Bubble's Italia no.# 0

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www.bubblesmagazine.eu

ANDREA ZANFI EDITORE


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Bubble’s, stile di vita

Bubble’s è un grande libro sui vini con le bollicine italiane, qualcuno direbbe vini spumeggianti, a puntate, proprio per sottolineare differenze, origini, produzioni, ambienti, produttori, etichette. Vuole essere una vetrina da sfogliare per accompagnare il lettore a vivere con leggerezza e gioia, buon gusto e buon senso, e con intensità alla scoperta di un patrimonio culturale e produttivo, turistico e artistico. Testimone di momenti magici, incontri speciali, feste uniche, eventi irripetibili... un calice di bollicine tricolori diventa il filo conduttore e principale di un mondo di cose belle e buone e di momenti ricchi di patos. L’ebbrezza di un sorso, l’inconfondibile forma geometrica del tappo e il percorso unico delle perle della spuma, sono solo inizio sempre di un momento fuori dal comune, anche se quotidiano, di festa, attesa e di vissuto, ma anche di luoghi magici insieme a personaggi inavvicinabili. Bubble’s accompagna nel seducente mondo dell’eccezionalità, esclusività, unicità con eleganza e con garbo per fare in modo che ogni lettore sia attore o attrice di quella storia, di un mito sportivo, di una legenda dello spettacolo, di una opera d’arte, della vita di un artista di oggi o di ieri. Ogni storia e ogni cristallo spumeggiante ci conduce ai bordi di un lago o fra le migliori stelle dell’ospitalità, in un desco familiare o in una cucina di un geniale vero cuoco, su un veliero mitico o su un green impossibile, alla festa più esclusiva o in casa di un designer o di un architetto. “…di Bolle” vogliamo scrivere, di sorrisi e bellezza della vita, di momenti felici, insieme o da soli, a guardare un tramonto o una alba mano nella mano. Bubble’s è la vita che vola come un tappo, che fa parte di un disegno, di una opera, ma è anche meditazione, riflessione, guardare dentro e lontano. Si condivide e si stappa una bottiglia effervescente per il piacere e il gusto di farlo, per farsi trasportare, per volare felici, per dimenticare o per ricordare. Con Bubble’s c’è amicizia, si alzano e si svuotano i calici, si parla con gli occhi di un amore e la nostra curiosità è appagata, appagante perché il vino fa parte di noi, testimone dell’istante da ricordare. InBubble’s parliamo di vite riservate e vissute, di uomini e donne, di scelte di vita, professionalità, carriere, attrazione, autorevolezza, spirito e coscienza. Tutto diventa glamour e tutto asseconda il senso della vita. Alziamo un calice in segno di vittoria sul ponte di una barca, per un grande anniversario, una gara di formula, per la nascita di un erede, un birdie a golf, fatto un goal e ricevuto una promozione... ma anche per un esame superato, un bacio al lume di candela, una semplice serata fra amici. Bubble’s è Vita. Bubble’s è un giornale e nasce per offrire un palcoscenico agli amanti di bollicine, abbinare l’arte culinaria all’estetica, il designer alla qualità e al valore di uno stile italiano da vivere... quel filo con cui si annodano eventi, ricorrenze e momenti cult, luoghi autentici, il senso filosofico della bellezza per il culto… dell’arte, del saper fare, della sagacia e del rispetto. Giampietro Comolli

BUBBLE’S MAGAZINE il meglio dello stile italiano visto dai migliori vini tricolori con le bollicine

www.bubblesmagazine.eu Tutto il bello il buono il gusto lo stile del made in Italy (NB: nessun tema al di fuori dei prodotti tricolori) “bubble’s” è stile di vita, scelte di buongusto, buonvivere, benessere e tempo libero Editore Andrea Zanfi Editore, info@andreazanfieditore.com – info@andreazanfi.it Segretaria di Redazione Claudia Gasparri – azeditore@gmail.com – 3927761678 Grafica Claudia Aversa – aversastudio@gmail.com Fotografia – Alessio Cech, Paolo Spiga, Giò Martorana, Francesco Orini PATRIZIA NOVELLO, esterni&interni di miti e luoghi sconosciuti MARA CAPPELLETTI, oggetti di lusso FIORELLA DE SEPTIS D’IPPOLITO, sfide e imprese ROBERTA CANDUS, golf, icone, tennis, glamour e gusto sul green FRANCESCA PAOLA COMOLLI, arte contemporanea GIULIO BIASION, personaggi e luoghi top dei cibo e vino MAURO GENTILE, tutto quello che fa motori, brividi, velocità MAURIZIO ZULIANI, dal polo ai miti delle vacanze GIAN PAOLO GALLONI, cuochi, scalchi, ricette, arte antica GIAMPIETRO COMOLLI, cultura e civiltà a tavola e bollicine top CLAUDIO MOLLO RICCARDO MARGHERI

GIAMPIETRO COMOLLI

MAURO GENTILE

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BullulaeBubbles… vini sono!

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From Pulu to Polo una partita regale nella storia

100 edizioni, amore senza fine

ANDREA ZANFI

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Un uomo del fare, nel sangue le bollicine

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Ristorante La Mandragola

Gioielli e Cibo, una lunga storia d’amore

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GIAMPIETRO COMOLLI

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FRANCESCA PAOLA COMOLLI ANDREA ZANFI

PATRIZIA NOVELLO

Castelfalfi charming Golfclub in Toscana

Milano

L’incanto di Palazzo Camozzini tra sogno e realtà

Un Coppola vista sassi neri. F. Ford Coppola, da regista a anfitrione turistico

GIULIO BIASION

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CLAUDIO MOLLO

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La Redzore della Panura Padana pag LA MANDRAGOLA

GIAMPIETRO COMOLLI

MAURIZIO ZULIANI

MARA CAPPELLETTI

Il terroir degli artisti

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La prima cantina di Franciacorta

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CLAUDIA AVERSA

PAOLO GALLONI

Grand Hotel Principe Il mare d'inverno

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Bollicine e vittorie

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ROBERTA CANDUS

Quando una icona diventa realtà...

128 134 GIAMPIERO COMOLLI

ALBINA PODDA

RICCARDO MARGHERI

Amarcord della Dolce vita... Epoca esclusiva

Prosecco Un vino giovane con una storia

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CATERINA PACENTI

WivaArtWiva Francesco Bruni

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FAC SIMILE

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bollulae bubbles

Giampietro Comolli

Agronomo, economista, enologo, giornalista, accademico della vite e del vino, benemerito dei Georgofili, docente a contratto, consulente di imprese, consorzi di tutela e distretti turistici. Dirigente in Coldiretti e Terranostra, estensore leggi agriturismo e strade dei vini, disciplinari Dop e Igp, ricercatore viticolo. Direttore dei consorzi di tutela Colli Piacentini, Franciacorta, Terre del Gavi, Bolgheri. Researcher visit Università Cattolica, Bocconi, Unioncamere e Cnel, Assocameraestero, Ministero Politiche Agricole. Fonda l’Osservatorio Economico Vini Ovse-Ceves e rifonda la Federdoc. Direttore generale strategico del gruppo Ferrari-Lunelli e poi in Guido Berlucchi spa. Sceglie i vini per pranzi ufficiali del G8 Napoli, Genova, L’Aquila. Fonda il Forum Spumanti d’Italia e crea la DMC Altamarca-Colline del Prosecco. Conduce per 4 anni la rubrica vino in Mediaset Rete 4; Technical advisor della Commissione Agricoltura UE (2010-14). Crea progetti di incoming turistico UnPOxExPO per ExpoMilano 2015. Componente del comitato scientifico accademico di Aikal (Venezia), dei Parchi Eccellenze made in Italy e di Fondazione IESLab. Ha pubblicato 3.000 articoli; ha scritto 15.000 recensioni di vini e cibi; relatore a convegni; vendangeur, gourmet e gourmand.

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vini sono!

Il metodo di presa della spuma nasce in Enotria Tellus oltre 2200 anni fa. La vera storia, cronica e non legenda, della produzione e consumo di vini spumanti in Italia La storia del vino o mosto vino fermentato e rifermentato in recipienti, fra i più strani, prende forma come metodo produttivo nel bacino del mare Nostrum. Sicuramente già prima alcune bevande ottenute da vegetali rifermentati con aggiunta di zucchero o alcol erano presenti lungo il Danubio e attorno al mar Caspio. Il vino spumeggiante, rifermentato in bottiglia, come lo consideriamo noi oggi, trova le sue più remote radici nei vini spontaneamente frizzanti o spumosi degli antichi i quali conoscevano la funzione della formazione o meno dell'anidride carbonica in recipienti chiusi o aperti. L’ermeticità dell’otre o anfora o botte, di terra cotta o ceramica, di legno o di vetro fu un elemento determinante la qualità della spuma, oltre al suo mixage di vari prodotti. Per secoli i vini fermentati, fra vino vecchio e mosto giovane, furono la bevanda aristocratica, solennizzava cerimonie esclusive. La più ancestrale citazione “...alza una coppa ove spumeggia un vin...” si trova nella Sacra Bibbia, nel libro dei Salmi, nr 75, vs 8-9 quando è sostenuta dalle mani dell’Altissimo, da Javhè, cioè nel periodo monarchico intorno a 1000 anni prima di Cristo. I vini spumeggianti diventano ancora primattori nel I° secolo a.C. nella Eneide quando Virgilio cita il brindisi della regina Didone con i nobili del regno e l’instancabile consumo di vini spumeggianti del condottiero Bezia: “...et ille impiger hausit, spumantem pateram et pleno se produit auro, post alii proceres…ovvero “..e egli s’inondò la gola di un nappo d’oro stracolmo di vino spumeggiante...”. Gli agronomi e medici romani studiarono e conobbero molto bene i vini spumanti, arricchiti anche da esperienze di altri popoli come gli Etruschi, al punto di descrivere metodi di produzione in base alla quantità di zucchero o miele o altri frutti aggiunti, all’uso della alta e bassa temperatura per poco o molto tempo, ai contenitori grandi o piccoli! Duemila anni fa, come oggi, si potrebbe dire (box aigleucos e protropum ovvero il mosto naturale prima della pigiatura veniva tenuto da parte e fatto poi rifermentare in recipienti piccoli)! In una grande villa nobiliare di Pompei fu trovata una cella vinaria con anfore di argilla allineate in un cunicolo di terra cotta nel quale scorreva in continuo dell'acqua fredda. È questa, sicura-

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mente, la prima cantina sotterranea per la produzione dei vini frizzanti. Le anfore erano ermetiche, chiuse con sughero, cenere e pece. Venivano trasportate all’ultimo momento sul luogo di consumo, esposte ai fumi caldi dei forni e fuochi di cucina, quindi portate a tavola in vasi più piccoli con manico e bocca grande. Plinio ricorda che quando i romani arrivarono nella zona di Narbonne, scoprirono che si producevano gli stessi vini con le stesse tecniche. Columella stesso scrisse molte pagine a favore della produzione dei vini spumeggianti, partendo però sempre da un mostovino dolce naturale giovane, posto in anfore piccole nuovissime da 10 a 20 litri, chiuse con pece e stracci, lasciate in vasche di acqua fredda per lungo tempo. Il Falerno, vino rosso tranquillo per eccellenza, è stato per due secoli il re delle bollicine del Mediterraneo, spesso mescolato con unguenti ed altri vini cretesi, fenici ed egiziani. Giovenale, un grande poeta satirico, scrive che le donne romane di pochi costumi ne abusavano “...Quum perfusa mero spumant unguenta Falerno” (Satira VI v.303). Addirittura alla cena regale del primo incontro fra Cleopatra e Cesare, allo schietto vino Falerno proveniente da Roma fu mescolato mosto di uve passe della varietà Maroe, originaria dell’Etiopia: ”..falerno, spument et aurato mollius in calice...”. È in questo periodo che nasce, cresce e si diffonde la mania dello “spumantem” citato da Virgilio (Aen. I, 738-40) e, nella versione più popolare, del “spumet” citato da Properzio (II, 33, 39-40). In coincidenza con i tempi bui della storia, invasioni e migrazioni belliche, anche le vigne e vini persero vita e valore, soppiantati da altre bevande alcoliche più forti. Solo la mensa imperiale, come ricorda il celebre ministro Magno Aurelio Cassiodoro (V°VI°), brindava in grandi occasioni con un vino acinatico eccessivamente spumeggiante, chiamato “freddo giovane sangue delle uve”, ottenuto da continue fermentazioni e rifermentazioni di mix di uve molto zuccherine appassite scaldate e raffreddate, in modo che fosse sempre appena spremuto. Per tutto il Medioevo fino al Rinascimento si continuarono a produrre questi vini spumeggianti in tutta Italia (anche nel Narbonese e nel territorio Retico) che assunsero nomi e terminologie locali ad identificare tipo-luogo come un nome proprio, come “saliens” o “titillans” di forma latina, oppure di lingua celtica o nordica come “mordax”, “picante”, “raspato o raspante”, “razzente” o “racente”. A riprova, il Regimen Sanitatis Salernitanis nel XII° sec, già affronta il tema del buon vino per una buona salute. La scuola medica ante litteram, oggi ristudiata e ripresa da molti, così descrive come doveva essere il vino più salubre:“...claris, vetus, subtile, maturum ac bene linfato, saliens, moderamine sumptum” ovvero ...sia vecchio il vino e limpido, spumante ma temprato, e misuratamente usato. Verso la metà del Trecento riprende l’attenzione verso i vini spumeggianti, grazie al modello del governo toscano del vino, in cui l’impiego di vino ottenuto da uva dei graticci, impone al vino una rifermentazione e quindi scioglimento di nuova anidride carbonica nel vino. Il governo toscano inciderà per alcuni secoli, troverà diversi sperimentatori fuori dalla “regula”, verrà anche esportato nelle abbazie al sud della Francia perché reputato un metodo per avere sempre vino giovane e meno alcolico. La toscana diventa la patria dei vini frizzanti, fra Montecarlo e Pescia, sia dolci che secchi. Ecco la prima presenza di vini frizzanti secchi. Siamo nel 1402, esattamente l’11 aprile, data della lettera del fattore Barzalone di Spedaliere con cui informa il mercante Datini di Prato della ottima qualità del vino dell’annata, in particolare un “trebiano mordente...brusco e non morbido, di questi luoghi”. Gli alti e bassi dei vini spumeggianti italiani, forme arcaiche di assemblaggi e di pratiche empiriche, riprendono un nuovo posto nella letteratura con i primi decenni del XVI° sec, grazie soprattutto al mondo ecclesiastico e medicosanitario.

Il Rinascimento italiano brinda con i vini spumanti

Il celebre medico pontificio veronese Girolamo Fracastoro (1479-1553), nel suo libro su “sifilide, sive de morbo gallico”, così cita i più noti vini: “Non spumosa mero spumantia pocula Bacchus Qualia Cynaie colles, campique Falerni et Pucinus ager mittunt; aut qualia nostris Thetica dat parvo de collibus uva racemo” ovvero “ Non schietto vino le fumanti coppe ricche di spuma, quale vien mandato dai corsi colli, dai pugliese campi e da Falerno, o quello che nei nostri campi si estrae da piccoletto grappo della Retica vite...”. È in questi albori che i vini spumeggianti sono chiamati nelle diverse canoniche latine “bell’aria di padre Bacco”, in Francia il termine

comune in voga nel basso Rodano è “fermoùst”. La voglia di vino frizzante o “picante” come piace denominarlo, dilaga, almeno fra i letterati, poeti e scrittori. Il vicentino Gian Giorgio Trissino (1478-1550) si dileggia in descrizione di un vino piccante-dolce: “…poi ch'ella (la fame) fu sciolta o rintuzzata empier le tazze d'un liquor di Bacco piccante e dolce...”. Paolo Giovio (1483-1550), umanista, storico e medico comasco, pose in evidenza un vin di “Marseglia piccante e rubinevole”. Annibal Caro (1507-1566), ritiratosi nelle vicinanze di Frascati, si dedicò alla traduzione dell'Eneide e riportò, in una sua composizione poetica, che un certo vino del luogo era “…tondo e frizzante insieme m'è ito fin su le punte de' piedi”. Girolamo Bargagli (1537-1586), senese, aveva all’epoca idee molto chiare di come doveva essere il miglior vino sulla tavola: “…al gusto...amabile, maturo, piccante e che lassi le labbra asciutte...”. Il poeta bernesco fiorentino, Matteo Franzesi, a Roma alle dipendenze di Clemente VII e Paolo III, cantava di un vino primeggiante in tavola: “vince l'aureo tuo nuovo colore, l'ispumante e brillante entro un bel vetro, dell'aurora e del sol l'alto splendore...”. Non solo poeti e letterati erano ammagliati dalla spuma del vino, ma anche scrittori didascalici, dispensieri, abati, canonici. Giovanvettorio Soderini (1526-1597), autore di un trattato sul frutto della vite, entrò in quei primi dettagli tecnico produttivi che per 200 anni impegnarono diversi ricercatori e sperimentatori: “...per fare i vini piccanti saporiti e dolci, aiuta assai... pestare con stanghe o con mazzapicchi rotondi che abbiano la caperozzola piana...”. Un altro trattatista-viticoltore, Bernardo Davanzati (1529-1606), scrisse che “per aver vin dolce vermiglio poni vigne non pancate. E per dargli il frizzaente, senza cui non ha garbo, ammosta (e) imbotta più vergine, si che bolla parecchi dì nella botte”. Sinonimi di spumante, in questo secolo, sono i termini picante, racente, frizzaente e mordente. Sante Lancerio, il bottigliere di Papa Paolo III Farnese, confida che i vini preferiti dal pontefice, erano mordenti: dal Greco d'Ischia, corretto con trucioli di legno di nocciolo, era “dolce e mordente con sapore di cotognino” al vino Monterano “per la sua vendetta dolce, con mordente tanto soave che fa lacrimare d'allegrezza, bevendolo” prodotto attorno al lago di Bracciano, un territorio allora capitale italiana nella produzione di vino “titillante e appetitoso”, come lo definì Lancerio perché “amabile, di bel colore e mordente” che veniva conservato in estate nelle grotte del lago; Dal vino Coda di Cavallo di Nola, nel Regno di Napoli, “…piucchè mordente e dolce” al vino Sucano di Orvieto o al Lagrima di Somma, già noto ai tempi per essere “…mordente, odorifero e polputo”. Sempre il dispensiere papale cita altri vini preferiti da Papa Farnese, già molto noti nella seconda metà del XVI° sec., i vini di Bagnaia in Viterbo, l’Albano Rosso dei colli e un Monterosso “mordente e polputo” proveniente dai territori farnesiani sui colli piacentini, in zona Veleja Romana, altra zona elettiva di produzione dei vini spumeggianti. Domenico Romoli detto il Panunto, nel suo trattato scritto nel 1560, consigliava che “con gli arrosti è bene servire vini rossi mordenti”, una anticipazione di quello che sarà una tradizione emiliana.

I primi veri capostipiti dei vini spumeggianti sono italiani

Nel 1570 viene dato alle stampe quel libro, corposo per l’epoca e per il tema trattato, che per primo cerca di mettere ordine nella produzione e elaborazione tecnica dei vini spumeggianti e frizzanti, il Libellus de vini mordaci. Siamo a Brescia, l’autore è il medico Gerolamo Conforto che mise in rilievo anche come le classi sociali più abbienti bevevano e diffondevano un largo consumo dei vini spumeggianti. Conforto studiò anche il diffondersi della peste e del morbo gallico, i presentimenti delle persone e la delimitazione canonica delle stagioni climatiche. L'autore li descrive dal “sapore piccante o mordace che non seccavano il palato, come i vini acerbi ed austeri, e che non rendevano la lingua molle come i vini dolci. Alcuni di loro provocavano il singhiozzo e facevano giungere la loro azione al cervello ed agli occhi i quali (a causa del frizzante) spesso lacrimavano...”. L'origine della spuma e del piccante venne giustamente individuata, dal Conforto nell'ebollizione del mosto, cioè nella fermentazione. Infatti, secondo l'autore, coloro che attendono alla preparazione di questi vini sono preoccupati di frenare la loro ebollizione affinché la “scoria gassosa, leggera e pungente” (l'anidride carbonica), non si disperda. Quale chiaro esempio della sua asserzione il medico bresciano segnalò l'usanza di diversi produttori italiani e stranieri

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di produrre vini mordacissimi, cioè veri e propri spumanti, “chiudendo i mosti nelle botti”. Secondo questo medico-enologo i vini diventavano più spumeggianti durante i mesi invernali, mentre nei mesi estivi si smorzavano e deperivano perdendo tutto il loro sapore piccante. Purtuttavia aggiungendo degli acini d'uva ai vini che avevano perso il frizzante, questi potevano riacquistarlo perché in essi si scioglievano le “secrezioni gassose, piccanti, emesse dagli stessi acini...”. Tali secrezioni però, secondo il medico bresciano, non portavano alcun giovamento alla nutrizione del sangue. Da buon medico e curatore della saluta umana, Conforto consigliava un parco consumo alimentare dei vini, ancor più, considerava i vini spumeggianti, seppur ricercati e celebri, troppo voluttuosi, stuzzicanti l’organismo, apportatori di ebbrezza incontrollata... quindi da consumare ogni tanto. Tutta l’Italia aristocratica e ecclesiale è pervasa da una voglia e dalle simpatie per i vini spumeggianti. Il XVII° sec vede alla luce il libro più importante sulla salubrità e produzione dei principali vini, fra cui un dotto capitolo sui vini piccanti spumeggianti, opera data alle stampe nel 1622, da un medico e abate di Fabriano, tal Francesco Scacchi. Certamente il primo testo ampio e completo che riprende gli stessi concetti di Gerolamo Conforto la cui opera fu sicuramente nota al medico marchigiano. Due opere, distanti come stampa circa mezzo secolo, ma molto simili, sicuramente le prime così complete: dalla produzione agli effetti del consumo, dell’abuso anche. Scacchi, nel suo libro ‘De salubri potu dissertatio’, riteneva i “vini piccanti” poco utili alla salute perché, soprattutto, venivano consumati schietti senza alcuna diluizione ed “unicamente per dilettare il gusto”. Interessanti sono le note tecniche sulla produzione: innanzitutto privilegiava le uve a bacca nera delle varietà con grandi contenuti zuccherini, facili all’appassimento e non alla muffa, con buccia spessa piuttosto che le uve bianche, cui aggiungere acqua al mosto o al vino; scrive: “Al tempo della vendemmia oppure mentre i vini sono alquanto giovani si preparano vini frizzanti aggiungendo e agitando a lungo, nella botte, due parti di vino dolce ed una di acqua bollente. Ma si possono anche preparare con altri vini leggeri sia amari (secchi), sia dolci che intermedi, soprattutto se sono stati mitigati con acqua, com'è consuetudine a Bologna”. Secondo lo Scacchi le uve dolci naturali, davano vini con un tocco più soave e gradevole. In particolare l’autore si sofferma in dettagli interessanti e anticipatori sulla chiusura ermetica e sulla dimensione dei recipienti di fermentazione: “...il ‘gas rigonfiante’ viene trattenuto e se vengono prelevati dalle botti, vini di questo tipo, si vedono sprizzare con grande forza, specialmente quando si versano in un vaso di vetro. Allora, infatti, come se fossero spalancate le porte, quei gas rigonfianti, che prima erano costretti a riposare, fanno pressione e immediatamente salgono in alto, ed in quel veemente movimento, sulla superficie del vino pullula una certa spuma”. Ed ancora: “...i vini che sono prodotti da uva selvatica chiamata ‘lambrusca’, se la fermentazione viene interrotta, sprizzano enormemente... in quanto abbondano di umore acquoso e acerbo e producono una maggior quantità di gas rigonfianti!.”

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che tuffo ragazzi...


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