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Associazioni
di Ester Bordino Presidente Assocamp
Facciamo un minimo di chiarezza sulle modifiche apportate al Codice del Consumo con l’aiuto dell’avvocato Francesca Guerra
Codice del Consumo: importanti novità in vigore da gennaio
Dal primo gennaio 2022 entrano in vigore importanti modifiche al Codice del Consumo. Le modifiche apportate riguardano in modo significativo gli operatori del settore veicoli ricreazionali e per questo motivo abbiamo dato mandato al nostro studio legale di elaborare un documento che possa in questa fase fare un minimo di chiarezza, e che abbiamo esteso a tutti i nostri associati il giorno 16 dicembre 2021. Ecco il documento nella sua veste integrale.
Messaggio dell’avvocato Francesca Guerra agli associati Assocamp del 16 dicembre 2021
Avrete sicuramente appreso che con il Decreto Legislativo n. 170/2021 sono state apportate modifiche al Codice del Consumo. Avrà efficacia a decorrere dal primo gennaio 2022 e dobbiamo perciò prepararci fin d’ora.
La norma riguarda il capo I del titolo III della parte IV del Codice del Consumo e, dunque, tutte quelle disposizioni che spesso insieme utilizziamo per capire se dobbiamo rispondere o meno di un difetto di conformità (art. 128 e seguenti). Sarà applicata a tutti i contratti conclusi dopo il primo gennaio (per le vendite fino a quel momento effettuate e per i relativi vizi, viceversa, varrà la normativa ora in vigore).
Non vi tedierò sulle modifiche nello specifico, sono molteplici (alcune, tra l’altro, riguardano la vendita di beni di contenuto digitale e quindi non ci interessano se non marginalmente) ed avremo modo di affrontarle man mano, probabilmente anche con appositi corsi formativi. Oggi mi preme mettervi in allarme su alcune questioni di impatto immediato sulle vostre attività.
Vediamo dunque quali sono, sostanzialmente, i cambiamenti a cui dovete prestare attenzione:
• E’ apparentemente sparito l’obbligo di denuncia del consumatore.
Una delle domande che ho sempre posto durante i nostri colloqui è “il cliente vi ha avvisato del difetto (o ha contattato direttamente il produttore)? Se sì, quando?”. Il motivo è costituito dal secondo comma dell’art. 132 per il quale “il consumatore decade dai diritti previsti… se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto”. Dunque in mancanza di denunzia nei termini corretti il consumatore decadeva dal suo diritto. La ragione è semplice: il venditore deve poter conoscere il vizio nel più breve termine possibile, per poter esaminare il bene quanto prima e per poter proporre la riparazione evitando ulteriori conseguenze negative, se del caso. Ora tale decadenza sembra sparita, il comma citato è stato eliminato. Alla sottoscritta pare una grave lesione della sfera del venditore, già penalizzato fortemente a favore del consumatore. Attendiamo interpretazioni di dottrina e giurisprudenza per capire la portata della norma, considerato che in altri punti del nuovo testo si parla di “comunicazione al venditore del difetto” (es. art. 135 sexies “è nullo ogni patto, anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformità, volto ad escludere o limitare a danno del consumatore, anche in modo indiretto, i diritti riconosciuti dal presente capo”). Che senso ha citare la comunicazione senza prevederne l’obbligo?
• La penalizzazione dell’inversione dell’onere della prova.
Un’altra domanda costante nei nostri colloqui è: quanto tempo è passato dalla consegna? Chi mi contatta per quesiti o vertenze ormai sa che il discrimine sono i sei mesi: per i problemi che si manifestano prima di sei mesi dalla consegna consiglio sempre di cercare un accomodamento con il cliente (salvo che sia sicuro e lampante che non si tratta di vizio di conformità), per i problemi che si manifestano dopo, invece, ragioniamo sulle circostanze specifiche per decidere il da farsi. Il comma 3 dell’art. 132, infatti, stabilisce (stabiliva)
che “salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità”. Purtroppo la disposizione è stata sostituita con l’art. 135: “salvo prova contraria, si presume che qualsiasi difetto di conformità che si manifesta entro un anno dal momento in cui il bene è stato consegnato esistesse già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità”. Quindi non più sei mesi ma un anno! La disposizione mi sembra parecchio penalizzante (l’anno, poi, se ci si ricorda di ridurla espressamente, coincide con tutto il periodo della garanzia per i beni usati!).
• La ”eliminazione” della normale diligenza del consumatore.
Se l’art. 129 prevedeva che non fosse difetto di conformità quello conosciuto dal consumatore al momento della conclusione del contratto o quello che comunque lo stesso avrebbe potuto conoscere con una normale diligenza, ora l’art. 130 stabilisce che “non vi è difetto di conformità…se, al momento della conclusione del contratto di vendita, il consumatore era stato specificamente informato del fatto che una caratteristica particolare del bene si discostava dai requisiti oggettivi di conformità… e il consumatore ha espressamente e separatamente accettato tale scostamento…”. Non è più sufficiente, dunque, provare che il consumatore conosceva il difetto o che il difetto era tale da essere rinvenibile facilmente, con la normale diligenza, ma è necessario che la “caratteristica” che rende difforme il bene sia espressamente e separatamente accettata dal consumatore stesso. Inutile evidenziare l’importanza della descrizione dettagliata del bene fatta in contratto o in separata attestazione di conformità (se si vende un bene usato e se si ritiene di compilarla). Meglio far siglare l’acquirente nella parte del documento relativa, di fianco alla descrizione della caratteristica che, ipoteticamente, potrebbe poi generare un vizio.
• È stata eliminata, purtroppo, anche quella parte dell’art. 130 che prevedeva che, in caso di risoluzione del contratto o riduzione del prezzo “nel determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si tiene conto dell’uso del bene”. Ora è previsto soltanto che “il venditore rimborsa al consumatore il prezzo pagato per il bene al ricevimento del bene o delle prove fornite dal consumatore in ordine al fatto di aver restituito o spedito il bene”. Attendiamo interpretazioni di dottrina e giurisprudenza ma allo stato sembra che il venditore debba restituire l’intero corrispettivo.
Un piccola consolazione infine con alcuni punti favorevoli: • Nella disposizione relativa al diritto di regresso non compare più la dizione “salvo patto contrario o rinuncia”. Nel caso che il venditore fosse chiamato ad eseguire uno dei rimedi previsti in caso di vizio di conformità, infatti, era precedentemente previsto che potesse agire in regresso nei confronti del responsabile facente parte della medesima catena contrattuale distributiva, salvo non vi avesse rinunciato o non vi fosse un patto precedente con il fornitore che escludeva il regresso stesso. Se ricordate, abbiamo infatti esaminato contratto per contratto per capire se qualche produttore lo avesse escluso. Ebbene, pare che ora non vi sia più possibilità di esclusione. Circostanza da approfondire perché sappiamo che, se non sono modificabili le garanzie a tutela del consumatore, solitamente si ammette quasi ogni sorta di modifica quando il rapporto è tra due professionisti;
• Con interpretazioni estensive della normativa precedente ci si poteva arrivare ugualmente ma ora è stato specificato che: “il venditore può rifiutarsi di rendere conformi i beni se la riparazione e la sostituzione sono impossibili o se i costi che il venditore dovrebbe sostenere sono sproporzionati…”;
• art. 135-ter: “qualora si debba rimediare al difetto di conformità mediante riparazione o sostituzione dei beni, il consumatore deve metterli a disposizione del venditore…”. Abbiamo sempre detto che il venditore aveva il diritto di esaminare i mezzi viziati e che il cliente non aveva invece il diritto di farli riparare altrove per poi chiedere il ristoro di quanto pagato. La nostra convinzione, però, non trovava diretto riconoscimento nella legge ma in una sua interpretazione estensiva, oltre che nelle dichiarazioni di alcune associazioni di consumatori. Ora sappiamo che il cliente deve mettere a disposizione il mezzo.
Come precisato, tale comunicazione non ha alcuna presunzione o intenzione di essere esaustiva e precisa. Ci vorrà del tempo, sia per apprendere le modifiche specificamente, sia per capire che applicazione ne verrà fatta.