso Valera e verso Parma. Quale frammento tagliato, ospita e sospende nel tempo il rito del passaggio, rendendolo un unico grande simbolo urbano, quasi altare, in cui la città celebra, in modo incessante, la memoria di sé attraverso la memoria dei suoi morti. Il rapporto tra i due recinti, antico e progettato, e quello tra essi, la campagna e l’abitato di Valera, costituisce il primo tema affrontato dal progetto. Il nuovo recinto, fatto di spazio architettonico perché pensato come un muro porticato e abitato dai cellari che ospitano le polveri, contiene, in un percorso ininterrotto, il rapporto tra vita e morte, fissandone la lettura nel senso di una continuità ideale della vita. In forma di un grande rettangolo, la cui giacitura si attesta a fianco del cimitero esistente, il porticato abbraccia i momenti del percorso stabilendone una gerarchia precisa, il cui medium architettonico è il Tempio vero e proprio, collocato al centro delle due dimensioni. Quest’ultimo segna, anche spazialmente, i tempi del rito dividendo, in un percorso processionale, la zona dell’accoglienza del defunto e dei famigliari, posta in prossimità dell’ingresso, da quella del giardino di aspersione delle ceneri, collocato dopo gli spazi di commiato e di cremazione, caratterizzandosi per due facciate analoghe a nord e a sud. La pianta dell’edificio è segnata da due grandi quadrati, tra loro collegati attraverso un quadrato di dimensione inferiore. Il primo quadrato è costituito dalla grande sala del commiato, illuminata da una sorgente di luce centrale e occupata soltanto dalle colonne sulle pareti e dall’ambone riservato all’orazione. Una alta porta posta sulla parete di fondo costituisce il varco di transizione della salma verso il secondo quadrato, di dimensione inferiore, camera di luce illuminata zenitalmente, completamente vuota. La salma così scompare nella luce. Il terzo quadrato è costituito dal crematorio vero e proprio, in cui il corpo viene bruciato. Tutti gli ambienti di servizio sono ricavati sui lati. L’attraversamento, con la sua ritualità interna, segna la gerarchia spaziale dei diversi momenti, peraltro continuamente ricomposta dal portico del recinto, che sarà completato negli anni con gli accrescimenti del cimitero e avvolgerà in un percorso infinito.
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planimetria generale general site plan
nome progetto/project name Tempio di cremazione Temple of Cremation progetto/design Paolo Zermani collaboratori/collaborators Roberto Panara, Eugenio Tessoni progetto strutturale/structural design Paola Tanzi cronologia/chronology 2006-2010 luogo/place Parma foto/photos Mauro Davoli
Temple of Cremation in Parma The new Temple of Cremation of Parma is located north of the ancient cemetery of Valera. On one side the city and the Via Emilia, on the other the countryside and the town of Valera, mark the references of the territory, historically characterized by the centurial order of the Roman colonization and by the road network dating back to the dark ages: a civilization still lingering in watermark or in surface in the retrievals of the Roman Domus, in the layout of roads and farms, in the Romanesque architecture of the churches of Vicofertile, S. Pancrazio, S. Croce. The Temple comes out from its fence, visible from afar and to those following the ring road, as a major base element, preceded by two spaces covered at the ends, similar to the south and to the north, towards Valera and towards Parma. As a fragment, it hosts and suspends in time the ritual of passage, making it one large urban symbol, almost altar, where the city celebrates, relentless, its own memory through the memory of its dead. The relationship between the two fences, old and new, and that between the countryside and the town of Valera, is the first theme in the project. The new fence, made of architectural space because it was designed as a porched wall and inhabited by the cells holding the ashes, contains, in an unbroken path, the relationship between life and death, and tunes the interpretation to an ideal continuity of life.
in questa e nelle pagine successive: vista del Tempio dalla campagna di Valera/in this and in the following pages: view of the Temple from the countryside in Valera
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l’ingresso attraverso il nuovo recinto the entrance through the new fence sotto: il grande giardino rettangolare antistante l’entrata/below: the big rectangular garden in front of the entrance alle pagine 52-53: la sala del commiato on pages 52-53: the dismissal room
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pianta del tempio e del cimitero adiacente plan of the temple and of the adjoining cemetery
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1 sala del commiato/dismissal room 2 sacello/sacellum 3 locale forni per cremazione/crematory room 4 sala attesa ceneri/ashes waiting room 5 cinerario comune/common cinerary room 6 giardino anteriore/front garden 7 giardino del ricordo/remembering garden 8 giardini per la dispersione delle ceneri/ gardens for the ashes dispersion 9 deposito temporaneo resti mortali/remains temporary deposit 10 ufficio/office 11 spogliatoio/dressing room 12 deposito urne/urns deposit 13 sala regia/direction room 14 bagni/bath rooms 15 cinerari/cinerary room
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In the shape of a large rectangle, lying next to the existing cemetery, the portico embraces the moments of the path defining a clear hierarchy, where the architectural medium is the Temple itself, located in the middle of the two dimensions. The latter articulates the rite in time and space splitting, in a processional path, the reception of the dead and their families, located near the entrance, from the Garden of ashes, placed after the areas of leave taking and cremation, characterized by similar facades facing North and South. The building’s layout is marked by two large squares linked together by a smaller one. The first square is the great Hall of the Leave Taking, illuminated through a light source placed in the center and occupied only by columns on the walls and by the ambo of orations. A high door placed on the back wall is the passage for the corpse to the second smaller square, a totally empty room filled with zenithal light. Thus the corpse disappears into the light. The third square is the actual crematorium, where the body is burned. All service rooms are drawn on the sides. The overall passage, with its internal rituals, though marking the spatial hierarchy of the different moments, is constantly drawn together by the portico on the perimeter which will be completed over the years with the growth of the Cemetery and will wrap in an infinite path.
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pianta/plan
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sezione aa/section aa
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sezione bb/section bb
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due viste del giardino di aspersione delle ceneri/two images of the ashes aspersion garden pagina precedente: la porta di transizione che permette alla salma di scomparire nella luce previous page: the transition door which allows the body to disappear in the light
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Municipio di Noceto
nome progetto/project name Municipio di Noceto City Hall of Noceto progetto/design Paolo Zermani collaboratori/collaborators Eva Grosso, Giovanna Maini, Tomohiro Takao cronologia/chronology 1998-1999 luogo/place Noceto (PR) foto/photos Mauro Davoli
City Hall in Noceto In terms environmental and architectural features the new City Hall is marked by the archetipical figures of the street, the square,
Dal punto di vista dell’intervento ambientale e dell’immagine architettonica il nuovo Municipio si presenta attraverso le figure ideali della strada, della piazza, della casa, riconoscibili nel grande elemento distributivo centrale costituito dai corridoi e dallo scalone, nella sala consiliare e nella sala
the house, which are Identifiable elements in the large distribution core consisting of corridors and stairway, of the council hall and assembly room placed at the end of the central path, of the modular elements containing the offices emerging from both sides of the corridor. Thus the building is itself a ‘village’. Planimetrically rotated to a short perspective, with the main entrance facing the historical center, the visitor meets the building from the main road on the most successful perspective: the façade with the main entrance and the houses gradually sloping on one side. The representative character of the town hall is highlighted on the entrance area where, in addition to the accessibility to the two major distribution corridors on the main axis, there is the big staircase that leads to the boardroom and assembly located on the second floor above the council chamber. The design concept of the building is based on a modular layout intended to get the best rationalization of construction techniques and a possible flexibility of space. The inner distribution meets a rational criteria typical of an office building reserving, however, a general condition of serenity and a singularity of each working space. All offices are overlooking the street of the interior corridors, as a central neuralgic spine that governs the operations of the distribution organism.
assembleare poste nel punto di arrivo di quel percorso centrale, negli uffici modularmente disposti sui due lati del percorso stesso. L’edificio è così, esso stesso, un ‘paese’. Planimetricamente disposto di scorcio, con l’ingresso principale rivolto verso il centro storico, l’edificio viene colto dalla strada principale attraverso la più felice condizione prospettica, data dall’ingresso di testata e dalle casette che digradano progressivamente. II carattere rappresentativo del Municipio è accentuato nel suo apparire nella zona d’ingresso ove, oltre l’accessibilità ai due grandi corridoi di distribuzione nella spina centrale, si trova lo ‘scalone’ a vista che conduce alla sala di rappresentanza e assembleare posta al secondo piano sopra la sala consiliare. L’edificio è concepito attraverso un concetto d’impaginazione modulare tesa a ottenere la migliore razionalizzazione delle tecniche costruttive e una flessibilità eventuale degli spazi. I caratteri distributivi interni rispondono così a un criterio di razionalità dell’edificio tipico per uffici che riservi però una condizione di serenità e di particolarità ai singoli spazi di lavoro. Tutti gli uffici affacciano nella strada costituita dal corridoio interno che, come una spina centrale nevralgica, governa il funzionamento dell’organismo distributivo. Al piano secondo è collocata la sala di rappresentanza per funzioni assembleari, di analoga dimensione alla sala del Consiglio posta al piano primo, accessibile autonomamente dallo scalone. La salita centrale che conduce alla sala civica dell’ultimo piano annuncia, fin dal primo gradino, il fuoco prospettico costituito da una finestra centrale della sala. Quando dalla scala si sale l’ultimo gradino di accesso al pianerottolo superiore, si inquadra il permanere, verso la via Emilia, di un frammento di paesaggio agrario superstite, costituito da una tenuta agricola porticata, prototipo dell’insediamento padano tradizionale e cardine di un ordine ripetuto e preciso. La scala, corpo vuoto e animato nel corpo pieno e duro dell’edificio, come scavata al suo interno, porta dentro l’edificio l’ordine, forse ormai anacronistico, attraverso cui la città si è formata nel tempo, quasi a conservarne la matrice, nell’attesa di poterla trasmettere. Il paesaggio di Noceto, fino alla prima metà del Novecento, era rigorosamente segnato da questo ordine, altrimenti rafforzato dalle piantate di gelsi. Queste matrici si erano adattate ai segni precedenti della ‘centuriatio’ romana di cui la via Emilia è il decumano fondamentale. L’orientamento rispetto all’ordine esistente vede il Municipio inclinato di trenta gradi, a seguire l’andamento dell’ansa del torrente vicino e a tenere insieme il rapporto tra la vista del paese e la vista della campagna.
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il fronte laterale con le ‘casette’ che si affacciano sul corridoio centrale the side elevation with the ‘small houses’ on the central corridor
sezione longitudinale aa/logitudinal section aa
vista aerea/aeral view
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pianta secondo piano/second floor plan
pianta primo piano/first floor plan
pianta piano terra/ground floor plan
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la zona ingresso con la scala centrale the entrance area with the central stair-case
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© Shun'ichi Ozawa
vista dell’esterno dallo scalone centrale view towards the exterior from the big central stair-case pagina seguente: la facciata posteriore following page: the back elevation
On the second floor there is the boardroom for the assembly’s functions, of a similar size to the council hall on the first floor, with an independent access through the main stairs. The central slope leading to the civic hall on the last floor foreshadows from the first step the focal point of the room consisting of a central zenithal window. The path leading through the stairs to the upper landing frames a surviving fragment of the agricultural landscape in the Via Emilia, consisting of an old farm with arcades, a prototype of the traditional Po Valley settlement and cornerstone of a repeated and accurate order. The stairs, hollow body and soul in the full and massive body of the building, as carved on the inside, bring order into the building, perhaps anachronistic, through which the city has developed over time, as if it’s trying to keep the matrix of the city itself, waiting to transmit it further. The landscape of Noceto, until the first half of the twentieth century, was closely marked by this order, and enhanced through planting of mulberry trees. These matrices were adapted to the signs of the previous Roman ‘centuriatio’ of which the Via Emilia is the fundamental decumano. Compared to the existing order the orientation of the Town Hall is rotated with an angle of thirty degrees, to follow the progress of the loop near the river and holding together the the view of the village with the view of the countryside.
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Completamento e restauro del Monastero di San Salvatore a Camaldoli, detto ‘Casa della finestra’, Firenze
nome progetto/project name Completamento e restauro del Monastero di San Salvatore a Camaldoli, detto ‘Casa della finestra’/Completion and restoration of the San Salvatore a Camaldoli Monastery, called ‘Window House’ progetto/design Paolo Zermani, Siro Veri, Mauro Alpini con/with Fabio Capanni, Laura Landi, Paolo Osti, Giacomo Pirazzoli, Fabrizio Rossi Prodi collaboratori/collaborators Giovanna Maini, Pasquale Mastrullo cronologia/chronology 1998-2005 luogo/place Firenze foto/photos Mauro Davoli
Completion and renovation of the San Salvatore di Camaldoli convent, known as ‘Window house’, Florence The renovation for residential use of the
La ristrutturazione per uso abitativo del lembo esterno del convento di San Salvatore a Camaldoli e del suo chiostro propone un tema funzionale vincolato dagli aspetti tipologici distributivi interni esistenti e un tema formale ispirato a un ragionevole completamento del frammento di fabbrica rivolto verso piazza
outside flap of the San Salvatore di Camaldoli convent and of its cloister offers a functional theme bound by the existing internal typological and distribution issues and a formal theme inspired by the reasonable completion of the building’s fragment facing Piazza Tasso, by the city walls, currently unfinished. As a matter of fact it is necessary to ensure an independent functionality to the housing units placed on different floors, and to the cloister as well, and to control the disproportion of the building with the city walls and Piazza Tasso, a relationship that has been neglected for decades. Moreover it is necessary to provide concurrent accessibility to the dwellings and to the public and collective areas. In the place where the Bellosguardo barrier was, on the tracks of the walls of Florence, the project is designed as a project of ‘sight’. The addition of the convent, then the School of the Leopoldine, the closest spot to the walls, enhances the idea of ascension and reaches, at the very top, the dimension of view. A partially enclosed body stands on the trail of the ancient fortifications of Cosimo, partly demolished in the past, and reinterprets them through two staggered walls. The entrance to the stairs is gained through the vertical cut resulting from the walls’ offset. Some elements observed in the planimetric layout of the ancient ramparts are underlined and
Tasso e aderente alle Mura della città, attualmente rimasto incompiuto. È infatti necessario garantire un’autonoma funzionalità agli alloggi previsti ai diversi piani, ma anche al chiostro, disciplinando altresì gli sbalzi di rapporto della fabbrica con le Mura e con piazza Tasso, per decenni rimasti negletti, e le accessibilità contemporanee agli alloggi e agli spazi di relazione a uso pubblico collettivo. Dove era la barriera di Bellosguardo, sul tracciato delle mura di Firenze, il progetto è pensato come un progetto di ‘vista’. L’addizione al complesso dell’antico convento, poi Scuola delle Leopoldine, nel punto più prossimo alle mura, feconda l’idea di salita e raggiunge la dimensione, in sommità, della veduta. Un corpo parzialmente chiuso all’esterno si assesta sulle tracce delle antiche fortificazioni di Cosimo, in passato parzialmente demolite, e le reinterpreta disponendosi attraverso due setti murari sfalsati. L’ingresso alla salita avviene attraverso il taglio verticale che deriva dallo sfalsamento. A partire dall’impianto planimetrico dell’antico bastione vengono rimessi in evidenza gli imponenti spessori murali e l’orditura da costruzione, come pure, verso il pomerio, la scarpa esterna del muro, liberato dalla cartella posticcia. Si traspone sul piano di facciata lo scarto esistente in planimetria tra la giacitura muraria dei muri di spina della fortificazione e il muro perimetrale che chiude il corpo di fabbrica lungo la via Camaldoli. Un lieve avanzamento rispetto al filo stradale contribuisce a rendere leggibile il diverso orientamento del muro di facciata rispetto a quello, più arretrato, che annuncia l’orditura del bastione. Le scale interne, che guidano la salita, incontrano diverse soste dello sguardo: verso la Cupola, verso palazzo Pitti, verso Bellosguardo, fino a giungere alla grande loggia che si sviluppa su entrambi i lati esterni. Da lì il panorama e l’accesso alla loggia esistente, che può introdurre un percorso in quota tra altre logge e altane. La loggia è l’unico elemento architettonico in grado di coniugare, con estrema sintesi, il rapporto di scala tra la fabbrica costruita sui resti del bastione e il territorio circostante, in particolare quello extra moenia, e affonda la propria ratio nella significativa eredità progettuale di Baccio d’Agnolo e della finestra crociata, da questi realizzata in palazzo Bartolini-Salimbeni. Il tema viene sviluppato con un risvolto dietro il piano di facciata, rendendolo in tal modo elemento compiutamente tridimensionale e contribuendo a svuotare l’angolo dell’edificio nuovo. Così un cortile, un albero e una torre di testata con una grande finestra crociata che conclude la fabbrica verso la piazza sono gli elementi del quadro e inducono un solo fine: osservare Firenze.
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il fronte d’ingresso in rapporto alle antiche mura/the entrance elvation in relation with the old town walls
planimetria generale/general site plan
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il fronte d’ingresso e il palazzo confinante the main elevation and the neighbouring building
sezione longitudinale aa longitudinal section aa
sezione trasversale bb transversal section bb
revived, such as the impressive thickness of the walls and the warping of construction, as well as, towards the pomerium, the exterior scarp wall, freed from the false mouldings. The existing planimetric gap between the spine walls of the fortification and the building’s perimeter wall on Camaldoli street is transposed to the façade. A slight advance over the building line helps to stress the different orientation between the facade wall and the one announcing the warping of the bastion. The internal stairs, frame several views on their way up: towards the Dome, to the Pitti Palace, to Bellosguardo, until we reach the grand lodge that is spread on both outer sides. From there the view and the access to the existing lodge, which can introduce an ideal and sight connection with other lodges and roof terraces. The lodge is the only architectural element that combines, with extreme synthesis, the scale ratio between the construction built on the remains of the bastion and the surrounding area, in particular the extra moenia territory, and digs its significance in the important legacy of Baccio d'Agnolo and the cross-window he designed for Palazzo Bartolini Salimbeni. The theme is developed with a flap behind the facade, thus making it a fully three-dimensional element and helping to hollow out the corner of the new building. Thus, a courtyard, a tree and a tower head with a large crossed window that gives an edge to the building on the square, are the elements of the framework and suggest a single goal: to observe Florence.
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pianta quarto piano/fourth floor plan
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vista di piazza Tasso dalla strada che costeggia l’edificio lungo le mura/view of Tasso Square from the street along the town walls pagina seguente: scorcio della città dal primo piano/following page: glimpse of the city from the first floor
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vista laterale del primo piano e della grande finestra crociata/side view of the first floor and of the big crossed window pagina precedente: vista di piazza Tasso dall’interno attraverso la finestra crociata previous page: view of Tasso Square from the inside through the crossed window
Chiesa di San Giovanni, Perugia
nome progetto/project name Chiesa di San Giovanni St. John's Church progetto/design Paolo Zermani, Siro Veri, Mauro Alpini con/with Mauro Alpini, Fabio Capanni, Giacomo Pirazzoli, Fabrizio Rossi Prodi collaboratori/collaborators Giovanna Maini, Tomohiro Takao cronologia/chronology 1997-2007 luogo/place Ponte d’Oddi (PG) foto/photos Mauro Davoli
St. John's Church in Perugia A fragment of Umbria, a pink house, olive trees, the property speculation contending for the backdrop surrounding the
Un frammento d’Umbria, un casale rosa, gli ulivi, la speculazione edilizia si contendono il fondale su cui nasce la chiesa francescana che prevalentemente sarà vista dall’alto. La chiesa e il centro parrocchiale si appoggiano al corpo della collina attraverso una sequenza che
Franciscan church that will be primarily viewed from above. The church and parish center lie on the side of the hill in a sequence that favors the concepts of substructure, of excavation, of lower square and upper square that are in the history of the city of Perugia, of that central area that the inhabitants significantly call ‘Acropolis’. A straight line marks the sacred path of the churchyard to the main church to the weekday church to the parish center: along this line spaces are arranged as stations. The route is duplicated on the outside, through the grand stairs linking the lower square to the higher square, with a similar size to the church block. The section of the church, thirteen meters high, reaches the same height of the parish center, six and a half meters high. Thus the upper line of the buildings is identical and amplifies the presence of the stairs, piazza itself, which connects the lower churchyard to the upper one. The main church has its main entrance on the courtyard below, towards the street, the weekday church has its entrance onto the upper forecourt, towards the parish center. Both churches are accessible from the opposite directions as well.
privilegia il concetto di costruzione, di scavo, di piazza bassa e piazza alta che è nella storia della città di Perugia, di quel suo centro che i perugini chiamano, significativamente ‘Acropoli’. Una linea retta segna il percorso sacro del sagrato alla chiesa principale alla chiesa feriale alla canonica: lungo questa linea gli spazi si dispongono come Stazioni. Il percorso è duplicato all’esterno, attraverso la grande scala che lega la piazza Bassa e la piazza Alta, con una dimensione analoga al corpo della chiesa. In sezione il corpo della chiesa, alto tredici metri lineari, raggiunge la stessa quota altimetrica del centro parrocchiale, alto sei metri e cinquanta. La quota superiore degli edifici è così identica e amplifica la presenza della scala, piazza anch’essa, che congiunge il sagrato inferiore con quello superiore. La chiesa principale ha la sua entrata sul sagrato inferiore, verso strada, la chiesa feriale ha l’entrata sul sagrato superiore, verso il centro parrocchiale. Entrambe le chiese sono accessibili anche dalle direzioni opposte. Il corpo complessivo della chiesa è attraversato da una linea di luce che, nella chiesa principale, segna il taglio verticale della facciata e continua in copertura, accompagnando il fedele fino all’altare. Analogamente avviene nella chiesa feriale, in opposta direzione. La linea di luce, come la croce che essa forma in facciata intersecandosi con una putrella in ferro, è leggibile dalle colline e segna il confine tra spazio interno e cielo. Il blocco pietroso chiesa principale-sagrestia-chiesa feriale, come una continuazione della natura del suolo, si sviluppa sul fronte strada, chiudendolo per cinquanta metri lineari, costituendo una sorta di grande muro, di suolo rialzato che protegge lo spazio doppio, vuoto, della grande scalinata-piazza rivolta a monte, verso la collina, dal traffico veicolare. Se pure la grande croce di facciata rimane impressa su chi si affaccia all’incrocio, giungendo da Perugia, l’organismo architettonico organizza poi uno spazio protetto per la comunità che si svolge al proprio interno. Il mattone che appare in piena vista come materiale esterno e interno, consacra l’appartenenza alla natura del suolo e alla storia, all’identità di Perugia e dei suoi santi.
la grande croce sulla facciata della chiesa principale/the big cross on the façade of the main church
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pianta primo piano first floor plan
1 chiesa principale/main church 2 sagrestia/sacristy 3 cappella feriale/weekday chapel 4 abitazione del parroco/priest’s house 5 sale per le attività pastorali/pastoral activities room 6 salone comunitario/community room
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pianta piano terrra ground floor plan
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sezione aa/section aa
sezione bb/section bb
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il grande muro del fronte laterale che si affaccia sulla strada/the big wall of the side elevation on the street pagine precedenti: vista dall’alto della chiesa e del centro parrocchiale in rapporto con l’intorno. Il percorso esterno che lega la piazza Bassa alla piazza Alta/previous pages: aerial view of the church and of the parish center and their relation with the surroundings. The external path connecting the piazza Bassa to the piazza Alta
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Š Paolo Zermani
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interno della chiesa principale/interior of the main church
The overall block of the church is crossed by a line of light that marks the vertical cut of the facade of the main church and continues on the rooftop, accompanying the believer to the altar. The same happens in the weekday church, but in the opposite direction. The line of light, just like the cross it draws on the facade by intersecting with a steel beam, can be seen from the hills and marks the boundary between interior space and sky. The stone block main church - vestry - weekday church, as a perpetuation of the nature of the ground, stretches on the street, for fifty meters, forming a sort of great wall, of raised ground that protects the double empty space of the large stair-plaza facing up, towards the hill, from the vehicular traffic. Although the large cross imprints the memory of those looking from the crossroad, coming from Perugia, the architectural structure also organizes a protected space for the community that takes place internally. The brick used fairfaced both on the outside and on the inside, consecrates the belonging to the nature of the ground and to history, to the identity of Perugia and his saints.
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la croce è una riproduzione del Crocifisso del Maestro Carlo Mattioli autorizzata dagli Eredi del Maestro e dall’Archivio Mattioli/ the cross is a copy of the work Crocifisso by Master Carlo Mattioli. It has been authorized by the Master’s heirs and by the Mattioli Archive pagina seguente: vista delle colline dal sagrato inferiore/following page: view of the hills from the below church courtyard
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Cimitero di Sansepolcro
nome progetto/project name Cimitero di Sansepolcro Cemetery of Sansepolcro progetto/design Paolo Zermani, Siro Veri, Mauro Alpini collaboratori/collaborators Giovanna Maini, Tomohiro Takao cronologia/chronology 1997-2010 luogo/place Sansepolcro (AR) foto/photos Mauro Davoli
Cemetery of Sansepolcro Sansepolcro, birthplace of Piero della Francesca, is surrounded by hills on the border between Tuscany and Umbria, which the
Sansepolcro, luogo natale di Piero della Francesca, è circondato dalle colline di confine tra Toscana e Umbria che il pittore ha trasferito nel proprio spazio pittorico. Piero osserva spesso il paesaggio dall’interno dell’architettura: per lui il fondale è importante come lo è il punto di vista.
artist has transferred into his pictorial space. Piero often observes the landscape from an architectural poin of view: the backdrop is important to him just as much as the point of view is. The importance of height differences, of observing the landscape downwards and upwards was clear since centuries and anticipates, as already painted in reality, Piero’s observation. The plain is now taken up by the ancient city and recent industrialization, like the bed of a river filled with various objects which casually converged there. The hill, from far off, is almost intact, more green than brown, because reafforested. The plain, the amphitheater, still exist: the stage is crowded, but not compromised forever. In this backdrop we measure Heaven and Earth, Sky and Land, from blue to brown, suggesting the possible materials for the architecture of a place between life and death. Through painting the theme of burial and the evident symbolism of the cross, that sums up its meanings, seem to touch. The uphill elevation of the ancient cemetery of Sansepolcro is architecturally valuable and mediates the proportion with the upper road and the foot of the hill, while the front facing downhill, very recent, is nothing but a rear, with little architectural quality. The new cemetery is spread over a rectangular plot enclosing, completely on the south side and
L’importanza dei dislivelli, del vedere dal basso e del vedere dall’alto il paesaggio è chiara da secoli e anticipa, osservandola come già dipinta nella realtà, l’osservazione pierfrancescana. La piana è oggi occupata dall’antica città e dalla industrializzazione recente, come l’alveo di un fiume colmo di oggetti disparati, lì confluiti. La collina, da lontano, è quasi intatta, più verde che marrone, perché rimboscata. La conca, l’anfiteatro, esistono ancora: la scena è ingombra, ma non compromessa per sempre. In questo fondale si misurano Cielo e Terra, dall’azzurro al marrone, suggerendo i possibili materiali per l’architettura di un luogo tra vita e morte. Attraverso la pittura il tema della sepoltura e l’evidenza simbolica della croce, che ne riassume la sostanza, sembrano toccarsi. Il fronte a monte dell’antico cimitero di Sansepolcro è architettonicamente apprezzabile e media il rapporto con la strada superiore e il piede della collina, mentre il fronte a valle, molto recente, non è che un retro, di qualità architettonica scadente. Il nuovo cimitero si sviluppa su un tracciato rettangolare inglobando completamente, sul fronte sud, parzialmente sul fronte nord, il cimitero esistente costruito, attraverso vari accrescimenti, dal 1800 a oggi. Il corpo perimetrale, costituito da una gradonatura in mattoni, si adatta agli andamenti altimetrici che variano, dal lato est al lato ovest, di circa 10 metri lineari, ma riporta il livello di sommità della muratura a un’unica quota. Il cimitero appare così dall’esterno, sviluppandosi sul fronte più lungo per 150 metri lineari, una sorta di basamento delle colline. Chi sta all’esterno vede il basamento sorreggere il paesaggio, chi sta all’interno vede il paesaggio e il cielo. L’interno è diviso in campi da una maglia quadrata costruita: nei corpi in elevazione sono collocati i loculi, che occupano anche una vasta parte della cinta perimetrale, su quattro livelli. Nei campi sono collocate le sepolture a inumazione. Le coperture dei corpi costruiti sono raggiungibili e percorribili: si costruisce così un grande camminamento in quota dal quale osservare la città e il paesaggio. A questa quota è posto l’ossario, costituito da un grande corpo a croce, traslato rispetto agli andamenti ortogonali delle corti e dei campi e rispetto all’impianto perimetrale, direzionato con l’asse maggiore verso la Porta Fiorentina, da lassù visibile, antico accesso alla città storica. L’ossario è un luogo d’aria, sospeso fra cielo e terra: i materiali da costruzione, un volume privo di ermetiche chiusure, uno spazio filtrante senza serramenti né pareti, danno conto di questa condizione aerea. Rispetto alla cinta muraria la croce, vuota ad eccezione delle cellette per gli ossari e disposta più in alto, quasi si smaterializza.
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modello ligneo/wooden model apertura: dettaglio dei loculi/opening page: detail of the loculus pagina seguente: il fronte esterno/following page: the external elevation
b
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pianta secondo livello/second level plan
pianta terzo livello/third level plan
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cinta perimetrale con i loculi disposti su quattro livelli/perimetrical wall with the loculus on four levels
sezione aa/section aa
sezione bb/section bb
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20 m
partially on the north side, the existing cemetery built through several steps, from 1800 until today. The perimeter volume, consisting of a brick tier, adapts to the height patterns of the ground that vary about ten meters from the east to the west side, but takes the top level of the walls to a constant height. Thus the cemetery from the outside, with the longer side stretching for 150 meters, looks like a sort of base or pedestal of the hills. From the outside you notice the brick base holding up the landscape, whilst from the inside you see the landscape and the sky. The interior space is divided into fields by a square grid: the blocks in elevation hold the coffins’ niches, which also take up a large part of the perimeter walls, on four levels. The four fields hold the inhumation tombs. The roofings are accessible and practicable: thus creating a large walkway from which to observe the city and the countryside. At this level we find the ossuary, which is a big cross-shaped volume, shifted with respect to the orthogonal directions of courts and fields, and relatively to the perimeter, with the major axis directed toward the Porta Fiorentina, visible from above, ancient access to the historic city. The ossuary is a place of air, suspended between sky and earth: building materials, a volume with no hermetic seals, a filter space without windows or walls, give an account of this airy condition. Compared to the enclosing walls the cross, empty except for the cells of the ossuaries and placed higher up, almost dematerializes.
dettaglio della cinta perimetrale/detail of the perimetrical wall
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Paolo Zermani
Frammenti di un discorso architettonico
IdentitĂ
Identity
Fragments of an architectural discourse
di/by
Andreij Tarkovskij, Nostalghia, 1983
In Nostalghia, del 1983, Andreij Tarkovskij mostra i protagonisti (Gorciakov, un intellettuale russo alla ricerca delle tracce di un suo avo musicista e la giovane Eugenia, interprete che lo accompagna) in un Grand Tour a cercare nel tempo e nello spazio italiano la verità. Tarkovskij, si sa, quando visitava gli Uffizi, si limitava alle prime quattro sale, perché temeva di essere corrotto dalla pittura rinascimentale. Una preoccupazione quest’ultima non dissimile da quella di David Caspar Friedrich, il grande paesaggista tedesco che, nella sua inesausta ricerca dell’infinito, si rifiutò sempre di vedere l’Italia e i cieli blu della sua pittura. La visita di Gorciakov ed Eugenia nella Cappella della Madonna del Parto di Piero della Francesca a Monterchi è in tal senso emblematica. Giunti di fronte alla Cappella, che il regista russo ha ricostruito come una cripta arcaica, l’uomo si rifiuta di entrare: «Non voglio più niente solo per me», dice. «Sono stanco di queste bellezze eccessive». Eugenia, una giovane Domiziana Giordano, voluta dai riccioli d’oro come le Madonne rinascimentali italiane, entra da sola della cripta. Tarkovskij non le mostra, e non mostra a noi, la Madonna del Parto, che resta avvolta dalla penombra mentre un gruppo di donne del popolo sta celebrando un rito mariano di devozione per la Madonna in legno posta a fianco dell’immagine pierfrancescana. Eugenia non capisce. Soltanto quando il rito popolare è terminato e compiuto e un volo di colombi si leva uscendo dal petto della statua in legno, disperdendosi tra le arcate della cripta, la luce delle candele si alza e consente di vedere la Madonna di Piero. La ragazza, troppo prossima al mito del maestro toscano per comprenderne la sostanza oltre l’immagine, continuerà a non capire. Gorciakov trova invece nell’incontro con Domenico, ‘folle di Dio’ emarginato dalla società, ai bordi della piscina d’acqua calda in cui si immergono ignari i turisti, la comprensione di ciò che, provocando la divaricazione tra spirito e materia, il Novecento ha precluso. La separazione restituisce una incompiutezza, rilevata proprio sul paesaggio italiano, fondo e matrice per un itinerario di rovine a cielo aperto o interiori. Il viaggio italiano appare necessario a Tarkovskij per fissare i contrasti e renderli prossimi alla fertilità. È questo il nostro presente. Paolo Zermani, Oltre il muro di gomma, Diabasis, 2010.
In the 1983 film Nostalghia, Andrei Tarkovsky shows the main actors (Gorchakov, a Russian intellectual looking for the trail of an ancestor of his, a musician, and the young Eugenia, an interpreter accompanying him) in a Grand Tour searching for truth in Italy’s time and space. It is known that when Tarkovsky visited the Uffizi, he only toured the first four halls, since he feared being badly influenced by Renaissance paintings. This concern is not dissimilar from that of David Caspar Friedrich, the great German landscape painter who, in his inexhaustible search for the infinite, always refused viewing Italy and its blue skies in his paintings. Gorchakov and Eugenia’s visit in the Cappella of Monterchi of the Madonna del Parto – The Pregnant Madonna – by Piero della Francesca, is in this sense emblematic. On arriving in front of the Cappella, which the Russian director has reconstructed as an archaic crypt, the man refused to enter: «I do not want anything any more only for me», he says. «I am tired of all these excessive beauties». Eugenia, a youthful Domiziana Giordano, adorned with golden locks like Italian Renaissance Madonnas, enters alone inside the crypt. Tarkovsky does not show her, nor does he show us, the Madonna del Parto, which is still shaded in a penumbra while a group of lay women are celebrating a Marian devotional rite before the wooden Madonna standing on the side of Piero della Francesca’s painting. Eugenia is dumbfounded. It is only when the people’s rite comes to an end that a flight of doves rises high above exiting from the bosom of the wooden statue, scattering among the crypt’s arches, that the light of the candles increases in intensity and allows seeing Piero della Francesca’s Madonna. The young lass, so close to the Tuscan master’s myth to be able to comprehend the substance beyond the picture, still cannot understand. Gorchakov instead grasps in his encounter with Domenico, who is ‘mad with God’ and ostracised by society, at the edge of the hot water pool where oblivious tourists take a dip, all that which, by bringing about the gap between spirit and matter, the 20th century has blocked out. The separation pays back an incompleteness, which is exactly found on the Italian landscape, the basis and origin for an itinerary of ruins under open heavens or interiors. The Italian journey appears necessary to Tarkovsky so that he can establish contrasts and render them close to fertility. This is our present state. Paolo Zermani, Oltre il muro di gomma, Diabasis, 2010.
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Roberto Rossellini, PaisĂ , 1946
Quando Francesco vuole ricostruire la chiesa della Porziuncola, abbandonata e ridotta a muri in rovina, va a cercare – secondo San Bonaventura – denaro e materiali. Traduce così, nel suo atto concreto, il senso stesso dell’appartenenza al paesaggio, prossimo ai lebbrosari di Santa Maddalena e di San Salvatore. Ma l’edificio, nella Legenda Maior, inizia a identificarsi nello spazio in cui deve collocarsi ancor prima di essere ricostruito e il materiale usato non è soltanto quello visibile agli occhi. La coincidenza tra ordine dello spirito e ordine del paesaggio, dentro e fuori dal dominio di quella che chiamiamo cultura materiale, si palesa come carattere profondamente riconoscibile. «Fu infatti per disposizione della divina Provvidenza, dalla quale il servo di Cristo si lasciava dirigere in tutto – scrive il biografo – che all’inizio dell’Ordine e prima di cominciare a predicare il Vangelo, egli restaurò tre chiese materiali. Ciò avveniva non solo perché egli apprendesse a risalire gradatamente dalle cose materiali e quelle spirituali, o dalle cose minori a quelle maggiori; ma anche perché nelle cose sensibili fosse prefigurato misteriosamente quanto in seguito avrebbe esteriormente compiuto». Oggi, nel tempo della riproducibilità tecnica, l’architettura, messa alla prova dal dramma del paesaggio, pare non trovare il tempo per la ricostruzione, intesa come preparazione. L’oblio della storia e l’insofferenza alla regola si manifestano altrettanto cinicamente dell’indifferenza al rilievo critico dello stato presente dei luoghi e all’accertamento della loro disperata resistenza. L’acquiescenza ai modelli, diffusi serialmente attraverso i menù informatici, ha introdotto, come conseguenza, una progressiva liceità estetica, in forma di commercio, che coincide con l’annichilimento dell’etica disciplinare. Eppure la pratica del progetto, anche quando l’edificio atteso è nuovo, essendo questo parte del più ampio corpo del paesaggio, non può che transitare attraverso la cruna, solo apparentemente materiale, della ricerca di misure vere. Perché l’architettura è sempre ricostruzione. Nel film Paisà, del 1946, all’inizio della ricostruzione italiana, Roberto Rossellini ci mostra la corsa dei protagonisti all’interno del Corridoio Mediceo, in fuga nella Firenze bombardata. L’architettura vasariana tiene miracolosamente insieme i monumenti della città, da Ponte Vecchio alla Cupola, e la verità e trasmissibilità delle sue misure viene osservata tra le macerie, mentre le distruzioni hanno temporaneamente sovvertito le distanze delle cose. Paolo Zermani, Oltre il muro di gomma, Diabasis, 2010.
When Francis wants to rebuild the Porziuncola church, abandoned as it was and reduced to a rubble of ruined walls, he goes to find – St Bonaventure says – money and materials. He so translates, by means of a concrete act, the real sense of pertinence to the landscape, keeping close to the leper colonies of Santa Maddalena and of San Salvatore. Yet the building, in the Legenda Maior, starts being identified within the space where it is going to be erected even before being built and the material used is not only that seen by human eyes. The coincidence between spiritual order and landscape order, inside and outside the dominance of what they call material culture, reveals oneself as a profoundly recognisable character. «It was actually by disposition of Divine Providence, by which Christ’s servant let himself be directed in everything – his biographer writes – that when the Order was founded and before beginning to preach the Gospel, he restored three stone churches. This happened not only because he was learning to rise gradually from material things to spiritual ones, or from smaller ones to bigger ones; but also because in sensitive matters there was mysteriously prefigured what was later to be accomplished externally». Nowadays, in these times of technical reproduction, architecture, put to the test by the landscape drama, seems not to find the time for reconstruction, taken as a preparation. History’s oblivion and intolerance towards the rule show themselves equally cynical of the indifference to the critical aspect of the present state of the places and the ascertainment of their desperate resistance. Acquiescence to models, serially spread across it menus, has introduced, as a consequence, a progressive aesthetic lawfulness, in a business form, coinciding with the annihilation of regulatory ethics. And yet the project’s experience, even when the expected building is new, it forming part of the wider landscape mass, could not transit across the needle’s eye, which is only apparently material, of the search for real measures. Because architecture always means reconstruction. In the 1946 film Paisà, at the beginning of Italy’s reconstruction, Roberto Rossellini shows us the race made by the protagonists inside the Medici Family Corridor, while escaping from the bombing of Florence. Vasari’s architecture miraculously keeps together the city’s monuments, from Ponte Vecchio to the Cupola, and the truth and transmissibility of its measurements is observed among the rubble, while the destruction has temporarily subverted the distances of things. Paolo Zermani, Oltre il muro di gomma, Diabasis, 2010.
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Bernardo Bertolucci, Prima della rivoluzione, 1962
Nel film di Bernardo Bertolucci Prima della rivoluzione del 1962 Fabrizio e Gina visitano la Rocca di Fontanellato. La mano di Fabrizio guida Gina nel buio del piccolo locale nel torrino a ovest sulla cinta muraria: «La camera ottica! è un gioco di specchi. è magica, ma è vera. Però è magica». Sul bianco schermo orizzontale, un lenzuolo illuminato da un raggio di sole, compare l’immagine di Fabrizio, nel frattempo uscito sulla piazza sita nella facciata anteriore, oltre il fossato. «Che bello, lo ruberei questo trucco che mi fa parlare con te quando non ci sei. Dov’è che sei?». Attraverso un complesso effetto prismatico il sofisticato meccanismo, realizzato nell’Ottocento, anticipando il principio della telecamera, consente di trasportare le immagini oltre gli ostacoli che impedirebbero l’osservazione diretta, per ribaltare la realtà a distanza. Nel mistero della camera e delle sue rappresentazioni allegoriche può essere riassunta la sostanza architettonica che il ventesimo secolo ci ha trasmesso: la disperata necessità di un punto di vista da cui comprendere la vera distanza delle cose. Possiamo forse costruire l’architettura raccogliendo le istanze di nuovi microcosmi, camere sottratte al tempo che si possono abitare come interni con vista, da cui osservare le mutazioni della scala? Per Caspar David Friedrich si è parlato di scala dello spirito. Anche L’infinito leopardiano ci tratteggia un paesaggio preciso, delimitato, in cui la siepe costituisce il rivelatore del proprio superamento. Questo inviluppo è molto prossimo all’idea di centro come nuovo inizio, in cui Leopardi evoca anche un positivo naufragio. Camera con vista o gorgo? Si guardi Pompei, nulla più di un’isola, di un tiepido centro, che galleggia in un nuovo magma. Josif Brodskij, riferendosi alla Mappa del nuovo mondo di Walcott: «Noi perduti/Trovati solo/In opuscoli turistici/Dietro ardenti binocoli», ci ricorda che ogni uomo è un’isola. Lo spazio architettonico apparirebbe ora interno, sempre più interno. L’infinito di Friedrich è un infinito negato all’uomo. La rappresentazione prospettica ha cercato per secoli di circoscrivere l’infinito nella costruzione meccanica del disegno. Friedrich ha dichiarato lo stato di crisi. Nella sua disperata ricerca egli ha voluto togliere progressivamente ogni oggetto dal proprio studio d’artista, affinché non interferisse con il paesaggio, soltanto filtrato dalla finestra. Per noi non è sufficiente. Possiamo solo cercare, nello spazio circoscritto di un ultimo orizzonte che muta in continuazione, un rapporto possibile, l’estremo raccordo, con la struttura delle cose, con ciò che del paesaggio è pronto a salvarsi, a riconoscersi quale misura. Paolo Zermani, Identità dell’architettura, Vol. II, 2002.
In Bernardo Bertolucci’s 1962 film Before the revolution Fabrizio and Gina visit Rocca di Fontanellato. Fabrizio’s hand leads Luisa in the dark of the small place in the tower to the west on the boundary wall:«The camera obscura! It is a game of mirrors. It is magical, but it is true. Yet it is magical». On the white horizontal screen, consisting of a sheet illuminated by a ray of his, there appears the image of Fabrizio, who has meanwhile gone out on the square sited on the front facade, beyond the moat. «How nice, I will steal his trick of making me talk to you when you are not here. Where can you be?». Through a complicated prismatic effect the sophisticated mechanism, realised in the 19th century, anticipating the principle of the telecamera, allows a transportation of images beyond the obstacles hindering direct observation, to overturn reality from a distance. In the mystery of the camera and its allegorical representations the architectural substance which the 20th century has passed on to us could be summarised: the desperate need of a point of view from which to understand the real distance of things. We can perhaps construct architecture by collecting the moments of new microcosms, rooms taken out of time which could be lived in as inner areas with a view, from where to observe scalar mutations? Caspar David Friedrich speaks of a scale of the spirit. Even Leopardi’s L’infinito treats us with a precise bordered landscape, in which the hedge becomes the revealer of one’s own overcoming. This envelope resembles very much the idea of the centre as a new beginning, in which Leopardi also evokes a positive sinking. A room with a view or with an eddy? Look at Pompei, nothing more than an island, a lukewarm centre, floating in a new magma. Josif Brodsky, referring to Walcott’s Map of the new world: «We are lost/Only to be found/In tourist leaflets/Behind burning binoculars», reminds us that every man is an island. The architectural space now appears to be internal, ever more internal. Friedrich’s infinity is an infinity denied to man. The perspective representation has for centuries thought of circumscribing the infinite in the mechanical construction of the design. Friedrich has declared a state of crisis. In his desperate search he wanted to progressively remove every object from his arts studio, so long as this did not interfere with the landscape, which was only filtering through the window. This is not sufficient for us. We can only look, in the circumscribed space of a final horizon which continually changes, for a possible relationship, that ultimate connection, with the structure of things, with anything which can save itself of the landscape, to see ourselves as a dimension. Paolo Zermani, Identità dell’architettura, Vol. II, 2002.
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Disegno e identità
Paolo Di Nardo intervista/interviews Paolo Zermani 104 Paolo Di Nardo Nel capitolo Montaggio e verità fai riferimento ad Andrej Tarkovskij e alla sua capacità di misurare le ‘distanze mutate’ del paesaggio italiano sottolineando il ruolo della ‘inquadratura’ nella costruzione del ‘racconto finale’. Ci puoi esplicitare questa ‘operazione di rilievo’ e le connessioni metaforiche che ha con l’architettura? Paolo Zermani Se ritorniamo a Friedrich e ci avviciniamo a Tarkovskij comprendiamo che il procedimento di formazione dell’arte rivela, tra i due artisti, forti analogie. Ha inizio da un’opera di spoglio, di demolizione dell’inutile, per mirare ad alcune figure essenziali. Queste figure transitano, diciamo, ‘sotto la croce’. Fino ad Alessandro Magno il mondo greco e quello orientale non si erano conosciuti. Il primo aveva costruito ogni cosa a partire dal ‘tipo’, un sigillo classificatorio con cui catalogare il mondo visibile, l’altro aveva costruito ogni cosa sul ‘simbolo’. Possiamo dire che ‘tipo’ e ‘simbolo’ si incontrano, in via definitiva, alla base della croce di Cristo: un simbolo, la croce, (fino ad allora, un patibolo) che sintetizza una grande rivoluzione culturale e spirituale e diventa ‘tipo’. Elena, madre di Costantino, parte da Roma in età avanzata per fondare una nuova chiesa sul Santo Sepolcro, che era stato cancellato da Adriano attraverso un tempio pagano, e altre sessanta nuove chiese in Oriente. Questo interessa l’architettura perché il paesaggio occidentale è figlio di tale vicenda, anche se la si osserva in modo laico. L’opera di spoglio serve a riportare l’architettura alla verità, una verità che non può rivelarsi con un semplice montaggio, ma solo con un montaggio guidato dall’inquadratura (il rilievo) di ciò che è già scritto nelle misure, anche impure, della terra. Paolo Di Nardo In the chapter Montage and truth you recall Andrej Tarkovsky and his ability to measure the ‘changed distances’ of the Italian landscape by emphasizing the role of ‘framing’ in the construction of the ‘final story’. Can you explain this ‘survey operation’ and the metaphorical connections it has with architecture? Paolo Zermani If we return to Friedrich and we get closer to Tarkovsky we understand that the process of creating art shows strong similarities between the two artists. It starts with an operation of subtraction, of demolition of the unnecessary, to target some key figures. These figures pass, let’s say, ‘under the cross’. Up to Alexander the Great the greek x eastern worlds had not met yet. The first had built everything starting from the ‘type’, a classification seal with which index the visible world, the other had built everything on the ‘symbol’. We may say that ’type’ and ’symbol’ finally meet at the base of the cross of Christ, a symbol, the cross, (until then, a gallows) which synthesizes a great cultural and spiritual revolution and becomes a ‘type’. Helena, Constantine’s mother, left Rome at an old age to found sixty new churches in the East and another new church by the Holy Sepulchre, which Hadrian had replaced with a pagan temple. This affects architecture because the Western landscape originates from this episode, even if we analyze it in a laic perspective. The operation of subtraction, of peeling the unnecessary, is useful to hand architecture back to the truth, a truth that cannot be a simple ‘montage’, it can only be a guided montage through framing (the survey) what is already written in the measures, although impure, of the earth.
Museo delle memorie cimiteriali e Famedio, Cimitero monumentale di Torino, schizzo di studio, matita, 1989 Museum of cemetery recollections and Famedio, Turin monumental cemetery, studio sketch, pencil
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Museo dell’Acropoli, Atene, schizzo di studio, matita, 1989/Acropolis Museum, Athens, studio sketch, pencil
PDN By describing the way of the Officina italiana and of its originality anchored to the ‘compass of architecture’ against all diversions or evasions, you
then can we hope for our age to converge within the longer age of architecture. PDN This is also possible through the management
underline that «the tools of the discipline are always the same and cannot be confused, bent or distorted». AND has always considered the exploration of these ‘tools’ through the narration architectural works as one of its ultimate tasks. Would you please help us to outline the features of these ‘tools’? PZ The catastrophe of landscape, induced by the twentieth century, has now changed the distance among things, resulting in an alteration of centuries-old relations. But you cannot think of replacing that system with a drift, in spite of the crisis it is undergoing. Even schools of architecture are invaded by pathetic copies of the common architecture of consumerism, hastily imported without any criticism, dignity and method, passed off as evasive illusory ecstasy pills, architectural pornography which can only offer some temporary soothing pleasure. In such a context it may even appear seditious to invoke words as rule and measure. But we know we have to fit in the riverbed that has these words as a barrier against the uncertainties of our time. A new definition of typology is possible as long as we understand that architecture can go through a real revolution only by remaining within its limits. It is still and always the measures and just the measures that can feed the sacred fire of art, which shows up – in the giving and withdrawal of the flame - only when its appearance is controlled. Working on the lacerations of our time, in the gaps left empty by the frenzy of productivity and on the wounds, we can learn a new geography in which architectures, necessarily fragmented, are able to stitch space and time apparently unrelated. Only
and use of ‘working tools’. For example, how do ‘drawings’ and ‘maquettes’ help you prepare and develop your projects? PZ If you’re referring to the so-called ‘red perspectives’, as the architects who have been working for my practice know, these drawings are genuine design tools. They are conceived before, during and after each project, and have different levels of depth. We often happen to redraw projects from twenty years ago, which have not yet been completely explored. So all drawings are involved in an overall project that links one work to the other. It may seem paradoxical, but there is no aesthetic purpose in all this. Someone wrote that they are ‘visions’. In this statement I can find some accuracy, if one thinks of the moral value and ‘ideology’ which we attribute to these drawings as part of our program, our research. These drawings often help trace the way for future projects, even if they are completely detached from immediate structural reasons. But it was pointed out that they are accurate, even when analyzed in relation to the possible following construction. This is obvious: the vision is always close to reality. The model has similar scope of vision. Consider the model of the chapel in Malta by the sea , which I consider the starting point of at least ten other following projects. Sometimes I receive calls or letters from some foreign architect regretting the fact that they were not able to find the Chapel on the Maltese coast. In fact the work was never built, but the model of James Annovi, photographed by Mauro Davoli, leads us to believe that this is actually a built work.
completamento e restauro del Monastero di San Salvatore a Camaldoli, detto ‘Casa della Finestra’, piazza Tasso, Firenze, schizzo di studio, matita, 1998/completion and restoration of the Monastery of San Salvatore in Camaldoli, called ‘Casa della Finestra’ [Window House], piazza Tasso, Florence, studio sketch, pencil
PDN Simple and regular shapes, as defined by Ludovico Quaroni, mark the ‘geometry’ and ‘measure’ of architecture. What is the creative process that
PDN Nel descrivere il cammino dell’Officina italiana e della sua originalità ancorata alla ‘bussola dell’architettura’ contro le deviazioni o le evasioni, sottolinei come «gli strumenti della disciplina sono sempre gli stessi e non possono essere confusi, piegati o distorti». Per AND è importante intraprendere, da
brought you to this expressivity? PZ For me there can be no shape finalized to be just a shape. In the paintings of Piero della Francesca a precise hierarchy of figures is preferred to the backdrops described behind them, almost always repre-
sempre, un viaggio di ricognizione di questi ‘strumenti’ attraverso la narrazione di opere di architettura. Ci puoi aiutare a delineare i tratti di questi ‘strumenti’? PZ La catastrofe del paesaggio, indotta dal XX secolo, ha oggi modificato la distanza tra le cose, dando luogo a un’alterazione dei rapporti secolari. Ma non è possibile pensare di sostituire quel sistema in crisi con una deriva. Anche le scuole di architettura sono invase da penose riproduzioni di luoghi comuni del consumismo
senting the upper Val Tiberina, and populated with selected physiognomies. It is not difficult, Hauxley already did it, to recognize an oval, a cone, a cylinder, a cube, a parallelepiped or a sphere in the heads, bodies, necks, in hats, but also in clothing and hairstyles, or even in the folds of the clothes. Piero makes an abstraction, but does not abandon reality, which is described on the backdrop. In fact there are two elements: the foreground and background. In the Resurrection of Christ of Sansepolcro, the sepulchre is the base of an equilateral triangle, where the head of the risen Christ is placed on the upper vertex. But even the Christ, perfect figure, does not abandon the ground, which remains bound by the grave: his mission is not finished. The perfection of primary figures is connected to real life, depicted in the back, creating a ‘moderately warm’ landscape, which belongs earth but is close to heaven. I worked in the same way in the project for the cemetery of Sansepolcro, isolating three elements, the basetomb, the hill, the sky, and then placed them in absolute connection. But even in Perugia, to take another example, the absolute shape of the church of S. Giovanni is not derived from a stylistic choice. Just take a look at Umbria or read the San Francesco by Romano Guardini to understand: the first chapter is called The face of the ground and Guardini – but St. Bonaventura had already done so in
architettonico, importate frettolosamente, prive di qualsiasi fondamento o dignità critica e di metodo, spacciate come evasive pillole per illusorie estasi, pornografia architettonica capace di offrire qualche temporaneo consolatorio piacere. In tale contesto potrebbe apparire addirittura sedizioso invocare parole come regola e misura. Ma noi sappiamo di dover colmare dentro l’alveo che ha come argine queste parole le incertezze del nostro tempo. Una nuova definizione di tipologia appare possibile purché si comprenda che l’architettura può compiere una vera rivoluzione soltanto restando dentro i propri limiti. Sono ancora e sempre le misure e solo esse che possono alimentare il sacro fuoco dell’arte, il quale si manifesta – nel darsi e ritrarsi della fiamma – solo quando il proprio apparire è regolato. Intervenendo sulle lacerazioni del nostro tempo, negli interstizi lasciati vuoti dalla frenesia produttiva e sulle ferite da questa provocate, possiamo imparare una nuova geografia in cui le architetture, necessariamente frammentate, sappiano riannodare spazi e tempi apparentemente privi di relazione. Solo così potremo sperare che il nostro tempo confluisca nel lungo tempo dell’architettura. PDN è anche possibile porsi su un livello pratico di gestione e uso degli ‘strumenti di lavoro’. Come, ad esempio, il ‘disegno’ e il ‘modello’ ti aiutano nella redazione e nello sviluppo dei tuoi progetti? PZ Se ti riferisci alle cosiddette ‘prospettive rosse’, come sa chi ha lavorato nel mio studio, questi disegni sono veri e propri strumenti di progetto. Vengono concepiti prima, durante e dopo ciascun progetto e hanno diversi gradi di approfondimento. Molto spesso ci capita di ridisegnare progetti che hanno ormai vent’anni, dei quali non è stata ancora esplorata la totalità. Così tutti i disegni partecipano a un progetto complessivo che lega un’opera all’altra. Sembrerà paradossale, ma in tutto questo non c’è nessuna finalità estetica. C’è chi ha scritto che si tratta di ‘visioni’. In questa affermazione trovo qualche esattezza, se si pensa al valore morale ed ‘ideologico’ che noi attribuiamo a questi disegni come parte del nostro programma, della nostra ricerca. Molto spesso questi disegni tracciano la strada per i futuri progetti, anche se sono assolutamente svincolati da ragioni costruttive immediate. Ma è stato notato che sono precisi, anche quando visti in rapporto alla eventuale costruzione che ne è seguita. Ciò è naturale: la visione è sempre vicina alla realtà. Il modello ha analoga finalità di visione. Si pensi al modello della Cappella sul mare a Malta, che considero l’inizio di almeno dieci altri progetti successivi. Ogni tanto mi telefonano o mi scrivono architetti stranieri dispiacendosi del fatto che non sono stati in grado di trovare la Cappella sulla costa maltese. In effetti l’opera non è mai stata costruita, ma il modello di James Annovi, fotografato da Mauro Davoli, induce a credere che ciò sia avvenuto.
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Cimitero di Sansepolcro (Arezzo), schizzo di studio, matita, 1997/Sansepolcro Cemetery (Arezzo), studio sketch, pencil pagina precedente: Mausoleo dei primi Cristiani sul Bastione del Sangallo a Roma, schizzo di studio, matita, 1994 previous page: Mausoleum of the first Christians on the bastion, Bastione del Sangallo in Rome, studio sketch, pencil
the biography of the Saint – derives the origin of the spirituality of Francesco from the absolut and rough material structure and of the Umbrian landscape. PDN Your passions and research are linked and often intertwine with those of Luigi Ghirri. Can you helps us understand the points of contact of this common perspective? PZ It was 1984, a Saturday at noon. Ghirri arrived to Varano and took three shots of my first work while the fog was replacing the sun. The ‘little
PDN Le forme semplici e regolari, secondo la definizione di Ludovico Quaroni, segnano la ‘geometria’ e la ‘misura’ dell’architettura. Qual è il processo ideativo che ti ha portato a questa espressività?
Theatre’, there appeared to be suspended, resting
PZ Per me non può esistere alcuna forma finalizzata alla forma. Nella pittura di Piero della Francesca un
on the ground slightly. «It looks like a L.E.M.», he said, alluding to the module used by Americans
mondo preciso e classificato delle figure si antepone ai fondali descritti, quasi sempre rappresentanti la alta Val Tiberina, e li popola attraverso selezionate fisionomie. Non è difficile, lo ha già fatto Hauxley, riconoscere
touched the surface of the moon. He immediately understood the meaning of my work and was at-
un ovale, un cono, un cilindro, un cubo, un parallelepipedo o una sfera nei capi, nei corpi, nei colli, nei copricapi, ma anche nei vestiti e nelle capigliature, o addirittura nelle pieghe degli abiti. Piero compie
tracted to it, so that, often, on other occasions, he
un’astrazione, ma non abbandona la realtà, che resta descritta sul fondale.
photographed without being paid. I was twentyfive years old and I had spent almost ten of them to
Due sono infatti gli elementi: il primo piano e lo sfondo. Nella Resurrezione di Cristo di Sansepolcro, il sepolcro è la base di un triangolo equilatero, al cui vertice superiore è il capo del Cristo risorto.
study the Italian landscape. I was interested, as I am now, a progress made of new things originated
Ma anche il Cristo, figura perfetta, non abbandona la terra, cui resta vincolato dalla tomba: la sua missione non è conclusa. La perfezione delle figure primarie si mette in rapporto con la vita vera, rappresentata dal fondale, costruendo un paesaggio ‘sobriamente riscaldato’, che è della terra, ma si avvicina al cielo. Ho lavorato nello stesso modo nel progetto per il cimitero di Sansepolcro, isolando tre elementi, il basamentotomba, la collina, il cielo, per porli in relazione assoluta. Ma anche a Perugia, per fare un altro esempio,
by something before and waiting for something after, that belong to a great cycle. What does not last is not architecture. Ghirri turned the moments of a shooting in the eternity of everyday. We were bound together by the sight of a ruined landscape and by the vision of its possible salvation. My small book Identity of architecture, pulished in 1995, and, since then, my lectures, start with Ghirri’s extraordinary photo of ‘Italia in miniatura’ in Rimini, a resort for children where the major italian monuments are represented. out of scale standing one next to the others in an unusual way. So it is Italy today. We have to rebuild a balance between things. It is the last chance. PDN How should an intellectual who lives and works the contemporary world, relate to the world of architecture? PZ I consider architecture as a continuous different reconstruction or, if you like, as a continuous, constant medication of the wounds that modern man brings to the world’s body. PDN Speaking of landscape and context, you mention the ‘last horizon’, what is the meaning of this Leopardian element today? PZ I have spoken of ‘last horizon’ with a temporal meaning, relating to a vanishing point that moves continuously, a landlocked area where we are confined by our era. This immeasurable reality binds architecture to a silent and tidy interpretation of things. The most unformed matter, and distressing chaos, have no cards to play. Only measure can illuminate them with a new non glaring light. Under this light the eternal renewal of typology can germinate.
la forma assoluta della chiesa di S. Giovanni non deriva da una scelta stilistica. Basta guardare l’Umbria o leggersi il San Francesco di Romano Guardini per comprendere: il primo capitolo si intitola Il volto della terra e Guardini fa derivare (ma lo aveva già fatto San Bonaventura nella biografia del Santo) l’origine della spiritualità di Francesco dalla struttura materiale scabra e assoluta del paesaggio umbro. PDN Le tue passioni e ricerche si legano e spesso si intrecciano con quelle di Luigi Ghirri. Ci aiuti a comprendere i punti di contatto di questa analisi comune? PZ Era il 1984, un sabato a mezzogiorno. Ghirri giunse a Varano e scattò tre fotogrammi alla mia prima opera mentre la nebbia sostituiva il sole. Il ‘Teatrino’ vi appariva come sospeso, appoggiato a terra lievemente. «Sembra un L.E.M.» disse, alludendo al modulo con cui gli americani erano scesi sul suolo lunare. Aveva compreso immediatamente il senso del mio lavoro e ne era attratto, tanto che, spesso, anche in altre occasioni, lo fotografò senza essere pagato. Avevo venticinque anni e ne avevo dedicati quasi dieci a studiare il paesaggio italiano. Mi interessava, come oggi, un progresso fatto di novità che nascono da un prima e attendono un dopo, che appartengono a un grande ciclo. Ciò che dura poco non è architettura. Ghirri trasformava gli attimi di uno scatto nell’eternità del quotidiano. Ci univano la vista di un paesaggio in sfacelo e la visione della sua possibile salvezza. Il mio libretto Identità dell’architettura, del 1995 e, da allora, le mie conferenze, si aprono con la straordinaria foto di Ghirri all'‘Italia in miniatura’ di Rimini, un villaggio per bambini in cui sono riprodotti, fuori scala, i maggiori monumenti italiani, uniti in modo anomalo. Così è oggi l’Italia. Si tratta di ricostruire un equilibrio tra le cose. è l’ultima possibilità. PDN Un’intellettuale che vive e lavora nella contemporaneità, come si deve rapportare con il mondo dell’architettura? PZ Considero l’architettura come continua ricostruzione differente o, se vuoi, come continua, incessante cura della ferita che l’uomo contemporaneo arreca al corpo del mondo. PDN Parlando di paesaggio come di contesti, parli di ‘ultimo orizzonte’, qual è il senso odierno di questo elemento leopardiano? PZ Ho parlato di ‘ultimo orizzonte’ in senso temporale, riferendomi a un punto di fuga che si sposta continuamente, uno spazio intercluso cui ci obbliga il nostro tempo. Rispetto a tale realtà priva di misura è necessaria, da parte dell’architettura, una lettura silenziosa e composta delle cose. La materia più informe, il caos più angosciante, non hanno carte da giocare. Solo la misura può illuminarli di una nuova luce vera, non abbagliante. Dentro questa luce può prendere corpo l’eterno rinnovamento della tipologia.
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Cappella sul mare a Marsascala, Malta
sezione/section
nome progetto/project name Cappella sul mare Chapel by the sea progetto/design Paolo Zermani collaboratori/collaborators Bianca Maria Bergonzi, Marco Longinotti data progetto/design date 1989 luogo/place Marsascala, Malta foto/photos Mauro Davoli
pianta/plan
La Cappella sul mare a Malta è progettata secondo uno schema da leggersi in sezione trasversale: un cubo irregolare in cui il piano di calpestio è costituito da una scala in discesa dalla scogliera verso il mare. L’edificio è completamente aperto sui due lati che afferiscono la terra e il mare e completamente chiuso sugli altri due. All’interno, scendendo il piano gradonato, si raggiunge una croce di dimensione analoga all’invaso della cappella, posta in opera con un leggero disassamento longitudinale, cosicché la croce appare piegata. La scalinata è anche il luogo per la sosta e la meditazione mentre il mare si offre come fondale della croce, oltre che come concreto elemento compositivo dello spazio fisico interno, perché invade periodicamente l’architettura. Il cubo, comune alle case tradizionali dei pescatori maltesi, quasi prive di finestre, assume così all'interno la dimensione spaziale di una grotta, un anfratto naturale a cui si arriva attraverso una discesa analoga a quella di un imbarcadero, quasi attraverso battesimale immersione. La vita all’interno è regolata dall’acqua marina e dalle sue intermittenze: come nelle saline che l’attorniano, scavate sugli scogli. Se si giunge dall’acqua il principio di lettura può essere ribaltato: in questo caso la Cappella è un punto di attracco, attraverso il quale si accede alla terra.
The design of the Chapel by the sea in Malta is based on its cross section scheme: an irregular cube where the floor level is a stair sloping down from the reefs towards the sea. The building is totally open to the sea on one side and to the land on the other and completely withdrawn on the other two sides. Inside, following the steps, you reach a cross of the same size as the chapel, placed with a slight longitudinal misalignment, so that the cross appears to be bent. The stairway is also a place for rest and meditation while the sea is offered as a backdrop to the cross, as well as a real composition element of the physical interior space since it periodically invades the architecture. Within the cube, common to traditional houses of Maltese fishermen, with almost no windows, we can experience a spatial dimension similar to a cave, a natural gorge which can be reached through a decline similar to that of a landing stage, as if it was a baptismal immersion. Life inside is regulated by sea water and its intermittence: as in salt marshes that surround it, carved into the rock. If you arrive to the chapel from the water the experience is reversed: in this case the Chapel is a mooring spot, through which you reach the land.
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Museo dell’Acropoli, Atene
nome progetto/project name Museo dell’Acropoli Acropolis Museum progetto/design Paolo Zermani con/with Bianca Maria Bergonzi, Maria Cristina Curti, Emilio Faroldi, Stefano Malvenuti data progetto/design date 1989 luogo/place Atene, Grecia foto/photos Mauro Davoli
Costruire un nuovo Museo per i reperti archeologici dell’Acropoli, che abbia un senso in rapporto alla città, significa aggiungere all’Acropoli un episodio significativo e vitale, un Monumento che ristabilisca il contatto. Non ci sono pianificazioni possibili: solo architettura e un rapporto fra architetture. Il nuovo Museo è pensato come un’aggiunta alle fabbriche dell’Acropoli, colte nella loro attuale frammentarietà. L’edificio è a pianta circolare e il percorso si avvita al suo interno. Arrivando da lontano lo si coglie come un colossale reperto affiorante dalla terra, sezionato trasversalmente, con una internità cava. Salendo o scendendo il visitatore segue la rotazione che lo spazio induce, mentre avviene la progressiva scoperta delle testimonianze archeologiche. Lo spazio è in sequenza e non finito: i tre livelli distributivi, sotterraneo, terra e primo, conducono a una copertura praticabile, una dolce cavea in quota, ove si può sostare per ore e culminare il percorso museale con la meta: l’osservazione dell’Acropoli. La discesa da lassù avviene attraverso un percorso a spirale, esterno. È stato scritto, osservando nel prospetto l’ingrandimento colossale di un possibile rocco di colonna, dell’analogia con l’ingranaggio. C’è un momento in cui l’immobilità di questo progetto, in effetti, si tramuta in potenziale episodio attivo: è il suo permanere a metà strada tra la città odierna e l’Acropoli come se tentasse, ingranaggio estremo, una nuova relazione.
Building a new museum for the Acropolis’ archaeological finds, that makes sense in relation to the city, means adding a vital and significant event to the Acropolis, a monument that reestablishes contact. There is no possible planning: only architecture and a relationship between architectures. The new museum is designed as an addition to the buildings of the Acropolis, caught in their current fragmentation. The building has a circular shape and the path spins inside the building. Coming from far away it appears like a huge archeological find emerging from the ground, cut transversely, with a hollow interior. Climbing or descending the visitor follows the rotation caused by the geometry of this space, while progressively discovering the archaeological finds. Space is unfinished and in sequence: the three levels of distribution, underground, ground and first floor, lead to an accessible cover, a sweetly sloping theater at height, where you can stop for hours and culminate the museum itinerary with its main purpose: the observation of the Acropolis. The descent is via an outer spiral path. It was written, observing in the elevation a sort of magnified piece of column, of the analogy with a gear. There is a time when the immobility of this project, in fact, turns into potential active episode: it is its persistence in the mid-way between the contemporary city and the Acropolis as if this extreme gear train was investigating a new relationship.
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Museo delle memorie cimiteriali e Famedio, Cimitero monumentale di Torino
nome progetto/project name Museo delle memorie cimiteriali e Famedio, Cimitero monumentale di Torino/Museum of Cemetery Memories and Famae Aedes, Monumental Cemetery of Turin progetto/design Paolo Zermani con/with Maria Cristina Curti e/and Stefano Malvenuti collaboratori/collaborators Marco Longinotti data progetto/design date 1989 luogo/place Torino foto/photos Mauro Davoli
Il progetto offre risposta unitaria, dal punto di vista architettonico, e differenziata, da quello distributivo, alla richiesta di un luogo che riunisse il Famedio per la sepoltura degli uomini illustri e il Museo delle memorie cimiteriali. L’inserimento, nell’area del Cimitero di Torino, avviene attraverso la soluzione di un grande basamento gradonato, internamente fruibile, che assume autonomia spaziale dichiarata. Il basamento abitato custodisce, nelle tre navate in cui è suddiviso, tre diversi momenti di celebrazione collettiva o individuale del rapporto con la morte e con il ricordo. Essi sono identificabili nel Museo delle memorie posto su un lato, nel Famedio sul lato opposto e nella strada a cielo aperto al centro. La strada-navata centrale, afferente piccole corti-cappelle, divide e unisce spazialmente le navate laterali affacciando su di esse in piena luce attraverso pareti vetrate. La navata ospitante il Famedio distribuisce verso l’esterno i luoghi per la tumulazione delle salme e verso la strada interna, racchiusi in piccole cellette all’interno delle corti, gli ossari. La navata ospitante il Museo delle memorie cimiteriali distribuisce verso l’esterno uno spazio di esposizione continua e verso la strada interna, nelle corti, una serie di spazi espositivi privilegiati dotati di una più raccolta condizione d’autonomia. Questa navata ospita infine, all’interno dell’ultima corte, una scala di risalita verso il piano di copertura dell’edificio, percorribile.
The project offers a unitary answer from the architectural point of view, and a composite one for distribution, to the request of a place bringing together the Memorial Chapel for the burial of illustrious men and the Museum of Cemetery Memories. The integration, in the area of the Cemetery of Torino, is drawn through a large accessible tiered base assuming an explicit spatial autonomy. The large base split into a nave and two aisles, hosts three different moments of individual or collective celebration of the relationship with death and with memory, identified with the Museum of Memories located on one side, with the Famae Aedes, on the opposite side, and with the open air street in the center. The center street-nave with its small courts-chapels, divides and spatially ties together the aisles facing them in full light through glass walls. The Famae Aedes aisle hosts the places for the burial of corpses on the perimeter giving access to the outside, and the ossuaries in small cells placed in the courts facing the inner street. The aisle hosting the Museum of Cemetery Memories has a bigger continuous exhibition space directed to the outer side, and, towards the inner street and the courts, a number of smaller independent exhibition spaces. Finally, within the last court of this aisle, a stairway leads to the roof, to the sky.
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Mausoleo dei primi Cristiani sul Bastione del Sangallo, Roma
nome progetto/project name Mausoleo dei primi Cristiani sul Bastione del Sangallo/Mausoleum of the first Christians on the Bastion of Sangallo progetto/design Paolo Zermani con/with Giovanni Polazzi collaboratori/collaborator Norikyo Iizuka data progetto/design date 1994 luogo/place Roma foto/photos Mauro Davoli
L’edificio sacro di Roma nasce come incisione, scavo sul corpo della città. è inciso sul Bastione del Sangallo, presso le Mura Aureliane, la Porta Ardeatina e le Terme, nel confine tra città e campagna, luogo di catacombe, ruderi, scavi, natura. Da Piranesi in poi, Roma ha vissuto come città riscoperta e misurata, rappresentata e trasportata come reliquia nelle incisioni. Il valore del rilievo della rovina e dello scavo hanno costituito parte consistente del proprio essere. Roma ha peregrinato per secoli all’interno della distanza tra terra e cielo. Ancora, a metà del Novecento, le misurazioni dei monumenti di Volfango Frankl hanno avuto un ruolo preciso nell’architettura ridolfiana. Poi un inspiegabile silenzio ha interrotto il flusso delle misure. Roma è quindi ritornata a terra, sostando archeologica, ma sconosciuta o aggredita: ha dimenticato l’aspirazione alla rappresentazione di distanza dello spirito che era propria agli uomini e ai muri della città antica, che si rilevava negli impianti dissotterrati e nelle rovine. Ora all’esterno la grande croce taglia la superficie della città: quattro scale scendono verso la cripta e l’altare centrale. All’interno la grande croce di luce, ritagliando una porzione di cielo, guida verso le quattro scale che risalgono alla quota terreno: è la definizione dei punti cardinali. Apparirà viceversa nella notte, come segnale luminoso, schema di stella caduta, frammento acceso appoggiato alla pianta della città e sua unità di misura.
The sacred building in Rome starts as an incision, an excavation on the body of the city. This building is engraved on the Bastion of Sangallo, beside the Aurelian Walls, the Ardeatina Gate and the Thermae, on the boundary between city and countryside, a place of catacombs, ruins, diggings, nature. From Piranesi onwards Rome has lived as a rediscovered and measured city, represented as a relic and handed down in the engravings. The value of the survey of the ruins and of the excavations have provided significance to the building and to its own historic value. Rome has wandered for centuries between earth and sky. Yet, in the middle of the twentieth century, the surveys of the monuments by Wolfgang Frankl had a specific role in Ridolfi’s architecture. Then an inexplicable silence interrupted the flow of the measurements. Rome is then returned to the ground, lingering archaeological, but unknown or attacked: it has forgotten the desire for representation of distance of the spirit that belonged to the men and to the the walls of the ancient city, which was detected in the unearthed plans and in ruins. Now, on the outside, a big cross is engraved into the surface of the city: four stairs go down to the crypt and to the central altar. On the inside a large cross of light, cutting out a portion of the sky, guides to the four stairways that lead back to street level, thus underlining the cardinal points. During the night it will appear as bright signal similar to a fallen star, a glowing fragment leaning on the plan of the city and its unit of measurement.
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Progetto per l’area di Speicherstadt, Potsdam
nome progetto/project name Progetto per l’area di Speicherstadt/Project for the Speicherstadt area progetto/design Paolo Zermani collaboratori/collaborators Fabio Capanni, Eva Grosso, Giacomo Pirazzoli, Fabrizio Rossi Prodi, Paola Urangi data progetto/design date 1994 luogo/place Postdam, Germania foto/photos Mauro Davoli
Il progetto per Speicherstadt, Potsdam, è un progetto di Panorama, disteso nel sottile lembo tra Acqua e Foresta. Dalla collina, luogo simbolico ove osservare la città, da sempre, gli edifici progettati si allungano verso l’acqua dell’Havel. Dal fiume, luogo simbolico del Panorama opposto, composto di battelli e vele, come lunghi pontili o magazzini, gli edifici allungano verso terra la vita dell’acqua là dove era la «città dei Mulini». Il quadro è regolato, nell’uno e nell’altro caso, dal corpo di fabbrica su strada, che corre lungo la Leipziger Strasse, e comandato dalla grande pianta absidale del Landtag, rivolta verso la Nikolaikirche, ora suo pendant. Dall’alto è un progetto di tetti in cui le fabbriche sono disposte planimetricamente a garantire una continua permeabilità tra fiume e collina, come cannocchiali. All’altezza dell’occhio umano l’impianto, fortemente unitario, si fraziona, adattandosi alle funzioni richieste, in ulteriori scorci e vedute, sempre diverse, tra acqua e terra. Una strada pedonale interna corre parallela alla Leipziger Strasse e lega i tre diversi momenti del progetto: il Landtag, l’Hotel con Kongressbereich, l’Ausstellungbereich. Analogo processo si ripete sulla riva dell’Havel che i corpi di fabbrica arrivano a lambire; una strada pedonale corre lungo il fiume, continuamente variata, in interni-esterni, avvicinandosi e allontanandosi dalla riva, perché i lunghi corpi edilizi si svuotano nelle loro falangi estreme divenendo luoghi da attraversare.
The project for Speicherstadt, Potsdam, is a project of Panorama, lying in the narrow strip between Water and Forests. From the hill, symbolic place where to look over the city, as it has always been, the designed buildings stretch to the water of the Havel. From the river, symbolic place of the opposite Panorama, made up of boats and sails, and long wharves and warehouses, the buildings stretch the vitality of the water to the area where once the «City of Mills» was. The layout is set in either case, by the block on the street line, running along the Leipziger Strasse, and governed by the great apsed plant of the Landtag, facing the Nikolaikirche, its counterpart. From a top view it’s a project of roofs where the factories are planimetrically laid-out in a way that guarantees a continuous permeability between river and hill, like binoculars. At an eye level the strongly unitary plan breaks up, adapting to the required functions, in more and more ever changing views and vistas between water and land. An internal pedestrian street runs parallel to the Leipziger Strasse, and links the three stages of the project: the Landtag, the Hotel with Kongressbereich the Ausstellungbereich. A similar process is repeated on the banks of the Havel that slightly skims the buildings. A pedestrian street runs along the river, constantly varied, in indoor-outdoor passages, approaching the shore and then moving away, because the long buildings are hollowed in their phalanges becoming places to cross.
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Chiesa di San Sisto, Perugia
nome progetto/project name Chiesa di San Sisto Church of San Sisto progetto/design Paolo Zermani con/with Mauro Alpini, Fabio Capanni, Giacomo Pirazzoli, Fabrizio Rossi Prodi collaboratori/collaborators Patrizia Alberini, Riccardo Butini, Giovanna Maini, Valeria Ronchini liturgia/liturgy Roberto Tagliaferri data progetto/design date 1998-1999 luogo/place Perugia foto/photos Mauro Davoli
L’impianto generale si regge sull’equilibrio fissato da quattro direzioni: una croce impaginata sul pendio a sostenere i percorsi, gli edifici, gli spazi aperti e a ordinarne la sequenza. Lungo il braccio minore, nella parte più alta dell’impianto, sono collocate la Chiesa principale e, interrata, la Chiesa feriale. Lungo il braccio maggiore della croce sono disposte la Casa parrocchiale e i locali per le attività pastorali e di solidarietà, oltreché la grande piazza gradonata che costituisce il sagrato, per poi proseguire fino a raccordarsi con l’area verde e fondersi con essa. I percorsi esterni, braccia della grande croce d’impianto, legano le funzioni poste alle diverse quote di progetto sul pendio attraverso un chiaro percorso connettivo, stabilendo le gerarchie necessarie a un organismo semplice in cui la vita della Comunità si specchia e si raccorda al carattere fisico e culturale del paesaggio. La Chiesa principale è rivolta verso valle e al sagrato si giunge lateralmente, percorrendo una delle braccia minori della croce, scoprendo uno spazio delimitato dall’edificio della parrocchia e della comunità, o da sotto, in un percorso processionale che dal parco porta fino al Tempio. La Chiesa è a pianta quadrata, abitata da colonne a tutta altezza, che definiscono un deambulatorio sul perimetro dell’aula. Una grande finestra quadrata, in copertura, illumina dall’alto il centro, ove stanno l’altare, l’ambone, il fonte battesimale a immersione.
The general layout is based on a balance set on four directions: a cross laid on a slope to mark the pathways, the buildings, the open spaces, and to order the sequence. The main Church, the hypogeum, the weekday Church are located along the shorter wing, at the top part of the plan. Along the major arm of the cross we find the Parish House and the rooms for the pastoral and solidarity activities, besides the churchyard: a great terraced square. Then upwards to link with the green area and merge with it. The external paths, arms of the great cross of the plan, tie together the functions placed at different heights of the slope through a clear connective path, setting the hierarchies required for a simple organism in which the life of the Community reflects and connects to the landscape’s physical and cultural features. The main Church is facing the valley and the churchyard is accessible from one side, along one of the minor arms of the cross finding an enclosed space delimited by the building of the parish and of the community, or from below, in a processional route that from the park leads to the Temple. The Church has a square plan occupied by full-height columns, which define a walkway on the inner perimeter of the main body. A large square window, on the roof, provides overhead illumination to the altar, to the lectern, and to the baptismal immersion.
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Progetto per La città della scuola, Sarno
nome progetto/project name Progetto per La città della scuola/Project for La città della scuola [the school city] progetto/design Paolo Zermani con/with Filippo Bocchialini, Filippo Bricolo, Lucio Serpagli, Antonio Maria Tedeschi collaboratrice/collaborator Giovanna Maini data di progetto/design date 2000 luogo/place Sarno (SA) foto/photos Mauro Davoli
La Città della Scuola di Sarno, come luogo didattico e del pensiero, oltreché luogo urbano che si vuole nuovo e privilegiato, riassume le forme e gli spazi di una sospesa combinazione tra misura e natura. Gli elementi di misura si costituiscono attraverso un reticolo di 33x33 metri lineari (quasi archeologico) che rappresenta la traccia o matrice su cui si dispone la sequenza degli spazi e degli edifici. Gli elementi di natura si riconoscono nell’acqua del fiume, che attraversa la nuova cittadella e nel Vesuvio, fuoco prospettico. Il sito, compreso da una parte tra la città perimetrata dal grande insediamento della fabbrica Buchy e dalla ferrovia, dal paesaggio aperto e dall’autostrada dall’altra, guarda, verso nord, proprio alla cornice di alture di cui il Vesuvio segna l’orizzonte. I due settori d’intervento sono tenuti insieme da un grande percorso coperto, verso l’interno e verso l’esterno, che si sviluppa parallelamente al lato maggiore e guarda ancora verso il vulcano. Questa grande passeggiata unisce i due lembi del progetto e ne stabilisce il rapporto con il paesaggio. L’impianto viene disposto parallelamente all’abitato, alla città, all’autostrada, ma si compone in una forma autonoma, che cerca un raccordo non solo strutturale e viabilistico. Il sistema distributivo e funzionale così ripulito si configura attraverso una sequenza di piazze, campi in erba ed edifici comprendente, da Sud a Nord, le tre scuole, la palestra e la biblioteca, gli spazi di relazione.
The School City in Sarno, as a place of teaching and thought as well as an urban space that wants to renew and beautify, takes on the shape and the space of a suspended combination of measurement and nature. The measurement elements take on the form of a grid of 33x33 linear metres (almost archaeological) that represent the trace or matrix on which the sequence of spaces and buildings are arranged. The natural elements are recognisable as the water from the river that crosses the new city and Vesuvius, prospective fire. The site which on one side includes the city perimetered by the large Buchy factory installation and the railway, by open landscape and the motorway on the other, looks northwards exactly towards the high ground where Vesuvius marks the horizon. The two sectors are held together by a large covered walkway, towards the inside and outside that is parallel to the largest side which also faces the volcano. This large walkway unites the two edges of the project and establishes a relationship with the landscape. The plant is positioned parallel to the built-up area, the city and the motorway but is an autonomous component that seeks to establish a connection, not only structural but also as a travel. The ordered distributive and functional system is arranged through a series of squares, grass fields and buildings which includes from North to South three schools, a gym and a library which serve as places of contact.
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Cappella-Museo della Madonna del Parto di Piero della Francesca, Monterchi
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nome progetto/project name Cappella-Museo della Madonna del Parto di Piero della Francesca Chapel and Museum of the Madonna del Parto by Piero della Francesca progetto/design Paolo Zermani con/with Mauro Alpini collaboratore/collaborator Andrea Volpe data di progetto/design date 2000-2010 luogo/place Monterchi (AR) foto/photos Mauro Davoli
L’obiettivo del progetto consiste nel ricercare una ragionevole soluzione alla coincidente necessità di garantire una efficace e meditata fruizione museale alla Madonna del Parto di Piero della Francesca e contemporaneamente di preservarne e rendere nuovamente possibile il culto cui l’immagine è oggetto da secoli. La necessaria convivenza di queste funzioni richiede all’opera di riassumere in sé, senza gridare, quella percentuale di sacralità che peraltro ogni buona architettura dovrebbe possedere e che comincia a manifestarsi, se esiste, nella propria capacità di cogliere il senso, l’identità, del paesaggio in cui deve nascere. Un tema è costituito dal contesto in cui l’immagine è stata concepita da Piero e in cui la devozione, civile o religiosa, è maturata. Si tratta di un unicum che dal dipinto si trasferisce al paesaggio e viceversa in cui la storia stessa dell’opera da esporre e le vicende, reali o di tradizione finiscono per coincidere. Dal paesaggio il grande quadrato della loggia è alla base del rettangolo aureo che definisce le quote dello spazio interno. Il sacello ospitante la Madonna si intravede all’interno del volume maggiore. L’intradosso del solaio di copertura e il pavimento della cripta posta al seminterrato ne costituiscono il limite superiore ed inferiore. Anche all’esterno lo spazio è replicato secondo una sequenza di tre quadrati in forma di percorso tra il paese e il paesaggio, definita da una gradinata che collega la quota della strada alla quota dei campi.
pianta/plan
sezione longitudinale/longitudinal section
The project's purpose is to find a reasonable solution to the coincidence need to ensure an effective and well-considered museum use to the Madonna del Parto by Piero della Francesca and simultaneously to preserve and allow once again to worship the image as it has been for centuries. The necessary co-existence of these functions requires the project to summarize in itself, without screaming, that level of sacredness, that however all good architecture should possess, and that begins with the ability to grasp the meaning, the identity, of the landscape in which it lies. One issue is the context in which the image was painted by Piero and where devotion, civil or religious, has matured. This is an unicuum that from the painting transferred to landscape and vice versa in which the history of the work to be exhibited and the stories, real or traditional, overlap. From the landscape the great square of the lodge is the unit of measurement of the golden rectangle that defines the level of the interior space. The shrine hosting the Madonna can be glimpsed within the larger volume. The inner surface of the roof slab and the floor of the crypt in the basement are the upper and lower limits. Even outside the space is replicated by a sequence of three squares in the form of a path between the village and the landscape, defined by a stairway connecting the street level to the level of the fields.
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Progetto per il Grande Museo Egizio, Giza
nome progetto/project name Progetto per il Grande Museo Egizio di Giza/Project for the Grand Egyptian Museum in Giza progetto/design Paolo Zermani collaboratrori/collaborators Giovanna Maini, Shun’ichi Ozawa, Eugenio Tessoni data di progetto/design date 2002 luogo/place Il Cairo, Egitto foto/photos Mauro Davoli
Il rapporto fra cielo e terra trova, nell’antica civiltà egizia, un’applicazione che l’architettura della piramide è chiamata a regolare, costruendo le sequenze spaziali per una mediazione tra la scala del reale e la scala dell’aldilà. Il progetto del nuovo museo si sviluppa completamente attraverso un percorso ipogeo, leggibile in sezione. Il visitatore attraversa una sequenza di spazi a diversi livelli e diverse altezze, illuminati da grandi lucernari. L’orientamento del percorso di andata e ritorno tra la quota bassa e la quota alta, la terra e la luce, è derivato dall’allineamento prevalente delle piramidi di Cheope, Chefren e Micerino in lontananza. Il suolo è così inciso da tre elementi a base quadrata e dalle due fenditure costituenti l’ingresso principale e l’uscita in quota per l’accesso alla Open air exhibition e la vista panoramica. Il rapporto con la tradizione secolare degli Egizi e con la permanente memoria delle Piramidi si materializza in un’architettura di forte impianto e di delicato impatto ambientale, tesa a reinterpretare la suggestione dell’abitare storico e a rispettare profondamente la qualità di ciò che è riemerso e di ciò che rimane. Il paesaggio delle Piramidi si conserva intatto. Una silenziosa macchina museale custodisce i reperti archeologici e le loro misure, disponendoli nello stesso suolo da cui provengono. Questo atto ha valore di restituzione, di matura disciplina della conservazione, di risarcimento.
The relationship between the sky and the earth finds in ancient Egyptian civilisation an application that the architecture of the pyramids is called to adjust, creating spatial sequences for meditation between the real scale and the afterlife. The project for the new museum covers a hypogeum route which is divided into sections. The visitors cross through a sequence of spaces on different levels and heights lit by large skylights. The return route between low and high level, earth and light derives from the prevailing direction of the pyramids of Cheops, Chefren and Menkaure in the distance. The ground is carved of three square based elements and two fissures which form the main entrance and exit to the Open air exhibition and the panoramic view. The relationship with the centuries old tradition of the Egyptians and the permanent reminder of the Pyramids is manifest in the strong architecture and low environmental impact, aimed at reinterpreting the fascination of historical living and to profoundly respect the quality of that which has reemerged and that which remains. The landscape of the Pyramids remains intact. A silent museum frame preserves the archaeological artefacts and their size, arranging them on the same ground where they have come from. This is an act of restitution, large scale conservation and compensation.
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Cittadella delle religioni, Bari
nome progetto/project name Cittadella delle religioni Citadel of Religions progetto/design Paolo Zermani con/with Elisabetta Agostini, Mauro Alpini, Michela Bracardi, Riccardo Butini, Silvia Catarsi, Greta Croci, Roberto Panara, Carlotta Passarini, Yoichi Sakasegawa, Eugenio Tessoni, Andrea Volpe data di progetto/design date 2006 luogo/place Bari foto/photos Mauro Davoli pianta generale general plan
Lo cerchiamo senza mai vederlo perché l’intervento è completamente scavato nel lembo di terreno posto fra il canale e il mare. La Nuova cittadella per il dialogo delle Chiese Ortodosse Orientali (disposta nei nuclei dello studio, dell’incontro e della preghiera) appare improvvisamente come una città di pietra riemersa che si àncora al livello del suolo naturale attraverso quattro percorsi, una rampa e tre scalinate, coincidenti con gli assi principali, sul cui incrocio si colloca il Tempio a pianta quadrata. I lotti, costruiti o liberi, si attestano su un ordine quasi ippodameo, cui siano state aggiunte o sottratte tessere. Attraverso una gradualità non regolare, le parti costruite raccordano, nell’astrazione di figure a pianta quadrata, il piano sommitale a quello della piazza sacra in basso, centro dell’insediamento. Da qui solamente il Tempio raggiunge l’altezza della quota di campagna. Nulla supera questo livello, perché proprio il non vedere sublima il senso del rapporto con il mare e con il cielo. Nei quattro quadranti della croce d’impianto si identificano le diverse funzioni legate allo studio, alla preghiera, all’accoglienza e alla cultura. Il sistema distributivo si basa sulla disposizione in linea dei blocchi e su quattro chiostri ipogei. Il Tempio contiene gli elementi per la sua doppia ritualità (ortodossa e cattolica) esplicitandoli nella grande aula quadrata su cui si affacciano, guardandosi, i due presbiteri, uniti dalla grande luce centrale.
pianta livello -20 m plan level -20 m
pianta livello -16 m plan level -16 m
We look for it without ever seeing it because the settlement was completely excavated in the strip of land located between the channel and the sea. The New citadel for the dialogue among the Oriental Orthodox Churches (arranged in three main units of study, meeting, and prayer) suddenly appears like a reemerged city of stone that clings to the natural land line through four routes, three stairways and a ramp, coincident with the main axes which meet on the square Temple. The plots, built or void, are juxtaposed to a somewhat ippodamic order, where some dominos have been added or subtracted. Through a nonregular graduality the built parcels, in the form of abstract square figures, connect the upper level to the level of the sacred plaza at the bottom center of the settlement. From here only the Temple reaches the street level. Nothing crosses this height, because just the preclusion to the sight sublimates the relationship with sea and sky. The four fields of the cross mark the various functions related to study, prayer, hospitality and culture. The distributive system follows the line of the blocks and the four underground cloisters. The Temple hosts the elements for its dual rituality (Orthodox and Catholic) explicitly in the large square hall with two overlooking presbyteries, bound together by the great central light.
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Biblioteca universitaria, Firenze
nome progetto/project name Biblioteca universitaria delle Facoltà di Ingegneria, Agraria, Biologia vegetale, Presidenze, Segreterie/University Library of the Faculties of Engineering, Agriculture, Plant Biology, Dean offices and Directorates progetto/design Paolo Zermani collaboratori/collaborators Roberto Panara, Eugenio Tessoni data di progetto/design date 2006-2009 luogo/place Sesto Fiorentino (FI) foto/photos Mauro Davoli
Al centro del Polo Universitario di Sesto Fiorentino l’edificio destinato a contenere la grande biblioteca delle Facoltà di Ingegneria, Agraria, Biologia vegetale, le presidenze, le segreterie, gli uffici di polo, ha una pianta di dimensione 60x60 m e un’altezza di 33 m. Il corpo di fabbrica, sviluppato su quattro lati intorno a una grande corte quadrata di 33x33 m è interrotto sull’angolo sud-est. Da questo varco si accede alla corte. Ne deriva, in alzato, un grande parallelepipedo privo di uno dei quattro angoli. Nell’angolo vuoto si dichiara palesemente il carattere preminente della Biblioteca ove uno dei due lati corti appare come sezionato e introduce la vista e l’accesso al grande scalone, che conduce all’ingresso della stessa al secondo piano, nonché la vista dei libri attraverso la trasparenza dei serramenti contenuti nel corpo di fabbrica. La Biblioteca è organizzata, a partire dallo scalone d’accesso diretto al secondo piano, attraverso una successione di ambienti che concentrano alle estremità le funzioni di prestito e di servizio, nei diversi piani, e distribuiscono uniformemente le sale di lettura e consultazione a scaffale aperto. Il carattere di queste sale è definito da una serie di collegamenti verticali interni che tengono collegati strettamente, attraverso appunto i pozzi scalari, i differenti livelli della biblioteca costituendo di fatto, in altezza, uno spazio integrato. Il pozzo librario è concentrato su tre livelli, all’interno del corpo est.
In the middle of the University Centre in Sesto Fiorentino, the building is intended to contain a large library of the Faculty of Engineering, Agriculture, Plant Biology, the Dean offices, the Secretariats and Directorates. Its plant measures 60 x 60 m and is 33 m tall. The block, built on four sides around a large square court of 33x33 m is interrupted on the south-east corner. This breach leads to the courtyard. This originates, in elevation, a large parallelepiped without one of the four corners. The empty corner clearly asserts the most relevant character of the library where one of the two short sides appears to be sort of cut-away, and introduces the view and access to the main staircase leading to the entrance of the library on the second floor, and allows to see the books contained in the building through the transparency of the windows. The library is organized, starting from the main staircase leading to the second floor, through a series of rooms to the which ends the loan and service functions are gathered on every floor, and evenly distribute to the reading and open shelves consultation rooms. The qualities of these rooms are defined by a number of vertical connections that closely tighten up, through the stairs shaft, different levels of the Library that in fact are to be considered as one integrated space. The book shaft is organized on three levels within the east block.
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Restauro e ricostruzione del Castello sforzesco-visconteo di Novara
nome progetto/project name Restauro e ricostruzione del Castello sforzesco-visconteo di Novara/ Restoration and reconstruction of the Visconti-Sforza Castle of Novara progetto/design Paolo Zermani (capogruppo/team leader), Alberto Andreis, Giuseppe Arena, Carmela Barillà, Mauro Grimaldi, Ezio Mancini, Fulvio Nasso, Alberto Tricarico collaboratori/collaborators Valentina Azzali, Cristina Torrioni, Katia Colombo, Gianluca Galli, Giovanna Maini, Elisa Manzin, Roberto Panara, Eugenio Tessoni data di progetto/design date 2007-2010 luogo/place Novara foto/photos Mauro Davoli
La vicenda architettonica del Castello di Novara è segnata da una progressiva serie di addizioni e demolizioni che si susseguono. Un cantiere secolare, intervallato da lunghe immobilità e improvvisi sussulti edificatori. Il Castello costituirà il nuovo Museo della città di Novara. L’intervento generale progettato prevede il restauro delle parti esistenti sui lati Est e Nord e la ricomposizione delle parti demolite, in particolare l’ala Ovest, il completamento dell’ala Sud e la ricostruzione della torre sull’accesso principale. Nell’ala Nord l’intervento di ricomposizione architettonica riguarda anche la torre, ancora in parte rilevabile in una delle sue diverse versioni nei costoloni posti sopra l’ingresso voltato della parte interna, ma celata dalle coperture a falde. Il filo di facciata corrispondente ai due costoloni viene prolungato sui lati destro e sinistro e lascia aperta una vista verso la piazza antistante, i monumenti, il battistero, la cupola antonelliana. È emblematico poter considerare che il progetto prende avvio da un impianto primario, quello romano, e su quello appoggia la propria evoluzione come seguendo, ogni volta, una logica unità del processo architettonico. Riscritta anche nella continuità dei materiali la spazialità del Castello restituisce un nuovo luogo di Novara, esprimendolo nel linguaggio dei materiali e delle tecniche conosciute.
pianta primo piano/first floor plan
The architectural story of the Castle of Novara is marked by a progressive series of additions and demolitions. A building site that went on for centuries, staggered by long interruptions and sudden intense construction operativity. The Castle will be the new Museum of the city of Novara. The general plan prefigures the restoration of existing parts on the east and the north sides, and the reconstruction of the demolished parts, particularly the west wing, the completion of the south wing and the reconstruction of the tower on the main entrance. In the north wing the intervention of architectural reconstruction also affects the tower, still partially detected in one of its various versions in the ribs placed over the vaulted entrance of the inside, but hidden behind the pitched roof. The building line corresponding to the two front ribs is extended on the left and right sides, leaving open views towards the opposite square, the monuments, the baptistery, the Antonellian dome. It is emblematic to notice that the project starts from a primary system, the Roman one, that supports its evolution as to follow, every time, a logic unity of the architectural process. Also rewritten in the continuity of the materials the spatiality of the Castle returns a new place of Novara, expressing it in the language of materials and of known techniques.
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Chiesa di Gioia Tauro
nome progetto/project name Chiesa di Gioia Tauro/ Church in Gioia Tauro (Reggio Calabria) progetto/design Paolo Zermani, Eugenio Tassoni progetto strutturale/structural project Paolo Martino data di progetto/design date 2008-2010 luogo/place Gioia Tauro (RC) foto/photos Mauro Davoli
Il tempio costituisce l’elemento di trasmissione della religiosità anche attraverso la rovina, la lenta dissoluzione dell’organismo architettonico di cui si appropria, da sempre, un’altra fede. Gioia Tauro conserva oggi, della sua antica appartenenza alla Magna Grecia, soltanto il nome e la percezione lontana del mito. Il mito resta, oltre le epoche, l’unico termine di raccordo possibile tra tempi diversi, qui come in tutta la Calabria. La nuova chiesa, inserita nella maglia ortogonale della città, affacciata sulla via principale, è disposta con una inclinazione di circa 30°, con l’abside a Est. La pianta dell’edificio è data dall’accostamento di grandi blocchi parallelepipedi, quasi colossali parti di basamento. Essi, secondo il mito, potrebbero sostenere il cielo. Il più grande di questi elementi in pietra contiene l’aula, illuminata da un taglio verticale da terra a soffitto posto sulla parete est, in luogo dell’abside, verso cui tende il percorso processionale, in direzione dell’altare, della Luce. Qui lo spazio si incastra con un vuoto perpendicolare al percorso principale per definire un principio di transetto, che stabilisce la definizione più raccolta della zona presbiteriale, formando una croce latina inserita nella longitudinalità dell’ordine insediativo iniziale. Un protiro sostenuto da due setti introduce a questa internità. Il secondo elemento contiene funzioni che afferiscono all’aula e l’abitazione del parroco. Il terzo elemento contiene le funzioni pastorali.
The temple is the element of transmission of religiosity also through the ruin, the slow dissolution of the architectural organism taken over, as it has always happened, by another faith. Nothing is left of Gioia Tauro’s ancient belonging to Magna Grecia, but the name and the distant echo of the myth. The myth remains, time-honoured, the only possible link between different ages, here as in the rest Calabria. The new church, integrated in the orthogonal grid of the city, overlooking the main street, is positioned at an angle of about 30°, with the apse facing east. The planimetric layout of the building originates from a combination of large parallelepiped blocks, almost colossal parts of a basement. According to the myth, they could support the sky. The largest of these stone elements contains the body of the church, illuminated by a vertical cut placed on the east wall from floor to ceiling, in place of the apse, toward which the processional course is oriented, facing the altar, into Light. Here the space slots into a trasversal void which runs perpendicular to the main axis slightly alluding to the transept, which draws a quite enclosed presbytery, forming a Latin cross with the longitudinal founding axis. A porch supported by two dividing walls ushers into this interiority. The second element hosts functions that belong to the hall and home of the parson. The third element contains the pastoral functions.
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-scape via Ignazio Pettinengo, 72 00159 Roma Italia
a cura di/edited by Francesco Ursitti
young
tel. +39 06 43580128 fax +39 06 40810028 23 rue du Buisson St Louis 75010 Parigi Francia
-scape è nata nel maggio 2002 da un’idea degli architetti Ludovica Di Falco, Francesco Marinelli, Paolo Mezzalama e Alessandro Cambi e si propone come un ‘contenitore’ di idee, di persone, di competenze specifiche e multidisciplinari, con lo scopo di concepire il processo edilizio sotto il profilo tecnico, economico e architettonico arricchendolo anche da collaborazioni esterne nel campo dell’urbanistica, dell’ingegneria strutturale e dell’impiantistica. L’interesse per le varie nature dell’architettura è dimostrato dalla varietà dei progetti svolti: edifici rappresentativi, luoghi di culto, spazi pubblici, concorsi, insediamenti residenziali e strutture alberghiere, sistemazioni paesaggistiche, infrastrutture, restauro e recupero. Uno dei progetti che racchiude la filosofia dello studio è la riqualificazione dell’area situata nel quadrante orientale della città di Napoli, nella zona del Centro Direzionale. Prevede la riconversione delle aree industriali a servizi per la città, residenze, attrezzature e spazi pubblici; tutti progettati secondo criteri di sostenibilità ambientale. Il progetto si impernia così sulla qualità dello spazio vuoto originato dalle masse degli edifici preesistenti: il vuoto tra gli oggetti e la città circostante e il vuoto all’interno di essi. Altro progetto caratterizzante è il Masterplan per Qingpu New City – Green Water City –, dove la città è sospesa, galleggiante sulla campagna e sull’acqua e alla ricerca di un armonico rapporto con la Natura.
tel. +33 170382551 fax +33 170382300 www.scape.it info@scape.it
-scape knows its origin in May 2002 to an idea of architects Ludovica di Falco, Francesco Marinelli, Paolo Mezzalama and Alessandro Cambi, and it presents itself as a ‘container’ of ideas, of persons, of specific competencies and multidisciplinary competencies, with the aim of conceiving the building process under a technical, economic and architectural profile also enriching it with external co-operation in the field of town planning, structural engineering and plant design. Interest for several kinds of architecture is shown by the variety of projects undertaken: representative buildings, places of cult, public spaces, competitions, residential settlements and hotels, landscape arrangements, infrastructures, restoration and recovery. On of the projects encompassing the philosophy of the study is the redevelopment of the area situated in the eastern sector of the city of Naples, in the area of the Management Centre. It provides for the reconversion of the industrial areas for city services, residences, street furniture and public spaces; all these are planned according to environmental sustainability criteria. The project thus hinges on the quality of empty space which owes its origin to the building masses which existed before: the emptiness between the objects and the surrounding city and the emptiness within them. Another typical project is the Masterplan for Qingpu New City, the Green Water City, where the city is suspended, floating on the countryside and on the water and in search of a harmonic relationship with Nature.
Isola 8, Napoli
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Green Water City
[sul comodino]
[sul comodino]
[letture facoltative]
[letture facoltative]
Robert Venturi, Denise Scott Brown, Steven Izenour,
Attilio Pizzigoni, Ingegneri e archistar,
Giulia Ceriani, Eric Landowski (a cura di), Impertinenze,
Kevin Kelly, Quello che vuole la tecnologia,
Imparare da Las Vegas, Quodlibet, Macerata, 2010 Il testo è stato una pietra miliare in grado, da subito, di animare dibattiti e guidare ricerche.
Marinotti, Milano, 2011 La forma classica del dialogo, antecedente letterario dell’attuale e più prosaica intervista, è utilizzata per parlare della
et al., Milano, 2010 Il termine impertinenza assume spesso nel linguaggio comune connotazioni negative, ma l’atteggiamento impertinente
Codice, Torino, 2011 Partendo dalle osservazioni di McLuhan sulla natura tipicamente umana delle tecnologie, in quanto estendono le nostre capacità,
Riflettendo sulla città, emblema del capitalismo americano, analizza il ruolo della forma e
contrapposizione tra architetto e ingegnere. La complessità delle più celebri realizzazioni
presuppone la volontà di distaccarsi da uno status quo per dichiarare la propria alterità
e considerando le tesi sulla somiglianza tra alcuni aspetti della tecnologia e l’evoluzione biologica,
del simbolismo in architettura e individua le importanti contaminazioni della cultura pop. Nella stasi teorica attuale la sua riproposizione a più di 30 anni di
di architettura contemporanea evidenzia la necessità di un rapporto stretto tra le due discipline entrambe coinvolte intrinsecamente nella piena
a seguito di un’insofferenza irrefrenabile. L’atto presuppone la conoscenza del paradigma dominante in modo da potervi reagire e da indicare una
Kelly ci introduce all’essenza della tecnologia per poi svelarci gli sviluppi del prossimo futuro. Per intuirli appieno è necessario comprendere la natura della
distanza è sintomatica e utile: il riannodare dei fili con i contributi teorici e le posizioni critiche del
riuscita dell’opera. Sulla linea che la bellezza si sposi con la verità strutturale si individua la
possibilità differente che a volte può strutturarsi anche in alternativa realizzabile.
tecnologia, vista come un essere vivente in grado di evolvere con esigenze e tendenze innate
passato permette di analizzare coscientemente il presente e di intraprendere percorsi, soluzioni e ricerche nuove e non solo
possibilità di un avvicinamento tra le due figure solo se gli insegnamenti universitari impartiti individueranno un terreno comune
Spirito critico e piacere per la provocazione caratterizzano la pratica dell’impertinenza, che ben si avvicina al ruolo di precursore
e con la possibilità di autorafforzarsi e svilupparsi. Il concetto, innovativo e fertile, è indicato con il termine di
nuovamente attuali.
di conoscenza.
svolto dalle avanguardie.
technium.
[on the nightsand]
[on the nightsand]
[optional lectures]
[optional lectures]
Robert Venturi, Denise Scott Brown, Steven Izenour, Imparare da Las Vegas, Quodlibet, Macerata, 2010 The text has been a milestone able
Attilio Pizzigoni, Ingegneri e archistar, Marinotti, Milan, 2011 The classical form of the dialogue, a literary antecedent of this and
Giulia Ceriani, Eric Landowski (edited by), Impertinenze, et al., Milan, 2010 The word impertinence in common language often assumes negative
Kevin Kelly, Quello che vuole la tecnologia, Codice, Turin, 2011 Starting off from McLuhan’s observations on the typically
to suddenly animate debates and to conduct research. A reflection on the city, which is
more prosaic interview, is used to speak of the counter-positioning between architect and engineer.
connotations, but an impertinent attitude presupposes the will of detaching oneself from a
human nature of technologies, in so far as these extend our abilities, and considering the
an emblem of American capitalism, would analyse the role of form and symbolism in architecture and identify the important contaminations of pop culture.
The complexity of the most famous contemporary architecture realisations shows the need for a strict relationship between the two disciplines intrinsically
status quo to state one’s own otherness following an unabashed intolerance. The act presupposes an awareness of the dominant paradigm in a manner to be
reasoning on the similarity between some aspects of technology and biological evolution, Kelly introduces us to the essence of the technology later revealing to
In the current theoretical stagnation its repetition more than 30 years later is symptomatic
involved in the full outcome of the work. Taking the cue that beauty marries with structural truth it is
able to react and to indicate a different possibility which at times could also structure itself
us the developments to expect in the near future. To grasp their meaning completely it would be
and useful: the reattachment of connections with theoretical contributions and past critical positions allows a conscious analysis to be made of the present
possible to identify an approach between the two figures only if the university teachings imparted identify a common ground of awareness.
in an alternative which could be realised. A critical spirit and the pleasure to provoke characterise the practice of impertinence, which draws well nigh to the role
necessary to understand the nature of the technology, seen as a living creature which can evolve with needs and innate tendencies and with the possibility of reinforcing
of a forerunner coming from the avant-garde.
and developing oneself. The innovative and fertile concept is
and to set oneself on new courses, solutions and research and not only those which are once more current.
indicated with the word technium.
Random [08]
a cura di/edited by Diego Barbarelli
[sul comodino]
[sul comodino]
[letture facoltative]
Alberto Bologna, Michele Bonino, Marco Bruno (a cura di),
Gianni Ottolini (a cura di), La Stanza, Silvana Editoriale,
Francesco Bonami, Dal partenone al panettone. Incontri
Seoul Steel Life, Quodlibet, Macerata, 2011 Case a catalogo e stanze in affitto sono le soluzioni tipiche di Seoul analizzate nella ricerca congiunta
Milano, 2010 Luogo intimo e di relazione, ma anche filtro ed elemento di rapporto con l’esterno, la stanza è la prima tappa della nuova
inaspettati nella storia dell’arte, Electa, Milano, 2010 Un percorso fatto per accostamenti d’immagini che conduce il lettore lungo una passeggiata nell’arte.
tra Politecnico di Torino e Konkuk University. Le case a catalogo, acquistabili come se fossero
collana dedicata agli Interni, indagati, grazie all’apporto di altre discipline, come una realtà
Non attraverso le catalogazioni e le consuetudini della storia ma alla ricerca delle sensazioni
automobili in appositi showroom dove sono visibili riprodotte in scala 1:1 senza tener conto della loro futura localizzazione, sono il motore del mercato immobiliare.
spaziale umanizzata.
che induce.
[on the nightstand]
[optional lectures]
Gianni Ottolini (edited by), La Stanza, Silvana Editoriale,
Francesco Bonami, Dal partenone al panettone. Incontri
Contraltare alle spesso esigue dimensioni degli appartamenti è l’altro fenomeno delle stanze
Milan, 2010 An intimate place and of relations, but also a filter and relationship element with the outside, the room is the first stage of the new
inaspettati nella storia dell’arte, Electa, Milan, 2010 A pathway laid over a combination of pictures leading the reader along a stroll in the Arts. Not through
series dedicated to the Interior, investigated, by virtue of the contribution of other subjects,
the indexations and habits of history but in search of the sensations it causes.
in affitto: a tema, per ogni uso, per poche ore. Tanto stranianti per noi quanto comuni in Corea, sono indice della varietà dei modelli abitativi.
as a humanised spatial reality.
[on the nightsand] Alberto Bologna, Michele Bonino, Marco Bruno (edited by), Seoul Steel Life, Quodlibet, Macerata, 2011 Houses by index and rented rooms are Seoul’s typical solutions analysed in a joint research undertaken between the Turin Polytechnic and Konkuk University. The houses by index, which can be acquired like motor cars in special showrooms where they are seen reproduced in a 1:1 scale without taking into account their future localisation, are the driving force of the immovable property market. Showing a different size from the often paltry one of an apartment is the other phenomenon of let rooms: something which can be used for anything for only a few hours. Inasmuch as estranged for us as much as they are common in Korea, they are an index of the variety of housing models.
[ricreazione]
[letture facoltative]
Aleksandra Machowiak, Daniel Mizielinski, C.A.S.E., Comma 22, Bologna, 2010 Un viaggio tra le più stravaganti case realizzate dagli architetti
Alfonso Berardinelli, Che intellettuale sei?, Nottetempo, Roma, 2011 Le analisi sulla propria identità nascono sempre in una
per raccontare, tramite l’ironia e il fumetto, le varie declinazioni dell’architettura contemporanea.
situazione di crisi. Ora che impera l’opinionista, il blog e l’informazione gli
Pensato per i ragazzi è in realtà utile ai grandi.
intellettuali si interrogano sull’utilità del loro ruolo e sull’importanza dei loro approfondimenti nella società.
[recreation] Aleksandra Machowiak, Daniel Mizielinski, C.A.S.E., Comma 22, Bologna, 2010 A journey among the most outlandish houses realised by
[optional lectures] Alfonso Berardinelli, Che intellettuale sei?, Nottetempo, Rome, 2011
architects to tell, through irony and comics, the several declensions of contemporary architecture. Though
In a crisis situation an analyses of one’s identity is the order of the day. Now that the opinion
created for children it is really useful for grown ups.
former, blogs and IT rule the day intellectuals ask themselves on how useful their role is and on the importance of their in depth appraisals in society.
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Basso Lucernari via dell’Industria, 2 35014 Fontaniva (PD) tel. +39 049 5940935 fax +39 049 5942266 www.bassolucernari.com
[ADR Combo] ADR Combo è il primo lucernario ad apertura motorizzata verticale. Quando chiusa la copertura si integra con il tetto mentre aprendosi si stacca interamente dal foro sollevandosi fino a 68 cm e lasciandolo libero su tutti i quattro lati. La superficie di aerazione più ampia e il miglior coefficiente aerodinamico favoriscono il ricambio dell’aria in minor tempo rispetto ai sistemi tradizionali. Grazie alle ampie sporgenze laterali della sua copertura rispetto al foro di base, ADR Combo si può aprire anche in caso di pioggia. L’installazione è semplificata dagli esclusivi elementi di fissaggio, dal preventivo cablaggio della parte elettrica, dal pre-montaggio dei traversi con motore e cremagliere e dal pre-assemblaggio della copertura.
[ADR Combo] ADR Combo is the first skylight with a vertical motorised opening. When closed the cover integrates itself with the ceiling while on opening it detaches itself completely from the hole raising itself up to 68 cm and standing free from it on all four sides. The very wide aeration surface area
lateral projections of its cover with respect to the base hole, ADR Combo could also be opened in case of rain. The installation is shorn from the exclusive elements of fastening, with the pre-emptive wiring of its electric parts, the pre-assembly of the spans with motor and rack, and the preassembly of the shell.
and the best aerodynamic coefficient are conducive to an air exchange in less time than traditional systems. Owing to the wide
Monitor
[prodottiproducts] a cura di/edited by Santino Limonta
[Oikos] Dal 1984 Oikos produce soluzioni per la decorazione e la protezione di qualsiasi superficie in interni ed esterni traendo ispirazione dalla tradizione decorativa italiana e dedicandosi molto alla ricerca. Ne consegue il continuo rilascio di prodotti innovativi in linea con le aspirazioni creative di architetti e progettisti. La sensibilità del colore nel suo rapporto con la materia e la luce, uno dei temi d’attualità in azienda, ha spinto Oikos a ipotizzare (una dimostrazione è stata data durante la Design Week milanese) una nuova catalogazione della sua produzione: non più per prodotto inteso in senso classico ma per famiglie (corrosioni, assorbimenti, riflessi, stratificazioni) determinate solo dall’interazione tra luce e materia. (Nell’immagine un esempio di ‘corrosioni’).
[Oikos] By 1984 Oikos was producing solutions for the decoration and protection of any inner and outer surface area taking inspiration from an Italian decorative tradition and dedicating several resources to the research effected. Then there followed the continuous release of new products in line with the creative aspirations of architects and designers. The sensitivity of colour in its relationship to matter and
Oikos via Cherubini, 2 47043 Gatteo Mare (FC) tel. +39 0547 681412 fax +39 0547 681430 www.oikos-paint.com
light, a hot topic in the undertaking, has led Oikos to conjecture (a show has been given during the Design Week in Milan) a shift in cataloguing its products: no longer as a product addressed in a classical manner but as one addressed to families (corrosion, absorption, reflectiveness, layerings) as uniquely decided by an interaction of light and matter. (The picture shows what ‘corrosion’ really looks like).
Fassa spa via Lazzaris, 3 31027 Spresiano (TV) tel. +39 0422 7222 fax +39 0422 887509 www.fassabortolo.com
[Gypsotech®] Fassa Bortolo offre al progettista una vasta gamma di soluzioni mirate ad integrazione dei materiali costruttivi tradizionali quali intonaci, massetti, finiture, risananti, adesivi. Il versatile ed innovativo Sistema Cartongesso Gypsotech®, ad esempio, consente di creare pareti, contropareti e controsoffitti in tempi ridotti utilizzando elementi leggeri, pratici, facili da lavorare e semplici da posare. Utilizzabile all’interno di tutte le tipologie costruttive in associazione a diversi materiali, il sistema consente di ridurre le dispersioni termiche e isola acusticamente. Si presta anche ad essere impiegato dove è necessaria una particolare resistenza al fuoco o in locali con alti livelli di umidità come bagni e cucine.
[Gypsotech®] Fassa Bortolo offers the designer a wide range of solutions aimed at the integration of traditional construction materials such as plasters, screeds, finishing, restoration, adhesives. The versatile and innovative Gypsotech® Plasterboard System, for example, allows the creation of walls, double walls and dropped ceilings within a short time using light elements which are practical, easy to work and simple to lay.
As the system could be used on the inside of all construction types in association with different materials, it allows for a reduction of the thermal dispersions and creates acoustic isolation. It can also be used where specific resistance to fire is required or in places with high humidity levels such as bathrooms and kitchens.
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[Hook] Hook è l’innovativo sistema parete di Methis descritto dal suo progettista Jean Nouvel come «un’architettura di metallo, come un omaggio a Jean Prouvè; più che una parete, un sistema costruttivo, dove le giunzioni spariscono nelle pieghe del metallo. Il sistema a strisce, laccato, è perforato regolarmente come una scheda perforata o una partitura musicale. Il muro diventa un dispositivo con potenzialità infinite, al quale si aggancia una collezione di mensole e di accessori». La parete è realizzata con materiali ecosostenibili quali alluminio, vetro e pannelli in gessofibra. L’elevata resistenza al fuoco in assenza di emissioni di sostanze dannose, le eccellenti doti di fono-isolamento e fono-assorbimento consentono l’impiego di Hook in molteplici situazioni.
[Hook]
capabilities, to which are hooked a series
Hook is the new style system wall of Methis described by its designer Jean
of shelves and accessories». The wall is realised with eco-sustainable material such as aluminium, glass and fibreglass panels. The wide range of doors, shelves and containers, the high resistance to fire in the absence of emissions of dangerous
Nouvel as «a metal architecture, as a tribute to Jean Prouvè; more than a wall, it is a building system, where joints disappear in the metal folds. The striped, lacquered system, is regularly perforated like a punch card or a musical score. The wall becomes a device with infinite
substances, the excellent sound insulation and absorption fittings allow for the use of Hook in several situations.
Methis Divisione Arredamento Ufficio di Coopsette via Ligabue, 2 42040 Caprara di Campegine (RE) tel. +39 0522 904711 fax +39 0522 904788 www.methis.com
Magnetti spa via A. Pedrinelli, 118 24030 Carvico (BG) tel. +39 035 4383311 www.magnettimurature.it www.magnettipavimentazioni.it
[Concrete Mission, missione cemento, missione concreta] Presentati da Magnetti Murature e Pavimentazioni, nell’ambito del progetto ‘Concrete Mission, missione cemento, missione concreta’, i nuovi blocchi e masselli in calcestruzzo per il rivestimento architettonico di superfici verticali e orizzontali. Il progetto, sviluppato in collaborazione con il designer Ronen Joseph, mira ad evidenziare la versatilità dei tre elementi proposti (Cuneo, Scaletta e Tripode), liberamente combinabili fra di essi ed abbinabili a tre masselli in coordinato per le superfici orizzontali. Ampio lo spazio lasciato alla libertà espressiva del progettista che può utilizzare blocchi e masselli come tessere di un mosaico giocando su forme, ombre e colori per riprodurre immagini e texture. Dimensione dei blocchi 15x15 cm, finitura liscia, posa a colla.
[Concrete Mission]
of the three proposed elements (Cuneo,
Presented by Pavimentazioni
Scaletta and Tripode), which can be freely combined with each other and matched with three co-ordinated slabs for horizontal surface areas. A wide space is left for the
Magnetti Murature e (Magnetti Masonry
Works and Floorings), during the project ‘Concrete Mission, a cement mission, a concrete mission’, the new blocks and concrete paving slabs for the architectural restoration of vertical and horizontal surface areas. The project, developed in co-operation with designer Ronen Joseph, aims at witnessing the versatility
Monitor
designer where he can express himself freely and use blocks and slabs as mosaic weaves playing on forms, shadows and colours to reproduce images and texture. The size of the blocks is 15x15 cm, with a smooth finish, to be laid using glue.
[prodottiproducts] a cura di/edited by Santino Limonta
[Glitter SantaMargherita] Lanciata da Santa Margherita, azienda veronese specializzata nella produzione e commercializzazione di agglomerati a base marmo e quarzo, una nuova collezione a base quarzo e glitter su sfondi metallici, adatta per ogni tipo di applicazione ma pensata in particolare per impieghi nell’interior design e nell’architettura. Gold, Silver e Pewter sono le tonalità attualmente disponibili. La gamma verrà arricchita successivamente in base alle richieste del mercato. Top di mobili alto di gamma, pavimenti, rivestimenti e allestimenti commerciali di prestigio sono alcune delle destinazioni di questo materiale caratterizzato da alta resistenza alla flessione, all’abrasione e agli acidi. Nell’immagine, il glitter Gold Santa Margherita impreziosisce i tavoli di un ristorante.
[SantaMargherita Glitter] Launched by Santa Margherita, the Verona undertaking which specialises in the production and marketing of marble and quartz based agglomerates, is a new quartz and glitter based collection with metal backgrounds, suitable for every type of application but particularly intended to be used in interior design and architecture. Gold, Silver and Pewter are
Santa Margherita spa via del Marmo, 1098 37020 Volargne (VR) tel. +39 045 6835888 fax +39 045 6835800 www.santamargherita.net info@santamargherita.net
the colour shades presently available. The range will be further enriched according to market demand. A wide range of furniture tops, floorings, coverings and business preparations of prestige are among some of the destinations of this material which is characterised by its high resistance to bending, scratching and acids. The picture shows Gold Santa Margherita glitter embellishing restaurant tables.
SanMarco Terreal Italia srl strada alla Nuova Fornace 15048 Valenza (AL) tel. +39 0131 941739 fax +39 0131 959733 www.sanmarco.it
[Cotto Castello SanMarco] Il Cotto Castello SanMarco, prodotto con una particolare mescola di argille lavorate con tecnologia tradizionale a pasta molle, è particolarmente adatto per applicazioni esterne e per l’arredo urbano. Le sue doti estetiche e le caratteristiche di elevata resistenza meccanica al gelo, all’abrasione, agli acidi, alla rottura e allo scivolamento lo rendono ideale per viali, marciapiedi, portici, giardini, cortili, bordi piscina di ville, casali, agriturismi e hotel. I tre formati disponibili (Mattone 15x22,5x5 cm, Listello 7,5x22,5x5 cm e Quadrotto 15x15x5 cm) e la finitura sabbiata nella tonalità Rosato Bizantino consentono infinite varianti compositive. La posa può essere a secco su strato flessibile o umida utilizzando malte o collanti specifici.
[Castello SanMarco Terracotta] Castello SanMarco Terracotta, which is produced with a specific mix of clays manufactured with a traditional soft dough technology, is particularly suitable for external applications and street furniture. Its aesthetic peculiarities and features of high mechanical resistance to frost, scratching, acids, breaking and slipping make it ideal for boulevards, street platforms, arcades, gardens,
courtyards and villa, farmhouse, holiday farm and hotel poolsides. The three available formats (Brick 15x22,5x5 cm, Plank 7,5x22,5x5 cm and Tile 15x15x5 cm) and the sandblast finish in the Pink Byzantine shade allow an infinite variety of compositions. It could be laid dry on a flexible or humid layer using specified malts or glues.
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[VMZINC®] VMZINC® (marchio di Umicore Building Products) laminato di zinco titanio offre al progettista la massima libertà d’espressione per la duttilità e la capacità di adattarsi come una pelle a qualsiasi involucro architettonico anche complesso. Tre le finiture disponibili: ‘Naturale VMZINC®’ presenta in origine un aspetto metallico brillante che si ossida nel tempo; ‘Prepatinati VMZINC®’, zinco titanio prepatinato attraverso processo di fosfatazione che rende la patina omogenea nel tempo; ‘Bilaccati VM ZINC®’, zinco titanio rivestito sui due lati da uno strato di lacca poliestere e da un primer. VMZINC® laminato è anche un materiale a basso impatto climatico ed energetico che ha ottenuto diverse certificazioni internazionali in tema di architettura sostenibile.
[VMZINC®] VMZINC (the trademark of Umicore Building Products) a zinc-titanium laminate offers the designer the most ®
of freedom of expression owing to its suppleness and ability to adapt itself as a skin in any architectural sheath even of a complicated nature. There are three finishes available: ‘Natural VMZINC®’ at first presents a shining metallic appearance which eventually oxidises
itself; ‘Prepatinates VMZINC®’, a zinctitanium prepatinate obtained through a phosphatation process which renders the gloss homogeneous in time; ‘Bilacquered VM ZINC®’, zinc-titanium covered on both sides with a layer of polyester lacquer and by a primer. VMZINC® laminate is also a low-impact climatic and energetic material which has obtained different international certifications relating to sustainable architecture.
Umicore Building Products Italia srl via R. Lombardi 19/16 20153 Milano tel. +39 02 4799821 fax +39 02 47998229 www.vmzinc.it
COMICS
Hanno collaborato a questo numero / Contributions to this issue
Diego Barbarelli Perugia, 1975. Redattore di PresS/Tletter e PresS/Tmagazine, collaboratore di Compasses/Perugia, 1975. Editor of PresS/Tletter and PresS/Tmagazine, contributor to Compasses
Federica Capoduri
designer/designer
Castelfiorentino (FI), 1983. Diplomata all’Istituto d’Arte di Siena, nel 2006 si laurea in Disegno Industriale presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Contemporaneamente agli studi universitari s’interessa al mondo editoriale e giornalistico frequentando corsi specifici e avviando collaborazioni con testate e riviste incentrate su design e architettura. Fa parte della redazione di And/She takes a diploma at the Art Institute in Siena, in 2006, and then graduates in Industrial Design at the Faculty of Architecture in Florence. Along with university studies she is interested in journalism and publishing world, attends specific courses and gives many contributions to newspapers and magazines focused on design and architecture. She is on the editorial staff of And
Paolo Di Nardo
architetto/architect
Firenze, 1958. Fondatore e direttore editoriale della rivista And, nel 2002 fonda lo studio ARX che si occupa di progettazione e ricerca architettonica; lavora con Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten con cui partecipa a concorsi e progetti internazionali. è professore a contratto di progettazione presso la Facoltà di Architettura di Firenze e autore di numerosi articoli e saggi sull’architettura contemporanea/Florence, 1958. Founder and editor of And magazine. In 2002 Di Nardo founded studio ARX, which is concerned with architectural research and design; he works with Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten partecipating to competitions and international projects. He is a temporary professor of Design at the Faculty of Architecture in Florence and has written many articles and essays on contemporary architecture
Giorgio Fratini
architetto/architect
Prato, 1976. è architetto, illustratore e autore di fumetti. Vive e lavora a Firenze. è stato pubblicato in Italia e Portogallo il suo primo romanzo grafico Sonno elefante – I muri hanno orecchie, Edizioni BeccoGiallo (It) e Campo das Letras (Pt)/Prato, 1976. He is an architect, illustrator and comic-book writer. He lives and works in Florence. His first graphic novel, Sonno elefante – I muri hanno orecchie (Edizioni BeccoGiallo (It) and Campo das Letras (Pt)) was published in both Italy and Portugal
Santino Limonta
giornalista/journalist
Monza, 1940. Dopo una ventennale attività in una grande azienda editoriale si rivolge al mondo dell’editoria di nicchia contribuendo al lancio di nuove testate. Segue l’evoluzione del design, dei materiali e dell’architettura da un osservatorio privilegiato viaggiando intensamente nei mercati tradizionali e in quelli emergenti/Monza, 1940. After two decades of collaboration with a large publishing company, he now turns to the world of exclusive publishing and contributes to launching new periodicals. Limonta follows the evolution of design, materials and architecture from a privileged observation point by traveling with intensity though traditional and well as emerging markets
Pierpaolo Rapanà
architetto/architect
Lecce, 1978. Redattore esecutivo di And dal 2003. Classe 1978, laureato summa cum laude in Architettura presso l´Universitá di Firenze, Dipartimento di Progettazione, dove conduce ricerca in qualitá di cultore della materia e assistente didattico dal 2006. Guest Critic presso la Roger Williams University (Florence Program). Dopo anni di collaborazione con lo studio ARX di Firenze svolge attualmente la professione di architetto presso Baumschlager-Eberle Berlin/Lecce, 1978. Executive editor since 2003. Born 1978, graduated summa cum laude in architecture at the University of Florence, Italy, where he conducts research as scholar and has been teaching assistant and honorary fellow since 2007. Guest critic at Roger Williams University (Florence Program). Has worked in partnership with ARX studio and architect Paolo Di Nardo in Florence until joining the architectural practice Baumschlager-Eberle Berlin
Fabio Rosseti
architetto/architect
Viareggio (LU), 1961. Vive e lavora a Firenze, rivolgendo la sua attenzione al rapporto fra architettura e tecnologie dell’informazione. è coordinatore della redazione di And con cui ha collaborato fin dal primo numero. Ha scritto vari articoli per And e per altre testate/ Viareggio (LU), 1960. Lives and works in Florence, focusing on the relationship between architecture and information technologies. Editorial staff coordinator of And, he has worked with the magazine since its very first issue, writing various articles for And and for other publications
Francesco Ursitti
architetto/architect
Bollate (MI), 1976. Nel 2006 fonda FuGa_officina dell’architettura, uno studio-laboratorio di ricerca e sperimentazione compositiva. Lo studio si occupa di sistemi che trascendono dalla macro struttura urbana al micro elemento del prodotto d’arredo e design. Partecipa ed è invitato a concorsi di progettazione nazionali ed internazionali, workshop e seminari ottenendo segnalazioni e premi/Bollate (MI), 1976. In 2006 he founded FuGa_officina dell’architettura (architecture workshop), a research and experimental composition study-laboratory. The study deals with systems that transcend from macro urban structure and micro element of the furniture and design product. He attends and is invited to national and international design competitions, workshops and seminars obtaining mentions and awards