Apinforma n. 19/2018

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notiziario dell’ASSOCIAZIONE piccole e medie industrie

APINFORMA numero 19 31 ottobre 2018

IN PRIMO PIANO APPALTO O SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO?

ApiNFORMA - Quindicinale di informazione dell’Associazione Piccole e Medie Industrie

FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO

LAVORO

SICUREZZA E AMBIENTE

EDILIZIA

EXPORT MARKETING

ORGANIZZAZIONE


notiziario dell’ASSOCIAZIONE PIccole e medie industrie

APINFORMA

numero 19 31 ottobre 2018

Sommario Patto federativo fra Confindustria Udine e Confapi FVG LA NOSTRA POSIZIONE

FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO

LAVORO

SICUREZZA E AMBIENTE

6

Interventi per l’autotrasporto conto terzi

13

Il punto di vista di Confapi sulla Legge di bilancio

15

Polizze vita e polizze unit/index linked

21

Il decreto fiscale

23

Seconda rata di acconto

29

Fatturazione elettronica

33

Appalto o somministrazione di lavoro?

34

Contratto a tempo determinato e somministrazione di lavoro

37

CCNL Unionchimica Confapi

40

CCNL Autotrasporto

41

Il SISTRI verso l’abrogazione

42

Pubblicazione dell’Inail sulla valutazione del microclima

43

AUA: le nuove linee guida (2a parte)

44

Esami per conduttori di generatori di vapore

48

SOA: rinnovo per la VI.PA.

50

DGUE in formato elettronico

51

Cause di esclusione nei contratti pubblici (1a parte)

52

EDILIZIA


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ORGANIZZAZIONE

Albo autotrasporto c/t. Quota d’iscrizione 2019

56

Limiti alla circolazione in Pianura Padana

58

Revisioni

59

Autorità di regolazione dei trasporti

61

Autotrasporto c/t. Costi indicativi di riferimento

62

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Editore Redazione Associazione Piccole e Medie Industrie del Friuli Venezia Giulia - Confapi FVG Viale Ungheria, 28 33100 Udine Tel. 0432 507377 www.confapifvg.it

Direttore Responsabile Lucia Cristina Piu Registrazione presso il Tribunale di Udine n. 404 del 27.08.1977

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Patto federativo fra Confindustria Udine e Confapi FVG IL TESTO DELL’ACCORDO

Il 23 novembre 2018 è stato concluso fra l’Associazione delle Piccole e Medie Industrie del Friuli Venezia Giulia e Confindustria Udine un accordo federativo allo scopo di promuovere e sviluppare la rappresentanza unitaria degli interessi professionali degli industriali friulani. La portata e il perimetro dell’accordo si può rica-

vare dal testo integrale di seguito pubblicato, unitamente al comunicato stampa congiunto, anche al fine di operare un utile raffronto con quanto riportato su organi d’informazione locali. Occorre rammentare che analoghi accordi di collaborazione erano stati conclusi in passato fra la nostra Associazione e organizzazioni regionali o provinciali di Confindustria, l’ultimo dei quali con la Confindustria del Friuli Venezia Giulia, il 22 giugno 2015. Anche di questo si riporta il testo, sempre ai fini di un’utile comparazione. In precedenza, intese di simile tenore erano state raggiunte con i presidenti di Confindustria della provincia di Udine Carlo Melzi ed Adalberto Valduga.

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26 novembre 2018


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Associazione Piccole e Medie Industrie del Friuli Venezia Giulia Confapi FVG

COMUNICATO STAMPA PATTO FEDERATIVO TRA GLI INDUSTRIALI FRIULANI Nasce la Federazione degli Industriali friulani. Anna Mareschi Danieli, Presidente di Confindustria Udine e Massimo Paniccia, Presidente di Confapi FVG, hanno sottoscritto oggi un accordo “per promuovere e sviluppare la rappresentanza unitaria degli interessi professionali degli industriali friulani”, favorendo la cooperazione tra le due Associazioni allo scopo di rappresentare al meglio gli interessi e le istanze dell’industria friulana”. “Le Associazioni federate - si legge nell’Accordo - conservano piena rappresentatività ed autonomia operativa nonché identità valoriale e di riferimento nazionale e categoriale secondo quanto stabilito dai rispettivi Statuti.” In questo contesto esse ricercano convergenze di posizioni, razionalizzazione delle risorse e integrazione delle competenze. Per Paniccia si tratta di valorizzare la rappresentatività delle due organizzazioni nei confronti di tutti i soggetti terzi, con particolare riguardo all’Amministrazione regionale, per tutti quei temi in cui vivo e forte è il ruolo del sistema produttivo locale. Questo in estrema analisi codifica quanto era già nelle cose stanti i costanti confronti, sempre condotti nell’esclusivo interesse dell’Impresa friulana. “Fare sistema – commenta Anna Mareschi Danieli – è necessario e fondamentale. Abbiamo voluto creare la Federazione come strumento di connessione tra le nostre Associazioni per facilitare l’elaborazione e la proposizione di soluzioni ai problemi di interesse generale dell’industria friulana, valorizzando le specifiche competenze di ciascuno e promuovendo azioni comuni. Con questo storico accordo, gli imprenditori friulani saranno interlocutori ancor più forti ed autorevoli delle istituzioni”. Udine, 23 novembre 2018 Con preghiera di cortese pubblicazione

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Interventi per l’autotrasporto conto terzi Contributi agli investimenti dell’autotrasporto. divieti di circolazione in pianura padana Udine, 25 ottobre 2018 Cari colleghi, desidero richiamare la Vostra attenzione su un paio di questioni di rilevante interesse per le nostre imprese. La prima riguarda l’erogazione dei contributi delle domande per gli investimenti 2016. A distanza di un anno e mezzo dalla chiusura dei termini di presentazione delle domande (15 aprile 2017) non si ha ancora notizia degli esiti delle istruttorie e, men che meno, del pagamento dei contributi, almeno per molte imprese. Fino ad alcune settimane fa, l’ente gestore - la R.A.M. SpA -, interrogata telefonicamente, dichiarava che le istruttorie erano ancora in corso di svolgimento, dopo di che non si riusciva neppure ad avere vaghe notizie. Credo che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non possa lasciare la cosa sotto silenzio e debba autorevolmente chiedere lumi alla R.A.M. e spingerla ad agire con maggiore speditezza. Vi sarei, perciò, grato, a Vostra volta, di volerlo sollecitare di un tanto. La seconda questione riguarda i divieti di circolazione per i veicoli considerati più inquinanti, introdotti in 4 Regioni della Pianura Padana (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto). Premetto che né io né le imprese associate siamo pregiudizialmente contrari all’introduzione di questo genere di misure, soprattutto perché sono di stimolo ad ammodernare il parco veicolare. Tuttavia, tali limitazioni dovrebbero avere un

carattere ben più omogeneo - meglio se di livello nazionale - in modo da non costringere i vettori a continue ricognizioni, addirittura comune per comune, specie nel caso dell’Emilia-Romagna, con tutto ciò che ne consegue nell’organizzare il proprio traffico. Ma, circostanza più importante, va tenuto presente che, se, da un lato, è utile e opportuno investire nella riqualificazione del parco veicolare, dall’altro è necessario lasciare il tempo per farlo in un’epoca di ben magri guadagni per il settore dell’autotrasporto. Il numero di veicoli diesel Euro 4 circolanti è ancora elevato e la loro esclusione, anche solo nel 2020, comporterebbe una brusca caduta dell’offerta di trasporto. Credo sia ragionevole chiedere al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e alle Regioni interessate maggiore omogeneità nell’applicazione dei divieti e di rinviare di almeno un anno la loro entrata in vigore per i veicoli di categoria Euro 4 e, quindi, al 1° ottobre 2021. Anche di questo chiederei di farVi interpreti. Da parte mia, qualora la Regione FriuliVenezia Giulia dovesse pensare di muoversi in maniera analoga, mi impegno a intervenire coerentemente a quanto appena detto. Vi rinnovo i ringraziamenti e Vi saluto con cordialità. Il Presidente Gruppo Trasporti e Logistica - Cav. Bernardino Ceccarelli -

***************** Gent. Sig.ra Emanuela Bertoni Presidente dell’UNITAI Gent. dott. Fabrizio Palenzona Presidente Conftrasporto Gent. dott. Paolo Uggé Presidente FAI

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Interventi per l’autotrasporto conto terzi L’ennesima vessazione di imprese italiane in austria

Udine, 9 novembre 2018 Cari Colleghi, ho seguito il caso del conducente di un veicolo industriale italiano sanzionato in Germania, per non avere un’adeguata conoscenza della lingua tedesca in sede di contraddittorio per presunte infrazioni a norme sulla circolazione stradale, e mi rallegro per la difesa che gli state fornendo. E’ un caso emblematico delle vessazioni a cui sono sottoposte le nostre imprese di autotrasporto che operano all’estero. E’ quasi la regola. Ne approfitto per segnalarVi uno recentemente occorso - ma che si ripete assai di frequente - alla (omissis) di (omissis) (Land) del gruppo (omissis), in (omissis) (Austria). Il 9 ottobre u.s. un suo veicolo viene fermato dalla Polizia di quel Land austriaco e sottoposto a revisione su strada. Vengono rilevate alcune anomalie da rimuovere. E’ fatto divieto al conducente di sostare nell’area ove è stato eseguito il controllo, in attesa di un meccanico dell’impresa proveniente dall’Italia, e gli si fa obbligo trasferirsi in un’officina indicata dall’organo di controllo, la (omissis) di (omissis), Austria. A tal scopo viene organizzata una scorta per spostare il veicolo di 10-20 km con un costo di 155 euro. Il giorno successivo, 10 ottobre, per evitare spese non controllabili, l’impresa invia, comunque, sul posto un proprio meccanico. Una volta eliminate le anomalie, viene eseguita una nuova revisione, con esito, però, negativo. Per conseguenza, devono essere sostituite altre parti meccaniche vendute dalla stessa officina. Essendo, frattanto, intervenuto l’orario di chiusura la nuova revisione viene differita al giorno successivo.

L’11 ottobre (terzo giorno) viene ripetuta la revisione che, questa volta, ha esito positivo. Dopo di che sono pagate, a vista fattura, le riparazioni, ma anche voci extra quali la sosta del veicolo e la “gestione della pratica” (sic). Da notare che le sanzioni (640 euro) sono inglobate nella medesima fattura per l’ammontare complessivo di 1.859,16 euro. Per forza di cose, il loro importo sarà stato girato dall’officina alla Polizia. La documentazione di questo, come pure di precedenti, identici casi, è a disposizione. Tale prassi – che mi permetto di definire di taccheggio legalizzato e organizzato fra organi di controllo e autofficine – è estremamente ricorrente e, in passato, è stata segnalata dalle imprese e dall’Associazione alle autorità diplomatiche italiane in Austria con riscontri pressoché nulli, tanto che ormai si rinuncia a farlo. Né si può procedere sempre per le vie legali. Ma sarebbe almeno buona cosa che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ne venisse portato a conoscenza e si attivasse non solo per le dovute iniziative di tutela, ma anche per tenerne conto nei più generali rapporti con i Paesi terzi e i loro vettori, a cominciare proprio da quelli facenti parte dell’Unione europea. Vi ringrazio per l’interessamento e Vi saluto con cordialità. Il Presidente Gruppo Trasporti e Logistica Bernardino Ceccarelli

***************** Gent. Sig.ra Emanuela Bertoni Presidente dell’UNITAI Gent. dott. Fabrizio Palenzona Presidente Conftrasporto Gent. dott. Paolo Uggé Presidente FAI

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Il punto di vista di Confapi sulla Legge di bilancio necessario puntare sugli investimenti e non sull’assistenzialismo Si riporta il testo del documento presentato da Confapi il 12 novembre 2018 all’audizione delle Commissioni Bilancio di Camera e Senato riunite relativa al Disegno di Legge di bilancio. Commissioni riunite V Commissione (Bilancio, Tesoro e Programmazione) e Commissione 5° (Bilancio) Audizione su Disegno di Legge Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (A.C. 1334) Camera dei Deputati Roma, 12 novembre 2018 Confapi ringrazia il Presidente della V Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei deputati Onorevole Claudio Borghi e il Presidente della Commissione 5° (Bilancio) del Senato della Repubblica Onorevole Daniele Pesco, per l’invito a partecipare all’odierna audizione in cui la Confederazione può esprimere le proprie valutazioni sulla Legge di Bilancio 2019. Prima di una sintetica analisi dei principali interventi che potrebbero avere una ricaduta, diretta o indiretta, sul sistema economico-finanziario e produttivo delle nostre piccole e medie industrie private, vorremmo fare una breve premessa di merito. Se, come scelta strategica, volessimo pensare lo sforamento del deficit come uno “scossone” per far ripartire il sistema Paese, lo dobbiamo finaliz-

zare solo ed esclusivamente a politiche concrete e lungimiranti di investimento. Ci vogliamo opporre al diktat europeo della riduzione del nostro debito? Spinti dalla considerazione che non sia troppo diverso per entità da quello tedesco o francese? Ma il loro Pil e i loro tassi di crescita e la compattezza della loro organizzazione statale sono così diversi che ci impongono l’unica scelta di combattere la nostra battaglia di sforamento del deficit solo a fronte di investimenti mirati e produttivi, chiudendo grandi opere come la TAV, la Pedemontana lombarda e piemontese, l’alta velocità Brescia-Trieste, il Terzo Valico, tanto per fare qualche esempio. E poi ancora investire per collegare meglio i distretti industriali; realizzare infrastrutture portuali che ci favorirebbero, vista la nostra posizione strategica nel Mediterraneo; riqualificare il patrimonio edilizio pubblico e privato, soprattutto nelle grandi città. È noto che le idee imprenditoriali, anche le più brillanti, non possono risultare vincenti se non trovano un humus favorevole, un habitat che ne favorisca lo sviluppo. Purtroppo, malgrado la bontà di singole misure e provvedimenti passati e presenti, non possiamo dire che il nostro sia un Paese per l’impresa. Noi piccoli e medi industriali privati continuiamo a dire che la vera ricetta è molto semplice: la crescita la crea il lavoro, il lavoro lo crea l’industria, sempre che questa sia liberata dalla burocrazia e dagli altri fardelli. Difatti, sono ancora troppi quelli che gravano sulle piccole e medie industrie private. Pensiamo al total tax burden –il carico fiscale complessivo sui profitti d’impresa – che supera la quota immorale del 65%. Un paese che fa pagare a chi lavora 70 su 100 si commenta da solo. Non si può quindi più rimandare una riduzione del cuneo fiscale. Occorre diminuire la tassazione su quei fattori che incidono sulla produzione industriale. Ci riferiamo al costo del lavoro e alle tasse patrimoniali vessatorie che gravano sulle imprese, come Imu e Tasi. E inoltre si deve capovolgere il paradigma tutto italiano per il quale i contribuenti – a differenza degli altri paesi che li trattano e li conside-

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rano clienti – sono, invece, a prescindere da perseguire. Per non parlare poi del costo della burocrazia che pesa sulle casse delle Pmi circa 30 miliardi di euro ogni anno. Solo la tenuta dei libri paga; le comunicazioni legate alle assunzioni o alle cessazioni di lavoro; le denunce mensili dei dati retributivi e contributivi; l’ammontare delle retribuzioni e delle autoliquidazioni costano al sistema delle Pmi quasi 10 miliardi l’anno. Poi ci sono le dichiarazioni dei sostituti di imposta, le comunicazioni periodiche ed annuali Iva che costano complessivamente 2,8 miliardi di euro. Inoltre, non solo le nostre imprese pagano tante imposte, ma il più delle volte è pure complicato farlo. Tale difficoltà è confermata nel rapporto internazionale che misura la “facilità” del sistema fiscale in cui l’Italia si classifica ultima in Europa e 141ª nel mondo. Da noi, un imprenditore medio effettua in un anno 15 versamenti al fisco, 6 in più di un suo collega tedesco, 7 in più di un inglese, di uno spagnolo o di un francese e 9 in più di uno svedese. Impieghiamo in media 238 ore annue per pagare le imposte, il 46% in più della media Ocse. Costi, tempo e risorse sottratte all’attività d’impresa, in particolare quella della media e piccola industria privata che paga anche l’obbligo di rivolgersi a strutture e consulenti esterni. È più che necessario che le misure che si intendono varare vengano finalmente inserite all’interno di un organico e sistemico piano industriale che riguardi l’intero Paese. Un piano che sappia proiettare il nostro sistema produttivo e industriale nei decenni futuri e che si concretizzi in politiche strategiche e di reale sostegno alle nostre aziende. Ma entriamo nel merito del disegno di legge.

IVA e accise carburante Non vogliamo pensare neanche per l’anno a venire ad aumenti IVA e accise carburanti. Superfluo sottolineare che un ennesimo aumento dell’IVA “minerebbe” ulteriormente la competitività delle imprese, determinando una contrazione dei consumi e una diminuzione importante della domanda interna, con conseguenze altrettanto negative sull’intero sistema economico produttivo. Analogamente va scongiurato un aumento delle accise sui carburanti che incide in maniera considerevole sull’attività delle nostre imprese e in particolare su alcune categorie produttive. Il costo dell’energia, tanto più alto da noi rispetto ad altri paesi europei, è un altro handicap nel già difficile percorso delle nostre industrie priva-

te. Per di più è aumentato negli ultimi sei mesi in modo stratosferico. I dati del Gestore mercati Elettrici, pubblicati a ottobre 2018, parlano chiaro. A settembre il PUN (prezzo unico nazionale) si attesta a 76,32 euro per megawattora, il livello più alto degli ultimi sei anni, registrando un aumento del 12,7% su agosto 2018 e un 57% sul 2017. In termini di volumi, l’energia elettrica scambiata nel Sistema Italia in borsa è stata pari a 24,2 terawattora, registrando una crescita del 2,2% sullo stesso mese del 2017. Con aumenti poco superiori al 2% abbiamo un’impennata dei prezzi, su base annua, di oltre il 57%.

Utili reinvestiti Relativamente alla tassazione agevolata degli utili reinvestititi per l’acquisizione di beni materiali strumentali e per l’incremento dell’occupazione (articolo 8), rileviamo che la norma è molto complessa e di difficile applicazione, soprattutto per incrementi di investimenti di modesta entità. Se riferita soprattutto ai soli incrementi di investimenti in beni materiali strumentali, da quello che si evince dal dato letterale, comporterebbe dei benefici modesti. Esemplificando, poniamo che un’impresa incrementi i suoi investimenti in beni di 10mila euro e che la quota di ammortamento del bene sia pari al 25%: nel primo anno si concretizza solo nel 12,5%. Se ben si è interpretata la norma, ciò comporterebbe che su un incremento di investimento in beni strumentali nuovi, l’impresa avrà una detassazione pari a 112,5 euro, sempre che siano rispettati tutti gli altri vincoli previsti dalla norma stessa. L’azienda avrà pertanto un beneficio percentuale dell’1,12% e ciò avverrà, nella migliore delle ipotesi, in quanto vi potrebbe essere anche la possibilità che l’azienda abbia dismesso altri beni annullando di fatto il beneficio.

Credito d’imposta ricerca e sviluppo In più, rileviamo che, l’articolo 13 riformula la norma relativa alla disciplina del credito di imposta in attività di ricerca e sviluppo, riducendone della metà l’entità e abbassando a 10 milioni di euro il massimale annuale, in precedenza fissato a 20 milioni.

Impresa 4.0 Evidenziamo, inoltre, che il Disegno di Legge complessivamente depotenzia il Piano Impresa 4.0, che a nostro avviso meriterebbe di essere

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implementato dando piena continuità alle misure già introdotte negli anni precedenti. Più nello specifico, per quanto riguarda la rimodulazione e la proroga dell’iper ammortamento (articolo 10) per i beni strumentali individuati dal Piano Impresa 4.0, accogliamo favorevolmente la modulazione delle agevolazioni in maniera decrescente all’aumentare dell’investimento. Tale misura sicuramente premia le imprese di dimensioni più contenute che hanno budget di spesa più limitati rispetto alla grande impresa. Altrettanto positiva è la proroga del super ammortamento al 140% per l’acquisto di beni immateriali strumentali rientranti sempre nel piano impresa 4.0. Non rinveniamo, invece, il super ammortamento per i beni strumentali tradizionali che, nella scorsa Legge di bilancio, era stato fissato al 130%. Ricordiamo che il tessuto economico produttivo del nostro Paese è costituito per il 90% da piccole e medie imprese, che principalmente sono manifatturiere e che investono proprio in impianti e macchinari rientranti più facilmente nell’ammortamento tradizionale. Chiediamo quindi che tale agevolazione venga reintrodotta anche per il 2019.

Formazione 4.0 È molto importante reintrodurre il credito d’imposta per le spese legate alla formazione 4.0, misura strettamente correlata ad una piena attuazione del Piano Impresa 4.0. Sottolineiamo che solo nel mese di maggio di questo anno è stato pubblicato il decreto interministeriale che dava attuazione alla misura stabilendo modalità e criteri per poter usufruire dell’agevolazione. Ci siamo immediatamente attivati, come associazione di categoria, per sottoscrivere gli accordi interconfederali e territoriali necessari alle aziende per richiedere tale credito d’imposta. Molte imprese però, visti i lunghi tempi di gestazione del decreto, non potranno nemmeno usufruirne. Bisogna prendere atto che stiamo vivendo da ormai qualche anno una trasformazione oltre che tecnologica anche culturale dei processi produttivi che richiede quindi nuove skills professionali, così come un nuovo modo di fare impresa. A nostro avviso, la formazione rimane fondamentale per qualificare quelle risorse che nei prossimi anni dovranno governare le nuove tecnologie. Siamo sempre più consapevoli che il mondo delle imprese deve lavorare in stretta sinergia anche con le migliori università e centri di ricerca, per tracciare un sentiero comune che possa permettere di lanciare brevetti e prodotti innovativi. In soldoni, ci permettiamo di dire che la complessità della tassazione agevolata sugli utili reinvesti-

ti, la modifica alla disciplina del credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo, l’abrogazione dell’ACE, l’eliminazione del super ammortamento sui beni strumentali tradizionali e infine la mancata previsione del credito d’imposta sulla formazione 4.0, disegnano un quadro sfavorevole per le Pmi che determinerà un ulteriore aggravio della tassazione.

Interventi ristrutturazione edilizia e codice appalti Apprezziamo la proroga al 2019 delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia ed efficienza energetica (articolo 11). Auspichiamo che tali misure siano l’apripista per interventi più strutturali che riguardino l’edilizia. È questo un settore fondamentale, strategico per il rilancio di qualunque economia, che deve essere finalizzato ad un ammodernamento e un efficientamento dell’intero sistema infrastrutturale nonché del patrimonio immobiliare del Paese. C’è da dire però che le politiche fin qui perseguite non hanno aiutato. Il discutibile Codice degli appalti, che nasceva per allargare i grandi appalti anche alle Pmi, si è rivelato un “pantano” che ha bloccato persino gli investimenti già decisi e penalizzato ulteriormente le aziende del settore. Siamo pronti a presentare delle nostre proposte finalizzate ad una rivisitazione integrale dell’intero Codice che, pur mantenendo ferma la legalità e la trasparenza, dovrà essere improntato alla semplificazione e allo snellimento burocratico delle procedure nonché alla partecipazione delle Pmi.

Made in Italy e patent box Con riferimento alle misure contenute nell’articolo 19 e in particolare a quelle a tutela del Made in Italy, le piccole e medie industrie italiane da sempre si contraddistinguono per i prodotti di eccellenza riconosciuti in tutto il mondo e che necessitano di una tutela specifica. Va però evidenziato che tutt’oggi i marchi sono esclusi dalla detassazione connessa al patent box, anche per effetto del parere interpretativo dell’Ocse. Ribadiamo che sia necessario trovare una misura alternativa all’esclusione dei marchi dalle tutele riconducibili al patent box, fattore indispensabile per la salvaguardia del Made in Italy.

Innovation Manager In un’ottica di accrescimento delle competenze all’interno delle piccole e medie imprese che si affacciano per la prima volta su mercati interna-

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zionali, apprezziamo che vi sia lo stanziamento di risorse finalizzate all’utilizzo di un temporary export manager. Allo stesso modo è condivisibile la misura, sempre contenuta all’interno dell’articolo 19, che prevede un contributo a fondo perduto sotto forma di voucher per le aziende o per le reti d’impresa che intendono avvalersi di un Innovation Manager. I contributi in esame sono concessi a condizione che venga sottoscritto un apposito contratto di servizio di consulenza tra i soggetti beneficiari e le società o i manager in possesso di adeguati requisiti di qualificazione e che siano iscritti in un apposito elenco. Chiediamo pertanto che, nel decreto ministeriale che dovrà istituire tale elenco, venga riconosciuto un ruolo attivo ai Digital Innovation Hub già inseriti nel network nazionale del Piano Impresa 4.0, in quanto, tra le loro specifiche funzioni e attività, vi è proprio il trasferimento alle Pmi di competenze tecnologiche avanzate e specifiche. Noi come Confapi, per incentivare l’assunzione di dirigenti e quadri superiori all’interno delle piccole e medie imprese e con l’obiettivo di aumentarne i livelli di managerializzazione, abbiamo già inserito nel Contratto nazionale di lavoro per i Dirigenti e Quadri superiori, che sottoscriviamo con Federmanager, una nuova figura manageriale chiamata “professional” creata ad hoc per quelle aziende che non possono stabilmente sostenere i costi di un dirigente, ma che hanno bisogno di figure di alta professionalità da affiancare all’imprenditore nelle decisioni strategiche aziendali e in grado di gestire il cambiamento organizzativo e le sfide di Industria 4.0.

Occupazione Siamo più che favorevoli ad interventi che siano finalizzati a rilanciare e a mantenere il livello occupazionale promuovendo misure rivolte ai giovani. Apprezziamo la proroga della misura che prevede lo sgravio contributivo per i lavoratori under 35 nelle regioni del Mezzogiorno (articolo 20). Ancora oggi, però, nel nostro Paese registriamo un tasso di disoccupazione giovanile tra i più alti d’Europa e, nelle nostre industrie, il ricambio generazionale è frenato da politiche che non agevolano la fuoriuscita dal mercato del lavoro e il contemporaneo ingresso di nuove risorse. Per di più, mancando politiche serie di orientamento scolastico/formativo, dobbiamo assistere al paradosso che, a fronte di questi tassi di disoccupazione, non riusciamo a coprire i nostri fabbisogni di manodopera e tecnici specializzati, laddove, in particolare al nord, nelle aziende manufatturiere troverebbero posto in poche ore migliaia di giovani.

Per favorire l’inserimento di giovani all’interno del mercato del lavoro, guardiamo con interesse alla proposta ventilata di impiegare il 50% delle risorse già destinate a finanziare il reddito di cittadinanza a favore di quelle aziende che decidono di assumere e formare per tre anni quei giovani che potrebbero beneficiare della misura. Permane però la necessità di stabilizzare il mercato del lavoro. A nostro avviso bisognerebbe creare le condizioni affinché si crei un mercato del lavoro flessibile e dinamico dove sia più facile l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Centri per l’impiego In tale contesto il potenziamento dei centri per l’impiego può risultare strategico, ma presumibilmente la loro organizzazione richiederà tempi lunghi e ad oggi non certi. È pero necessario ricostruire l’autorevolezza di tali strutture raccordando l’offerta formativa con le reali esigenze del mondo del lavoro e del territorio. Noi, come Confapi sicuramente possiamo essere degli interlocutori privilegiati per far emergere le asimmetrie informative e orientare in maniera proficua l’incontro tra mondo del lavoro e mondo dell’impresa già pronti con le nostre reti di organizzazione territoriale.

Apprendistato e sistema duale In merito all’incremento della dote di finanziamento del sistema duale (articolo 22) e agli incentivi al contratto di apprendistato (articolo 26), accogliamo con favore l’intenzione del Governo di investire in tali istituti. È importante però studiare e sperimentare delle tipologie di apprendistato differenti, prendendo spunto dal sistema duale tedesco in cui, negli istituti tecnici ad esempio, vengono proposti tre anni di formazione-base uguale per tutti a fronte di un ultimo anno in cui è possibile, a seconda delle esigenze del mercato del lavoro interno, specializzarsi in discipline che favoriscano l’immediata entrata nel mondo del lavoro per operare da subito al suo interno e semmai coltivare lo spirito imprenditoriale. Non dimentichiamo che mai come oggi la crescita è possibile laddove si aumenta la competenza, laddove la scuola e la formazione rispondano ai reali bisogni della società.

Pensioni e reddito di cittadinanza Sul rilevante tema delle pensioni, è bene considerare che l’attuale sistema previdenziale è a ripartizio-

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Nordest Servizi: l’importanza della continuità operativa Che cosa è la Business Continuity e perché è fondamentale averne una Sono 500 miliardi di dollari nel mondo e 10 miliardi di euro in Italia le perdite derivanti dai crimini informatici nel 2017, secondo il Rapporto Clusit 2018. Questi dati evidenziano la vulnerabilità informatica delle aziende e collocano il cybercrime come principale causa di discontinuità operativa, seguita solo dall’obsolescenza dei sistemi. La Business Continuity - o Continuità Operativa - è la strategia che ogni organizzazione dovrebbe avere per assicurare la “sopravvivenza” di tutte le funzioni essenziali dell’impresa e il ripristino repentino delle normali attività, in caso di attacco informatico o altro tipo di disastro. Alcune differenze

Allora voglio la Business Continuity!

“È d’obbligo fare chiarezza sui termini e specificare la differenza tra Business Continuity e Disaster Recovery, spesso confusi” – spiega Massimo Bosello, amministratore delegato di Nordest Servizi. “Per Disaster Recovery si intende l’insieme di soluzioni volto a salvaguardare e a ripristinare la conoscenza dell’azienda fino al momento immediatamente prima il verificarsi di un evento critico: si applica quindi a dati e sistemi necessari a riavviare i servizi in caso di disastro. Mentre il DR aiuta a salvare e ripristinare, con un piano di Business Continuity abbiamo la garanzia che, durante il verificarsi del disastro, i sistemi continuino ad essere attivi e funzionanti, senza interruzioni.”

“Questa è la costante e sensata affermazione di ogni imprenditore che incontriamo e che riconosce il momento di un mercato che non ti perdona disservizi e che ti premia nell’essere affidabile” - commenta Massimo Bosello. Perché prevenire è meglio che curare Data la complessità della materia è bene rivolgersi a degli esperti IT in modo preventivo. “Prima del piano di Business Continuity è necessaria una Business Impact Analysis (BIA) - spiega Nicola Bosello, amministratore delegato Nordest Servizi - ovvero la mappatura dei processi più critici e l’analisi dell’impatto che un loro blocco potrebbe provocare sul business. Le varie attività vengono suddivise in ordine di importanza e a ciascuna si attribuisce un grado di protezione commisurato alla rilevanza di business. Si identificano la tempistica di ripristino e le risorse necessarie perché il servizio possa essere ricostituito e continuare a livelli accettabili”. La logica della soluzioni

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“Le soluzioni proposte per la Business Continuity sono molteplici: da quelle on premise - spiega Massimo Bosello che permettono di utilizzare sistemi installati e gestiti presso la propria azienda; a quelle off premise, che si convertono in un servizio (a canone) erogato da un datacenter esterno; a soluzioni nel cloud pubblico, dove tale servizio è erogato da uno o più provider internazionali; infine, in forme cloud ibride. Il trend del cloud riconosce inoltre una specie di contro tendenza che si sta facendo strada negli ultimi anni, l’edge computing, ossia la decentralizzazione di una parte dei servizi gestiti in cloud, quelli legati ad elaborazioni più “sensibili”, all’interno di risorse locali dedicate, tipiche dell’IOT e dell’automazione manifatturiera”. In uno scenario così variegato, Nordest Servizi può essere un partner funzionale e strategico nell’implementare un piano efficace di Business Continuty. La società di IT aiuta i clienti a scegliere con consapevolezza e, in stretta collaborazione con il vendor Nutanix, “propone una soluzione su misura, che porta molti vantaggi del cloud pur in un modello interno all’azienda” – conclude Nicola Bosello.


ne: i lavoratori attivi, con i loro contributi, pagano le pensioni di chi è uscito dal mondo del lavoro. Un tale sistema può essere garantito solo se al centro delle azioni politiche di oggi c’è lo sviluppo industriale, la competitività e il lavoro, che potrà realizzarsi solo grazie al sostegno alla manifattura e all’impresa in genere. Senza il lavoro, senza la possibilità per i giovani di entrare in un circuito virtuoso, senza politiche industriali di ampio respiro, è inutile parlare di aggiustamenti al nostro sistema di welfare. Condividiamo l’introduzione di misure di sostegno sociale in favore delle fasce più deboli a patto che non siano misure stabili e che il tutto non si risolva nel dare ai giovani i posti che erano occupati da coloro che mandiamo in pensione. Occorre, invece, creare nuove opportunità di lavoro e non soltanto sostituire i lavoratori pensionandi con quelli giovani, incrementando ancor di più la spesa pubblica. In conclusione, vogliamo indicare alcune tematiche, a nostro avviso, di particolare rilievo per il mondo che rappresentiamo, che non sono state inserite all’interno del disegno di legge e che meriterebbero maggiore attenzione.

Ritardo di pagamenti tra privati Come da tempo abbiamo evidenziato, ancora oggi le Pmi italiane subiscono un grave squilibrio finanziario poiché i tempi medi di pagamento tra privati arrivano a 180 giorni. Viene completamente disattesa la direttiva europea 2011/7/UE che stabilisce i tempi entro i quali le fatture devono essere regolate (60 e 30 giorni) e prevede sanzioni pecuniarie nel caso non vengano rispettati. Le Pmi vogliono smettere di fare “da banca” ai loro clienti. La nostra proposta, che troverete in allegato e che si ispira al modello vigente in Francia, prevede un sistema di sanzioni a carico di chi non rispettasse i tempi previsti di pagamento con la possibilità di alimentare con tali introiti un Fondo presso il Mise destinato allo sviluppo delle Pmi.

IMU su immobili industriali Riteniamo anche opportuna una profonda rivisi-

tazione dell’IMU. Tale imposta grava in maniera considerevole sul settore manifatturiero che necessita di strumentazioni importanti e di spazi molto ampi per l’esercizio dell’attività d’impresa, a differenza di aziende che spesso generano notevoli fatturati a fronte di beni strumentali e di spazi esigui. Sarebbe necessario pertanto rimodulare l’imposta prendendo come base di calcolo sia il fatturato sia il settore merceologico. Un altro intervento dovrebbe prevedere un’esenzione parziale dall’imposta per quei capannoni industriali che, a seguito di un ridimensionamento dell’attività d’impresa, non vengono più utilizzati nell’esercizio corrente.

Due enti impositori È necessario inoltre che venga attuata periodicamente una verifica successiva della validità delle misure varate nel campo delle politiche fiscali attraverso un confronto programmato e costante della loro efficacia pratica tra gli addetti ai lavori e i destinatari di tali provvedimenti. Nonostante alcuni interventi di razionalizzazione e snellimento che si sono realizzati negli ultimi anni, il numero dei tributi è tuttora troppo elevato e determina un aggravio di costi sia per le imprese che rappresentiamo sia per la stessa pubblica amministrazione che deve gestirli. Per cui occorre realizzare, innanzitutto, una riduzione quantitativa degli stessi individuando due soli enti impositori - uno a livello nazionale e uno a livello regionale - razionalizzando anche il calendario per il pagamento dei vari tributi con una o al massimo due date annue. Riteniamo che le proposte e le osservazioni formulate possano contribuire ad una discussione che, anche a livello politico e normativo, tenga in considerazione che le piccole e medie imprese private rappresentano il 95% delle aziende attive in Italia e sono la forza più sana e vitale della Nazione. Solo con interventi su infrastrutture, scuole, cuneo fiscale, burocrazia tempi di pagamenti fra privati possiamo combattere per la crescita e favorire il mercato interno (fondamentale) e affrontare con forza e credibilità il confronto e la discussione con gli altri paesi.

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Polizze vita e polizze unit/index linked regime giuridico e pignorabilità alla luce della recente giurisprudenza

Carlo Ferrero, avvocato in Udine e magistrato onorario Le polizze vita sono considerate tradizionalmente quali strumenti utilizzabili per conferire una protezione patrimoniale e godono di notevoli vantaggi di natura fiscale. Ai sensi dell’art. 1919 cc l’assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella di un terzo individuando uno o più beneficiari del premio assicurativo che la compagnia assicurativa pagherà in caso si verifichi l’evento morte. Infatti ai sensi dell’art. 1920 cc è valida l’assicurazione sulla vita a favore di un terzo (beneficiario). La designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di assicurazione, o con successiva dichiarazione scritta comunicata all’assicuratore, o per testamento; essa è efficace anche se il beneficiario è determinato solo genericamente. Equivale a designazione l’attribuzione della somma assicurata fatta nel testamento a favore di una determinata persona. Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione. Le polizze assicurative vita sono impignorabili e insequestrabili e non soggette ad azione revocatoria in caso di fallimento. Il codice civile all’art. 1923 dispone infatti che le somme dovute dall’assicuratore all’assicurato o al beneficiario non sono soggette ad azione esecutiva o cautelare. L’intangibilità delle somme dovute dall’assicuratore riguarda ogni specie di assicurazione sulla vita, sia questa a favore proprio o a favore altrui. Pertanto la disciplina codicistica della polizza vita delinea quindi una forma efficiente di tutela patrimoniale in quanto consente di accantonare/ conferire una somma di denaro segregandola in una polizza così mettendola al riparo da creditori del disponente o dalle pretese del fisco, ed attri-

buendola direttamente ad un beneficiario al momento in cui si verifichi l’evento previsto in polizza (esclusivamente la morte dell’assicurato). Inoltre chi sottoscrive una polizza vita assume il vantaggio del “tax deferral” (differimento della tassazione al momento del riscatto della polizza). Ciò comporta la possibilità di reinvestire ogni anno la parte d’imposta annuale che altrimenti verrebbe decurtata dal patrimonio. A fini ereditari le polizze vita non rientrano nell’asse ereditario relitto dal defunto e pertanto sono esenti dall’imposta di successione. Bisogna tuttavia fare delle importanti precisazioni a proposito della insequestrabilità ed impignorabilità delle polizze vita. Da tempo la SC ha avuto modo di circoscrivere l’impignorabilità delle polizze vita esclusivamente alla disciplina civilistica, e non invece ai casi di responsabilità penale dell’assicurato, per i quali casi è possibile il sequestro preventivo della polizza ed - in caso di condanna - anche la relativa confisca (con attribuzione della medesima allo Stato). Ciò perché il divieto di sottoposizione ad azione esecutiva e cautelare, stabilito dal codice civile, attiene esclusivamente alla definizione della garanzia patrimoniale a fronte della responsabilità civile e non riguarda la disciplina della responsabilità penale. In presenza di una responsabilità penale, quindi, è possibile il sequestro della polizza. Questo principio è stato ribadito anche per i casi di evasione fiscale di rilevanza penale (legge n. 74/2000): anche le polizze assicurative sulla vita possono essere oggetto di sequestro preventivo e successiva confisca. Allo stesso modo è vero che le polizze vita non possono in generale essere apprese alla massa attiva dell’eventuale fallimento dell’assicurato, ma sempre che il medesimo assicurato fallito non incorra in un reato fallimentare, nel quale caso allora anche le polizze potrebbero essere sottoposte a sequestro e ricomprese nel fallimento. Occorre ricordare sempre che la legge (art. 2901 cc -azione revocatoria- con cui il creditore può domandare in giudizio che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni) considera anche il caso in cui il contraente, attraverso il pagamento di premi, ab-

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bia voluto danneggiare i suoi creditori riducendo scientemente il suo patrimonio aggredibile. In questo caso i creditori possono far valere i propri diritti sulle somme dovute dall’assicuratore, anche se soltanto nei limiti dell’importo dei premi corrisposti per il contratto. Da tempo la SC ha posto dubbi sulla reale impignorabilità delle polizze vita aventi natura finanziaria, posta la loro dubbia finalità previdenziale, ed invece, posta la loro sicura finalità di investimento. In altri termini il fine previdenziale di un contratto assicurativo risulta presente “se la prestazione che questi è tenuto ad adempire sia esigibile e/o determinabile unicamente in ragione dell’evento della vita contemplato, e, quindi, prescinda – fatta salva l’eventuale rivalutazione annuale delle somme assicurate – dall’andamento dell’impiego delle risorse acquisite dagli assicurati sotto forma di premi”. Più a rischio sono le polizze unit linked e

index linked (ramo III) le cui performance dipendono nel primo caso dall’andamento delle quote di un fondo comune e nel secondo dai risultati di un indice azionario. Recentemente è intervenuta la Corte di Cassazione sez. III, ord. 30 aprile 2018, n. 10333 che, nel confermare una decisione della Corte d’Appello di Milano, rischia di creare non poche preoccupazioni nel settore delle assicurazioni. La Corte ha infatti accertato la nullità di una polizza vita stipulata tramite una fiduciaria in quanto, mancando la garanzia della conservazione del capitale alla scadenza e dunque la natura assicurativa del prodotto, la polizza oggetto dell’intermediazione doveva essere considerata un vero e proprio investimento finanziario da parte di coloro che figuravano come assicurati (che avevano operato per il tramite una società fiduciaria) e quindi trovavano applicazione il T.U.F. e i regolamenti Consob.

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Il decreto fiscale

provvedimento legato alla manovra per il 2019

Premessa È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 247 del 23 ottobre 2018 il decreto legge n. 119 del 23 ottobre 2018 avente ad oggetto l’anticipazione di alcune disposizioni legate alla manovra per il 2019. I provvedimenti più significativi riguardano diverse sanatorie per definire situazioni pendenti con l’amministrazione finanziaria nonché alcuni interventi in materia di Iva. Questi ultimi sono strettamente legati all’introduzione, dal prossimo anno, dell’obbligo generalizzato di fatturazione elettronica. Di seguito in sintesi i provvedimenti di maggiore interesse, riservandoci di ritornate su singoli argomenti in successivi articoli di approfondimento.

Definizione agevolata dei processi verbali di constatazione (art. 1) Con riferimento ai processi verbali di constatazione PVC consegnati entro il 24 ottobre 2018 sarà possibile presentare una specifica dichiarazione per regolarizzare le violazioni in esso contenute in merito a Ires, Irpef e relative addizionali, contributi previdenziali, ritenute, imposte sostitutive, Irap, Ivie, Ivafe e Iva. Questa procedura riguarda solo i contribuenti ai quali, al 24 ottobre 2018, non è stato notificato l’atto di accertamento o non hanno ricevuto l’invito al contradditorio. La dichiarazione deve essere presentata entro il 31 maggio 2019 con riferimento ai periodi d’imposta per i quali non sono ancora scaduti i termini prescrizionali e considerando, in caso di rilevanza penale, il raddoppio dei termini. Si ricorda che per i periodi d’imposta fino al 31 dicembre 2015, i termini di accertamento sono stati prorogati di due anni.

Nella dichiarazione non sarà consentito scomputare dal maggiore imponibile eventuali perdite. Per le società di persone e più in generale per i soggetti che producono redditi in forma associata di cui all’art. 5 del TUIR, ma anche per quelli che hanno aderito al regime di trasparenza di cui agli artt. 115 e 116 del TUIR, la dichiarazione potrà essere presentata dai soci per regolarizzare il proprio reddito di partecipazione. Il versamento delle imposte legato all’autoliquidazione da dichiarazione dovrà essere eseguito entro il 31 maggio 2019. Non è richiesto il versamento di sanzioni o interessi. La definizione si perfeziona con la presentazione della dichiarazione e il versamento del dovuto in unica soluzione o della prima rata entro il 31 maggio 2019. È previsto, infatti, la possibilità di rateizzare in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo. Non sarà possibile compensare le somme dovute con eventuali crediti disponibili. Le modalità operative di accesso a questa definizione agevolata saranno definite da apposito provvedimento delle Entrate.

Definizione agevolata atti di accertamento (art. 2) Sarà possibile definire i seguenti atti o accertamenti: - avvisi di accertamento, rettifica e liquidazione degli atti di recupero notificati entro il 24 ottobre 2018 non impugnati o ancora impugnabili a tale data. Per chiudere la vertenza si dovrà procedere al versamento delle sole imposte (senza quindi sanzioni, interessi e oneri accessori) entro 30 giorni dalla predetta data, oppure, entro il termine per la proposizione del ricorso che residua se successivo al 24 ottobre 2018; - definizione agevolata delle somme contenute negli inviti al contraddittorio notificati entro la stessa data del 24 ottobre 2018. Anche in questo caso per la chiusura della lite è richiesto il versamento delle sole imposte entro 30 giorni dal 24 ottobre 2018; - perfezionamento della definizione degli accertamenti con adesione sottoscritti entro il 24 ottobre 2018. In questo caso il versamento,

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sempre delle sole imposte, deve essere eseguito entro 20 giorni dalla redazione dell’atto di accertamento. In tutti i casi di cui sopra, la definizione si perfeziona con il versamento delle somme entro i termini indicati in unica soluzione o della prima rata. Anche nei casi di cui sopra, infatti, sarà possibile rateizzare le somme dovute fino ad un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo. E’ esclusa la compensazione con eventuali crediti disponibili. Non sarà possibile accedere a questa definizione con riferimento agli atti emessi a seguito della “Voluntary disclosure”. Le modalità operative di accesso a questa definizione agevolata saranno definite da apposito provvedimento delle Entrate.

Definizione agevolata Ruoli (art. 3) Sono stati riaperti i termini per la definizione agevolata dei carichi affidati all’Agente della riscossione dal 2000 al 2017. L’estinzione del debito senza versare sanzioni e interessi, richiede il versamento anche in forma rateale delle somme: - affidate all’Agente della riscossione a titolo di capitale e interessi; - maturate a favore dell’Agente della riscossione a titolo di aggio o di rimborso spese per procedure esecutive e notifiche. I dati per procedere alla definizione saranno forniti dall’Agente della riscossione presso i propri sportelli o nell’area riservata del proprio sito Internet. Questa definizione non riguarda le infrazioni del codice della strada (ad esclusione degli interessi), il recupero di aiuti di stato, i crediti da pronunce di condanna della Corte di Conti, le multe ammende e sanzioni legate a provvedimenti o sanzioni penali, l’Iva legata a importazioni e più in generale a sanzioni diverse da quelle afferenti violazioni tributarie o previdenziali. Per aderire alla definizione dei ruoli il contribuente, entro il 30 aprile 2019, deve presentare tramite apposito modello, una dichiarazione nella quale s’indicherà il numero di rate scelto e la rinuncia a continuare contenziosi in corso. A questo proposito per l’estinzione del contenzioso è richiesta la presentazione in giudizio dell’effettivo perfezionamento della definizione con i relativi versamenti. La dichiarazione deve essere presentata anche dai soggetti che, per effetto di pagamenti parziali, hanno già corrisposto integralmente le somme relativamente ai carichi in esame. Il pagamento delle somme dovute deve essere ese-

guito in unica soluzione entro il 30 giugno 2019 oppure in un massimo di 10 rate consecutive di pari importo. In quest’ultimo caso dal 1° agosto 2019 saranno dovuti gli interessi calcolati nella misura del 2% annuo e i versamenti dovranno essere eseguiti entro il 31 luglio e il 30 novembre di ogni anno a partire dal 2019. Non è prevista la possibilità di applicare la dilazione di cui all’art. 19 del DPR 602/73 per situazioni di temporanea difficoltà del contribuente. Il mancato, tardivo o insufficiente versamento di quanto dovuto, anche di una sola rata, fa venir meno la definizione, con conseguente ripresa dell’attività dell’Agente della riscossione. Con la presentazione della domanda di definizione per i carichi che ne costituiscono l’oggetto: - sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza e, fino al pagamento della prima o unica rata, gli obblighi di versamento legati a precedenti dilazioni; - viene sospeso l’avvio di nuove azioni esecutive; - il debitore non è considerato inadempiente ai fini dell’erogazione dei rimborsi d’imposta e pagamenti di crediti vantati nei confronti della P.A. Per i soggetti che hanno aderito alla definizione agevolata di cui al D.L. 148/2017 e che entro il 7 dicembre 2018 provvedono al pagamento integrale delle somme in scadenza nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018, viene previsto un differimento automatico dell’importo residuo ancora dovuto. Quest’ultimo potrà essere versato in 10 rate consecutive di pari importo con scadenza 31 luglio e 30 novembre a decorrere dal 2019. Sulle singole rate dal 1° agosto 2019 saranno dovuti gli interessi nella misura dello 0,3% annuo. Sarà l’Agente della riscossione, entro il 30 giugno 2019, a inviare al debitore una comunicazione con i relativi bollettini di versamento precompilati per il pagamento di quanto dovuto alle nuove scadenze. In questo conteggio lo stesso Agente terrà conto anche di eventuali ruoli stralciati in quanto di importo inferiore a 1.000 euro di cui al capitolo seguente. Le some dovute potranno essere compensate con crediti di fornitura di beni o di servizi nei confronti della pubblica amministrazione. Con pagamento della prima rata differita si estingueranno le procedure esecutive in essere, a meno che non sia già intervenuto il primo incanto con esito positivo. Questa definizione interessa in particolare i soggetti che hanno usufruito, a seguito della presentazione della domanda entro il 15 maggio 2018: A - della riammissione alla definizione agevolata

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delle somme iscritte nei carichi affidati all’Agente della riscossione dal 2000 al 2016 con riferimento: 1 - ai carichi compresi in piani di dilazione al 24 ottobre 2016 per i quali il debitore non ha eseguito il versamento delle rate scadute al 31 dicembre 2016 con relativa esclusione della definizione agevolata precedente; 2 - ai carichi per i quali non è stata presentata la domanda di definizione entro il 21 aprile 2017; B - della rottamazione - bis vale a dire della definizione agevolata dei carichi affidati all’Agente della riscossione dall’1/1 al 30/9/2017 per la quale il versamento andava eseguito entro il 31 luglio 2018 o in 5 rate. Per questi soggetti qualora entro il 7 dicembre 2018 effettuino il pagamento delle rate scadute a luglio, settembre e ottobre 2018 beneficeranno automaticamente di questa nuova rottamazione (ter) sul residuo importo ancora dovuto. Questa rottamazione ter può inoltre interessare anche i debiti relativi a carichi oggetto di precedente definizione per i quali il contribuente non ha provveduto al versamento di quanto dovuto, compresi i piani di dilazione.

Estinzione debiti fino a 1.000 euro Viene previsto l’annullamento automatico dei debiti di importo residuo, al 24 ottobre 2018, inferiore a 1.000 euro. Tale importo deve essere inteso come comprensivo di capitale, interessi e sanzioni, risultanti da carichi affidati all’Agente della riscossione dal 2000 al 2010, anche se riferiti a cartelle oggetto di rottamazione ter di cui sopra. A questo proposito le somme versate fino al 23 ottobre 2018 s’intenderanno acquisite in via definitiva, quelle versate successivamente a tale data saranno imputate alle rate da corrispondere per altre definizioni o, in assenza, rimborsate. Questa definizione non riguarda le infrazioni relative al recupero di aiuti di stato, i crediti da pronunce di condanna della Corte di Conti, multe ammende e sanzioni legate a provvedimenti o sanzioni penali, l’Iva legata a importazioni e più in generale a sanzioni diverse da quelle afferenti violazioni tributarie o previdenziali.

Definizione agevolata ruoli per risorse proprie della Ue e Iva all’importazione (art. 5) Sarà possibile utilizzare la definizione agevolata per i carichi affidati all’Agente della riscossione dal

2000 al 2017 a titolo di risorse proprie tradizionali ex art. 2, par. 1 lett. a), Decisione 2007/436/ CE EURATOM del Consiglio del 7 giugno 2007 e 2014/335/UE EURATOM del Consiglio del 26 maggio 2014 e dell’Iva riscossa all’importazione. In questi casi si utilizzeranno le procedure previste per la definizione agevolata dei ruoli di cui all’art. 3 del presente decreto sopra richiamate ma con alcune eccezioni. Il debitore deve versare oltre a quanto dovuto a titolo di capitali, interessi, aggio e rimborsi spese, gli interessi di mora dal 1° maggio 2016 al 31 luglio 2019, nonché gli interessi nella misura del 2% annuo dal 1° agosto 2019. Sarà l’Agente della riscossione a comunicare al debitore entro il 31 maggio 2019 quanto dovuto per la definizione. Il termine per il versamento della prima o unica rata è fissato al 30 settembre 2019. La seconda rata andrà versata il 30 novembre 2019 e le restanti entro il 31 luglio e il 30 novembre di ogni anno successivo.

Definizione agevolata controversie tributarie (art. 6) Riproposta la possibilità di definire le controversie in ogni stato e grado di giudizio in cui è parte l’Agenzia delle entrate. La definizione richiede il versamento di un importo corrispondente al valore della controversia al netto di sanzioni e interessi. Se l’Agenzia delle entrate è risultata soccombente nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata al 24 ottobre 2018, la definizione richiede il pagamento: - del 50% del valore in caso di soccombenza in primo grado; - del 20% del valore in caso di soccombenza in secondo grado. Per le controversie riguardanti esclusivamente le sanzioni non collegate ai tributi, la definizione richiede il pagamento: - del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza delle Entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata al 24 ottobre 2018; - del 40% negli altri casi. In caso di controversie relative esclusivamente alle sanzioni di tipo tributario, per la definizione non è dovuto alcun importo per le sanzioni se il rapporto relativo al tributo è stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione. Sono definibili le controversie il cui ricorso in primo grado è stato notificato entro il 24 ottobre 2018 e per le quali alla data della richiesta di defi-

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nizione, il processo non si sia ancora concluso con pronuncia definitiva. Sono escluse da definizione le controversie riguardanti le risorse proprie tradizionali ex art. 2, par. 1 lett. a), Decisione 2007/436/CE, EURATOM del Consiglio del 7 giugno 2007 e le somme dovute a titolo di recupero degli aiuti di stato. La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata entro il 31 maggio 2019. Per importi superiori a 1.000 euro sarà possibile rateizzare in un massimo di 20 rate trimestrali con le seguenti scadenze 31.8, 30.11, 28.2 e 31.5 di ogni anno. Sulle rate successive alla prima si dovranno versare gli interessi legali calcolati dal 1° giugno 2019 alla data di versamento. In assenza di importi da versare la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda. Per ogni controversia si dovrà presentare una distinta domanda di definizione entro il 31 maggio 2019 esente da bollo ed effettuare un distinto versamento. Dagli importi dovuti sarà possibile scomputare quanto già versato in pendenza di giudizio e viene riconosciuta l’eventuale restituzione di quanto già versato in eccedenza rispetto a quanto dovuto per la definizione. Le controversie in atto non sono sospese, spetta eventualmente al contribuente richiedere al giudice la sospensione dichiarando di voler aderire alla definizione. In questi casi il procedimento sarà sospeso fino al 10 giugno 2019. Se entro quest’ultima data il contribuente presenta all’organo giurisdizionale copia della domanda di definizione e del versamento eseguito, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2020. Per le controversie definibili i termini di impugnazione sono sospesi per 9 mesi. In caso di diniego della definizione, questo sarà notificato entro il 31 luglio 2020 e sarà impugnabile entro 60 giorni presso l’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. In assenza di istanza di trattazione entro il 31 dicembre 2020 il processo si estinguerà. Un provvedimento dell’Agenzia delle entrate definirà le modalità di attuazione della presente definizione.

Integrativa speciale (art. 9) Per le dichiarazioni presentate entro il 31 ottobre 2017 per le quali non sono scaduti i termini per l’accertamento, sarà possibile presentare una dichiarazione integrativa per correggere errori od omissioni ai fini dell’imposizione diretta e dell’Iva.

La dichiarazione integrativa dovrà essere presentata entro il 31 maggio 2019 e prevede il pagamento di un’imposta sostitutiva del 20% sui maggiori valori dichiarati oltre al versamento dell’Iva. L’integrativa deve riguardare esclusivamente dichiarazioni effettivamente presentate afferenti alle imposte sui redditi e relative addizionali, le imposte sostitutive sul reddito, le ritenute e i contributi previdenziali, l’Irap e l’Iva. Si può quindi pensare a cinque comparti impositivi separati per i quali l’integrazione degli imponibili è consentita nel limite di 100.000 euro di imponibile annuo e comunque non oltre il 30% di quanto dichiarato. Anche se norma non è chiara, l’integrazione dovrebbe essere ammessa fino al minore tra i due parametri (100.000 euro e 30% di quanto dichiarato). Siccome la norma prevede un limite di 100.000 euro, questo dovrebbe rappresentare un plafond massimo per le imposte mentre il secondo, quello del 30%, dovrebbe comprendere anche ritenute e contributi rappresentando uno sbarramento complessivo. Come anticipato sui maggiori imponibili, in luogo delle imposte ordinarie ed eventualmente delle sanzioni e interessi da ravvedimento operoso, sarà dovuta la sola imposta sostitutiva del 20% sui maggiori imponibili evidenziati. Per quanto riguarda l’Iva, sarà dovuta sulla base dell’aliquota media sui maggiori imponibili. Il contribuente per perfezionare l’operazione dovrà: - trasmettere all’Agenzia delle entrate una dichiarazione integrativa speciale per uno o più periodi d’imposta per i quali, al 24 ottobre 2018, non sono ancora scaduti i termini prescrizionali per l’accertamento; - versare entro il 31 luglio 2019 quanto dovuto in unica rata oppure, entro il 30 settembre 2019, la prima di un massimo di 10 rate semestrali di pari importo. La procedura si perfeziona con il pagamento dell’importo dovuto o della prima rata. Nella dichiarazione integrativa speciale non sarà possibile scomputare dal maggiore imponibile eventuali perdite. La dichiarazione integrativa speciale non può essere utilizzata per richiedere rimborsi di ritenute, acconti o crediti in precedenza non dichiarati, è irrevocabile e deve essere sottoscritta dal contribuente. Non sarà inoltre consentito l’accesso a questa forma di definizione nei casi in cui non sia stata presentata la dichiarazione nei periodi interessati, vale a dire dal 2013 al 2016, anche per un solo periodo d’imposta.

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Allo stesso modo non sarà utilizzabile nei casi in cui la richiesta si presentata: - successivamente all’avvio di un’attività di accertamento; - l’emersione di attività finanziarie detenute all’estero; - per integrare redditi prodotti in forma associata sui redditi di partecipazione a seguito di atto impositivo a carico della società partecipata. Sarà punita la presentazione di dichiarazioni integrative speciali per gonfiare attività finanziarie, patrimoniali, denaro contante, valori al portatore e più in generale per i reati di natura dichiarativa.

Attenuate le sanzioni per la fattura elettronica (art. 10) Per evitare di differire l’avvio della fatturazione elettronica, è stato modificato l’art. 1 comma 6 del D.lgs. 127/2015, prevedendo per il primo semestre 2019 un’attenuazione del regime sanzionatorio. Viene previsto che le sanzioni previste dall’art. 6 del D.lgs. 471/1997 per l’emittente e il cessionario non saranno applicate se la fattura elettronica viene emessa entro il termine di liquidazione relativo al momento di effettuazione dell’operazione. Se la fattura elettronica viene emessa entro il termine di liquidazione del periodo successivo a quello di effettuazione dell’operazione, le sanzioni si renderanno applicabile nella misura del 20%. In questo modo se un contribuente mensile con riferimento ad un’operazione fatta nel mese di gennaio 2019 emette la fattura elettronica immediata entro il 15 febbraio 2019, cioè entro il termine della liquidazione, non si renderà applicabile alcuna sanzione. Se invece la fattura elettronica relativa alla stessa operazione fatta a gennaio 2019, viene emessa il 15 marzo 2019, quindi entro il termine della liquidazione del periodo successivo, si renderà applicabile la sanzione di cui all’art. 6 del D.lgs. 471/97 nella misura del 20%. Per quanto riguarda il cessionario, se questo detrae l’Iva in base di una fattura cartacea erroneamente emessa dal cedente, non sarà sanzionato se riceverà la fattura entro il termine della propria liquidazione. Così se riceve una fattura cartacea il 20 gennaio 2019 e detrae la relativa imposta nella liquidazione di febbraio non subirà sanzioni se riceve la fattura elettronica entro il 16 febbraio 2019. Se invece la riceve entro il 16 marzo 2019, avendo liquidato l’imposta a febbraio, le sanzioni di cui all’art. 6 del D.lgs. 471/97 saranno applicate nella misura del 20%.

Emissione fattura elettronica (art. 11) Previsti tempi più lunghi per la gestione e registrazione delle fatture immediate, con possibilità di emetterle entro 10 giorni dall’effettuazione dell’operazione. Le nuove regole entreranno in vigore il 1° luglio 2019 e riguarderanno solo le fatture immediate non quelle differite. Attualmente la fattura immediata deve essere emessa entro il giorno di effettuazione dell’operazione e si considera giuridicamente emessa quando viene consegnata al cliente per quelle cartacee e quando viene trasmessa o messa a disposizione del cliente dal Sistema di Interscambio per quelle elettroniche. Questa tempistica, collegata alla procedura di formazione della fattura elettronica aveva sollevato numerose criticità alle quali il decreto in argomento cerca di porre rimedio. Viene previsto che la fattura si considera emessa se lo è entro 10 giorni dall’effettuazione dell’operazione. La norma però aggiunge che nel caso in cui la data di emissione sia diversa da quella di effettuazione, la stessa deve essere riportata in fattura. Se invece viene emessa lo stesso giorno di effettuazione dell’operazione nulla deve essere riportato in fattura. Così un’operazione effettuata il 7 luglio 2019 il cedente/prestatore che emette la fattura il 12 luglio 2019 dovrà indicare nella fattura anche la data del 7 luglio 2019 in cui è stata eseguita l’operazione. Se invece la fattura elettronica viene emessa il 7 luglio 2019 non sarà necessario indicare altre date oltre a quella di emissione. Le fatture elettroniche devono essere inviate al Sistema di Interscambio entro 10 giorni dall’emissione.

Registrazione fatture emesse (art. 12) Il decreto 119/2018 interviene anche sui termini di registrazione delle fatture emesse, attualmente devono essere annotate nei registri Iva entro 15 giorni dall’emissione. Dall’entrata in vigore del decreto, le fatture attive potranno essere annotate entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, ma con riferimento al momento di effettuazione dell’operazione. In questo modo vengono eliminate le differenziazioni tra fatture immediate e differite. Non sono state modificate le regole di registrazione delle fatture in triangolazione interna che devono essere annotate entro il 15 del mese successivo a quello di emissione con riferimento allo stesso mese di emissione.

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Registrazione fatture acquisti (art. 13) Dopo le modifiche apportate all’art. 25 del DPR 633/72 sono state riviste le regole di registrazione delle fatture di acquisto in merito all’obbligo di registrazione nell’apposito registro anteriormente alla liquidazione periodica Iva nella quale viene esercitata la detrazione. È stato soppresso l’obbligo di numerare in ordine progressivo le fatture passive e le bolle doganali e conseguentemente l’obbligo di riportarlo nel registro iva acquisti. E’ rimasto immutato il termine ultimo di registrazione per esercitare il diritto alla detrazione, vale a dire entro la data di presentazione della dichiarazione Iva dell’anno di ricezione e con riferimento al medesimo anno.

Detrazione Iva a credito (art. 14) Entro il termine previsto per la liquidazione periodica Iva è consentito detrarre l’imposta relativa alle fatture ricevute e annotate entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione, ad eccezione delle fatture riferite ad operazioni effettuate nell’anno precedente. Questi ultimi due articoli devono essere letti partendo dalle modifiche recate dall’art. 11 del D.L. 87/2018 (decreto Dignità) che per i soggetti tenuti alla fatturazione elettronica sono esonerati dall’obbligo di annotazione della stessa nei registri Iva, previsione però che rendeva difficile individuare gli effettivi destinatari di questo esonero. Ora gli articoli 12 e 13 del decreto legge 119/2018 in vigore dal 24 ottobre scorso, prevedono che le fatture emesse devono essere registrate entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con riferimento allo stesso mese. Si unifica così il termine di registrazione sia delle fatture immediate sia di quelle differite al giorno 15 del mese successivo a quello in cui si è verificato il presupposto per l’applicazione dell’Iva. L’imposta tuttavia deve essere liquidata con riferimento al momento in cui il presupposto si è realizzato. Come già ricordato l’art. 13 del decreto in argomento modificando l’art. 25 del DPR 633/72 ha eliminato l’obbligo di indicare il numero di protocollo per le fatture ricevute in sede di registrazione, introducendo così una semplificazione apprezzabile in vista dell’obbligo di fatturazione elettronica.

Utilizzo fatture elettroniche (art. 15)

127/2015 il riferimento ai soggetti “identificati” al fine di limitare l’utilizzo obbligatorio della fattura elettronica alle operazioni effettuate tra soggetti residenti o stabiliti in Italia.

Processo tributario digitale (art. 16) Dal mese di luglio del prossimo anno il processo tributario andrà instaurato con modalità telematiche. Esclusi da tale ambito le liti dove il contribuente può difendersi da solo, vale a dire per le cause di importo fino a 3.000 euro. Sarà possibile attivare l’udienza a distanza, vale a dire con collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza e il domicilio indicato dal contribuente.

Trasmissione corrispettivi (art. 17) Introdotto l’obbligo di trasmissione dei dati dei corrispettivi dal prossimo luglio 2019 per i soggetti con volume d’affari superiore a 400.000 euro e dal primo gennaio 2020 per tutti gli altri contribuenti. Si trasforma così in obbligo ciò che era una facoltà per i contribuenti, allineando anche i soggetti che effettuano operazioni al dettaglio, alle regole previste dalla fatturazione elettronica. A questo proposito gli operatori dovranno acquisire supporti tecnologici digitali che consentano la trasmissione telematica dei corrispettivi a fronte dei quali sarà riconosciuto un credito d’imposta anticipato dal fornitore del 50% con un massimo di 250 euro in caso di acquisto ovvero di 50 euro in caso di adattamento di precedente apparecchio. Il nuovo obbligo sostituirà l’obbligo di certificazione dei corrispettivi con scontrini o ricevute, fermo restando l’obbligo di emissione della fattura qualora richiesta. Per alcune zone il MISE potrà individuare alcune operazioni per le quali si continuerà a certificare i corrispettivi con scontrino o ricevuta. Per le cessioni di farmaci, inoltre, l’obbligo potrà essere assolto attraverso il sistema di tessera sanitaria, i cui dati potranno essere utilizzati dall’amministrazione finanziaria anche per finalità diverse dalla dichiarazione precompilata.

Lotteria corrispettivi (art. 18) Dal 2020 sarà riproposta una lotteria dei corrispettivi riservata alle persone fisiche maggiorenni residenti in Italia. Le modalità di adesione saranno definite da futuri provvedimenti.

È stato eliminato al comma 3 dell’art. 1 del D.Lgs. Pag. 28 - ApiNFORMA / Fiscale Tributario Economico - numero 19 - 31 ottobre 2018

(PZ)


Seconda rata di acconto versamento da effettuarsi entro il 30 novembre 2018

Premessa Si fa seguito alla nostra circolare prot. n. 312/PZ del 21 novembre 2018 per ricordare che il 30 novembre scade il termine per il versamento della seconda rata di acconto delle imposte relative al 2018. Le imposte interessate al versamento sono: Irpef, Ires, Irap, cedolare secca, IVIE, IVAFE, maggiorazione Ires società di comodo e imposta sostitutiva dei contribuenti minimi e forfetari. La base di calcolo dell’acconto è pari al 100% delle imposte dovute l’anno precedente e tale percentuale vale per l’Irpef, l’Ires e l’Irap. L’acconto di novembre è pari al 60% dell’acconto complessivo dovuto, qualora risulti dovuta la prima rata di acconto. È consentito utilizzare il metodo storico di versamento dell’acconto, parametrato alle imposte dell’anno precedente, oppure il metodo previsionale, basato sulla presunzione di reddito dell’anno in corso. Si evidenzia che in caso di previsione errata saranno applicabili le sanzioni per insufficiente versamento.

IRPEF L’acconto è pari al 100% del tributo relativo al periodo d’imposta precedente al netto di detrazioni, crediti d’imposta, ritenute alla fonte. Il dato da considerare al fine di verificare se è dovuto o meno l’acconto, è l’importo di rigo RN 34, campo 4 “Differenza” del modello Unico 2018. Nell’ipotesi in cui si sia provveduto al ricalcolo dell’acconto, il dato da considerare sarà il campo 4 di rigo RN61. Qualora l’imposta complessivamente dovuta per il periodo precedente: - non supera € 51,65 non è dovuto l’acconto; - supera € 51,65 si rende dovuto l’acconto nella misura del 100% del suo ammontare.

L’acconto così determinato deve essere versato: - in unica soluzione entro il 30 novembre 2018, se l’importo dell’acconto da versare è inferiore a € 257,52; - in due rate, se l’importo dovuto è pari o superiore a € 257,52, di cui la prima, nella misura del 40%, entro i termini previsti per il versamento del saldo del modello Unico 2018, la seconda entro il 30 novembre 2018 nella restante misura del 60%. Il versamento di novembre deve essere effettuato con il modello F24 utilizzando il codice tributo 4034 - Irpef acconto - seconda rata o acconto in unica soluzione, indicando come periodo di riferimento il 2018.

IRES L’acconto relativo all’Ires, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare deve essere determinato nella misura del 100% dell’imposta relativa al periodo d’imposta precedente, al netto dei crediti d’imposta e delle ritenute alla fonte. Qualora l’ammontare d’imposta complessivamente dovuta per il periodo d’imposta precedente risulti: - pari o inferiore a € 20,66 l’acconto per il periodo d’imposta 2018 non è dovuto; - superiore a € 20,66 ma inferiore a € 257,52 l’acconto per il periodo d’imposta è dovuto in unica rata da versare entro il 30 novembre 2018 ovvero entro l’undicesimo mese dell’esercizio; - superiore a € 257,52 l’acconto è dovuto in due rate. Il rigo da considerate al fine di verificare se è dovuto o meno l’acconto è l’RN 17 di Unico 2018 SC o l’RN 28 di Unico 2018 ENC. L’acconto relativo alla seconda o unica rata si deve versare: - entro il 30 novembre 2018 per i soggetti aventi esercizio sociale o il periodo d’imposta coincidente con l’anno solare; - nel corso dell’undicesimo mese del periodo d’imposta per i soggetti con esercizio sociale non coincidente con l’anno solare. L’imposta netta di riferimento per la determinazione dell’acconto deve essere maggiorata del 70% delle ritenute sugli interessi, premi e altri frut-

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ti dei titoli, scomputate nel 2017 per effetto del D.lgs. 239/96. Il versamento deve essere eseguito esclusivamente tramite modello F24 telematico indicando il codice tributo 2002 - Ires acconto seconda rata o acconto in unica soluzione, indicando come periodo di riferimento il 2018. I soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, devono barrare l’apposita casella, posta in alto a destra del modello F24, e indicare nella colonna “anno di riferimento” il primo dei due anni solari interessati.

IRAP L’acconto Irap deve essere effettuato seguendo le stesse regole previste per le imposte sui redditi. Per i contribuenti che utilizzano il metodo storico l’acconto sarà determinato secondo le modalità di seguito indicate. Persone fisiche, se l’ammontare dell’imposta dovuta per il 2017 risultava: - pari o inferiore a € 51,65 non è dovuto acconto; - superiore a € 51,65 ma inferiore a € 257,52 l’acconto è dovuto in unica soluzione entro il 30 novembre 2018; - superiore a € 257,52 l’acconto è dovuto in due rate, la prima pari al 40% e la seconda pari al 60% del 100% del tributo relativo al periodo precedente. Il dato da considerare al fine della determinazione dell’acconto è il rigo IR21 del modello IRAP 2018. Società personali e soggetti equiparati, se l’ammontare d’imposta dovuta per l’anno 2017 risultava: - pari o inferiore a € 51,65 l’acconto non è dovuto; - superiore a € 51,65 ma inferiore a € 257,52, l’acconto è dovuto in unica soluzione entro il 30 novembre 2018; - superiore a € 257,52 l’acconto è dovuto in due rate, la prima pari al 40% e la seconda pari al 60% del 100% del tributo relativo al periodo precedente. Il dato da considerare al fine della determinazione dell’acconto è il rigo IR21 del modello IRAP 2018. Società di capitali, enti commerciali ed enti non commerciali, in questo caso il periodo d’imposta può anche non coincidere con l’anno solare, se l’ammontare dell’imposta dovuta per il periodo precedente è: - pari o inferiore a € 20,66 l’acconto non è dovuto;

- superiore a € 20,66 ma inferiore a € 257,52 l’acconto per il periodo d’imposta è dovuto in unica rata da versare entro il 30 novembre 2018; - superiore a € 257,52 l’acconto è dovuto in due rate, la prima pari al 40% la seconda pari al 60% del 100% del tributo relativo al periodo precedente. Il dato da considerare al fine della determinazione dell’acconto è il rigo IR21 del modello IRAP 2018. Il versamento in tutti i casi deve essere fatto tramite il modello F24 utilizzando il codice tributo 3813 - Irap acconto - seconda rata o acconto in unica soluzione, indicando come periodo di riferimento il 2018.

Rideterminazione degli acconti In particolari casi specificatamente previsti dalla norma, si rende necessario ricalcolare gli acconti determinati con il metodo storico. I casi sono di seguito indicati. - Super e iper - ammortamenti i soggetti che effettuano o hanno effettuato investimenti in beni strumentali nuovi nel 2017, hanno avuto la possibilità di incrementare il costo di acquisizione del 40% o del 150% al fine di calcolare maggiori quote di ammortamento o canoni di leasing aventi rilevanza esclusivamente fiscale. Per entrambe le disposizioni agevolative di cui sopra è previsto che gli acconti siano calcolati senza considerare la maggiorazione. In definitiva si rende necessario ricalcolare il reddito del 2017 senza considerare le maggiorazioni del maxi e iper – ammortamento. - Distributori carburanti, la deduzione forfettaria riconosciuta agli esercenti impianti di distribuzione di carburanti non deve essere considerata per il calcolo dell’acconto con il metodo storico. - Noleggio occasionale imbarcazioni in questi casi l’acconto deve essere calcolato includendo gli imponibili che nell’esercizio precedente sono stati assoggettati all’imposta sostitutiva del 20%. - Per i soli soggetti Ires è prevista la possibilità di accedere all’ACE, vale a dire una riduzione dal reddito complessivo netto corrispondente al “rendimento nazionale” fissato quale differenza tra il capitale esistente alla chiusura dell’esercizio e quello al 31 dicembre 2010. L’agevolazione è stata oggetto di numerosi interventi modificativi, tra gli ultimi la riduzione dall’1,6% all’1,5% del coefficiente applicabile al “rendimento nazionale”. Questi soggetti non

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sono tenuti al ricalcolo degli acconti a seguito della riduzione del coefficiente di cui sopra. Nell’ipotesi in cui la finanziaria per il prossimo anno dovesse abrogare l’IRI, per i contribuenti che hanno calcolato il primo acconto confidando di esercitare l’opzione per il 2018, si ritiene possono mantenere tale scelta. Come previsto in passato in questi casi non sarà sanzionabile il comportamento di un contribuente che in virtù di una norma vigente venuta meno in seguito, abbia provveduto a versare un acconto minore.

Calcolo dell’acconto con il metodo previsionale Oltre al criterio del metodo storico sopra descritto, è possibile determinare l’acconto in base all’ammontare del tributo presumibilmente dovuto per l’anno in corso, sempre al netto delle detrazioni, dei crediti d’imposta e delle ritenute alla fonte. In questo caso il contribuente, qualora ritenga che l’imposta dovuta per il periodo in corso sia inferiore rispetto all’anno precedente, può: - eseguire un versamento d’acconto inferiore a quello dovuto, calcolandone l’importo in funzione della minore imposta dovuta; - non effettuare alcun versamento, qualora ritenga di non dover versare alcuna imposta per il periodo d’imposta in corso. La scelta del metodo riguarda la singola imposta, pertanto lo stesso contribuente potrà utilizzare il metodo storico per l’Irap e quello previsionale per l’Ires o viceversa. L’acconto da versare, a consuntivo dovrà corrispondere almeno alle percentuali di acconto previste per l’anno in corso. Se si utilizza il metodo previsionale, è necessario procedere con la massima cautela perché l’eventuale minor versamento comporterà l’applicazione della sanzione amministrativa e il versamento degli interessi.

Consolidato e trasparenza L’articolo 6 del decreto 9 giugno 2004, relativo alle modalità attuative del consolidato nazionale, ha trasferito sul soggetto consolidante gli obblighi di versamento degli acconti. La disciplina transitoria contenuta nell’articolo 4, comma 1, lettera l) del decreto legislativo 344/2003, prevede che in caso di versamento degli acconti con il metodo previsionale, ciascun partecipante alla tassazione di gruppo, deve determinare il dovuto senza considerare l’opzione per il consolidato. In pratica se l’opzione è già stata esercitata, il versamento farà capo alla consolidante, la quale dovrà considerare come imposta del periodo pre-

cedente, la sommatoria di quella indicata nelle dichiarazioni dalle società stesse. Per quanto riguarda il regime della trasparenza, per il primo periodo d’imposta di efficacia dell’opzione, gli obblighi di acconto permangono anche in capo alla società partecipata. Se si sceglie il metodo previsionale, si dovrà considerare l’imposta che si sarebbe determinata in assenza dell’opzione. Gli acconti versati dalla società trasparente saranno poi scomputati dai soci, in base alle rispettive percentuali di partecipazione agli utili. Per quanto riguarda i soci della società trasparente, potranno prendere in considerazione gli effetti della trasparenza, come ad esempio l’imputazione delle perdite della società controllata.

Cedolare secca I contribuenti che nel 2017 hanno optato per il versamento dell’imposta sostitutiva sui redditi di locazione di fabbricati ad uso abitativo “cedolare secca” sono tenuti al versamento del relativo acconto. L’acconto per la cedolare secca è unitario, vale a dire che si rende necessario sommare tutti gli importi della cedolare secca dovuta per ogni contratto di locazione per il quale sia stata esercitata la relativa opzione nel periodo di riferimento. Ricordiamo che la cedolare secca prevede due aliquote: - 10% per i contratti a canone concordato; - 21% per i contratti a canone libero. Nel caso in cui l’anno di prima applicazione della cedolare secca sia anche il primo anno di possesso dell’immobile, non è dovuto acconto, considerato che il relativo reddito nel precedente periodo d’imposta non è stato assoggettato a tassazione. In questi casi è possibile ricorrere al metodo previsionale in considerazione del fatto che nell’anno successivo i redditi da locazione di tali immobili non concorreranno alla formazione del reddito imponibile Irpef. Qualora nel 2018 si utilizzi la cedolare secca solo per una parte dell’anno, per il calcolo dell’acconto Irpef non si deve considerare il reddito fondiario dei relativi immobili nella corrispondente parte del 2018. In caso di fuoriuscita dalla cedolare secca nel 2018, non è richiesto il versamento dell’acconto Irpef, mentre l’acconto della cedolare può essere determinato con il metodo previsionale. Per il versamento dell’acconto della cedolare secca del 95% si deve fare riferimento all’importo di rigo LC1 colonna 5 “Differenza”, utilizzando le solite regole previste per l’Irpef, vale a dire che se l’imposta sostitutiva: - è pari o inferiore a € 51,65 non si versa l’acconto;

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- superiore a € 51,65 ma inferiore a € 271,07 l’acconto, pari al 95%, è dovuto in unica soluzione entro il 30 novembre 2018; - superiore a € 271,07 l’acconto è dovuto in due rate, la prima pari al 40% e la seconda pari al 60% dell’95%. Il versamento deve essere fatto tramite il modello F24 utilizzando il codice tributo 1841 – Acconto cedolare secca - seconda rata o acconto in unica soluzione, indicando come periodo di riferimento il 2018.

Acconto IVIE e IVAFE Il versamento dell’imposta IVIE e IVAFE deve essere effettuato con le medesime regole previste ai fini Irpef. Per il 2018 conseguentemente l’acconto è dovuto se l’importo di rigo RW, campo 15, per l’IVAFE, ovvero, campo 17 per l’IVIE del modello Unico 2018 è pari o superiore a € 51.65 ed il versamento deve essere effettuato: - in unica soluzione entro il 30 novembre 2018 se detto importo non supera € 257,52; - in due rate, la prima del 40% e la seconda entro il prossimo 30 novembre 2018, se l’importo è superiore a € 257,52. I codici tributo per IVIE e IVAFE sono rispettivamente: - 4045 - Acconto imposta patrimoniale immobili all’estero - IVIE; - 4048 - Acconto imposta patrimoniale attività finanziarie estere - IVAFE.

Società di comodo Con riferimento alle società di comodo per le quali è prevista una maggiorazione dell’Ires del 10,50%, sono tenute al versamento dell’acconto anche sulla stessa. Al fine della determinazione dell’acconto per il 2018 le imprese interessate dovranno tener conto anche di tale maggiorazione utilizzando il codice tributo 2019.

Compensazione È possibile compensare gli importi dovuti come acconti, sia con crediti Irpef, Irap e Iva risultanti dalla dichiarazione unificata dell›anno precedente sia con crediti contributivi ammessi in compensazione. Nel caso di compensazione verticale, vale a dire utilizzando imposte e contributi della stessa natura e nei confronti dello stesso ente impositore, non è richiesta la presentazione del modello F24. Qualora invece si proceda attraverso la compensazione orizzontale, sarà necessario presentare il modello F24 anche nel caso non sia dovuta, a seguito della compensazione, alcuna imposta.

Si ricorda che il limite massimo di compensazione è pari a € 700.000. Sono esclusi da tale limite le compensazioni verticali e i crediti d’imposta riconosciuti a seguito di specifiche agevolazioni. Per le imprese subappaltatrici che realizzano operazioni rientranti nel reverse charge per almeno l’80% del volume d’affari, il limite di cui sopra è elevato a un milione di euro. Si ricorda che per compensare orizzontalmente crediti Irpef, Ires, Irap, imposte sostitutiva e ritenute alla fonte di importi superiori a 5.000 euro, è necessaria l’applicazione del visto di conformità alla relativa dichiarazione. La compensazione per i soggetti Iva richiede l’utilizzo dei servizi telematici messi a disposizione dalle Entrate, vale a dire Fisconline o Entratel.

Omesso e insufficiente versamento Nel caso di omesso o insufficiente versamento dell’acconto è dovuta una sanzione amministrativa nella misura del 30% dell’ammontare non versato, oltre agli interessi moratori. Qualora non si siano effettuati i versamenti nei termini, è possibile regolarizzare l’operazione, anche successivamente alla scadenza del termine ordinario utilizzando l’istituto del ravvedimento operoso. In questo caso la sanzione è ridotta nella misura dello 0,1% per ogni giorno di ritardo e fino al 14° giorno dalla scadenza, dell’1,5% qualora il versamento sia eseguito dal 15° giorno successivo alla scadenza ed entro il termine di trenta giorni, nella misura dell’1,67% in caso di regolarizzazione entro novanta giorni e del 3,75% se la regolarizzazione avviene dopo i novanta giorni ma entro il termine di presentazione della dichiarazione concernente l’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione. La regolarizzazione potrà avvenire anche successivamente entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva o entro i termini dell’accertamento versando rispettivamente le sanzioni del 4,29% e del 5%. Naturalmente oltre al versamento dell’imposta e della sanzione, andranno pagati, anche gli interessi moratori fissati nella misura dello 0,3%.

Rateizzazione Si ricorda che l’acconto del 30 novembre 2018 non è rateizzabile.

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Fatturazione elettronica

la modulistica e le istruzioni per le deleghe Con provvedimento del 5 novembre 2018, l’Agenzia delle Entrate ha definito i modelli per il conferimento/revoca della delega agli intermediari, per: - l’utilizzo dei servizi di fatturazione elettronica (es. per la ricerca, consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche emesse e ricevute dal delegante attraverso il sistema di interscambio - Sdi); - la consultazione del cassetto fiscale. Nello stesso provvedimento, inoltre, sono state definite le modalità di trasmissione telematica, all’Agenzia delle Entrate, delle deleghe ricevute ai fini della loro attivazione automatica. In particolare, sono state previste due forme di trasmissione: 1. modalità “massiva”, contenente i dati di più deleghe conferite, attiva dal 5 novembre 2018; 2. modalità “puntuale”, per attivare singolarmente ogni delega ricevuta, che sarà attiva dal 30 novembre 2018. Per entrambe queste modalità, il delegato deve fornire all’Agenzia delle Entrate un riscontro della delega ricevuta - a tutela del soggetto delegante

-, mediante indicazione di alcuni elementi relativi alla dichiarazione Iva dell’anno precedente presentata dal delegante. Peraltro, sempre a tutela del delegante, l’Agenzia invierà a quest’ultimo un messaggio PEC (all’indirizzo risultante dall’indice nazionale degli indirizzi PEC delle imprese e dei professionisti), per informarlo dell’attivazione della delega. Per i clienti per i quali non fosse possibile fornire il predetto riscontro (ad esempio, per coloro che non hanno presentato la dichiarazione Iva dell’anno passato), l’Agenzia ha previsto una seconda modalità di comunicazione, che prevede l’invio a mezzo PEC di un file con gli elementi essenziali delle deleghe e la copia dei moduli sottoscritti dai deleganti. Gli operatori potranno delegare all’utilizzo dei servizi di e-fattura fino a 4 soggetti, per un periodo massimo di due anni. Per la consultazione del cassetto fiscale, invece, sono ammesse fino a 2 deleghe valide automaticamente per 4 anni, salvo revoca. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate, raggiungibile al seguente link: https://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/ nsilib/nsi/normativa+e+prassi/provvedimenti/2018/novembre+2018+provvedimenti/provve dimento+05112018+deleghe+fatturazione+elettr onica+e+cassetto+fiscale

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(C)


Appalto o somministrazione di lavoro? le imprese debbono fare molta attenzione nella scelta dei propri fornitori Ci è giunta notizia da più imprese associate della presenza sul territorio di società, con sede legale fuori Regione ma uffici presenti in tutte le province, che propongono con modalità abbastanza peculiari vere e proprie forniture di personale che vengono poi gestite tramite appalti di servizi. Le imprese vengono contattate telefonicamente con la finalità di proporre personale altamente qualificato a prezzi decisamente competitivi, anzi più vantaggiosi che tramite un’assunzione diretta da parte dell’azienda poi, all’atto della definizione contrattuale viene proposto un appalto di servizi endoaziendali (anche per un solo lavoratore e anche per figure professionali da inserire all’interno del processo produttivo), con allegata un’istanza di certificazione del contratto. Ci preme però ricordare alle imprese l’importanza di alcuni concetti: - ai sensi dell’art. 1655 c.c. un appalto è: “il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro” ossia tramite appalto si propone il compimento di un servizio o la realizzazione di un’opera; - l’appalto di manodopera in Italia è vietato poiché il prestito di manodopera ovvero la sua fornitura è regolamentata tramite la Somministrazione di lavoro; - il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro in base a due fondamentali requisiti: * l’organizzazione dei mezzi necessari - che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei laPag. 34 - ApiNFORMA / Lavoro - numero 19 - 31 ottobre 2018

voratori utilizzati nell’appalto - deve fare capo all’appaltatore; * il rischio d’impresa deve gravare sull’appaltatore. Pertanto, la distinzione tra appalto e somministrazione di lavoro consiste nell’oggetto: un “fare”, realizzare compiutamente nell’appalto, giacché l’appaltatore fornisce al committente un’opera o un servizio in relazione alla sua specifica attività, tramite la propria organizzazione di uomini e mezzi, e con l’assunzione del rischio d’impresa; un “dare” nella somministrazione, ove il somministratore, l’agenzia per il lavoro si limita a selezionare e prestare a un terzo utilizzatore forza-lavoro, a fronte del pagamento del costo orario del prestatore oltre a un costo di servizio per l’attività di gestione del rapporto di lavoro. Se il contratto d’appalto è stipulato in violazione di legge il lavoratore può richiedere mediante ricorso giudiziale ai sensi dell’articolo 414 c.p.c. il riconoscimento della titolarità del rapporto di lavoro in capo al committente, ossia a colui che ne ha utilizzato la prestazione e diventarne dipendente in caso di accertamento giurisdizionale e inoltre, nei casi di appalto privo dei requisiti di legge, l’utilizzatore e il somministratore-appaltatore sono puniti con la sanzione di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. Inoltre giova ricordare come in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti per il periodo di esecuzione dell’appalto. Nel caso in esame l’appalto pare decisamente privo di almeno un requisito ovvero il rischio d’impreso, atteso che la natura del servizio pare regolamentata dalla professionalità del lavoratore e non viceversa. L’Ispettorato Territoriale del Lavoro ci ha suggerito di allertare le imprese associate poiché vi sono numerosi casi di segnalazione riferibili alla fornitura di personale con le modalità sopra descritte che, ferma restando la discrezionalità imprendito-



riale, appaiono a chi scrive decisamente rischiose, con la conseguenza che l’utilizzatore potrebbe essere pesantemente sanzionato e di dover retribuire correttamente i lavoratori pagandone anche i contributi previdenziali e assistenziali.

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Vi invitiamo a contattarci per ogni dubbio in materia e a valutare attentamente le opportunitĂ che Vi vengono proposte. (FT)


Contratto a tempo determinato e somministrazione di lavoro pubblicata il 31 ottobre la circolare esplicativa

Il 31 ottobre è stata pubblicata sul sito del Ministero del Lavoro la circolare n. 17 in materia di contratto a termine e somministrazione di lavoro. Stante la laconicità del dettato normativo la circolare, come ultimamente spesso accade, era un documento di prassi quanto mai atteso dall’utenza, vista anche la scadenza del regime transitorio alla medesima data della pubblicazione della circolare in esame. Si analizzano in seguito i dati salienti del testo emanato dal dicastero.

CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO A) Durata massima: viene ridotta la durata massima del contratto a termine da 36 mesi a 24 mesi, con riferimento a contratti stipulati tra le medesime parti e per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, anche per effetto di una successione di contratti o dei periodi di missione in somministrazione a tempo determinato. B) Causali, proroghe e rinnovi: Nel caso in cui il contratto venga prorogato entro i 12 mesi non è necessario apporre una ragione specifica che ne giustifichi la proroga, mentre nel caso di rinnovi ovvero di proroghe che superino detto periodo è necessario indicare le motivazioni che debbono rientrare fra quelle indicate dalla norma (art. 19 commi 1 e 2 del d. lgs. 81/15). Come noto le condizioni sono le seguenti: a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori; Pag. 37 - ApiNFORMA / Lavoro - numero 19 - 31 ottobre 2018

b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria. Difficile interpretarne il significato. Di fatto si deve ripercorrere la significativa giurisprudenza riferita al contenzioso in materia all’epoca della vigenza del D.Lgs. 368/2001 ove, per semplificare, il giudice s’appuntava sulla specificità della condizione di assunzione che non si deve concretizzare in una clausola di stile ovvero nella mera ripetizione del testo di legge, ma deve rispondere a puntuali necessità aziendali. Si suggerisce quindi, che dette motivazioni debbano essere inserite nel contratto di assunzione o di proroga e analiticamente documentate dal datore di lavoro ai fini probatori in caso di contezioso, che da una disposizione del genere può facilmente scaturire. La circolare specifica inoltre come, ai fini della durata complessiva del rapporto di lavoro, si debba considerare sia la durata dei contratti già intervenuti e conclusi, sia di quelli che si devono eventualmente prorogare e nel caso in cui la proroga produca uno sforamento del tetto massimo dei 12 mesi, vada necessariamente introdotta la causale. Si ribadisce come l’assenza di casuale possa essere applicata solo nel caso delle proroghe entro i primi 12 mesi. Nel caso dei rinnovi, indipendentemente da quando gli stessi intervengano, va sempre introdotta la motivazione. Giova ricordare come il Decreto Dignità abbia ridotto le proroghe dal numero di 5 a 4 e come l’utilizzo di una proroga presupponga necessariamente e pena l’illegittimità della stessa, le medesime ragioni alla base della stipula del primo contratto. Sempre al fine di garantire la massima chiarezza interpretativa, il Ministero ribadisce come sia stata mantenuta la proroga in deroga assistita presso i competenti uffici dell’ITL, di ulteriori 12 mesi rispetto a quanto previsto dalla legge. C) Intervento della contrattazione: Può un accordo sindacale prevedere la deroga alle disposizioni di legge? Certo, tramite un accor-


do sindacale stipulato tra Confapi e le OO.SS. ovvero le Rsu se presenti è possibile derogare

alle parti sociali la possibilità di intervenire sulla modifica delle causali.

1) alla durata massima prevista dalla legge pari a 24 mesi A tal proposito il Ministero specifica che continuano ad applicarsi gli accordi previgenti e fino a scadenza, pertanto se prima dell’entrata in vigore avevate stipulato un accordo sindacale al fine di prevedere una durata massima dei contratti a termine nella vostra azienda, lo stesso è pienamente efficace fino alla scadenza indicata nell’accordo anche qualora sia stata prevista una durata superiore ai 36 mesi;

D) Contributo addizionale La norma prevede un incremento del contributo addizionale per il ricorso al contratto a termine dello 0,5% in occasione di ogni rinnovo del contratto a termine anche in somministrazione. Ciò significa che entro i 24 mesi ogni qualvolta l’azienda rinnovi il medesimo contratto a termine si troverà a dover pagare un contributo maggiore dello 0.5% rispetto alla volta precedente. La maggiorazione del contributo addizionale non si applica in caso di proroga.

2) al numero massimo di lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato pari al 20% dei lavoratori assunti a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione In tal senso, ferma restando l’autonomia delle parti nella definizione del numero dei lavoratori assunti con contratti a termine, è bene valutare anche le altre possibilità offerte dall’articolo 23 del D.Lgs. 81/2015 secondo cui non vi è limite di assunzione a termine nell’esecuzione di attività stagionali come individuate dagli accordi sindacali nazionali o aziendali. Ciò significa banalmente che se si ritiene che la propria azienda sia soggetta ad andamenti stagionali e detta eventualità viene cristallizzata e sottoscritta in un accordo sindacale, non si è più soggetti al limite quantitativo. Stesso dicasi ne casi di start-up o di avvio di nuove attività sempre tramite un accordo di secondo livello; 3) alla percentuale massima di ricorso contemporaneo al contratto a termine e alla somministrazione a tempo determinato pari al 30% dei lavoratori in forza a tempo indeterminato presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti Per la prima volta la legge di conversione, modificando l’art.31 comma 2 del D. Lgs 81/2015, ha previsto un limite quantitativo al ricorso cumulativo al contratto a tempo determinato e alla somministrazione a termine pari al 30% derogabile in conseguenza di specifico accordo sindacale. Il decreto legge 87 non ha invece attribuito Pag. 38 - ApiNFORMA / Lavoro - numero 19 - 31 ottobre 2018

CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO La regolamentazione della somministrazione a tempo indeterminato è rimasta invariata. Le modifiche più significative riguardano invece quella a tempo indeterminato: A) Rinvio alla disciplina del contratto a termine L’articolo 2 del D.L. 87 ha esteso la disciplina del lavoro a termine alla somministrazione di lavoro a termine con le seguenti eccezioni - Pause tra i due contratti (non si applica lo stop and go) - Limiti quantitativi (non si applica il limite quantitativo del 20% poiché ci si deve riferire al limite quantitativo del 30% cumulativo dei contratti a termine determinato e dei contratti di somministrazione o alla sola somministrazione a termine). - Diritto di precedenza Nessuna limitazione è stata introdotta per la somministrazione a tempo indeterminato. B) Periodo massimo di occupazione Il decreto legge ha introdotto un termine di durata massima anche al contratto di somministrazione a tempo determinato ferma restando la possibilità di disciplinare il regime di proroghe, rinnovi e durata massima da parte della contrattazione collettiva. Il limite dei 24 mesi, derogabile nei termini di cui sopra, si applica conseguentemente anche alla somministrazione a tempo determinato che, specifica la circolare, si dovesse cumulare con gli eventuali contratti a tempo determinato stipulati fra le medesime parti in conse-


guenza dell’applicazione alla somministrazione a tempo determinato, della disciplina del contratto a termine. Ai fini del computo del periodo complessivo pari a 24 mesi dunque, ci si deve riferire a tutti i contratti intercorsi, anche prima dell’entrata in vigore della disposizione oggetto della presente nota. C) Condizioni Al contratto di somministrazione a tempo determinato si applicano le casuali di cui al precedente punto 1). Lettera B) motivazioni che, specifica il Ministero, si debbono riferire esclusivamente all’utilizzatore il quale, ad avviso di chi scrive, deve porre grande cautela nel verificare il contratto fornito dal somministratore, perché la motivazione del ricorso non deve mai essere generica o banale ripetizione delle disposizioni di legge come sopra chiarito in merito al contratto a termine. Inoltre al fine di chiarire quando sia necessario ricorrere alla causale la circolare specifica come l’apposizione nel caso dei rinnovi sia necessaria: - in caso di precedente rapporto a termine indipendentemente dalla durata; - in caso di precedente rapporto in somministrazione di durata pari a 12 mesi; - in caso di precedente contratto di somministrazione fino a 12 mesi è possibile per l’utilizzatore assumere direttamente il lavoratore per ulteriori 12 mesi indicando la causale. D) Limite quantitativo La legge di conversione ha introdotto, come si accennava sopra, un limite quantitativo di ricorso alla somministrazione a tempo determinato che risulta pari al 30% dei lavoratori assunti a tempo indeterminato e che si cumula (al fine del raggiungimento della percentuale massima) ai contratti a tempo determinato. Detta percentuale è derogabile dal secondo

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livello di contrattazione e in ogni caso entra in vigore con decorrenza dal 12/08/2018. Ciò significa che, se lo sforamento della percentuale riguarda contratti stipulati prima del 12 agosto, gli stessi potranno continuare fino alla loro naturale scadenza. Si evidenzia inoltre che dalla percentuale di ricorso risultano escluse alcune categorie di lavoratori: soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell’articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Infine un cenno al periodo transitorio, scaduto lo scorso 31/10 cui, stante l’estrema difficoltà interpretativa del testo di legge, il Ministero riconduce anche il contratto di somministrazione a tempo determinato. Non vengono però sciolti i nodi interpretativi riguardo alla possibilità di stipula significativamente ante termine di proroghe dei contratti a termine, o di somministrazione a termine. La possibilità di prorogare anche i contratti di somministrazione che scadono dopo il 31/10, veniva da taluni giuristi legittimata in ragione del fatto che la norma parla espressamente di “stipula” e non di decorrenza, o di scadenza, o di efficacia e quindi sembrava possibile prorogare un contratto con scadenza anche successiva al 31/10, proprio per l’assenza di riferimenti alla durata iniziale dei contratti a termine o in somministrazione. A nostro avviso il rischio maggiore è che possano essere considerati contratti in frode alla legge e quindi illegittimi in quanto stipulati anticipatamente al solo fine di raggirare le disposizioni disposte dall’entrata in vigore della disposizione in oggetto. Il Servizio Relazioni Industriali dell’Associazione resta a disposizione per ulteriori chiarimenti. (FT)


CCNL Unionchimica Confapi rinnovo del CCNL per i dipendenti della piccola e media industria dei settori chimica, concia e settori accorpati, plastica e gomma, abrasivi, ceramica e vetro, sottoscritto da Unionchimica - Confapi e Filctem - Cgil, Femca - Cisl e Uiltec - Uil il 26 luglio 2016, dal 1° ottobre 2018 decorre l’erogazione della terza tranche dell’aumento retributivo. I minimi contrattuali mensili vengono dunque incrementati, rispettivamente per ogni settore, come da tabelle seguenti con decorrenza dalle retribuzioni del mese di ottobre:

nuovi minimi retributivi dal 1° ottobre 2018 settori chimica e plastica - gomma Si fa seguito a quanto comunicato con nostra circolare n. 283/FT del 31 ottobre scorso per ricordare che come previsto dall’ipotesi di accordo di

CHIMICA Parametri

Minimi Contrattuali 01.01.2018

Aumenti 01.10. 2018

Minimi Contrattuali 01.10.2018

100

€ 1.439,38

€ 12,00

€ 1.451,38

110

€ 1.552,15

€ 13,18

€ 1.565,33

PARAM. C

125

€ 1.713,64

€ 15,15

€ 1.728,79

III AREA PARAM. D

145

€ 1.902,60

€ 17,40

€ 1.920,00

IV AREA PARAM. E

162

€ 2.040,94

€ 19,48

€ 2.060,42

PARAM. F

177

€ 2.265,54

€ 21,25

€ 2.286,79

V AREA PARAM. G

197

€ 2.489,04

€ 23,61

€ 2.512,64

PARAM. H

218

€ 2.637,07

€ 26,16

€ 2.663,24

Livelli I AREA

PARAM. A

PARAM. B II AREA

PLASTICA GOMMA Livelli

Parametri

Minimi Contrattuali 01.01.2018

Aumenti 01.10. 2018

Minimi Contrattuali 01.10.2018

Quadri

203,85

€ 2.375,33

€ 22,32

€ 2.397,65

194,49

€ 2.293,80

€ 21,29

€ 2.315,09

174,19

€ 2.102,63

€ 19,07

€ 2.121,70

150,95

€ 1.890,39

€ 16,53

€ 1.906,92

137

€ 1.761,64

€ 15,00

€ 1.776,64

126

€ 1.667,73

€ 13,80

€ 1.681,53

117

€ 1.602.88

€ 12,81

€ 1.615,69

113

€ 1.554.64

€ 12,37

€ 1.567,01

100

€ 1.421.58

€ 10,95

€ 1.432,52

Si rammenta che il CCNL scadrà il 31/12/2018. Il Servizio Relazioni Industriali dell’Associazione

Pag. 40 - ApiNFORMA / Lavoro - numero 19 - 31 ottobre 2018

è a disposizione per ogni ulteriore chiarimento. (FT)


CCNL autotrasporto

Seconda tranche di aumenti contrattuali

Come comunicato con nostra circolare prot. n. 282/FT del 31 ottobre 2018, in relazione alla se-

conda tranches di aumenti contrattuali Vi informiamo che ad oggi Conftrasporto non ha sciolto la riserva relativa all’applicazione dell’accordo di rinnovo del 3 dicembre 2017. Vi suggeriamo però, al fine di evitare qualsiasi criticità relativa ai minimi salariali sia sotto il profilo del contenzioso che di quello dei minimi contributivi, di corrispondere in ogni caso gli aumenti contrattuali denominandoli “Acconti su futuri aumenti contrattuali”. Gli importi risultano essere i seguenti:

Livello

Minimi CCNL dal 01/02/2018

Aumenti dal 01/10/2018

Minimi CCNL dal 01/10/2018

Quadri

2.140,40

32.01

2172.41

2.009,82

30.11

2039.94

1.846,42

27.65

1874.07

3°Super

1.667,37

25

1692.37

1.623,02

24.24

1647.26

1.543,53

23,11

1566.63

4°Junior

1.503,11

22.54

1525.65

1.472,03

21.97

1494.00

1.375,19

20.64

1395.84

6°Junior

1.265,29

18.94

1284.23

Ad oggi sono rimaste, infatti, irrisolte le problematiche alla base della riserva, che incidono direttamente sulla competitività delle Imprese del settore. Ci si riferisce specificamente alla sezione artigiana, articolo 42 che regala alle aziende del settore un vantaggio competitivo inaccettabile, anche a spese delle PMI.

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Al di là delle decisioni confederali, le Imprese che lo ritenessero vantaggioso, considerati i mesi di incertezza sull’applicabilità, potranno adottare il CCNL 3/12/2017 nella sua interezza, inclusa dunque la parte normativa. Il Servizio Relazioni Industriali dell’Associazione è a disposizione per ogni ulteriore chiarimento. (FT)


Il SISTRI verso l’abrogazione è allo studio del governo un nuovo sistema di tracciabilità che dovrebbe sostituire l’attuale mai decollato Si fa seguito alle precedenti comunicazioni sul Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, il SISTRI (v., da ultimo, la circolare associativa del 16 aprile 2018) per segnalare che, da quanto emerso nell’ultima seduta al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (di seguito Ministero) agli inizi del novembre 2018, si procede verso l’abrogazione del sistema di tracciabilità elettronica dei rifiuti pericolosi, incentrato sull’utilizzo dei dispositivi USB e delle c.d. scatole nere (Black Box) installate sui veicoli delle imprese di trasporto su strada adibiti a questo genere di attività. Il SISTRI, in effetti, nonostante le numerose proroghe, per una serie di difficoltà e criticità non è mai divenuto realmente operativo e ora il Ministero ne

sta valutando l’abrogazione, per sostituirlo con un nuovo sistema di digitalizzazione dei registri di carico e scarico dei rifiuti pericolosi e del formulario d’identificazione, di cui si sta ancora discutendo nell’ambito di un tavolo di confronto con le maggiori associazioni nazionali di categoria, fra cui Confapi, e con l’Albo nazionale gestori ambientali. L’informatizzazione delle registrazioni, che potrebbe vedere la luce inizialmente in forma volontaria assieme al mantenimento della classica registrazione cartacea, dovrebbe nel tempo sostituire la compilazione Modello unico di dichiarazione ambientale (MUD), garantendo quasi in tempo reale la registrazione dei movimenti dei rifiuti interni alle imprese e movimentati sul territorio nazionale. Il nuovo sistema dovrebbe entrare in vigore entro la primavera del 2019. Al momento, però, non è ancora intervenuta la proroga della sospensione delle sanzioni in scadenza al 31 dicembre 2018, senza la quale e senza la formale abrogazione del SISTRI, questo diverrebbe operativo il 1° gennaio 2019. Anche per questo motivo ci si riserva di ritornare sull’argomento, volta per volta, in presenza di novità.

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(AdT-CS)


Pubblicazione dell’Inail sulla valutazione del microclima la materia è trattata sul testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro d.lgs. 81/2008 L’INAIL sul proprio sito istituzionale ha pubblicato un opuscolo sulla valutazione del microclima. Questo documento è dedicato al microclima nei luoghi di lavoro. Il tema viene affrontato dal punto di vista dell’impatto sui soggetti esposti, contemplando tutte le casistiche possibili, dal discomfort, indotto da condizioni ambientali non ottimali, al danno alla salute. Lo studio si concentra esclusivamente sull’analisi e quindi gli aspetti legati alla misura o all’eventuale simulazione delle condizioni ambientali, e la valutazione e quindi gli aspetti legati alla quantificazione degli effetti. Il rischio microclima nei luoghi di lavoro viene trattato nel titolo VIII e nell’allegato IV del titolo II del D.lgs. 81/08. Le modalità con cui effettuare la valutazione del rischio non sono indicate in uno specifico Capo del testo di legge. I principali riferimenti sono quindi gli standard tecnici prodotti dagli organismi di normazione nazionali e internazionali. Questo opuscolo si propone quale strumento di consultazione per gli operatori della sicurezza nei luoghi di lavoro fornendo le indicazioni necessarie per giungere a una corretta valutazione del rischio microclima. È stata esclusa la fase di gestione del rischio a meno di pochi aspetti di tipo impiantistico e organizzativo trattati in modo estremamente superficiale. Questi aspetti, che intervengono nei processi di gestione e controllo sia dell’ambiente termico trattato in questo documento sia della qualità dell’aria indoor (IAQ), saranno oggetto di un successivo quaderno. L’INAIL ha scelto inoltre di non trattare aspetti di carattere fisiologico, per i quali esistono già numerosi testi di riferimento che, con diverso livello

di approfondimento e quindi con diversi target di riferimento, trattano questo argomento in modo sicuramente esauriente. Gli agenti fisici rappresentano dei fattori, governati da leggi fisiche, che provocano una trasformazione delle condizioni ambientali nelle quali essi si manifestano. La loro presenza determina un’immissione di energia, negli ambienti di vita e di lavoro, che, oltre i valori tollerati, risulta potenzialmente dannosa per la salute umana. I rischi fisici contemplati nel Testo Unico della Sicurezza (d.lgs. 81 del 9 aprile 2008 e s.m.i.) riguardano il rumore, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche di origine artificiale, il microclima, gli infrasuoni, gli ultrasuoni e le atmosfere iperbariche. Peraltro, anche le radiazioni ottiche naturali sono ricomprese nel Testo Unico, in virtù dell’obbligo generale di valutazione di tutti i rischi (art. 28); per quanto riguarda, invece, le radiazioni ionizzanti, il Testo Unico rimanda al d.lgs. 230 del 17 marzo 1995 e s.m.i., che verrà prossimamente sostituito dal decreto di recepimento della direttiva 2013/59/Euratom. I rischi derivanti da agenti fisici nell’ambiente lavorativo debbono essere rimossi, o ridotti il più possibile, attraverso le seguenti azioni: - corretta progettazione e pianificazione dei processi lavorativi sul luogo di lavoro; - riduzione della presenza di agenti fisici nell’ambiente di lavoro in base alle necessità lavorative; - diminuzione della durata e dell’intensità di esposizione; - restrizione al minimo del numero dei lavoratori potenzialmente esposti. L’INAIL, ha pubblicato oltre al manuale sopradescritto anche un file di EXCEL per il calcolo dell’esposizione multifase in ambienti caldi secondo il metodo PHS “la valutazione del microclima”. Entrambe le pubblicazioni sono accessibili sul sito INAIL al link: https://www.inail.it/cs/internet/ comunicazione/pubblicazioni/catalogo-generale/ pubbl-valutazione-del-microclima.html.

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(CS)


AUA: le nuove linee guida (2a parte) è il provvedimento che ricomprende tutti i titoli abilitativi in campo ambientale L’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) è un provvedimento disciplinato dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 59 del 13 marzo 2013 che ricomprende tutti i titoli abilitativi in campo ambientale. Il 4 ottobre 2018 a Villa Manin di Passariano sono state presentate dagli uffici competenti della nostra Regione le linee Guida AUA 2018. A seguito della soppressione delle Province tutte le competenze in materia di ambiente che le norme nazionali e regionali assegnavano alle Province del Friuli Venezia Giulia, sono state trasferite, dal 1° gennaio 2017, all’Amministrazione regionale. Presso ogni capoluogo di Provincia, allo stesso indirizzo e con i precedenti numeri di telefono, sono stati mantenuti gli uffici periferici, che però ora fanno capo alla Direzione centrale ambiente ed energia della Regione, che assume la titolarità di tutti i procedimenti amministrativi pendenti. Gli Sportelli Unici Attività Produttive (SUAP) indirizzano le istanze telematiche di autorizzazione unica ambientale alle seguenti caselle di posta elettronica certificata: - aua.go@certregione.fvg.it - aua.ts@certregione.fvg.it - aua.pn@certregione.fvg.it - aua.ud@certregione.fvg.it in cui la sigla della provincia indica la competenza territoriale. L’autorizzazione Unica Ambientale (AUA) è un provvedimento disciplinato dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 59 del 13 marzo 2013 che ricomprende tutti i titoli abilitativi in campo ambientale di cui un’impresa ha bisogno per iniziare o e/o proseguire la sua attività.

I titoli abilitativi assorbiti dall’AUA sono:

A) autorizzazione agli scarichi di cui al capo II del titolo IV della sezione II della Parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; B) comunicazione preventiva di cui all’articolo 112 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e delle acque reflue provenienti dalle aziende ivi previste; C) autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all’articolo 269 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; D) autorizzazione generale di cui all’articolo 272 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; E) comunicazione o nulla osta di cui all’articolo 8, commi 4 o comma 6, della legge 26 ottobre 1995, n. 447; F) autorizzazione all’utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99; G) comunicazioni in materia di rifiuti di cui agli articoli 215 e 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Con delibera 1350 dd. 19.07.2018 la Giunta regionale ha approvato le nuove linee guida operative sul procedimento di AUA. Il documento contiene indicazioni operative in merito ai procedimenti di autorizzazione unica ambientale (AUA) disciplinati dal DPR 13.3.2013, n. 59, rivolte a tutti i soggetti che intervengono a diverso titolo nel procedimento, ai fini della corretta gestione delle domande/comunicazioni AUA. I criteri operativi a cui il documento fa riferimento sono riassunti in modo schematico nei due allegati alle presenti Linee guida. In questa seconda parte approfondiamo le linee guida 2018, in particolare il procedimento per il rilascio dell’AUA.

Procedimento per il rilascio della sola AUA (in capo alla Regione) Adempimenti del SUAP Entro 5 giorni dal ricevimento della domanda, il SUAP deve: 1.1 verificare la completezza formale della domanda

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1.2 trasmettere l’istanza/documentazione all’Autorità Competente e a tutti gli altri soggetti che a diverso titolo intervengono nel procedimento. Verifica della completezza formale della domanda Il SUAP, per tutte le tipologie di istanze, eccetto CESSAZIONE/SOSPENSIONE, effettua la verifica di completezza formale della domanda affinché la stessa possa essere dichiarata procedibile, controllando se: 1) i file sono integri ed apribili; 2) i file sono firmati digitalmente (CTR ed estratti di mappa catastale, eccetto quelli relativi allo spandimento dei fanghi di depurazione in agricoltura, possono essere allegati privi di firma); qualora una norma di settore preveda la firma di soggetti in possesso di particolari abilitazioni e/o professionalità come ad esempio nel caso dell’acustica, la verifica della conformità della firma spetta al Soggetto competente in materia; 3) sono chiaramente indicati i titoli abilitativi sostituiti dall’AUA e per ciascuno di essi sia disponibile tutta la documentazione prevista dalla modulistica unificata regionale; 4) nel caso di domanda di rilascio è presente la scheda relativa all’acustica, anche come semplice dichiarazione di esenzione; 5) nel caso in cui la sottoscrizione con firma digitale è delegata ad un soggetto intermediario diverso dal Gestore, è regolarmente presente il documento relativo alla delega stessa; 6) è stata versata l’imposta di bollo; 7) nel caso di scarichi di acque reflue industriali sono stati pagati i diritti di istruttoria ed è presente l’attestazione di pagamento (secondo quanto previsto dall’art. 124, comma 11, D. Lgs. 152/2006); 8) è presente la dichiarazione antimafia. Trasmissione della domanda Se le verifiche formali danno esito positivo, il SUAP trasmette la domanda di AUA e la relativa documentazione all’Autorità Competente, ai Soggetti Competenti e altri Enti (riga “Enti a cui il SUAP trasmette domanda/ documentazione” Tabella procedura AUA). Se le verifiche formali danno esito negativo, il SUAP dispone l’improcedibilità della domanda di AUA in quanto incompleta e/o carente della documentazione necessaria per avviare il procedimento; il SUAP comunica prontamente al Gestore la richiesta di regolarizzazione entro 30 giorni (riga “Comunicazione di improcedibilità” Tabella procedura AUA). A seguito della regolarizzazione, il SUAP trasmette la domanda

comunicando all’Autorità Competente la data di avvenuta regolarizzazione, dalla quale cominciano a decorrere i termini del procedimento; nell’eventualità che invece la domanda non venga regolarizzata il SUAP provvede ad archiviarla. Se le dimensioni dei file lo rendono necessario o preferibile, la documentazione può essere inoltrata anche a mezzo di un URL/link contenuto nel messaggio di PEC. Adempimenti dell’Autorità Competente Ricevuta la domanda, l’Autorità Competente: 2.1 completa - secondo quanto previsto dall’art. 4, comma 1, DPR 59/2013 - la verifica della correttezza formale della domanda; 2.2 avvia il procedimento ed indice la CdS secondo quanto previsto dall’art. 14-bis L. 241/1990; 2.3 richiede le eventuali integrazioni documentali necessarie all’istruttoria; 2.4 adotta il provvedimento conclusivo di autorizzazione unica. Verifica della correttezza formale della domanda Qualora la domanda risulti carente, sotto il profilo della correttezza formale, dei contenuti minimi per poter essere istruita, cioè priva delle informazioni tecniche sufficienti affinché i Soggetti Competenti si possano esprimere nel merito (con un atto motivato o con una richiesta di integrazioni), e purché non ne sia già stata disposta l’improcedibilità in applicazione del precedente paragrafo 1.2, entro 25 giorni dal ricevimento della trasmissione della domanda di AUA da parte del SUAP l’Autorità Competente invia, tramite SUAP, la richiesta della documentazione necessaria, assegnando al Gestore il termine di 30 giorni, trascorso il quale inutilmente la domanda si intende archiviata per improcedibilità ai fini istruttori (riga “Comunicazione di improcedibilità” Tabella procedura AUA). I termini del procedimento cominciano a decorrere dalla data di avvenuta regolarizzazione. Eventuali carenze non significative ai fini dell’istruttoria possono esser segnalate dall’Autorità Competente all’atto dell’indizione della CdS (cfr. paragrafo 2.2) e - se non regolarizzate nel frattempo - richieste contestualmente alle altre integrazioni espresse dai Soggetti Competenti nella fase successiva (cfr. paragrafo 2.3). Nel complesso la fase di verifica, svolta congiuntamente tra SUAP e Autorità Competente, si conclude entro 30 giorni dal ricevimento della domanda. Decorso tale termine in assenza di comunicazioni, l’istanza si intende correttamente presentata (riga “Avvio del procedimento e indizione della CdS” Tabella procedura AUA).

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Comunicazione di avvio del procedimento e di indizione della CdS Nel caso in cui la domanda sia completa e corretta sotto il profilo formale, entro il medesimo termine di 25 giorni dal suo ricevimento da parte del SUAP, l’Autorità Competente predispone una comunicazione che trasmette al Gestore, tramite SUAP, e direttamente a tutti i Soggetti Competenti, nonché agli altri Enti coinvolti. Con tale comunicazione, ad integrazione della ricevuta rilasciata dal SUAP, l’Autorità Competente: a) avvia il procedimento ai sensi dell’art. 13 della LR 7/2000; b) indice la CdS in forma semplificata e modalità asincrona secondo quanto previsto dall’art. 14-bis, comma 1, L. 241/90; c) individua in qualità di Autorità Competente: 1. l’amministrazione competente: RAFVG Direzione Centrale Ambiente ed Energia, Servizio autorizzazioni uniche ambientali e disciplina degli scarichi; 2. la tipologia e l’oggetto del procedimento nonché i titoli abilitativi richiesti; 3. l’ufficio competente, il responsabile del procedimento, il responsabile dell’istruttoria, nonché i relativi recapiti; 4. i Soggetti Competenti chiamati a rendere le proprie determinazioni in merito ai titoli abilitativi richiesti e quelli interessati solo per conoscenza; 5. il termine entro il quale le amministrazioni interessate possono richiedere eventuali integrazioni documentali o chiarimenti, secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 7, L. 241/90; 6. il termine perentorio (non superiore a 90 gg., ovvero 120 gg. in caso di emissioni in atmosfera ex art. 269 D.Lgs. 152/2006) entro il quale i Soggetti Competenti devono inviare le proprie determinazioni relative all’oggetto della CdS (art. 14-bis, comma 2, lettera c, L. 241/90); il suo computo decorre dalla data di presentazione della domanda (art. 2, comma 6, L. 241/90); d) informa inoltre che: 7. l’eventuale riunione della CdS in forma simultanea e modalità sincrona ex art. 14ter L. 241/90, avrà luogo entro 10 giorni successivi alla scadenza del termine indicato al precedente punto 6, e sarà oggetto di formale convocazione con successivo e separato atto; 8. le determinazioni, che i Soggetti Competenti sono tenuti a rendere entro il termine indicato al precedente punto 6, devono es-

sere congruamente motivate e formulate in termini di assenso o dissenso ed in questo caso devono indicare, ove possibile, le modifiche eventualmente necessarie per ottenere l’assenso; 9. le prescrizioni o le condizioni, alle quali è eventualmente subordinato l’assenso o il superamento del dissenso, devono essere espresse in modo chiaro e analitico, e deve esser specificato, inoltre, se sono connesse ad un vincolo derivante da una disposizione normativa o da un atto amministrativo generale oppure se sono discrezionalmente apposte per la migliore tutela dell’interesse pubblico (art.14-bis, comma 3, L. 241/90); 10. la mancata comunicazione della determinazione entro il termine indicato al precedente punto 6, ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti sopra specificati, equivale ad assenso senza condizioni, tranne che per i titoli autorizzativi che per norma debbano esser necessariamente emessi in forma espressa. Restano ferme le responsabilità dell’amministrazione, nonché quelle dei singoli dipendenti nei confronti dell’amministrazione, per l’assenso reso, anche implicitamente, o per la sua mancanza; 11. fatta salva l’eventualità della convocazione della CdS in modalità sincrona, il provvedimento di AUA sarà adottato entro 5 giorni dalla conclusione della CdS di cui punto 6. Richiesta di integrazioni Entro la scadenza indicata nella comunicazione di indizione della CdS, l’Autorità Competente raccoglie tutte le richieste di integrazioni formulate dai Soggetti Competenti e le trasmette in un’unica soluzione al SUAP indicando il termine, non superiore a 30 giorni, per il loro deposito presso il SUAP stesso, e chiedendo di essere messa a conoscenza dell’inoltro della richiesta al Gestore. Dal momento in cui il Gestore riceve la richiesta di integrazioni i termini del procedimento sono sospesi e ricominciano a decorrere dal momento in cui il SUAP riceve la documentazione integrativa; il SUAP trasmette tempestivamente all’Autorità Competente ed ai Soggetti Competenti la documentazione integrativa ricevuta. In ragione della complessità della documentazione integrativa è fatta salva la facoltà del Gestore di chiedere proroga del termine indicato per la presentazione della stessa. Se le integrazioni non arrivano entro il termine fissato (ed eventualmente prorogato), l’Autorità

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Competente, secondo quanto previsto dall’art. 14bis, comma 5, L. 241/90, adotta il decreto di conclusione negativa della CdS, che produce gli effetti della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda di cui all’art. 16-bis della LR 7/2000. L’Autorità Competente assegna il termine di 10 giorni entro il quale il Gestore può trasmettere eventuale documentazione per superare detti motivi ostativi, trascorso il quale la determinazione produce l’effetto del rigetto della domanda. L’Autorità Competente invia il decreto al SUAP affinché lo trasmetta al Gestore e ai Soggetti Competenti. La comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda interrompe i termini di conclusione del procedimento che ricominciano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione dell’eventuale ulteriore documentazione.

Conclusione del procedimento L’Autorità Competente: a) in presenza di tutte le autorizzazioni settoriali favorevoli e coerenti (seppur con prescrizioni), ricevute entro i termini di conclusione della CdS, adotta il decreto di conclusione positiva della CdS; b) in presenza di almeno una espressione motivata di dissenso non superabile da parte di un Soggetto competente, entro i 5 gg. lavorativi successivi alla scadenza dei termini di conclusione della CdS, adotta il decreto di conclusione negativa della CdS; c) scaduti i termini di conclusione della CdS in mancanza di una o più autorizzazioni settoriali: * nei 5 gg. lavorativi successivi adotta il decreto di conclusione positiva della CdS

come al punto a), qualora la mancata comunicazione delle determinazioni relative alla decisione oggetto della Conferenza da parte delle Amministrazioni coinvolte possa costituire assenso senza condizioni, secondo quanto previsto dall’art. 14-bis, comma 4, L. 241/90; oppure * se necessario, secondo quanto previsto dall’art. 14-bis, comma 7, L. 241/90, convoca la CdS in forma simultanea e modalità sincrona ex art. 14-ter, L. 241/90. La Conferenza adotta la determinazione motivata di conclusione, positiva o negativa, che è trasmessa al SUAP ed agli altri Enti interessati dal procedimento. A seconda dell’esito della Conferenza, l’Autorità Competente adotta poi il decreto di conclusione positiva ovvero negativa della stessa. La conclusione negativa della Conferenza produce gli effetti della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda di cui all’art. 16bis della LR 7/2000 che interrompe i termini di conclusione del procedimento, i quali ricominciano a decorrere dalla data di presentazione delle eventuali osservazioni. Il decreto di AUA è trasmesso al SUAP ovvero al Gestore. Il SUAP rilascia il provvedimento di AUA che è atto conclusivo di natura esclusivamente ricognitoria, inviato al Gestore e per conoscenza all’Autorità Competente, nonché a tutti i Soggetti Competenti ed agli altri Enti coinvolti nel procedimento. L’efficacia dell’AUA e la sua durata decorrono dalla data espressamente indicata. (segue) (CS)

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Esami per conduttori di generatori di vapore indette a udine e pordenone le sessioni di esami per il conferimento dei patentini Come comunicato con nostra circolare prot. n. 313/C del 22 novembre scorso, l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Udine - Pordenone comunica che sono state indette le seguenti sessioni di esami per il conferimento dei patentini (D.P.R. 403/98 art. 13) di abilitazione alla conduzione di generatori di vapore: - Udine: mese di dicembre 2018; - Pordenone: mese di febbraio 2019. Gli esami si terranno presso le sedi dell’ITL di Udine e di Pordenone nei giorni che verranno fissati dal Presidente della Commissione esaminatrice. Per essere ammessi agli esami è necessario aver compiuto i 18 anni di età alla data di scadenza del 26 novembre 2018 per la sessione di Udine e del 15 dicembre 2018 per la sessione di Pordenone, ed aver eseguito il tirocinio come fuochista secondo le norme stabilite dagli artt. 4 e seguenti del D.M. 1° marzo 1974 (G.U. n. 99/1974) e seguenti modificazioni D.M. 7 febbraio 1979 (G.U. n. 74/1979). Le domande di ammissione agli esami, redatte su carta resa legale con marca da bollo da € 16,00, devono pervenire improrogabilmente: - entro il 26 novembre 2018 per la sessione di Udine all’Ispettorato territoriale del lavoro di Udine-Pordenone - via Morpurgo n. 22 33100 Udine - entro il 10 dicembre 2018 per la sessione di Pordenone all’Ispettorato territoriale del lavoro di Udine-Pordenone - via Vecchia Ceramica n. 3 – 33170 Pordenone

e devono contenere tutti gli elementi e documenti previsti dal modulo scaricabile dal sito dell’Ispettorato Nazionale Lavoro/Le sedi dell’Ispettorato/ Uffici Territoriali/IIL Nord-Est (Venezia)/Udine - Pordenone - Sez. Modulistica - (mod. INL 29) (https://www.ispettorato.gov.it/it-it/il-ministero/Uffici-periferici-e-territoriali/venezia/udinepordenone/Pagine/Modulistica.aspx) Si ricorda che l’ammissione all’esame è vincolata alla presentazione di tutti i documenti previsti nel modulo di domanda sopra indicato. Si fa presente che ai sensi dell’art. 3 della Tariffa Parte 1a, allegata al DPR n. 642/72, come sostituita dal DM 20 agosto 1992, l’attestazione apposta dal Funzionario accertatore sul libretto di tirocinio da allegare alla domanda è soggetta all’imposta di bollo pari a € 16,00. Gli esami per il conferimento del patentino di abilitazione consistono in prove teorico-pratiche, secondo i programmi annessi al citato D.M. 1° marzo 1974. I patentini di abilitazione saranno rilasciati dall’Ispettorato territoriale del lavoro di Udine-Pordenone in base alle decisioni della Commissione esaminatrice e previo pagamento della tassa in bollo (€ 16,00). I candidati verranno tempestivamente avvertiti con e-mail del giorno, ora e luogo in cui dovranno presentarsi per sostenere le prove d’esame. Per maggiori dettagli si fa rinvio ai manifesti predisposti dall’Ispettorato territoriale del lavoro di Udine - Pordenone, che potranno essere consultati sul sito internet del medesimo, oppure richiesti all’Ufficio Sicurezza dell’Associazione. Al medesimo Ispettorato territoriale del lavoro di Udine-Pordenone sede di Udine - via Morpurgo, 22 - 33100 Udine - tel. 0432 501268 - fax 0432 295235 (Referente istruttoria sig.ra Ferin Antonella) è possibile rivolgersi per ulteriori informazioni.

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(C)


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SOA: rinnovo per la VI.PA. l’attestazione soa consente di eseguire lavori di importo superiore a 150.000 euro Rinnovo quinquennale per la VI.PA. srl, rappresentata dai periti Maurizio Vicentini e Emanuel Collavin, l’azienda opera soprattutto nel settore dell’impiantistica elettrica, in ambito residenziale, industriale e pubblico, e ha sede a Porpetto in via dell’Artigianato n. 8. In questo periodo la VI.PA. ha rinnovato l’attestazione per la categoria OS30 per la seconda classifica pari a 516.000,00 euro. Questo importante traguardo, le consente di eseguire fino ad un importo massimo di 619.200,00

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Euro: impianti interni elettrici, telefonici, radiotelefonici, e televisivi; questa categoria riguarda la fornitura, il montaggio e la manutenzione o la ristrutturazione di impianti elettrici, telefonici, radiotelefonici, televisivi nonché di reti di trasmissione dati e simili, completi di ogni connessa opera muraria, complementare o accessoria, da realizzarsi in interventi appartenenti alle categorie generali che siano stati già realizzati o siano in corso di costruzione. Ricordiamo che l’attestazione SOA costituisce condizione indispensabile per la partecipazione alle procedure d’aggiudicazione dei lavori d’importo superiore ai 150.000 euro. Al fine d’assistere gli imprenditori, l’Associazione ha predisposto un servizio d’informazione ed assistenza alle proprie imprese sui requisiti e sulla documentazione richiesti per la qualificazione. (CS)


DGUE in formato elettronico per le procedure di gara bandite dal 18 ottobre le stazioni appaltanti predispongono il dgue in formato elettronico Il 18 ottobre 2018 è terminato il periodo di deroga per l’adeguamento dei sistemi informatici delle stazioni appaltanti: quindi DGUE (Documento di Gara Unico Europeo) in formato elettronico per tutti, tranne nei casi di deroga previsti dal Codice degli Appalti (formati di file non leggibili da tutti i dispositivi, dati sensibili, natura specialistica dell’appalto). Il Documento di gara unico europeo (DGUE) è un’autodichiarazione dell’impresa sulla propria situazione finanziaria, sulle proprie capacità e sulla propria idoneità per una procedura di appalto pubblico. È disponibile in tutte le lingue dell’Unione Europea ed è utilizzato per indicare in via preliminare il soddisfacimento delle condizioni prescritte nelle procedure di appalto pubblico nell’UE. Grazie al DGUE gli offerenti non devono più fornire piene prove documentali e ricorrere ai diversi moduli precedentemente in uso negli appalti UE: si tratta, insomma, di una notevole semplificazione dell’accesso agli appalti. Dunque, dal 18 ottobre il Documento di gara unico europeo (DGUE) dovrà essere reso disponibile esclusivamente in forma elettronica, nel rispetto di quanto previsto dal Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 50/2016 art. 85, comma 1).

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Per le procedure di gara bandite dal 18 ottobre, le stazioni appaltanti predisporranno ed accetteranno il DGUE in formato elettronico secondo le disposizioni del DPCM 13 novembre 2014. I documenti di gara dovranno contenere le informazioni sullo specifico formato elettronico del DGUE, l’indirizzo del sito internet in cui è disponibile il servizio per la compilazione del DGUE e le modalità con le quali il DGUE elettronico deve essere trasmesso dall’operatore economico alla stazione appaltante. Il DGUE dovrà essere predisposto esclusivamente in conformità alle regole tecniche che saranno emanate da AgID (Agenzia per l’Italia Digitale), ai sensi dell’art. 58 comma 10 del Codice dei contratti pubblici. Per tutte le procedure di gara bandite a partire dal 18 ottobre, eventuali DGUE di formati diversi da quello definito dalle citate regole tecniche saranno considerati quale documentazione illustrativa a supporto. I requisiti di integrità, autenticità e non ripudio del DGUE elettronico devono essere garantiti secondo quanto prescritto dal Codice dell’Amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. I documenti di gara dovranno contenere le informazioni sullo specifico formato elettronico del DGUE, l’indirizzo del sito internet in cui è disponibile il servizio per la compilazione del DGUE e le modalità con le quali il DGUE elettronico deve essere trasmesso dall’operatore economico alla stazione appaltante. (CS)


Cause di esclusione nei contratti pubblici (1a parte) la stazione appaltante deve valutare i comportamenti gravi e significativi riscontrati nell’esecuzione di precedenti contratti L’Autorità Nazionale Anticorruzione con le linee guida n. 6, di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 recanti «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice». Queste linee guida sono state approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016 e aggiornate al d.lgs. 56 del 19 aprile 2017 con deliberazione del Consiglio n. 1008 dell’11 ottobre 2017.

Premessa L’art. 80, comma 13, del d.lgs. 18.4.2016 n. 50 prevede che l’ANAC, con proprie linee guida, possa precisare i mezzi di prova adeguati a comprovare le circostanze di esclusione in esame e individuare quali carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto possano considerarsi significative ai fini della medesima disposizione. Sulla base di tale previsione, l’Autorità ha predisposto le linee guida recanti «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice». Al fine di pervenire all’individuazione dei mezzi di prova adeguati, l’Autorità intende fornire indicazioni operative e chiarimenti in merito alle fattispecie esemplificative indicate in via generica dal Codice e ai criteri da seguire nelle valutazioni di competenza. Ciò nell’ottica di assicurare l’adozione di comportamenti omogenei da parte delle stazioni appaltanti e garantire certezza agli operatori economici. Pag. 52 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 19 - 31 ottobre 2018

Il verificarsi delle fattispecie esemplificative individuate nelle presenti Linee guida non dà luogo all’esclusione automatica del concorrente, ma comporta l’obbligo della stazione appaltante di procedere alle valutazioni di competenza in ordine alla rilevanza ostativa degli specifici comportamenti, da effettuarsi nell’esercizio del potere discrezionale alla stessa riconosciuto, secondo le indicazioni fornite nel presente documento. Le stazioni appaltanti possono attribuire rilevanza a situazioni non espressamente individuate dalle Linee guida, purché le stesse siano oggettivamente riconducibili alla fattispecie astratta indicata dall’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice e sempre che ne ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi. In questa prima parte affrontiamo la questione relativa all’ambito di applicazione e all’ambito oggettivo.

Ambito di applicazione L’art. 80 del codice e, segnatamente, per quel che qui rileva, il suo comma 5, lett. c) si applica agli appalti e alle concessioni nei settori ordinari sia sopra che sotto soglia (art. 36, comma 5) e, ai sensi dell’art. 136 del Codice, ai settori speciali quando l’ente aggiudicatore è un’amministrazione aggiudicatrice. 1.2 Se l’ente aggiudicatore non è un’amministrazione aggiudicatrice, le norme e i criteri oggettivi per l’esclusione e la selezione degli operatori economici che richiedono di essere iscritti in un sistema di qualificazione o che richiedono di partecipare alle procedure di selezione possono includere i motivi di esclusione di cui all’art. 80, alle condizioni stabilite nel richiamato art. 136. 1.3 I motivi di esclusione individuati dall’art. 80 del codice e, per quel che qui rileva, il suo, comma 5, lett. c) sono presi in considerazione anche: a) ai fini della qualificazione degli esecutori di lavori pubblici (art. 84, comma 4); b) ai fini dell’affidamento dei contratti ai subappaltatori e della relativa stipula (art. 80, comma 14); c) in relazione all’impresa ausiliaria nei casi di avvalimento (art. 89, comma 3); d) ai fini della partecipazione alle gare del contraente generale (art. 198). Le cause di esclusione previste dall’art. 80 del codice e, per quel che qui rileva, il suo comma 5,


lett. c) non si applicano alle aziende o società sottoposte a sequestro o confisca ai sensi dell’articolo 12sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 o della legge 31 maggio 1965, n. 575, e affidate a un custode o amministratore giudiziario o finanziario, se verificatesi nel periodo precedente al predetto affidamento (art. 80, comma 11).

Ambito oggettivo Rilevano quali cause di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del codice gli illeciti professionali gravi accertati con provvedimento esecutivo, tali da rendere dubbia l’integrità del concorrente, intesa come moralità professionale, o la sua affidabilità, intesa come reale capacità tecnico professionale, nello svolgimento dell’attività oggetto di affidamento. Al ricorrere dei presupposti di cui al periodo precedente, gli illeciti professionali gravi rilevano ai fini dell’esclusione dalle gare a prescindere dalla natura civile, penale o amministrativa dell’illecito. In particolare, rilevano le condanne non definitive per i reati di seguito indicati a titolo esemplificativo, salvo che le stesse configurino altra causa ostativa che comporti l’automatica esclusione dalla procedure di affidamento ai sensi dell’art. 80 del codice: a. abusivo esercizio di una professione; b. reati fallimentari (bancarotta semplice e bancarotta fraudolenta, omessa dichiarazione di beni da comprendere nell’inventario fallimentare, ricorso abusivo al credito); c. reati tributari ex d.lgs. 74/2000, i reati societari, i delitti contro l’industria e il commercio; d. reati urbanistici di cui all’art. 44, comma 1 lettere b) e c) del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 con riferimento agli affidamenti aventi ad oggetto lavori o servizi di architettura e ingegneria; e. reati previsti dal d.lgs. 231/2001. Rileva, altresì, quale illecito professionale grave, che la stazione appaltante deve valutare ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del codice, la condanna non definitiva per taluno dei reati di cui agli artt. 353, 353 bis, 354, 355 e 356 c.p., fermo restando che le condanne definitive per tali delitti costituiscono motivo di automatica esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 1, lett. b) del codice.

Significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto Al ricorrere dei presupposti di cui al punto precedente la stazione appaltante deve valutare, ai fini Pag. 53 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 19 - 31 ottobre 2018

dell’eventuale esclusione del concorrente, i comportamenti gravi e significativi riscontrati nell’esecuzione di precedenti contratti, anche stipulati con altre amministrazioni, che abbiano comportato, alternativamente o cumulativamente: a) la risoluzione anticipata non contestata in giudizio, ovvero confermata con provvedimento esecutivo all’esito di un giudizio; b) la condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni quali l’applicazione di penali o l’escussione delle garanzie ai sensi degli artt. 103 e 104 del Codice o della previgente disciplina. Detti comportamenti rilevano se anche singolarmente costituiscono un grave illecito professionale ovvero se sono sintomatici di persistenti carenze professionali. In particolare, assumono rilevanza, a titolo esemplificativo: 1. l’inadempimento di una o più obbligazioni contrattualmente assunte; 2. le carenze del prodotto o servizio fornito che lo rendono inutilizzabile per lo scopo previsto; 3. l’adozione di comportamenti scorretti; 4. il ritardo nell’adempimento; 5. l’errore professionale nell’esecuzione della prestazione; 6. l’aver indotto in errore l’amministrazione circa la fortuità dell’evento che dà luogo al ripristino dell’opera danneggiata per caso fortuito interamente a spese dell’amministrazione stessa; 7. nei contratti misti di progettazione ed esecuzione, qualunque omissione o errore di progettazione imputabile all’esecutore che ha determinato una modifica o variante ai sensi dell’art. 106, comma 2, del codice, o della previgente disciplina (art. 132 d.lgs. 163/06); 8. negli appalti di progettazione o concorsi di progettazione, qualunque omissione o errore di progettazione imputabile al progettista, che ha determinato, nel successivo appalto di lavori, una modifica o variante, ai sensi dell’art. 106 del codice, o della previgente disciplina (art. 132 d.lgs. 163/06). Nei casi più gravi, le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto possono configurare i reati di cui agli artt. 355 e 356 c.p. Pertanto, al ricorrere dei presupposti previsti al punto precedente, la stazione appaltante deve valutare, ai fini dell’eventuale esclusione del concorrente, i provvedimenti di condanna non definitivi per i reati su richiamati, qualora contengano una condanna al risarcimento del danno o uno degli altri effetti tipizzati dall’art. 80, comma 5, lett. c). I provvedimenti di condanna definitivi per detti


reati configurano, invece, la causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 1, lett. a) del codice.

Gravi illeciti professionali posti in essere nello svolgimento della procedura di gara Al ricorrere dei presupposti di cui al punto precedente, la stazione appaltante deve valutare, ai fini dell’eventuale esclusione del concorrente, i comportamenti idonei ad alterare illecitamente la par condicio tra i concorrenti oppure in qualsiasi modo finalizzati al soddisfacimento illecito di interessi personali in danno dell’amministrazione aggiudicatrice o di altri partecipanti, posti in essere, volontariamente e consapevolmente dal concorrente. Rilevano, a titolo esemplificativo: 1. quanto all’ipotesi legale del «tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante», gli atti idonei diretti in modo non equivoco a influenzare le decisioni della stazione appaltante in ordine: 1.1 alla valutazione del possesso dei requisiti di partecipazione; 1.2 all’adozione di provvedimenti di esclusione; 1.3 all’attribuzione dei punteggi. 2. quanto all’ipotesi legale del «tentativo di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio» i comportamenti volti a ottenere informazioni in ordine: 2.1 al nominativo degli altri concorrenti; 2.2 al contenuto delle offerte presentate. Acquista, inoltre, rilevanza, al ricorrere dei presupposti di cui al punto 2.1, la previsione di accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza oggettivamente e specificamente idonei a incidere sulla regolarità della procedura e debitamente documentati. Quanto alle ipotesi legali del «fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione» e dell’«omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento delle procedure di selezione», rilevano i comportamenti che integrino i presupposti di cui al punto 2.1 posti in essere dal concorrente con dolo o colpa grave volti a ingenerare, nell’amministrazione, un convincimento erroneo su una circostanza rilevante ai fini della partecipazione o dell’attribuzione del punteggio. La valutazione della sussistenza della gravità della colpa deve essere effettuata tenendo in considerazione la rilevanza o la gravità dei fatti oggetto della Pag. 54 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 19 - 31 ottobre 2018

dichiarazione omessa, fuorviante o falsa e il parametro della colpa professionale. Fermo restando che in caso di presentazione di documentazione o dichiarazioni non veritiere nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalto si applica l’art. 80, comma 1, lett. f-bis) del codice, rientrano nella fattispecie, a titolo esemplificativo: 1. la presentazione di informazioni fuorvianti in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione o ad altre circostanze rilevanti ai fini della gara; 2. la presentazione di informazioni false relative a circostanze diverse dal possesso dei requisiti generali o speciali di partecipazione; 3. l’omissione di informazioni in ordine alla carenza, sopravvenuta rispetto al momento in cui è stata presentata la domanda, di requisiti o elementi non specificatamente richiesti dal bando di gara ai fini della partecipazione, ma indicati dall’offerente per conseguire un punteggio ulteriore o per fornire le spiegazioni richieste dalla stazione appaltante nel caso in cui l’offerta appaia anormalmente bassa. Assumono rilevanza, altresì, tutti i comportamenti contrari ai doveri di leale collaborazione che abbiano comportato la mancata sottoscrizione del contratto per fatto doloso o gravemente colposo dell’affidatario e la conseguente escussione della garanzia prevista dall’art. 93 del Codice. Nei casi più gravi, i gravi illeciti professionali posti in essere nel corso della procedura di gara possono configurare i reati di cui agli artt. 353, 353-bis e 354 del c.p. Pertanto, al ricorrere dei presupposti previsti al punto 2.1, la stazione appaltante deve valutare, ai fini dell’eventuale esclusione del concorrente, i provvedimenti di condanna non definitivi per i reati su richiamati. I provvedimenti di condanna definitivi per detti reati configurano, invece, la causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 1, lett. a) del codice.

Altre situazioni idonee a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità dell’operatore economico Al ricorrere dei presupposti di cui al punto 2.1, la stazione appaltante deve valutare, ai fini dell’eventuale esclusione del concorrente: 1. i provvedimenti esecutivi dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di condanna per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare;


2. i provvedimenti sanzionatori esecutivi comminati dall’ANAC ai sensi dell’art. 213, comma 13, del codice e iscritti nel Casellario dell’Autorità nei confronti degli operatori economici che abbiano rifiutato od omesso, senza giustificato motivo, di fornire informazioni o documenti richiesti dall’Autorità o che non

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abbiano ottemperato alla richiesta della stazione appaltante di comprovare i requisiti di partecipazione o che, a fronte di una richiesta di informazione o di esibizione di documenti da parte dell’Autorità, abbiano fornito informazioni o documenti non veritieri. (CS)


Albo autotrasporto c/t. Quota d’iscrizione 2019 il versamento va eseguito per via telematica o anche con bollettino postale entro il 31 dicembre 2018 Premessa Si fa seguito a quanto comunicato con circolare prot. 289 del 6 novembre 2018 per ricordare che con deliberazione n. 3 del 19 ottobre 2018, pubblicata sulla G.U. n. 254 del 31 ottobre 2018, il Comitato centrale dell’Albo nazionale delle imprese di autotrasporto di cose per conto di terzi (di seguito, rispettivamente, Comitato centrale e Albo), ha fissato la quota di iscrizione dovuta dalle imprese di autotrasporto di cose c/t per il 2019 e le relative modalità di pagamento. Queste ultime presentano una rilevante novità. Infatti, mentre gli importi della quota 2019 sono rimasti invariati rispetto a quelli del 2018, cambiano le modalità di pagamento, in quanto accanto al versamento per via telematica è stato reintrodotto, in alternativa, il pagamento mediante bollettino di c.c.p. cartaceo precompilato, come appresso si dirà. Il versamento per la quota d’iscrizione del 2019 e per le eventuali quote pre-

gresse non pagate va eseguito entro il 31 dicembre 2018.

Importi delle quote La quota per il 2019 è identica a quella del 2018 e si articola nelle seguenti componenti: 1) una fissa di 30,00 euro, dovuta da tutte le imprese iscritte all’Albo; 2) una variabile, che si somma alla precedente, il cui ammontare è determinato in relazione al numero di veicoli in dotazione dell’impresa, qualunque sia la massa, secondo la sottostante tabella: Numero veicoli

Importo in euro

da 2 a 5

5,16

da 6 a 10

10,33

da 11 a 50

25,82

da 51 a 100

103,29

da 101 a 200

258,23

oltre 200

516,46

3) un’ulteriore componente variabile, che si somma alle precedenti, per ogni veicolo in dotazione di massa complessiva superiore a 6,0 t, compresi i veicoli trattori con massa rimorchiabile maggiore di detto limite, secondo la sottostante tabella:

Tipo di veicolo

Importo in euro

Per ogni veicolo dotato di capacità di carico per una massa complessiva fra 6,001 t e 11,5 t nonché per ogni veicolo trattore con peso rimorchiabile da 6,001 a 11,5 t

5,16

Per ogni veicolo dotato di capacità di carico per una massa complessiva fra 11,501 t e 26,0 t nonché per ogni veicolo trattore con peso rimorchiabile da 11,501 a 26,0 t

7,75

Per ogni veicolo dotato di capacità di carico per una massa complessiva superiore a 26,0 t nonché per ogni veicolo trattore con peso rimorchiabile oltre 26,0 t

10,33

In caso di mancato pagamento della quota entro il 31 dicembre 2018, l’impresa potrà essere sospesa dall’Albo secondo quanto previsto dall’art. 19 della legge 6 giugno 1974, n. 298.

Procedure per il pagamento della quota A partire dal 5 novembre 2018, collegandosi al

portale dell’Albo, raggiungibile sul sito web www. alboautotrasporto.it, le imprese possono accedere con le credenziali già in loro possesso alla sezione “pagamento quote”, visualizzare l’importo relativo all’anno 2019 e scegliere una delle seguenti modalità di pagamento alternative: A. pagamento per via telematica; B. pagamento con bollettino di c.c.p. cartaceo precompilato.

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A. Procedura informatica, decorrenza 5 novembre 2018 Il pagamento per via telematica va eseguito attraverso l’apposita funzione informatica, utilizzando: - carta di credito Visa; - carta di credito Mastercard; - carta prepagata Postepay o Poste Pay Impresa; - conto corrente BancoPosta online. Il pagamento attraverso la procedura informatica può essere eseguito attraverso il servizio “pagamento quote” presente sul portale dell’Albo a partire dal 5 novembre 2018. Le operazioni di pagamento sono consentite dal lunedì al sabato dalle ore 08.00 alle ore 20.00, giorni festivi esclusi. Per chiarimenti o problemi di malfunzionamento del sistema telematico e per ogni richiesta di assistenza tecnica le imprese possono inviare un’e-mail all’indirizzo assistenza. albo@mit.gov.it, avendo cura di specificare numero di iscrizione all’Albo, numero di matricola, un indirizzo email non PEC ed un recapito telefonico nonché, ove possibile, una immagine dell’errore segnalato dal sistema. È possibile, inoltre, segnalare necessità di assistenza ai seguenti recapiti telefonici: - numero verde 800980308, attivo dal lunedì al sabato dalle ore 08.00 alle ore 20.00, giorni festivi esclusi, per eventuali problemi che intervengano dalla fase di inserimento dei dati delle carte di pagamento; - numero verde 800232323, attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 08.00 alle ore 20.00 e il sabato dalle ore 08.00 alle ore 14.00, giorni festivi esclusi. B. Pagamento con bollettino di c.c.p. cartaceo precompilato, decorrenza 3 dicembre 2018 Il bollettino di c.c.p. precompilato è generato automaticamente dalla funzione informatica con l’importo dovuto. L’impresa dovrà stampare il bollettino precompilato ed eseguire il versamento in un qualsiasi ufficio postale, ma a partire dal 3 dicembre 2018, ferma restando la scadenza del 31 dicembre 2018.

Gli estremi di avvenuto pagamento, sia nel caso di pagamento mediante procedura telematica sia nel caso di pagamento mediante bollettino di c.c.p., saranno automaticamente trasferiti sul portale dell’Albo senza alcun altro onere per l’impresa.

Altre istruzioni operative Premesso che per tutte le modalità di registrazione al portale dell’Albo e di pagamento delle quote si consiglia vivamente di utilizzare l’apposito Manuale utente, scaricabile dal medesimo portale, l’Albo sul proprio sito web avverte anche che: - quando un’impresa inserisce una password errata per un numero di volte superiore ai tentativi consentiti (cinque), appare il messaggio “Utente sospeso per superamento numero tentativi psw errata. Contattare Amministratore di Sistema per il ripristino” ed occorre richiedere il reset password (non recupero password), inviando all’indirizzo assistenza. albo@mit.gov.it una e-mail con oggetto reset password e recante nel testo il numero di matricola (inizia con IT, sic), il numero di iscrizione all’Albo e un recapito telefonico; la nuova password sarà inviata sull’indirizzo email fornito all’atto della registrazione o eventualmente successivamente modificato. - la ricevuta di pagamento è inviata automaticamente dal sistema informatico attraverso posta elettronica ordinaria all’indirizzo e-mail fornito all’atto della registrazione o a quello successivamente modificato. Qualora la ricevuta non sia stata acquisita, si può procedere alternativamente: a) se l’indirizzo di posta elettronica fornito è certificato (PEC), a verificare che lo stesso sia abilitato a ricevere un’e-mail non PEC; b) a ristampare la ricevuta dalla apposita funzione accessibile dalla pagina di visualizzazione dei pagamenti effettuati. Copia di tutta la documentazione citata può essere richieste all’ufficio trasporti dell’Associazione, a cui ci si può rivolgere anche per ogni altra necessità, come, ad es., il caso di difformità fra importo richiesto e importo autonomamente calcolato dall’impresa. (AdT)

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Limiti alla circolazione in Pianura Padana deroghe in lombardiA

Si fa seguito alle precedenti comunicazioni in materia di divieti di circolazione per veicoli c.d. inquinanti in Pianura Padana e, da ultimo ad Apinforma n. 18/2018, pp. 48, per segnalare che la Regione Lombardia con delibera della Giunta regionale n. 712 del 30 ottobre 2018, specificatamente inerente alle limitazioni alla circolazione dei veicoli di categoria ecologica Euro 3 diesel, ha introdotto per la sola stagione invernale 2018/2019, le seguenti, ulteriori deroghe: 1) veicoli per il trasporto di persone appartenenti a soggetti con ISEE inferiore a 14.000 euro, qualora non possessori di altro veicolo non soggetto a limitazioni; 2) veicoli per il trasporto di persone di proprietà e condotti da persone che abbiano compiuto il 70° anno di età, qualora non possessori di altro veicolo non soggetto a limitazioni; 3) autoveicoli per trasporti specifici e per uso speciale di cui alle lett. f) e g) dell’art. 54 del codice della strada (c.d.s., v. infra): 4) veicoli i cui proprietari siano in attesa di consegna di un nuovo veicolo non sottoposto alle limitazioni regionali alla circolazione vigenti e in grado di esibire idonea documentazione che attesti l’avvenuto acquisto dell’intestatario del veicolo stesso; 5) veicoli appartenenti alle associazioni o società sportive iscritte a federazioni affiliate al CONI o altre federazioni riconosciute ufficialmente

o veicoli privati utilizzati da iscritti alle stesse con dichiarazione del presidente indicante luogo e orario della manifestazione sportiva nella quale l’iscritto è direttamente impegnato e quelli utilizzati da arbitri o direttori di gara o cronometristi con dichiarazione del presidente della rispettiva federazione indicante luogo e orario della manifestazione sportiva nella quale l’iscritto è direttamente impegnato. Le deroghe si applicano da subito e fino al 31 marzo 2019. In merito al punto 3) si rammenta che i veicoli di cui all’art. 54, lett. f) e g) del c.d.s. sono così definiti: “f) autoveicoli per trasporti specifici: veicoli destinati al trasporto di determinate cose o di persone in particolari condizioni, caratterizzati dall’essere muniti permanentemente di speciali attrezzature relative a tale scopo [come ad es. i veicoli per trasporti specifici in regime di temperatura controllata, A.T.P.];” “g) autoveicoli per uso speciale. Veicoli caratterizzati dall’essere muniti permanentemente di speciali attrezzature e destinati prevalentemente al trasporto proprio [come ad es. autoveicoli gru]. Su tali veicoli è consentito il trasporto del personale e dei materiali connessi col ciclo operativo delle attrezzature delle attrezzature e di persone e cose connesse alla destinazione d’uso delle attrezzature stesse.” I codici di detti veicoli sono, comunque, riportati sulla carta di circolazione. Per le informazioni e aggiornamenti sulla circolazione nelle Regioni Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto si suggerisce vivamente alle imprese interessate di consultare i siti web di quelle Amministrazioni regionali o di rivolgersi all’ufficio trasporti dell’Associazione.

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(AdT)


Revisioni 2017, n. 214 e dal decreto del Capo Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali e il personale 18 maggio 2018. Dette istruzioni riguardano nello specifico: - la revisione dei rimorchi fino a 3,5 t (categorie O1 e O2 ex art. 47 del codice della strada, c.d.s.); - l’attestato del superamento del controllo e il dato chilometrico; - impianti e apparecchiature di controllo riguardanti i motocicli, che qui si omette di trattare.

attestato del superamento del controllo. il dato chilometrico Si fa seguito a quanto pubblicato su Apinforma n. 9/2018, pp. 34-35, per segnalare che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Direzione generale per la Motorizzazione (di seguito Ministero) con circolare U 0026868 del 30 ottobre 2018 ha diramato istruzioni sulle disposizioni in materia di revisione dei veicoli dettate dal d.m. 19 maggio CALENDARIO RIMORCHI O1 – O2

Revisione dei rimorchi fino a 3,5 t La circolare riporta in allegato una tabella esplicativa del calendario di chiamata a revisione di detti rimorchi, che qui si riprende. REVISIONE SCADUTA (NON POSSONO CIRCOLARE)

OBBLIGO DI REVISIONE (POSSONO CIRCOLARE)

Anno

Immatricolati nel

Già revisionati

Omessa revisione

2018

1998 - 2000

Immatricolati entro il 31/12/1997 e revisionati entro il 31/12/2016

Immatricolati entro il 31/12/1997 e mai revisionati

2001 - 2006

Revisionati nel 2017

Immatricolati entro il 31/12/1997 e mai revisionati o revisionati prima del 2017

Immatricolati entro il 2000 e revisionati nel 2018

Immatricolati entro il 31/12/2006 e mai revisionati o revisionati prima del 2018

2019

2020

2007 - 2016

Attestato del superamento del controllo di revisione. Il dato chilometrico Nel dichiarare conclusa la fase sperimentale legata all’introduzione della nuova etichetta autoadesiva, che ora riporta anche la scadenza della prossima revisione, il Ministero ha evidenziato che i primi attestati prodotti non riportano il dato del chilometraggio rilevato al momento della revisione, esso tuttavia può essere ottenuto - per le revisioni effettuate dal 20 maggio 2018, data dalla quale ha assunto valore probante - consultando il sito web del portale dell’automobilista (www.

ilportaledellautomobilista.it), oppure facendo richiesta all’ufficio della Motorizzazione civile di competenza. Per le revisioni effettuate prima del 20 maggio 2018, l’acquisizione di questo dato era stata avviata a titolo sperimentale, ragione per cui - fa sapere il Ministero - non è disponibile una sequenza storica attendibile. Una volta a regime gli ispettori della Motorizzazione, prima di inserire il numero dei chilometri ricavato dalla lettura del contachilometri, dovranno controllare l’attestato della precedente revisione per valutare eventuali incongruenze fra i dati. In caso di riparazioni o sostituzioni del contachilo-

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metri eseguite dal 1° novembre 2018 (data successiva a quella della circolare ministeriale in esame) il proprietario del veicolo, all’atto della revisione, deve presentare una dichiarazione di installazione a regola d’arte rilasciata dall’officina che ha eseguito il lavoro, che evidenzi il numero di chilometri segnato dall’apparecchio al momento della sostituzione; per gli interventi eseguiti prima di quella data, sarà necessario acquisire una dichiarazione sostitutiva. Ulteriori fattispecie dovranno essere adeguatamente giustificate dal proprietario del veicolo, che, come sottolineato dal ministero, è l’unico responsabile della corretta tenuta del contachilometri. All’atto della consegna della carta di circolazione, l’ispettore dovrà evidenziare all’utente il dato chilometrico rilevato e farlo controfirmare per accettazione sulla domanda di revisione o sul modello TT2100 (modello per la richiesta di revisione). Peraltro, a partire dal 19 novembre 2018, il proprietario del veicolo, assente nel corso delle operazioni di revisione, dovrà fornire una delega a controfirmare il dato chilometrico alla persona effettivamente presente, unitamente alle fotocopie dei documenti di identità; circostanza questa

che determina l’ennesimo aggravio burocratico a carico dell’utenza e contro il quale l’Associazione è già intervenuta in sede nazionale. In caso di inserimento di un chilometraggio errato, lo stesso potrà essere corretto in giornata senza aggravio di costi. Su alcuni attestati, infine, potrebbe apparire la dicitura “Scadenza da verificare recarsi presso UMC”. In tal caso il Ministero ne ribadisce la validità, invitando, tuttavia, l’utenza interessata ad ottemperare a questa indicazione, recandosi pertanto all’ufficio della Motorizzazione; qualora, poi, l’integrazione dei dati mancanti richiedesse lo svolgimento di una visita e prova del veicolo, gli uffici della Motorizzazione civile - per ragioni di semplificazione (sic) - sono stati invitati a concordare con gli interessati lo svolgimento di questi accertamenti tecnici in concomitanza con la successiva revisione, senza aggravio economico oltre a quello legato alla mera revisione. Il testo della circolare e altre informazioni possono essere richiesti all’ufficio economico dell’Associazione.

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(AdT)


Autorità di regolazione dei trasporti contributo al funzionamento per il 2018. punto della situazione Giunge notizia che nel mese in corso l’Autorità di regolazione dei trasporti (di seguito Autorità) stia sollecitando imprese del trasporto su strada e della logistica a versare il contributo al funzionamento per il 2018, rammentando che in caso di inadempienza procederà con la riscossione coatta e con l’applicazione degli interessi di mora. A tal riguardo si ricorda che tutte le deliberazioni dell’Autorità relative alla richiesta di contributi a imprese dell’autotrasporto su strada e della logistica sono state impugnate in sede amministrativa e che, da ultimo, il TAR del Piemonte, dopo aver rinviato i ricorsi in via pregiudiziale alla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 256/2018 del 2 maggio 2018 (v. circolare associativa prot. n. 122/ AdT del 4 maggio 2018) e altre ancora ha accolto tutti i ricorsi, addirittura condannando l’Autorità alle spese processuali. Successivamente, l’Autorità si è appellata al Consiglio di Stato, il quale deve ancora pronunciarsi.

Ora, pur restando la materia sub judice, serve rammentare che il TAR del Piemonte ha ribadito quanto sancito dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 69/2017 del 7 aprile 2017), ossia che sono chiamati a pagare il contributo in parola solo le imprese svolgenti attività direttamente regolate dall’Autorità e che non si possono considerare tali i settori solo beneficiati e non destinatari della disciplina regolatoria. E’ il caso delle attività di autotrasporto e logistica che non sono mai state direttamente regolate, né esistono disposizioni che lo prevedano, con la conseguenza che non possono essere assoggettate ad alcun versamento di contributi a favore dell’Autorità. Pertanto, si suggerisce una volta di più di non procedere al pagamento richiesto. Quanto, infine, al contributo del 2019, l’Autorità sembra aver dimostrato più ragionevolezza e nella proposta di delibera, che è sottoposta a consultazione pubblica fino al 31 ottobre 2018 (www. autorita-trasporti.it/consultazioni), prevede per i settori dell’autotrasporto e della logistica di non procedere alla richiesta di contributo in attesa della definizione dei giudizi pendenti. Si fa riserva di ritornare sulla materia, una volta noto il pronunciamento del Consiglio di Stato e si invitano le imprese a rivolgersi all’ufficio trasporti dell’Associazione per ogni necessità. (AdT)

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Autotrasporto c/t. Costi indicativi di riferimento pubblicati i costi indicativi di riferimento del gasolio validi per l’ottobre 2018 Si fa seguito a quanto riportato su Apinforma n. 18/2018, p. 49, per segnalare che il 13 novembre 2018 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Direzione generale per il trasporto stradale e l’intermodalità (di seguito Ministero) ha pubblicato sul proprio sito web (www.mit.gov.it) l’aggiornamento mensile della voce “costo per litro del gasolio” per le imprese di autotrasporto di cose in conto terzi valido per il mese di ottobre 2018. In particolare, tenuto conto del prezzo medio al consumo accertato dal Ministero dello sviluppo economico nell’ottobre 2018 (pari a 1.561,65 euro per 1.000 litri di gasolio, in aumento rispetto al mese di settembre 2018, quando ammontava a 1.524,96 euro per 1.000 litri di gasolio), il valore mensile di riferimento di questa voce risulta essere di:

- 1,280 euro/l per i veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 7,5 t (al netto dell’IVA); - 1,065 euro/l per i veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 7,5 t (al netto dell’IVA e del rimborso delle accise). Si rammenta sempre che, a partire dal luglio 2015, con la ripresa delle pubblicazioni dei predetti valori indicativi, la nuova nota metodologica del Ministero ha chiarito che l’unica componente che verrà aggiornata mensilmente è quella del gasolio; per tutte le altre, la stessa nota ha informato che a seguito dei rilievi formulati dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il Ministero non provvederà più a quantificarle, limitandosi a riportare i criteri o le fonti da cui poter ricavare i relativi dati (ad es. il CCNL per il costo del lavoro). Inoltre, anche in questa sede, si ricorda che a partire dal 1° gennaio 2016 i veicoli di massa complessiva superiore a 7,5 t che avranno titolo al rimborso di quota parte delle accise sono solo quelli di categoria ecologica “Euro 3” e superiori. Il testo della nota ministeriale e altre informazioni possono essere richiesti all’ufficio trasporti dell’Associazione.

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(AdT)


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