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Brevi dal mondo

Dubai, sventato un nuovo 11/09

TEL AVIV – Un attentato per molti versi analogo a quello dell’11 settembre alle Torri Gemelle di New York è stato sventato a Dubai dai servizi di sicurezza degli Emirati arabi uniti. Lo sostengono due importanti quotidiani israeliani, mentre i responsabili degli Eau mantengono un totale riserbo sulla vicenda. Obiettivo dell’attentato era la Torre di Dubai (Burj Dubai, nella foto), grattacielo ultra-moderno da 160 piani, alto 800 metri, concepito per essere l’edificio più elevato del mondo. La sua inaugurazione dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno. Ma qualcuno, dietro le quinte, voleva che il simbolo della floridezza economica degli Emirati dovesse rovinare a terra. Secondo il quotidiano Yediot Ahronot ignoti attentatori progettavano di centrarlo con un aereo che doveva decollare da un aeroporto relativamente vicino: forse dall’Iran.

Picchiato dai compagni neri WASHINGTON – Aggressione a sfondo razziale nell’Illinois dove un ragazzo bianco di 17 anni è stato picchiato da due compagni neri che non volevano si sedesse accanto a loro sullo scuolabus. La scena è stata ripresa dalle telecamere di sicurezza e gli aggressori, di 14 e 15 anni, sono stati sospesi da scuola e saranno processati. Sull'autobus, come mostrato dal filmato, viaggiavano in gran parte ragazzi neri che hanno assistito ai pestaggio senza fare nulla o addirittura incitando gli aggressori.

Salvi minori su un barcone

Mercoledì 16 settembre 2009

Marocchino uccide la figlia perché conviveva col fidanzato La ragazza, 18 anni aveva la colpa di aver infranto le tradizioni del paese

PORDENONE - Ha ucciso la figlia di 18 anni, sorpresa in auto con il fidanzato. L'ha inseguita per strada e l'ha finita con una coltellata alla gola. Nel Marocco, dove la ragazza era nata, non è consentito convivere con un uomo senza sposarsi. E invece lei era andata a vivere a Montereale Valcellina con Massimo, "il suo grandeamore", 13anni piùgrande di lei. Il padre della ragazza è stato fermato, imputato di omicidio. In ospedale è finito il fidanzato, Massimo De Biasio, 31 anni, socio del ristorante dove la ragazza marocchina lavorava come cameriera.

La denuncia del sindacato

Intercity deraglia nei pressi di Chiusi Fs: «Era in manovra» MILANO - L'Intercity 703 Venezia-Napoli è uscito dai binari nei pressi dello scambio di Chiusi nord. Nessun ferito tra i passeggeri e il personale. I macchinisti del sindacato “Ancora in Marcia!”, si dicono preoccupati «per la sicurezza ferroviaria. Anche stavolta solo per caso non ci sono state conseguenze disastrose». «Il treno era in manovra a bassissima velocità. Non si tratta di un deragliamento ma di un leggero svio della locomotiva e della prima carrozza», precisano dalle Fs.

Tredicenne cinese s’impicca per paura di tornare a scuola Il ragazzino, residente nel Veneziano non aveva accettato la recente bocciatura

SCORZE (VENEZIA) –Ha provato ancora una volta a fare quei compiti di matematica per le vacanze che aveva trascurato poi, vinto dallo sconforto e dalla paura per la scuola, si è impiccato. La vittima è un ragazzino cinese di 13 anni, ma cittadino italiano e residente a Scorzè, nel veneziano. Pare non avesse accettato la bocciatura alle medie e, al secondo giorno di scuola, ha avuto paura di affrontare il nuovo anno di studi. Ha preso una sciarpa, ha fatto un cappio, l’ha legataad un sostegno per abiti e ci si è appeso per il collo, lasciandosi cadere.

Fuori di prigione, accolto dai fan, il cronista iracheno

Frattini replica: «Siamo in regola»

Libero al Zaidi, “eroe” che lanciò le scarpe a Bush

Immigrazione, Ue «I respingimenti violano il diritto comunitario»

di STEFANO DE PAOLIS BEIRUT/BAGHDAD – Muntazer al Zaidi è tornato ad essere un uomo libero: il giornalista iracheno divenuto famoso in tutto il mondo per aver lanciato il 14 dicembre scorso le sue scarpe contro l’allora presidente americano George W. Bush è uscito oggi di prigione. Rischiava 15 anni di reclusione, ma se l’è cavata con nove mesi e ad attenderlo ha trovato telecamere, alcuni parlamentari, colleghi giornalisti e una piccola folla di fan, ammiratori che lo hanno accolto come un eroe. La sua liberazione, ritardata di un giorno per motivi procedurali, ha peraltro messo in ombra la visita a sorpresa del vicepresidente Usa Joe Biden, giunto nel pomeriggio a Baghdad per incontrare i massimi dirigenti iracheni e le truppe americane. Una ulteriore soddisfazione per al Ziadi, che quel giorno, nel corso di una conferenza stampa a Baghdad, aveva apostrofato il presidente Bush definendolo «specie di cane», lanciandogli contro in mondovisione le sue scarpe, numero 43, poi riprodotte in bronzo in un grande monumento che gli è stato dedicato a Tikrit, città natale del defunto ex dittatore Saddam Hussein. La sua inevitabile conferenza stampa ieri l’ha tenuta – con una bandiera irachena attorno al collo –neglistudi della “sua”al Baghdadyia Tv, una piccola emittente privata.E l’hautilizzata peraccusare: per primo ancora una volta Bush, che ha definito «criminale di guerra». Il presidente americano, ha detto con tono beffardo, «voleva che gli offrissimo delle rose. Quella è stata la mia rosa per l’occupante». E ancora: «L'occupazione è come la peste. Era così umiliante ve-

La scarcerazione di al Zaidi

dere il mio Paese profanato... Sono stato spinto nel mio gesto dall’ ingiustizia a cui il mio popolo è stato sottoposto, e da come l'occupazione ha schiacciato la mia patria con i suoi stivali». Poi è stata la volta del premier Nuri al Maliki. «Ho subito il peg-

gior tipodi torture,con scosseelettriche, e frustate con cavi», sin dai primi istanti dopo l’arresto, ha affermato, e pertanto pretende che il primo ministro si scusi per questo. Al Zaidi, sciita, 30 anni, laureato, non ha fatto cenno al suo futuro, ma di certo, le opportunità non gli mancheranno. Sin dal giorno del suo arresto gli sono giunti innumerevoli attestati di stima e affetto da gran parte del mondo arabo e musulmano. Persino il presidente venezuelano Hugo Chavez ha pubblicamente elogiato il suo «coraggio», mentre in carcere ha ricevuto regali, promesse, offerte di lavoro, e anche di matrimonio. Non è dato sapere se nel corso della sua seconda visita a sorpresa in tre mesi a Baghdad il vicepresidente Biden abbia fatto commenti. Ma di certo, ha altro a cui pensare: una nuova impennata della violenza, lo stallo nel programma di riforme politiche, le tensioni tra il governo centrale di Baghdad e il governo regionale del Kurdistan.

Bagdad, colpi di mortaio nella Zona verde durante la visita ufficiale del vicepresidente Usa BAGDAD - Quattro colpi di mortaio hanno scosso la Zona Verde di Bagdad mentre era in corso la visita ufficiale del vicepresidente Usa Joe Biden. Non ci sono notizie di feriti o danni alle strutture. Secondo quanto riferito dagli agenti almeno due proiettili di mortaio sono caduti nelle vicinanze del grande complesso fortificato dell'ambasciata Usa ma senza causare vittime. Non è neanche chiaro se Biden fosse lì

in quel momento, ma il messaggio appare comunque chiaro. Biden era arrivato nel primo pomeriggio nella capitale irachena per confermare l'attenzione dellaCasa Biancasull'Iraq anche dopo l'avvio del ritiro delle truppe, che deve essere completato entro il 2011. I colpi di mortaio sulla super fortificata zona verde sono una prova evidente della una nuova impennata di violenza in Iraq.

di ENRICO TIBUZZI STRASBURGO – Respingere gli immigrati clandestini mettendone a rischio l’incolumità viola il diritto comunitario. Lo ha sottolineato ieri il commissario europeo per la giustizia, la libertà e la sicurezza Jacques Barrot intervenendo al dibattito sull'immigrazione svoltosi al Parlamento Ue. La Commissione ha ricevuto dall’Italia la lettera di risposta alla richiesta di chiarimenti sulle operazione di respingimento inviata da Bruxelles a Roma lo scorso luglio e «la stiamo studiano in modo accurato», ha detto Barrot. Il quale ha voluto ricordare a questo proposito che «la legislazione comunitaria stabilisce il principio del non respingimento», cioè vieta il rinvio degli immigrati verso quei Paesi dove possono essere sottoposti a trattamenti degradanti o inumani. Così come Jacques Barrot vieta di mettere a rischio l'incolumità dei richiedenti asilo. E «questo dovere di protezione –ha detto ancora il commissario – deve essere rispettato». Le parole di Barrot arrivano nel giorno in cui l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Navi Pillay, pronuncia a Ginevra un discorso molto duro nei confronti della politica dei respingimenti, i cui contenuti erano stati anticipati lunedì. Pillay parla di discriminazioni e «diritto internazionale violato». Mentre da Seul –dove si trova in visita con il capo dello Stato Giorgio Napolitano – Franco Frattini sottolinea invece come l’Italiarispetti «tuttele regoleinternazionali». E quindi, osserva il titolare della Farnesina, «non è a noi che si deve indirizzare critica o qualsiasi tipo di rilievo». D’altra parte, aggiunge l’ambasciatore italiano presso l’Onu di Ginevra Laura Mirachian in risposta alla Pillay, dall’inizio del 2007 ad oggi le autorità italiane hanno soccorso in mare oltre 52mila migranti e sono consapevoli che «ogni singolo migrante è titolare di diritti umani, al di là del suo status legale».

Inchiesta di Bari, il presidente della Regione Puglia non ha «intimidito» i giudici MADRID - La Guardia Civil spagnola ha intercettato al largo dell'isola di Tarifa, nello Stretto di Gibilterra a sud della Spagna, un barcone a remi con a bordo 6 bambini, di cui 5 tra i 10 e gli 11 anni e uno più grande, di circa 15 anni. I ragazzi sono stati avvistati dai militari spagnoli ieri notte a 1,6 miglia a sud della costa e avevano alle spalle circa 10 chilometri percorsi a remi. Un viaggio difficile e pericoloso, che in alcuni tratti li ha costretti ad affrontare venti che raggiungevano forza 4. I ragazzi sono tutti in buone condizioni di salute e sono stati affidati alla Croce Rossa. Le autorità di Madrid hanno avviato un'indagine per capire da chi sia stato organizzato il viaggio della fortuna dei sei minorenni.

Critiche al pm, il Csm “assolve” Vendola ROMA – Aveva denunciato l’uso “strumentale” ai suoi danni di una delle inchieste della procura di Bari su un presunto intreccio politicaappalti nel settore della sanità regionale. E per questo il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola era stato accusato dal centro-destra di voler «intimidire» la magistratura. Ora però per lui arriva l’ “assoluzione”, sia pure parziale, del Csm: le sue sono state critiche inopportune, ma non tali da ledere l'autonomia e l’indipendenza della magistratura, ha stabilito la Prima Commissione di Palazzo dei marescialli, che ha perciò deciso di non aprire una pratica a tutela del pm titolare di quella indagine, il sostituto procuratore della Dda di Bari Desirè Digeronimo. Soddisfatto il governatore della Puglia, che ora dice: «Diverse persone dovrebbero chiedermi scusa».

A chiedere alla Commissione di valutare l’esistenza dei presupposti per un intervento a difesa del magistrato era stato lo stesso vice presidente del Csm Nicola Mancino, all’indomani delle polemiche suscitate dall’iniziativa di Vendola, che aveva messo nero su bianco le sue accuse in una lettera indirizzata al pm e pubblicata dai giornali. In quella missiva il governatore pugliese aveva lamentato non solo la «permanente spettacolarizzazione» e l’uso «strumentale» che sarebbe stato fatto dell’inchiesta per danneggiare la sua persona, ma anche alcune «anomalie», come la mancata astensione di Digeronimo; la scelta del magistrato di trattenere sotto la competenza della procura antimafia «carte che hanno attinenza con eventuali profili di illiceità nella Pubblica Amministrazione», e la decisione di acquisire «atti

che costituiscono il processo di gestazione di alcune leggi». Quelle di Vendola sono critiche, sia pure inopportune, ad atti processuali, ma che comunque non determinano la lesione dei principi di autonomia e indipendenza, ha stabilito la Commissione con cinque voti a favore e l’astensione del togato di Magistratura Indipendente Antonio Patrono. Tant'è che nemmeno il pm le ha percepite come offese personali, visto che alla stampa ha dichiarato che continuerà a seguire la sua inchiesta con serenità. Di qui la decisione di non intervenire a difesa del sostituto procuratore, anche alla luce delle nuove regole che hanno limitato il ricorso delle pratiche a tutela delle toghe ai soli casi in cui venga messa in discussione la credibilità della magistratura nel suo complesso. Un ragionamento che non ha convinto

Nichi Vendola

Patrono, che -a quanto si è appreso avrebbe ritenuto le espressioni di Vendola non dissimili da quelle che hanno portato la scorsa settimana il plenum del Csm a intervenire a difesa di più magistrati sottoposti a attacchi da parte di politici, a cominciare da quelli del processo Mills.

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