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Focus normative
Quando il marchio fa la differenza
Comprare a basso costo nel Far East è molto semplice, sia per gli utenti sia per gli installatori. Ma i rischi che si corrono in termini di sicurezza e responsabilità dovrebbero far riflettere. Ecco perché bisogna proporre esclusivamente prodotti conformi alla normativa europea
Testo di Paolo Galvani
Il dibattito è caldo, caldissimo, soprattutto quando si parla di riscaldatori a gasolio. Ma lo stesso vale per altre componenti fondamentali di un veicolo ricreazionale, come le tanto desiderate batterie al litio o i pannelli solari, per fare qualche esempio. I prezzi dei prodotti commercializzati in Europa sono sensibilmente più elevati di quelli dei paesi asiatici, Cina in testa, e questo rende molto appetibile per il consumatore finale pensare a un acquisto online che può far risparmiare molto denaro. Dietro questo comportamento, di per sé non certo illecito, ci sono però diverse considerazioni da fare, legate in primis alla qualità dei prodotti acquistati e poi alle garanzie e alle responsabilità in caso di problemi. Tenendo conto di un risvolto non secondario legato al ruolo dell’installatore professionista, che potrebbe essere chiamato da un cliente a eseguire il montaggio o la riparazione di un prodotto da lui importato o, peggio, lasciarsi tentare dalla possibilità di acquistare e installare in prima persona accessori comprati direttamente. In quest’ultimo caso, come spiega bene l’avvocato Francesca Guerra, consulente di Assocamp, nelle pagine successive, bisogna fare tutte le pratiche per diventare importatore ufficiale, assolvendo ai relativi obblighi.
I danni causati dai social network
Come detto in apertura, parliamo di componenti, ovvero di prodotti che per essere utilizzati devono essere correttamente montati in modo fisso sul veicolo. Diversi utenti procedono in prima persona, spesso non rendendosi conto dei rischi per la sicurezza che corrono se non si ha una preparazione tecnica adeguata. Purtroppo, i social network hanno aperto un flusso informativo inarrestabile che raramente parte da una fonte corretta e preparata, e l’effetto emulazione finisce per produrre più danni di quanti potrebbe semplicemente fare un singolo. È bene quindi inquadrare correttamente questo tema e non farsi trovare impreparati di fronte alle richieste dei propri clienti: a loro vanno spiegati in modo convincente quali sono i motivi per cui, nonostante un apparente vantaggio economico, è sempre meglio affidarsi a prodotti importati in Europa ufficialmente. Il primo è banale e magari nemmeno troppo decisivo, anche se può rivelarsi seccante: in caso di guasto, far valere la garanzia può essere impossibile, mentre recuperare i pezzi di ricambio (o anche un nuovo prodotto, vista la convenienza economica) può richiedere molto tempo. Il secondo riguarda la qualità intrinseca. Già a livello progettuale, le proposte molto economiche, se comparate a quelle a cui siamo abituati sui mercati europei, sono spesso deficitarie. Molti non se ne preoccupano più di tanto, ma questo a volte significa dover fronteggiare problemi di sicurezza non banali. In alcuni casi, sistemi di protezione che i prodotti europei più costosi adottano come standard, in quelli di derivazione asiatica sono assenti. Per fare l’esempio dei riscaldatori, non sempre sono adottate soluzioni che prevengono il surriscaldamento o che prevedono l’impermeabilità della centralina di controllo. Ma più in generale c’è anche da tenere in conto che una scarsa qualità progettuale influenza a volte anche la vita utile del prodotto.
L’importanza del controllo di processo
Il terzo aspetto riguarda invece il controllo di processo che avviene in fabbrica. È vero che praticamente tutte le aziende occidentali fanno realizzare nel Far East i loro prodotti, ma le modalità di verifica sul campo e i controlli post-produzione sono eseguiti con grande attenzione. Per ciò che viene costruito in quei luoghi e venduto con marchi locali non è infrequente
Il parere dell’avvocato
di Francesca Guerra, consulente Assocamp
Nel mondo dei veicoli ricreazionali l’irreperibilità dei materiali e, di conseguenza, di ricambi e accessori, aggiunta all’aumento dei prezzi di listino, sta incrementando un fenomeno temuto dai professionisti del settore: il reperimento dei pezzi presso mercati non tutelati. Se da principio tale circostanza riguardava pressoché soltanto i privati, impegnati a rintracciare con l’aiuto di Internet accessori e ricambi in ogni dove al prezzo minore possibile, la tentazione sta ora aggredendo anche concessionari e riparatori. L’acquisto da parte dei privati spaventa. Non è dato sapere quali modifiche apportino ai veicoli e da chi le facciano eseguire. Proliferano in Rete inquietanti tutorial che indicano come installare riscaldatori cinesi, inverter, pannelli fotovoltaici e chi più ne ha più ne metta. La responsabilità di questi acquisti e di queste installazioni “fai da te” evidentemente non può ricadere sul concessionario. Non ce ne preoccupiamo. Ci preoccupiamo, invece, dell’acquisto e dell’installazione eseguiti dai professionisti concessionari/riparatori. In quali responsabilità possono incorrere? La normativa da prendere in considerazione è quella relativa alla marchiatura CE. Il marchio CE è indice di conformità del prodotto ai requisiti di sicurezza o di qualità minima dettati dalla Comunità Europea e ne consente la libera circolazione all’interno del mercato continentale. Non riguarda ogni bene, ma soltanto quelli specificamente indicati nelle apposite direttive. Solitamente si tratta di beni che, per l’utilizzo che ne viene fatto o per il materiale di cui sono composti, potrebbero risultare dannosi o pericolosi per la salute del consumatore (per alcuni esempi, con i riferimenti della specifica normativa, si veda il box pubblicato qui sotto). A seconda del tipo di prodotto, la normativa per la marcatura CE può richiedere obblighi più o meno dettagliati, che vanno dalla dichiarazione di conformità all’etichettatura, dalla predisposizione del manuale di istruzione e installazione alla tenuta di un fascicolo tecnico che indichi gli esami di laboratorio eseguiti, i materiali utilizzati, gli schemi di progettazione e funzionamento e così via, dalla mera autocertificazione alla certificazione di un Ente Notificato e via dicendo... Questi ultimi incombono sul produttore se ha la sede all’interno della Comunità Europea, mentre se è extra UE, detti obblighi incombono sull’Importatore, inteso come quella persona, fisica o giuridica, che immetta nel mercato comunitario un prodotto originario di un paese terzo. La violazione degli obblighi riconducibili alla marcatura CE, ovvero all’indebita marcatura CE, nel caso questa sia obbligatoria, possono comportare, a seconda della direttiva interessata, il ritiro del prodotto da parte dell’autorità competente, sanzioni amministrative pecuniarie (affatto leggere) e talvolta possono essere riconducibili persino a fattispecie penali. Non sono da trascurare nemmeno le responsabilità civilistiche nei confronti dei clienti. Posto che la marcatura CE in regime di obbligatorietà rappresenta una pre-condizione all’immissione sul mercato dei prodotti, il difetto di marcatura comporta automaticamente un vizio della vendita riconducibile alla disciplina del codice civile, se l’acquirente è un professionista, o a quella del Codice del Consumo, se l’acquirente è un consumatore. La merce priva di marcatura, infatti, è qualificata come non commerciabile e quindi
completamente inidonea all’utilizzo e alla
distribuzione. Senza considerare le responsabilità che derivano dall’immissione nel mercato di prodotti non sicuri. Pertanto, concessionari e riparatori che acquistano un bene al di fuori della Comunità Europea per rivenderlo e installarlo ai propri clienti devono innanzitutto controllare se tale bene è compreso in una delle direttive che impongono il marchio CE. Se lo è, devono assolvere a tutti gli obblighi loro imposti quali importatori pena pesanti conseguenze sotto vari profili di responsabilità.
trovarsi di fronte a controlli decisamente meno stringenti. Del resto, le economie devono pur avere una qualche origine… In cosa si può tradurre una scarsa attenzione in queste fasi? Possibile che magari parlando di una pressofusione in alluminio, teoricamente sempre uguale, ci possano essere delle differenze? Beh, proprio in questo caso si possono verificare problemi di porosità nel materiale utilizzato, che può anche portare, nel caso di una camera di combustione, al rilascio di gas proprio dove non ce li si aspetta. In tutto questo, non resta comunque che scoraggiare i clienti nella pratica del fai-da-te, perché non c’è nulla di peggio che aggiungere alla scarsa qualità anche l’incompetenza: qui il livello di rischio si alza notevolmente, sia che si abbia a che fare con l’energia che con il combustibile. Domanda che andrebbe posta in modo molto franco: ne vale davvero la pena?
Il rispetto delle norme
Un ultimo aspetto, che sviluppiamo in queste pagine anche con l’autorevole parere dell’avvocato Guerra, riguarda la controversa marcatura CE: non la “famigerata” China Export, ma quella ufficiale della Comunità Europea. Non si
Le principali direttive CE
Secondo quanto previsto dalla normativa comunitaria, sono molte le tipologie di prodotto per cui è necessaria la presenza del marchio CE, senza il quale il bene non può essere posto in vendita all’interno dei confini europei. Ecco qualche esempio: • gli apparecchi a gas utilizzati per la cottura, il riscaldamento, la produzione di acqua calda, il raffreddamento, l’illuminazione, il lavaggio (Direttiva 1993/68/CE, recepita con DPR n. 661/1996) • le apparecchiature di telecomunicazione (Direttiva 1999/5/CE del 9.3.1999, recepita con D.L.vo n. 519/1992) • gli apparecchi destinati a essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva (Direttiva 1994/9/CE del 23.3.1994 recepita con DPR n. 126/1998) • le caldaie ad acqua calda alimentate con combustibili liquidi o gassosi con potenza nominale pari o superiore a 4 kW (Direttiva 1992/42/CE del 21.5.1992, recepita con DPR n. 660/1996) • gli apparecchi elettrici ed elettronici, nonché gli impianti e le installazioni che contengono componenti elettrici e/o elettronici (Direttiva 1989/336/CEE del 3.5.1989, recepita con DPR n. 476/1992) • il materiale elettrico, destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione (Direttiva 1973/23/CEE del 19.2.1973, recepita con legge n. 791/1977)
tratta infatti di un orpello inutile, ma è la prova della conformità tecnica ottenuta in base alle direttive specifiche per ciascuna tipologia di prodotto, nonché la conferma della presenza di un’azienda o comunque di un soggetto giuridico in Europa, che si fa carico delle responsabilità del prodotto. In qualità di installatori, tra l’altro, si è legalmente responsabili per gli interventi non eseguiti con la relativa professionalità, oltre che a livello personale qualora si verifichi un evento infausto, se l’installazione del prodotto privo del marchio CE si può ritenere la causa dello stesso o una delle concause. Oltre alle direttive europee, anche il codice del consumo parla di prodotti non sicuri e indica come responsabili, oltre al produttore e all’importatore, “gli altri operatori professionali della catena di commercializzazione nella misura in cui la loro attività possa incidere sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti”. Le sanzioni applicabili variano a seconda della direttiva CE interessata, che cambia per ogni prodotto potenzialmente “pericoloso”, e del Decreto Legislativo 21 maggio 2004, n. 172 relativo alla sicurezza generale dei prodotti. In quest’ultimo caso, per fare un esempio, il responsabile può essere punito con l’arresto da sei mesi a un anno e con un’ammenda da 10.000 a 50.000 euro, salvo che il fatto costituisca più grave reato. Questo va spiegato bene ai clienti che si presentano con questo tipo di richieste. La presenza del marchio CE non è ovviamente garanzia di qualità superiore (che in alcuni casi può benissimo essere paragonabile), ma certamente di rispetto delle norme e della conformità tecnica.
Foto di due prodotti senza marchio CE, provenienti dal web
Attenzione alla garanzia!
Acquistando prodotti dal Far East bisogna tenere conto delle difficoltà di far valere la garanzia. Dato che per il consumatore il responsabile è sempre il venditore, se si è acquistato per esempio in Cina è là che bisogna tornare in caso di problemi. A volte si trovano prodotti convenienti anche in Europa, e anche in questo caso il meccanismo è lo stesso. Va meglio quando si acquistano prodotti di marca conosciuta, per cui magari è presente una rete di assistenza in Italia. Va ricordato, in questo caso, che la garanzia legale (di due anni per il consumatore, di un anno per il professionista) è sempre in capo al soggetto che ha materialmente venduto l’oggetto, indipendentemente dalla marca. Se è invece presente anche una garanzia offerta dal produttore, bisogna verificarne le condizioni. Non è scontato, per esempio, che se l’acquisto non è avvenuto presso un rivenditore ufficiale si possa richiamare questa garanzia: normalmente è applicabile presso tutti i punti vendita o assistenza ufficiali, ma le condizioni possono escludere questa possibilità se l’acquisto è avvenuto attraverso canali non riconosciuti dal produttore, come la cosiddetta importazione “parallela”. In questo caso, se si vuole ottenere un intervento di riparazione bisogna mettere mani al portafogli.
Camper Professional dice NO ai prodotti di scarsa qualità e fai da te
Camper Professional ribadisce la sua posizione: siamo contrari all’installazione da parte di professionisti di prodotti di scarsa qualità che hanno a che fare con elettricità, gas, gasolio, fumi di scarico. Come abbiamo già evidenziato sul numero 1 di questo giornale, come è possibile che ci siano tecnici di officina disposti a installare prodotti come riscaldatori a gasolio di basso costo e bassa qualità su un camper dove dormono, vivono e soggiornano delle famiglie? Eberspächer ha effettuato un test in laboratorio a pari condizioni di impiego, su un prodotto di provenienza cinese e un Airtronic S2D2L evidenziando che: • la temperatura alla bocca di uscita è di 155° in funzionamento normale (vs. 108°, +43,5%), rischiosa per gli stessi componenti del sistema di distribuzione aria • la temperatura massima (surriscaldamento) supera i 300° • c’è carenza di isolamento di connettori e cablaggi elettrici, con la possibilità di cortocircuiti che possono dare luogo a un
principio di incendio • che la protezione elettrica del dispositivo di comando tramite un unico fusibile da 20A è inefficace e c’è il rischio di sovracorrenti nel relativo cavo di alimentazione (rischio di innesco di incendio) • non è stato possibile verificare una prova di tenuta ai gas dello scambiatore di calore: si segnala tuttavia che, trattandosi di un dispositivo a combustibile, un’eventuale porosità dello scambiatore, per esempio per via di uno scarso controllo del processo di produzione, comporta l’ingresso in abitacolo dei relativi gas di scarico con il conseguente rischio di intossicazione.
Camper Professional si affianca ad Assocamp anche nella lotta al fai da te che può portare a conseguenza gravissime, del singolo, di più persone e dell’intero settore. Riportiamo di seguito le parole del presidente di Assocamp, Ester Bordino, già pubblicate sul nostro giornale alcuni mesi fa: “Purtroppo, assistiamo a un Far West dove camperisti e caravanisti smontano impianti delicati come stufe e frigoriferi o si improvvisano tecnici mettendo mano all’ impianto elettrico del veicolo. Qualcuno installa da solo antenne, moduli fotovoltaici e telecamere di retromarcia. Qui, oltre ai rischi connessi all’elettricità, cioè il non corretto dimensionamento dei cavi e i collegamenti non eseguiti a regola d’arte, vengono praticati dei fori sulla scocca che portano quasi sempre alle infiltrazioni. Ancor più grave è quando questi interventi improvvisati coinvolgono l’installazione di prodotti a basso costo e scarsa qualità, acquistati su Internet, come batterie al litio o riscaldatori a gasolio prodotti in Oriente. Qui il rischio si moltiplica. La situazione è grave: questi interventi operati da dilettanti su componenti sensibili di camper e caravan, sono vere e proprie manomissioni e rendono insicuri i veicoli ricreazionali in circolazione sulle strade o parcheggiati uno accanto all’altro nei campeggi e aree di sosta”.
Riscaldatori low cost, moda pericolosa
Luci e ombre dei riscaldatori a basso costo provenienti dall’Oriente. Gli utenti si sono organizzati su Facebook con diversi gruppi destinati principalmente a risolvere i problemi che quasi sempre coinvolgono questi prodotti, talvolta dovuti a difetti di fabbricazione, talvolta a installazioni fai-da-te non corrette
Testo di Francesco Rossi
Pur avendo un gruppo Facebook che conta oltre diecimila iscritti, i riscaldatori a gasolio di origine cinese non sempre raccolgono plausi. Le persone soddisfatte dalle prestazioni non mancano, naturalmente, ma le segnalazioni di chi invece ha registrato problemi fanno riflettere. Anche togliendo dal piatto temi fondamentali come qualità, sicurezza e conformità, rimangono i disagi per chi si trova di fronte a problemi di diversa natura. “Ha funzionato per diverse notti negli ultimi tre mesi,” scrive Germana. “L’ho usato una settimana fa, perfetto, e dopo tre giorni appena l’ho riacceso: la ventola funziona, ma il riscaldatore non parte. Mi dà ‘Errore 3’ e ora sento solo un ‘clac’ quando lo accendo. Il cinese è nuovo, preso tre mesi fa e installato in un centro camper e caravan”. A questa storia manca il lieto fine. Dopo un ampio confronto con gli altri membri del gruppo, questa la sconsolante conclusione: “Ieri sono andata dall’installatore, che ha cambiato la candeletta, tutti i cavi e la pompa. Poi lo ha connesso direttamente a una batteria carica e potente e testato tutti i fili. Alla fine, ha cambiato riscaldatore con uno nuovo, ma anche quello dà errore, questa volta con codice 04. Dopo ore di tentativi e tanto freddo, niente: non ne siamo venuti fuori e sono tornata a casa senza cinesino”. Meno grave, ma comunque fastidioso, il problema che registra Mick: “Metto il timer per l’accensione automatica (premetto che ha solo questa e non l’auto-spegnimento), inserisco il tempo (per esempio tra cinque ore) ma spesso non parte, e se vado a vedere il tempo residuo magari mancano due ore e mezza all’accensione. A qualcuno succede?”. Tra le risposte: “Anche a me non riesce di farlo partire... stesso problema del tuo”; “Alla partenza anche il mio fa quello che vuole”; “Ho lo stesso problema, però tre volte su cinque funziona correttamente!”; “Anch’io stesso problema e secondo me è colpa del computer”. Grande la delusione di Andrea: “Livigno, 5 del mattino: il cinesino all’improvviso comincia a non scaldare più, dal display si vede che comincia a raffreddarsi da solo e all’improvviso inizia a buttare fumo di scarico in cabina. Per fortuna ero presente e soprattutto sveglio, ho spento tutto con il tasto Off, ho acceso il Turbovent e ho aperto la porta per cambiare aria. Esco a vedere cosa possa essere accaduto e vedo la marmitta piena di fuliggine...”. Molti i pareri degli altri membri, ma nessuna risposta definitiva. I maggiori indiziati sono un montaggio errato o la camera di combustione con problemi di fessurazione. Infine, Gianluca segnala diverse anomalie, anche se alla fine è riuscito a risolverle. “Ho avuto quattro problemi durante l’installazione: il pescante faceva ca**re, quindi ho preso quello del W****** e montato direttamente nella struttura del pescante del serbatoio: purtroppo non ho foto, ma non è una procedura così incredibile; lunghezza dei cavi e sezione: non riuscivo a usare le spine in dotazione; scarico che sfiata dal collettore e inonda a il sottoscocca di fumo; pompa che perde gasolio. Ho seguito i consigli del gruppo in ogni aspetto dell’installazione e ora è fantastico: non fuma più, a parte un mini-sbuffetto in accensione, ma poco proprio”.
Domande e risposte sul Gruppo Facebook: “Club felici possessori riscaldatore Diesel cinese” Gruppo privato con 10.289 membri
E io lo monto in verticale
Buongiorno, ho un problema con il mio cinebasto, mi continua a segnare E-08 oppure E-10. Ho controllato la linea del Diesel ma nessun problema. Ho persino fatto andare la pompa per vedere se gira bene e così è. Non so dove sia il problema, ci sono due caratteristiche che possono essere delle criticità, la prima è che il cinebasto è dentro una scatola all’esterno della macchina e andando sotto zero magari il Diesel si è addensato. Altra cosa è che il bruciatore è disposto verticalmente e magari non lavora bene. Cosa ne pensate sono un po’ in crisi.
Preziosi suggerimenti
Nel mio cinese con guscio in alluminio la ventola gratta in ogni posizione. Il guscio in plastica si deforma per nulla, probabilmente col suo stesso calore. Muovo un pochino il guscio smette. Chiudo la panca, mi siedo e gratta. Lo smuovo e smette. Ho provato a spostare la ventola. Ho provato di tutto. Non c’è niente da fare. Suggerimento dal gruppo: Hai provato a inclinarlo un po’? Altro suggerimento dal gruppo: E se accorci le pale della ventola
Quando la soluzione diventa parte del problema
I vostri tutorial dicono che E19 sia un errore di alimentazione. Ma ho cambiato la pompa con una di una marca blasonata che costa quasi come il riscaldatore cinese. Parte, ma poco dopo fa rumore e si spegne.
Invito al fai da te: al 90% starai al caldo!
Buonasera, è normale che il meccanico mi abbia chiesto 600 euro per montare il cinebasto? 200 euro di cinebasto e 400 di manodopera. Suggerimento dal gruppo: Ma montalo da solo. Mal che vada lo rovini, cosa un po’ improbabile, con 120 euro ne compri un altro e stai sempre tu in attivo. Basta seguire alla lettera le istruzioni che trovi nel gruppo e stai al calduccio, come il 90% dei possessori.
Il riscaldatore prende fuoco perché difettoso, ma “l’installatore sta mentendo”
Buongiorno a tutti, ho una domanda. Vorrei tanto installare il cinebasto ma ho dei dubbi. Ne sento parlare molto bene, ma poco più di un mese fa a un caro amico ha preso fuoco creando un gran danno al mezzo e per poco anche a lui. Premetto che lui se l’è fatto montare da professionisti e che dopo l’incidente hanno appurato che il cinebasto era difettoso. So che non potrebbe succedere ma se quello che monterò io fosse anch’esso difettoso? Avete qualche modello in particolare da consigliarmi? Risposta dal gruppo: Una persona che conosce come funziona il riscaldatore non direbbe mai una cosa simile. Di solito è un modo che usano questi “pseudo professionisti” per togliersi ogni responsabilità. Io se fossi il tuo amico farei fare una perizia per capire com’era montato il riscaldatore. E sono sicuro che si scoprirebbero gli altarini. Risposta dell’utente che ha fatto la domanda: La perizia è stata fatta in un’altra officina. Non dove gliel’hanno montato. Non penso che stessero difendendo i colleghi perché l’officina dove è stato montato è a Verona e lo ha portato a controllare nell’officina più vicina a lui subito dopo l’incidente, in Francia.