notiziario dell’ASSOCIAZIONE piccole e medie industrie
APINFORMA numero 22 15 dicembre 2020
IN PRIMO PIANO TEST RAPIDO ANTIGENICO COVID-19
ApiNFORMA - Quindicinale di informazione dell’Associazione Piccole e Medie Industrie
FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO
LAVORO
SICUREZZA E AMBIENTE
EDILIZIA
EXPORT MARKETING
ORGANIZZAZIONE
L’avvenire è la porta, il passato ne è la chiave. Vi c to r H u g o
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Un futuro ricco di sfide e cambiamenti è alle porte.
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notiziario dell’ASSOCIAZIONE PIccole e medie industrie
APINFORMA
numero 22 15 dicembre 2020
Sommario Il versamento dell’acconto Iva
FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO
8
Le fatture di fine anno
14
Speciale Brexit
17
Tasso legale allo 0,01%
23
Gli omaggi di fine anno
24
Indice mensile rivalutazione t.f.r. novembre 2020
29
Accordo di rinnovo CCNL materiali da costruzione
30
Albo gestori ambientali: iscrizioni in scadenza
31
ITL Udine, esami per conduttori di generatori di vapore
32
SOA: rinnovo per l’Elettronova srl
33
ANAC: subappalto pagamento diretto dall’impresa
34
Nuove regole per il controllo degli impianti termici in regione
37
Superbonus: subito proroga o strumento azzerato
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LAVORO
SICUREZZA E AMBIENTE
EDILIZIA
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Autotrasporto. Tempi di guida, di pausa e di riposo
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ORGANIZZAZIONE
CHIUSURA DEGLI UFFICI PER LE FESTIVITÀ NATALIZIE Vi comunichiamo che in occasione delle prossime festività l’Associazione sarà chiusa nelle seguenti giornate: dal 23 dicembre 2020 al 5 gennaio 2021
Dateci il vostro indirizzo di posta elettronica per comunicare più facilmente, per fornirvi informazioni in tempo reale e per realizzare economie di scala. info@confapifvg.it
Editore Redazione Associazione Piccole e Medie Industrie del Friuli Venezia Giulia - Confapi FVG Viale Ungheria, 28 33100 Udine Tel. 0432 507377 www.confapifvg.it
Direttore Responsabile Lucia Cristina Piu Registrazione presso il Tribunale di Udine n. 404 del 27.08.1977
Progetto Grafico Clikka!com www.clikka.com
Concessionaria per la pubblicità Scripta Manent srl Via Pier Paolo Pasolini, 2/A 33040 Pradamano (UD) Tel. 0432 505900 ufficio@scriptamanent.sm
Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana
...dal 1980 al Vostro servizio con Solidarietà, Lavoro e Recupero
“Mi avevano detto che la cooperativa aveva come scopo l’integrazione lavorativa e sociale di alcune persone diversamente abili, ma per quanto mi guardassi intorno non mi pareva di vederne; tutti mi parevano abili, anzi abilissimi. Se c’era qualcosa a distinguerli, ma lo scoprii a fatica, era forse qualcosa nel loro sguardo: quella luce di gioia di vivere che non si trova più nel mondo imbronciato in cui viviamo.” PAOLO MAURENSIG
Stampa e grafica Impostazione grafica_Stampe digitali_Stampati commerciali_buste, carte intestate, cartelline_Servizi copisteria_Partecipazioni nozze_Album_Libretti liturgici_Stampa e rilegatura dispense_Biglietti da visita Locandine_Flyer_Cartoline
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Il versamento dell’acconto Iva il 28 dicembre 2020 scade il termine ma non per tutti Soggetti obbligati Entro il 28 dicembre 2020 (il 27 cade di domenica) i soggetti passivi Iva sono tenuti al versamento dell’acconto Iva. Interessati al versamento sono in generale i soggetti che, con riferimento al mese di dicembre per i contribuenti mensili o al quarto trimestre per quelli trimestrali dello scorso anno, erano a debito d’imposta. L’importo versato a titolo di acconto potrà essere scomputato in sede di dichiarazione annuale. Quest’anno il versamento non riguarderà tutti i soggetti passivi Iva perché il decreto Ristori – quater per molti contribuenti ha previsto il differimento della scadenza al prossimo 16 marzo 2021.
La proroga prevista dal Ristori - quater L’art. 2 del D.L. n. 157/2020 Ristori - quater ha previsto la proroga al 16 marzo 2021 dei versamenti dei contributi previdenziali, delle ritenute e dell’Iva che scadono nel mese di dicembre, per tutte le imprese con un fatturato non superiore a 50 milioni di euro nel 2019 e che hanno registrato un calo di fatturato del 33% nel mese di novembre 2020 rispetto allo stesso mese del 2019. Sono sospesi i versamenti anche per chi ha aperto l’attività dopo il 30 novembre 2019. La proroga interessa quindi anche l’acconto Iva che potrà essere pagato, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione appunto entro il 16 marzo 2021 o mediante rateizzazione, fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 marzo 2021. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato. Il rinvio al 16 marzo 2021 opera indipendentemente dalla riduzione di fatturato per:
- i contribuenti esercenti attività economiche sospese ai sensi dell’art. 2 del DPCM del 3 novembre 2020, ad esempio palestre, piscine, centri benessere, discoteche, teatri); - esercenti attività di ristorazione aventi domicilio fiscale o sede legale od operativa in zone rosse o arancione. A questo proposito dovendo fare riferimento all’ordinanza del Ministero della salute del 26 novembre 2020 per determinare la zona, a quella data la nostra Regione era arancione e conseguentemente solo questi esercenti dovrebbero beneficiare del differimento senza considerare il calo del fatturato.
Soggetti esonerati Sono esclusi dall’obbligo di versamento dell’acconto: - i contribuenti che hanno iniziato l’attività nel corso del 2020; - i soggetti che nel mese di dicembre 2019 (per i mensili) o nel quarto trimestre 2019 (per i trimestrali) erano a credito o avevano un debito inferiore a € 117,38; - i soggetti che hanno cessato l’attività entro il 30 novembre (per i mensili) oppure entro il 30 settembre (per i trimestrali) di quest’anno; - i contribuenti che nel periodo d’imposta in corso hanno posto in essere solo operazioni esenti o non imponibili; - i contribuenti il cui versamento, calcolato secondo le modalità di seguito esposte, sia d’importo inferiore a € 103,29; - i soggetti che in sede di dichiarazione annuale prevedono di chiudere l’anno in corso a credito o che nell’ultima liquidazione dell’anno in corso prevedono di chiudere l’ultima liquidazione con un debito d’imposta non superiore a € 117,36, (ciò perché l’88% di € 117,36 è pari a € 103,28 e quindi inferiore al minimo stabilito per l’acconto pari a € 103,29); - i soggetti che applicano il regime forfetario (art. 1 comma 58 legge 190/2014) e dei nuovi minimi (art. 27 D.L. 98/2011); - i produttori agricoli esonerati; - i soggetti esercenti attività d’intrattenimento.
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Determinazione dell’acconto Il versamento dell’acconto Iva può essere scelto liberamente tra uno dei seguenti tre metodi: storico, previsionale e delle operazioni eseguite. Metodo storico, l’acconto è pari all’88% dell’ammontare del tributo risultante a debito dalla liquidazione Iva relativa al mese di dicembre 2019 per i mensili o della dichiarazione annuale relativa al 2019 per i trimestrali, per entrambi al lordo dell’acconto Iva precedente. Si ricorda che il quadro VH della dichiarazione annuale va compilato solo nei casi in cui si intenda correggere od integrare errori commessi nelle liquidazioni periodiche. Conseguentemente per l’individuazione della base di riferimento per il calcolo dell’acconto per i soggetti mensili, il rigo da considerare come base di riferimento è il rigo VP14 + VP13 della liquidazione di dicembre 2019 oppure, in caso di compilazione del quadro VH della dichiarazione annuale, il rigo VH15 + VH17 del saldo a debito. Per i contribuenti trimestrali il riferimento è dato da VL38 – VL 36 + VP13 (VH17) del modello Iva 2020. Metodo previsionale, l’acconto è pari all’88% dell’ammontare che si presume costituirà il debito d’imposta per il mese di dicembre dell’anno in corso per i mensili, o in sede di dichiarazione annuale per i trimestrali. Per i soggetti interessati al differimento al 16 marzo 2021, questo metodo può essere utilizzato per quantificare in modo definitivo l’imposta dovuta per il mese, trimestre o anno. Metodo delle operazioni eseguite, si prende in considerazione il 100% dell’importo risultante da apposita liquidazione, da effettuarsi entro il termine di versamento dell’acconto, riferita al 20 dicembre. In quest’ultimo metodo le operazioni da considerare sono: - quelle annotate sul registro delle fatture emesse o dei corrispettivi dal 1° ottobre al 20 dicembre per i trimestrali e dal 1° dicembre al 20 dicembre per i mensili; - quelle effettuate fino al 20 dicembre ma non ancora registrate, perché i relativi termini di fatturazione non sono ancora scaduti; - quelle annotate sul registro degli acquisti dal 1° ottobre al 20 dicembre, per i trimestrali, oppure dal 1° al 20 dicembre per i mensili. Con riferimento ai soggetti mensili, le fatture differite emesse entro il 15 dicembre 2020 relative a consegne o spedizioni riferite al mese di novembre, non rilevano ai fini del calcolo dell’acconto, mentre per i trimestrali non rilevano le differite
emesse entro il 15 ottobre e riferite alle consegne o spedizioni del mese di settembre. Per i contribuenti che adottano il regime Iva per cassa si dovranno considerare le operazioni attive effettuate, anche se ancora non annotate sul registro dal 1° dicembre (o dal 1° ottobre per i trimestrali), per le quali entro il 20 dicembre si verifichi l’esigibilità e conseguentemente si incassi il corrispettivo. Per le fatture passive si considereranno quelle annotate nel registro acquisti dal 1° dicembre (o dal 1° ottobre per i trimestrali), pagate entro il 20 dicembre. È consigliabile annotare nel registro delle fatture emesse o dei corrispettivi la liquidazione relativa alla determinazione dell’acconto con questa modalità. I contribuenti mensili che affidano la contabilità a terzi, possono determinare l’acconto in misura pari al 66% (2/3) dell’Iva dovuta per la liquidazione del mese di dicembre.
Variazione della periodicità - Da trimestrale a mensile: il parametro su cui calcolare l’88% dovuto a titolo d’acconto è costituito da un terzo della somma versata nella dichiarazione annuale relativa all’anno precedente (saldo più acconto). - Da mensile a trimestrale: l’acconto dell’88% va calcolato sulla base dei versamenti effettuati negli ultimi tre mesi dell’anno precedente.
Versamento minimo Nessun versamento è dovuto se dai conteggi risulta un acconto d’importo inferiore a € 103,29.
Contribuenti trimestrali - interessi Non sono dovuti gli interessi dell’1% a titolo di maggiorazione per i contribuenti trimestrali. Tale maggiorazione dovuta in sede di dichiarazione dello scorso anno, non deve essere considerata al fine della determinazione dell’acconto dell’anno in corso.
Adeguamento ISA Nel caso in cui per il 2019 si sia provveduto ad adeguarsi agli indici di affidabilità fiscale ISA, l’adeguamento non rileva ai fini dell’acconto in quanto non ha modificato la liquidazione dell’ultimo mese o trimestre dello scorso anno.
Modalità di versamento Il versamento dell’acconto Iva non può essere ra-
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teizzato, ma può essere compensato e deve essere eseguito tramite modello F24. I codici tributo da utilizzare sono: - 6013 per i contribuenti mensili; - 6035 per i contribuenti trimestrali; - periodo di riferimento 2020. L’ammontare dell’acconto e il metodo utilizzato devono essere indicati nel rigo VP13 della liquidazione periodica di dicembre 2020. L’ammontare del versamento e gli estremi del pagamento, ancorché non obbligatorio, è opportuno annotarli nel registro Iva delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi. Trattandosi di acconto, l’importo versato sarà scomputato dall’Iva da versare per il mese di dicembre, per i mensili e dell’Iva annuale per i trimestrali.
Fatture 2019 annotate entro aprile 2020 Per i soggetti che adottano il metodo storico con riferimento alle fatture 2019 ricevute nello stesso anno ma annotate entro aprile 2020 in apposita sezione del registro Iva acquisti ai fini di beneficiare della detraibilità nel modello Iva 2020 l’Agenzia con la circolare 1/2018 ha fornito il seguente chiarimento. Per i contribuenti mensili l’acconto è calcolato sul saldo della liquidazione del mese di dicembre, non produce quindi effetti sull’acconto 2020. Per i trimestrali invece l’imposta a credito è confluita nel saldo della dichiarazione annuale e conseguentemente assume rilevanza ai fini della determinazione dell’acconto.
Autotrasportatori L’articolo 74 del DPR 633/72 consente agli autotrasportatori di registrare le fatture emesse entro il trimestre successivo a quello di emissione. Nell’ipotesi in cui si utilizzi il metodo delle operazioni effettuate, si dovranno considerare le fatture emesse nel terzo trimestre 2020 e annotate nel periodo 1° ottobre – 20 dicembre nonché quelle emesse in tale periodo ancorché registrate nel primo trimestre 2021. Per questi soggetti la circolare n. 328/E del 20 dicembre 1995, ha consigliato di applicare il metodo previsionale perché consente di determinare con certezza l’Iva dovuta per il quarto trimestre 2020.
Soggetti con contabilità separate I soggetti che ai sensi dell’art. 36 del DPR 633/72 hanno contabilità separate, devono determinare distintamente l’importo riferibile a ogni attività
svolta. Questi contribuenti sono conseguentemente tenuti ad effettuare distinte liquidazioni dell’imposta. Il versamento dell’acconto deve pertanto essere calcolato sommando i dati relativi a ogni attività, compensando in questo modo gli importi a debito con quelli a credito.
Acconto Iva in presenza di cessione d’azienda In questa ipotesi se il cessionario ha iniziato l’attività nel corso del 2020, non è tenuto a versare l’acconto Iva, in quanto privo del riferimento o parametro storico. Qualora il cedente abbia cessato la propria attività di imprenditore nel corso del 2020, non sarà tenuto a versare l’acconto Iva se ha comunicato la cessazione dell’attività entro il 30 novembre 2020 se soggetto mensile ed entro il 30 settembre 2020, se soggetto trimestrale.
Acconto Iva in presenza di scissione di società Per le operazioni di scissione di società avvenute nel corso del 2020, in relazione all’acconto Iva, determinano, come regola generale le seguenti situazioni: - la società beneficiaria che si è costituita a seguito della scissione non ha l’obbligo di versare l’acconto Iva, perché è assente il parametro storico di riferimento; - la società scissa, invece è tenuta al versamento dell’acconto. Qualora volesse utilizzare il metodo storico, non ha la possibilità di porre in essere alcuna riduzione in relazione all’operazione societaria attuata. Nelle operazioni di fusione e di scissione, gli obblighi di versamento, inclusi quelli inerenti agli acconti d’imposta, dei soggetti che si estinguono, devono essere attuati dagli stessi soggetti fino alla data di efficacia della fusione o scissione e successivamente a detta data dalla società incorporante, beneficiaria o comunque risultante dalla fusione o scissione. Conseguentemente nelle ipotesi di fusione per incorporazione e di scissione di tipo totale, gli obblighi di versamento dell’acconto Iva riferito ai soggetti che si estinguono si devono ritenere di competenza, dal momento in cui ha effetto l’operazione, del soggetto incorporante.
Acconto alla presenza di fusione Alla presenza di operazioni di fusione, siccome la
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società risultante dalla fusione o l’incorporante assume tutti gli obblighi delle società fuse o incorporate, la situazione degli acconti Iva, oltre a tenere presente quanto precisato nel precedente paragrafo, può essere schematizzata come segue. - Fusioni con effetto dal 1° gennaio al 30 novembre 2020 o dal 1° gennaio al 30 settembre 2020, se le società estinte sono soggetti trimestrali: a) nel caso di fusione per incorporazione la società incorporata non deve versare l’acconto Iva perché il soggetto non è più esistente dal 30 novembre 2020, mentre la società incorporante è tenuta all’adempimento in relazione al proprio dato storico, senza considerare la società incorporata, oppure, nel caso di applicazione del metodo analitico, deve necessariamente comprendere anche le operazioni inerenti all’attività della società incorporata; b) nel caso di fusioni proprie, l’obbligo dell’acconto Iva non sussiste per la società fusa e per la società risultante dalla fusione perché vengono a mancare i requisiti soggettivi e oggettivi di riferimento. - Fusioni con effetto dal 1° dicembre al 27 dicembre 2020 o dal 1° ottobre al 27 dicembre 2020, se le società sono soggetti trimestrali: a) nel caso di fusione per incorporazione avente effetto dopo l’inizio del periodo inerente alla determinazione dell’acconto, l’obbligo dell’adempimento è già sorto anche per la società incorporata. Pertanto la società incorporata non deve versare l’acconto in quanto non più soggetto esistente, mentre, la società incorporante deve pagare l’acconto tenendo presenti sia le risultanze proprie, sia quelle delle società fuse; b) anche nel caso di fusioni proprie, le società fuse non devono versare l’acconto in modo autonomo, perché compete alla società risultante dalla fusione, che vi provvederà tenendo conto dei dati delle società fuse. - Fusioni con effetto dal 28 dicembre 2020 al 31 dicembre 2020: a) nel caso di fusione per incorporazione, l’acconto d’imposta compete in modo autonomo sia alla società incorporata, sia alla società incorporante; b) nel caso di fusioni proprie, l’acconto Iva, se ne ricorrono le condizioni, non deve essere versato perché non esistente alla data di scadenza dello stesso.
Split payment L’Agenzia delle entrate con la circolare n. 27 del 7
novembre 2017 ha confermato per i soggetti passivi Iva, allorquando in qualità di cessionari o committenti effettuino acquisti di beni o servizi nell’esercizio di attività commerciali per le quali sono soggetti passivi d’imposta, l’obbligo di eseguire il versamento dell’acconto Iva. Questi contribuenti pertanto entro il prossimo 28 dicembre saranno tenuti ad effettuare il versamento dell’acconto tenendo conto anche dell’imposta divenuta esigibile in regime di split payment. L’obbligo interessa sia i soggetti che versano l’imposta con il modello F24 entro il mese successivo a quello in cui è divenuta esigibile l’Iva, sia i soggetti che usano il metodo della liquidazione in contabilità con versamento cumulativo.
Omesso versamento Nel caso di omesso o insufficiente versamento dell’acconto è dovuta una sanzione amministrativa pari al 30% dell’ammontare non versato, oltre agli interessi moratori. Qualora il versamento non sia stato effettuato nei termini, è possibile regolarizzare l’operazione, anche successivamente alla scadenza del 28 dicembre utilizzando il ravvedimento operoso. In questo caso la sanzione è ridotta nella misura: - dello 0,1% per ogni giorno di ritardo e fino al 14° giorno dalla scadenza; - del 1,5% qualora il versamento sia eseguito dal 15° giorno successivo ed entro i 30 giorni; - del 1,67% con regolarizzazione tra il 31° giorno e fino al 90° giorno successivo alla scadenza; - del 3,75% se la regolarizzazione avviene dal 91° giorno ma entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione. Naturalmente oltre al versamento dell’imposta e della sanzione, andranno versati, anche gli interessi moratori dello 0,05% con maturazione giorno per giorno. La sanzione ridotta dovrà essere versata con il codice tributo 8904 mentre per gli interessi, da versare distintamente, si dovrà utilizzare il codice 1991.
Rilevanza penale degli omessi versamenti Iva Si ricorda che l’omesso versamento dell’Iva assume rilevanza penale quando supera i 250.000 euro, in questi casi è prevista la reclusione da 6 mesi a 2 anni. Il reato si consuma quando l’omissione del versamento si protrae oltre il termine
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per il versamento dell’acconto relativo all’anno successivo. Entro il 28 dicembre 2020 si renderà quindi necessario verificare eventuali omissioni
risultanti dal modello Iva 2020 riguardanti il 2019 e provvedere, se possibile, alla regolarizzazione. (PZ)
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Le fatture di fine anno
detrazione iva subordinata a precise regole
Le operazioni poste in essere nell’ultima frazione del 2020 possono presentare delle criticità in merito alla corretta contabilizzazione delle relative fatture e alla detrazione dell’Iva alla luce delle regole in vigore con la fatturazione elettronica. La detrazione dell’Iva è subordinata al rispetto di due presupposti: - quello sostanziale dell’effettuazione dell’operazione; - quello formale del possesso della fattura di acquisto. Solo al verificarsi di entrambi i presupposti inizia a decorrere il termine iniziale in cui è possibile esercitare la detrazione dell’Iva, mentre il termine finale è quello previsto per la presentazione della dichiarazione annuale. Il D.L. 119/2018 (Collegato alla Finanziaria 2019) ha introdotto un termine dilatorio per l’esercizio del diritto alla detrazione, prevedendo la possibilità di esercitarlo entro il termine della liquidazione periodica. Più precisamente il diritto alla detrazione dell’Iva su una fattura di acquisto ricevuta e annotata entro il 15 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata l’operazione, può essere esercitato nella liquidazione relativa al mese di esecuzione dell’operazione, mese peraltro che coincide con l’esigibilità dell’imposta in capo al cedente. Così il contribuente mensile che il 30 novembre 2020 ha acquistato dei beni consegnati nello stesso mese, può ricevere la relativa fattura differita entro il 15 dicembre 2020 facendola confluire nella liquidazione di novembre 2020. Questo differimento, la circolare n. 1 del 17 gennaio 2018 non lo riconosce per le operazioni a cavallo d’anno. Lo slittamento, infatti, non opera per gli acquisti effettuati nell’anno precedente, per questi la detrazione rimane legata all’anno di ricevimento della fattura.
Così una fattura relativa ad una operazione effettuata e datata dicembre 2020, ricevuta il 5 gennaio 2021 non potrà confluire nella liquidazione di dicembre 2020. Alla luce di questi chiarimenti per le operazioni poste in essere a cavallo d’anno per i contribuenti mensili, si possono presentare le seguenti situazioni. 1. Ricevimento di fatture di acquisto per operazioni effettuate nel 2020, ricevute e registrate entro la fine dell’anno. In questo caso il diritto alla detrazione potrà essere esercitato nella liquidazione di dicembre 2020, da effettuarsi entro il 16 gennaio 2021. 2. Fatture di acquisto relative ad operazioni effettuate a dicembre 2020, ricevute nel 2021. In questi casi il diritto alla detrazione dell’Iva può essere esercitato solo nel 2021, a partire dalla liquidazione riferita a gennaio da effettuarsi entro il 16 febbraio 2021. Ciò anche se le fatture sono pervenute e registrate entro il 15 gennaio 2021, attesa la preclusione per le operazioni a cavallo d’anno sopra analizzata. 3. Fatture di acquisto relative ad operazioni effettuate a dicembre 2020 ricevute nello stesso mese, ma registrate a gennaio 2021. Il diritto alla detrazione potrà essere esercitato al più tardi nella dichiarazione annuale Iva relativa al 2020. In questi casi si renderà necessario predisporre un registro sezionale Iva per escludere queste operazioni dalle liquidazioni Iva relative al mese di registrazione, che necessariamente saranno del 2021. 4. Fatture di acquisto relative ad operazioni effettuate nel 2021, ricevute e annotate il 15 del mese successivo a quello in cui sono state eseguite le operazioni. In questi casi la detrazione potrà essere esercitata nei mesi di esecuzione dell’operazione ritornando applicabile la dilazione di cui al D.L. 119/2018 sopra analizzata. 5. Fatture di acquisto relative ad operazioni effettuate a dicembre 2020, registrate dopo il 30 aprile 2021. Per detrarre l’imposta si renderà necessario presentare una dichiarazione annuale integrativa. Rimane a carico del cessionario o committente l’onere di verificare nella
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propria Area riservata il ricevimento delle fatture. Se si riceve in ritardo una fattura la detrazione spetta entro la dichiarazione relativa all’anno di ricezione, anche se non si sia provveduto alla regolarizzazione nei 4 mesi dal termine di emissione. A questo proposito si ricorda che l’art. 6 commi 8) e 9) del D.Lgs. 471/97 prevedono che in caso di mancato ricevimento della fattura entro quat-
tro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione, l’acquirente nei trenta giorni successivi deve versare con F24 la relativa imposta e trasmettere all’Agenzia delle entrate un’autofattura in formato elettronico. La presentazione elettronica della fattura ha sostituito l’obbligo di presentare all’Ufficio delle Entrate l’autofattura.
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(PZ)
Speciale Brexit
transizione con molte criticità
Premessa Si fa seguito alla circolare associativa prot. n. 481/ PZ del 15 dicembre 2020 per ricordare che, salvo accordi dell’ultima ora, dal prossimo 1° gennaio 2021 il Regno Unito non farà più parte della Comunità Europea e a tutti gli effetti sarà uno stato extra comunitario. In realtà la Gran Bretagna ha lasciato l’Unione Europea il 31 gennaio 2020, ma è stato concordato un periodo transitorio fino alla fine dell’anno in corso che consente di applicare la normativa fiscale e doganale come fosse ancora uno stato membro. Salvo accordo quindi dal 1° gennaio 2021 torneranno le barriere doganali e le vendite di beni dall’Italia al Regno Unito rappresenteranno esportazioni doganali, così come gli acquisti da UK verso il nostro paese saranno assoggettati alle regole previste per le importazioni. In partica quindi la circolazione dei beni sarà considerata commercio con un paese terzo sotto il profilo Iva, doganale e delle accise. In realtà anche qualora si arrivasse ad un accordo tra Regno Unito e Unione Europea, le imprese saranno comunque obbligate ad applicare le regole e le procedure doganali. Di seguito gli aspetti di maggior impatto della Brexit sulle imprese.
Cessioni verso il Regno Unito Dal 1° gennaio 2021 dunque le cessioni di beni verso il Regno Unito non rappresenteranno più cessioni comunitarie, tracciabili soltanto con un documento di trasporto, ma saranno soggette alle regole dell’esportazione doganale. Un cambiamento destinato a produrre importanti ripercussioni operative, finanziarie e giuridiche sulle imprese, oltre ai maggiori costi e tempi relativi alle procedure doganali, e ciò anche qualora si raggiunga un accordo di libero scambio.
Gli operatori italiani che esportano in UK dovranno presentare una dichiarazione doganale di esportazione tramite uno spedizioniere, accompagnata dai documenti commerciali ed eventuali licenze, autorizzazioni o titoli. Si passa da un modello che al massimo richiede una decina di dati, come la compilazione del modello Intrastat, la cui compilazione è riepilogativa, mensile o trimestrale, a una dichiarazione doganale su formulario Dau con quasi 50 campi da compilare. L’operatore, se non già in possesso, dovrà dotarsi del codice identificativo EORI rilasciato dalla Dogana. L’aspetto più significativo riguarda i dati richiesti per la compilazione della dichiarazione doganale, quali la classificazione attraverso la nomenclatura combinata, l’origine doganale e il valore della merce. L’esportazione si conclude come noto con l’attestazione rilasciato dal sistema informatico AIDA dell’Agenzia delle Dogane, il quale tramite l’inserimento del numero di MRN conferma l’esito dell’operazione. Conferma di fondamentale importanza per il riconoscimento del regime di non imponibilità di queste operazioni. Le merci una volta giunte in UK saranno assoggettate alle procedure doganali di importazione. Si segnala che Londra, unilateralmente, ha annunciato che per i primi sei mesi i controlli saranno ridotti al minimo, soprattutto per i prodotti alimentari, per evitare la formazione di code alle frontiere. Dal luglio 2021 saranno invece operativi gli ordinari controlli doganali.
Le importazioni Gli acquisti di beni daranno luogo a importazioni con conseguente assolvimento dell’Iva in Dogana. Per le merci provenienti dal Regno Unito l’operatore nazionale dovrà fornire l’esatta classificazione doganale del prodotto, con la specifica delle 10 cifre della tariffa doganale comune della UE, nonché l’origine e il valore dei beni, elementi necessari per la compilazione della dichiarazione doganale. Si pone in evidenza che la classificazione perderà la sua connotazione statistica per diventare un dato centrale attorno al quale ruoterà il calcolo
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della fiscalità e delle altre misure, tariffarie e non tariffarie all’impostazione. Inoltre rispetto agli acquisti comunitari in cui rileva il corrispettivo, il valore della base imponibile per l’Iva all’importazione è rappresentato dal valore doganale che comprende tutta una serie di costi aggiuntivi quali trasporto, assicurazione e nolo. Le importazioni di merce inglese saranno trattate come le altre immissioni in libera pratica di prodotti provenienti da paesi extra Ue, soggette alle regole di accertamento proprie e tenute al pagamento dell’Iva in Dogana e degli eventuali dazi se non si arrivasse ad un accordo. Si sottolinea l’importanza della corretta compilazione della dichiarazione doganale, anche se delegata ad uno spedizioniere, considerato che eventuali errori comportano conseguenze economiche e sanzionatorie direttamente in capo all’impresa. Si dovrà valutare l’impatto finanziario legato al versamento dell’Iva agli uffici doganali e le eventuali alternative: plafond, immissione in libera pratica con introduzione in deposito Iva in Italia. Andrà stimato l’impatto daziario in base alla tariffa doganale Ue e alla UK global tariff, tenendo presente i possibili effetti di un accordo di libero scambio Ue - Uk. Si dovrà considerare ex ante anche i possibili obblighi di registrazione ai fini Iva in caso di operazioni particolari quali consignment/coll-off stock, vendite con installazione, operazioni triangolari, vendite C2C.
Le operazioni in corso al 31 dicembre 2020 Con l’approssimarsi della scadenza di fine anno dal punto di vista operativo si possono presentare delle situazioni a cavallo. In linea generale l’art. 51 dell’Accordo di recesso prevede che se la spedizione o il trasporto dei beni ha avuto inizio prima della fine del periodo transitorio da un paese Ue al Regno Unito e viceversa, ma si conclude successivamente, vale a dire nel 2021, l’operazione rimane una cessione o acquisto comunitario. La merce deve comunque essere presentata in Dogana la quale più chiedere la prova della data di inizio del trasporto attraverso l’analisi della documentazione a supporto. Nella diversa ipotesi in cui la vendita di beni preveda l’inizio del trasporto nel 2021, ma nel 2020 siano state emesse fatture per anticipi, si deve ritenere che era prevedibile che il trasporto sarebbe iniziato nell’anno successivo e conseguentemente il titolo di non imponibilità sia delle fatture di anticipo che quella di saldo sarà l’art. 8
del DPR 633/72 e non l’art. 41 del D.L. 331/94. Ciò si giustifica considerando che al momento di emissione delle fatture di anticipo era nota la natura dell’operazione futura. Al momento dell’esportazione oltre alla documentazione doganale dovranno essere presentate sia le fatture di acconto che quella di saldo. A questo proposito è importante sottolineare che diversamente da quanto previsto per le cessioni comunitarie, l’incasso di acconti comporta l’obbligo di emissione delle relative fatture. La prova dell’avvenuto trasferimento della merce nel Regno Unito diventa più formale perché, come già ricordato, sarà il sistema informatico AIDA a certificarla.
Termini di resa Con le regole nuove si dovrà porre particolare attenzione alle clausole “Incoterms” utilizzata in queste transazioni perché potrebbero comportare oneri aggiuntivi anche importanti. Ricordiamo che queste clausole disciplinano anche qual è l’operatore tenuto a gestire le operazioni doganali e al pagamento dei relativi diritti. Per le vendite delle imprese italiane la clausola meno impattante sarà sicuramente il franco fabbrica (Ex works) in tal caso, infatti, le spese di trasporto e tutti gli adempimenti doganali connessi sono a carico dell’acquirente inglese. Molto pesante sarà il caso opposto, vale a dire l’acquisto da un operatore inglese da parte di un operatore italiano con la clausola Ex works. Quest’ultimo dovrà, infatti, sobbarcarsi gli adempimenti doganali sia in uscita dal Regno Unito che in entrata nel territorio doganale comunitario, con tutti i costi conseguenti, compreso il trasporto. Sul fronte opposto dal punto di vista degli adempimenti, si colloca il termine di resa DPD (delivered duty paid) che prevede che tutti gli oneri sono a carico del venditore. Questa condizione, anche se tra gli operatori italiani è poco usata, con la Brexit diventerà particolarmente onerosa perché comporterà il pagamento alla Dogana inglese dell’Iva, degli eventuali dazi ma anche lo svolgimento di tutte le formalità doganali a destino. Si ricorda inoltre che la consegna in Italia all’acquirente inglese per successiva esportazione nel suo paese, richiede il rispetto del termine di 90 giorni previsto dall’art. 8, 1° comma lettera b) del DPR 633/72. Sarà inoltre possibile avvalersi della non imponibilità Iva della lettera a) dello stesso comma, anche per le vendite con intervento del commissario, fattispecie non prevista dall’art. 41 del D.L. 331/93.
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Le operazioni triangolari Nelle operazioni triangolari se il promotore è l’operatore inglese che acquista beni in Italia con consegna diretta, a cura del fornitore nazionale, al cliente del promotore situato in altro paese comunitario, si ricade nelle triangolari con intervento di soggetto extra Ue e il cedente residente deve applicare l’Iva italiana. In questi casi sarà opportuno che l’operatore inglese nomini un rappresentante fiscale in ambito comunitario al fine di trasformare l’operazione in una triangolazione comunitaria in regime quindi di non imponibilità. Se la triangolazione è strutturata in modo che i beni provengano dal Regno Unito, formerà oggetto d’importazione e non si applicherà più il reverse charge. Oltre agli adempimenti doganali sarà necessario anche pagare in Dogana l’Iva all’importazione o, in alternativa, utilizzare il plafond disponibile se il soggetto è un esportatore abituale. Questo aggravio procedurale probabilmente indurrà gli operatori a ricorrere all’immissione in libera pratica con introduzione dei beni in depositi Iva.
Lavorazioni di beni Anche le procedure legate alle lavorazioni subiranno modifiche operative significative, l’invio nel Regno Unito di beni per subire delle lavorazioni a seguito delle quali i beni rientrano nel nostro paese, andranno gestite con attenzione. La lavorazione eseguita, all’atto della reimportazione, sarà già stata autofattura dall’operatore italiano. In tal caso al momento dell’arrivo dei beni in Italia si dovrà comunicare alla Dogana che l’imponibile della lavorazione è già stato assoggettato a imposta e che, pertanto, oltre a dedurre dal valore dei beni reimportati (soggetto all’Iva all’importazione) quanto dichiarato all’atto della temporanea esportazione (regime di perfezionamento passivo), va anche sottratta dall’Iva calcolata in Dogana, quella assolta con autofattura (nota Dogane n. 54819/2011).
L’origine dei beni L’origine dei beni rappresenterà materia di estrema importanza in presenza di accordi di libero scambio, posto che i benefici derivanti da tali accordi saranno riservati ai prodotti originari della UE o del Regno Unito. Ci si dovrà ricordare che i prodotti realizzati in UK non potranno più essere considerati di origine UE negli scambi tra l’Unione Europea, fatto questo che potrebbe pregiudicare filiere che vedono operatori britannici parte delle stesse.
Si evidenzia la delicatezza legata all’origine doganale del bene non sempre di immediata evidenza e che potrebbe richiedere una attenta valutazione dei diversi componenti e delle lavorazioni che contribuiscono al prodotto finale, soprattutto se si usano materie prime o semilavorati non italiani. Si rende in definitiva necessaria un’attenta analisi delle regole che disciplinano l’origine doganale del prodotto le quali prevedono anche la tracciabilità della filiera produttiva. Si pone l’attenzione che una dichiarazione doganale mendace determina l’innescarsi di sanzioni oltre che di carattere amministrativo anche penale. Si pensi al caso in cui viene dichiarato che il prodotto è “Made in Italy” quando in realtà, dal punto di vista doganale, non lo è.
Il codice EORI Tutte le imprese dell’Unione Europea che vogliono importare o esportare beni e servizi dal Regno Unito, dovranno essere in possesso di un numero di registrazione e identificazione degli operatori economici (EORI) per i rapporti con le amministrazioni doganali. Il codice EORI (Economic operator registration and identification) viene assegnato nell’ambito delle Comunità Europea per regolare i rapporti con le diverse autorità doganali in Europa. È legato al processo di digitalizzazione delle procedure doganali e corrisponde al numero di partita Iva preceduto da “IT”. È assegnato gratuitamente dalle autorità doganali dello Stato di riferimento.
Irlanda del Nord Regole speciali sono previste per l’Irlanda del Nord, secondo una proposta di direttiva del 7 agosto 2020 questa dovrebbe rimanere assoggettata alla normativa Iva comunitaria per quanto riguarda le cessioni di beni. Per i servizi invece si renderebbe applicabile la normativa che considera tale territorio esterno alla UE insieme al resto del Regno Unito. Questo duplice sistema potrebbe però creare confusione e così il Consiglio dell’Unione Europea ha predisposto una nuova proposta di direttiva dove ai soggetti passivi irlandesi verrebbe attribuito un numero distinto di identificazione Ue, diverso da quello attribuito dal Regno Unito. In questo modo cessioni e acquisti di beni per l’Irlanda del Nord continueranno ad essere considerate operazioni comunitarie canalizzate attraverso il numero di identificazione comunitario, mentre le altre operazioni faranno capo alla posizione “Extra UE”. Si tratta di una procedura che per alcuni versi ricalca quella prevista per la Repubblica di San Marino ma che non mancherà di creare difficoltà tra gli operatori.
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Il tema dell’Irlanda del Nord appare quindi di fondamentale importanza e dovrà essere chiarito quale regime adottare in tempi rapidissimi.
Il nuovo marchio UKCA Dal prossimo anno le imprese che vorranno esportare alcuni beni sul mercato inglese dovranno apporre sui loro prodotti la marcatura UKCA (United Kingdom Conformity Assessed che potremmo tradurre in valutazione di conformità United Kingdom) in sostituzione della marcatura CE. Il Regno Unito ha deciso di dotarsi di un nuovo marchio e di nuove etichette per attestare la conformità dei prodotti alle normative UK. A partire poi dal 1° gennaio 2022, la maggior parte dei prodotti attualmente contrassegnati con il marchio CE dovranno applicare la nuova marcatura UKCA. L’apposizione del nuovo marchio UKCA servirà ad attestare che i beni sono stati realizzati nel risetto degli standard di sicurezza e di conformità previsti dalla Gran Bretagna. Per consentire alle aziende di adeguarsi ai nuovi requisiti solo per alcuni prodotti sarà ancora possibile utilizzare la marcatura CE fino al 31 dicembre 2021. Ad esempio per i macchinari è previsto un periodo transitorio di un anno durante il quale in Gran Bretagna sarà ancora riconosciuto il marchio Ce mentre per le sostanze chimiche, i medicinali, dispositivi medici e alcuni componenti degli autoveicoli, già dal 2021 sarà necessario dotarsi della nuova marcatura. In generale nel periodo transitorio i fornitori potranno continuare a fornire il marchio CE e iniziare a utilizzare anche il marchio UKCA. Dal 1° gennaio 2022 terminato il periodo transitorio, la marcatura CE non sarà più riconosciuta e il marchio UKCA sarà l’unico obbligatorio per contrassegnare le merci immesse sul mercato della Gran Bretagna, cioè Inghilterra, Galles e Scozia. Le merci immesse nel mercato dell’Irlanda del Nord saranno assoggettate a regole differenti ma nel frattempo sarà accettata la marcatura CE. Attualmente i requisiti tecnici, i processi e gli standard di valutazione per l’apposizione del marchio UKCA coincidono con le procedure previste per la marcatura CE, ma in futuro gradualmente divergeranno. Attualmente gli Enti presenti nel Regno Unito che possono eseguire la certificazione UKCA sono quelli accreditati UKAS. Gli organismi notificati del Regno Unito attualmente operativi per la marcatura CE diventeranno automaticamente organismi approvati per la marcatura UKCA.
Solo gli organismi approvati potranno effettuare attività di valutazione della conformità per gli standard designati. Le regole generali da seguire per l’utilizzazione del marchio sono: - i marchi UKCA devono essere apposti su un prodotto solo dal produttore o rappresentante autorizzato; - quando si applica il marchio UKCA ci si assume la piena responsabilità della conformità del prodotto ai requisiti della legislazione pertinente; - si deve utilizzare il marchio UKCA solo per dimostrare la conformità del prodotto alla legislazione del Regno Unito; - non si deve apporre alcun contrassegno o segno che possa far interpretare erroneamente il significato o la forma del marchio a terzi; - non si devono applicare altri contrassegni sul prodotto, essi possono influire sulla visibilità, leggibilità o significato del contrassegno UKCA; - il marchio non può essere opposto sui prodotti a meno che non espressamente richiesto. L’azienda o il rappresentante autorizzato nel Regno Unito deve conservare la documentazione atta a dimostrare che il prodotto è conforme ai requisiti di legge. Queste informazioni possono essere richieste in ogni momento dalla vigilanza del mercato o dalle autorità di contrasto per verificare che il prodotto è conforme ai requisiti di legge e fino ad un massimo di 10 anni dopo che il prodotto è stato immesso sul mercato. Le informazioni da conservare variano a seconda della legislazione specifica relativa al prodotto tenendo registri generali su: - come il prodotto è progettato e realizzato, - come il prodotto è conforme ai requisiti pertinenti; - gli indirizzi del produttore e di eventuali strutture di stoccaggio. Si devono conservare le informazioni sotto forma di fascicolo tecnico che può essere fornito su richiesta di un’autorità di vigilanza del mercato. Lo stock esistente, vale a dire i beni totalmente prodotti entro dicembre 2020, pronti per essere immessi sul mercato e recanti già il marchio ed i dettagli dell’ente certificatore, possono essere venduti in Gran Bretagna con marchio CE sino a tutto il 2021, anche se il marchio era stato, in precedenza, rilasciato da un ente certificatore UK notificato UE.
Rimborsi Iva Il mutato quadro normativo fa sì che il 2020 sarà l’ultimo anno in cui sarà ancora possibile chiedere
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Il presidente e CEO Valdi Artico con le figlie Celeste e Luna. Rispettivamente Direttore Tecnico e Direttore Vendite & Marketing.
il rimborso dell’Iva pagata “fuori sede”. A legislazione vigente dal 1° gennaio 2021 nei rapporti con il Regno Unito non si applicheranno più le disposizioni della Direttiva 2008/9, che in condizioni di reciprocità garantisce tra soggetti comunitari il rimborso dell’Iva, bensì la Direttiva 86/560 che regola i rapporti con i paesi Extra Ue. Per gli acquisti di beni e servizi comunitari fatti nel 2020 sarà quindi l’ultimo anno in cui sarà possibile richiedere il rimborso facendo attenzione che il termine è quello del 31 marzo 2021 e non il più ampio termine di fine settembre ordinariamente previsto. Il termine di fine marzo, infatti, fa parte dell’accordo di recesso e le stesse pratiche dovranno essere lavorate entro il 31 gennaio 2022. Per richiedere il rimborso dell’Iva in ambito comunitario si devono soddisfare specifiche condizioni. Il primo luogo il soggetto passivo non deve avere, nel paese del rimborso, un collegamento territoriale che lo obbligherebbe a registrarsi in tale paese: il rimborso, infatti, non può essere richiesto dal soggetto passivo che, nel periodo di riferimento, ha nello stato membro in cui ha effettuato gli acquisti, una stabile organizzazione o una sede secondaria. La seconda condizione è la mancata effettuazione di operazioni attive nello stato membro in cui sono stati effettuati gli acquisti, ad esclusione:
- delle prestazioni non imponibili di trasporto e servizi accessori; - cessione di beni e prestazioni di servizi sottoposte al meccanismo dell’inversione contabile. Tali condizioni devono essere verificate in riferimento al periodo di riferimento dell’istanza di rimborso che non può essere inferiore al trimestre solare né superiore all’anno. La richiesta di rimborso prevede una procedura telematica da inviare nel proprio paese di riferimento anche se il rimborso vero e proprio viene di fatto eseguito dal paese dove sono stati effettuati gli acquisti. Per gli acquisti di beni e servizi con i paesi terzi, vale a dire extra Ue, l’Iva è regolata dalle disposizioni contenute nella Direttiva 86/560 che prevede la sottoscrizione di accordi di reciprocità bilaterali. Accordi di questo tipo attualmente in vigore riguardano: Svizzera, Norvegia e Israele mentre non esiste, per ora, alcun accordo con il Regno Unito. Di conseguenza per gli acquisti effettuati dal 1° gennaio 2021 le imprese italiane non avranno diritto al rimborso dell’Iva pagata nel Regno Unito, e le imprese UK non avranno diritto al rimborso dell’Iva pagata in Italia.
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(PZ)
Tasso legale allo 0,01% con decorrenza dal 1° gennaio 2021
Con D.M. 11 dicembre 2020 la misura del saggio degli interessi legali di cui all’art. 1284 del codice civile è stato è stato diminuito dallo 0,05% allo 0,01% in ragione d’anno a decorrere dal 1° gennaio 2021. La nuova misura assume rilevanza con riferimento alle somme pagate in ritardo all’erario, sarà, infatti, meno oneroso pagare le rate dovute per la definizione agevolata dei processi verbali di
constatazione, per la definizione degli atti del procedimento di accertamento e per la chiusura delle liti pendenti. La nuova misura riguarderà anche il calcolo dell’usufrutto a vitae delle rendite o pensioni vitalizie e più in generale i rapporti tra Stato e cittadini nonché ai contratti in cui non è stabilito un interesse diverso tra le parti. L’incremento si riflette anche sul calcolo degli interessi dovuti nei casi di ravvedimento operoso ex art. 13 del D. Lgs. 472/97. In questi casi qualora si voglia regolarizzare un orrore o l’omissione riferita al 2020, oltre al versamento dell’imposta e della relativa sanzione, si dovranno versare anche gli interessi calcolati nella misura dello 0,05% fino al 31 dicembre 2020 e dello 0,01% dal 1° gennaio 2021. (PZ)
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Gli omaggi di fine anno
regimi fiscali diversi per iva e dirette
Premessa Gli omaggi di fine anno rappresentano una tradizione ormai consolidata utile anche per consolidare i rapporti con clienti, fornitori, collaboratori e soggetti terzi. Per le aziende è importante conoscere il corretto trattamento contabile e fiscale da riservare a questi acquisti. Le disposizioni fiscali trattano l’argomento degli omaggi in maniera differenziata, distinguendo l’imposizione diretta da quella Iva. Oltre a questa distinzione si deve considerare anche le diverse regole esistenti a seconda si tratti: - di dipendenti, clienti, fornitori o agenti; - di beni oggetto dell’attività d’impresa o meno.
Il trattamento ai fini delle imposte dirette Omaggi a clienti, fornitori e agenti I beni destinati a essere ceduti gratuitamente a clienti, fornitori e agenti costituiscono spese di rappresentanza e sono disciplinate dall’art. 108 comma 2 del DPR 917/86. Le spese di rappresentanza sono deducibili, nel rispetto dei requisiti di inerenza e congruità, nel limite di una percentuale parametrata ai ricavi della gestione caratteristica come di seguito indicato: fino a 10 milioni di euro
limite max deducibile 1,5%
da 10 e fino a 50 milioni di limite max deducibile 0,6% euro oltre i 50 milioni di euro
limite max deducibile 0,4%
Rimangono fuori dai limiti di deducibilità sopra indicati, le erogazioni gratuite di valore unitario non superiore a 50 euro. Ai fini delle imposte dirette, la norma non distingue tra beni che rientrano nell’attività d’impresa o meno, conseguentemente i beni distribuiti gra-
tuitamente a clienti, rappresentanti o consulenti, sono considerate tout court spese di rappresentanza. Come già accennato, la limitazione di cui sopra non si applica agli omaggi di valore unitario inferiore a 50 euro, i quali risultano quindi totalmente deducibili. Si ricorda che qualora l’omaggio sia costituito da una pluralità di beni, si deve considerare il costo complessivo e non il valore dei singoli elementi. Così la cesta natalizia dovrà essere considerata come bene unico, non potendo considerare i singoli elementi come beni aventi rilevanza autonoma. Ne consegue che se la cesta, al lordo dell’Iva, ha un valore inferiore a 50 euro, la spesa sarà integralmente deducibile, mentre se il valore è superiore, sarà deducibile come spesa di rappresentanza nei limiti delle percentuali sopra indicate. Per i soggetti in contabilità semplificata che adottano il regime “per cassa” è prevista la possibilità di dedurre le spese di rappresentanza nel rispetto delle percentuali di cui all’art. 108 comma 2 del TUIR considerando il periodo d’imposta in cui avviene il pagamento. Per i soggetti che optano per il regime di cui all’art. 18 comma 5 del DPR 600/73, per i quali con la registrazione della fattura si presume realizzato il pagamento, la deduzione opererà nell’esercizio di registrazione del documento nel registro Iva. Per quanto riguarda l’Irap i costi relativi ad acquisti di beni da destinare a omaggi sono differenziati a seconda del metodo utilizzato per la determinazione della relativa base imponibile. Se si utilizza il metodo del bilancio queste spese rientrano nella voce B14 (Oneri diversi di gestione) e come tali risultano deducibili ai fini Irap. Se viceversa si utilizza il metodo fiscale queste spese non rientrano tra quelle espressamente rilevanti e conseguentemente, ai fini Irap, sono indeducibili. Omaggi ai dipendenti Una disciplina speciale è riservata agli omaggi concessi ai dipendenti. L’art. 95 del DPR 917/86 prevede che per l’impresa, il costo sostenuto per l’acquisto dei beni da destinare a omaggio ai dipendenti è totalmente deducibile, in quanto rien-
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trante tra le spese di lavoro dipendente sostenute in natura a titolo di liberalità, salvo quanto previsto dall’art. 100, comma 1. In generale quindi il costo di tali omaggi non subisce le limitazioni previste dall’art. 108 comma 2 del DPR 917/86, ma gode della deducibilità integrale in capo alla società, indipendentemente dall’ammontare. L’art. 100 comma 1 dello stesso decreto pone tuttavia dei limiti per le spese riferite a opere e servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti per scopi educativi, ricreativi, assistenziali, sanitari o d’istruzione. Per queste spese la deducibilità è limitata al 5 per mille del costo del personale dipendente. Ne consegue che la cena di Natale organizzata dall’impresa esclusivamente a favore dei propri lavoratori dipendenti sarà deducibile, ai fini dell’imposizione diretta, nel limite del 75% e del 5 ‰ del costo del personale dipendente, mentre ai fini Iva l’imposta sarà indetraibile. Se alla stessa cena partecipano anche clienti, consulenti o fornitori, il costo sarà considerato di rappresentanza e conseguentemente la spesa, nel limite del 75% sarà deducibile sulla base degli scaglioni di ricavi sopra indicati e l’Iva sarà indetraibile. Analizzando la questione dalla prospettiva del dipendente, l’art. 51 comma 3 del TUIR, permette di non tassare e di non assoggettare a contributi, le erogazioni liberali, di beni e servizi fatte nei confronti dei lavoratori entro il limite annuo di 258,23 euro. In realtà, per il solo periodo d’imposta 2020, tale importo è stato raddoppiato dall’art. 112 del D.L. 104/2020 (Agosto). Solo per quest’anno quindi il valore dei beni ceduti o servizi prestati dall’azienda ai lavoratori dipendenti, non concorre alla formazione del reddito imponibile fino all’importo di 516,46 euro. Questa norma esclude quindi dalla formazione del reddito di lavoro dipendente, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati, escluso il denaro, se complessivamente d’importo non superiore, nel 2020, a 516,46 euro. Se però il benefit in natura erogato supera la franchigia dei 516,46 euro, l’intero ammontare concorrerà alla formazione del reddito di lavoro dipendente. Per beneficiare dell’esenzione da tassazione, si rende quindi necessario monitorare il valore dei benefit in natura erogati nel corso dell’intero anno, e non solamente in occasione delle festività natalizie. Sotto il profilo Irap gli omaggi da destinare ai dipendenti rientrano nel costo del personale e come tali non concorrono alla formazione della base imponibile Irap, anche se vengono contabilizzate in voci diverse dal B.9 del conto economico. Queste spese tuttavia potrebbero risultare deducibili ai
fini Irap a seguito dell’applicazione della deduzione per il costo residuo del personale di cui all’art. 11, comma 4-octies del D.lgs. 446/97.
Il trattamento ai fini Iva Per quanto riguarda l’Iva si deve distinguere a seconda si tratti di beni rientranti nell’attività dell’impresa o meno. Beni rientranti nell’attività dell’impresa Gli acquisti che rientrano nell’attività dell’impresa offerti a terzi sotto forma di omaggi, sono sottoposti a un regime particolare. Si pensi ad un negozio di abbigliamento che, in occasione delle festività natalizie, regala dei capi ai migliori clienti. In questi casi l’acquisto dei beni non può essere trattato come una spesa di rappresentanza e al contribuente è riconosciuto il diritto alla detrazione dell’imposta trattandosi di beni oggetto della propria attività con la necessità però di assoggettare a tassazione la successiva cessione. È tuttavia possibile, al momento dell’acquisto, non esercitare la detrazione dell’imposta, in questo modo la successiva cessione gratuita del bene sarà esclusa da tassazione ai sensi dell’articolo 2 secondo comma n. 4 del DPR 633/72. La normativa Iva considera imponibili le cessioni gratuite di beni, con le seguenti eccezioni: a) quelle la cui produzione o il cui commercio non rientri nell’attività propria dell’impresa, se il costo unitario non è superiore a € 50; b) quelle per le quali non è stata operata, al momento dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 19. Conseguentemente con riferimento al caso a), non costituiscono cessioni di beni ai fini Iva le consegne di beni propri di valore inferiore a € 50. Il regime Iva delle cessioni gratuite è dunque regolato dal principio secondo cui se l’imposta è stata detratta al momento dell’acquisto deve essere tassata al momento della cessione ancorché la stessa sia avvenuta a titolo gratuito. Allo stesso modo se al momento dell’acquisto non si è detratta l’imposta, la successiva cessione non viene tassata. Eccezione a questo principio è rappresentata dai piccoli omaggi di costo unitario non superiore a 50 euro rientranti nella definizione di spese di rappresentanza. Per questi ultimi è riconosciuta la detrazione al momento dell’acquisto ai sensi dell’articolo 19 – bis 1, lett. h) e la successiva cessione non è considerata imponibile ai sensi dell’articolo 2 comma secondo, n. 4) del decreto Iva. Sui piccoli omaggi si realizza pertanto una completa detassazione limitatamente ai beni che non
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rientrano nell’oggetto dell’attività propria dell’impresa, diversamente la cessione gratuita è imponibile indipendentemente dal costo unitario. La detrazione dell’Iva è consentita anche sui piccoli omaggi di prodotti alimentari o bevande, ossia di beni per il cui acquisto o importazione il diritto alla detrazione è normalmente precluso in base alla lettera f) dell’articolo 19-bis1. La circolare n. 54 del 19/6/2002 delle Entrate ha, infatti, precisato che questa tipologia di piccoli omaggi è considerata spesa di rappresentanza e come tale si rende applicabile la disposizione di cui alla lettera h) che ammette la detrazione per i beni sotto i 50 euro. Di fatto si è posto un vincolo gerarchico maggiore delle spese di rappresentanza rispetto a quelle riguardanti gli alimenti e bevande per quanto riguarda la detrazione dell’Iva. Ritornando agli omaggi non rientranti tra quelli di piccole dimensioni, abbiamo detto che la loro cessione è soggetta a Iva e a questo proposito l’impresa può scegliere tra le seguenti alternative: a) emissione della fattura per ogni singola operazione con rivalsa dell’Iva, sulla fattura s’indicherà “Cessione gratuita ex art. 2 DPR 633/72 con rivalsa ex art. 18 DPR 633/72”. Il cliente, che pagherà al fornitore l’imposta avrà la possibilità di portare in detrazione l’Iva pagata qualora detraibile; b) emissione della fattura per ogni singola operazione senza rivalsa dell’Iva, sulla fattura s’indicherà “Cessione gratuita ex art. 2 DPR 633/72 senza rivalsa ex art. 18 DPR 633/72”. In questo caso l’Iva addebitata in fattura e non richiesta al cliente sarà un costo indeducibile per il cedente, mentre il cessionario registrerà la fattura nel registro degli acquisti senza detrarsi l’Iva; c) emissione di un’autofattura in formato elettronico per ogni singola cessione o globale per tutte le cessioni gratuite effettuate nel mese; d) annotazione giornaliera nel registro degli omaggi delle consegne effettuate con l’indicazione del cessionario, del valore dei beni, dell’aliquota applicabile e della relativa imposta. Le prime due ipotesi trovano scarsa applicazione sia per motivi di garbo sia per ragioni operative. Segnaliamo che alla luce delle modifiche apportate dalla legge n. 88 del 2009, la base imponibile per le cessioni gratuite non è più rappresentata dal valore normale bensì dal prezzo di acquisto. La base imponibile sarà pertanto rappresentata dal costo di acquisto o in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili determinati nel momento in cui si compie la consegna.
Beni non rientranti nell’attività dell’impresa La lettera h) dell’articolo 19-bis-1 del DPR 633/72 prevede l’indetraibilità dell’Iva sulle spese di rappresentanza come definite ai fini delle imposte sui redditi, escluse quelle sostenute per acquistare beni di costo unitario non superiore a € 50. In generale quindi, l’Iva per l’acquisto di beni da dare in omaggio non è detraibile, salvo che il costo sia contenuto nel predetto limite, nel qual caso la detrazione è consentita purché gli omaggi siano qualificabili come spese di rappresentanza. Le spese di costo unitario superiore a € 50 e destinate all’acquisto di beni da distribuire gratuitamente, sono considerate spese di rappresentanza e come tali non consentono la detrazione dell’imposta. Qualora i beni da destinare a omaggio non siano classificabili tra le spese di rappresentanza, perché ad esempio sono consegnati ai dipendenti e quindi sono considerati costi del personale, valgono le limitazioni previste dall’art. 19 bis 1 comma 1 lett. f). La successiva cessione gratuita è un’operazione esclusa da Iva ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 4 del DPR 633/72. Pertanto alla consegna del bene non sarà necessario emettere alcun documento fiscale. Al fine di evitare contestazioni da parte dell’amministrazione finanziaria, si consiglia comunque l’emissione di un DDT o la predisposizione di un documento attestante la destinazione dei beni. Per individuare il momento impositivo dal punto di vista Iva, momento rilevante sia per l’esigibilità dell’imposta che per la sua detraibilità, si dovrà fare riferimento all’art. 6 del DPR 633/72 per le operazioni nazionali e all’art. 39 del D.L. 331/93 per quelle comunitarie. In pratica per le cessioni interne si farà riferimento al momento della consegna o spedizione, mentre per quelle comunitarie si dovrà considerare l’inizio del trasporto o spedizione.
Buoni acquisto L’agenzia delle entrate con la risoluzione n. 21 del 22 febbraio 2011 ha chiarito che i buoni acquisto non assumono rilevanza ai fini Iva in quanto fuori campo ai sensi dell’art. 2 comma 3, lett. a) del DPR 633/72. Questi buoni, infatti, non costituiscono cessioni di beni in quanto aventi ad oggetto denaro o crediti in denaro. Sul fronte della deduzione del costo in capo all’impresa ai fini dell’imposizione diretta, l’acquisto dei buoni da omaggiare ai dipendenti subirà lo stesso trattamento previsto sopra per i costi sostenuti per i beni non rientranti nell’attività dell’impresa. In capo di dipendenti il comma 3-bis dell’art. 51
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del TUIR li considera erogazioni liberali in natura non soggetti a tassazione se l’importo annuale non supera nel 2020, i 516,46 euro mentre, a regime, i 258,83 euro. Possono essere, infatti, considerati erogazioni effettuate mediante documenti di legittimazione in formato cartaceo o elettronico riportanti un valore nominale.
Le cessioni gratuite in ambito UE Le cessioni a titolo gratuito non costituiscono operazioni intracomunitarie per mancanza del requisito dell’onerosità previsto dal D.L. 331/93. Conseguentemente si rende applicabile la disciplina
interna prevista del DPR 633/72 così come sopra indicato.
Le cessioni gratuite extra UE Le cessioni di beni a titolo gratuito verso paesi non appartenenti all’Unione Europea costituiscono cessioni all’esportazione a norma dell’art. 8, lett. a) e b) del DPR 633/72. Ai fini della non imponibilità occorre che l’esportazione sia supportata dalla relativa documentazione doganale. A tal fine gli uffici doganali accettano fatture con l’indicazione “unicamente ad uso doganale” o “fattura pro forma”. (PZ)
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Indice mensile rivalutazione t.f.r. novembre 2020 RAPPORTI CESSATI MESE
DAL
AL
RIVAL. FISSA
INDICE
RIVALUTAZIONE
GENNAIO
15.01
14.02
0,125
102,7
0,271341
FEBBRAIO
15.02
14.03
0,250
102,5
0,250000
MARZO
15.03
14.04
0,375
102,6
0,448171
APRILE
15.04
14.05
0,500
102,5
0,500000
MAGGIO
15.05
14.06
0,625
102,3
0,625000
GIUGNO
15.06
14.07
0,750
102,4
0,750000
LUGLIO
15.07
14.08
0,875
102,3
0,875000
AGOSTO
15.08
14.09
1,000
102,5
1,000000
SETTEMBRE
15.09
14.10
1,125
101,9
1,125000
OTTOBRE
15.10
14.11
1,250
102,0
1,250000
NOVEMBRE
15.11
14.12
1,375
102,0
1,375000
DICEMBRE
15.12
14.01
1,500
(C)
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Accordo di rinnovo CCNL materiali da costruzione sottoscritto in data 10 novembre 2020
Si fa seguito alle circolari associative prot. n. 440/ EI/mcs del 12 novembre e n. 480/EI dell’11 dicembre 2020 per ricordare che lo scorso 10 novembre tra Confapi e le OO.SS. del settore è stato sottoscritto un accordo per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali: - del 27 febbraio 2019 per i dipendenti delle piccole e medie industrie di escavazione e lavorazione dei materiali lapidei - CODICE CONTRATTO 096; - del 24 gennaio 2017 per i dipendenti delle imprese esercenti la produzione del cemento, della calce e dei suoi derivati, del gesso e relativi manufatti, delle malte e dei materiali di base per le costruzioni, nonché la produzione promiscua di cemento, calce, gesso e malte CODICE CONTRATTO 189; - del 23 giugno 2017 per i dipendenti delle piccole e medie imprese produttrici di elementi e componenti in laterizio e prefabbricati in latero-cemento; manufatti in calcestruzzo ar-
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mato e non, in cemento, in gesso e piastrelle - CODICE CONTRATTO 098. Con il rinnovo del 10 novembre u.s. gli stessi CCNL, a seguito del loro accorpamento in un unico testo, assumono la denominazione di CCNL dei materiali da costruzione. Il nuovo contratto unico armonizza ed aggiorna la parte normativa comune ai tre comparti, tutelando al contempo le specificità tecniche ed economiche di ciascun settore. Con riferimento agli aspetti normativi vi è un allineamento alle nuove normative vigenti di istituti come quello del contratto di lavoro a tempo determinato e di somministrazione e vengono adeguati i costi di sanità integrativa e previdenza complementare, introducendo altresì un contributo contrattuale al Fondapi. Viene inoltre istituita una Commissione Bilaterale del settore dei materiali da costruzione che avrà il compito di rafforzare il sistema di relazioni sindacali del comparto, attraverso un confronto su tutte le tematiche strategiche e sui fattori di criticità. La parte economica prevede un aumento complessivo sul parametro medio di 94,50 Euro per i lapidei, 88,90 Euro per il cemento e 72,50 Euro per i laterizi, che decorre dal mese di settembre 2020. Con riserva di ulteriori informazioni, si segnala che il testo dell’accordo di rinnovo citato e le tabelle retributive aggiornate sono disponibili sul sito web dell’Associazione. (EI)
Albo gestori ambientali: iscrizioni in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 gennaio 2021, conservano la loro validità fino al 3 maggio 2021 L’Albo gestori ambientali ha pubblicato la Circolare n. 14/2020 del Comitato nazionale, che applica l’articolo 3-bis della Legge 27 novembre 2020 n. 159 (conversione del DL 7 ottobre 2020 n.125). La Circolare chiarisce che, per quanto di competenza dell’Albo, le iscrizioni in scadenza, nell’arco temporale compreso tra il 31 gennaio 2020 e il 31 gennaio 2021, conservano la loro validità fino al 3 maggio 2021, fermo restando comunque l’obbligo
di rispettare requisiti e condizioni che caratterizzano l’esercizio legittimo dell’attività. La circolare aggiunge anche “che per il legittimo esercizio dell’attività oggetto dell’iscrizione l’impresa deve: a) rispettare le condizioni ed essere in possesso di tutti i requisiti previsti; l’accertata inosservanza può dare luogo all’apertura di procedimenti disciplinari e alle relative sanzioni; b) prestare, per i casi previsti (iscrizione nelle categorie 1, relativamente alla raccolta e trasporto dei rifiuti urbani pericolosi, 5, 8, 9 e 10), apposita fidejussione, o appendice alla fidejussione già prestata, a copertura del periodo intercorrente dalla data di scadenza dell’iscrizione a quella del 3 maggio 2021; c) comunicare la variazione dell’iscrizione.”
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(CS)
ITL Udine, esami per conduttori di generatori di vapore le domande di ammissione agli esami devono essere trasmesse entro il 31 dicembre 2020 L’Ispettorato Territoriale di Udine-Pordenone ci comunica che è stato pubblicato il bando per il conferimento dei patentini (D.P.R. 403/98 art. 13) di abilitazione alla conduzione di generatori di vapore, sede di Udine. Gli esami si terranno indicativamente nel mese di gennaio 2021, presso la sede dell’ITL di Udine nel giorno che verrà fissato dal Presidente della Commissione esaminatrice. Per essere ammessi agli esami è necessario aver compiuto i 18 anni di età alla data di scadenza
del 31 dicembre 2020 e aver eseguito il tirocinio come fuochista. Le domande di ammissione agli esami, redatte su carta resa legale con marca da bollo da € 16,00, devono pervenire all’ISPETTORATO TERRITORIALE DEL LAVORO di UDINE-PORDENONE - via Morpurgo n. 22 - 33100 UDINE - improrogabilmente entro il 31 dicembre 2020 e devono contenere tutti gli elementi e documenti previsti nel bando disponibile dal modulo scaricabile dal sito dell’Ispettorato Nazionale Lavoro/Le sedi dell’Ispettorato/Uffici Territoriali/IIL Nord-Est (Venezia)/Udine- Pordenone – Sez. Modulistica è pubblicato il modello della domanda di ammissione (mod. INL 29) scaricabile dal seguente indirizzo: www.ispettorato.gov.it/it-it/il-ministero/ Uffici-periferici-e-territoriali/venezia/udine-pordenone/Pagine/Modulistica.aspx.
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(CS)
SOA: rinnovo per l’Elettronova srl con la categoria og11 potrà eseguire le categorie os 3, 0s 28 e os 30 Rinnovo per l’Elettronova srl, l’azienda rappresentata dal signor Cella Maurizio ha la sede a Tolmezzo (UD) in Via dell’Industria n. 35. L’Elettronova srl con il rinnovo ha incrementato le classifiche della propria attestazione portandole per la categoria OG1 e OG10 a 516.000 Euro (II categoria), e per le categorie OG9 e OG11 alla III classifica per un totale di 1.033.000 euro. Questi significativi risultati le permetteranno di eseguire: edifici civili e industriali (OG1), categoria che riguarda la costruzione, la manutenzione o la ristrutturazione di interventi puntuali di edilizia occorrenti per svolgere una qualsiasi attività umana, diretta o indiretta, completi delle necessarie strutture, impianti elettromeccanici, elettrici, telefonici ed elettronici e finiture di qualsiasi tipo nonché delle eventuali opere connesse, complementari e accessorie. Comprende in via esemplificativa le residenze, le carceri, le scuole, le caserme, gli uffici, i teatri, gli stadi, gli edifici per le industrie, gli edifici per parcheggi, le stazioni ferroviarie e metropolitane, gli edifici aeroportuali nonché qualsiasi manufatto speciale in cemento armato, semplice o precompresso, gettato in opera quali volte sottili, cupole, serbatoi pensili, silos ed edifici di grande altezza con strutture di particolari caratteristiche e complessità; e la categoria OG10 relativa agli impianti per la trasformazione alta/media tensione e per la distribuzione di energia elettrica in corrente alternata e continua ed impianti di pubblica illuminazione che riguarda la costruzione, la manutenzione o la ristrutturazione degli interventi a rete che sono necessari per la distribuzione ad alta e media tensione e per la trasformazione e distribuzione a bassa tensione all’utente finale di energia elettrica, completi di ogni connessa opera muraria, complementare o
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accessoria, puntuale o a rete e la costruzione, la manutenzione e la ristrutturazione degli impianti di pubblica illuminazione, da realizzare all’esterno degli edifici. Comprende in via esemplificativa le centrali e le cabine di trasformazione, i tralicci necessari per il trasporto e la distribuzione di qualsiasi tensione, la fornitura e posa in opera di cavi elettrici per qualsiasi numero di fasi su tralicci o interrati, la fornitura e posa in opera di canali attrezzati e dei cavi di tensione e gli impianti di pubblica illuminazione su porti, viadotti, gallerie, strade, autostrade ed aree di parcheggio. Entrambe le categorie potranno essere eseguite fino ad un importo massimo di 619.200 euro. Inoltre, è qualificata per l’esecuzione della categoria OG9, relativa a impianti per la produzione di energia elettrica, categoria che riguarda la costruzione, la manutenzione o la ristrutturazione degli interventi puntuali che sono necessari per la produzione di energia elettrica, completi di ogni connessa opera muraria, complementare o accessoria, puntuale o a rete, nonché di tutti gli impianti elettromeccanici, elettrici, telefonici ed elettronici, necessari in termini di funzionamento, informazione, sicurezza e assistenza, comprende le centrali idroelettriche ovvero alimentate da qualsiasi tipo di combustibile; e gli impianti tecnologici (OG11) categoria che riguarda, la fornitura, l’installazione, la gestione e la manutenzione di un insieme di impianti tecnologici tra loro coordinati ed interconnessi funzionalmente, non eseguibili separatamente, di cui alle categorie di opere specializzate individuate con l’acronimo OS 3, OS 28 e OS 30. Entrambe le categorie potranno essere eseguite fino ad un importo massimo di 1.239.600 euro. Ricordiamo che l’attestazione SOA costituisce condizione indispensabile per la partecipazione alle procedure d’aggiudicazione dei lavori d’importo superiore ai 150.000 euro. Al fine d’assistere gli imprenditori, l’Associazione ha predisposto un servizio d’informazione ed assistenza alle proprie imprese sui requisiti e sulla documentazione richiesti per la qualificazione. (CS)
ANAC: subappalto pagamento diretto dall’impresa la micro o piccola impresa potrebbe non avere la capacità di attendere il sal dell’appaltatore La Confapi Aniem ha formalizzato presso Anac una richiesta di parere in relazione alla possibilità per l’appaltatore di liquidare l’importo dovuto al subappaltatore in via anticipata e sostitutiva rispetto al pagamento diretto dello stesso, da parte della Stazione appaltante, previsto dal Codice dei contratti (art. 105, comma 13, lett. a). Con comunicato del presidente dell’Autorità del 25 novembre 2020 sono state date le Indicazioni in merito alla questione posta dalla nostra Associazione. Nel documento l’ANAC illustra la normativa in particolare l’articolo 105, comma 13, del codice dei contratti pubblici prevede che «La stazione appaltante corrisponde direttamente al subappaltatore, al cottimista, al prestatore di servizi ed al fornitore di beni o lavori, l’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi: a) quando il subappaltatore o il cottimista è una microimpresa o piccola impresa; b) in caso di inadempimento da parte dell’appaltatore; c) su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente». La norma si prefigge lo scopo di agevolare la partecipazione alle gare delle micro e piccole imprese e il soddisfacimento dei crediti dalle stesse maturati, ponendole al riparo dal rischio dell’inadempimento o del ritardo nell’adempimento da parte dell’appaltatore. Nell’esercizio delle attività istituzionali di competenza, l’Autorità ha ricevuto segnalazioni in merito ad alcune criticità emerse nell’applicazione del dettato normativo in esame, che rischiano di pregiudicare il rapido soddisfacimento dei crediti del subappaltatore, minando la stabilità finanziaria delle imprese. In particolare, è emerso che la previsione in esame, se da un lato sottrae le micro e piccole imprese dal rischio di insolvenza dell’apPag. 34 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 22 - 15 dicembre 2020
paltatore, dall’altro le espone ai ritardi della stazione appaltante nell’emissione dei SAL e nell’esecuzione dei pagamenti, compromettendo, di fatto, l’efficacia del meccanismo di tutela approntato dal legislatore. Al fine di risolvere dette criticità e, al contempo, favorire la corretta ed omogenea applicazione delle disposizioni vigenti, l’Autorità ritiene utile fornire le seguenti indicazioni, ai sensi dell’articolo 213, comma 2, del codice dei contratti pubblici. Il citato articolo 105, comma 13, lettera a) del codice dei contratti pubblici prevede l’obbligo, a carico delle stazioni appaltanti, di provvedere al pagamento diretto nei confronti del subappaltatore, cottimista, fornitore o prestatore di servizi che rivesta la qualifica di micro o piccola impresa. Tale previsione fa sorgere un obbligo di natura vincolante, in capo alle stazioni appaltanti, ed un diritto potestativo in capo alle piccole e medie imprese, con la conseguenza che, mentre alle prime è preclusa la possibilità di determinarsi in senso contrario, le seconde possono liberamente rinunciare al beneficio, in quanto previsto nel loro esclusivo interesse. Ciò posto, si ritiene che i subappaltatori o subcontraenti che rivestano la qualifica di micro e piccole imprese abbiano la facoltà di rinunciare al pagamento diretto delle prestazioni da parte della stazione appaltante, a condizione che detta rinuncia, per esigenze di certezza del diritto, sia manifestata per iscritto e subordinata alla preventiva accettazione da parte della stazione appaltante. A tal fine, si ritiene che la rinuncia potrebbe essere espressa nell’ambito di una specifica clausola inserita nel contratto di subappalto. Nel caso di inadempimento dell’appaltatore agli obblighi assunti nei confronti del subappaltatore o subcontraente, resta in ogni caso salva l’applicazione della previsione generale contenuta nel citato articolo 105, comma 13, lettera c) del codice dei contratti pubblici, con conseguente ripristino del pagamento diretto a cura della stazione appaltante. L’Autorità ritiene utile, inoltre, al fine di agevolare il soddisfacimento dei crediti maturati dalle micro e piccole imprese che abbiano rinunciato al pagamento diretto da parte delle stazioni appaltanti, fornire gli ulteriori seguenti chiarimenti.
IL FUTURO È ANCORA DI PIÙ NELLE NOSTRE MANI
per la tua comunicazione su Apinforma contatta:
20 ufficio@scriptamanent.sm | 0432 505 900
È facoltà delle parti prevedere, nel contratto di subappalto o nel sub-contratto, che l’appaltatore proceda al pagamento delle spettanze dovute al subappaltatore/fornitore dietro presentazione di fattura, anche a prescindere dall’adozione del SAL da parte della stazione appaltante. Tale conclusione si giustifica in considerazione dell’assoluta autonomia del contratto di appalto rispetto ai contratti derivati e della natura privatistica del rapporto intercorrente tra l’appaltatore e il subappaltatore/fornitore, da cui si desume l’applicabilità, allo stesso, delle sole previsioni contrattuali. In ogni caso, la stazione
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appaltante procede al pagamento del corrispettivo in favore dell’appaltatore soltanto all’esito del completamento dell’iter procedurale di verifica dell’avanzamento dei lavori oggetto dell’appalto, in ottemperanza a quanto stabilito dall’articolo 113-bis, del codice dei contratti pubblici. L’ANAC, infine, specifica che le indicazioni contenute nel Comunicato sono fornite nelle more dell’adozione del Regolamento unico di cui all’articolo 216, comma 27-octies, del codice dei contratti pubblici. (CS)
Nuove regole per il controllo degli impianti termici in regione portano di seguito indicazioni specifiche per agevolare il passaggio di funzioni alla Regione.
la regione fvg si avvarrà dell’ucit
A partire dal 1° gennaio 2021 la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia sarà autorità competente in tutti i Comuni del territorio regionale, adottando, in questo modo, una disciplina unica in materia di esercizio, manutenzione, controllo, accertamento ed ispezione degli impianti termici (un tanto ai sensi dell’art. 4, commi 35, 36 e 36 bis della LR 24/2019 così come modificato dall’art. 88, comma 1, lettere a), b) e c) della LR 13/2020). Per svolgere le attività di pertinenza sull’intero territorio regionale, la Regione si avvarrà della Società partecipata U.C.I.T. s.r.l., che già opera in delegazione amministrativa su parte del territorio. Conformemente alle previsioni dell’assetto legislativo vigente, a partire dal 1° gennaio 2021 saranno operative sull’intero territorio regionale compresi i territori dei Comuni di Pordenone, Trieste e Udine le disposizioni già applicate negli altri Comuni della Regione in cui non ci saranno variazioni o interruzioni di operatività e consultazione. Pertanto: - i manutentori/installatori degli impianti di climatizzazione invernale ed estiva opereranno sul catasto regionale esclusivamente per via telematica avvalendosi del portale www. ucit.fvg.it; - le tempistiche per la trasmissione dei rapporti RCEE, in base alla potenza termica nominale degli apparecchi, e la contribuzione, saranno uniformate alla disciplina della DGR 799/2018. La contribuzione verrà versata da parte della ditta manutentrice, in nome e per conto del responsabile impianto, tramite lo strumento del portafoglio digitale del manutentore (tutte le indicazioni sono pubblicate nell’area dei servizi per i manutentori del portale www.ucit.fvg.it). Per i Comuni di Trieste, Udine e Pordenone, si riPag. 37 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 22 - 15 dicembre 2020
1) Comune di Trieste Le vigenti modalità operative di registrazione dei rapporti RCEE restano invariate per i RCEE redatti entro il 31 dicembre 2020 sull’istanza del gestionale dedicata al Comune di Trieste. Le registrazioni dei rapporti RCEE riportanti data effettuazione controllo dal 1° gennaio 2021 nel gestionale regionale si uniformeranno alle tempistiche, in base alla potenza termica nominale degli apparecchi, ed alla contribuzione disciplinate dalla DGR 799/2018. Per necessità di adeguamento del programma gestionale, si segnala che: Nei giorni dal 7 al 10 gennaio 2021 l’operatività del servizio sull’istanza del catasto regionale dedicata al Comune di Trieste sarà inibita per i necessari aggiornamenti del programma. Fino al giorno 6 gennaio 2021 potranno essere registrati i rapporti RCEE con data effettuazione controllo entro il 31 dicembre 2020 compreso, di competenza Comunale, ma non potranno ancora essere registrati i rapporti RCEE riportanti data di effettuazione del controllo dal 1° gennaio 2021 di competenza regionale. Da lunedì 11 gennaio 2021 riprenderà la normale operatività e potranno essere registrati sia i rapporti RCEE relativi ai controlli effettuati a partire dal 01 gennaio 2021 in conformità alle disposizioni regionali, sia quelli rimanenti relativi all’ultimo periodo dell’anno 2020 in conformità alle disposizioni comunali. I Manutentori che operano sul Comune di Trieste e che sono già iscritti anche sul portale www.ucit. fvg.it continueranno ad operare con le credenziali a loro assegnate e troveranno, tra i territori, anche la città di Trieste. Per i manutentori che non sono ancora registrati sul portale www.ucit.fvg.it sarà necessario procedere ad una nuova registrazione tramite l’apposita funzione del sito (https://www. ucit.fvg.it/portal-register). Per il perfezionamento della registrazione viene richiesto l’invio via mail della copia della visura camerale, dei patentini e la dotazione di strumentazione idonea e in ordi-
ne rispetto alla taratura. Al completamento della registrazione i manutentori/installatori riceveranno nuove credenziali. Si precisa che dal giorno 11 gennaio 2021 i manutentori/installatori che non avranno effettuato la nuova registrazione sul portale di U.C.I.T. s.r.l., pur essendone soggetti secondo le istruzioni sopraccitate, NON potranno registrare i rapporti RCEE. Restano invariati i codici impianto già registrati a catasto e le modalità di consultazione, compilazione e registrazione.
2) Comune di Udine Il servizio di registrazioni dei rapporti RCEE sul portale www.ucit.fvg.it non subirà alcuna interruzione. Le vigenti modalità operative di registrazione dei rapporti RCEE riportanti data effettuazione controllo entro il 31 dicembre 2020 rimangono invariate, mentre per quelli riportanti data effettuazione controllo dal 1° gennaio 2021 si applicheranno le modalità e le tempistiche, in base alla potenza termica nominale degli apparecchi, e la contribuzione disciplinate dalla DGR 799/2018. Di conseguenza non verranno evase fatture per bollini cartacei dopo il 18 dicembre 2020. Eventuali restituzioni e richieste di rimborso, degli stessi bollini emessi da U.C.I.T. s.r.l., potranno essere inoltrate a partire dal 15 gennaio 2021.
3) Comune di Pordenone
Le vigenti modalità operative di registrazione dei rapporti RCEE saranno invariate fino al 31 dicembre 2020 per i RCEE riportanti data effettuazione controllo entro il 31 dicembre 2020, mentre quelli effettuati dal 1° gennaio 2021 verranno registrati sul portale www.ucit.fvg.it e si uniformeranno alle modalità e alle tempistiche, in base alla potenza termica nominale degli apparecchi, disciplinate dalla DGR 799/2018. Il contributo previsto dalla medesima DGR 799/2018 sarà dovuto con decorrenza dal 1° luglio 2021. Fermo restando che l’Amministrazione regionale ha provveduto, in collaborazione con il Comune di Pordenone, al trasferimento dei dati relativi agli impianti registrati, gli utenti che non hanno trasmesso all’Amministrazione comunale il dovuto RCEE negli ultimi quattro anni, sono tenuti entro
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l’anno 2021 a registrare un nuovo RCEE in conformità alle disposizioni regionali.
Informazioni utili per il cittadino utente Gli impianti di riscaldamento e raffrescamento al servizio degli edifici devono, a termini di legge, essere sottoposti periodicamente a manutenzioni e controlli. Un funzionamento efficiente dell’impianto assicura infatti, da un lato consumi ottimali di combustibile, che si riflettono in un minor impatto ambientale e minori costi di esercizio, e dall’altro garantisce le migliori condizioni di sicurezza d’uso per gli utenti. Nell’intento di fornire un quadro sintetico e completo degli adempimenti che i vari provvedimenti legislativi indicano per l’esercizio, la conduzione, il controllo, la manutenzione e l’efficienza energetica degli impianti termici, si riportano in questa sezione alcune note informative, organizzate per una più immediata comprensione dei contenuti del corpo normativo. In ogni caso il cittadino può rivolgersi agli uffici di U.C.I.T. s.r.l. per ottenere informazioni e chiarimenti sulle disposizioni normative e sulle procedure in vigore sull’ambito territoriale di competenza della Regione F.V.G.
Ulteriori informazioni date dall’UCIT Sul proprio sito l’UCIT informa che la corresponsione dei contributi posti a carico dei responsabili impianto e definiti con deliberazione della Giunta regionale n. 799/18, si applicano nei territori dei Comuni di Udine e Trieste con decorrenza dal 1° gennaio 2021, mentre nel territorio del Comune di Pordenone con decorrenza dal 1° luglio 2021. A seguito di queste disposizioni non verranno evase fatture per bollini cartacei, relativi al Comune di Udine, dopo il 18 dicembre 2020. Eventuali restituzioni e richieste di rimborso, degli stessi bollini emessi da UCIT, potranno essere inoltrate a partire dal 15 gennaio 2021. La registrazione degli RCEE eseguiti entro il 31/12/2020 sui Comuni di Trieste e Udine potranno essere eseguite con le normali tempistiche previste dai rispettivi Regolamenti vigenti. (CS)
Superbonus: subito proroga o strumento azzerato appello al governo per i l rilancio dell’economia in chiave di sostenibilità e messa in sicurezza del territorio Il Superbonus al 110% deve essere prorogato subito almeno fino al 2023, altrimenti i condomini e le famiglie non potranno programmare gli interventi necessari per mettere in efficienza e in sicurezza migliaia di edifici. È una grande occasione per far crescere Pil e occupazione in cui tutti devono credere: no ad accordi al ribasso. Inutile invocare la green economy se poi non utilizziamo le risorse e mettiamo in atto degli strumenti necessari per centrare questo obiettivo. È questo l’appello della nostra Associazione Nazionale CONFAPI ANIEM e dell’intera filiera delle costruzioni, imprese, artigiani, cooperative, professioni tecniche e società di ingegneria.
Le stime non lasciano dubbi: si tratta di una leva che può generare un giro di affari di 42 miliardi di euro e più entrate per lo Stato per circa 7,5 miliardi di euro oltre a un risparmio netto per le famiglie di 600 euro all’anno solo per i consumi energetici. Tutti benefici economici e quindi occupazionali che rischiano di venire vanificati completamente se la misura avrà durata breve. Impensabile infatti che interventi così complessi possano essere iniziati e completati in un anno. Peraltro le procedure iniziali sono lunghe e farraginose e necessitano dell’efficienza degli archivi comunali che ora sono in tilt. Occorre un lasso temporale congruo, non meno della fine del 2023, per consentire a cittadini e imprese di programmare e realizzare lavori importanti di riqualificazione energetica e di messa in sicurezza sismica. L’auspicio è che venga approvata la proroga all’incentivo così da dare avvio concretamente a migliaia di interventi su edifici e condomini. (CS)
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Test rapido antigenico convenzione per l’erogazione di esami diagnostici per covid-19 Abbiamo integrato la Convenzione in essere con l’Associato Friuli Coram (si veda Apinforma n. 19/2020), che ci offre a condizioni vantaggiose gli esami diagnostici COVID-19 per la ricerca del virus SARS-CoV-2 con metodica rRT-PCR su tamponi rinofaringei e l’indagine sierologica per la determinazione dello stato anticorpale IgG ed IgM per SARS-CoV-2, con l’inserimento del Test
Rapido Antigenico da effettuare nella sede della Struttura Sanitaria, o in Azienda, alle condizioni descritte nell’allegata copia della Convenzione. Le Imprese Associate interessate prenderanno contatto direttamente con Friuli Coram seguendo le istruzioni di cui al punto 3) della convenzione “Condizioni del servizio”. La richiesta di preventivo potrà avvenire tramite e-mail: commerciale@ coram.it oppure tramite telefono 0432/585319 – 340/3531514 dichiarando l’adesione a “CONFAPI”. Le Imprese Associate interessate a conoscere le modalità di adesione e le condizioni del servizio potranno contattare i nostri uffici, sig.ra Sandra Cividini, tel. 0432/507377, email: relazioniesterne@confapifvg.it, alla quale potrà essere richiesto anche il testo della convenzione. (SC)
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Autotrasporto. Tempi di guida, di pausa e di riposo chiarimenti della commissione europea sul primo c.d. pacchetto mobilità Si fa seguito alla circolare associativa prot. n. 475/ AdT del 10 dicembre 2020 per rammentare che la Commissione europea ha diramato un primo gruppo di domande e risposte sul c.d. primo pacchetto mobilità (per il quadro d’insieme v. circolare associativa prot. n. 327/AdT del 7 agosto 2020), con particolare riguardo alle disposizioni entrate in vigore il 20 agosto 2020 sui tempi di guida, di pausa e di riposo dei conducenti dei veicoli pesanti, alla luce delle modifiche apportate al regolamento (CE) del Parlamento e del Consiglio europeo 561/2006. del 15 marzo 2006. I chiarimenti hanno toccato i seguenti argomenti, di cui si riportano i tratti salienti: - rientro dei conducenti nella sede di attività o il luogo di residenza, per effettuare il riposo settimanale regolare e - eventualmente - quello compensativo, nei casi e secondo le frequenze stabilite nei nuovi par. dal 6 all’ 8 bis, art. 8 del reg. (CE) 561/2006; - divieto di effettuare il riposto settimanale regolare nella cabina del camion (art. 8, par. 8 bis); - riposo del conducente che accompagna il veicolo sul traghetto o sul treno (art. 9); - riposo compensativo, dopo due periodi di riposi settimanali ridotti (art. 8, comma 6 ter); - superamenti consentiti dei periodi di guida giornalieri e settimanali (art. 12, par. 2, 3); - multipresenza (art.7); - inserimento del Paese in caso di attraversamento della frontiera (art. 34, par. 6, lett. f) e art. 34, par. 7, del regolamento (UE) del Parlamento e del Consiglio europeo 165/2014 del 4 febbraio 2014 in materia di cronotachigrafo e di tempi di guida di pausa e di riposo, che modifica, fra l’altro, significativamente il citato reg. (CE) 561/2006.
Rientro dei conducenti presso la sede di attività o il luogo di residenza (reg. (CE) 561/2006 Come noto, le imprese di autotrasporto devono organizzare l’attività dei conducenti in modo tale che possano tornare alla sede di attività del datore di lavoro o nel luogo di residenza nell’arco di 4 settimane consecutive, al fine di effettuare almeno un periodo di riposo settimanale regolare o un periodo di riposo settimanale superiore a 45 ore per compensare un periodo di riposo settimanale ridotto. Qualora il conducente abbia effettuato 2 periodi di riposo settimanale ridotti consecutivi al di fuori del proprio Stato di stabilimento - possibilità consentita dal par. 6, art. 8 del reg. (CE) 561/2006, per i conducenti che effettuano trasporti internazionali -, l’impresa dovrà organizzare l’attività del conducente in modo che possa tornare alla sede di attività del datore di lavoro o nel luogo di residenza, prima dell’inizio del periodo di riposo settimanale regolare superiore a 45 ore effettuato a compensazione (nuovo co. 8 bis dell’art.8). L’impresa inoltre deve poter documentare in che modo ottempera a tale obbligo e conservare la relativa documentazione nei suoi locali per presentarla su richiesta delle autorità di controllo. Su questa fattispecie, la Commissione evidenzia che l’art. 8, par. 8 bis del citato regolamento fa riferimento a due possibili luoghi di rimpatrio che devono essere offerti e organizzati dal datore di lavoro e, cioè, la sede operativa del datore di lavoro dove il conducente è stabilito, o il luogo di residenza del conducente quando quest’ultimo è diverso dal luogo di stabilimento del datore di lavoro. I conducenti sono liberi di scegliere dove trascorrere il loro periodo di riposo: spetta a loro decidere fra le due opzioni offerte dal datore di lavoro, il che implica che i conducenti non possono essere obbligati a scegliere la sede di stabilimento come luogo di ritorno. Solo se il conducente non esprime preferenze (ad esempio, dopo essere stato invitato a farlo via e-mail), allora la scelta spetterà al datore di lavoro. Altra questione è dove alla fine il conducente trascorre il suo riposo. A questo proposito, il regolamento non prescrive un luogo particolare e non
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può esserci alcuna violazione del diritto europeo su questo punto. Ciò detto, il datore di lavoro deve offrire le possibilità di ritorno come prescritto dal regolamento. La norma stabilisce un obbligo di natura organizzativa, unito all’obbligo di conservare la relativa documentazione per i controlli da parte delle autorità competenti; ma l’autista, se vuole, può scegliere di riposare anche in un luogo diverso dalla propria residenza o dal luogo di stabilimento del datore di lavoro. L’obbligo di garantire il ritorno a casa per effettuare i riposi di cui sopra non è derogabile dalle parti. I chiarimenti della Commissione riportano questo esempio: un autista polacco residente in Slovacchia e impiegato da una società stabilita in Polonia effettua operazioni di trasporto fra Francia e Spagna. Il datore di lavoro deve offrire la scelta a questo autista e organizzare il lavoro di conseguenza, in modo da consentire all’autista di tornare regolarmente al luogo di residenza (Slovacchia) o al centro operativo dell’azienda (Polonia). L’autista può tuttavia informare il datore di lavoro della sua decisione di cogliere l’opportunità di una pausa per recarsi in un altro luogo, ad esempio nel Sud dell’Italia per le vacanze. Dopo la pausa, l’autista si recherà direttamente dal luogo in cui si è riposato in Italia al luogo in cui riprenderà a lavorare (Spagna o Francia). Un’altra questione relativa a questo argomento riguarda il modo in cui l’azienda di trasporto può dimostrare di aver ottemperato alle disposizioni in esame, organizzando il lavoro dell’autista in modo da garantirne il ritorno al luogo di residenza o alla sede di stabilimento. A tale proposito, le imprese utilizzano le registrazioni del tachigrafo, i turni di servizio dei conducenti o altra documentazione idonea. Le prove devono essere conservate nella sede dell’impresa, ed essere presentate, se richiesto, dalle autorità di controllo dello Stato membro di stabilimento del datore di lavoro o da quelle di qualsiasi altro Stato membro. Questa circostanza non dovrebbe essere oggetto di controllo su strada: infatti, scrive la Commissione, “al conducente non dovrebbe essere richiesto di possedere tali prove, né di possedere prove del luogo in cui ha trascorso un regolare riposo settimanale o una pausa più lunga.” Tutt’al più – continua la Commissione -, “dopo aver effettuato un controllo su strada, le autorità di controllo potrebbero, ad esempio, decidere di richiedere informazioni aggiuntive sull’attività di un conducente alle autorità dello Stato membro in cui è stabilita l’impresa di trasporto su strada.” Per quanto riguarda le spese di viaggio per garan-
tire il ritorno del conducente alla sede operativa dell’impresa o al suo luogo di residenza, la Commissione evidenzia che quando l’attività lavorativa abbia avuto termine in un luogo distante da quello prescelto per il rientro, “l’obbligo del datore di lavoro di organizzare il rientro dei conducenti include una responsabilità finanziaria a copertura delle spese di viaggio.” Viceversa, non sussistono obblighi del genere per l’impresa, quando il conducente scelga di riposare in un luogo diverso. I lavoratori effettivamente autonomi non rientrano nell’ambito di applicazione del citato art. 8, par. 8 bis. Tuttavia, una persona che viene dichiarata semplicemente lavoratore autonomo, ma la cui situazione soddisfa le condizioni che caratterizzano un rapporto di lavoro con un’altra persona (fisica o giuridica), deve invece essere considerata come lavoratore subordinato ai fini dell’articolo 8, par, 8 bis ed è, quindi, coperto da questa disposizione.
Divieto di effettuare il riposto settimanale regolare nella cabina del veicolo La Commissione fa chiarezza sul punto, affermando che “le forze dell’ordine non possono richiedere ai conducenti documenti comprovanti che il loro riposo settimanale regolare precedente il controllo su strada non è stato trascorso nel veicolo.” Ciò dovrebbe scongiurare alcune condotte delle forze di polizia, riscontrate soprattutto in Francia, dove molti autisti sono stati multati per questo motivo. Pertanto, l’eventuale infrazione al divieto di effettuare il riposo settimanale regolare in cabina, può essere accertata solamente in flagranza, ovvero quando l’autista sta riposando sul veicolo e, dall’esame delle registrazioni del tachigrafo, risulti che quel riposo è un periodo di riposo settimanale regolare o compensativo dopo due riposi settimanali ridotti consecutivi. I riposi settimanali regolari di almeno 45 ore devono essere effettuati in alloggi adeguati con adeguati servizi igienici e. per dormire, non possono essere presi nella cabina del veicolo. A questo proposito non esiste una definizione né un elenco di criteri per definire la nozione di sistemazione adeguata nella legislazione, ed è importante lasciare flessibilità sul tipo di sistemazione che i conducenti possono utilizzare. Tuttavia l’alloggio deve offrire servizi igienici e posti letto adeguati; diversi tipi di sistemazione possono soddisfare tali criteri, ad esempio un hotel, un appartamento in affitto di motel o una casa privata.
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Riposo compensativo dopo due periodi di riposi settimanali ridotti Il riposo compensativo, preso successivamente a 2 periodi di riposi settimanali ridotti nell’ambito di un trasporto internazionale, deve collegarsi ad un periodo di riposo settimanale regolare preso nella sede di attività dell’impresa di trasporto o il luogo di residenza dell’autista o altro luogo da questi scelto. Pertanto, fra i due riposi l’autista non può svolgere altre attività di guida o altri lavori.
Superamenti consentiti dei periodi di guida giornalieri e settimanali L’art. 12, par. 2 e 3 del reg. (CE) 561/2006, oltre alla deroga generale che consente al conducente di superare i tempi di guida per poter raggiungere un punto di sosta appropriato per la sua sicurezza personale, del veicolo, della merce - con annotazione di tale circostanza e del relativo motivo al più tardi nel momento in cui raggiunge detto punto -, aggiunge altre 2 deroghe che riguardano la possibilità di superare il periodo di guida giornaliero e settimanale: - massimo di un’ora, al fine di raggiungere la sede di attività del datore di lavoro o il proprio luogo di residenza per effettuare un periodo di riposo settimanale; - massimo di 2 ore, a condizione di aver osservato un’interruzione di 30 minuti consecutivi subito prima del periodo di guida aggiuntivo, al fine di raggiungere la sede di attività del datore di lavoro o il proprio luogo di residenza per effettuare un periodo di riposo settimanale regolare. In entrambi i casi il conducente deve riportare sul foglio di registrazione dell’apparecchio di controllo analogico o nella stampa del digitale il motivo della deroga, al più tardi, nel momento in cui raggiunge la destinazione o il punto di sosta appropriato. La Commissione afferma che il superamento dei periodi di guida giornalieri o settimanali è consentito esclusivamente per consentire all’autista di raggiungere un luogo di sosta adeguato e nella misura necessaria a garantire la sicurezza delle persone, dei veicoli o del suo carico, o in circostanze eccezionali, nei casi in cui un conducente abbia bisogno di raggiungere il proprio luogo di residenza o la sede operativa del datore di lavoro, per prendere un periodo di riposo settimanale o un periodo di riposo settimanale regolare. Queste due nuove deroghe possono essere utilizzate quando, a causa
di circostanze impreviste indipendenti dalla volontà del conducente o dell’operatore (condizioni meteorologiche, congestione, ritardi nei punti di carico/scarico et c.), un conducente non è in grado di raggiungere uno dei luoghi sopra indicati per un riposo settimanale, senza infrangere le regole sui riposi giornalieri o settimanali. Ad esempio - continua la Commissione -, un conducente di un paese periferico impegnato in un lungo viaggio internazionale che, a causa di circostanze impreviste che hanno ritardato il viaggio, non è in grado di raggiungere il suo luogo di residenza, basandosi su questa disposizione non avrebbe bisogno di trascorrere 45 ore di un riposo settimanale regolare in un altro luogo non lontano dal luogo di residenza. Come indicato nel nuovo co. 4 dell’art. 12 del reg. (CE) 561/2006, il conducente è tenuto a indicare manualmente sul foglio di registrazione il motivo del superamento dei tempi di guida. Questa disposizione rende il conducente responsabile delle informazioni inserite. L’estensione dei tempi di guida nelle circostanze eccezionali sopra menzionate non deve comportare una riduzione del periodo di riposo successivo a tale estensione. Come indicato nel nuovo par. 5 dell’art. 12 del citato regolamento, qualsiasi periodo di proroga ai sensi dell’articolo in oggetto, deve essere compensato da un periodo di riposo equivalente preso in blocco con qualsiasi periodo di riposo, entro la fine della terza settimana successiva alla settimana durante la quale la deroga è stata applicata. Inoltre, l’utilizzo di questa facoltà non può nemmeno giustificare la deroga al limite di guida bisettimanale di 90 ore. Ad esempio, un conducente che abbia guidato per 56 ore in una determinata settimana (settimana I) può guidare altre 2 ore dopo aver preso una pausa di 30 minuti per raggiungere la sua casa e prendersi un regolare riposo settimanale. Nella settimana successiva (settimana II) il conducente dovrà assicurarsi di non guidare per più di 32 ore. Questa estensione di 2 ore dovrà essere compensata da un equivalente periodo di riposo preso in blocco prima della fine della terza settimana successiva alla settimana I.
Multipresenza Il conducente nell’ambito della multipresenza non è obbligato a fare una pausa di 45 minuti nel veicolo in movimento, seduto accanto a un conducente che guida effettivamente un veicolo. Spetta al conducente scegliere se fare o meno una pausa in un veicolo in movimento oppure fuori dal veicolo. La pausa può certamente essere più lunga di 45 mi-
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nuti se viene effettuata all’esterno del veicolo. La pausa di un veicolo in movimento deve essere una pausa di 45 minuti presi in blocco, come stabilito nel nuovo par. 3 dell’art. 7 del reg. (CE) 561/2006. Il tempo rimanente trascorso nel veicolo seduto accanto a un conducente che guida effettivamente quel veicolo, deve essere registrato come periodo di disponibilità, come specificato nell’art. 3, co. 1, lett. b, della direttiva (CE) 2002/15/CE dell’11 marzo 2002 concernente l’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto.
Inserimento del Paese in caso di attraversamento della frontiera L’art. 34, par. 6, lett. f) e par 7, del reg. (UE) 165/2014 prevede che i conducenti registrino manualmente il simbolo del paese in cui entrano dopo aver attraversato una frontiera di uno Stato membro. L’obbligo si applica dal 20 agosto 2020 per i veicoli dotati di tachigrafo analogico e dal 2
febbraio 2022 per i veicoli dotati di tachigrafo digitale. L’autista deve fermarsi alla fermata più vicina possibile al confine o dopo. Se l’attraversamento del confine di uno Stato membro avviene su un traghetto o un treno, il conducente deve inserire il simbolo del paese nel porto o nella stazione di arrivo. È anche importante notare che, dal 20 agosto 2020, i conducenti di veicoli dotati di tachigrafo analogico sono tenuti a registrare il simbolo dei paesi in cui è iniziato e finito il periodo di lavoro giornaliero, come già accadeva per i veicoli dotati di un tachigrafo digitale. I chiarimenti della Commissione sono disponibili in lingua inglese al seguente indirizzo web https://ec.europa.eu/transport/modes/road/ mobility-package-qa_it, al quale si rinvia per gli approfondimenti del caso. Il testo, comunque, può essere richiesto anche all’ufficio economico dell’Associazione.
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(AdT)