Brevi dal mondo
Chavez in Russia attacca gli States MOSCA - Con una mossa a sorpresa, il presidente venezuelano Hugo Chavez ha annunciato ieri nel suo incontro con il leader del Cremlino Dmitri Medvedev il riconoscimento dell’Abkhazia e dell’Ossezia del sud. Dopo la Russia e il Nicaragua, Caracas diventa così il terzo paese a legittimare l’indipendenza delle due regioni georgiane separatiste, ad un anno dalla guerra tra Mosca e Tbilisi. «Il Venezuela da oggi si unisce al riconoscimento dell’Ossezia del sud e dell’Abkhazia», ha dichiarato Chavez, che mercoledì sera davanti ad una platea di studenti universitari a Mosca aveva accusato gli Usa di essere «il principale terrorista del mondo», un «boa che inghiotte le piccole nazioni». «Grazie Hugo», ha replicato un compiaciuto Medvedev che parla già di «relazioni strategiche» tra i due Paesi. Ironico il commento di Tbilisi, che ha definito la decisione una anomalia politica» senza «conseguenze politiche importanti», presa da una figura «marginale».
Ue, per il Barroso 2 la strada è in salita BRUXELLES - Finita la suspence sulla data del voto all’Europarlamento, la partita sul Barroso bis si sposta sulla consistenza della maggioranza che riuscirà a ricomporre attorno alla sua candidatura. La conferenza dei presidenti del Parlamento europeo ha deciso ieri di fare votare l’assemblea mercoledì prossimo. Sulla carta Barroso dispone dei voti dei Popolari, di larga parte dei liberaldemocratici e dei conservatori e le previsioni, conti alla mano, gli attribuiscono fra i 320 e i 340 voti. Ma l'obiettivo, anche a detta dello stesso Barroso, è di avere una forte maggioranza pro-europea che gli dia la legittimazione politica anche con l’entrata in vigore del nuovo trattato. Martedì pomeriggio Barroso si ripresenterà davanti a tutti gli europarlamentari in aula per riferirgli del suo programma per i prossimi cinque anni e lì potrà dare le ultime indicazioni per convincere i più dubbiosi a votare per lui. Nel frattempo la partita in casa dei socialisti e democratici è delicata, per la stessa ammissione del capogruppo Martin Schulz.
Venerdì 11 settembre 2009
In Brasile slitta la decisione sull’estradizione La Commissione per i reclami: brogli nelle elezioni afghane
Rinvio su Battisti Il Supremo tribunale federale non trova un’intesa sul terrorista condannato in Italia
Cesare Battisti
BRASILIA - Dopo undici ore di dibattimento, il Supremo tribunale federale (Stf) del Brasile non è riuscito ad adottare una decisione sull'estradizione di Cesare Battisti, come richiesto dal giudice Cezar Peluso, relatore sul caso dell'ex militante dei Proletari armati per il comunismo (Pac), condannato in Italia in contumacia all'ergastolo per quattro omicidi. Dopo una votazione conclusasi quattro a quattro, il presidente dell'Stf, Gilmar Mendes, ha deciso «per il momento» di non esprimere il suo voto, che sarebbe risultato decisivo.
Kabul, annullati migliaia di voti A spoglio quasi finito in testa il presidente Karzai con il 54,1% davanti ad Abdullah
Hamid Karzai
NEW DELHI - Il processo elettorale è entrato ieri in Afghanistan in una fase di massima delicatezza: la speciale Commissione per i reclami (Ecc), presieduta dal canadese Grant Kippen, ha pubblicato a Kabul le sue prime decisioni, annullando con un colpo di spugna i risultati di decine di seggi per la presenza di brogli palesi. Per ora si tratta secondo una stima ufficiosa di meno di 5.000 voti, ma la Ecc è solo all’inizio del suo lavoro investigativo, essenziale per permettere l’ufficializzazione dei risultati da parte della Commissione elettorale
indipendente (Iec). Lo spoglio giunto al 91,6% dei seggi, vede il presidente uscente Hamid Karzai in testa con il 54,1%, davanti all’ex ministro degli esteri Abdullah Abdullah con il 28,3%. Abdullah ha ripetutamente denunciato in queste settimane l'esistenza di «enormi brogli in tutto il paese», e le sue speranze di accedere alla presidenza sono legate all’ipotesi di ballottaggio (i voti di Karzai da annullare dovrebbero essere però centinaia di migliaia) o magari ad un azzeramento dell’intero processo elettorale.
«La riforma ci costerà meno delle guerre in Iraq e in Afghanistan»
Sanità, ecco il piano Obama Il presidente degli Usa presenta le sue proposte al Congresso WASHINGTON - In un discorso al Congresso ad alto contenuto emotivo - dove ha citato una lettera postuma di Ted Kennedy ed è stato insultato da un parlamentare repubblicano - il presidente Barack Obama, ammonendo che è giunto il momento di «passare all'azione», ha presentato il suo piano di riforma sanitaria, per dare«più sicurezza e stabilità» a chi ha già un'assicurazione medica e la copertura sanitaria a tutti gli americani che ne sono ancora privi. Obama ha elencato per la prima volta i principi di base della sua proposta, sottolineando i numerosi benefici anche per coloro che sono già assicurati: le compagnie non potranno più negare la copertura per chi ha problemi di salute pre-esistenti e non potranno imporre “limiti arbitrari” alle somme da rimborsare. «Nessuno in America dovrebbe finire in bancarotta perché si è ammalato», ha affermato raccogliendo grandi applausi. Il presidente ha affermato che la meta è vicina: «Esiste già un accordo sull'80 per cento» della riforma che «non aggiungerà un centesimo al deficit». Il presidente ha accusato gli avversari della riforma di avere fatto ricorso a tattiche terroristiche, diffondendo una serie di falsità, come la eutanasia per gli anziani o la copertura sanitaria anche per gli immigrati illegali. I parlamentari repubblicani hanno risposto agitando le copiedellaloro propostadileggee uno di loro ha urlato ad un certo punto «sei un bugiardo» al presidente. Obama, che aveva invitato in tribuna d'onore Vicki Kennedy,
lavedova delsenatore Ted,paladino della causa della riforma sanitaria, ha citato nella parte più emotiva del suo discorso una lettera scritta da Ted «a maggio, poco dopo avere appreso che la sua malattia era terminale, con la richiesta che venisse consegnata dopo la sua morte». Nella lettera Ted definiva la riforma sanitaria non solo «la grande causa da completare della nostra società», ma anche «una questione morale» che prescinde dalle divisioni di partito. Il presidente ha elencato le diverse «buone idee», ma non ha risparmiato gli strali agli avversari politici sottolineando che il costo della riforma sanitaria «sarà inferiore a quanto speso nelle guerre in Iraq e in Afgha-
nistan» e «inferiore ai tagli fiscali per i ricchi fatti approvare dalla precedente amministrazione». Obama si è detto favorevole alla “opzione pubblica”, con la creazione di una entità federale che può competere con le compagnie private nel fornire coperture sanitarie, ma ha aggiunto di essere disposto ad esaminare proposte alternative. Compresa la riforma (cara ai repubblicani) delle leggi sulla responsabilità dei medici che subiscono azioni legali (e richieste di risarcimento) da parte dei pazienti. Ma la cosa più importante «èfare presto:è finitoil tempo delle polemiche e dei giochi politici - ha detto Obama -. Adesso bisogna passare all'azione concreta». Cristiano del Riccio
Barack Obama
Otto anni fa l’attentato alle Torri Gemelle. A Ground zero Obama non ci sarà
Celebrazioni in tono minore per l’11 settembre BARBA incolta alla Osama bin Laden, occhi sgranati da profeta, in testa un turbante rosso e bianco: è il volto dell’11 settembre, otto anni dopo. Alla vigilia dell’anniversario delle stragi al World Trade Center e al Pentagono un ex esperto di terrorismo di West Point ha messo su Internet la prima foto di Khalid Shaikh Mohammed, il cervello degli attentati di al Qaida, scattate nella base prigione di Guantanamo. Uno scatto che è anche un simbolo: la foto conosciuta più recente di Mohammed – capelli arruffati, baffoni, mal rasato – risaliva al marzo 2003 quando il terrorista fu catturato in Pakistan. E' il volto nuovo della jihad, il terrorista dagli artigli spuntati? Molti negli Usa-
non ne sono convinti, nell’ottavo anniversario delle stragi di al Qaida. Guantanamo si sta svuotando ma bin Laden è ancora in libertà e un gruppo di veterani della Cia avrebbe assunto la responsabilità della caccia. E intanto, otto anni dopo, la guerra in Afghanistan continua. Secondo il presidente Barack Obama, che di recente ha rispolverato l’espressione «guerra al terrorismo», tanto cara a Bush, preparandosi ad annunciare rinforzi, il conflitto in Afghanistan è una guerra di «necessità» e «non di scelta» per la sicurezza dell’America in patria. Ma agli occhi di molti americani quel conflitto lontano e per anni dimenticato comincia a somigliare a un
“pantano” come quello del Vietnam. Otto anni dopo al Qaida è più debole e fa meno paura, ha perso gran parte della sua capacità organizzativa, ma resta «un vulcano che dorme» capace di riesplodere se riuscisse a insediarsi definitivamente nello Yemen, ha detto a Usa Today il direttore dell’Fbi Robert Mueller, osservando come l’assenza di attentati negli ultimi otto anni non deve indurre a pensare che il pericolo sia scampato per sempre. E tuttavia è questa la sensazione che si respira negli Usa alla vigilia dell’anniversario delle stragi: celebrato in tono minore a Ground Zero, dove Obama sarà rappresentato dal vice Joe Biden. Alessandra Baldini
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