Apinforma n. 10 del 31 maggio 2018

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NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE PICCOLE E MEDIE INDUSTRIE

APINFORMA numero 10 31 maggio 2018

IN PRIMO PIANO EXPORT MARKETING

INFORMAZIONI COMMERCIALI IN ITALIA E ALL’ESTERO

APINFORMA - Quindicinale di informazione dell’Associazione Piccole e Medie Industrie

FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO

LAVORO

SICUREZZA E AMBIENTE

EDILIZIA

EXPORT MARKETING

ORGANIZZAZIONE




NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE PICCOLE E MEDIE INDUSTRIE

APINFORMA

numero 10 31 maggio 2018

Sommario La rateizzazione di Unico 2018 FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO

8

Le spese di rappresentanza

10

Bonus pubblicità

14

Pagamento delle retribuzioni con strumenti tracciabili

16

Sentenze della Cassazione e del Consiglio di Stato

17

Istanze di prevenzione incendi

20

Classificazione dei rifiuti

21

Le funzioni del direttore dei lavori (2a parte)

23

L’ANAC delibera sui costi della manodopera

26

LAVORO

SICUREZZA E AMBIENTE

EDILIZIA


VIA MANIAGO, 2

|

UDINE

|

0432 481464

|

WWW.WSI.IT


EXPORT MARKETING

ORGANIZZAZIONE

Informazioni commerciali in Italia e all’estero

28

Riduzione compensata dei pedaggi autostradali 2017

29

Autotrasporto. Manomissione del tachigrafo

31

C.d.s., notifica verbali a mezzo PEC

32

Dateci il vostro indirizzo di posta elettronica per comunicare più facilmente, per fornirvi informazioni in tempo reale e per realizzare economie di scala. info@confapifvg.it

Editore Redazione Associazione Piccole e Medie Industrie del Friuli Venezia Giulia - Confapi FVG Viale Ungheria, 28 33100 Udine Tel. 0432 507377 www.confapifvg.it

Direttore Responsabile Lucia Cristina Piu Registrazione presso il Tribunale di Udine n. 404 del 27.08.1977

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Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana



La rateizzazione di Unico 2018 DOPO LA PROROGA RIDISEGNATO IL CALENDARIO

LA PROROGA Il D.L. 193/2016 ha modificato i termini di versamento delle imposte relative alle dichiarazioni annuali, tali modifiche hanno ridefinito anche il calendario dei versamenti rateizzati. Il nuovo termine di versamento delle imposte è slittato dal 16 giugno al 30 giugno. Poiché quest’anno il 30 giugno cade di sabato, il termine è differito al 2 luglio. I contribuenti che intendono utilizzare l’ulteriore proroga di trenta giorni che prevede la maggiorazione dello 0,40%, avranno tempo fino al 20 agosto per effettuare il versamento perché il 1° agosto, che sarebbe il 30° giorno successivo, cade all’interno della proroga di ferragosto. I termini di cui sopra oltre a riguardare l’Irpef, l’Ires e l’Irap interessano anche altri tributi legati al modello Unico come la cedolare secca, l’Ivie, l’Ivafe nonché il diritto camerale.

loro pagamento deve essere in ogni caso completato entro il mese di novembre. Sulle somme oggetto di rateizzazione sono dovuti gli interessi nella misura annua del 4%. Gli interessi decorrono dal giorno successivo a quello di scadenza del termine entro il quale deve essere eseguito il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi. In ogni caso, la prima rata deve essere versata entro i termini sopra citati, mentre le rate successive non hanno subito modifiche e pertanto vanno pagate entro il giorno 16 di ciascun mese per le società di capitali, per le società di persone e per le persone fisiche titolari di partita IVA ed entro l’ultimo giorno di ogni mese per le persone fisiche non titolari di partita IVA. In caso di compensazione di debiti con crediti di Unico, se i crediti sono maggiori dei debiti, la maggiorazione dello 0,40% non è dovuta. Se invece i debiti sono superiori ai crediti, la maggiorazione si applica sulla sola differenza. L’importo degli interessi si calcola in maniera forfetaria a partire dalla seconda rata, applicando il tasso risultante dalla formula i x t /360 30 4% x ------- = 0,33% 360

LA RATEIZZAZIONE Ai contribuenti è riconosciuta la possibilità di rateizzare il versamento delle imposte legate al modello Unico. La rateazione non deve riguardare necessariamente tutte le imposte dovute a titolo di saldo e primo acconto. Il contribuente ha quindi più opzioni a disposizione, può scegliere senza vincoli l’imposta che intende rateizzare e quella che desidera pagare in un’unica soluzione, può ad esempio decidere di rateizzare il saldo e non l’acconto o viceversa e può scegliere un numero di rate diverse per imposte a saldo e in acconto. E’ tuttavia consigliabile scegliere un’unica modalità di rateizzazione con riferimento a tutti gli importi dovuti, per evitare inconvenienti in sede di controllo dei pagamenti effettuati. Le rate devono essere tutte di importo uguale e il

dove: i = tasso di interesse annuo (4%); t = numero dei giorni calcolato secondo il metodo commerciale (un mese = 30 giorni), che intercorre fra la data di scadenza della prima rata e quella di scadenza della seconda (a prescindere, quindi, dal giorno dell’effettivo pagamento) con arrotondamento alla seconda cifra decimale. Le rate successive alla seconda andranno maggiorate di un ulteriore 0,33% mensile a prescindere dalla data di pagamento della rata. Gli interessi per la rateizzazione vanno indicati separatamente sul Mod. F24 con il relativo codice tributo: - 1668 per gli interessi delle imposte che vanno indicate nella Sezione Erario; - 3805 per gli interessi delle imposte che vanno indicate nella Sezione Regioni;

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- 3857 per gli interessi delle imposte che vanno indicate nelle Sezione IMU ed Altri Tributi Locali. Ricordiamo che per i soggetti IRES il pagamento deve essere effettuato entro l’ultimo giorno del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta. I soggetti che approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, dovranno effettuare i versamenti entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello di approvazione del bilancio. Nel caso in cui il bi-

lancio non venga approvato entro il termine massimo, i versamenti devono comunque essere effettuati entro l’ultimo giorno del mese successivo alla data fissata per l’approvazione. In caso di versamento rateale, gli importi (sia delle imposte che degli interessi) non vanno indicati in unità di Euro, ma in centesimi con arrotondamento per eccesso o per difetto secondo che la terza cifra decimale sia superiore o meno a quattro. Ricordiamo che i pagamenti in scadenza tra il 1° e il 16 agosto slittano al 20 agosto.

CONTRIBUENTI NON TITOLARI DI PARTITA IVA

Rata

Versamento prima rata entro il 2 luglio 2018

Versamento prima rata con + 0,40 il 20 agosto 2018

Scadenza

Interessi %

Scadenza

Interessi %

1

2 luglio

0

20 agosto

0

2

31 luglio

0,31

31 agosto

0,11

3

31 agosto

0,64

1 ottobre

0,44

4

1 ottobre

0,97

31 ottobre

0,77

5

31 ottobre

1,30

30 novembre

1,10

6

30 novembre

1,63

Si ricorda che il 30 settembre è festivo. CONTRIBUENTI TITOLARI DI PARTITA IVA Ditte individuali, società di persone e società di capitali con esercizio coincidente con l’anno solare Rata

Versamento prima rata entro il 2 luglio 2018

Versamento prima rata con + 0,40 il 20 agosto 2018

Scadenza

Interessi %

Scadenza

Interessi %

1

2 luglio

0

20 agosto

0

2

16 luglio

0,16

20 agosto

0

3

20 agosto

0,49

17 settembre

0,33

4

17 settembre

0,82

16 ottobre

0,66

5

16 ottobre

1,15

16 novembre

0,99

6

16 novembre

1,48

ADEGUAMENTO STUDI DI SETTORE Nei casi in cui si debba procedere all’adeguamento dei ricavi o compensi alle risultanze degli studi di settore, si deve versare: - la maggiore Iva dovuta entro il 2 luglio o entro il 20 agosto con la maggiorazione dello 0,40%; - la maggiorazione del 3% se la differenza tra

i calcoli di GERICO e quelli contabilizzati sia superiore al 10% dei ricavi o compensi contabilizzati. Quest’ultimo versamento può essere differito al 20 agosto versando la maggiorazione dello 0,40%, ma non può essere rateizzato.

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(PZ)


Le spese di rappresentanza loro principale caratteristica. Non esiste in queste spese un rapporto sinallagmatico, vale a dire che a fronte di una prestazione resa, non corrisponde il pagamento di un corrispettivo o di una controprestazione.

LE PERCENTUALI CALCOLATE SULL’AMMONTARE DI RICAVI

IL TRATTAMENTO FISCALE RELATIVO ALLE IMPOSTE DIRETTE La norma citata prevede che la deducibilità delle spese di rappresentanza sia legata al periodo di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità individuati da apposito decreto. Il DM 19 novembre 2008, ha previsto un meccanismo di deduzione commisurato all’ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi con una struttura tipicamente a scaglioni. L’art. 9 del D.Lgs. n. 147/2015 (decreto internazionalizzazione) ha ridefinito le percentuali di deducibilità a partire dal 2016, mantenendo invariati i principi e i concetti di fondo. Di seguito la tabella che pone in evidenza le diverse percentuali di deducibilità in base ai ricavi.

PREMESSA Le spese di rappresentanza sono disciplinate dall’art. 108 comma 2 del TUIR e riguardano le somme che l’imprenditore sostiene per promuovere direttamente o indirettamente un’immagine positiva e prestigiosa verso i clienti o potenziali clienti. Possono essere definite come quelle spese dotate del requisito dell’inerenza, che l’imprenditore sostiene per acquisire beni e servizi a beneficio della clientela, anche potenziale o di pubbliche relazioni virtualmente idonee a generare benefici economici per l’impresa. Le spese di rappresentanza, diversamente da quelle di pubblicità, sono gratuite, e questa è forse la RICAVI DELLA GESTIONE CARATTERISTICA

LIMITE DEDUCIBILITÀ DAL 2016

LIMITE DI SPESA MASSIMO DEDUCIBILE

Fino a 10 milioni

1,5%

150.000

Oltre i 10 e fino a 50 milioni

0,6%

150.000+240.000

Oltre i 50 milioni

0,4%

390.000+0,4% dell’eccedenza

Per la determinazione dell’importo deducibile non si deve tenere conto dei beni d’importo inferiore a 50 euro che sono sempre deducibili. Per le imprese di nuova costituzione il decreto prevede che per le spese sostenute nei periodi d’imposta anteriori a quello in cui sono conseguiti i primi ricavi, possono essere portate in deduzione dal reddito dello stesso periodo e di quello successivo se e nella misura i cui le spese sostenute in tali periodi siano inferiori a quelle deducibili secondo le regole ordinarie. In pratica per una società costituita nel 2016 che ha conseguito i primi ricavi nel 2018, le spese di rappresentanza sostenute nel 2016 e nel 2017 saranno deducibili nel 2018 e nel 2019 nei limiti, per ciascuna annualità, dei limiti visti sopra.

Il legislatore ha quindi previsto un limite quantitativo entro il quale le spese di rappresentanza sono deducibili, mentre quelle eventualmente eccedenti i limiti di cui sopra, risultano indeducibili e saranno oggetto di apposita variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi.

INDIVIDUAZIONE DELLE SPESE DI RAPPRESENTANZA Le spese di rappresentanza devono soddisfare il requisito dell’inerenza e rispondere a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa, ovvero, sia coerente con pratiche commerciali di settore.

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In particolare sono considerate spese di rappresentanza: - le spese per viaggi turistici in occasione dei quali sono programmate e in concreto svolte attività promozionali dei beni o dei servizi la cui produzione o il cui scambio costituisca oggetto dell’attività caratteristica dell’impresa; - le spese per feste, ricevimenti e altri interventi di intrattenimento organizzati in occasione di ricorrenze aziendali o di festività nazionali o religiose; - le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di mostre, fiere ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa; - ogni altra spesa per beni e servizi distribuiti o erogati gratuitamente, compresi i contributi erogati gratuitamente per convegni, seminari e manifestazioni simili il cui sostenimento risponda ai criteri d’inerenza. In base a quanto indicato sopra, possono rientrare nella definizione di spese di rappresentanza le spese sostenute per l’organizzazione diretta e indiretta di viaggi in cui sia svolta un’attività di carattere promozionale; ma anche quelle sostenute per eventi a carattere conviviale in occasione di ricorrenze aziendali o anniversari; le spese per intrattenimenti in occasione di inaugurazioni di nuove sedi, lancio di nuovi prodotti, fiere ed eventi simili in cui viene svolta un’attività di promozione dei beni e servizi dell’impresa. Tutte queste spese, rientrano nella definizione di spesa di rappresentanza e come tali sono deducibili dal reddito d’impresa nei limiti delle percentuali sopra indicate.

LE SPESE TOTALMENTE DEDUCIBILI NON QUALIFICABILI COME SPESE DI RAPPRESENTANZA La norma individua anche alcune categorie di spese che non rientrano nella definizione di spese di rappresentanza e pertanto non subiscono limitazioni nella loro deducibilità dal reddito d’impresa, risultando conseguentemente totalmente deducibili. Tra queste rientrano: - le spese di vitto e alloggio sostenute per ospitare clienti, anche potenziali in occasione di mostre, fiere, esposizioni o eventi simili; - le visite alla sede, agli stabilimenti o unità produttive dell’impresa; - le spese di vitto e alloggio direttamente sostenute dall’imprenditore individuale per partecipare a mostre, fiere e altri eventi simili in cui sono esposti o promossi i prodotti o servizi dell’impresa o attinenti alla stessa.

La ragione della deducibilità integrale è legata al fatto che assumono una connotazione legata alla funzione commerciale dell’impresa e conseguentemente soddisfano maggiormente il requisito di inerenza.

LA NORMATIVA IVA L’articolo 19-bis 1 lettera h) del DPR 633/72 prevede l’indetraibilità dell’Iva relativa alle spese di rappresentanza così come definite ai fini delle imposte sui redditi. Sono escluse dalla limitazione le spese sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore a 50 euro. Il decreto individuando esplicitamente le spese di rappresentanza ai fini delle imposte dirette, automaticamente esplica effetti anche sul fronte dell’Iva. Più precisamente resta indetraibile l’Iva sulle spese di rappresentanza anche se deducibili ai fini delle imposte dirette. Per contro, gli acquisti di beni e servizi che non costituiscono spese di rappresentanza, ricadono nella disciplina generale dell’inerenza, con la conseguenza che l’imposta sarà detraibile se inerente operazioni imponibili. In base a questa impostazione le spese di vitto, alloggio e viaggio sostenute per ospitare clienti anche potenziali in occasione di fiere, mostre ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa o in occasione di visite di sedi, stabilimenti o unità produttive dell’impresa possono beneficare della detraibilità dell’Iva. Anche in questo caso la motivazione è assimilabile a quella vista sopra, vale a dire al fatto che sono assimilabili a costi di natura commerciale. Le spese, invece, che abbiamo indicato come spese di rappresentanza secondo la classificazione indicata sopra ai fini delle imposte dirette, non potranno beneficiare della detraibilità Iva.

LE SPESE DI VITTO E ALLOGGIO Abbiamo visto che particolari spese di vitto e alloggio possono beneficiare della deducibilità integrale in quanto non qualificabili come spese di rappresentanza. E’ tuttavia necessario in questi casi tenere presenti le limitazioni previste dal 5° comma dall’articolo 109 del TUIR, il quale riconosce a queste spese una deducibilità limitata al 75%. In pratica le spese di vitto e alloggio che non rientrano tra quelle di trasferta dei dipendenti e che sono qualificabili di rappresentanza, sono deducibili nella misura del 75%. Sostanzialmente subiscono due limitazioni, la prima legata alla percentuale sui ricavi, la seconda del 75%, connessa alla loro natura di spese di vitto e alloggio.

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L’Iva addebitata sui servizi alberghieri e di somministrazione di alimenti e bevande non rientranti tra le spese di rappresentanza, è detraibile. Tale imposta rappresenta un costo deducibile solo nel caso in cui vi sia una limitazione oggettiva alla detraibilità. Qualora il servizio di vitto e alloggio non rientra tra le spese di rappresentanza, ad esempio nel caso di trasferte dei dipendenti, l’Iva pagata in relazione a tali servizi è detraibile sulla base delle regole generali, vale a dire nella misura in cui siano inerenti ad operazioni che consentano l’esercizio del diritto alla detrazione e sia documentata da fattura. A tal proposito l’articolo 22, terzo comma del DPR 633/72 prevede che gli imprenditori non sono obbligati a richiedere la fattura per le prestazioni alberghiere e di ristorazione, detto obbligo infatti, riguarda esclusivamente gli acquisti effettuati presso commercianti al minuto in relazione a beni che formano oggetto dell’attività propria dell’impresa. In questo modo l’impresa che volontariamente decide di non richiedere l’emissione della fattura per il servizio ricevuto, automaticamente rinuncia alla possibilità di detrarre l’Iva. Resta inteso che la prestazione sarà in ogni caso certificata attraverso l’emissione di una ricevuta o di uno scontrino fiscale. La mancata richiesta della fattura può essere motivata al fatto che i costi da sostenere per eseguire gli adempimenti Iva connessi alle fatture siano superiori al vantaggio economico costituito dall’importo dell’Iva detraibile. In questi casi, posto che tale scelta rappresenti la soluzione economicamente più vantaggiosa, l’Iva non detratta ha natura di costo inerente all’attività esercitata e conseguentemente è deducibile ai fini delle imposte dirette. In assenza di fattura quindi, l’imprenditore o il

professionista possono detrarre, ai fini delle imposte sui redditi, l’Iva incorporata nelle ricevute o scontrini, quale costo aggiuntivo a quello sostenuto per le prestazioni alberghiere o di ristorazione, sempreché presentino la natura di costo inerente l’attività. La limitazione al 75% della deducibilità delle spese in argomento, in base a quanto previsto dall’articolo 109, comma 5 del TUIR sarà riferita al costo, comprensivo dell’Iva non detratta. L’Iva non detratta assumerà rilevanza anche ai fini Irap, a condizione che tale onere risulti iscritto tra i costi che concorrono alla determinazione della base imponibile. Alla presenza di fattura, l’Iva addebitata e non portata in detrazione per scelta dell’imprenditore, non potrà mai rappresentare un costo deducibile ai fini delle imposte sui redditi.

LA DOCUMENTAZIONE La deducibilità delle spese di rappresentanza, siano esse totalmente deducibili o sottoposte ai limiti di cui sopra, è condizionata alla tenuta di un’apposita documentazione dalla quale risultino anche le generalità dei soggetti ospitanti, la durata e il luogo di svolgimento della manifestazione e la natura dei costi sostenuti. L’amministrazione finanziaria può sempre richiedere ai contribuenti ulteriori indicazioni circa l’ammontare complessivo di spesa, distinto per natura, nonché l’ammontare dei ricavi e dei proventi della gestione caratteristica assunti a base per il calcolo della percentuale di deducibilità. La richiesta può riguardare anche i beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a 50 euro e l’ammontare complessivo delle spese deducibili integralmente. (PZ)

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FIRMATO IL DECRETO ATTUATIVO

PREMESSA Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 maggio 2018 sono state disciplinate le regole per fruire del credito d’imposta sulla pubblicità previsto dal decreto legge n. 50/2017 (Manovra Correttiva). Il credito d’imposta è riconosciuto alle imprese che dal 24 giugno 2017 al 31 dicembre 2017 o nel corso dell’anno in corso hanno realizzato o realizzeranno investimenti di tipo pubblicitario. L’obiettivo è quello di agevolare le imprese nell’attività di comunicazione e divulgazione dei propri servizi o prodotti attraverso l’utilizzo dei media.

SOGGETTI INTERESSATI Il credito è riconosciuto a tutte le imprese a prescindere dalla loro forma giuridica. Interesserà quindi le imprese individuali, tutte le società di persone che esercitano attività commerciale e tutte le tipologie di società di capitali. L’agevolazione riguarderà anche i liberi professionisti che pubblicizzeranno la tipologia di attività esercitata, le specializzazioni e i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio e i compensi richiesti per le diverse tipologie di prestazioni fornite. Non assume alcuna rilevanza quindi la dimensione aziendale o il regime contabile adottato, rientrando quindi anche i soggetti in semplificata.

GLI INVESTIMENTI AGEVOLABILI Il credito d’imposta sarà riconosciuto con riferimento agli investimenti effettuati attraverso l’acquisto di spazi pubblicitari e inserzioni commerciali su giornali quotidiani e periodici nazionali, e locali, ovvero nell’ambito della programmazione di emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali.

Il collegato fiscale alla manovra 2018 ha esteso il beneficio anche alle testate on line. Gli investimenti devono essere effettuati su giornali ed emittenti editi da imprese titolari di testata giornalistica iscritta presso il competente Tribunale ovvero presso il Registro degli operatori di comunicazione e dotate, in ogni caso, della figura del direttore responsabile. Sono escluse invece le spese sostenute per l’acquisto di spazi destinati a servizi particolari, quali per esempio televendite, giochi o scommesse con vincite di denaro, messaggeria vocale o chat line con servizi a sovraprezzo. Il costo deve essere assunto al netto delle spese accessorie come ad esempio le intermediazioni e ogni altra spesa diversa dall’acquisto dello spazio pubblicitario anche se ad esso funzionale.

IL CALCOLO Per aver diritto al credito è necessario che l’investimento presenti un incremento, ancorché modesto, rispetto a quello effettuato con gli stessi mezzi nel periodo d’imposta precedente. L’incremento deve essere superiore all’1% rispetto a quello dell’anno precedente, ciò significa che per beneficiare del bonus pubblicità 2018 si dovranno effettuare investimenti in campagne pubblicitarie in misura maggiore almeno dell’1% rispetto all’anno precedente. Per cui se nel 2017 (più precisamente dal 24 giugno 2017 data di entrata in vigore del decreto) si sono investiti 20.000 euro in costi di pubblicità, per accedere al bonus sarà necessario spendere almeno 20.200 (l’1% in più) nel 2018. A questo proposito segnaliamo che il collegato fiscale riconosce l’agevolazione anche per gli investimenti effettuati dal 24 giugno al 31 dicembre 2017, purché il loro valore superi almeno dell’1% l’ammontare degli analoghi investimenti eseguiti sugli stessi mezzi d’informazione dal 24 giugno 2016 al 31 dicembre 2016. Il decreto attuativo chiarisce che alla presenza di investimenti su entrambi i mezzi di diffusione, possono essere riconosciuti due diversi crediti d’imposta, in percentuali differenziate. Così se gli investimenti riguardano sia la stampa che la diffusione a mezzo televisione, i cosi nella relativa richiesta andranno esposti distintamente per le due

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tipologie di media. Si dovrà inoltre indicare il costo complessivo degli investimenti effettuati sugli analoghi media nell’anno precedente e l’ammontare del credito d’imposta richiesto per ognuno dei due media. Per media analoghi si intendono da una parte la stampa e dall’altra le emittenti radio televisive e non il singolo giornale o la singola emittente.

IL CREDITO D’IMPOSTA La misura del benefit è pari al 75% del valore incrementale di cui sopra. Se però l’investimento pubblicitario 2018 viene eseguito da micro imprese, piccole e medie imprese o start up innovative, il credito d’imposta è aumentato al 90%. Così un’impresa che nel 2017 ha effettuato investimenti in pubblicità per 20.000 euro e nel corso del 2018 sostiene 30.000 euro di spese pubblicitarie, potrà beneficiare di un credito d’imposta pari al valore incrementale moltiplicato per la percentuale del 75% vale a dire: 30.000 – 20.000 = 10.000 x 75% = 7.500 euro. Se invece l’investimento riguarda una PMI o una start up il bonus sarà di 10.000 x 90% = 9.000 euro.

IL TRATTAMENTO CONTABILE Per quanto riguarda la deduzione dal reddito delle spese sostenute, il decreto richiama le disposizioni previste dall’art. 109 del TUIR in materia di competenza economica. Con riferimento alle prestazioni di servizi viene previsto che il criterio da seguire per l’imputazione a conto economico del costo è quello dell’ultimazione della prestazione. Il decreto tuttavia nulla dice con riferimento ai titolari di reddito di lavoro autonomo e alle imprese in contabilità semplificata che adottano un principio di cassa. Per questi soggetti sarà quindi necessario un intervento normativo per chiarire il loro trattamento fiscale.

L’ATTESTAZIONE E’ stato previsto che l’investimento sia attestato da un soggetto abilitato al rilascio del visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali. In alternativa l’attestazione può essere rilasciata dal soggetto incaricato della revisione contabile dei conti ai sensi dell’art. 2409-bis del codice civile.

LA MODALITÀ DI FRUIZIONE Il bonus sarà fruibile esclusivamente sotto forma di credito d’imposta in compensazione tramite modello F24 da presentare esclusivamente in via telematica con i servizi dell’Agenzia (Entratel/Fisconline). A tal fine è necessario presentare apposita richiesta in forma telematica (che assume le caratteristiche di una prenotazione) su una piattaforma dedicata dell’Agenzia delle entrate. Le richieste devono essere presentate all’interno di un intervallo temporale non ancora definito ma che presumibilmente sarà nel mese di marzo di ciascun anno. Per la richiesta telematica riferita agli investimenti effettuati nel 2017 e nel 2018 il decreto prevede che dovrà essere inviata nell’arco temporale tra il trentesimo e il novantesimo giorno successivo alla data di pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale. L’elenco dei soggetti richiedenti con la misura del credito provvisoria invece, dovrà essere formata nei 120 giorni successivi alla stessa pubblicazione. Anche questo bonus dovrà essere indicato nel modello della dichiarazione dei redditi riferita all’anno di maturazione dello stesso e in quelli successivi fino al completo utilizzo. L’agevolazione sarà concessa nei limiti delle risorse disponibili, e nel caso di insufficienza si procederà ad un’attribuzione proporzionale sulla base delle richieste ammesse. (PZ)

PAG. 15 - APINFORMA / Fiscale Tributario Economico - numero 10 - 31 maggio 2018


Pagamento delle retribuzioni con strumenti tracciabili NOTA DELL’ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO

Dal prossimo 1° luglio, per i datori di lavoro entrerà in vigore l’obbligo di pagare le retribuzioni (compresi gli eventuali anticipi) tramite strumenti tracciabili, per cui da quella data non sarà più ammesso l’uso del contante per questa finalità. L’obbligo è stato previsto dalla Legge di Bilancio 2018 (art. 1, commi dal 910 al 914 della Legge 205/2017) che, per questa finalità, ha elencato i seguenti strumenti: bonifico sul conto identificato dal codice IBAN comunicato dal lavoratore; strumenti di pagamento elettronico; pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale, in cui il datore ha aperto un c/c di tesoreria con mandato di pagamento; emissione di assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di comprovato impedimento, ad un suo delegato. In vista dell’entrata in vigore, lo scorso 22 maggio l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha emanato la nota n. 4538, in risposta ad alcuni quesiti posti dal Comando Generale della Guardia di Finanza, con la quale sono state fornite le seguenti delucidazioni: - l’obbligo in esame non include i compensi derivanti da borse di studio, tirocini e rapporti autonomi di natura occasionale, in quanto non espressamente citati dalla norma istituti-

PAG. 16 - APINFORMA / Lavoro - numero 10 - 31 maggio 2018

va (in particolare, dal comma 912, art. 1 della Legge di Bilancio 2018); - l’obbligo viene violato non solo in caso di pagamento in contanti della retribuzione ma anche laddove, nonostante l’utilizzo di strumenti tracciabili, la somma dovuta al lavoratore non sia stata realmente versata. Secondo l’INL, ciò può verificarsi in caso di revoca del bonifico o annullamento dell’assegno prima dell’incasso da parte del lavoratore, trattandosi di fatti che “evidenziano uno scopo elusivo del datore di lavoro” tale da compromettere la finalità antielusiva della normativa. Pertanto - conclude l’Ispettorato - l’accertamento dell’infrazione comporta, per il controllore, la necessità di verificare se il pagamento, benché eseguito con strumenti tracciabili, sia andato a buon fine. - Quanto alle sanzioni previste per l’inadempimento di queste disposizioni, il comma 913 prevede per il datore una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 € a 5.000 €. Tuttavia, la nota richiama l’art. 16 della Legge 689/1981, per cui l’importo da pagare in misura ridotta ammonterà a 1.667 € (ovvero 1/3 del massimo); la sanzione non è diffidabile (circostanza, questa, che impedisce l’applicazione dell’importo minimo di 1.000 €). In caso di mancato pagamento nei termini (60 gg. dalla notifica del verbale), l’autorità competente a ricevere il rapporto è l’Ispettorato territoriale del lavoro; inoltre, contro il verbale è ammesso ricorso amministrativo al direttore della sede territoriale dell’Ispettorato, entro 30 gg. dalla notifica. (C)


Sentenze della Cassazione e del Consiglio di Stato COMMENTO AD ALCUNE RECENTI SENTENZE IN MATERIA DI LAVORO 1. APPALTO DI SERVIZI E SOMMINISTRAZIONE IRREGOLARE DI MANODOPERA Con Sentenza n. 1571/2018, il Consiglio di Stato ha riepilogato gli indici in presenza dei quali l’appalto di servizi deve ritenersi illecito, in quanto dissimulante una somministrazione irregolare di personale. Si tratta in particolare: a) della richiesta da parte del committente di un certo numero di ore di lavoro; b) dell’inserimento stabile del personale dell’appaltatore nel ciclo produttivo del committente; c) dell’identità dell’attività svolta dal personale dell’appaltatore rispetto a quella eseguita dai dipendenti del committente; d) della proprietà in capo al committente delle attrezzature necessarie all’attività; e) dell’organizzazione da parte del committente, dell’attività dei dipendenti dell’appaltatore. La presenza di una pluralità di questi indici fa sì che la prestazione dell’appaltatore non sia quella di “risultato”, tipica del contrato di appalto (in cui l’appaltatore assume, con la propria organizzazione, il compito di far conseguire al committente il risultato promesso), bensì quella di “mezzi” (ovvero la semplice fornitura di lavoratori) che è invece specifica del contratto di somministrazione. Inoltre - evidenzia il Consiglio di Stato - negli appalti in cui la prestazione richiede esclusivamente l’impiego di manodopera, per valutare la genuinità o meno dell’operazione appare decisivo il criterio dell’effettivo esercizio del potere di organizzazione e di direzione da parte dell’appaltatore oppure del committente; in quest’ultimo caso l’appalto sarà senza alcun dubbio illecito, facendo così scattare le sanzioni amministrative previste dall’art. 18, comma 5 bis e dall’art. 29 del PAG. 17 - APINFORMA / Lavoro - numero 10 - 31 maggio 2018

d.lgs. 276/2003 (Sanzione di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro, con importo non inferiore a 5.000 euro né superiore a 50mila euro; possibilità per il lavoratore di ottenere, anche mediante ricorso giudiziale, la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l’utilizzatore).

2. LICENZIAMENTO AUTISTA PER GUIDA IMPRUDENTE Con Ordinanza n. 11584 depositata lo scorso 14 maggio, la sez. 6 della Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento dell’autista di un’impresa di autotrasporto che, a causa del mancato rispetto della distanza di sicurezza, aveva tamponato un altro mezzo che procedeva nello stesso senso di marcia, causando danni al camion dell’impresa per circa 7.000 €. In particolare, la Cassazione ha condiviso il ragionamento svolto dalla Corte di Appello di Brescia la quale, a differenza di quanto sostenuto dall’autista, ha escluso l’inquadramento di questo episodio nell’ambito dell’incuria (fonte di sanzioni disciplinari, ai sensi dell’art. 32, lett. B n. 3 del CCNL del trasporto merci), ritenendo invece di ricondurlo nella fattispecie più grave del licenziamento individuale. Nel dettaglio, spiega la Cassazione, “la Corte territoriale ha ritenuto che la condotta di arrecare danno per incuria del veicolo… sia diversa e meno grave rispetto a quella di provocare un sinistro stradale che coinvolge anche un altro mezzo per una condotta di guida imprudente e negligente, violando le norme del codice della strada, in quanto l’incuria intesa come trascuratezza o negligenza, è cosa diversa e meno grave dalla violazione, anche colposa, delle norme sulla circolazione stradale, che difatti sono richiamate dall’art. 28 (in realtà si tratta dell’art. 30.2 del CCNL) ma non dal successivo art. 32 che prevede la sanzione conservativa”. Non solo: a supporto della gravità della colpa, tale da ledere irrimediabilmente l’elemento fiduciario con il dipendente e giustificarne così il licenziamento, la Corte di merito ha considerato l’esistenza di precedenti sinistri a carico dello stesso autista, dovuti sempre a condotte di guida negligenti ed imprudenti.


3. DELEGA DI FUNZIONI IN MATERIA DI PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO Con Sentenza n° 14352/2018, la sez. 3 penale della Cassazione ha ricordato che, in materia di infortuni sul lavoro, il datore può trasferire gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza ad altri soggetti, purché l’atto di delega: - riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale; - sia espresso, effettivo e non equivoco; - investa, in qualità di delegato, un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza, munito dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa. La delega di funzioni - prosegue la Corte - non richiede necessariamente un atto scritto sebbene questa forma sia, comunque, da preferirsi per ragioni probatorie. In ogni caso - conclude la Cassazione, “… è onere di colui il quale invoca la delega di funzioni (ad es. il rappresentante legale del datore di lavoro), la prova rigorosa della sua esistenza a prescindere da un atto formale di delega, …trattandosi di una causa di esclusione di responsabilità”.

4. TRASFERIMENTO ILLEGITTIMO DEL LAVORATORE E RIFIUTO DI SVOLGERE LA PRESTAZIONE Con Sentenza n. 11408 dell’11 maggio u.s., la sezione lavoro della Cassazione ha stabilito che in presenza di un provvedimento di trasferimento in contrasto con l’art. 2103 del codice civile (in particolare, con il comma che prescrive che “il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”), il dipendente può rifiutare la propria prestazione solo se ciò, avuto riguardo alle circostanze concrete, non risulti contrario alla buona fede (in conformità

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all’art. 1460, comma 2 del c.c., sui contratti con prestazioni corrispettive). La buona fede del lavoratore va accertata - prosegue la Corte - in base a circostanze concrete, tenuto conto ad esempio “... della concreta incidenza dell’inadempimento datoriale su fondamentali esigenze di vita e familiari del lavoratore, della puntuale, formale esplicitazione delle ragioni tecniche, organizzative e produttive alla base del provvedimento di trasferimento… e più in generale sulla realizzazione degli interessi aziendali”.

5. LICENZIAMENTO INDIVIDUALE PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO E OBBLIGO DI REPECHAGE Con Sentenza dell’11 maggio u.s., n. 11413, la sezione lavoro della Cassazione (ribadendo un precedente orientamento espresso con Sentenza n. 19185/2016) ha ricordato che “il giustificato motivo oggettivo di licenziamento ex art. 3 della l. n. 604 del 1966, è ravvisabile anche soltanto in una diversa ripartizione di determinate mansioni fra il personale in servizio, attuata ai fini di una più economica ed efficiente gestione aziendale, nel senso che certe mansioni possono essere suddivise fra più lavoratori, ognuno dei quali se la vedrà aggiungere a quelle già espletate, con il risultato di far emergere come in esubero la posizione lavorativa di quel dipendente che vi era addetto in modo esclusivo o prevalente”. Il dipendente come sopra licenziato non ha diritto al cd “repechage” in altre mansioni - equivalenti o inferiori - eventualmente disponibili in azienda, quando l’esercizio di queste ultime richieda delle competenze specifiche di cui il lavoratore sia privo (nella fattispecie, tale inadeguatezza tecnica del lavoratore a ricoprire altri ruoli in azienda, era stata accertata nei precedenti gradi del giudizio). (C)



Istanze di prevenzione incendi MODIFICA DELLA MODULISTICA PER LA PRESENTAZIONE DELLE ISTANZE Ci viene comunicato dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Udine che l’ufficio per la prevenzione incendi e rischio industriale della Direzione Centrale per la prevenzione e sicurezza tecnica del Ministero dell’Interno, dipartimento dei Vigili del Fuoco, ha recentemente modificato la modulistica normalmente utilizzata nella atti-

vità di prevenzione incendi. L’utilizzo della nuova modulistica sarà obbligatorio a partire dalla data dell’11 giugno 2018 La nuova modulistica è già stata pubblicata ed è presente nell’apposita sezione del sito istituzionale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco al seguente percorso: WWW.vigilfuoco.it / Prevenzione e Sicurezza / Prevenzione Incendi / Servizi di Prevenzione Incendi / Area pubblica / Modulistica oppure al seguente indirizzo: http://www.vigilfuoco.it/aspx/Page.aspx?IdPage=737 Attualmente è pubblicata in formato pdf in attesa di essere pubblicata anche in formato editabile.

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(AB)


Classificazione dei rifiuti ORIENTAMENTI TECNICI DELLA COMMISSIONE EUROPEA

Pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. C124 del 9 aprile 2018 la comunicazione 2018/C 124/01 dal titolo: Comunicazione della Commissione - Orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifiuti. In particolare essa fornisce chiarimenti e orientamenti alle autorità nazionali, ivi incluse le autorità locali, e alle imprese (ad esempio per le autorizzazioni), riguardo la corretta interpretazione e applicazione della pertinente normativa UE in materia di classificazione dei rifiuti, segnatamente in merito all’identificazione delle caratteristiche di pericolo e, in ultima analisi, classificando i rifiuti come pericolosi o non pericolosi. La comunicazione è stata adottata in seguito a discussioni e consultazioni con gli stati membri e i portatori di interessi ed è strutturata in tre capitoli e quattro allegati: - il capitolo 1 fornisce un contesto generale per la classificazione dei rifiuti, nonché le istruzioni su come leggere gli orientamenti; - il capitolo 2 presenta brevemente le parti pertinenti alla normativa UE in materia di rifiuti, sottolineandone la rilevanza per la definizione e la classificazione dei rifiuti (pericolosi); - il capitolo 3 presenta le fasi generali della classificazione dei rifiuti evidenziando i concetti fondamentali, ma senza entrare troppo nel dettaglio. Per informazioni dettagliate si rimanda ai rispettivi allegati, nell’abito dei quali glia spetti specifici sono descritti in maniera esauriente: - l’allegato 1 fornisce informazioni sull’elenco rifiuti e sulla selezione delle voci appropriate dell’elenco dei rifiuti; - l’allegato 2 presenta le diverse fonti di informazione sulle sostanze pericolose e sulla loro classificazione;

- l’allegato 3 descrive i principi per la valutazione delle singole caratteristiche di pericolo da HP 1 a HP 15; - l’allegato 4 riprende i concetti fondamentali e fa riferimento alle norme e ai metodi disponibili per quanto concerne il campionamento dei rifiuti e le analisi chimiche dei rifiuti.

INFORMAZIONI GENERALI La classificazione dei rifiuti come pericolosi o non pericolosi e, in particolare, la comprensione del momento e delle circostanze in cui i rifiuti siano da considerarsi pericolosi è una decisione cruciale per l’intera catena di gestione dei rifiuti, dalla loro generazione fino al trattamento finale. Quando un rifiuto viene classificato correttamente come pericoloso scattano diversi obblighi importanti, ad esempio quelli in materia di etichettatura e imballaggio ma anche rispetto al trattamento conforme disponibile. L’UE ha tratto insegnamenti dall’applicazione della legislazione in materia di rifiuti e ha preso in considerazione il progresso scientifico ed economico in occasione del riesame, nel 2014 e nel 2017, del quadro per la classificazione dei rifiuti e dell’elenco delle proprietà che rendono i rifiuti pericolosi. Questo aggiornamento della normativa, che prende in considerazione anche i cambiamenti fondamentali avvenuti negli ultimi anni nel contesto della normativa UE sulle sostanze chimiche, pone ancora una volta delle sfide per le autorità e l’industria. Come sottolineato anche nella Comunicazione della Commissione sulle possibili soluzioni all’interazione tra la normativa in materia di sostanze chimiche, prodotti e rifiuti (COM(2018) 32 final), le modalità di attuazione e garanzia dell’applicazione delle norme relative alla classificazione dei rifiuti incidono profondamente sulle scelte future in materia di gestione dei rifiuti, quali la fattibilità e la redditività economica della raccolta, il metodo di riciclaggio o la scelta tra il riciclaggio e lo smaltimento. Tali discrepanze possono avere un impatto sull’utilizzo delle materie prime secondarie. Il presente documento di orientamento sulla classificazione dei rifiuti costituisce il primo strumento, suggerito nella Comunicazione, per aiuta-

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re i gestori dei rifiuti e le autorità competenti ad avere un approccio comune alla caratterizzazione e alla classificazione dei rifiuti, minimizzando così le discrepanze e gli impatti a cui si è accennato.

COME VANNO LETTI I PRESENTI ORIENTAMENTI?

Il documento in esame fornisce orientamenti alle autorità nazionali, ivi incluse le autorità locali, e alle imprese (ad esempio per le autorizzazioni), riguardo alla corretta interpretazione e applicazione della pertinente normativa UE sulla classificazione dei rifiuti, in particolare la direttiva quadro sui rifiuti e l’elenco dei rifiuti.

Il quadro generale e il quadro normativo di riferimento specifico sono presentati nei capitoli 1 e 2. Il capitolo 3 contiene una guida alle fasi essenziali del processo di classificazione. Non contiene informazioni specifiche sulle modalità di esecuzione delle fasi necessarie alla classificazione, bensì illustra una panoramica generale. Per alcune delle fasi descritte si rinvia all’allegato corrispondente, nel quale è possibile reperire informazioni più dettagliate. Proponiamo di seguito la struttura generale riassuntiva degli orientamenti sulla classificazione dei rifiuti.

Copia della comunicazione della Commissione Europea, così come eventuali chiarimenti in me-

rito, potranno essere richiesti all’ufficio ambiente e sicurezza dell’Associazione. (AB)

A CHI SONO RIVOLTI I PRESENTI ORIENTAMENTI?

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Le funzioni del direttore dei lavori (2a parte) I MATERIALI PREVISTI DAL PROGETTO SONO CAMPIONATI E SOTTOPOSTI ALL’APPROVAZIONE DEL DIRETTORE DEI LAVORI Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti con Decreto Ministeriale del 7 marzo 2018, n. 49, pubblicato sulla G.U. n. 111 del 15 maggio 2018, ha approvato le linee guida sulle modalità di svolgimento delle funzioni del direttore dei lavori e del direttore dell’esecuzione», in attuazione dell’articolo 111, comma 1, del Codice dei Contratti (D.Lgs. 50/2016). Il decreto dispone soprattutto delle funzioni e compiti che deve svolgere il Direttore dei Lavori, questi sono correlati alle attività delle imprese, e questo è molto interessante per le aziende che si aggiudicano lavori pubblici.

FUNZIONI E COMPITI IN FASE DI ESECUZIONE (CAPO III) Accettazione dei materiali Il direttore dei lavori, oltre a quelli che può disporre autonomamente, esegue, altresì, tutti i controlli e le prove previsti dalle vigenti norme nazionali ed europee, dal Piano d’azione nazionale per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione e dal capitolato speciale d’appalto. Il direttore dei lavori rifiuta in qualunque tempo i materiali e i componenti deperiti dopo l’introduzione in cantiere o che per qualsiasi causa non risultano conformi alla normativa tecnica, nazionale o dell’Unione europea, alle caratteristiche tecniche indicate nei documenti allegati al contratto, con obbligo per l’esecutore di rimuoverli dal cantiere e sostituirli con altri a sue spese; in tal caso il rifiuto è trascritto sul giornale dei lavori o, comunque, nel primo atto contabile utile. Ove l’esecutore non effettui la rimozione nel termine prescritto dal direttore dei lavori, la stazione appaltante può provvedervi direttamente a spese dell’esecutore, a carico del quale resta anche qualsiasi onere o danno che possa derivargli per effetto della rimoPAG. 23 - APINFORMA / Edilizia - numero 10 - 31 maggio 2018

zione eseguita d’ufficio. I materiali e i componenti sono messi in opera solo dopo l’accettazione del direttore dei lavori. L’accettazione definitiva dei materiali e dei componenti si ha solo dopo la loro posa in opera. Anche dopo l’accettazione e la posa in opera dei materiali e dei componenti da parte dell’esecutore, restano fermi i diritti e i poteri della stazione appaltante in sede di collaudo. Non rileva l’impiego da parte dell’esecutore e per sua iniziativa di materiali o componenti di caratteristiche superiori a quelle prescritte nei documenti contrattuali, o dell’esecuzione di una lavorazione più accurata. I materiali e i manufatti portati in contabilità rimangono a rischio e pericolo dell’esecutore e sono rifiutati dal direttore dei lavori nel caso in cui quest’ultimo ne accerti l’esecuzione senza la necessaria diligenza o con materiali diversi da quelli prescritti contrattualmente o che, dopo la loro accettazione e messa in opera, abbiano rivelato difetti o inadeguatezze. Il rifiuto è trascritto sul giornale dei lavori o, comunque, nel primo atto contabile utile, entro quindici giorni dalla scoperta della non conformità alla normativa tecnica, nazionale o dell’Unione europea, al progetto o al contratto del materiale utilizzato o del manufatto eseguito. Il direttore dei lavori o l’organo di collaudo dispongono prove o analisi ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge o dal capitolato speciale d’appalto finalizzate a stabilire l’idoneità dei materiali o dei componenti e ritenute necessarie dalla stazione appaltante, con spese a carico dell’esecutore. I materiali previsti dal progetto sono campionati e sottoposti all’approvazione del direttore dei lavori, completi delle schede tecniche di riferimento e di tutte le certificazioni in grado di giustificarne le prestazioni, con congruo anticipo rispetto alla messa in opera. Il direttore dei lavori verifica il rispetto delle norme in tema di sostenibilità ambientale, tra cui le modalità poste in atto dall’esecutore in merito al riuso di materiali di scavo e al riciclo entro lo stesso confine di cantiere. Verifica del rispetto degli obblighi dell’esecutore e del subappaltatore Con riferimento ai lavori affidati in subappalto, il


direttore dei lavori, con l’ausilio dei direttori operativi e degli ispettori di cantiere, ove nominati, svolge le seguenti funzioni: a) verifica la presenza in cantiere delle imprese subappaltatrici autorizzate, nonché dei subcontraenti, che non sono subappaltatori, i cui nominativi sono stati comunicati alla stazione appaltante ai sensi dell’articolo 105, comma 2, del codice; b) controlla che i subappaltatori e i subcontraenti svolgano effettivamente la parte di prestazioni ad essi affidata nel rispetto della normativa vigente e del contratto stipulato; c) registra le contestazioni dell’esecutore sulla regolarità dei lavori eseguiti dal subappaltatore e, ai fini della sospensione dei pagamenti all’esecutore, determina la misura della quota corrispondente alla prestazione oggetto di contestazione; d) provvede, senza indugio e comunque entro le ventiquattro ore, alla segnalazione al RUP dell’inosservanza, da parte dell’esecutore, delle disposizioni di cui all’articolo 105 (subappalto) del codice. In caso di ricorso all’istituto dell’avvalimento da parte dell’esecutore, il direttore dei lavori coadiuva il RUP nello svolgimento delle attività di verifica dei requisiti di capacità tecnica, ai sensi dell’articolo 89, comma 9, del codice. Il direttore dei lavori esegue le seguenti attività di controllo: a) in caso di risoluzione contrattuale, cura, su richiesta del RUP, la redazione dello stato di consistenza dei lavori già eseguiti, l’inventario di materiali, macchine e mezzi d’opera e la relativa presa in consegna; b) fornisce indicazioni al RUP per l’irrogazione delle penali da ritardo previste nel contratto, nonché per le valutazioni inerenti la risoluzione contrattuale ai sensi dell’articolo 108, comma 4, del codice; c) accerta che si sia data applicazione alla normativa vigente in merito al deposito dei progetti strutturali delle costruzioni e che sia stata rilasciata la necessaria autorizzazione in caso di interventi ricadenti in zone soggette a rischio sismico; d) determina in contraddittorio con l’esecutore i nuovi prezzi delle lavorazioni e dei materiali non previsti dal contratto; e) redige apposita relazione laddove avvengano sinistri alle persone o danni alla proprietà nel corso dell’esecuzione di lavori e adotta i provvedimenti idonei a ridurre per la stazione appaltante le conseguenze dannose; PAG. 24 - APINFORMA / Edilizia - numero 10 - 31 maggio 2018

f) redige processo verbale alla presenza dell’esecutore dei danni cagionati da forza maggiore, al fine di accertare: 1) lo stato delle cose dopo il danno, rapportandole allo stato precedente; 2) le cause dei danni, precisando l’eventuale causa di forza maggiore; 3) l’eventuale negligenza, indicandone il responsabile; 4) l’osservanza o meno delle regole dell’arte e delle prescrizioni del direttore dei lavori; 5) l’eventuale omissione delle cautele necessarie a prevenire i danni. Il direttore dei lavori pone in atto tutti i controlli individuati dal Piano d’azione nazionale per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione con riferimento alle specifiche attività di verifica da attuarsi durante la fase esecutiva dell’opera. Modifiche, variazioni e varianti contrattuali Il direttore dei lavori fornisce al RUP l’ausilio necessario per gli accertamenti in ordine alla sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 106 del codice. Con riferimento ai casi indicati dall’articolo 106, comma 1, lettera c), del codice, il direttore dei lavori descrive la situazione di fatto ai fini dell’accertamento da parte del RUP della sua non imputabilità alla stazione appaltante, della sua non prevedibilità al momento della redazione del progetto o della consegna dei lavori e delle ragioni per cui si rende necessaria la variazione. Il direttore dei lavori propone al RUP le modifiche, nonché le varianti dei contratti in corso di esecuzione e relative perizie di variante, indicandone i motivi in apposita relazione da inviare al RUP, nei casi e alle condizioni previste dall’articolo 106 del codice. Il direttore dei lavori risponde delle conseguenze derivanti dall’aver ordinato o lasciato eseguire modifiche o addizioni al progetto, senza averne ottenuto regolare autorizzazione, sempre che non derivino da interventi volti ad evitare danni gravi a persone o cose o a beni soggetti alla legislazione in materia di beni culturali e ambientali o comunque di proprietà delle stazioni appaltanti. In caso di modifiche al progetto non disposte dal direttore dei lavori, quest’ultimo fornisce all’esecutore le disposizioni per la rimessa in pristino con spese a carico dell’esecutore stesso. L’esecutore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto e la perizia suppletiva è accompagnata da un atto di sottomissione che l’esecutore è tenuto a sottoscrivere in segno di accettazione o di motivato dissenso.


Nel caso in cui la stazione appaltante disponga variazioni in diminuzione nel limite del quinto dell’importo del contratto, deve comunicarlo all’esecutore tempestivamente e comunque prima del raggiungimento del quarto quinto dell’importo contrattuale; in tal caso nulla spetta all’esecutore a titolo di indennizzo. Ai fini della determinazione del quinto, l’importo dell’appalto è formato dalla somma risultante dal contratto originario, aumentato dell’importo degli atti di sottomissione e degli atti aggiuntivi per varianti già intervenute, nonché dell’ammontare degli importi, diversi da quelli a titolo risarcitorio, eventualmente riconosciuti all’esecutore ai sensi degli articoli 205 e 208 del codice. Le variazioni sono valutate in base ai prezzi di contratto, ma se comportano categorie di lavorazioni non previste o si debbano impiegare materiali per i quali non risulta fissato il prezzo contrattuale si provvede alla formazione di nuovi prezzi. I nuovi prezzi delle lavorazioni o materiali sono valutati: a) desumendoli dai prezzari di cui all’articolo 23, comma 16 del codice (prezzari regionali aggiornati annualmente, come ad esempio il nostro in Friuli Venezia Giulia); b) ricavandoli totalmente o parzialmente da nuove analisi effettuate avendo a riferimento i prezzi elementari di mano d’opera, materiali, noli e trasporti alla data di formulazione dell’offerta, attraverso un contraddittorio tra il direttore dei lavori e l’esecutore, e approvati dal RUP. Qualora dai calcoli effettuati risultino maggiori spese rispetto alle somme previste nel quadro economico, i prezzi prima di essere ammessi nella contabilità dei lavori sono approvati dalla stazione appaltante, su proposta del RUP.

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Se l’esecutore non accetta i nuovi prezzi così determinati e approvati, la stazione appaltante può ingiungergli l’esecuzione delle lavorazioni o la somministrazione dei materiali sulla base di detti prezzi, comunque ammessi nella contabilità; ove l’esecutore non iscriva riserva negli atti contabili, i prezzi si intendono definitivamente accettati. Il direttore dei lavori può disporre modifiche di dettaglio non comportanti aumento o diminuzione dell’importo contrattuale, comunicandole preventivamente al RUP. Il direttore dei lavori, entro dieci giorni dalla proposta dell’esecutore, redatta in forma di perizia tecnica corredata anche degli elementi di valutazione economica, di variazioni migliorative di sua esclusiva ideazione e che comportino una diminuzione dell’importo originario dei lavori, trasmette la stessa al RUP unitamente al proprio parere. Possono formare oggetto di proposta le modifiche dirette a migliorare gli aspetti funzionali, nonché singoli elementi tecnologici o singole componenti del progetto, che non comportano riduzione delle prestazioni qualitative e quantitative stabilite nel progetto stesso e che mantengono inalterate il tempo di esecuzione dei lavori e le condizioni di sicurezza dei lavoratori. Le varianti migliorative, proposte nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 106 del codice, non alterano in maniera sostanziale il progetto né le categorie di lavori. Contestazioni e riserve Il direttore dei lavori, per la gestione delle contestazioni su aspetti tecnici e delle riserve, si attiene alla relativa disciplina prevista dalla stazione appaltante e riportata nel capitolato d’appalto. (segue)

(CS)


L’ANAC delibera sui costi della manodopera L’OMESSO SCORPORO DEI COSTI DELLA MANODOPERA NON RENDE AUTOMATICAMENTE INAMMISSIBILE L’OFFERTA Con Delibera del Presidente n. 420 del 2 maggio 2018 l’Autorità Nazionale Anticorruzione è entrata in merito alla questione con la quale veniva contestata la legittimità dell’operato della stazione appaltante che non aveva previsto nella lex specialis l’indicazione dei costi sulla manodopera ed aveva conseguentemente proceduto all’ammissione alla gara e all’aggiudicazione ad un concorrente che non li aveva indicati in sede di offerta. In prima battuta l’ANAC considera irrilevante la circostanza che la lex specialis di gara non preveda specificatamente l’obbligo di indicazione dei costi della manodopera, in ragione del fatto che tale obbligo discende direttamente dalla legge. L’Autorità considera, altresì, che i costi della manodopera sono una componente essenziale dell’offerta economica e che la relativa omissione non è integrabile successivamente attraverso il soccorso istruttorio ex articolo 83 comma 9 del d.lgs. n. 50/2016, poiché altrimenti si verificherebbe un’alterazione della par condicio e della concorrenza tra i partecipanti (TAR Lazio Latina, 23 febbraio 2018, n. 86; TAR Campania, ord. caut. 6 dicembre 2017, n. 1904; TAR Campania, 14 settembre 2017, n. 4384; TAR Umbria 22 gennaio 2018, n. 56). Invece, relativamente alla questione dell’omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, la giurisprudenza ha distinto il caso in cui nell’offerta presentata non sia stata specificata dettagliatamente la quota di prezzo corrispondente ai predetti oneri per carenza di ordine formale, sanabile, da quello in cui la stessa sia stata formulata senza considerare tali costi nel prezzo finale, considerata carenza di ordine sostanziale, dunque insanabile (TAR Emilia Romagna 16 gennaio 2018, n. 43). Per l’ANAC tale ragionamento logico-giuridico può essere applicato anche alle ipotesi di mancata indicazione specifica dei costi della manodopera, consentendo all’operatore economiPAG. 26 - APINFORMA / Edilizia - numero 10 - 31 maggio 2018

co che non abbia indicato separatamente tali costi, ma che li abbia in ogni caso computati nell’offerta complessiva, di poterne dare la relativa specificazione, senza incorrere in un’integrazione dell’offerta economica, in violazione dell’articolo 83, comma 9. In tal senso, si è espressa anche la giurisprudenza che ha precisato che, in assenza di una espressa previsione nella lex specialis di gara che richieda la puntuale indicazione del costo della manodopera, l’operatore che abbia comunque considerato tale costo nell’offerta economica complessiva inizialmente presentata possa fornire l’indicazione separata del costo della manodopera successivamente, a seguito di legittima richiesta di chiarimenti in tal senso da parte della stazione appaltante (TAR Lecce, ord. caut. 7 febbraio 2018, n. 73). Quindi, per l’Autorità, l’omesso scorporo dei costi della manodopera non rende automaticamente inammissibile l’offerta economica, potendo trattarsi di una carenza solo formale. Inoltre, nel caso di specie, in cui la lex specialis non prevedeva espressamente l’obbligo di indicazione dei costi della manodopera, fermo restando il disposto dell’articolo 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016, quale norma imperativa, eterointegrata nel bando, spetti alla stazione appaltante verificare l’indicazione dei costi della manodopera da parte dei concorrenti e, qualora la stessa dovesse accertare la mancata indicazione specifica di tali costi, sia necessario procedere a verificare se si tratti di carenza formale o sostanziale, ovvero accertare se il concorrente abbia in ogni caso computato i costi della manodopera o meno, chiedendo specifici chiarimenti al riguardo, purché l’offerta economica resti invariata, in modo da non incorrere nella violazione del principio di soccorso istruttorio e della par condicio dei concorrenti. In conclusione il Consiglio dell’ANAC ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che, qualora la lex specialis non preveda espressamente l’indicazione dei costi della manodopera, la stessa sia eterointegrata dal contenuto dispositivo di cui all’articolo 95, comma 10, e che conseguentemente, la stazione appaltante, in caso di mancata indicazione specifica di tali costi da parte del concorrente, sia tenuta a verificare la natura sostanziale o formale della relativa carenza, chiedendo all’operatore economico chiarimenti. (CS)


Gli obiettivi non sempre si possono raggiungere da soli

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cano le informazioni, indirizzo, P.Iva e C.F. se disponibili. Il riscontro sarà immediato con la proposta dei report disponibili per quanto si richiede con l’indicazione puntuale del costo e dei tempi di evasione, normalmente immediati per l’Italia e per l’Europa e di qualche giorno per le restanti parti del mondo. I Report (in lingua italiana o in lingua inglese) hanno un diverso livello di approfondimento e mediamente forniscono informazioni sulla solvibilità di un soggetto, sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria, i bilanci e gli indici su più annualità, con un confronto settoriale, il controllo degli eventi negativi quali protesti, pregiudizievoli negativi, procedure in corso, collegamenti societari, struttura dell’azienda, partecipazioni, quote societarie.

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(LCP-AdT)


Riduzione compensata dei pedaggi autostradali 2017 LA DOMANDA VA PRESENTATA ESCLUSIVAMENTE IN VIA TELEMATICA Si fa seguito a quanto comunicato con circolare prot. n. 144/AdT del 25 maggio 2018 per ricordare che con deliberazione n. 1 del 21 maggio 2018 il Comitato Centrale per l’Albo nazionale delle imprese di autotrasporto di cose per conto di terzi (di seguito Albo) ha fissato le modalità e relativa tempistica per la presentazione della domanda volta a ottenere le riduzioni compensate dei pedaggi autostradali 2017 mediante fatturazione differita. Al momento in cui si scrive la deliberazione è in corso di pubblicazione sulla G.U., ma è già presente sul sito web dell’Albo (www.alboautotrasporto.it). Essa prevede uno stanziamento complessivo di 164.435.464,80 euro. Beneficiarie sono la generalità delle imprese, sia in conto terzi che in conto proprio. Come lo scorso anno, la domanda va presentata esclusivamente in via telematica, utilizzando la piattaforma presente sul citato sito web dell’Albo attraverso l’apposito applicativo “pedaggi”, in due precise e distinte fasi: a) la prima di prenotazione, in cui l’impresa interessata inserisce i propri dati identificativi e quelli relativi ai codici cliente a sé imputabili, come rilasciati dalla società di gestione dei pedaggi; b) la seconda di presentazione della vera e propria domanda, in cui si compilano i vari dati dell’i-

stanza, si verificano le targhe dei veicoli facenti capo al soggetto interessato (soprattutto nei casi di raggruppamenti), si firma digitalmente la richiesta e la si invia al portale dell’Albo. Entrambe le fasi sono dettagliatamente descritte nella deliberazione, nella quale è stata stabilita la seguente inderogabile tempistica, a pena di inammissibilità: a) la prenotazione va eseguita dalle ore 09.00 di lunedì 28 maggio alle ore 14.00 di mercoledì 20 luglio 2018; b) la predisposizione della domanda, con firma digitale e assolvimento dell’imposta di bollo, e il suo invio, vanno, invece, effettuati dalle ore 09.00 di giovedì 5 luglio alle ore 14.00 di venerdì 10 agosto 2018. Per le riduzioni compensate del 2017 è stato mantenuto il sistema di calcolo introdotto per le riduzioni del 2016, che differenzia le percentuali di riduzione non solo in funzione del fatturato in pedaggi dell’impresa, ma anche della classe ecologica dei veicoli utilizzati in autostrada (cfr. Apinforma n. 10/2017, pp. 20-22). Di conseguenza, per i pedaggi 2017 il beneficio sarà riconosciuto ai veicoli di categoria ecologica Euro 3 e superiori, individuati nelle classi B, 3, 4 e 5 del sistema di classificazione assi sagoma (rispettivamente, veicoli a 2 assi con altezza > 1,30 m in corrispondenza del primo asse, veicoli e convogli a 3 assi, veicoli e convogli a 4 assi, veicoli e convogli a 5 o più assi) ovvero delle classi 2, 3 e 4 del sistema volumetrico in uso in alcuni tratti autostradali (rispettivamente, veicoli commerciali a 2, a 3 e a 4 o più assi), come ad esempio sull’Autostrada pedemontana lombarda, secondo le seguenti percentuali:

FATTURATO (EURO)

CATEGORIA ECOLOGICA DEL VEICOLO

PERCENTUALE DI RIDUZIONE

200.000-400.000

Euro 5 o superiori

4%

200.000-400.000

Euro 4

3%

200.000-400.000

Euro 3

2%

400.001-1.200.000

Euro 5 o superiori

6%

400.001-1.200.000

Euro 4

5%

400.001-1.200.000

Euro 3

3%

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FATTURATO (EURO)

CATEGORIA ECOLOGICA DEL VEICOLO

PERCENTUALE DI RIDUZIONE

1.200.001-2.500.000

Euro 5 o superiori

8%

1.200.001-2.500.000

Euro 4

7%

1.200.001-2.500.000

Euro 3

5%

2.500.001-5.000.000

Euro 5 o superiori

10%

2.500.001-5.000.000

Euro 4

9%

2.500.001-5.000.000

Euro 3

6%

> 5.000.000

Euro 5 o superiori

13%

> 5.000.000

Euro 4

11%

> 5.000.000

Euro 3

7%

Per le imprese che hanno realizzato almeno il 10% del fatturato in pedaggi nelle ore notturne (con ingresso in autostrada dopo le 22.00 ed entro le ore 02.00, ovvero uscita prima delle ore 06.00), la riduzione compensata è incrementata del 10%; l’incremento è applicato allo sconto spettante alla singola impresa, tenuto conto dell’eventuale ap-

partenenza a forme associative, fermo restando comunque il limite percentuale massimo di riduzione del 13%. Per il testo della deliberazione e ogni altra informazione gli interessati possono rivolgersi all’ufficio trasporti dell’Associazione. (AdT)

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Autotrasporto. Manomissione del tachigrafo IRRILEVANZA PENALE DELLA CONDOTTA DEL CONDUCENTE. SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte Cassazione, Prima sezione penale ha mutato il proprio indirizzo giurisprudenziale in ordine alla rilevanza penale per il conducente di un veicolo autore della manomissione del cronotachigrafo. In precedenti sentenze la Suprema Corte aveva riconosciuto la responsabilità del conducente per aver alterato il funzionamento del tachigrafo, sia sotto il profilo amministrativo per la violazione dell’art. 179 del codice della strada (c.d.s.) per circolazione con un veicolo munito di tachigrafo alterato, sia sotto il profilo penale ai sensi dell’art. 437 del codice penale (c.p.) per rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. In sentenze precedenti a quella qui in commento aveva condannato l’amministratore delegato di una società per il reato di cui al già citato art. 437 del c.p. in quanto aveva imposto ai conducenti di manomettere l’apparecchiatura tramite calamite. Ora, invece, con la sentenza n 2.200 del 19 gennaio 2018, la stessa Sezione penale ha fornito una differente interpretazione delle due norme appena citate, giungendo alla conclusione che l’art. 437 del c.p. non può essere contestato all’autista che ha manomesso il cronotachigrafo, per cui

quest’ultimo rimane sanzionabile solo in via amministrativa ai sensi dell’art. 179 del c.d.s. Questo mutamento di opinione è scaturito dalla rilettura di precedenti disposizioni, che ha indotto la Corte di Cassazione a sostenere che: - l’art. 437 del c.p. ha un contenuto più ampio rispetto all’art. 179 del c.d.s, rivolgendosi a tutti i soggetti su cui grava l’obbligo di prevenire disastri o infortuni sul lavoro, tramite l’adozione di impianti, apparecchi o segnali idonei; di conseguenza, il destinatario naturale di questa norma rimane l’impresa e, in particolare, coloro che all’interno hanno l’obbligo di approntare queste strumentazioni, i quali diventano penalmente responsabili quando non le adottino o le rimuovano dolosamente, dove per rimozione - precisa la Cassazione si intende anche l’attività diretta a frustrare il funzionamento dell’apparecchio; - viceversa, l’art. 179 c.d.s. si applica quando l’autista, responsabile della manomissione del tachigrafo, circoli su strada con un mezzo privo di apparecchio di controllo in grado di funzionare correttamente; in questo caso, come riportato nelle motivazioni della sentenza, “in aderenza ai principi di tipicità e specialità, è da ritenersi che l’unica disposizione applicabile [nei confronti del conducente colpevole dell’illecito, n.d.r.] sia quella dell’art. 179 del codice della strada.” Copia della sentenza può essere richiesta all’ufficio trasporti dell’Associazione.

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(AdT)


C.d.s., notifica verbali a mezzo PEC ISTRUZIONI MINISTERIALI

Su Apinforma n. 2/2018, pp. 41-42, è stata data notizia del decreto del Ministro dell’interno di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti, dell’economia e delle finanze e per la semplificazione e la pubblica amministrazione 18 dicembre 2017, con il quale è stata introdotta la notificazione dei verbali d’infrazione del codice della strada (c.d.s.) mediante posta elettronica certificata (PEC). Successivamente, con nota prot. 300/A/1500/18/127/9 del 20 febbraio 2018 il Ministero dell’interno, Direzione centrale per la Polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia della strada (di seguito Ministero) ha fornito una serie di chiarimenti sugli aspetti applicativi, dei cui tratti salienti si dà qui conto.

AMBITO DI APPLICAZIONE Il d.m. 18 dicembre 2017 circoscrive l’ambito di applicazione della notifica tramite PEC ai soli verbali di contestazione relativi ad accertamenti di violazione del c.d.s. con esclusione, pertanto, dei verbali riguardanti sanzioni amministrative poste da altre norme. Il Ministero, tuttavia, include anche: - i verbali di infrazione in materia di cronotachigrafo, elevati ai sensi della legge 13 novembre 1978, n. 727, quali, ad es., i verbali emessi per la mancanza, a bordo del veicolo delle registrazioni della giornata in corso e degli ultimi 28 giorni, atteso che questa legge è richiamata espressamente nell’art. 179, co. 10 del c.d.s.; - le sanzioni amministrative accessorie, quando queste siano parte integrante del verbale di contestazione e vengano trasmesse insieme a quest’ultimo.

OBBLIGATORIETÀ DELLA NOTIFICA PER MEZZO PEC ANCHE NEI CONFRONTI DI PERSONE FISICHE. CONDIZIONI La notifica via PEC è obbligatoria nei confronti dei soggetti privati (persone fisiche) che abbiano fornito un valido indirizzo PEC durante l’attività di accertamento dell’illecito, e verso coloro, quali professionisti ed entità tenute all’iscrizione al registro delle imprese, che, invece, sono obbligati ad avere un domicilio digitale risultante in elenchi pubblici. Si tratta, in particolare, dei seguenti elenchi: - Indice nazionale dei domicili digitali di imprese e professionisti <INI - PEC > di cui all’art. 6 bis del codice dell’amministrazione digitale (c.a.d.); - Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi (IPA), di cui all’art. 6 ter del c.a.d.; - Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel Registro delle imprese, di cui all’art. 6 quater del c.a.d., non ancora disponibile; - Registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia. Di conseguenza, l’applicazione verso le persone fisiche - osserva il Ministero - non è ancora pienamente operativa. Lo diventerà soltanto con l’attivazione dell’Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche appena citato nonché degli enti non tenuti all’iscrizione in albi professionali o al Registro delle imprese, prevista dall’Agenda digitale Italiana per il 2018; fino ad allora, le notifiche verso questi soggetti seguiranno la procedura ordinaria.

MODALITÀ DI NOTIFICAZIONE A MEZZO PEC Ai fini della notificazione di un verbale verso un soggetto per il quale è già operativa la notifica tramite PEC, l’organo accertatore dovrà individuarne l’indirizzo di PEC mediante il predetto Indice nazionale (art. 6 bis del c.a.d.), utilizzando preferibilmente - come chiave di ricerca - il codice fiscale del diretto interessato reperito dal PRA. Peraltro, detta ricerca va fatta anche quando l’autista, du-

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rante la contestazione immediata, comunichi agli agenti l’indirizzo PEC dell’impresa a meno che egli non rivesta il ruolo di rappresentante legale. Anche in presenza di un obbligo di utilizzo della PEC, l’eventuale notifica ordinaria effettuata senza essere preceduta da un tentativo di notificazione a mezzo PEC, deve considerarsi valida; tuttavia, il destinatario ha diritto alla restituzione delle spese di notificazione addebitate con il verbale di contestazione; Il messaggio di PEC deve riportare in oggetto, la dicitura “atto amministrativo relativo ad una sanzione amministrativa prevista dal codice della strada”. Ad esso devono essere allegate: - copia per immagine su supporto informatico di documento analogico del verbale di contestazione, oppure un duplicato o copia informatica di documento informatico del verbale di contestazione; il documento informatico deve essere sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata del pubblico ufficiale autorizzato; - una relazione di notificazione su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale, con le informazioni sull’ufficio che ha spedito l’atto, sul responsabile del procedimento di notifica e sull’esercizio del diritto di accesso; devono altresì riportarsi l’indirizzo di PEC del destinatario e l’elenco da cui è stato tratto o le modalità con cui il destinatario lo ha comunicato.

TERMINI PER LA NOTIFICAZIONE A MEZZO PEC Quanto ai termini di notifica, la circolare riprende il contenuto dell’art. 5 del d.m. 18 dicembre 2017 per cui si ha un doppio termine: - per gli organi di polizia, l’atto si considera spe-

dito nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione, ai sensi dell’art. 6, co. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68 (regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata); - per il destinatario, la notifica si perfeziona nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna completa del messaggio PEC (art.6, co. 5 del d.P.R. 68/2005); pertanto, il Ministero ribadisce che detta ricevuta di avvenuta consegna, generata dal gestore di PEC del destinatario, fa piena prova dell’avvenuta notifica del contenuto del messaggio ad essa allegato, a prescindere dall’effettiva lettura; di conseguenza, il termine per pagare in misura ridotta oppure per ricorrere contro il verbale notificato tramite PEC, decorre dalla data in cui viene generata la predetta ricevuta.

IMPOSSIBILITÀ DI NOTIFICAZIONE A MEZZO PEC Se la notificazione a mezzo PEC non va a buon fine per cause imputabili al destinatario, come, ad es., nel caso in cui non sia più attiva o sia overquotata [sic], si dovrà procedere alla notifica mediante procedura ordinaria nei termini indicati dall’art. 201 del c.d.s. In tal caso, ai documenti da notificare secondo l’ordinaria procedura va allegata la ricevuta di accettazione e l’avviso di mancata consegna con relativa attestazione dei conformità degli stessi ai documenti informatici da cui sono tratti. Per gli altri dettagli si rinvia al testo della nota ministeriale, che può essere richiesta, unitamente ad altre informazioni, all’ufficio trasporti dell’Associazione. (AdT)

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