Brevi dal mondo
La spia Vanunu «Datemi la libertà» GERUSALEMME – Ormai ha le chiome bianche, ma lo spirito resta ribelle e pugnace. Mordechai Vanunu, l’ex tecnico nucleare che nel 1986 raccontò al Sunday Times i più intimi segreti della centrale nucleare di Dimona (Neghev), continua a combattere. Ieri si è presentato alla Alta Corte di Gerusalemme dove ha avanzato una sola richiesta: «Datemi infine un passaporto affinchè io possa spiccare il volo, andarmene altrove, lontano dallo Shin Bet e dal Mossad, per assaporare finalmente la libertà».
Libano, “Leonte” ha portato pace TIBNINE (LIBANO) – I tre anni dell’operazione Leonte sono coincisi con il primo periodo di pace nel sud del Libano, dopo tre decenni di conflitti e occupazioni. È partito da questo presupposto il generale Carmelo De Cicco per tracciare un bilancio delle operazioni del contingente italiano nella missione Unifil. Il comandante della 132esima brigata corazzata Ariete, che per Unifil è a capo del settore Ovest, quello sotto la responsabilità italiana, ha osservato che a un mese daklle elezioni del 7 giugno il quadro «si presenta pacifico e la popolazione si sente più sicura, ha fiducia nel domani e per questo ricostruisce case e villaggi». Il ruolo di Unifil è riconosciuto anche dai libanesi. Il sindaco di Qana, Mohammed Atieh, ha ricordato in una lettera inviata al contingente i due bomabardamenti israeliani che colpirono la cittadina nel 1996 e durante la guerra del 2006, causando centinaia di vittime.
Martedì 7 luglio 2009
Tutta la città alla camera ardente in segno di solidarietà
Viareggio, giornata di silenzio Allineate al Palasport 15 bare Migliaia di persone fin dall’alba
La camera ardente
VIAREGGIO (LUCCA) – Nel silenzio della camera ardente, il pianto disperato della nonna di Lorenzo e Luca, 2 e 5 anni, che nel rogo di via Ponchielli ha perduto anche la figlia Stefania. Un pianto senza consolazione, i nomi dei cari ripetuti come una litania. I parenti la proteggono dagli sguardi, cercano di farla alzare, ma nonna Antonietta non vuole lasciare il feretro della sua Stefania e le due bare bianche dei bimbi. Resterà tutto il giorno accanto a loro, accasciata su una sedia, mentre migliaia di persone le sfilano davan-
ti. È stata una giornata di dolore, commiato e solidarietà per tutta Viareggio e per i suoi ospiti. Hanno firmato in migliaia, 22 mila in tarda serata quando mancavano ancora ore alla chiusura, i libri del ricordo adagiati sui leggii, all’uscita dal Palasport dove nella notte erano state allineate le 15 bare. Alle 8, sotto una pioggia torrenziale erano già decine le persone che attendevano di rendere l’ultimo omaggio a 15 delle 22 vittime di quella notte terribile che qui nessuno potrà mai dimenticare.
Difese amico gay Gaeta, tentano Napoli propone colpo, due erano una medaglia detenuti premiati NAPOLI – Il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino e la presidente del Consiglio regionale della Campania Sandra Lonardo aderiscono all’appello lanciato da Gay.it per chiedere al presidente della Repubblica di conferire a Maria Luisa, la 27enne che ha difeso il 23 giugno scorso nel centro storico partenopeo un amico omosessuale da scherni di un 'branco' venendo picchiata, il riconoscimento di una medaglia al valore civile. L’iniziativa è di Gay.it, dell’associazione radicale Certi Diritti, di Arcigay Napoli e I-Ken onlus.
ROMA – Una banda di rapinatori esperti in assalti a portavalori, tutti pluripregiudicati: due addirittura in licenza premio e uno già coinvolto nel processo per l'omicidio di un carabiniere nel corso di una rapina. Polizia e carabinieri hanno sgominato il gruppo criminale dopo un fallito 'colpo' ieri mattina a un portavalori di un istituto di vigilanza di Latina: volevano accaparrarsi 1 milione e 260mila euro trasportato da un furgone sulla via Flacca, nella zona di Gaeta.
Processo Aldrovandi. Soddisfatti i genitori del ragazzo morto nel 2005
Ferrara, condannati i poliziotti Sono stati riconosciuti colpevoli di omicidio colposo: tre anni FERRARA – Piangono tutti, ed è un pianto liberatorio per papà Lino, mamma Patrizia, gli avvocati, gli amici e le centinaia e centinaia di persone che si accalcano in tribunale, quel pezzo di Ferrara e non solo che aveva seguito e supportato la battaglia civile di due genitori per la morte del loro figlio, Federico Aldrovandi. Aveva 18 anni e morì sull'asfalto una domenica mattina, il 25 settembre 2005, dopo aver incontrato ed essersi scontrato con quattro agenti di polizia: Paolo Forlani, 48 anni, di Ferrara, Monica Segatto, 45 anni, di Padova, Enzo Pontani, 44 anni, di Occhiobello (Rovigo) e Luca Pollastri, 39 anni, di Ferrara. Tutti e quattro dopo appena cinque ore di camera di
Il padre di Federico Aldrovandi in lacrime dopo la sentenza
consiglio, in cui ha sintetizzato quattro anni di indagini e processo, e le 32 udienze che ha diretto dallo scranno dell’aula penale del tribunale di Ferrara, il giudice Francesco Maria Caruso li ha condannati a tre anni anni e sei mesi, accogliendo la
tesi del pm Nicola Proto (accolte anche provvisionali, di 300mila euro per la famiglia): secondo l’accusa – e il tribunale - i quattro agenti, durante un normale controllo di ordine pubblico commissero il reato di eccesso colposo in cui causa-
rono la morte del ragazzo, il suo omicidio colposo. Le difese dei poliziotti avevano chiesto l’assoluzione, e nella mattina hanno ribadito come probabile causa di morte la Eds, sindrome da eccitamento, determinata comunque dalla concausalità di assunzioni di droghe. Quello che molti hanno confermato è che Federico in quell'alba stava male, gridava, si autolesionava, chiedeva aiuto. Per l’accusa, i poliziotti usarono in modo improprio i manganelli, lo ammanettarono in molto altrettanto imprudente e soprattutto non lo aiutarono mentre chiedeva soccorso, mentre con la faccia a terra sussurrava, rantolando, «aiuto, aiutatemi, basta». Questa la tesi che ha vinto, il proces-
so. Contro quella dei quattro difensori che hanno assistito i quattro agenti, e che dopo, la sentenza lasciano in silenzio il tribunale, lasciandosi dietro le dichiarazioni di circostanza: «Leggeremo le motivazioni proporremo appello, e vedremo cosa accadrà negli altri gradi di giudizio. Una coda lunga». Enzo Pontani, è l’unico tra gli imputati a commentare la sentenza, sibilando, mentre esce dal tribunale che «stasera non è stata fatta giustizia. Una cosa è certa ed e è che io ogni notte dormo e dormirà sonni tranquilli, altri non possono dire di poterlo fare». In aula ad ascoltare il verdetto, solo lui e Pollastri, mentre sono assenti gli altri due. Letizia Bianco
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