Brevi dal mondo
Mercoledì 7 aprile 2010
Un migliaio di ribelli comunisti attaccano i militari nel nord del paese
Egitto, picchiati i manifestanti
India, massacrati dai maoisti 76 poliziotti
IL CAIRO – Scontri in diversi punti della città, agenti che picchiano manifestanti e si fanno consegnare i telefonini, arresti. Non è Teheran, ma Il Cairo, dove di diverse manifestazioni dei giovani del movimento «6 aprile» sono state disperse dalla polizia e il tentativo di un concentramento di protesta in piazza Tahrir è stato impedito dagli agenti a suon di bastonate.
NEW DELHI – Almeno 76 uomini della sicurezza indiana sono stati massacrati ieri in un’imboscata tesa da un migliaio di ribelli maoisti in una zona selvaggia dello Stato centrale del Chhattisgarh. La strage è una delle più gravi subite dalle forze regolari indiane, che dall’anno scorso sono impegnate in una campagna militare contro i guerriglieri comunisti, che controllano una vasta area del centro e nord est dell’India. Secondo la ricostruzione dei media locali, l’attacco è iniziato all’alba con un’imboscata a una pattuglia di uomini della Forza della riserva centrale di polizia (Crpf), un corpo paramilitare impegnato nella lotta
Rio, piove ottanta vittime RIO DE JANEIRO – Oltre 15 ore di pioggia torrenziale ininterrotta, del tutto anomala per questa stagione, sta provocando il caos a Rio de Janeiro dove si contano finora circa 80 morti per l’alluvione e dove metà della metropoli è sotto l’acqua. E continua a piovere forte, mentre i vigili del fuoco e l’esercito scavano senza sosta alla ricerca di decine di persone scomparse sotto le frane che hanno colpito le favelas.
Preti pedofili si guarda all’India WASHINGTON – Lo scandalo dei preti pedofili americani sta portando l’attenzione dei media sulle diocesi della lontana India. Nelle ultime ore sono emersi infatti due casi di sacerdoti, accusati in passato di aver abusato di minori negli States, che sono stati poi trasferiti in India, il loro paese d’origine, dove proseguono indisturbati la loro attività pastorale.
Iraq, attentati con 100 vittime BEIRUT/BAGHDAD – Sette autobomba e un kamikaze hanno seminato la morte intorno alle 10:00 locali di ieri, le 8 in Italia, in cinque diversi quartieri residenziali della capitale, portando a oltre 100 gli uccisi in soli cinque giorni di violenze. Sei edifici sono crollati a causa delle potenti esplosioni delle autobomba nei quartieri nordoccidentali.
ai maoisti che si trovava nella zona di ritorno da un’operazione di «bonifica». L’agenzia di stampa statale Pti ammette che gli agenti «sono stati colti nel sonno nella foresta di Mukrana», accerchiati ed uccisi da circa 1.000 guerriglieri nascosti dietro una collina e entrati in azione con fucili e bombe. «Sono caduti in una trappola», ha commentato scioccato il ministro degli interni P.K. Chidambaram che ha anche evocato un plateale errore da parte dell’intelligence. Dopo l’attacco, avvenuto nel distretto di Dantewada, considerato una delle roccaforti maoiste, il primo ministro, Manmohan Singh, ha convo-
cato una riunione del consiglio ristretto di governo per discutere una risposta, senza escludere l'intervento dell’aviazione militare. Al termine della riunione il sottosegretario agli Interni, Gopal Pillai, ha assicurato che il governo «è intenzionato a rispondere con fermezza». Il «martedì nero» per l’esercito indiano ha anche sollevato dure reazioni dell’opposizione nazionalista indù del Bjp, che ha definito l’attacco una «guerra contro l’India». Due giorni fa il ministro Chidambaram, che aveva rifiutato di recente una tregua proposta dal leder dei ribelli, Kishanji, visitando una ex base ribelle nel Bengala Occidentale aveva definito
I soccorsi ai feriti dopo l’attacco
i maoisti dei «vigliacchi». Il bilancio delle vittime, attestatosi a 76, potrebbe crescere, anche perchè il battaglione inviato come rinforzo è a sua volta caduto in un’imboscata e molti suoi elementi sono dispersi.
Trattato Start 2. Lavrov: «La difesa antimissile dovrà avere limiti precisi»
Da Mosca aut aut sullo scudo Medvedev vola a Praga per firmare con Obama lo stop al nucleare MOSCA – Il leader del Cremlino Dmitri Medvedev vola a Praga per incassare il suo primo dividendo di politica internazionale, ma lancia un aut aut sullo scudo antimissile Usa in Europa alla vigilia della firma con il presidente americano Barack Obama del nuovo trattato Start sul disarmo nucleare. È stato il ministro degli esteri Serghiei Lavrov a mettere nuovamente in guardia Washington: «la Russia avrà il diritto di uscire dal trattato Start se lo sviluppo quantitativo e qualitativo del potenziale della difesa antimissile degli Usa comincerà a pesare sull'efficacia delle forze nucleari strategiche». Media ed esperti sembrano comunque d’accordo: un «buon compromesso». Rispecchia l’equilibrio degli interessi di entrambi i Paesi e ristabilisce una condizione di piena parità, ribadisce il Cremlino, per il quale questo «avvenimento di grandissimo rilievo» segna «il passaggio della cooperazione tra i due Paesi ad un livello più alto» e «getta le fondamenta di relazioni strategiche qualitativamente nuove». Ma, secondo alcuni analisti, Medvedev rischia di diventare un co-protagonista oscurato dal carisma di Obama, in uno scenario scelto dal capo della Casa Bianca per coronare nello stesso luogo, a distanza di un anno, il suo discorso sulla non proliferazione
nucleare. Non la Svizzera o la Finlandia, che pur erano tra le opzioni, ma Praga, la capitale che inizialmente avrebbe dovuto ospitare parte dello scudo antimissile Usa di un’Europa dell’est sempre più filoamericana. Certo, Medvedev potrà consolarsi con il fatto che Mosca torna a Praga non più con i carri armati ma con spirito pacifista, forgiando una nuova icona da consegnare alla storia. Ma se la firma tra i due presidenti sarà irrobustita da un vertice bilaterale sui temi più caldi, dall’Iran al Medio Oriente, Obama ha deciso di condividere poi il palcoscenico anche con una dozzina di leader dell’Europa
orientale, compresi quelli di Bulgaria e Romania, indicati come possibili nuove sedi dello scudo a stelle e striscie. Un «fuori programma» all’ indomani della prima, storica commemorazione del premier russo Vladimir Putin alle vittime polacche di Katyn, nello sforzo di recuperare un rapporto con l’ex satellite sovietico. Dove tuttavia sembra più scoperto il tallone d’Achille russo è la mancata inclusione nel trattato del legame giuridicamente vincolante tra le armi strategiche offensive e lo scudo antimissile, come chiedeva Mosca e come non poteva concedere Washington Claudio Salvalaggio
Dmitri Medvedev
La regina Elisabetta II ha sciolto la Camera dei Comuni. Sfida cruciale per Brown
È ufficiale: Gran Bretagna al voto il 6 maggio LONDRA–La Gran Bretagna andrà al voto il prossimo 6 maggio, una sfida cruciale che potrebbe mettere fine a 13 anni di dominio laburista, ma che i sondaggi danno sempre più come incerta. Con un rischio: un sostanziale pareggio che produca l’'hung parliament', il parlamento 'appeso' dove nessuno ha la maggioranza assoluta per governare da solo. Poco dopo le 10, ieri mattina, la regina Elisabetta II, cui spetta formalmente il compito e la decisione di sciogliere
il Parlamento, è arrivata a Buckingham Palace in elicottero dal castello di Windsor. Pochi istanti dopo è giunto in auto alla residenza reale il premier Gordon Brown, che ha chiesto alla sovrana – che ha conosciuto ben 11 premier nel suo lungo regno - di sciogliere i Comuni. Quindi Brown, tornato brevemente nel suo ufficio, ha dato l’annuncio (la data era nota ufficiosamente da mesi) fuori dalla porta del numero 10 di Downing Street, circondato dai suoi ministri. . «E' il segreto
peggio custodito degli ultimi anni, le elezioni si terranno il 6 maggio – ha detto il primo ministro - La Gran Bretagna è sulla via della ripresa e non dobbiamo mettere a rischio questa ripresa. È l'ora delle grandi scelte, e io chiedo al popolo britannico un mandato forte e chiaro». Brown ha anche sottolineato come la sua azione di governo sia ispirata dai valori di onestà e sacrificio che ha imparato nella sua famiglia di lavoratori. Patrizio Nissirio
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