Apinforma n. 8/2019

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notiziario dell’ASSOCIAZIONE piccole e medie industrie

APINFORMA numero 8 30 aprile 2019

IN PRIMO PIANO ASSISTENZA FISCALE PER IL MOD. 730/2019

ApiNFORMA - Quindicinale di informazione dell’Associazione Piccole e Medie Industrie

FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO

LAVORO

SICUREZZA E AMBIENTE

EDILIZIA

EXPORT MARKETING

ORGANIZZAZIONE




notiziario dell’ASSOCIAZIONE PIccole e medie industrie

APINFORMA

numero 8 30 aprile 2019

Sommario NEWS SULL’ASSOCIAZIONE

LA NOSTRA POSIZIONE

FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO

LAVORO

SICUREZZA E AMBIENTE

EDILIZIA

Atomat acquisisce il marchio Giana spa di Milano

7

“La priorità è sbloccare i cantieri”

9

Decreto “Crescita”. Le dichiarazioni di Confapi

10

Il nuovo rapporto banca-impresa

17

Assistenza fiscale per il mod. 730/2019

20

Presentazione al CAF del modello 730

21

Credito d’imposta ricerca e sviluppo

25

Indici sintetici di affidabilità - ISA

29

Indice mensile rivalutazione t.f.r. marzo 2019

31

CIGO: Inps, istruttorie più severe

34

Rispetto del CCNL per la fruizione degli sgravi contributivi

38

Assegni nucleo familiare

39

Versamenti alla Cassa Edile di Udine relativi ai nuovi Fondi

40

Inail; gestione informatizzata di alcuni servizi

41

Rifiuti: pubblicata sulla G.U. la Legge Europea

42

Ritardi nei pagamenti: pubblicata la Legge Europea

44

Misure per il recupero della competitività regionale (1a parte)

47



ORGANIZZAZIONE

Scambi fra Soci

53

Autotrasporto c/t. Costi indicativi di riferimento

54

Contestazioni differite di violazioni del c.d.s.

55

Autotrasporto c/t. Aggiornamento procedure Albo e REN

56

Revisione macchine agricole e operatrici

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Atomat acquisisce il marchio Giana spa di Milano

L’Atomat spa di Remanzacco, impresa friulana di spicco nella produzione di macchine utensili, ha acquisito lo storico marchio “Giana spa” di Magnago (MI), che fu, a sua volta, leader mondiale nel settore della meccanica di precisione. Contestualmente,

entro il prossimo mese di giugno l’intera produzione di Giana spa sarà trasferita da Magnago agli stabilimenti Atomat siti a Remanzacco. A partire dagli Anni ’50 del secolo scorso le officine meccaniche Giana si erano affermate su scala mondiale nella progettazione e produzione di macchine utensili di alta precisione e, in particolare, nella produzione di grandi torni. Come, però, spesso accade nella storia industriale ed economica italiana di questi anni, le difficoltà derivanti dai passaggi generazionali, la crisi dell’ultimo decennio e l’aspra competizione sui mercati internazionali rischiavano di far perdere all’Italia anche questo prestigioso marchio.

L’operazione condotta da Atomat si pone, infatti, in controtendenza rispetto a queste vicende, che hanno visto grandi imprese italiane estinguersi o cadere in mano straniera, per essere poi trasferite fuori dal Paese. L’acquisizione del marchio e degli asset societari è il punto di arrivo di una collaborazione, avviata sin dalla fine degli Anni ’90 e consolidatasi nell’ingresso in società di Atomat nel 2013 e nell’affitto di un ramo d’azienda nel 2017, che consente di mantenere integralmente in Italia un importante marchio assieme alla sua attività produttiva.

Per parte sua, anche l’Atomat vanta una tradizione di mezzo secolo nella progettazione e nella produzione di macchine utensili e nei propri stabilimenti di Remanzacco ha reparti specializzati in lavorazioni meccaniche di tornitura, rettifica e nella costruzione di utensili. Queste competenze hanno da sempre costituito un punto di forza nell’innovazione del prodotto e nella capacità di affrontare le sfide produttive poste dalla clientela domestica e internazionale. Sono anche le competenze che permettono, ora,

la produzione degli storici torni giana continuerà nell’azienda di remanzacco

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di ammodernare e ristrutturare le produzioni di Giana spa. La costruzione dei torni “Giana spa” proseguirà negli ampi e moderni stabilimenti di Remanzacco, organizzata secondo quei criteri di efficienza, qualità e innovazione che hanno reso Atomat il prin-

cipale fornitore mondiale di macchine utensili per impianti di laminazione, mentre l’organizzazione commerciale di Atomat all’estero, supportata dall’efficienza della sua capillare rete di assistenza, saranno la base anche per il rilancio e diffusione dei prodotti a marchio “Giana spa”.

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“La priorità è sbloccare i cantieri” la presa di posizione del presidente di confapi maurizio casasco Per opportuna conoscenza si riporta il testo integrale delle dichiarazioni rilasciate alla stampa dal Presidente di Confapi, Maurizio Casasco, il 3 giugno 2019, a margine della presentazione della relazione annuale della Banca d’Italia, in ordine ai più importanti problemi attraversati dall’economia italiana. La dichiarazione è stata resa, dunque, prima dell’accordo raggiunto in seno alla maggioranza di Governo, il 4 giugno successivo. “La priorità è sbloccare i cantieri. La paralisi attuale e la recessione sono più minacciose di una temporanea sospensione del Codice degli Appalti

che ovviamente non può prescindere dal rispetto della legalità e della trasparenza.” “Sospendere l’efficacia del Codice degli Appalti non vuol dire licenza di delinquere, ma l’applicazione diretta e immediata della Direttiva Europea sulla materia, ossia di un complesso di regole che, mentre non è affatto più lassista del codice italiano, è sicuramente privo di inutili procedimenti e ‘procedimentini’ che fanno dell’Italia il regno delle opere cadenti o incompiute. Resta inteso che la priorità è quella di varare regole semplici, chiare e durature nel tempo che diano garanzia di legalità e opportunità di lavoro. La stragrande maggioranza degli imprenditori italiani sono seri e dalla parte del lavoro e dello sviluppo, così come la stragrande maggioranza di dirigenti e funzionari della Pubblica Amministrazione.” “Da un anno attendiamo l’inizio della ricostruzione del Ponte Morandi a Genova e abbiamo accumulato inspiegabili ritardi nell’avanzamento dei lavori della TAV. E’ ora di muoversi per il bene del Paese.”

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Decreto “Crescita”. Le dichiarazioni di Confapi in sede di audizione alle commissioni bilancio, tesoro, programmazione e finanze della camera In vista della conversione del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, il c.d. decreto “Crescita”, si riporta per conoscenza e opportuna documentazione il testo del documento consegnato il 9 maggio 2019 da Confapi in sede di audizione presso le Commissioni Bilancio, Tesoro, Programmazione e Finanze della Camera. In estrema sintesi per Confapi il decreto “Crescita” contiene diverse norme condivisibili, ma non sufficienti. Manca, in particolare, un piano industriale che rilanci l’economia e soprattutto che metta al centro delle politiche attive chi il lavoro lo genera, vale a dire le imprese. Sarebbe servito più coraggio. Manca, ad es., la proroga del credito d’imposta per le spese in ricerca e sviluppo, misura attualmente in vigore fino al 2020; il non aver previsto un sempre più forte investimento in questo settore è penalizzante per tutte le piccole e medie industrie che devono innovare e che non sempre hanno al loro interno centri di ricerca. Da questo punto di vista, per crescere ed essere competitivi, a giudizio di Confapi, occorre innovare non solo i processi di produzione, ma soprattutto i prodotti. L’accesso al credito costituisce ancora un aspetto critico. Il decreto “Crescita” contiene sì interventi per sostenere la capitalizzazione delle piccole e medie imprese, ma avrebbe dovuto favorire strumenti alternativi all’accesso al credito, come i Piani individuali di risparmio (PIR, forme d’investimento fiscalmente agevolate per incrementare gli investimenti nelle imprese mediante i risparmi delle persone fisiche) e i Minibond, ancora lontani dall’obbiettivo di supportare le industrie. Sul medesimo tema Confapi ha dichiarato la disponibilità a partecipare attivamente al piano strategico preannunciato da Cassa depositi e prestiti di diventare nel prossimo triennio partner di 60 mila piccole e medie imprese.

Per dare maggiore liquidità e competitività alle imprese è necessario accorciare i tempi di pagamento tra privati. Infatti, secondo uno studio della Confederazione, abbassando i tempi di riscossione del ciclo credito/debito a 60 giorni l’indebitamento finanziario netto diminuirebbe di oltre il 55%, la qual cosa darebbe una maggiore solidità finanziaria all’impresa che vuole investire. In questo senso, la misura introdotta nel decreto “Crescita”, che obbliga le società a dare evidenza nel bilancio sociale delle transazioni commerciali effettuate durante l’anno distinguendo tra quelle intercorse con le grandi, le medie, le piccole e le micro imprese, è condivisibile. Come sono condivisibili anche altri sollecitati da Confapi, come la reintroduzione del super ammortamento per i beni strumentali convenzionali, la rivisitazione della mini-Ires, la maggiorazione della deducibilità dell’Imu sui capannoni industriali, il patent box, la norma sulle aggregazioni d’imprese, il sostegno all’autoimprenditorialità, la salvaguardia del Made in Italy e dei marchi storici. Infine, Confapi, sebbene la cosa non riguardi il decreto “Crescita” ha inteso ribadire la propria contrarietà alle misure introdotte dal nuovo codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, in particolare con riguardo all’obbligo per le società di adottare un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni delle stesse, per rilevare immediatamente lo stato di crisi e assumere le iniziative idonee per il suo superamento e il recupero della continuità aziendale; misura che va a tradursi in un nuovo fardello per le piccole e medie imprese, specie per quelle meno strutturate. (AdT)

Osservazioni Confapi sul disegno di legge “Conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi” A.C. 1807 Camera dei Deputati - Roma, 9 maggio 2019

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Confapi ringrazia il Presidente della Commissione V (Bilancio, Tesoro e Programmazione) della Camera dei Deputati, Onorevole Borghi, ed il Presidente della VI Commissione (Finanze) della Camera dei Deputati, Onorevole Ruocco, per l’invito a partecipare all’odierna audizione in cui la Confederazione può esprimere le proprie valutazioni sul “Decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi”. Data la natura ed il ruolo delle Piccole e Medie Industrie private che Confapi rappresenta, il presente contributo si concentra principalmente su quelle misure che impattano in maniera diretta sulla vita delle imprese che rappresentiamo. La situazione nazionale e internazionale devono farci riflettere: è il tempo del fare e del costruire. Dobbiamo uscire da questa fase di stagnazione, non possiamo basarci sugli ultimi dati di percentuali minime di rialzo del Pil, peraltro controbilanciati dalla nostra ultima posizione nella classifica europea per crescita e occupazione. Torniamo a dire che, aldilà di condivisibili e utili provvedimenti, abbiamo bisogno di un piano industriale sistemico che rilanci la nostra economia e ci consenta di competere anche con le economie emergenti che sempre più conquistano fette di mercato. Per far ciò bisogna mettere al centro delle politiche attive chi il lavoro lo crea. Noi piccoli industriali siamo ogni giorno dalla parte del lavoro, quello serio e rispettoso della persona. Le nostre piccole e medie industrie sono un modello non soltanto industriale ed economico, ma anche culturale e sociale: centro di aggregazione nella quale l’imprenditore svolge anche una funzione importante all’interno del territorio di appartenenza in termini di conoscenza dei fabbisogni, delle specificità, del mercato del lavoro non solo locale. Alcune delle misure contenute nel decreto in esame vanno nella direzione giusta, ma allo stesso tempo vogliamo ribadire che ci vuole maggiore coraggio per consentire alle nostre industrie di crescere. Ma entriamo nel merito del provvedimento in esame. Bene la reintroduzione del super ammortamento per i beni strumentali tradizionali che avevamo chiesto in sede di audizione sulla Legge di Bilancio 2019. La maggior parte delle nostre imprese sono manifatturiere e devono investire oggi, per fronteggiare la competizione, anche in impianti e macchinari rientranti in questo tipo di ammortamento. Aver reintrodotto la misura gioverà sicuramente ad un rilancio degli investimenti puntando sull’ammodernamento strutturale delle imprese.

Apprezziamo anche la rivisitazione della mini-Ires che rende l’imposta di facile applicabilità anche per le Pmi. La riduzione dell’Ires si applicherà agli incrementi patrimoniali in funzione degli utili accantonati a riserva. Auspichiamo che in sede di interpretazione del provvedimento, l’Agenzia delle entrate trovi le giuste modalità che non si risolvano in aggravi per le Pmi come capitato altre volte. E’ positiva la maggiorazione della deducibilità dell’Imu sui capannoni industriali aumentato al 50% per l’anno in corso, per poi crescere al 60% nel biennio 2020-2021 e al 70% nel 2022. Da tempo sosteniamo sia indispensabile una profonda rivisitazione dell’imposta che grava in maniera considerevole sul settore manifatturiero che, come si sa, necessita di strumentazioni importanti e di spazi molto ampi per l’esercizio dell’attività d’impresa, a differenza di aziende che spesso generano notevoli fatturati a fronte di beni strumentali e di spazi esigui. Oltre alla deducibilità dell’imposta, sarebbe necessario pertanto rimodularla prendendo come base di calcolo sia il fatturato sia il settore merceologico. Un altro intervento dovrebbe prevedere un’esenzione parziale dall’imposta per quei capannoni industriali che, a seguito di un ridimensionamento dell’attività d’impresa, non vengono più utilizzati nell’esercizio corrente. Sul patent box, condividiamo l’intervento finalizzato a rendere l’agevolazione maggiormente fruibile differendo il controllo dell’amministrazione ad una fase successiva. Continuiamo ad evidenziare la criticità relativa al fatto che i marchi sono esclusi dalla detassazione connessa al patent box, anche per effetto del parere interpretativo dell’Ocse di due anni fa. A tutt’oggi non è stata trovata una misura alternativa all’esclusione dei marchi dalle tutele riconducibili al patent box, fattore indispensabile per la salvaguardia del Made in Italy. Condividiamo la norma sulle aggregazioni d’imprese che dispone il riconoscimento fiscale gratuito fino alla soglia dei 5 milioni di euro del maggior valore attribuito all’avviamento nonché ai beni strumentali e materiali e immateriali. Ciò potrebbe concretizzarsi in uno stimolo per le imprese di minore dimensione a trovare concrete sinergie per migliorare prodotti e competitività. In merito alle modifiche alla misura Nuova Sabatini, apprezziamo l’innalzamento del potenziale di investimento per singola impresa e la semplificazione consistente nella ricezione in un’unica soluzione dei finanziamenti fino a 100mila euro. Manca purtroppo la proroga del credito d’imposta per le spese in ricerca e sviluppo, misura attual-

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mente in vigore fino al 2020. Già l’ultima Legge di Bilancio ha ridimensionato del 50% l’ammontare massimo degli investimenti incentivabili, lasciando il credito del 50% solo per un numero limitato di attività e portando tutte le altre al 25%. Non prevedere una continuità della misura, a nostro avviso, è penalizzante per tutte quelle piccole e medie industrie che devono innovare e che non sempre hanno al loro interno, essendo piccole, propri centri di ricerca. Chiaro che dobbiamo unire le nostre forze per innovare non solo i sistemi di produzione, come stiamo facendo, ma soprattutto i nostri prodotti. Siamo sempre più consapevoli che il mondo delle imprese deve lavorare in stretta sinergia con le migliori università e centri di ricerca, per tracciare un sentiero comune che possa permettere di lanciare brevetti e prodotti innovativi. E’ questo il futuro se vogliamo competere per vincere. E’ facile dire che le nostre Pmi soffrono di scarsa capitalizzazione e indebitamento. Ma a chi devono chiedere i soldi? Vi è infatti una scarsa diversificazione delle fonti di finanziamento, con un forte ricorso a prestiti bancari a breve termine che non permettono di intraprendere percorsi di espansione di lungo periodo e che rendono l’impresa vulnerabile in caso di shock negativi. Sul tema, bisogna anche aggiungere che i canali alternativi a quello bancario, individuati negli ultimi anni come i Pir e i Minibond, pur nascendo con nobili intenti non hanno raggiunto l’obiettivo di supportare le nostre industrie in un momento che richiede, soprattutto per i mercati esteri, grande capacità competitiva e alto tasso d’innovazione. Prendiamo atto che, all’interno del decreto in esame, vi sono interventi tesi a sostenere la capitalizzazione delle Pmi, ma, a nostro avviso, bisognerebbe osare di più per trovare delle forme alternative all’accesso al credito. Ci piacerebbe sapere di più -per offrire il nostro contributo- sul piano strategico preannunciato tempo addietro da Cassa depositi e prestiti di diventare nel prossimo triennio partner di 60mila piccole e medie imprese. Condividiamo, dunque, l’idea che la Cassa si impegni in azioni concrete sul territorio, a supporto dei nostri imprenditori che sono rimasti lì a produrre crescita e dare lavoro, sfidando crisi e venti avversi. Siamo pronti, come Confederazione, radicata in tutto il Paese, a collaborare e partecipare attivamente all’elaborazione e alla realizzazione di un progetto così importante e vitale per le nostre imprese. In merito alla Garanzia sviluppo media impresa, si

introduce la creazione all’interno del Fondo Centrale di garanzia per le Pmi di una sezione speciale dedicata a portafogli di finanziamento a lungo termine effettuati dalle imprese “mid-cap”, per un importo massimo per singola operazione pari a 5 milioni di euro. L’apertura del Fondo di garanzia per le Pmi alle “mid-cap” non appare, a nostro avviso, lo strumento idoneo per sostenere l’attività di questo segmento di imprese, il quale dovrebbe avere azioni dedicate. Si prevede di finanziare questa sezione speciale con risorse destinate al Fondo ma non impiegate, che sarebbe preferibile convogliare su operazioni in favore delle Pmi. E’ invece condivisibile la previsione dell’innalzamento a 3,5 milioni dell’importo massimo per le operazioni presentate con portafogli di finanziamento per le Pmi. Nella nuova disciplina in materia di semplificazione per la gestione del Fondo di garanzia per le Pmi, si prevede la soppressione della parte della Legge Bassanini che consente alle Regioni di decidere in autonomia se limitare l’intervento del Fondo Centrale solamente ad operazioni in controgaranzia (cioè necessariamente per il tramite dei confidi). La prossimità e la conoscenza delle imprese a livello locale è una delle prerogative dei Confidi, i quali consentono a molte imprese di poter accedere al credito. Essendo, tra l’altro, una libera determinazione da parte delle Regioni, si ritiene questa disposizione non accettabile. Nel caso in cui dovesse essere confermata l’abrogazione, nelle Regioni ove fosse già presente questo tipo di limitazione, sarebbe opportuno e necessario estenderne la validità fino a 24 mesi e non come previsto fino a 6 mesi. Su tale tematica alleghiamo delle proposte di emendamento condivise con le altre associazioni di categoria. Solleviamo qualche perplessità in merito alla possibilità di garantire i soggetti che finanziano operazioni per il tramite di piattaforme di “social lending” e “crowfounding”, fenomeni ancora poco sviluppati e che non consentono di poter dare certezza e trasparenza sia nella selezione degli investitori così come dei soggetti beneficiari. Un tema molto caro a Confapi è quello dei ritardi dei tempi di pagamento tra privati. Secondo un nostro recente studio, abbassando i tempi di riscossione del ciclo credito/debito a 60 giorni, l’indebitamento finanziario netto diminuisce del 55,4%, col risultato di maggiore liquidità, più investimenti e maggiore competitività delle imprese. Pertanto, la misura introdotta, che obbliga le società a dare evidenza nel bilancio sociale delle transazioni commerciali effettuate durante l’anno distinguendo tra quelle intercorse con le grandi,

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le medie, le piccole e le micro imprese, è da ritenersi condivisibile. E’ questo un ulteriore tassello sulla strada di una puntuale risoluzione di questa problematica che si aggiunge all’altra misura – contenuta nel D.L. semplificazioni – che definisce inique le clausole contrattuali che derogano al termine di pagamento entro i 60 gg. se una delle parti del contratto è una piccola e media impresa. Valutiamo positivamente l’ampliamento dei requisiti per poter beneficiare delle agevolazioni per l’autoimprenditorialità a prevalente partecipazione giovanile e femminile così come la misura sulle start up innovative improntata alla semplificazione e accelerazione dell’iter per la concessione dei relativi contributi. Positiva è anche l’agevolazione per le imprese operanti nel settore manifatturiero che intendono avviare dei processi di trasformazione tecnologica e digitale in linea con il piano Impresa 4.0. Tutte queste misure verranno attuate attraverso successivi decreti ministeriali. Auspichiamo che l’emanazione di questi decreti sia tempestiva e non vi sia il rischio, come già è successo in passato (credito d’imposta formazione 4.0) che le imprese non possano concretamente usufruirne. Per quanto riguarda le disposizioni a tutela del Made in Italy, in particolare dei marchi storici, apprezziamo il riconoscimento e l’attribuzione di risorse per la loro salvaguardia. Tuttavia sarebbe opportuno riconoscere la specificità dei marchi storici, riconducibili a piccole e medie industrie, attraverso la creazione semmai di un’apposita sezione del Registro dei Marchi Storici di interesse nazionale proprio per dare maggiore evidenza alle Pmi proprietarie o licenziatarie di tali marchi. Siamo favorevoli a misure che contrastino il fenomeno dell’Italian sounding. E’ questa una problematica che colpisce molte piccole e medie industrie con vocazione internazionale, che in alcuni casi sono danneggiate ancora prima di affacciarsi sui mercati esteri. Rispetto all’agevolazione del 50% riconosciuto come credito d’imposta per le spese sostenute per la tutela legale dei prodotti nazionali, si rileva la necessità di ampliare l’ambito di applicazione di tale agevolazione anche, e soprattutto, alle Pmi che devono tutelarsi individualmente e non soltanto ai consorzi. In relazione alla valorizzazione all’estero dei marchi collettivi o di certificazione volontari italiani, pur sostenendo l’impegno del Governo in tal senso, ribadiamo la necessità di un nostro pieno coinvolgimento nella definizione dei criteri e delle modalità di concessione delle agevolazioni che verranno attribuite alle associazioni di categoria per azioni promozionali all’estero dei prodotti con marchio collettivo.

In merito al credito di imposta per le imprese che partecipano a manifestazioni fieristiche, come abbiamo avuto modo di evidenziare nel corso dell’audizione sul Def 2019, le fiere sono uno strumento molto utilizzato dalle imprese, e soprattutto dalle Pmi, per affacciarsi su nuovi mercati. La norma è sicuramente di interesse anche se dobbiamo segnalare che il capitolo di spesa a disposizione è particolarmente contenuto. Da ultimo, ma non per ordine di importanza, sebbene non riguardi il provvedimento in esame, ribadiamo che l’entrata in vigore del nuovo codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, iniziato dal precedente Governo e varato da quello attuale, si sta concretizzando in un ulteriore fardello per le Pmi. La misura introdotta rischia di avere un effetto dirompente sulle nostre industrie, soprattutto su quelle meno strutturate. Con le modifiche introdotte al Codice Civile, vengono inaspriti i requisiti per l’obbligo di dotazione di un organo di controllo esterno: fatturato minimo di due milioni di euro o 10 dipendenti o attivo patrimoniale sempre di due milioni. Si evidenzia, inoltre, l’ennesima abnorme estensione di responsabilità nei confronti degli organi societari dell’impresa in funzione di un non meglio definito momento della vita aziendale, gravando inoltre l’azienda di ulteriori e dispendiosi oneri relativi all’adozione di appositi modelli e organi di controllo. Seppur condividendo la ratio generale della norma, tesa ad adeguare la materia della crisi d’impresa ai parametri europei, non si può fare a meno di sottolineare con forza l’ennesimo fardello burocratico, economico e di responsabilità che si riversa sulle piccole e medie industrie private. A nostro avviso, è necessario intervenire da subito per rivedere tali parametri riformando in senso non vessatorio per le Pmi la normativa attualmente in essere. Abbiamo una serie di proposte migliorative che siamo pronti a discutere in tutte le sedi competenti.

Allegato Articolo 18 - Norme in materia di semplificazione per la gestione del Fondo di garanzia per le PMI Modifica comma 1 e 2 All’art. 18 sono apportate le seguenti modifiche: a) il comma 1 è sostituito dal seguente: “All’articolo 18, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, alla lettera r) il secondo periodo è così sostituito: “Con delibera della Conferenza unificata, tenuto conto dell’esistenza di fondi regionali di garanzia, sono individuate le regioni sul cui territorio

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il fondo limita il proprio intervento alla controgaranzia dei predetti fondi regionali e dei confidi, per operazioni di finanziamento di importo fino a 250.000 euro a favore di imprese operanti sul territorio regionale. La limitazione non opera relativamente alle operazioni di microcredito effettuate dai soggetti iscritti nell’elenco di cui al comma 1 dell’articolo 111 Testo Unico Bancario.”. b) il comma 2 è sostituito dal seguente: “Nelle Regioni sul cui territorio, alla data di entrata in vigore del presente decreto, è già disposta una limitazione eccedente la soglia di cui al comma precedente dell’intervento del predetto Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, alla sola controgaranzia dei fondi di garanzia regionali e dei confidi, la predetta limitazione è adeguata alla nuova soglia entro il termine di sei mesi dalla data di conversione del presente decreto, fatta salva la volontà della Regione di adeguare la medesima limitazione, con delibera della Conferenza unificata, prima del predetto termine.” Motivazioni La proposta di emendamento intende preservare l’autonomia delle Regioni nel decidere se attivare questo strumento e nel selezionare le azioni di politica economica ritenute più coerenti con le caratteristiche dei territori di riferimento, riconoscendo alle mPI l’opportunità di superare la restrizione di credito e tornare a beneficiare di flussi di finanziamenti in misura adeguata alle loro esigenze. L’efficienza e l’efficacia degli interventi di politica economica dello Stato sono necessari per assicurare il più ampio accesso al credito da parte delle mPMI. L’intervento previsto dalla lettera r) non si pone infatti in contrasto con la dimensione nazionale del Fondo Centrale di Garanzia e anzi, così come emerge con chiarezza da numerose analisi e simulazioni sui dati relativi all’operatività del Fondo, contribuisce in modo determinante a conseguire l’obiettivo di politica economica di far confluire maggiori volumi di finanziamento, in particolare alle imprese di minori dimensioni che, così come confermato anche dalla Banca d’Italia in numerose occasioni, sono le più colpite dal razionamento del credito bancario. Più in generale, l’intervento apporta significativi vantaggi a tutti i soggetti coinvolti: in primo luogo le mPMI beneficiarie finali degli interventi, ma anche le banche, il Fondo Centrale stesso, i Confidi e le Regioni promotrici del provvedimento.

Ne deriva dunque che l’operatività del Fondo Centrale in controgaranzia costituisce una vera e propria modalità di accesso alla garanzia pubblica per le micro e piccole imprese volta a superare un fallimento di mercato, ossia una minore possibilità di accesso al credito per questa dimensione di impresa rispetto alle PMI più dimensionate anche a parità di profilo di rischio. La controgaranzia contribuisce altresì a migliorare l’efficienza e l’efficacia della complessiva filiera del credito e della garanzia; a favorire il rafforzamento di una logica di sistema incentrata sulla integrazione costante tra tutti i soggetti coinvolti; ad ampliare il perimetro di imprese che usufruiscono della garanzia pubblica senza ledere i diritti di quelle che possono accedere alla garanzia diretta. Di conseguenza la limitazione di cui alla lettera r) dovrebbe essere considerata una misura congiunturale finalizzata a rimuovere i fallimenti di mercato e destinata solo alle imprese coinvolte dal razionamento del credito, selezionate tramite un criterio di segmentazione del mercato. La previsione di un importo massimo dei finanziamenti che possono beneficiare dell’intervento di cui alla lettera r), stabilito a livello nazionale ed entro cui ciascuna Regione dovrà fissare il proprio limite, valorizza l’autonomia di queste Amministrazioni, in quanto consente loro di definire le azioni di politica industriale più utili al sistema economico locale e di progettarle in funzione delle caratteristiche specifiche dell’ambito territoriale di riferimento. ____________ All’art. 18, dopo il comma 6, aggiungere il seguente comma: 7. L’art. 1, comma 48 lett. a) della Legge del 27 dicembre 2013 n. 147, è sostituito dalla seguente lett. a): “Sono organi del Fondo di Garanzia per le piccole e medie imprese di cui all’art. 2, comma 100, lettera a), della Legge 23 dicembre 1996, n. 662 il Consiglio Generale ed il Consiglio di Gestione. Il Consiglio Generale, al fine di raccogliere e coordinare le istanze di imprese, banche e confidi, indica, in osservanza con i criteri di carattere generale stabiliti dal Ministero dello sviluppo economico, le direttive da osservare per le operazioni che il Fondo può compiere, propone le modifiche alle disposizioni operative del Fondo da sottoporre al Ministero dello sviluppo economico, esprime pareri su iniziative di modifica eventualmente proposte dal Consiglio di Gestione ed esprime parere non vincolante sul rendiconto annuale del Fondo predisposto dal Consiglio di Gestione.

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Il Consiglio Generale si compone di 21 membri, nominati con decreto del Ministro dello sviluppo economico e designati: tre, di cui uno assume le funzioni di presidente, dal Ministero dello sviluppo economico, tre dal Ministero dell’economia e delle finanze, di cui uno con funzione di vice presidente, due dal Dipartimento per le politiche di coesione, uno della Presidenza del Consiglio dei Ministri, uno dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, uno dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, uno dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, un rappresentante delle banche, un rappresentante dei confidi, uno per ciascuna delle organizzazioni rappresentative a livello nazionale delle piccole e medie imprese industriali, commerciali, artigiane (Confindustria, Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, CNA, Casartigiani, Confcooperative). La partecipazione al Consiglio Generale del Fondo è a titolo gratuito. L’amministrazione del Fondo ai sensi dell’articolo 47 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, è affidata ad un Consiglio di Gestione, composto da due rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico di cui uno con funzione di presidente, da un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze con funzione di vice presidente, da un rappresentante del Dipartimento per le politiche dia coesione [?], da un

rappresentante indicato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, nonché da due esperti in materia creditizia e di finanza d’impresa, designati, rispettivamente, dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell’economia e delle finanze su indicazione delle associazioni delle piccole e medie imprese. Ai componenti del Consiglio di Gestione è riconosciuto un compenso annuo pari a quello stabilito per i componenti del comitato di amministrazione istituito ai sensi dell’articolo 15, comma 3, della legge 7 agosto 1997, n. 266, e successive modificazioni. Il Ministero dello sviluppo economico comunica al gestore del Fondo i nominativi dei componenti del consiglio di gestione, che è istituto ai sensi del citato articolo 47 del decreto legislativo n. 385 del 1993, affinché provveda alla sua formale costituzione.” Motivazioni Con la previsione della normativa dell’art. 1, comma 48 lett. a) della Legge del 27 dicembre 2013 n. 147, è stato istituito il Consiglio di gestione del Fondo di garanzia per le PMI che ha sostituito il Comitato di amministrazione istituito dalla legge 7 agosto 1997, n. 266. La scelta legislativa è stata dettata dal condiviso intento all’epoca di istituire un organo meno numeroso e più funzionale alle esigenze di amministrazione del Fondo.

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Il nuovo rapporto banca-impresa un futuro difficile con il nuovo codice della crisi d’impresa? a cura di Eugenio Mollica e Enrico Romanutti, dottori commercialisti in Gorizia e San Giovanni al Natisone (UD) A seguito dell’entrata in vigore delle norme che hanno modificato il Codice Civile (16 marzo 2019) e della prossima entrata a regime degli indicatori preventivi della crisi (15 agosto 2020 - Indicatori della crisi del DLgs. n. 14/2019 - si veda Apinforma n. 7/2019), ci si interroga sugli scenari possibili per le imprese in ambito di finanziamento ed affidamento bancario. Agosto 2020, un imprenditore rientra con la sua famiglia dalle ferie e va in banca dal direttore… “Sig. Rossi, ci dispiace, la Banca non può concedere il finanziamento richiesto dalla sua impresa!”. “Mi dispiace ma a causa della presenza di alcuni Sistemi di Allerta presenti nei bilanci consuntivi e in quelli prospettici non siamo in grado di accogliere la richiesta della sua azienda. Potremo riprendere in considerazione l’operazione quando l’azienda presenterà una situazione economica - finanziaria priva di indicatori che possano presupporre uno stato di crisi o la perdita della continuità aziendale.” L’imprenditore, convito che la risposta ricevuta sia frutto della policy interna di quell’istituto, rivolge la stessa richiesta anche ad altre banche che declinano l’operazione finanziaria giustificandosi con le stesse motivazioni: i Sistemi di Allerta, gli Indicatori dello stato di Crisi. Maggio 2019, il nostro imprenditore si sveglia in preda al panico: è stato solo un brutto incubo? Oppure quanto descritto potrebbe essere l’effetto che l’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa (DLgs. n. 14/2019) avrà sul rapporto Banca - Impresa? Per dare una risposta a queste domande bisogna

comprendere i principi ispiratori che hanno portato a modificare il Codice Civile, con la conseguente stesura del nuovo codice della crisi d’impresa: l’insieme delle banche e delle imprese europee viene visto come un “Sistema”, e l’obiettivo che l’Europa si è posta è fare in modo che questo “Sistema” sia solido, ovvero la sua sopravvivenza non può essere pregiudicata solo perché ciclicamente si manifestano delle crisi finanziarie. Il “Sistema” è formato dalle Imprese e dalle Banche. Queste ultime, anche in forza delle normative emanate dalla Bce, sono già dotate di una struttura organizzativa idonea alla valutazione dei rischi finanziari; per le Imprese l’obbligo di dotarsi di una struttura organizzativa adeguata, che permetta di evidenziare immediatamente il rischio finanziario secondo dei parametri oggettivi fissati per legge, è stato introdotto lo scorso 16 marzo, a seguito dell’entrata in vigore del nuovo 2° comma dell’art. 2086 CC. Se la singola impresa non rispetta il nuovo dettato normativo, tale carenza verrà compensata dalla ben più importante organizzazione della Banca: se l’Imprenditore non è in grado di individuare il suo corretto livello di indebitamento, la Banca, invece, ha tutti gli strumenti per farlo. E lo farà. E allora cosa succederà quando la Banca, attraverso il rinnovo degli affidamenti o la concessione di nuovo credito, si accorgerà che l’impresa sta sforando il corretto livello d’indebitamento? Possiamo individuare due scenari possibili. Nel caso la Banca procedesse comunque alla concessione del credito all’impresa, i rischi assunti sarebbero elevatissimi: qualora la situazione finanziaria di quell’impresa dovesse degenerare, la Banca potrebbe anche essere accusata di concessione abusiva del credito. Risulta probabile che gli Istituti bancari sceglieranno la strada della prudenza, operando in una zona in cui l’alea della rischiosità sia più contenuta, con la conseguente riduzione nella concessione di nuova finanza. Una chiave di lettura diversa ci accompagna verso l’utilizzo dei nuovi strumenti offerti dal Codice della Crisi d’Impresa e chiama in causa un nuovo soggetto: il neonato OCRI (Organismo di composizione della crisi). La Banca, visto lo stato di crisi finanziaria dell’impresa, potrebbe tutelare

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se stessa (e l’impresa) proponendo all’imprenditore di rivolgersi all’OCRI, il quale certificherà lo stato di crisi ed assisterà l’imprenditore ed i suoi professionisti nella redazione di un piano di risanamento “certificato” nel quale è contemplata la possibilità di concedere Nuova Finanza. In questo modo la nuova concessione del credito non potrà essere assoggettata ad un’eventuale azione revocatoria e non potrà ravvisarsi in alcun modo l’ipotesi di concessione abusiva del credito. Non solo, tale azione congiunta consoliderà il rapporto tra l’Impresa e la Banca che l’ha sostenuta nell’uscire dallo stato di crisi, ex art. 2, co. 1, lett. a) del DLgs. n. 14/2019, con probabili sviluppi di nuovi rapporti commerciali tra i due soggetti.

In conclusione, qualunque sia lo scenario prossimo, l’imprenditore lungimirante deve attivarsi oggi per preparare la sua impresa alla rivoluzione che è già iniziata il 16 marzo 2019 e che avrà compimento nel 2020. La ricetta c’è già: utilizzare gli strumenti del Budgeting per individuare il Break-Even Finanziario, ossia determinare quale debba essere il fatturato minimo che l’azienda dovrà raggiungere, nel corso dei prossimi 12 mesi, per poter far fronte ai, già noti, vincoli finanziari prospettici. Questo permetterà di controllare, costantemente, la gestione economica e finanziaria dell’azienda, evitando l’insorgere delle tanto temute crisi che il “Sistema” è chiamato ed evitare.

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Assistenza fiscale per il mod. 730/2019 accesso al servizio senza necessità di appuntamento Ricordiamo che presso l’Associazione è operativo il Centro di Assistenza Fiscale, utilizzabile dai lavoratori dipendenti e pensionati, per la compilazione, l’assistenza, la trasmissione o conferma del modello 730/2019. L’amministrazione finanziaria mette a disposizione dei contribuenti un modello pre-compilato al quale è possibile accedere anche per il tramite del CAF. In questi casi tuttavia è necessario presentare al CAF una delega, contenente alcuni riferimenti reddituali riferiti al 2017, unitamente ad un documento d’identità valido. Il modello pre-compilato acquisito dal CAF, potrà essere confermato dal contribuente, qualora lo stesso sia completo, oppure integrato con eventuali dati mancanti. Il Centro oltre a raccogliere le dichiarazioni, sarà a disposizione per fornire tutta l’assistenza necessaria alla corretta compilazione del modello. Il servizio è aperto a tutti gli interessati a questo tipo di modello dichiarativo, come ad esempio dipendenti, pensionati e collaboratori. Il modello 730 permette il recupero di eventuali crediti d’imposta vantati nei confronti dell’Erario, direttamente in busta paga oppure di pagare le imposte dovute (saldi e acconti), alle scadenze previste dalla legge, con trattenute sulle retribu-

zioni senza ulteriori adempimenti da parte dei contribuenti. È consentito accedere al modello 730 anche da parte dei contribuenti privi di un datore di lavoro, a patto che i propri redditi risultino tra quelli dichiarabili con la dichiarazione semplificata, in questi casi sarà l’amministrazione finanziaria ad effettuare il rimborso. Tutti gli interessati possono rivolgersi all’Associazione durante l’orario d’ufficio, senza necessità di fissare un appuntamento. Per ogni ulteriore informazione è possibile contattare il dottor Paolo Zorzenone, presso l’Associazione al numero telefonico 0432/507377. Il compenso per il servizio di assistenza fiscale è così determinato:

Modello 730/2019 - € 10,00 per solo scarico modello pre-compilato dall’amministrazione finanziaria; - € 30,00 per modifica del modello pre-compilato dall’amministrazione finanziaria; - € 60,00 per modifica del modello pre-compilato dall’amministrazione finanziaria congiunto; - € 60,00 per inserimento di un nuovo contribuente; - € 100,00 per inserimento di una nuova dichiarazione congiunta; - per elaborazioni massive il prezzo potrà essere concordato preventivamente con l’Associazione. I prezzi sono comprensivi di Iva.

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(PZ)


Presentazione al CAF del modello 730 la documentazione da presentare per la dichiarazione semplificata

- redditi occasionali derivanti da attività commerciali; - indennità per la cessazione di rapporti di co.co. co. non assoggettati a tassazione separata; - alcuni redditi diversi; - alcuni redditi assoggettati a tassazione separata.

Premessa

Soggetti che possono utilizzare il modello

Con il modello 730 i lavoratori dipendenti, collaboratori e pensionati, possono dichiarare i propri redditi con una procedura che consente di ottenere i rimborsi oppure effettuare i versamenti delle somme a debito direttamente in busta paga. Possono presentare il modello 730 i soggetti che nel 2018 hanno percepito redditi di lavoro dipendente, pensione e/o alcuni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Possono utilizzarlo anche i contribuenti privi di un sostituto d’imposta tenuto ad effettuare il conguaglio, in questi casi sarà l’amministrazione finanziaria ad eseguire il rimborso. I contribuenti possono scaricarsi dal sito delle Entrate il proprio modello 730 precompilato telematicamente, procedendo alla conferma dei dati in esso indicati oppure modificandoli. In alternativa è possibile rivolgersi ad un CAF al quale è necessario rilasciare apposita delega affinché provveda allo scarico del modello precompilato o, alternativamente alla trasmissione autonoma del modello. Resta impregiudicata la possibilità, anche nei casi di ricorso al CAF, di confermare il modello predisposto dall’amministrazione, qualora lo stesso sia completo, oppure procedere alla sua integrazione qualora incompleto.

I redditi interessati al modello Con il modello 730 possono essere dichiarati i seguenti redditi: - di lavoro dipendente e assimilato; - di collaborazione coordinata e continuativa; - di terreni e fabbricati; - di capitale; - di lavoro autonomo non esercitato abitualmente;

La compilazione del modello 730, affinché il rimborso sia effettuato direttamente dal sostituto d’imposta, richiede che il rapporto di lavoro sia in vigore dal mese di giugno al mese di luglio. Nei casi in cui manchi il sostituto d’imposta ma i redditi ricadano tra quelli dichiarabili tramite il modello 730, il conguaglio a credito sarà eseguito direttamente dall’Agenzia delle entrate. Qualora non sia possibile utilizzare il modello 730, ad esempio in presenza di redditi d’impresa, si dovrà presentare il modello Unico 2019. Il modello 730 può essere inoltre presentato, oltre che da pensionati e lavoratori dipendenti, da: - soggetti che percepiscono indennità sostitutive di reddito di lavoro dipendente; - soci di cooperative di produzione e lavoro; - sacerdoti della Chiesa cattolica; - titolari di redditi di collaborazione; - giudici costituzionali, parlamentari nonché titolari di cariche pubbliche ed elettive; - soggetti impegnati in lavori socialmente utili; - produttori agricoli esonerati dalla presentazione della dichiarazione Irap, Iva e 770.

Chi non può utilizzare il modello Non possono utilizzare il modello 730 e conseguentemente devono presentare il modello Unico, i contribuenti che per il 2018 dichiarano: - redditi d’impresa, anche in forma di partecipazione; - redditi di lavoro autonomo per i quali è stata richiesta la partita Iva; - redditi diversi non compresi tra quelli che possono essere dichiarati con il modello 730, quali quelli derivanti dalla cessione totale o

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parziale di aziende o dall’affitto o dalla concessione in usufrutto di aziende; i soggetti che devono presentare un’altra dichiarazione, come ad esempio Iva, Irap o il modello 770; i soggetti che non sono residenti in Italia nel 2018 e/o nel 2019; i soggetti che hanno percepito redditi di lavoro dipendente erogati da soggetti non sostituti d’imposta, come ad esempio i collaboratori familiari; i soggetti che devono presentare la dichiarazione per conto di contribuenti deceduti; i soggetti che nel 2018 hanno percepito redditi derivanti da TRUST; i soggetti che utilizzano crediti d’imposta per redditi prodotti all’estero diversi da quelli indicati al rigo G4; i soggetti che nel 2018 hanno realizzato plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate ovvero non qualificate in società residenti in paesi o territori a fiscalità privilegiata.

A chi si presenta Al contribuente è riconosciuta la facoltà di gestire in autonomia la propria dichiarazione, infatti, l’amministrazione finanziaria mette a disposizione dei contribuenti il proprio modello 730/2019 precompilato. In questi casi l’accesso avviene nell’area autenticata del sito Internet dell’Agenzia delle entrate alla quale è possibile accedere tramite: - Fisconline attraverso l’username e la password rilasciate dall’Agenzia delle entrate; - credenziali INPS dove il PIN rilasciato dall’istituto consente l’accesso alla dichiarazione; - Carta Nazionale dei Servizi, inserendo la carta nel lettore e registrandosi, il sistema fornisce PIN e password di accesso a Fisconline; - Sistema pubblico di identità digitale (SPID) in questi casi è richiesta l’abilitazione ad Aruba, Infocert, Poste, Sielte, Tim, Register.it o Namirial; - per i soli dipendenti della pubblica amministrazione il portale Noipa. Per utilizzare Fisconline il contribuente può registrarsi anche sul sito delle Entrate: - direttamente dalla sezione servizi telematici http://telematici.agenziaentrate.gov.it; - tramite App delle Entrate; - presentandosi presso un ufficio delle Entrate con un documento di riconoscimento. Qualora non si voglia gestire autonomamente la dichiarazione, il modello può essere presentato al proprio sostituto d’imposta, se questi presta l’assi-

stenza diretta, oppure ad un CAF - dipendenti. Limitatamente ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, questi possono presentare il modello 730 direttamente all’ufficio che svolge le funzioni di sostituto d’imposta. Il 730 può inoltre essere presentato a un professionista abilitato. Ricordiamo che i sostituti d’imposta, anche se non prestano l’assistenza fiscale, sono obbligati a effettuare le operazioni di conguaglio relative alle dichiarazioni modello 730.

Documentazione da presentare Nelle ipotesi in cui si intenda utilizzare un CAF è possibile presentare un modello 730/2019 precompilato dal contribuente unitamente alla relativa documentazione giustificativa. È inoltre richiesta la consegna del modello 730-1, completo dei dati anagrafici, anche nei casi in cui non si desideri esprimere la destinazione dell’8 o del 5 per mille. Per agevolare le operazioni di raccolta della documentazione è necessario preparare tutti i documenti riguardanti i redditi e gli oneri inerenti alla dichiarazione stessa, nonché le relative fotocopie. Le fotocopie vengono trattenute dal CAF, mentre gli originali sono restituiti ai contribuenti.

Elenco documentazione da presentare al CAF Al CAF deve essere presentata la seguente documentazione: - copia documento d’identità valido del dichiarante e del coniuge in caso di dichiarazione congiunta; - dichiarazione dei redditi relativa al 2017 per compilare la delega di accesso alla precompilata; - dati anagrafici aggiornati (indirizzo e numero di telefono). Se la residenza è variata indicare data di variazione; - codice fiscale del dichiarante, del coniuge e dei familiari a carico (è necessario fornire fotocopia del tesserino); - notizie su coniuge e familiari a carico (reddito complessivo, grado di parentela); - dati del datore di lavoro o del sostituto d’imposta tenuto ad effettuare le operazioni di conguaglio; - dati relativi a terreni e fabbricati: è necessario presentare un documento da cui si possa desumere la rendita catastale (effettiva o presunta) attribuita al fabbricato, ad esempio: a) foglio catastale aggiornato, visura catastale aggiornata ed eventuali comunicazioni

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dell’Ufficio Tecnico Erariale per variazioni o attribuzioni di rendita; b) dichiarazione Ici/Imu; c) atti notarili riguardanti acquisti, vendite, donazioni; d) dichiarazione di successione; e) contratto di locazione immobili di proprietà o ricevute degli affitti; f) contratto multiproprietà; CU 2019 attestante il reddito di lavoro dipendente, di pensione o di collaborazione coordinata e continuativa relativo al 2018 (dati del sostituto d’imposta che effettuerà il conguaglio se diverso dal datore di lavoro del CU); documentazione attestante il possesso di altri redditi: a) cassa integrazione, mobilità, disoccupazione, maternità e altre indennità erogate da Inps o altri Enti; b) redditi da borse di studio o da stage; c) redditi da assegni periodici percepiti dal coniuge (come da sentenza di separazione); d) certificazione redditi da compensi, indennità, gettoni di presenza per cariche elettive; e) certificazione redditi da lavoro occasionale; f) redditi da utili; g) certificazione riscatto premi assicurativi; h) certificazioni INAIL relative a indennità per inabilità temporanea; i) pensioni integrative corrisposte da Fondi Pensioni o Fondi di Previdenza Complementare; l) pensioni estere; imposte e oneri rimborsati nel 2018 e già dedotti o detratti in anni precedenti; documentazione probatoria degli oneri deducibili o detraibili: a) spese mediche (fatture di visite specialistiche, cure odontoiatriche ecc.); b) scontrini “parlanti” acquisto medicinali da banco, per i dispositivi medici la documentazione attestante la marcatura CE, anche per occhiali e lenti con gli estremi della normativa di riferimento; c) spese veterinarie; d) spese mediche e paramediche di assistenza ai portatori di handicap; e) ricevute o dichiarazioni di assicurazioni vita e/o infortuni pagate nel 2017; f) contributi previdenziali volontari e obbligatori; g) contributi previdenziali ed assistenziali per addetti servizi domestici e familiari; h) contributi versati per il riscatto del corso

di laurea proprio e dei familiari fiscalmente a carico; i) certificazioni interessi passivi su mutui ipotecari rilasciate dalla banca; l) copia del contratto di mutuo ipotecario e copia della compravendita; m) spese per intermediazione immobiliare; n) contratto di locazione relativo ad abitazione principale; o) spese funebri; p) tasse scolastiche relative alle Università e alle scuole di istruzione secondaria superiore; q) spese sostenute dai genitori per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido e per la pratica di attività sportiva per ragazzi di età compresa fra i 5 e i 18 anni; r) erogazioni liberali a favore di ONLUS, istituzioni religiose, organizzazioni non governative (ONG) ecc.; s) documentazione detrazione ex 36%, ora 50% (copia comunicazione inizio lavori con ricevuta della raccomandata, bonifici bancari, fatture o dichiarazione dell’amministratore se trattasi di spese condominiali); t) documentazione detrazione 65% per spese sostenute per interventi finalizzati alla riqualificazione energetica degli edifici già esistenti; u) spese per l’acquisto di mobili per i quali è riconosciuta la detrazione del 50%; v) spese per l’acquisto di abbonamenti al servizio di trasporto pubblico; z) premi assicurativi per rischio eventi calamitosi per unità immobiliari ad uso abitativo; - ricevute versamenti assegno corrisposto al coniuge, sentenza di separazione o divorzio e codice fiscale del beneficiario; - spese per canoni di locazione per studenti; - fatture, bonifici, ricevuta trasmissione telematica alle Entrate relativi alle spese sostenute per beneficiare del credito d’imposta per videosorveglianza; - documentazione riferita a crediti d’imposta di anni precedenti; - deleghe di versamento Irpef per acconti. Importante sottolineare che ai fini della compilazione della delega per lo scarico del 730 precompilato dell’Agenzia delle entrate, è necessario allegare sia un documento d’identità valido, sia i redditi e il dato del rigo differenza riferiti al periodo d’imposta 2017.

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Quando il 730 non basta Ci sono dei casi in cui oltre al modello 730, è necessario presentare anche dei quadri aggiuntivi del modello Unico 2019 PF nei modi e nei tempi previsti per quest’ultimo. I casi interessati a questo adempimento riguardano: - le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate nel corso del 2018, in questi casi si dovrà presentare il quadro RT del modello Unico 2019 PF. - gli investimenti in attività finanziarie all’estero, in questi casi si dovrà presentare, in aggiunta al modello 730, il quadro RW del modello Unico 2019 PF, anche ai fini del versamento dell’Ivie e dell’Ivafe; - l’incasso nel corso del 2018 di redditi di capitale di fonte estera, come ad esempio interessi, premi o altri proventi di obbligazioni e titoli similari pubblici e privati ai quali non sia stata applicata l’imposta sostitutiva di cui al D. Lgs. 239/96 o non siano stati assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta dagli intermediari; - l’incasso di indennità di fine rapporto da soggetti che non rivestono la qualifica di sostituto d’imposta; - la rivalutazione del valore dei terreni nel corso del 2018; - il noleggio occasionale di imbarcazioni o navi

da diporto assoggettati ad imposta sostitutiva del 20%. Negli ultimi quattro casi si dovrà presentare il quadro RM del modello Unico 2019 PF.

Invio telematico del modello 730/4 Ricordiamo che la ricezione del modello 730/4 viene eseguita attraverso una procedura telematica che consente ai datori di lavoro di scaricare i conguagli da operare, direttamente dal sito dell’Agenzia delle entrate. A tal proposito i sostituti d’imposta devono comunicare con il modello CU le informazioni per la ricezione dei dati riguardanti l’assistenza fiscale prestata. In alternativa è possibile trasmettere telematicamente apposito modello qualora siano variati i dati comunicati nell’anno precedente.

Presso la Vostra Associazione il servizio è già operativo Si ricorda che presso l’Associazione è operativo il servizio del CAF per il ritiro e la compilazione del modello 730/2019, al quale è possibile rivolgersi per l’assolvimento dell’obbligo dichiarativo, previa presentazione di tutta la documentazione in originale e in fotocopia senza necessità di fissare alcun appuntamento, ma semplicemente presentandosi durante l’orario d’ufficio. (PZ)

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Credito d’imposta ricerca e sviluppo da rivedere i calcoli della media di confronto per l’accesso al bonus Premessa Una recente circolare dell’Agenzia delle entrate, la n. 8 del 10 aprile 2019, ci offre lo spunto per ritornare su un argomento strategico per le imprese, vale a dire l’attività di ricerca e sviluppo. Il documento di prassi, nello spiegare le novità introdotte dalla legge di bilancio per l’anno in corso, ha rivisto le regole per il calcolo della media 2012 - 2014 ai fine della fruizione del relativo credito d’imposta. Prima di entrare nel merito delle modifiche è opportuno ricordare le caratteristiche del credito d’imposta per la R&S, tenendo conto soprattutto delle ultime modifiche previste per l’anno in corso.

Le novità per il 2019 Istituito dall’art. 3 del decreto legge n. 145/2013, nel tempo l’impianto normativo è stato oggetto di modifiche per renderlo più interessante per le imprese. L’ultimo intervento è stato effettuato dalla legge di bilancio per il 2019 (L 145/2018) la quale ha riservato la misura del 50% solamente ai costi del personale subordinato, anche a tempo determinato, direttamente impiegato nell’attività di R&S, nonché ai costi dei contratti stipulati con università, enti di ricerca e sviluppo ed equiparati. Il credito d’imposta rimane al 50% anche per i contratti stipulati con imprese rientranti nella definizione di start up innovative o PMI innovative. È sceso invece al 25% il credito d’imposta sul costo del personale con rapporto di lavoro autonomo o con altri enti diversi da quelli sopra indicati. Al 25% sono scese anche le quote di ammortamento di strumenti e attrezzature imputabili al progetto oltre che le privative industriali. Introdotta la possibilità di inserire tra i costi ammissibili i materiali, le forniture e gli altri prodotti analoghi direttamente impiegati nell’attività di ricerca e sviluppo, anche per la realizzazione di prototipi

o impianti pilota relativi alle fasi di ricerca industriale e sviluppo sperimentale. Dal 2019 l’importo massimo annuo del credito spettante a favore di ogni beneficiario è stato ridotto da 20 a 10 milioni di euro.

Soggetti interessati La norma prevede che possano accedere al bonus tutti i soggetti produttori di reddito d’impresa. Rientrano conseguentemente tutte le tipologie di imprese, siano essere costituite sotto forma di ditte individuali, di società di persone o di capitali. Non esiste alcuna distinzione di dimensione o di settore così come non assume rilevanza il regime contabile adottato. Gli investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo devono essere effettuati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020. Possono accedere ai benefici anche le imprese residenti che svolgono attività di ricerca e sviluppo per conto di imprese committenti non residenti e gli enti non commerciali qualora svolgano attività produttive nel territorio italiano. Sono invece esclusi i percettori di reddito di lavoro autonomo derivante dallo svolgimento di arti e professioni. I soggetti che effettuano attività di R&S su commissione di terzi non possono accedere al bonus perché si è voluto agevolare le imprese che investo in ricerca, svolgendola direttamente o commissionandola a terzi e non i soggetti che la esercitano come attività principale.

Attività ammissibili Le spese di R&S agevolabili sono le seguenti: - i lavori sperimentali o teorici svolti, aventi quale principale finalità l’acquisizione di nuove conoscenze, senza che siano previste applicazioni o usi commerciali diretti; - la ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, utilizzabili per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi ovvero per un miglioramento di quelli già esistenti; - l’acquisizione, la combinazione, la strutturazione e l’utilizzo delle conoscenze e capaci-

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tà esistenti di natura scientifica, tecnologica o commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. In questa tipologia di intervento rientrano anche le attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione di nuovi prodotti, processi o servizi, compresa l’elaborazione di progetti, disegni, piani o altra documentazione come ad esempio gli studi di fattibilità a condizione che non siano destinati a scopi commerciali. Vi rientra altresì la realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali o progetti pilota per esperimenti tecnologici o commerciali, a patto che il prototipo rappresenti il prodotto finale e il relativo costo di fabbricazione non sia eccessivo per poterlo utilizzare solo con finalità di dimostrazione o convalida; - la produzione e il collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali. Per converso non sono considerate attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino dei miglioramenti.

La misura del credito La misura del credito come ricordato è stato oggetto di ridefinizione con un ritorno al passato, nel senso che è stata differenziata come nell’originaria versione, sulla base delle tipologie di spese ammissibili. Le nuove percentuali sono state ridefinite come segue: A - 50% delle spese sostenute per il personale a tempo determinato o indeterminato impiegato nell’attività di R&S; B - 50% delle spese relative a contratti di ricerca stipulati con università ed enti di ricerca e organismi equiparati, altre imprese, comprese le start up innovative, che però non possono essere controllate o controllanti direttamente o indirettamente; C - 25% per l’acquisto di beni strumentali o di proprietà intellettuale, come ad esempio strumenti e attrezzature di laboratorio purché di costo unitario non inferiore a 2.000 euro al netto dell’Iva; D - 25% delle competenze tecniche e privative industriali relative a invenzioni industriali o bio-

tecnologiche, tipografie di prodotti a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne; E - 25% delle spese sostenute per il personale con rapporto di lavoro autonomo; F - 25% dei materiali, le forniture e gli altri prodotti analoghi direttamente impiegati per la realizzazione di prodotti o impianti pilota.

Le spese agevolabili Per personale impiegato nella attività è sufficiente fare riferimento al personale impegnato nell’attività di ricerca e sviluppo senza necessità di alcuna qualificazione o specializzazione come invece previsto dalla precedente formulazione. Sono ammessi i costi del personale dipendente o dei collaboratori, anche liberi professionisti, operanti presso le strutture dell’impresa e direttamente impiegati nell’attività di ricerca e sviluppo nel limite dell’effettivo impiego. Rimangono conseguentemente esclusi i costi del personale con mansioni amministrative o commerciali. Sono ammesse le spese relative ai contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati. Per i contratti di ricerca sottoscritti con università o enti esteri, è richiesto che questi ultimi appartengano alla UE, oppure ad un paese che attua lo scambio di informazioni con l’Italia. Rientrano nell’agevolazione le spese relative a contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati e con altre imprese, comprese le start-up innovative, diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa. I costi sono deducibili nel rispetto dei requisiti previsti dall’art. 109 del TUIR e, tenuto conto che i progetti non sono oggetto di valutazione preventiva, le imprese beneficiarie sono tenute a conservare tutta la documentazione contabile utile a dimostrare, in sede di controllo, l’ammissibilità, l’effettività e l’inerenza delle spese sostenute, unitamente alla relazione tecnica di cui si dirà oltre. Sono agevolabili anche le quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, nei limiti dell’importo risultante dall’applicazione dei coefficienti previsti dal D.M. 1988 per l’attività di R&S e, comunque, con un costo unitario non inferiore a 2.000 euro al netto dell’Iva. L’agevolazione può riguardare anche i beni acquisiti in locazione finanziaria, in questi casi alla determinazione dei costi ammissibili concorrono le quote capitale dei canoni, in rapporto all’effettivo impiego per l’atti-

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vità di R&S. Tutti i costi di cui sopra sono ammissibili indipendentemente dal trattamento contabile e, quindi, dalla eventuale capitalizzazione degli stessi.

Il calcolo del credito La spesa minima da sostenere per ciascun periodo d’imposta deve essere di almeno 30.000 euro, mentre lo sgravio fiscale massimo è stato ridefinito a 10 milioni di euro annui. Lo sgravio fiscale è attribuito sui valori incrementali di spesa, rispetto alla media degli investimenti operati nel triennio precedente per gli stessi impieghi. In caso di start-up operanti da meno di tre anni, la media è calcolata dal momento della costituzione. Per spesa incrementale sostenuta nel periodo d’imposta per il quale si intende beneficiare dell’agevolazione, si considera quella in eccedenza rispetto alla media annuale riferita ai rispettivi costi sostenuti nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015, quindi il triennio 2012 - 2014. Il credito d’imposta è in ogni caso calcolato sulla spesa incrementale riferita ai costi agevolabili. Come ricordato in apertura il calcolo della media è stato oggetto di ridefinizione da parte della circolare 8/2019, la quale ha stabilito che il riferimento al triennio 2012 – 2014 rimane solo per le spese del personale dipendente mentre le regole sono state modificate per il lavoro autonomo. Il documento di prassi non interferisce con la formazione del parametro storico, che rimane il triennio di cui sopra, e non richiede un ricalcolo in ragione delle diverse aliquote applicabili in base alle diverse tipologie di spese ammesse. Il nuovo criterio di calcolo opera direttamente sull’eccedenza agevolabile ossia la differenza tra l’ammontare complessivo delle spese ammissibili sostenute nel periodo agevolato e la media del triennio 2012 - 2014. Il calcolo di differenziazione è rivolto solo ad individuare la quota su cui applicare l’aliquota del 50% e quella del 25% sulle spese complessive sostenute nell’anno 2019. Una volta calcolati i costi ammissibili le imprese li dovranno raggruppare e sommarli per aliquote di agevolazione. A questo proposito la circolare propone il seguente esempio. Si ipotizzi, per semplicità, che un’impresa, nel periodo di imposta 2019, svolga attività di ricerca e sviluppo ammissibili sostenendo solo spese di personale per un ammontare complessivo pari a euro 500, così suddivise: a) 300 (pari al 60 per cento della spesa totale) a

titolo di spese per il personale dipendente; b) 200 (pari al 40 per cento della spesa totale) a titolo di spese per il personale titolare di un rapporto di lavoro autonomo. Si ipotizzi, inoltre, che la media degli investimenti in attività di ricerca e sviluppo effettuati nel periodo 2012-2014 sia pari a 100 e che, dunque, l’eccedenza agevolabile (investimenti incrementali) risulti pari a 400 (500-100). Ai fini del calcolo del beneficio, in considerazione della circostanza che nel 2019 le spese agevolabili con la percentuale del 50 per cento (personale dipendente) incidono nella misura del 60 per cento sulle spese totali agevolabili e quelle agevolabili al 25 per cento (personale titolare di un rapporto di lavoro autonomo) incidono nella restante misura del 40 per cento, si ha: investimenti complessivi del periodo agevolabile = 500 incidenza percentuale delle diverse voci di spese ammissibili: - 300 (500*60 per cento) agevolabile con aliquota al 50 per cento; - 200 (500*40 per cento) agevolabile con aliquota al 25 per cento. Pertanto, nell’esempio ipotizzato, il credito d’imposta spettante sarà pari a 160 [(240*50 per cento) + (160*25 per cento).

La fruizione dell’agevolazione Il bonus è fruibile esclusivamente in compensazione utilizzando il modello F24 a partire dall’anno successivo a quello di maturazione e deve essere indicato nel quadro RU della relativa dichiarazione dei redditi. Importante sottolineare che il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini della tassazione Irpef e Ires né della base imponibile dell’Irap. Non rileva ai fine del calcolo del pro - rata di deducibilità degli interessi passivi e dei componenti negativi. Si segnala che non opera il blocco delle compensazioni disposto dal D.L. 78/2010 in presenza di ruoli scaduti d’importo superiore a 1.500 euro né il limite massimo di compensazione di 700.000 euro di cui all’art. 34 della legge n. 388/2000. Il codice tributo da utilizzare è il 6857.

La certificazione della documentazione Le imprese che beneficeranno del credito saranno tenute a conservare tutta la documentazione utile a dimostrare la spettanza del bonus. Per quanto riguarda i costi del personale sarà necessario conservare i fogli di presenza nominativi, dai quali risulti per ogni giorno le ore dedicate all’attività di R&S, firmati dal legale rappresentante o dal responsabile di funzione.

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Per i beni strumentali e le attrezzature di laboratorio si dovrà produrre una dichiarazione dalla quale risulti la misura e il periodo in cui detti beni sono stati utilizzati in attività di R&S, detta dichiarazione andrà sottoscritta dal legale rappresentante dell’impresa. Con riferimento ai costi relativi ai contratti stipulati con le università, gli enti di ricerca e organismi equiparati si dovranno conservare i contratti nonché produrre una relazione sottoscritta dalle parti interessate dalla quale si evinca l’attività di ricerca realizzata e i costi ad essa connessi. Tutta questa documentazione dovrà essere certificata da un revisore dei conti o dal collegio sindacale. Per le imprese non soggette a revisione viene prevista la possibilità di includere tra i costi agevolabili quelli relativi alla certificazione entro un limite massimo di 5.000 euro annui. Le imprese beneficiare sono inoltre tenute, con riferimento alle spese riferite al 2018, a redigere e conservare una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati dell’attività di R&S svolte in ogni periodo d’imposta. Tali relazioni dovranno essere predisposte dal responsabile aziendale dell’attività di ricerca e

sviluppo e controfirmata dal legale rappresentante dell’impresa. Non è più richiesta l’allegazione al bilancio della certificazione rilasciata dal revisore legale dei conti.

Il supporto interpretativo Nei casi di incertezze riguardanti l’interpretazione delle disposizioni tributarie in merito all’investimento agevolabile, è possibile presentare un’istanza di interpello all’Agenzia delle entrate ai sensi dell’art. 11 della legge 212/2000. In questo modo sarà possibile ottenere risposte riguardanti fattispecie concrete e personali qualora l’investimento presenti condizioni di obiettiva incertezza fiscale. Se invece le perplessità riguardano l’ambito oggettivo di applicazione dell’agevolazione, i contribuenti hanno la possibilità di richiedere e acquisire autonomamente un parere tecnico del MISE. La richiesta di tale parere deve essere inviata alla Direzione generale per la politica industriale tramite posta elettronica e la risposta deve essere conservata dal contribuente. (PZ)

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Indici sintetici di affidabilità - ISA i chiarimenti del direttore dell’agenzia delle entrate

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 10 maggio 2019 sono stati affrontati una serie di aspetti legati agli Indici Sintetici di Affidabilità Fiscale (ISA) che dal periodo d’imposta 2018 hanno sostituito gli studi di settore. I nuovi indici prevedono dei livelli di affidabilità fiscale in base ai quali i contribuenti possono accedere a specifici benefici premiali. I livelli avranno una scala che andrà da 1 a 10 e saranno definiti dal nuovo applicativo che probabilmente si chiamerà SISA che, sostituendo il vecchio GERICO, attribuirà ad ogni contribuente una sorta di rating. Il meccanismo prevede quindi una premialità per i contribuenti, graduata sulla base del punteggio ottenuto, se elevato si accederà ad una serie di facilitazioni quali l’esclusione dagli accertamenti di tipo analitico - presuntivo, la riduzione dei termini di accertamento, esoneri parziali del visto di conformità ecc. Il provvedimento dell’Agenzia ricollega i benefici premiali ad un punteggio minimo di 8, mentre con un punteggio inferiore o uguale a 6, l’impresa sarà oggetto di specifiche strategie di controllo basate su analisi del rischio di evasione fiscale. I contribuenti che naturalmente o per adeguamento raggiungono un punteggio maggiore di 6 ma inferiore a 8, si troveranno in un intervallo di neutralità fiscale all’interno del quale non sarà possibile accedere ad alcun beneficio, ma allo stesso tempo non rischieranno di essere selezionate per la definizione di specifiche strategie di controllo fiscale. Nel dettaglio i punteggi che fanno scattare le premialità sono i seguenti: - 8: esonero dal visto di conformità per la compensazione dei crediti per un importo non superiore a 50.000 euro annui, relativamente all’Iva, e per un importo non superiore a 20.000 euro annui per le dirette e l’Irap;

- 8: esonero dalla presentazione della garanzia per rimborsi Iva per un importo non superiore a 50.000 euro annui; - 8: anticipazione di almeno un anno dei termini di decadenza per l’attività di accertamento, con riferimento al reddito d’impresa e di lavoro autonomo; - 8,5: per l’esclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici; - 9: esclusione dall’applicazione della disciplina delle società non operative; - 9: esclusione dalla determinazione sintetica del reddito complessivo, a condizione che il reddito complessivo accertabile non ecceda di due terzi il reddito dichiarato. Il beneficio relativo all’esonero del visto di conformità per il 2018 per la compensazione o rimborso dei crediti Iva fino a 50.000 euro e dalla garanzia per i rimborsi Iva, anche infrannuali, di pari importo potrà essere usufruito solo dal periodo d’imposta 2020 essendo ormai scaduti i termini per la dichiarazione annuale. Sarà sempre possibile migliorare il proprio punteggio dichiarando ulteriori compensi o ricavi non annotati nelle scritture contabili. Si segnala che l’adeguamento agli ISA non dovrà necessariamente puntare al valore massimo di 10, come avveniva per gli studi di settore, ma potrà fermarsi anche ad un valore intermedio, al quale corrisponde un punteggio più basso. Per consentire il versamento integrativo dell’Iva, tramite modello F24 per l’adeguamento del volume d’affari a seguito dell’applicazione degli ISA, l’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 48 del 10 maggio 2019 ha ridenominato il seguente codice tributo: - 6494 “ISA - Indici sintetici di affidabilità fiscale - integrazione Iva”. Il suddetto codice tributo è utilizzabile anche per il versamento integrativo dell’Iva, dovuto per l’adeguamento del volume d’affari relativo agli anni d’imposta nei quali era applicabile la previgente disciplina degli studi di settore. Per ultimo si rileva che il ritardo nell’adozione del software da parte dell’Agenzia delle entrate, potrebbe giustificare il rinvio dei termini dell’autoliquidazione. Non rispettando 60 giorni previsti dallo Statuto del contribuente per l’adozione di

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nuovi adempimenti, si aprirebbe anche quest’anno il rituale della proroga dei versamenti che dovrà essere presa con apposito DPCM. Infine si ricorda che per l’applicazione degli ISA è necessario che il contribuente o il suo intermediario, abbia accesso anche ad ulteriori dati presenti nelle banche dati fiscali dell’Agenzia. Questi dati vengono automaticamente reperiti dal software e contribuiscono alla determinazione degli indici ISA, a condizione però che sia predisposta un’apposita richiesta da parte dell’intermediario. L’intermediario potrà presentare anche richieste massive per l’accesso ai dati. A questo proposito con provvedimento Direttoriale del 10 maggio 2019 sono state definite le modalità di accesso agli ulteriori dati. Viene previsto che gli intermediari già in possesso della delega alla consultazione del cassetto fiscale, dovranno trasmettere all’Agenzia un file contenente l’elenco

dei contribuenti per i quali hanno ricevuto delega. Per quelli privi di delega, dovranno acquisirne una specifica, valida solo per l’acquisizione dei dati per la compilazione degli ISA. Per questi ultimi, e solo per questi, è prevista l’istituzione di un nuovo registro cronologico nel quale annotare giornalmente i seguenti dati: - numero progressivo e data della delega; - codice fiscale e dati anagrafici/denominazione del contribuente delegante; - estremi del documento di identità del sottoscrittore della delega. Il nuovo registro sarà oggetto di specifiche attività di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria che potrà anche accedere nelle sedi degli intermediari o richiedere la trasmissione, entro 48 ore, di copia delle deleghe o dei documenti di identità. (PZ)

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Indice mensile rivalutazione t.f.r. marzo 2019 RAPPORTI CESSATI MESE

DAL

AL

RIVAL. FISSA

INDICE

RIVALUTAZIONE

GENNAIO

15.01

14.02

0,125

102,2

0,198457

FEBBRAIO

15.02

14.03

0,250

102,3

0,396915

MARZO

15.03

14.04

0,375

102,5

0,668830

APRILE

15.04

14.05

0,500

MAGGIO

15.05

14.06

0,625

GIUGNO

15.06

14.07

0,750

LUGLIO

15.07

14.08

0,875

AGOSTO

15.08

14.09

1,000

SETTEMBRE

15.09

14.10

1,125

OTTOBRE

15.10

14.11

1,250

NOVEMBRE

15.11

14.12

1,375

DICEMBRE

15.12

14.01

1,500

(C)

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Il tuo business ha un cuore. Proteggilo creando un ambiente di lavoro più sicuro.

In Italia le persone che muoiono per arresto cardiaco improvviso (A.C.I.) sono più di 200 al giorno, oltre 70 mila all’anno. Nell’80% dei casi l’arresto cardiaco colpisce in ambienti extra-ospedalieri (nelle abitazioni private, negli uffici pubblici, nelle strade e nelle piazze, sul lavoro, all’interno di impianti sportivi) senza dare segni premonitori. Per ogni minuto che passa, le probabilità di sopravvivere si abbassano del 10%. Se si considera che per l’arrivo dei soccorsi il tempo medio di attesa è superiore di 8-10 minuti, è importante che i presenti sul posto, dopo aver allertato i soccorsi, siano i primi a praticare la rianimazione cardiopolmonare e abbiano a disposizione il defibrillatore. Solo quindi avviando immediatamente la macchina dei soccorsi possono essere salvate più vite! MET-LIFE, divisone medicale di METLAB, opera nella ricerca e sviluppo scientifico relativamente alla prevenzione e tutela della salute; fornisce consulenza tecnica e scientifica per la diffusione delle soluzioni dedicate al primo soccorso in caso di arresto cardiaco improvviso, accessibili a tutti, strutture organizzate e persone comuni; promuove e diffonde attivamente sul territorio

Regionale iniziative di carattere divulgativo e formativo per il miglioramento della salute individuale e sociale. Conviene fare prevenzione! Tra gli interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta rispetto a quelli minimi previsti per legge ritenuti idonei per ottenere lo sconto per prevenzione dell’Inail, il nuovo modello OT24 ha incluso l’adozione da parte delle aziende di defibrillatori semiautomatici (DAE) e l’organizzazione di corsi Blsd (Basic life support defibrillation) per insegnare ai dipendenti le manovre da compiere in caso di arresto cardiaco, che in molti casi possono salvare una vita! MET-LIFE distribuisce solo i migliori DAE. Il defibrillatore è un apparecchio salvavita e pertanto non devono esserci dubbi sulla sua affidabilità e sulla qualità delle prestazioni. Il LIFEPAK CR2 adotta le migliori tecnologie attualmente disponibili ed è stato studiato per un uso estremamente facile. L’apparecchio possiede caratteristiche di defibrillazione analoghe a quelle dei defibrillatori ospedalieri.


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CIGO: Inps, istruttorie più severe la compilazione dell’istanza e dell’allegata relazione deve essere precisa Come comunicato con nostra circolare prot. n. 160/FT dell’8 maggio 2019, al fine di garantire corretti adempimenti e soprattutto un positivo accoglimento delle istanze, ricordiamo che recentemente l’Inps di Udine ha convocato le parti sociali al fine di condividere con loro una situazione che si sta verificando in merito alle istruttorie di Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria per il comparto industriale ed edile, con particolar riguardo alle domande per calo di lavoro. L’Istituto lamenta una progressiva diminuzione della diligenza nella compilazione delle domande e soprattutto della relazione da allegare all’istanza. Nello specifico i dati inseriti in relazione alle causali di ricorso debbono essere specifici, non solo in riferimento agli indicatori economico-finanziari desumibili dai bilanci aziendali anche infra annuali, ma soprattutto in riferimento alle motivazioni della crisi o più generalmente, delle sue conseguenze e del piano di risanamento aziendale che, lamenta l’Inps, spesso sono caratterizzate da estrema superficialità. Si ricorda che la Cigo è una prestazione aziendale che l’Inps eroga in sostituzione del reddito da lavoro dipendente, in taluni casi di sospensione della prestazione lavorativa ma solo quando vi siano situazioni che garantiscano la temporaneità dell’evento e la certezza della ripresa dell’attività produttiva ovvero risulta integrabile per situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabile all’imprenditore o ai dipendenti e a situazioni temporanee di mercato. L’articolo 1 del DM 95442/2016 lo chiarisce inequivocabilmente: “La transitorietà della situazione aziendale e la temporaneità della situazione di mercato sussistono quando è prevedibile, al momento della presentazione della domanda, che l’impresa riprenda la normale attività lavorativa” o ancora “la non imPag. 34 - ApiNFORMA / Lavoro - numero 8 - 30 aprile 2019

putabilità all’impresa o ai lavoratori della situazione aziendale consiste nell’involontarietà e nella non riconducibilità ad imperizia o negligenza delle parti”. Specificamente sottolineiamo come la temporaneità solitamente non coincide con la ciclica riproposizione degli eventi, ossia la Cigo non risulta ammissibile in situazioni di stagionalità: è per esempio il caso di aziende che subiscano, in conseguenza del loro prodotto, dei cali produttivi. Per esempio un’azienda produttrice di gelati che risulta soggetta a un picco di produttività nei mesi estivi e ad un calo in quelli invernali dovrebbe utilizzare strumenti alternativi alla Cigo (ad esempio la flessibilità oraria) che consentano una razionalizzazione dei regimi di orario e quindi dei costi piuttosto che ricorrere all’Integrazione salariale. Il D.M. n. 95442/2016 disciplina nel dettaglio le singole fattispecie che integrano le causali di intervento della CIGO e gli elementi oggettivi da valutare in relazione ad esse. In particolare: - mancanza di lavoro o di commesse e crisi di mercato: la relazione tecnica deve illustrare l’andamento involutivo degli ordini di lavoro o delle commesse e ad essa può essere allegata la documentazione relativa al bilancio e al fatturato contenente l’andamento degli indicatori economico-finanziari. Tale causale è ammissibile a condizione che l’azienda, alla data di presentazione della domanda, abbia avviato l’attività produttiva da almeno un trimestre. Essendo questa la causale più utilizzata è bene sottolineare come le relazioni ai fini istruttori siano diverse. La circolare 139/2016, a tal proposito, all’articolo 6.1 sottolinea come le domande di Cigo per: * mancanza di lavoro/commesse: siano caratterizzate dalla contrazione dell’attività lavorativa derivante dalla significativa riduzione di ordini e commesse; * crisi di mercato: siano caratterizzate dalla mancanza di lavoro o di ordini dipendente dall’andamento del mercato o del settore merceologico dell’azienda. Le domande risultano quindi parzialmente sovrapponibili ma più orientate al contesto di riferimento nel caso della crisi di mercato. L’integrabilità della mancanza di lavoro è


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invece dimostrata se nella relazione tecnica venga evidenziato in maniera analitica l’andamento involutivo degli ordini e delle commesse, perdurante nel tempo e pregiudizievole al regolare svolgimento dell’attività produttiva. Saranno quindi accolte positivamente le istanze che sottolineino il significativo calo di ordinativi, la diminuzione correlata dei consumi energetici, l’andamento involutivo del fatturato, del risultato operativo o d’impresa, dell’indebitamento rispetto a periodi antecedenti alla richiesta di Cig; fine cantiere, fine lavoro, fine fase lavorativa: si tratta di brevi periodi di sospensione dell’attività lavorativa, di durata non superiore ai tre mesi o di inattività temporanea di lavoratori specializzati addetti a particolari lavorazioni. Oltre alla relazione tecnica, va allegata copia del contratto con il committente o del verbale a firma del direttore dei lavori da cui risulti la fine della fase lavorativa; perizia di variante e suppletiva di progetto: situazioni eccezionali, non derivanti da esigenze del committente sopraggiunte in corso d’opera. Va allegata, ove necessario, la dichiarazione della pubblica autorità circa l’imprevedibilità della situazione sopravvenuta; mancanza di materie prime o componenti necessari alla produzione, non imputabile all’impresa: in questo caso la relazione tecnica deve documentare opportunamente le modalità di stoccaggio e la data dell’ordine inoltrato dall’azienda, nonché le iniziative poste in essere per trovare soluzioni alternative; eventi meteo: si deve integrare la relazione tecnica con la descrizione della fase lavorativa che era in corso al verificarsi dell’evento meteo e le conseguenze da esso derivate, completata dal bollettino meteo rilasciato dagli organi accreditati; eventi accidentali quali per esempio incendi, alluvioni, crolli, mancanza di elettricità: debbono risultare di natura non dolosa e non imputabili all’impresa. La relazione tecnica deve illustrare tali circostanze con integrazione dei verbali e attestazioni emesse dalle autorità competenti; guasti ai macchinari causati da eventi improvvisi e non prevedibili o manutenzione straordinaria non programmabile degli stessi: la relazione tecnica deve dimostrare che l’azienda ha effettuato la manutenzione dei macchinari e ad essa deve essere allegata una attestazione rilasciata dall’impresa che ha provveduto ad effettuare la riparazione del guasto.

Pag. 35 - ApiNFORMA / Lavoro - numero 8 - 30 aprile 2019

Quindi suggeriamo prima di richiedere la Cassa Integrazione di verificare con l’Associazione le condizioni di fattibilità della stessa e, se del caso, prevedere una pre-istruttoria basata proprio sulla compilazione della relazione. Infatti la relazione tecnica dettagliata viene compilata, sotto forma di certificazione sostitutiva di atto notorio sottoscritta dal legale rappresentante dell’azienda o da suo delegato (non un intermediario) e: - illustra le ragioni che hanno determinato la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa; - dimostra, sulla base di elementi oggettivi (documentazione tecnica o finanziaria, nuovi contratti o partecipazioni a gare d’appalto, analisi della crisi), che l’impresa continua ad essere operativa sul mercato. Nel caso in cui vi sia la possibilità di cessazione dell’attività è opportuno utilizzare uno strumento d’intervento diverso rispetto all’integrazione salariale, ovvero verificarne sempre la possibile ammissibilità. Anche la richiesta di proroga della domanda originaria deve essere accompagnata dalla relazione tecnica obbligatoria, poiché le due istanze sono distinte e per la concessione della seconda devono essere presenti gli elementi probatori che evidenzino il perdurare delle ragioni presentate nella prima istanza. Inoltre nella relazione accompagnatoria vanno motivate puntualmente le case originanti la richiesta di proroga dell’integrazione salariale, che, pur riconducendosi necessariamente alla prima istanza, deve presentare autonomia rispetto al suo procrastinarsi nel tempo. Se poi la crisi aziendale è correlata alla crisi del settore è bene illustrarne analiticamente le ragioni e la correlazione. Ci si sofferma sulla crisi poiché qui, proprio sulla relazione tecnica, si ravvisano le maggiori criticità. Sovente, infatti, a fronte di specifiche richieste da parte dei nostri uffici correlate alla necessità di proroga ovvero di domande dirette in merito alla relazione la risposta è: “la relazione è sempre quella perché le motivazioni sono le stesse”. Le istruttorie dell’Inps però sono divenute più puntigliose proprio per questo, perché la cassa viene richiesta in sostituzione di altri strumenti di gestione del personale quali la modifica dell’orario di lavoro, mentre la sua finalità è un’altra: ovvero un’integrazione sporadica e non un’alternativa al tempo parziale. Si ritiene opportuno poi ricordare nella tabella seguente alcuni punti cardine su cui riflettere quando si è in procinto o si sta fruendo dell’integrazione salariale. Il Servizio Relazioni Industriali dell’Associazione è a disposizione per ogni ulteriore chiarimento. (FT)


PUNTI DI ATTENZIONE

1.

La Cigo ha come presupposto la ripresa dell’attività che deve sussistere all’atto della richiesta: è bene evidenziare nella domanda le ragioni per cui (ordini, commesse, partecipazioni a gare) la crisi aziendale non ha carattere strutturale ma transitorio e parimenti, in caso di proroga, evidenziare e sottolineare la certezza della ripresa e le motivazioni della proroga rispetto alla precedente istanza mai genericamente, ma portando esempi riferiti all’azienda istante;

2.

è buona regola non effettuare licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (ad eccezione dei casi di sopravvenuta inidoneità all’attività lavorativa ovvero di superamento del periodo di comporto) in corso di Cigo perché il licenziamento potrebbe essere indiziario di una situazione di crisi strutturale, mentre la Cigo prevede sempre la ripresa dell’attività (e infatti non è accoglibile nei casi di cessazione totale o parziale dell’attività aziendale) ed è correlabile ad una situazione transitoria e non funzionale al ridimensionamento degli organici;

3.

è sempre opportuno evitare il ricorso alle ore di lavoro straordinario durante le giornate coperte dalle provvidenze della Cigo o, se del caso, motivarle sapendo che l’Istituto potrebbe decidere di compensare le ore eccedenti l’orario ordinario con le eventuali ore di Integrazione salariale o comunque non autorizzarle;

4.

le assunzioni aggiuntive ovvero il ricorso alla somministrazione, anche a termine, va evitata durante i periodi di ricorso alla Cigo, a meno che non si tratti di mansioni non coincidenti, anche parzialmente, con quelle dei lavoratori sospesi in Cigo. Ricordiamo altresì come le Agenzie di Somministrazione, nel caso di utilizzo delle aziende clienti dell’Integrazione salariale, possono ricorrere tramite i Fondi Bilaterali di settore, all’Assegno Ordinario per i propri dipendenti, che consente loro di gestire, ove ne sussistano i presupposti di legge, proprio le situazioni di crisi delle aziende utilizzatrici senza costi aggiuntivi per queste ultime.

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Rispetto del CCNL per la fruizione degli sgravi contributivi chiarimento dell’ispettorato nazionale del lavoro Si fa seguito a quanto comunicato con nostra circolare prot. n 170/2019 per ricordare che, a più di un anno di distanza dall’ultimo intervento, con una circolare del 6 maggio scorso l’Ispettorato Nazionale del Lavoro è tornato ad occuparsi della corretta interpretazione dell’art. 1, comma 1175, della Legge 296/2006, il quale condiziona l’erogazione dei benefici normativi e contributivi in materia di lavoro e legislazione sociale, in aggiunta al possesso del DURC, anche al “rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. A parziale correzione della precedente circolare del 25 gennaio 2018, l’INL ha affermato che la predetta normativa si intende rispettata a prescindere dal contratto collettivo applicato dalle parti, pur-

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ché al lavoratore venga garantito un trattamento economico e normativo non inferiore a quello stabilito dai contratti siglati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In pratica, l’INL sostiene che la sostanza (ovvero il trattamento riconosciuto al lavoratore) debba prevalere sulla forma (il contratto collettivo applicato), fermo restando che le condizioni economiche e normative della contrattazione settoriale di riferimento rappresentano comunque il minimo inderogabile dalle parti. Nella valutazione di equivalenza tra i diversi contratti, non si potrà tenere conto “di quei trattamenti previsti in favore del lavoratore che siano sottoposti, in tutto o in parte, a regimi di esenzione contributiva e/o fiscale (come ad es. avviene per il c.d. welfare aziendale)”. Infine, l’INL ribadisce che “lo scostamento dal contenuto degli accordi e contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale determinerà la perdita di eventuali benefici normativi e contributivi fruiti”. Il Servizio Relazioni Industriali dell’Associazione è a disposizione per ogni ulteriore chiarimento. (C)


Assegni nucleo familiare aggiornamenti inps sulla nuova procedura

Come comunicato con circolare associativa prot. n. 170/C del 16 maggio scorso, si ricorda che con il messaggio n. 1777 dell’8 maggio 2019, l’Inps ha fornito ulteriori aggiornamenti sulle nuove modalità operative per la richiesta dell’assegno familiare che, come si ricorderà, non vedono più il coinvolgimento diretto del datore di lavoro. Infatti, dal 1° aprile 2019, la richiesta della misura viene effettuata per via telematica direttamente all’Inps, attraverso uno dei seguenti canali: - WEB, tramite il servizio on-line dedicato presente sul sito dell’I.N.P.S. (www.inps.it), accessibile mediante PIN dispositivo, SPID almeno di livello 2 o Carta Nazionale dei Servizi; - Intermediari abilitati. Attraverso il messaggio in commento, l’Istituto ha comunicato che le domande già presentate al da-

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tore di lavoro fino alla data del 31 marzo 2019 con il modello ANF/DIP, per il periodo compreso tra il 1° luglio 2018 ed il 30 giugno 2019 o a valere sugli anni precedenti, non devono essere reiterate ma verranno gestite dai datori di lavoro in base alle istruzioni fornite al paragrafo 4.2 della circolare Inps n. 45/2019 (allegata alla nota Confederale sopra indicata). Inoltre, tramite l’’applicazione “Consultazione Importi ANF” disponibile all’interno del Cassetto previdenziale aziende, i datori di lavoro, intermediari e rappresentanti legali potranno prendere visione di tutte le informazioni sui lavoratori per i quali si effettua la ricerca, compresi gli importi massimi della prestazione spettanti e il periodo di riferimento. La procedura permette di effettuare ricerche puntuali (per singoli codici fiscali) oppure massive (per tutti i lavoratori di un’azienda per la quale il soggetto richiedente ha delega). In ordine alla compilazione del flusso Uniemens per i conguagli relativi alle prestazioni attuali o arretrate, si fa rinvio alle specifiche istruzioni operative riportate nel messaggio Inps. Il Servizio Relazioni Industriali dell’Associazione è a disposizione per ogni ulteriore informazione. (C)


Versamenti alla Cassa Edile di Udine relativi ai nuovi Fondi Come comunicato con circolare associativa prot. n. 156/FT dell’8 maggio 2019 e in riferimento alla nostra circolare prot. n. 152/FT del 7 maggio 2019, stanti i quesiti ricevuti dalle imprese sottolineiamo nuovamente che fino al mese di giugno 2019 la contribuzione a Sanedil e al Fondo Occupazione Giovanile sarà la seguente:

ulteriore nota

Imponibile Fondo Incentivo all’occupazione

0,100

Ore lavorate X (minimo + contingenza + Edr + Its)

Contributo SANEDIL Fondo Sanitario OPERAI

0,350

Ore lavorate (MINIMO 120) X (minimo + contingenza + Edr + Its).

Contributo SANEDIL Fondo Sanitario IMPIEGATI

0,260

Da calcolare sommando i seguenti elementi della retribuzione mensile: minimo + contingenza + edr + premio di produzione.

Nel caso in cui la situazione dei versamenti effettuati per le singole aziende dovesse essere stato già effettuato con decorrenza dal mese di gennaio 2019, sarà necessario ricompilare le denunce mensili al fine di effettuare lo scomputo dei versamenti in eccesso nei mesi successivi. La Cassa Edile di Udine, come sottolineato con propria circolare, ha già dato disponibilità in tal senso.

Come illustrato con la nostra circolare del 7 maggio 2019 per i medesimi Fondi con decorrenza dal mese di giugno 2019 la contribuzione risulterà come dalla tabella sottoriportata. Il Servizio Relazioni Industriali dell’Associazione è a disposizione per ogni ulteriore chiarimento. (FT) Imponibile

Fondo Incentivo all’occupazione

0,100

Ore lavorate X (minimo + contingenza + Edr + Its)

Contributo SANEDIL Fondo Sanitario OPERAI

0,350

Ore lavorate (MINIMO 120) X (minimo + contingenza + Edr + Its).

Contributo SANEDIL Fondo Sanitario IMPIEGATI

0,260

Da calcolare sommando i seguenti elementi della retribuzione mensile: minimo + contingenza + edr + premio di produzione.

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Inail; gestione informatizzata di alcuni servizi richiesta on line dei servizi di certificazione e verifica di impianti e apparecchi Con la circolare n. 12 del 13 maggio 2019, l’Inail ha informato che a partire dal 27 maggio 2019 è disponibile l’applicativo CIVA per la gestione informatizzata dei seguenti servizi: denuncia di impianti di messa a terra e di impianti di protezione da scariche atmosferiche; messa in servizio e immatricolazione delle attrezzature di sollevamento, ascensori e montacarichi da cantiere; riconoscimento di idoneità dei ponti sollevatori per autoveicoli; prestazioni su attrezzature di sollevamento non marcate CE; approvazione del progetto e verifica primo impianto di riscaldamento; prime verifiche periodiche. Per utilizzare l’applicativo bisognerà registrarsi sul portale internet dell’Inail; a questo proposito, i datori di lavoro della gestione industria, artigianato, servizi, delle pubbliche amministrazioni titolari di

Pat, del settore navigazione titolari di pan, già profilati per l’utilizzo dei servizi online (con i profili di legale rappresentante, delegato, intermediario, comandante del settore navigazione), continueranno a utilizzare le credenziali in loro possesso. Gli ulteriori servizi di certificazione e verifica appartenenti al gruppo GVR (per esempio messa in servizio cumulativa di attrezzature a pressione, riparazione e tarature valvole), saranno sviluppati in una seconda fase e, fino a quel momento, andranno richiesti con i modelli disponibili sul sito internet dell’Inail da inviare tramite PEC (o, in presenza di allegati particolari, mediante posta ordinaria o consegna a mano) La nuova procedura on line è inoltre collegata al servizio “pagoPA@Inail”, per cui il pagamento delle prestazioni di certificazione e verifica si effettuerà attraverso i diversi canali messi a disposizione da questo servizio (es. carta di credito, home banking, PayPal, etc) Ulteriori informazioni sono disponibili sulla pagina dedicata del sito internet Inail https://www. inail.it/cs/internet/attivita/ricerca-e-tecnologia/ certificazione-verifica-e-innovazione.html

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(C)


Rifiuti: pubblicata sulla G.U. la Legge Europea i produttori trasmettono annualmente e gratuitamente all’ispra i dati relativi ai raee Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 109 dell’11 maggio 2019 la legge 3 maggio2019, n. 37, la così detta “Legge Europea 2018”, questa normativa che ha natura eterogenea, interviene in diversi settori dove vi è una procedura di infrazione in corso per contrasto tra diritto italiano e diritto europeo, o vi è un forte rischio di apertura di procedure di questo tipo. Tra i provvedimenti più importanti, quelli relativi alle norme ambientali presenti e confermati al Capo VII della Legge Europea 2018. Nel capitolo edilizia di Apinforma abbiamo trattato gli argomenti che la Legge 37/2019 ha normato in materia di appalti, in questo articolo, invece, illustriamo le modifiche che la nuova Legge ha portato sui temi ambientali.

Combustibile esaurito e rifiuti radioattivi La Legge 37/2019 all’articolo 18, ha affrontato la materia relativa al combustibile esaurito e ai rifiuti radioattivi modificando il decreto 45/2014, attuativo della direttiva 2011/70/EURATOM, che ha istituito un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. Proprio per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 18 della Legge Europea, infatti, sono responsabili della sicurezza della gestione del combustibile esaurito o di rifiuti radioattivi i produttori e i titolari di autorizzazioni per attività o impianti connessi alla relativa gestione, e infine, in subordine, lo Stato. Questo risponde, sempre in subordine, anche quando i rifiuti radioattivi o il combustibile esaurito siano spediti in uno Stato membro dell’Unione europea o in un Paese terzo per il trattamento o il ritrattamento.

Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche Viene dedicato ai RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) l’articolo 19 che interviene quindi sul decreto 49/2014 (Attuazione della direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), ai fini di dare una corretta attuazione alla direttiva RAEE emanata dall’Unione Europea). In particolare, tale decreto prevede, a decorrere dal 26 maggio 2019 (data di entrata in vigore di questa legge), che “i produttori e i terzi che agiscono in loro nome trasmettono annualmente e gratuitamente all’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) i dati relativi ai RAEE: a) ricevuti presso i distributori; b) ricevuti presso impianti di raccolta e trattamento; c) oggetto di raccolta differenziata”. Sempre a partire dal 26 maggio si dispone che “qualora non sia possibile, a causa delle dimensioni o della funzione del prodotto, apporre il marchio del produttore e il simbolo sull’apparecchiatura elettrica ed elettronica, gli stessi sono apposti sull’imballaggio, sulle istruzioni per l’uso e sulla garanzia, anche se in formato digitale, dell’apparecchiatura elettrica ed elettronica”.

Sfalci e potature Modifiche in arrivo anche per il decreto 152/2006, conosciuto come Testo Unico Ambientale, ritoccato per quanto riguarda le esclusioni dalla disciplina sui rifiuti. Precisamente, l’art. 20 della Legge Europea 2018 riscrive la parte dell’art. 185 del Testo Unico sull’esclusione di sfalci e potature (lett. f), che dal 26 maggio 2019 contempla “la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell’ambito delle buone pratiche colturali, nonché gli sfalci e le potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico dei comuni, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante

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processi o metodi che non danneggiano l’ambiente ne’ mettono in pericolo la salute umana” L’articolo 21, inoltre dispone l’abrogazione delle disposizioni della Legge 208/2015 (legge di

stabilità 2016) recanti estensione del periodo di incentivazione per gli impianti a biomasse, biogas e bioliquidi. (CS)

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Ritardi nei pagamenti: pubblicata la Legge Europea i certificati di pagamento relativi agli acconti del corrispettivo di appalto sono emessi entro un termine non superiore a sette giorni Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 109 dell’11 maggio 2019, la legge 3 maggio2019, n. 37, la cosiddetta “Legge Europea 2018”, questa normativa che ha natura eterogenea, interviene in diversi settori dove vi è una procedura di infrazione in corso per contrasto tra diritto italiano e diritto europeo, o vi è un forte rischio di apertura di procedure di questo tipo. Tra i provvedimenti più importanti, che riguardano gli appalti pubblici, l’introduzione del nuovo art. 113 bis del Codice Appalti (decreto legislativo n. 50 del 2016) in materia di tempi nei pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni.

Il precedente articolo 113 bis in vigore fino al 25 maggio 2019 In riferimento ai termini per l’emissione dei certificati di pagamento relativi agli acconti il precedente articolo 113 bis del D. Lgs 50/2016 e in vigore fino al 25 maggio 2019 prevedeva che i certificati di pagamento relativi agli acconti del corrispettivo di appalto sono emessi nel termine di trenta giorni decorrenti dall’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori, salvo che sia diversamente ed espressamente concordato dalle parti e previsto nella documentazione di gara e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore. (questo comma era stato modificato dall’art. 1, comma 586, legge n. 205 del 2017). Inoltre, il comma 2 prevedeva, che i contratti di appalto prevedono penali per il ritardo nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali da parte dell’appaltatore commisurate ai giorni di ritardo e proporzionali rispetto all’importo del contratto o alle prestazioni del contratto. Le penali dovute per il ritardato adempimento sono calcolate in misura Pag. 44 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 8 - 30 aprile 2019

giornaliera compresa tra lo 0,3 per mille e l’1 per mille dell’ammontare netto contrattuale da determinare in relazione all’entità delle conseguenze legate al ritardo e non possono comunque superare, complessivamente, il 10 per cento di detto ammontare netto contrattuale. All’esito positivo del collaudo o della verifica di conformità il responsabile unico del procedimento rilascia il certificato di pagamento ai fini dell’emissione della fattura da parte dell’appaltatore. Il certificato di pagamento è rilasciato nei termini di cui all’articolo 4, commi 2, 3, 4 e 5 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, che prevede che il periodo di pagamento non può superare i seguenti termini: a) trenta giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. Non hanno effetto sulla decorrenza del termine le richieste di integrazione o modifica formali della fattura o di altra richiesta equivalente di pagamento; b) trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento; c) trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi; d) trenta giorni dalla data dell’accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell’accertamento della conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data. Nelle transazioni commerciali tra imprese le parti possono pattuire un termine per il pagamento superiore rispetto a quello sopra previsto. Termini superiori a sessanta giorni, purché non siano gravemente iniqui per il creditore, devono essere pattuiti espressamente. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto.



Nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a quello sopra previsto, quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. In ogni caso i termini di cui al comma 2 non possono essere superiori a sessanta giorni. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto. I termini sopra indicati sono raddoppiati: a) per le imprese pubbliche che sono tenute al rispetto dei requisiti di trasparenza di cui al decreto legislativo 11 novembre 2003, n. 333; b) per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tale fine.

Il nuovo art. 113 bis in vigore dal 26 maggio 2019 In riferimento ai termini di pagamento e alle clausole penali l’articolo 113 bis viene sostituito dall’art. 4 della legge n. 37 del 2019, e entra in vigore dal 26 maggio 2019. Questo prevede che i pagamenti relativi agli acconti del corrispettivo di appalto sono effettuati nel termine di trenta giorni decorrenti dall’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori, salvo che sia espressamente concordato nel contratto un diverso termine, comunque non superiore a sessanta giorni e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. I certificati di pagamento relativi agli acconti del corrispettivo di appalto sono emessi contestualmente all’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori e comunque entro un termine non superiore a sette giorni dall’adozione degli stessi. All’esito positivo del collaudo o della verifica di conformità, e comunque entro un termine non superiore a sette giorni dagli stessi, il responsabile unico del procedimento rilascia il certificato di pagamento ai fini dell’emissione della fattura da parte dell’appaltatore; il relativo pagamento è ef-

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fettuato nel termine di trenta giorni decorrenti dal suddetto esito positivo del collaudo o della verifica di conformità, salvo che sia espressamente concordato nel contratto un diverso termine, comunque non superiore a sessanta giorni e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. Il certificato di pagamento non costituisce presunzione di accettazione dell’opera, ai sensi dell’articolo 1666, secondo comma, del codice civile. I contratti di appalto prevedono penali per il ritardo nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali da parte dell’appaltatore commisurate ai giorni di ritardo e proporzionali rispetto all’importo del contratto o alle prestazioni del contratto. Le penali dovute per il ritardato adempimento sono calcolate in misura giornaliera compresa tra lo 0,3 per mille e l’1 per mille dell’ammontare netto contrattuale, da determinare in relazione all’entità delle conseguenze legate al ritardo, e non possono comunque superare, complessivamente, il 10 per cento di detto ammontare netto contrattuale.

Conclusioni L’articolato della legge europea 2018, contiene 22 articoli (suddivisi in 8 capi) che modificano o integrano disposizioni vigenti dell’ordinamento nazionale per adeguarne i contenuti al diritto europeo e per far fronte a procedure di infrazione. Si compone di disposizioni aventi natura eterogenea che intervengono nei seguenti settori: - libera circolazione di persone, servizi e merci (capo I, articoli 1-7); - giustizia e sicurezza (capo II, articolo 8); - trasporti (capo III, articoli 9 e 10); - fiscalità, dogane e aiuti di Stato (capo IV, articoli 11-14); - diritto d’autore (capo V, articolo 15); - tutela della salute umana (capo VI, articoli 16 e 17); - ambiente (capo VII, articoli 18-21). (CS)


Misure per il recupero della competitività regionale (1a parte) razionalizzazione e semplificazione in materia urbanistica Nel Supplemento Ordinario n. 15 del 30 aprile 2019 al BUR n. 17 del 24 aprile 2019 è stata pubblicata la L.R. 29 aprile 2019 n. 6 “Misure urgenti per il recupero della competitività regionale”. Questa legge è entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione pertanto il 30 aprile. La normativa nasce dalla proposta di legge n. 26 che si proponeva l’obiettivo di incidere su diversi settori dell’ordinamento regionale nell’ottica di un obiettivo di semplificazione, in termini di celerità e chiarezza applicativa, e di promozione e sviluppo sostenibile del territorio. L’esame del provvedimento in Commissione è iniziato nel novembre 2018 e si è concluso con l’approvazione a maggioranza nella seduta del 20 febbraio 2019, con una tempistica atta a garantire i necessari approfondimenti del testo che, nella versione approvata ed oggi all’esame dell’Aula, è stato oggetto di modifiche sostanziali specie rispetto a quei contenuti sui quali sono state avanzate le maggiori perplessità, ossia le modifiche alla legge regionale 19/2009, Codice regionale dell’edilizia, e alla legge regionale 21/2016 in materia di turismo ed attività produttive. Le audizioni hanno rappresentato un momento di confronto molto importante cui hanno attivamente partecipato gli operatori di tutti i settori interessati, tra cui la nostra Associazione, oltre, alle categorie professionali, a quelle industriali, agricole, del commercio, del sociale, del settore venatorio e ambientalista e all’esito delle quali sono emersi spunti di riflessione significativi per il lavoro della Commissione IV, competente in sede referente, ma anche delle altre Commissioni che sulla proposta di legge n. 26 sono state chiamate a rendere parere. La VI Commissione ha reso parere favorevole a maggioranza il 28 novembre 2018; la III Commissione ha Pag. 47 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 8 - 30 aprile 2019

ritenuto di non esprimersi stante l’intendimento preannunciato dai proponenti il provvedimento di sopprimere i due articoli su cui si sarebbe dovuta pronunciare; la V Commissione l’11 febbraio 2019 ha espresso all’unanimità un parere favorevole condizionato all’accoglimento di un emendamento che riconosce l’accesso gratuito al sistema museale a tutti i minorenni e nella sola giornata di domenica; la II Commissione, nella seduta del 13 febbraio 2019, ha espresso parere favorevole subordinato all’accoglimento di alcune modifiche in materia di turismo ed attività produttive. Per quanto attiene nello specifico i contenuti del provvedimento, in questa prima parte gli argomenti relativi alla razionalizzazione e semplificazione in materia urbanistica.

Decadenza dei vincoli Il testo dell’articolo 23 della legge regionale 5/2007, è stato modificato introducendo la specifica che nelle more della reiterazione dei vincoli non sono ammesse varianti che assoggettano a vincolo preordinato all’esproprio aree destinate a servizi. Sono comunque ammesse varianti per la realizzazione di lavori pubblici di servizi e attrezzature collettive, attuabili anche o esclusivamente da Enti istituzionalmente competenti o da privati convenzionati e quelle conseguenti a una conferenza di servizi, un accordo di programma, un’intesa ovvero un altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico.

Piani attuativi comunali Il testo dell’articolo 25 della legge regionale 5/2007 modificato prevede che i Piani attuativi comunali (PAC) sono adottati e approvati dalla Giunta comunale in seduta pubblica, secondo le modalità previste nel regolamento comunale. I PAC sono addottati e approvati dal Consiglio comunale qualora ne faccia richiesta almeno un quarto dei Consiglieri comunali. Il PAC adottato è depositato presso la sede del Comune per trenta giorni entro i quali chiunque può formulare osservazioni e opposizioni. Il PAC


può essere adottato anche contestualmente alla variante dello strumento urbanistico generale; in tali casi l’approvazione del PAC non può essere deliberata anteriormente all’approvazione dello strumento urbanistico generale. Le procedure di adozione e approvazione del PAC sostituiscono quelle degli strumenti urbanistici attuativi delle previsioni di pianificazione comunale e sovracomunale e in particolare: a) i piani particolareggiati e i piani di lottizzazione; b) i piani per l’edilizia economica e popolare; c) i piani delle aree da destinare a insediamenti produttivi; d) i piani di recupero; e) i programmi integrati di intervento; f) i programmi di recupero e riqualificazione urbana. Per le opere pubbliche e di interesse pubblico, la deliberazione di approvazione dei PAC comporta la pubblica utilità delle opere. Il Comune, su richiesta del proponente un PAC di iniziativa privata, può attribuire all’atto deliberativo valore di titolo abilitativo edilizio per tutti o parte degli interventi previsti, a condizione che siano stati ottenuti i pareri, le autorizzazioni e i nulla osta cui è subordinato il rilascio del titolo abilitativo medesimo. Le eventuali varianti al titolo abilitativo edilizio relative a tali interventi sono rilasciate, a norma delle disposizioni vigenti, senza la necessità di pronunce deliberative. I rapporti derivanti dall’attuazione degli interventi previsti dal PAC sono regolati da convenzione tra Comune e proponente, approvata dalla Giunta comunale contestualmente al PAC. Conformazione o adeguamento degli strumenti urbanistici al Piano Paesaggistico Il testo dell’articolo 57 ter della legge regionale 5/2007 modificato prevede che i Comuni conformano o adeguano i propri strumenti urbanistici generali alle previsioni del Piano Paesaggistico Regionale (PPR), ai sensi dell’articolo 145, comma 4, del decreto legislativo 42/2004, secondo le procedure disciplinate dalla normativa regionale in materia di urbanistica entro i termini e con le modalità stabiliti dal PPR. La partecipazione degli organi ministeriali al procedimento di conformazione o adeguamento è disciplinata dal PPR. Sino all’adozione della variante urbanistica generale di adeguamento o conformazione al PPR e comunque sino alla scadenza dei due anni dall’entrata in vigore del PPR, alla valutazione di coerenza della variante di livello comunale di cui all’articolo 63 sexies con le previsioni del PPR Pag. 48 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 8 - 30 aprile 2019

provvede l’Amministrazione comunale procedente che allega, in sede di adozione della medesima, la valutazione degli aspetti paesaggistici in applicazione dei criteri di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 dicembre 2005 (Individuazione della documentazione necessaria alla verifica della compatibilità paesaggistica degli interventi proposti, ai sensi dell’articolo 146, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42). (Potestà regolamentare) Il testo dell’articolo 61 della legge regionale 5/2007, modificato prevede che il regolamento di attuazione della presente legge è emanato in conformità ai principi generali di cui all’articolo 1 della legge regionale 7/2000, e successive modifiche, nonché ai seguenti ulteriori principi: a) adeguatezza, sussidiarietà e differenziazione; b) semplificazione, omogeneità e trasparenza delle procedure; c) collaborazione tra i soggetti istituzionali; d) responsabilità; e) sviluppo sostenibile; f) interesse regionale. Il regolamento emanato secondo i criteri di coamministrazione, partecipazione, pubblicità e informazione, anche mediante utilizzo di sistemi telematici e informatici, entro centottanta giorni dalla pubblicazione della presente legge, previo parere della competente Commissione consiliare. La Commissione consiliare esprime il parere entro sessanta giorni dalla data di ricezione della relativa richiesta. Decorso tale termine si prescinde dal parere. Con il regolamento sono emanate le norme di attuazione della Parte I della presente legge con riferimento a: a) contenuti minimi del DPP (Documento Pluriennale di Pianificazione), ai fini della tutela e impiego della risorsa essenziale di interesse regionale; b) contenuti minimi degli elaborati di PSC (piani strutturali comunali), POC Piano operativo comunale e PAC (Piano di attuazione comunale), ai fini della tutela e impiego della risorsa essenziale di interesse regionale; c) procedure di armonizzazione dei piani territoriali infraregionali; d) informatizzazione degli strumenti urbanistici e metodologie informatiche di rappresentazione; e) disciplina dell’osservatorio regionale della pianificazione territoriale e urbanistica, dell’attività edilizia e del paesaggio;


f) specifiche tecniche per la redazione del Rapporto comunale sullo stato del territorio. Con il regolamento possono essere emanati criteri operativi a disciplina della formazione di varianti agli strumenti urbanistici comunali vigenti alla data di entrata in vigore della legge regionale 29 aprile 2019, n. 6 (30 aprile 2019), qualora interessino zone omogenee D o H. I criteri operativi suindicati trovano applicazione nelle more di approvazione del PTR (Piano Territoriale Regionale). Con il regolamento sono emanate norme di attuazione della Parte II della presente legge e sono disciplinati: a) il certificato di conformità urbanistica dei lavori pubblici; b) gli oneri di urbanizzazione; c) gli standard urbanistici; d) la convenzione relativa agli interventi di edilizia abitativa; e) il controllo e la vigilanza sull’attività edilizia; f) le residenze agricole; g) la determinazione delle variazioni essenziali e le limitate modifiche volumetriche. Con il regolamento sono emanate norme di attuazione in materia di paesaggio ed è disciplinato il funzionamento della Commissione regionale e delle Commissioni locali per il paesaggio. Norme transitorie per gli strumenti urbanistici attuativi comunali e loro varianti fino all’entrata in vigore del PTR Il testo dell’articolo 63 quater della legge regionale 5/2007, modificato prevede che in attuazione degli strumenti urbanistici generali comunali il PAC, il PRPC (Piano Regolatore Particolareggiato Comunale) o altro strumento urbanistico attuativo comunque denominato ai sensi dell’articolo 25, può apportare modifiche al PRGC. Fino all’entrata in vigore del PTR, nell’attuazione gli strumenti urbanistici generali comunali non dotati di rappresentazione schematica delle strategie di piano, ovvero di piano struttura, il PRPC o altro strumento urbanistico attuativo comunque denominato può apportare modifiche allo strumento urbanistico generale purché si rispettino le condizioni e i limiti di soglia di cui all’articolo 9 della legge regionale 21/2015. In tal caso il PRPC o altro strumento urbanistico attuativo comunque denominato contiene una relazione sottoscritta dal progettista incaricato della sua redazione e asseverata dal responsabile del procedimento che dimostri il rispetto delle condizioni e dei limiti di soglia previsti nel capo II della legge regionale 21/2015 per le varianti agli struPag. 49 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 8 - 30 aprile 2019

menti urbanistici generali comunali non dotati di rappresentazione schematica delle strategie di piano, ovvero di piano struttura. Norme transitorie per la formazione di strumenti urbanistici generali comunali e loro varianti - Disposizioni particolari in materia di insediamenti produttivi e commerciali e a tutela del suolo naturale Il testo dell’articolo 63 quinquies della legge regionale 5/2007, modificato prevede che nelle more dell’entrata in vigore dello strumento di pianificazione regionale in sostituzione del PURG, le condizioni per la previsione di nuove zone omogenee D e H, non rientranti nelle fattispecie di cui all’articolo 63 sexies in sostituzione di altra zona, sono: a) nuovo o diverso fabbisogno insediativo rispetto a quello già previsto negli strumenti urbanistici comunali vigenti o adottati che non può essere soddisfatto attraverso l’utilizzo delle zone esistenti disponibili ovvero la modifica delle relative norme di attuazione; b) la saturazione delle aree già destinate alle funzioni insediative relative al nuovo o diverso fabbisogno insediativo; c) per le aree industriali: 1) l’assenza di convenienza economica o la sussistenza di problematiche logisticofunzionali per l’insediamento nelle zone omogenee D1 individuate dallo strumento di pianificazione regionale vigente o nelle Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate (APEA) di cui all’articolo 8 della legge regionale 20 febbraio 2015, n. 3 (Rilancimpresa FVG - Riforma delle politiche industriali); 2) la coerenza con le finalità di promozione dello sviluppo sostenibile, di limitazione del consumo di suolo e di contrasto alla dispersione insediativa, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a), della legge regionale 3/2015; d) per le aree commerciali: 1) la congruità con i piani comunali di settore del commercio e la conformità di questi alla vigente normativa, se nella zona H sono ammessi esercizi di vendita di media e grande struttura; 2) la compatibilità viabilistica e ambientale della scelta di localizzazione degli esercizi di vendita di media e grande struttura. Sono consentite, previo parere favorevole dell’Azienda per i servizi sanitari, le varianti agli strumenti urbanistici vigenti che prevedano:


a) la trasformazione in zone per insediamenti residenziali o extraresidenziali, di zone in cui insistono insediamenti zootecnici anche di consistenza superiore a 50 UBA (Unità di Bestiame Adulto) e distanti da zone residenziali meno di 200 metri, purché la trasformazione sia preordinata alla dismissione o conversione degli insediamenti zootecnici esistenti; b) l’ampliamento degli insediamenti zootecnici esistenti in termini di superficie coperta e consistenza, anche in deroga all’articolo 38 delle norme di attuazione del PURG e fino alla distanza minima di 200 metri o fino alla distanza minima degli immobili abitativi eventualmente preesistenti e non connessi all’attività al fine di garantire la conservazione o l’aumento della capacità produttiva secondo quanto previsto dalle leggi di settore. I criteri operativi da rispettare per le funzioni preminentemente commerciali di tipo H sono: a) per la quantificazione degli ulteriori fabbisogni insediativi: 1) riferirsi all’attualità della domanda di nuove attività commerciali o di ampliamento di quelle esistenti, che illustrino in termini quantitativi e qualitativi le iniziative imprenditoriali e le linee strategiche di sviluppo, le azioni per il raggiungimento degli obiettivi e i risultati attesi, nonché la sostenibilità economica e finanziaria degli interventi previsti; 2) ricondurre le trasformazioni territoriali comportanti riduzioni di aree naturali o agricole a una dimensione non eccedente le strette esigenze di soddisfacimento dei nuovi fabbisogni insediativi; 3) comprovare che in termini funzionali e dimensionali gli ulteriori fabbisogni determinino carichi insediativi compatibili vuoi con i livelli di servizio delle reti infrastrutturali e con la dotazione di attrezzature collettive, vuoi con la tutela del paesaggio; b) per la documentazione della preminente saturazione delle aree già destinate alle funzioni insediative sopraindicate si dovrà descrivere e attestare che l’estensione e la conformazione fisica delle superfici edificabili comprese nelle vigenti zone non preminentemente residenziali e non preminentemente produttive non consentano l’attuazione degli ulteriori fabbisogni insediativi di cui alla lettera a); c) per la documentazione della prevalente occupazione degli insediamenti extraresidenziali Pag. 50 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 8 - 30 aprile 2019

già edificati sulle aree destinate alle funzioni ammissibili, si dovrà descrivere e attestare che l’entità e la disposizione planivolumetrica delle superfici coperte degli insediamenti non occupati presenti sulle vigenti zone non preminentemente residenziali e non preminentemente produttive non consentano l’attuazione degli ulteriori fabbisogni insediativi di cui alla lettera a); d) per la dimostrazione della congruità commerciale dei piani comunali di settore del commercio alla vigente normativa di cui alla legge regionale 5 dicembre 2005, n. 29 (Normativa organica in materia di attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande. e) per la dimostrazione della compatibilità urbanistica e ambientale della scelta di localizzazione degli esercizi di vendita di grande struttura, oltre al rispetto dei criteri di indirizzo di cui all’articolo 15, commi 7, 8, 9, 10, e di quelli di cui all’allegato B delle legge regionale 29/2005, si dovrà attestare che la previsione degli esercizi di vendita di grande struttura non comporti la trasformazione di zone di tipo F o di zone di tipo E definite dal PURG o dai vigenti strumenti urbanistici come zone di pregio paesaggistico, ambientale o agronomico. Con deliberazione del Consiglio comunale possono essere apportate precisazioni alla classificazione delle zone previste nei vigenti strumenti urbanistici comunali unicamente ai fini di assicurare l’equiparazione alle zone omogenee indicate dal PURG (Piano Urbanistico Regionale Generale). Al fine di garantire le equiparazioni, il Comune può richiedere alla Direzione centrale competente in materia di pianificazione territoriale un parere di compatibilità preliminarmente alla deliberazione.

Norma transitoria in materia di pianificazione territoriale regionale Nelle more dell’entrata in vigore del Piano del governo del territorio di cui alla legge regionale 3 dicembre 2009, n. 22 (Procedure per l’avvio della riforma della pianificazione territoriale della Regione), nonché della riforma della pianificazione territoriale della Regione: a) le previsioni relative agli interventi sulla rete stradale di primo livello e sulle penetrazioni urbane definite dal Piano regionale delle infrastrutture di trasporto, della mobilità delle merci e della logistica, di seguito PRITMML, di cui all’articolo 3 bis, comma 3, della legge


Gli obiettivi non sempre si possono raggiungere da soli

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regionale 20 agosto 2007, n. 23 (Attuazione del decreto legislativo 111/2004 in materia di trasporto pubblico regionale e locale, trasporto merci, motorizzazione, circolazione su strada e viabilità), nonché le previsioni insediative, introdotte nelle varianti agli strumenti urbanistici subordinati di cui agli articoli 63 e 63 bis della legge regionale 23 febbraio 2007, n. 5 (Riforma dell’urbanistica e disciplina dell’attività edilizia e del paesaggio), ovvero nelle varianti di livello comunale, qualora interferiscano con tali infrastrutture, sono assoggettate al preventivo parere della struttura regionale competente in materia di viabilità e infrastrutture, che si esprime in ordine alla verifica dell’impatto complessivo sulla rete stradale di primo livello e sulle penetrazioni urbane, in termini di flusso di traffico previsti, di miglioramento della sicurezza stradale e di mantenimento dei livelli di servizio prescritti, sulla base di uno studio da redigersi, a cura del proponente, in conformità agli indirizzi previsti dall’articolo 7 delle norme di attuazione del medesimo PRITMML. Lo studio e il parere costituiscono allegato del provvedimento di adozione della variante allo strumento urbanistico; il parere è richiesto direttamente dal Comune. Nel caso di previsioni che interferiscono con la rete stradale di primo livello e con le penetrazioni urbane definite dal PRITMML, il Comune trasmette alla struttura regionale competente in materia di viabilità e infrastrutture la verifica di significatività dell’interferenza prodotta dalle previsioni, anche nel caso di esito negativo della stessa, al fine della valutazione regionale su detto aspetto mediante emissione di specifico parere vincolante: detta valutazione interviene entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della verifica, decorso il quale il parere si intende reso in senso favorevole, quale accoglimento della proposta comunale. b) sono ammesse varianti allo strumento ur-

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banistico di due o più Comuni adottate congiuntamente per la realizzazione di progetti comuni la cui attuazione avviene attraverso la predisposizione di Piani Regolatori Particolareggiati Comunali (PRPC) o di altri strumenti attuativi che considerino l’intera superficie territoriale interessata dal progetto; in tale caso ciascuno strumento urbanistico generale disciplina, in modo coordinato con quello degli altri Comuni partecipanti, l’uso del territorio mediante strumenti grafici, normativi e descrittivi che determinano i contenuti del progetto; sono ammesse varianti urbanistiche al progetto comune solo qualora vi concorrano tutti i Comuni partecipanti.

Disposizioni in materia di lavori pubblici, edilizia, infrastrutture, pianificazione territoriale e risorse idriche Ad integrazione dell’articolo 38 delle norme di attuazione del Piano Urbanistico Regionale Generale, approvato con DPGR 15 settembre 1978, n. 0826/Pres., non sono ammesse variazioni agli strumenti urbanistici vigenti che prevedano nuove zone residenziali poste a distanza inferiore a 300 metri da insediamenti zootecnici di consistenza superiore a 50 UBA (Unità Bestiame Adulto). Sono consentite, previo parere favorevole dell’Azienda per i servizi sanitari, le variazioni agli strumenti urbanistici vigenti che prevedano l’estensione delle zone omogenee A e B a condizione che la distanza dagli insediamenti zootecnici di consistenza superiore a 50 UBA (Unità di Bestiame Adulto) delle aree costituenti ampliamento non sia inferiore a quella minima degli immobili abitativi esistenti e non connessi all’attività. La norma sopracitata non si applica nei comuni ricadenti nel territorio montano della regione. (continua)

(CS)


Scambi fra Soci

imprenditore veneto interessato all’acquisto di un complesso aziendale Un imprenditore del Veneto ci ha contattato manifestandoci l’interesse ad acquisire un’azienda, preferibilmente con attività nel ramo manifatturiero e secondo le seguenti condizioni e caratteristiche di base: 1) Sede: preferibilmente nei territori delle ex province di Udine e Pordenone. 2) Governance: acquisizione del 100% della proprietà o, comunque, del pacchetto di maggioranza (51%). 3) Ramo di attività: qualsiasi ramo di attività, con priorità per il ramo manifatturiero e con

esclusione di attività di terzisti, immobiliare e vitivinicolo di piccole dimensioni. 4) Prodotto: avente la potenzialità di distinguersi dalla concorrenza non soltanto per la componente del prezzo e caratteristiche intrinseche da consentirne la vendita anche all’estero. 5) Dimensioni: fatturato annuo da 3 a 10 milioni di euro. 6) Redditività: preferibile un margine operativo lordo (MOL) minimo del 10%. 7) Valore dell’azienda target: fino a 4 milioni di euro per nuova equity. 8) Passaggio di consegne: vincolante. 9) Premio prezzo: maggior prezzo oltre i 4 milioni pagato tramite cash flow che si realizzerà negli anni successivi all’acquisizione senza garanzie reali o fidejussioni sul pagamento. L’ufficio edilizia e territorio dell’Associazione è a disposizione per altre eventuali informazioni o contatti.

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(AdT)


Autotrasporto c/t. Costi indicativi di riferimento pubblicati i costi indicativi di riferimento del gasolio validi per l’aprile 2019 Si fa seguito a quanto riportato su Apinforma n. 6/2019, p. 43, per segnalare che il 15 maggio 2019 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Direzione generale per il trasporto stradale e l’intermodalità (di seguito Ministero) ha pubblicato sul proprio sito web (www.mit.gov.it) l’aggiornamento mensile della voce “costo per litro del gasolio” per le imprese di autotrasporto di cose in conto terzi valido per il mese di aprile 2019. In particolare, tenuto conto del prezzo medio al consumo accertato dal Ministero dello sviluppo economico nell’aprile 2019 (pari a 1.509,64 euro in aumento rispetto al mese di marzo 2019 quando ammontava 1.495,22 euro per 1.000 litri di gasolio), il valore mensile di riferimento di questa voce risulta essere di:

- 1,237 euro/l per i veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 7,5 t (al netto dell’IVA); - 1,023 euro/l per i veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 7,5 t (al netto dell’IVA e del rimborso delle accise). Si rammenta sempre che, a partire dal luglio 2015, con la ripresa delle pubblicazioni dei predetti valori indicativi, la nuova nota metodologica del Ministero ha chiarito che l’unica componente che verrà aggiornata mensilmente è quella del gasolio; per tutte le altre, la stessa nota ha informato che a seguito dei rilievi formulati dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il Ministero non provvederà più a quantificarle, limitandosi a riportare i criteri o le fonti da cui poter ricavare i relativi dati (ad es. il CCNL per il costo del lavoro). Inoltre, anche in questa sede, si ricorda che a partire dal 1° gennaio 2016 i veicoli di massa complessiva superiore a 7,5 t che avranno titolo al rimborso di quota parte delle accise sono solo quelli di categoria ecologica “Euro 3” e superiori. Il testo della nota ministeriale e altre informazioni possono essere richiesti all’ufficio trasporti dell’Associazione. (AdT)

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Contestazioni differite di violazioni del c.d.s. a fronte di violazioni di sanzioni che comportano la perdita di punteggio dalla patente e dalla cqc Con circolare prot. n. 300/A/3480/19/109/16 del 16 aprile 2019, il Ministero dell’interno, Direzione Centrale per la Polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato (di seguito Ministero) ha reso noto che, in merito alle contestazioni differite di violazioni del codice della strada (c.d.s.) che comportino la sottrazione di punti dalla patente di guida o, nel caso, dalla carta di qualificazione del conducente (CQC), l’Amministrazione non procederà più a notificare un secondo verbale verso coloro che, sottoscrivendo il modello di comunicazione dati del conducente trasmesso al proprietario del veicolo e obbligato in solido insieme al verbale di infrazione, abbiano ammesso la propria responsabilità in ordine all’illecito contestato. Questa novità non inciderà sui diritti del trasgressore, tenuto conto che l’obiettivo della notifica, che è quello di mettere a conoscenza il soggetto dell’esistenza di un provvedimento sanzionatorio a suo carico, viene comunque raggiunto “nel momento in cui l’interessato compila e sottoscrive

il modello di comunicazione dati del conducente - allegato, in genere, al verbale di contestazione… – facendo venire meno l’esigenza stessa di procedere a una nuova notificazione nei confronti dell’effettivo trasgressore”. In questo caso – fa sapere il Ministero – i termini che scattano con la notifica del verbale (per il pagamento in misura ridotta oppure con lo sconto del 30%, e per proporre ricorso), “decorrerebbero dalla data di invio del modulo da parte dell’interessato a meno che, ovviamente, non vi abbia già provveduto l’obbligato in solido.” Viceversa, si continuerà a notificare un secondo verbale quando il proprietario del veicolo/obbligato in solido, destinatario della prima notifica, dichiari di essere estraneo ai fatti indicando come trasgressore un secondo soggetto. Per tener conto di questa novità, il Ministero ha predisposto un nuovo modello di comunicazione dati in cui, nella parte da compilare a cura dell’effettivo trasgressore/non proprietario del veicolo o altro obbligato in solido, è stata inserita l’indicazione che la sottoscrizione presuppone la piena ed effettiva conoscenza del verbale di contestazione. Copia della nota, comprensiva del nuovo modello di dichiarazione può essere richiesta unitamente a ogni altra informazione all’ufficio trasporti dell’Associazione.

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(AdT)


Autotrasporto c/t. Aggiornamento procedure Albo e REN nuove istruzioni ministeriali nei casi di trasferimento della sede legale dell’impresa La circolare del 29 marzo 2019 Con circolare n. 1 del 29 marzo 2019 della Direzione generale per il trasporto stradale e per l’intermodalità del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha aggiornato la procedura relativa al trasferimento della sede legale di un’impresa iscritta all’Albo nazionale delle imprese di autotrasporto di cose in conto terzi (di seguito Albo) e Registro elettronico nazionale (REN) da una provincia a un’altra, fornendo a tutti gli uffici della Motorizzazione civile (UMC) le necessarie istruzioni. Tali istruzioni sono state diramate anche alla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, che procederà secondo le proprie attribuzioni e organizzazione. La precedente procedura, infatti, evidenziava difficoltà a concludere l’operazione in tempi brevi, oltre alla circostanza che l’ufficio dell’UMC della provincia di partenza cancellava l’impresa dall’Albo e a volte anche dal REN prima ancora che l’ufficio dell’UMC di destinazione procedesse alla sua nuova iscrizione. Con la nuova procedura viene precisato che tutta l’operazione di trasferimento da parte degli uffici va fatta tempestivamente, a partire da quando la variazione della sede è stata registrata nel Registro delle imprese tenuto dalla CCIAA. Da quel momento, l’impresa - o, per essa, la sua agenzia - invia la comunicazione di avvenuto trasferimento della sede (modello allegato C, alla circolare ministeriale n. 4 del 24 luglio 2015) sia all’UMC di partenza sia all’UMC di destinazione. La UMC di partenza, ricevuta la comunicazione, verifica la correttezza dei dati e dei requisiti dell’impresa iscritta, l’avvenuto cambio di sede nel Registro imprese e procede con l’avvio della nuova procedura informatica di trasferimento alla UMC della nuova sede, senza cancellare l’impresa dal REN e dall’Albo.

La UMC di destinazione, ricevuta telematicamente la notizia dell’avvenuto ambio di competenze, provvede ad attribuire all’impresa un nuovo numero di Albo (aggiornandone i dati nel sistema informatico: indirizzo sede, nuova CCIAA di riferimento ed eventualmente anche quelli relativi allo stabilimento, qualora richiesti dall’impresa nella comunicazione), mentre il numero di REN rimane identico, posto che la sua numerazione è unica ed è nazionale. La circolare precisa infine che il trasferimento di competenze, da una UMC ad un’altra, non necessita l’avvio di alcun tipo di procedimento volto all’accertamento dei requisiti per l’esercizio della professione di autotrasportatore posseduti dall’impresa.

L’avviso del 4 aprile 2019 Successivamente il Ministero ha emanato il “file avvisi” n. 6 del 1° aprile 2019 (di seguito avviso), in cui informa gli UMC che dal 4 aprile 2019 sono operativi gli aggiornamenti dell’applicazione del REN, fra cui quelli legati al trasferimento della sede legale dell’impresa. In via generale, da tale data le c.d. applicazioni legacy che gestiscono gli aggiornamenti delle iscrizioni all’Albo sono sostituite da nuove applicazioni web richiamabili nella sezione “autotrasporto” - “Registro Elettronico Nazionale”. Nel menu sarà presente la sezione “gestione Albo” per la gestione delle imprese iscritte attraverso i quali sarà possibile: - visualizzare informazioni su un’impresa iscritta all’Albo; - sospendere/radiare/cancellare/riattivare un’impresa; - aggiungere/modificare le informazioni sul gestore del trasporto; - inserire/modificare la capacita finanziaria di un’impresa; - associare un altro soggetto all’impresa; - visualizzare i veicoli immatricolati dall’impresa; nonché: - gestire le associazioni consorzio/consorziata dell’impresa;

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- trasferire in una nuova provincia l’iscrizione di un’impresa. L’avviso precisa anche che nella gestione dell’iscrizione al REN di un’impresa di autotrasporto cose c/t sono state modificate alcune funzioni e aggiunte delle nuove e, precisamente: - nuova visualizzazione dettaglio veicoli; - storico iscrizione REN merci; - modifica dati impresa; - cessazione di una impresa; - sospensione di una impresa; - revoca di una impresa; - riattivazione di una impresa. Sono state, inoltre, realizzate nuove funzioni per la produzione dei seguenti “report”: - capacità finanziaria scaduta, - imprese prive di stabilimento; - imprese con stato REN provvisorio; - imprese con gestori con attestato di idoneità professionale nazionale ma con licenza comunitaria internazionale attiva; - imprese prive di gestore; - stato di iscrizione al REN; - pagamento quote per imprese iscritte all’Albo; - imprese iscritte all’Albo. Infine, gli UMC potranno consultare le imprese iscritte all’Albo ed al REN di tutta Italia, senza vincoli di competenza territoriale. Nel merito del trasferimento della sede legale di

un’impresa da una provincia ad un’altra, l’UMC non dovrà più cancellare l’impresa dal REN e dall’Albo, ma dovrà solo usare la funzione di trasferimento indicando la sigla della provincia della nuova sede legale. Cliccando sul pulsante “conferma”, l’iscrizione passerà nello stato “trasferita” e in automatico verrà realizzata la richiesta di iscrizione all’Albo della nuova provincia ed inviato un messaggio informativo all’UMC competente con il numero della richiesta inserita. Quest’ultimo UMC, ricevuta notizia dell’avvenuto cambio di competenza dovrà provvedere a modificare la richiesta di iscrizione creata dal sistema con l’inserimento dell’indirizzo della sede legale dell’impresa e quindi a completare l’iscrizione, che genererà un nuovo numero di iscrizione all’Albo, mentre il numero di iscrizione al REN, in ragione della sua valenza nazionale, non verrà modificato. Per un’impresa di tipo consorzio o cooperativa sarà possibile inserire l’elenco di tutte le imprese ad essa associate con l’obbligo di inserirne almeno una. Un’impresa consorzio o cooperativa potrà, a sua volta, essere associata ad uno o più consorzi o cooperative. Il testo dei documenti citati può essere richiesto, unitamente a ogni altra informazione, all’ufficio trasporti dell’associazione.

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(AdT)


Revisione macchine agricole e operatrici rinvio dei termini

Per opportuna conoscenza si segnala che il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 28 febbraio 2019, al momento ancora in attesa di registrazione da parte della Corte dei conti e di pubblicazione sulla G.U., ha rinviato i termini per la revisione delle macchine agricole e delle macchine operatrici, ai fini della

circolazione su strada ai sensi di quanto prescritto dagli artt. 111 e 114 del codice della strada. L’avvio delle operazioni di revisione di questi veicoli era stato disciplinato dal decreto interministeriale del 20 maggio 2015 che, per le macchine operatrici, ne stabiliva l’inizio a partire dal 31 dicembre 2018 con periodicità quinquennale. Tuttavia, come si apprende dalle premesse dell’atto, la predisposizione della normativa tecnica “ha evidenziato numerose difficoltà organizzative e tecniche per l’attuazione dei nuovi controlli tecnici di revisione.” Di conseguenza, allo scopo di evitare che, su strada, l’assenza di revisione possa determinare delle sanzioni nei confronti degli utilizzatori di questi mezzi, i due Ministri hanno ritenuto opportuno aggiornare le scadenze originariamente previste nel 2015, come da tabella seguente:

Macchine agricole e operatrici

Nuovi termini delle revisioni

Immatricolate entro il 31 dicembre 1983

30 giugno 2021

Immatricolate dal 1° gennaio 1984 al 31 dicembre 1995

30 giugno 2022

Immatricolati dal 1° gennaio 1996 al 31 dicembre 2018

30 giugno 2023 Revisione al 5° anno entro la fine del mese di prima immatricolazione

Immatricolati dopo il 1° gennaio 2019

Il medesimo provvedimento interviene anche sull’art. 6 del decreto del 20 maggio 2015, abrogando i commi 2 e 3 e modificando il co. 1, con la conseguenza di estendere l’obbligo di revisione a tutte le macchine agricole - e non solo ai trattori agricoli - e, cioè: trattori agricoli, macchine agricole operatrici semoventi a due o più assi, rimorchi agricoli di massa complessiva superiore a 1,5 t ovvero di massa complessiva inferiore, se le di-

mensioni d’ingombro superano i 4 m di lunghezza e 2 m di larghezza. Si ritornerà sull’argomento non appena il decreto in esame sarà stato pubblicato sulla G.U. Il testo e altre informazioni possono essere subito richiesti all’ufficio trasporti dell’Associazione.

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(AdT)


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