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Brevi dal mondo

Stupro di gruppo quattro arresti LATINA – Una ragazza di 25 anni è stata violentata la notte scorsa a Fondi da quattro stranieri di origine indiana. Il “branco” ha prelevato la giovane in un quartiere popolare di Fondi e l’ha portata in un casolare abbandonato lungo la provinciale FondiLenola. A quel punto è scattata la violenza: è stata la ragazza, riuscita a fuggire, a dare l’allarme. Gli stranieri, identificati dalla ragazza sono stati arrestati dalla polizia.

Bologna, il sindaco sentito in Procura HA incassato l’indennità prevista dalla Regione Emilia-Romagna per una trasferta in Messico quando era vicepresidente, ma era in vacanza a Santo Domingo insieme all’ex compagna ed ex segretaria Cinzia Cracchi. Quello però fu un errore burocratico –per di più veniale, 400 euro circa – non una truffa. Così il sindaco di Bologna Flavio Delbono, indagato anche per peculato e abuso di ufficio, si è difeso davanti al pm Morena Plazzi che l’ha convocato in procura e interrogato per cinque ore secretando poi gli atti. In ogni caso non si dimetterà, ha assicurato.

La mamma di Sanaa rischia l’espulsione ESPULSIONE per mancanza di fonti di sostentamento: è il rischio che corre la madre di Sanaa Dafani – la ragazza di 18 anni uccisa dal padre il 15 settembre 2009 per aver assimilato comportamenti di vita occidentali – che vive con le figlie di quattro e nove anni ad Azzano Decimo, comune del Pordenonese, amministrato dalla Lega Nord e da un sindaco, Enzo Bortolotti, già noto alle cronache per le ordinanze anti-burqa. Nel contesto di una linea dura contro gli immigrati, Bortolotti ha emesso un’ordinanza cosiddetta “antisbandati”.

Domenica 24 gennaio 2010

L’accusa: banda armata per organizzare la secessione

Processo per le “camicie verdi” L’inchiesta di Verona supera lo scoglio dell’udienza preliminare

La “guardia padana”

VENEZIA– Ci sono anche il sindaco di Treviso Giampaolo Gobbo e il parlamentare Matteo Bragantini fra i 36 militanti della Lega Nord rinviati a giudizio nell’inchiesta della Procura di Verona sulla Guardia Nazionale Padana. Il processo si aprirà il primo ottobre prossimo. Il rinvio a giudizio è stato deciso dal Gup di Verona, al termine dell’udienza preliminare nel procedimento che aveva subito due lunghi momenti di pausa per attendere il pronunciamento dapprima di Strasburgo e poi della Corte Costituzionale, sulla posizione degli indagati che

all’epoca erano eurodeputati o di parlamentari. L’indagine, che aveva preso in esame l’operato delle cosiddette «camicie verdi» e che aveva coinvolto anche i vertici del Carroccio, tra i quali il leader Umberto Bossi, Roberto Maroni e Roberto Calderoli – poi usciti dall’inchiesta nel dicembre scorso –fa riferimento al periodo tra il 1996 e il 1997. Secondo l’accusa la Guardia Nazionale Padana sarebbe stata allestita con l’obiettivo anche di organizzare attraverso un’organizzazione armata la resistenza e pianificare l'eventuale secessione.

Pellicce per i sovrani arabi rubate e vendute al mercatino Valevano 20mila euro le rivendevano a mille La polizia ha notato folla alla bancarella

Il mercato del villaggio olimpico

ROMA - Pellicce da 20.000 euro l'una destinate a principi e sovrani dei paesi mediorentali, trafugate all'aeroporto di Fiumicino e rivendute a 1.000-1.500 euro sui banchi del mercatino del venerdì al Villaggio Olimpico. Erano state imbarcate per il Kuwait da una società di importexport e dovevano raggiungere i reali e i petrolieri di Libano, Qatar, Emirati Arabi, Kuwait. A ritrovare la merce, agenti di polizia che hanno notato un grande assembramento di persone intorno ad una bancarella del mercato rionale.

Sette anni all’ex governatore siciliano, ora senatore Udc

Matteoli: «Sono una minoranza»

Aiutò la mafia: in appello pena più dura per Cuffaro

Folla “No Tav” Tornano i cortei nella Val di Susa

dall’aula. Circondato dai suoi fedelissimi – i fratelli e una serie di sostenitori politici - ha preferito brevi dichiarazioni alla conferenza stampa improvvisata con cui, due anni fa, commentò la decisione del tribunale. «Non mi dimetto», aveva detto, allora, sollevato dal fatto che fosse «caduta l’infamante accusa di mafia». «Non cambio il mio percorso politico», ha commentato ieri a caldo. Un’affermazione in parte modificata a fine mattinata quando, attraverso una nota, ha annunciato l’intenzione di lasciare ogni incarico di partito. Non però il seggio di Palazzo Madama. Per un commento alla sentenza occorrerà leggere le motivazioni. Di certo, però, c'è che la corte si è spinta dove i giudici di primo grado non erano arrivati, sostenendo che Cuffaro, autore della fuga di notizie che consentì al boss Giuseppe Guttadauro di ritrovare una microspia in casa sua, favorì non solo il capomafia e il suo sodale, l’ex assessore Udc Mimmo Miceli, intermediario tra il governatore e il padrino, ma l’intera organizzazione Cosa nostra. Lara Sirignano

SUSA (TORINO) – «No Tav», è echeggiato da Susa, dove oggi a migliaia sono sfilati, a dispetto dei 2 gradi sottozero, per ribadire la contrarietà alla nuova Torino-Lione ferroviaria, no al progetto anche se viene analizzato dall’Osservatorio tecnico e dalle indagini nel sottosuolo in corso. «Altro che quattro gatti, siamo 40 mila (20 mila per le forzedell’ordine, ndr) e laTav non sifarà mai», hanno urlato. Pochi comunque, ribatte il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Altero Matteoli: «Una minoranza – ha commentato – ed è curioso che una minoranza pensi di bloccare un’opera che serve all’Italia e all’Europa». «C'è il diritto di protestare – è il pensiero di Matteoli - di esprimersi in modo Una donna al corteo contrario ma la realtà è un’altra.Chisi opponeallaTavè solounapiccola percentuale, fra il 2 e il 5%, non c'e una massa di contrari». Di garanzie la Valsusa ne ha già avute: la pensa così Cesare Trevisani, vicepresidente di Confindustria per le infrastrutture. La partecipazione di massa al corteo di ieri, ha ricordato le proteste del2005:tantefamiglie, instragrandepartevalligiani, un centinaio di amministratori e tra questi molti se non tutti i 23 sindaci che contestano l’osservatorio tecnico della Torino-Lione.

PALERMO – Nella stessa aula in cui, due anni fa, accolse con sollievo, quasi fosse un’assoluzione, una condanna a 5 anni per favoreggiamento semplice e rivelazione di segreto istruttorio, il senatore Udc Salvatore Cuffaro, ex governatore della Sicilia, ha assistito, ieri, al secondo atto della sua vicenda processuale che si è conclusa con un verdetto di colpevolezza e una pena di 7 anni. Una sorta di dejavu con tutti i protagonisti – avvocati, accusa e pubblico –attenti a cogliere, nella lettura di un dispositivo complicatissimo, il cenno all’aggravante mafiosa, esclusa in primo grado, da cui l'ex presidente, allora, avrebbe voluto far dipendere la sua permanenza alla guida della Regione. Avrebbe voluto, perchè poi le cose andarono diversamente e Totò, detto «vasa vasa» (bacia, bacia n.d.r.) per la sua abitudine di schioccare due baci sonori sulle guance degli interlocutori, fu costretto a lasciare. L’epilogo, però, stavolta è stato un altro. Due anni fa il tribunale negò l’aggravante, ritenendo che Cuffaro avesse sì favorito i boss, ma non l’organizzazione Cosa nostra. Ieri, la corte d’appello, pre-

Totò Cuffaro ascolta la sentenza

sieduta da Giancarlo Trizzino, ha invece accertato che l’agevolazione alla mafia ci fu. Una valutazione che ha portato a una riqualificazione in favoreggiamento aggravato del favoreggiamento semplice sancito dal primo verdetto. E che è costata all’ex governatore una condanna a 7 anni di carcere, due in più della vecchia pena. «Non sono mafioso e non ho mai aiutato la mafia, ma rispetterò serenamente la sentenza», ha commentato Cuffaro, ora senatore dell’Udc, uscendo

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2 In Italia e nel Mondo


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