NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE PICCOLE E MEDIE INDUSTRIE
APINFORMA numero 8 30 aprile 2015
IN PRIMO PIANO FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO
ASSISTENZA FISCALE PER IL MOD. 730/2015
APINFORMA - Quindicinale di informazione dell’Associazione Piccole e Medie Industrie
FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO
LAVORO
SICUREZZA E AMBIENTE
EDILIZIA
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NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE PICCOLE E MEDIE INDUSTRIE
APINFORMA
numero 8 30 aprile 2015
Sommario
FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO
LAVORO
SICUREZZA E AMBIENTE
EDILIZIA
Assistenza fiscale per il mod. 730/2015
8
Presentazione al CAF del modello 730
9
Commercio elettronico diretto
12
Riduzioni aliquote Irap regionali
15
Prescrizione rimborsi Iva
16
Accise sul gasolio
18
Contributi all’imprenditoria femminile
19
Contributi per grandi progetti di ricerca e sviluppo
20
Indice mensile rivalutazione t.f.r. marzo 2015
21
Unionmeccanica: congedo parentale fruibile ad ore
22
CCNL Uniontessile Confapi
24
Inail
26
Idoneità all’impiego dei gas tossici
27
Rifiuti
28
Cassazione
29
Unionchimica Confapi
30
Prezziario regionale in fase di aggiornamento per il 2015
32
Autorità: effetti del concordato preventivo
35
EXPORT MARKETING
ORGANIZZAZIONE
Paesi esteri
38
Trasfer pricing
39
Arbitrato internazionale
42
FAPI
46
Disponibilità curricula aggiornati
48
Stampa 3D
50
Legislazione alimentare
52
Privacy e lavoro
54
Autorità di regolazione dei trasporti. Contributo 2015
56
Autotrasporti internazionali. Autorizzazioni CEMT
59
Divieti di circolazione sul ponte di Dignano
60
Autotrasporto c/t. Costi indicativi di riferimento
61
Autotrasporto. Tempi di guida pausa e riposo
62
Canone di locazione immobili urbani
64
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Editore Redazione Associazione Piccole e Medie Industrie del Friuli Venezia Giulia - Confapi FVG Viale Ungheria, 28 33100 Udine Tel. 0432 507377 www.confapifvg.it
Direttore Responsabile Lucia Cristina Piu Registrazione presso il Tribunale di Udine n. 404 del 27.08.1977
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Assistenza fiscale per il mod. 730/2015 ACCESSO AL SERVIZIO SENZA NECESSITÀ DI APPUNTAMENTO
Ricordiamo che in Associazione è operativo il Centro di Assistenza fiscale, utilizzabile dai lavoratori dipendenti e pensionati, per la compilazione, l’assistenza, la trasmissione o conferma del modello 730/2015. Quest’anno l’amministrazione finanziaria ha messo a disposizione dei contribuenti un modello pre-compilato al quale è possibile accedere anche per il tramite del CAF. In questi casi tuttavia è necessario presentare al CAF una delega, contenente alcuni riferimenti reddituali riferiti allo scorso anno, unitamente ad un documento d’identità valido. Il modello pre-compilato acquisito dal CAF, potrà essere confermato dal contribuente, qualora lo stesso sia completo, oppure integrato con eventuali dati mancanti. Il Centro oltre a raccogliere le dichiarazioni, sarà a disposizione per fornire tutta l’assistenza necessaria alla corretta compilazione del modello. Il servizio è aperto a tutti gli interessati a questo tipo di modello dichiarativo, come ad esempio dipendenti, pensionati e collaboratori. Il modello 730 permette il recupero di eventuali
crediti d’imposta vantati nei confronti del fisco, direttamente in busta paga oppure di pagare le imposte dovute (saldi e acconti), alle scadenze previste dalla legge, con trattenute sulle retribuzioni senza ulteriori adempimenti da parte dei contribuenti. E’ inoltre consentito accedere al modello 730 anche da parte dei contribuenti privi di un datore di lavoro, a patto che i propri redditi risultino tra quelli dichiarabili con la dichiarazione semplificata, in questi casi sarà l’amministrazione finanziaria ad effettuare il rimborso. Tutti gli interessati possono rivolgersi all’Associazione durante l’orario d’ufficio, senza necessità di fissare un appuntamento. Per ogni ulteriore informazione è possibile contattare il dottor Paolo Zorzenone, Responsabile dell’Ufficio Fiscale e Tributario dell’Associazione, al numero telefonico 0432/507377. Il compenso per il servizio di assistenza fiscale è così determinato:
MODELLO 730/2015 - € 10,00 per solo scarico modello pre-compilato dall’amministrazione finanziaria; - € 30,00 per modifica del modello pre-compilato dall’amministrazione finanziaria; - € 60,00 per inserimento di un nuovo contribuente; - per elaborazioni massive il prezzo sarà concordato preventivamente con l’Associazione. I prezzi sono comprensivi di Iva.
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(PZ)
Presentazione al CAF del modello 730 RIVOLUZIONATE LE MODALITÀ DI PRESENTAZIONE DELLA DICHIARAZIONE SEMPLIFICATA PREMESSA Con il modello 730 i lavoratori dipendenti, collaboratori e pensionati, possono dichiarare i propri redditi attraverso una procedura semplificata. Con il modello 730 è possibile ottenere i rimborsi oppure effettuare i versamenti delle somme a debito direttamente in busta paga. Possono presentare il modello 730 anche coloro che nel 2014 hanno percepito redditi di lavoro dipendente, pensione e/o alcuni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ma che non hanno un sostituto d’imposta tenuto ad effettuare il conguaglio. In questi casi l’eventuale conguaglio a credito sarà rimborsato direttamente dall’Agenzia delle entrate.
I REDDITI INTERESSATI AL MODELLO Con il modello 730 possono essere dichiarati i seguenti redditi: - di lavoro dipendente e assimilato; - di collaborazione coordinata e continuativa; - di terreni e fabbricati; - di capitale; - di lavoro autonomo non esercitato abitualmente; - redditi occasionali derivanti da attività commerciali; - indennità per la cessazione di rapporti di co.co. co. non assoggettati a tassazione separata; - alcuni redditi diversi; - alcuni redditi assoggettati a tassazione separata.
SOGGETTI CHE POSSONO UTILIZZARE IL MODELLO La compilazione del modello 730, affinché il rimborso sia effettuato direttamente dal sostituto d’imposta, richiede che il rapporto di lavoro sia in
vigore dal mese di giugno al mese di luglio. Nei casi in cui manchi il sostituto d’imposta ma i redditi ricadano tra quelli dichiarabili tramite il modello 730, come già ricordato, il conguaglio a credito sarà eseguito direttamente dall’Agenzia delle entrate. Qualora non sia possibile utilizzare il modello 730, ad esempio in presenza di redditi d’impresa, si dovrà presentare il modello Unico 2015. Il modello 730 può essere presentato quindi da: - pensionati e lavoratori dipendenti; - soggetti che percepiscono indennità sostitutive di reddito di lavoro dipendente; - soci di cooperative di produzione e lavoro; - sacerdoti della chiesa cattolica; - titolari di redditi di co.co.co.; - giudici costituzionali, parlamentari nonché titolari di cariche pubbliche ed elettive; - soggetti impegnati in lavori socialmente utili; - produttori agricoli esonerati dalla presentazione della dichiarazione Irap, Iva e 770.
CHI NON PUÒ UTILIZZARE IL MODELLO Non possono utilizzare il modello 730 e conseguentemente devono presentare il modello Unico, i contribuenti che per il 2014 dichiarano: - redditi d’impresa, anche in forma di partecipazione; - redditi di lavoro autonomo per i quali è stata richiesta la partita Iva; - redditi diversi non compresi tra quelli che possono essere dichiarati con il modello 730, quali quelli derivanti dalla cessione totale o parziale di aziende o dall’affitto o dalla concessione in usufrutto di aziende; - i soggetti che devono presentare un’altra dichiarazione, come ad esempio Iva, Irap o il modello 770; - i soggetti che non sono residenti in Italia nel 2014 e/o nel 2015; - i soggetti che hanno percepito redditi di lavoro dipendente erogati da soggetti non sostituti d’imposta, come ad esempio i collaboratori familiari; - i soggetti che devono presentare la dichiarazione per conto di contribuenti deceduti;
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- i soggetti che nel 2014 hanno percepito redditi derivanti da TRUST; - i soggetti che nel 2014 hanno realizzato plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate ovvero non qualificate in società residenti in paesi o territori a fiscalità privilegiata.
A CHI SI PRESENTA Il modello si presenta al proprio sostituto d’imposta, se questi presta l’assistenza diretta, oppure ad un CAF - dipendenti. Limitatamente ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, questi possono presentare il modello 730 direttamente all’ufficio che svolge le funzioni di sostituto d’imposta. Il 730 può inoltre essere presentato a un professionista abilitato. Ricordiamo che i sostituti d’imposta, anche se non prestano l’assistenza fiscale, sono tenuti a effettuare le operazioni di conguaglio relative alle dichiarazioni modello 730.
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DOCUMENTAZIONE DA PRESENTARE Insieme al modello 730/2015 eventualmente precompilato, è necessario presentare al CAF anche il modello 730-1, completo dei dati anagrafici, anche se non è stata espressa la scelta per la destinazione dell’8 e del 5 per mille. Per agevolare le operazioni di raccolta dei dati necessari per la compilazione del Mod. 730/2015, è necessario predisporre tutti i documenti riguardanti i redditi e gli oneri di cui si dovrà tener conto per la compilazione della dichiarazione stessa, nonché delle relative fotocopie. Le suddette fotocopie sono trattenute dal CAF, mentre gli originali sono restituiti ai contribuenti.
ELENCO DOCUMENTAZIONE DA PRESENTARE AL CAF - Copia Mod 730/2014 o UNICO 2014; - dati anagrafici aggiornati (indirizzo e numero di telefono). Se la residenza è variata indicare data di variazione; - codice fiscale del dichiarante, del coniuge e dei familiari a carico (è necessario fornire fotocopia del tesserino); - fotocopia della carta d’identità del dichiarante; - notizie su coniuge e familiari a carico (reddito complessivo, grado di parentela); - dati relativi a terreni e fabbricati: è necessario presentare un documento da cui si possa desumere la rendita catastale (effettiva o presunta) attribuita al fabbricato, ad esempio: * foglio catastale aggiornato, visura catastale aggiornata ed eventuali comunicazioni
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dell’Ufficio Tecnico Erariale per variazioni o attribuzioni di rendita; * dichiarazione Ici/Imu; * atti notarili riguardanti acquisti, vendite, donazioni; * dichiarazione di successione; * contratto di locazione immobili di proprietà o ricevute degli affitti; * contratto multiproprietà; * ricevute di versamento Imu (acconto e saldo) relativi all’anno 2014; CU 2015 attestante il reddito di lavoro dipendente, di pensione o di collaborazione coordinata e continuativa relativo al 2014 (dati del sostituto d’imposta che effettuerà il conguaglio se diverso dal datore di lavoro del CU); documentazione attestante il possesso di altri redditi: * cassa integrazione, mobilità, disoccupazione, maternità e altre indennità erogate da Inps o altri Enti; * redditi da borse di studio o da stage; * redditi da assegni periodici percepiti dal coniuge (come da sentenza di separazione); * certificazione redditi da compensi, indennità, gettoni di presenza per cariche elettive; * certificazione redditi da lavoro occasionale; * redditi da utili; * certificazione riscatto premi assicurativi; * certificazioni INAIL relative a indennità per inabilità temporanea; * pensioni integrative corrisposte da Fondi Pensioni o Fondi di Previdenza Complementare; * pensioni estere; imposte e oneri rimborsati nel 2014 e già dedotti o detratti in anni precedenti; documentazione probatoria degli oneri deducibili o detraibili: * spese mediche (fatture di visite specialistiche, cure odontoiatriche ecc.); * scontrini “parlanti” acquisto medicinali da banco; * spese veterinarie; * spese mediche e paramediche di assistenza ai portatori di handicap; * ricevute o dichiarazioni di assicurazioni vita e/o infortuni pagate nel 2014; * contributi previdenziali volontari e obbligatori; * contributi previdenziali ed assistenziali per addetti servizi domestici e familiari; * contributi versati per il riscatto del corso di laurea proprio e dei familiari fiscalmente a carico;
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* certificazioni interessi passivi su mutui ipotecari rilasciate dalla banca; * copia del contratto di mutuo ipotecario e copia della compravendita (solo per il primo anno); * spese per intermediazione immobiliare; * contratto di locazione relativo ad abitazione principale; * spese funebri; * tasse scolastiche relative alle Università e alle scuole di istruzione secondaria superiore; * spese sostenute dai genitori per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido e per la pratica di attività sportiva per ragazzi di età compresa fra i 5 e i 18 anni; * erogazioni liberali a favore di ONLUS, istituzioni religiose, organizzazioni non governative (ONG) ecc.; * documentazione detrazione ex 36%, ora 50% (copia comunicazione inizio lavori con ricevuta della raccomandata, bonifici bancari, fatture o dichiarazione dell’amministratore se trattasi di spese condominiali); * documentazione detrazione 55% - 65% per spese sostenute per interventi finalizzati alla riqualificazione energetica degli edifici già esistenti; - deleghe di versamento Irpef per acconti.
PRINCIPALI NOVITÀ 2015 Da quest’anno l’amministrazione consente ai contribuenti di scaricarsi il proprio modello 730 precompilato direttamente per via telematica. In pratica da quest’anno non esiste più la dichiarazione precompilata dal contribuente, ma esclusivamente quella predisposta dall’Agenzia. Sulla stessa il contribuente può apportare le modifiche che ritiene e quindi confermare in questo modo la dichiarazione. In alternativa è possibile rivolgersi ad un CAF al quale è necessario rilasciare apposita delega affinché provveda allo scarico del modello precompilato o in alternativa provvedere alla trasmissione autonoma del modello. Resta impregiudicata la possibilità, anche nei casi di ricorso al CAF, di confermare il modello predisposto dall’amministrazione, qualora lo stesso sia completo, oppure integrato con eventuali dati mancanti.
QUANDO IL 730 NON BASTA
necessario presentare anche dei quadri aggiuntivi del modello Unico 2015 nei modi e nei tempi previsti per quest’ultimo. I casi interessati riguardano la presenza di redditi da: - plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate nel corso del 2014, in questo caso si dovrà presentare il quadro RT del modello Unico 2015. - investimenti in attività finanziarie all’estero, in questi casi si dovrà presentare, in aggiunta al modello 730, il quadro RW del modello Unico 2015; - incasso nel corso del 2014 di redditi di capitale di fonte estera, come ad esempio interessi, premi o altri proventi di obbligazioni e titoli similari pubblici e privati ai quali non sia stata applicata l’imposta sostitutiva di cui al D. Lgs. 239/96 o non siano stati assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta dagli intermediari; - siano state percepite indennità di fine rapporto da soggetti che non rivestono la qualifica di sostituto d’imposta; In questi ultimi due casi si dovrà presentare il quadro RM del modello Unico 2015.
INVIO TELEMATICO DEL MODELLO 730/4 Ricordiamo che la ricezione del modello 730/4 non viene più eseguita ad opera del CAF ma attraverso una procedura telematica che consente ai datori di lavoro di scaricare i conguagli da operare, direttamente dal sito dell’Agenzia delle entrate. A tal proposito i sostituti d’imposta entro il 31 marzo dovevano trasmettere il modulo di comunicazione per la ricezione dei dati riguardanti l’assistenza fiscale prestata. La comunicazione andava presentata solo nei casi in cui fossero variati i dati comunicati l’anno precedente.
IN ASSOCIAZIONE IL SERVIZIO È GIÀ OPERATIVO Si ricorda che in Associazione è operativo il servizio del CAF per il ritiro e la compilazione del modello 730/2015, al quale è possibile rivolgersi per l’assolvimento dell’obbligo dichiarativo, previa presentazione di tutta la documentazione in originale e in fotocopia senza necessità di fissare alcun appuntamento, ma semplicemente presentandosi durante le ore di ufficio.
Ci sono infine dei casi in cui oltre al modello 730, è
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(PZ)
Commercio elettronico diretto NUOVE REGOLE SULLA DISCIPLINA IVA DELLA TERRITORIALITÀ PREMESSA Con il decreto legislativo n. 42/2015 sono state recepite nel nostro ordinamento giuridico le disposizioni contenute nella Direttiva Comunitaria n. 2008/8/CE aventi ad oggetto l’individuazione del luogo di effettuazione delle operazioni relative al commercio elettronico diretto. Tali disposizioni, riguardanti esclusivamente il commercio elettronico diretto, vale a dire quello realizzato con l’intervento esclusivo delle reti informatiche, sono già operative dal 1° gennaio 2015.
IL COMMERCIO ELETTRONICO Per commercio elettronico diretto, conosciuto anche come “e-commerce”, dal punto di vista fiscale si deve intendere quell’attività avente ad oggetto la cessione di beni e servizi realizzata esclusivamente attraverso l’utilizzo degli strumenti digitali o attraverso una rete elettronica. Non rientra pertanto nella definizione di commercio elettronico quell’attività nella quale attraverso la rete si pubblicizzano i prodotti, si ricevono gli ordini e si effettuano gli incassi ma la consegna della merce avviene utilizzando mezzi tradizionali di trasporto come ad esempio, camion, aereo, nave ecc. Per l’amministrazione finanziaria pertanto il commercio elettronico diretto è quello dove la cessione e la consegna del bene o servizio avviene esclusivamente attraverso l’utilizzo di modalità telematiche ed il prodotto non è mai tangibile. E’ evidente che questa definizione può apparire stretta e non corrispondente a quello che nell’immaginario collettivo si considera commercio elettronico. In altri ambiti, infatti, la definizione di commercio elettronico assume una definizione più ampia, si pensi ad esempio alle diverse leggi che prevedono contribuzioni per l’e-commerce. Dal punto di vista fiscale come abbiamo visto la
definizione è più stringente e fa rientrare nella definizione di commercio elettronico diretto esclusivamente le operazioni realizzate attraverso il canale informatico, dove la rete elettronica è utilizzata dall’acquirente per: - concludere la transazione; - scaricare telematicamente il prodotto nella forma di file digitale; - eseguire il pagamento.
LA NUOVA TERRITORIALITÀ Le nuove regole in materia di Iva interessano esclusivamente i servizi e le cessioni rese da soggetti passivi Iva a soggetti privati. Si pongono l’obiettivo di armonizzare le norme con quelle previste per gli scambi tra soggetti passivi Iva per i quali l’art. 7 – ter del DPR 633/72 prevede l’applicazione dell’imposta nel paese del committente. Alla luce di questo nuovo principio si possono presentare i casi di seguito indicati. 1. Servizi resi ai soggetti privati italiani, il decreto 42/2015 prevede che per queste operazioni la territorialità viene legata al luogo di stabilimento del committente, a prescindere da quello del prestatore soggetto passivo. In questi casi gli operatori esteri, comunitari ed extracomunitari, devono identificarsi ai fini Iva nel nostro paese. Si presume che tali forniture siano, infatti, consumate in Italia e come tali devono pagare l’imposta nel nostro paese a meno che non dispongano già di una stabile organizzazione in Italia che possa sostituirsi per l’assolvimento dell’Iva. 2. Servizi resi a privati Ue da parte di soggetti italiani, in questi casi il servizio è rilevante nello stato comunitario del committente. L’operatore nazionale deve identificarsi ai fini Iva nel paese del committente, in modo da provvedere in quel paese ad assolvere agli obblighi Iva. 3. Servizi resi a privati extraUe da parte di soggetti passivi italiani, in questi casi opera la deroga al principio generale disciplinata dall’art. 7-septies del DPR 633/72. L’imposta assume rilevanza territoriale nel luogo di stabilimento del committente e conseguentemente queste operazioni non saranno assoggettate ad imposta nel nostro paese.
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4. Per i servizi resi a soggetti Iva comunitari ed extracomunitari da parte di soggetti passivi Iva nazionali, si rende applicabile la regola generale prevista dal citato art. 7-ter e conseguentemente, anche in questi casi, tali operazioni non assumono rilevanza nel nostro territorio per mancanza del requisito della territorialità.
LA FATTURAZIONE Il decreto in esame ha aggiunto al comma 1 dell’art. 22 del DPR 633/72 il nuovo numero 6-ter. L’articolo riguarda gli obblighi di fatturazione nei confronti di determinati soggetti dove il suo obbligo di emissione è legato alla specifica richiesta in tal senso del cliente. Anche i servizi in argomento sono esonerati dall’obbligo di fatturazione qualora resi a soggetti privati, a meno che la fattura non venga espressamente richiesta.
MINI SPORTELLO UNICO (MOSS) La normativa comunitaria ha previsto, per le operazioni in argomento, uno specifico regime speciale chiamato “Mini sportello unico” (Mini One Stop Shop) MOSS. Si tratta di un regime che consente ai soggetti passivi Iva di assolvere l’Iva sui servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici resi a privati in maniera semplificata. Lo sportello consente di snellire le procedure di liquidazione dell’Iva che come abbiamo visto sono legate al luogo di stabilimento del committente. Con l’adesione al MOSS è possibile assolvere gli obblighi Iva in un solo stato comunitario, attraverso l’utilizzo di un portale web, senza doversi identificare in ciascun paese in cui si pongono in essere cessioni nei confronti di soggetti privati. Possono utilizzare il MOSS sia soggetti comunitari che extracomunitari proprio perché il nuovo regime prevedendo la liquidazione dell’imposta nel paese del privato consumatore, rende indifferente il luogo di stabilimento del prestatore di servizi.
SOGGETTI PASSIVI EXTRA-UE I soggetti passivi extra-Ue che effettuano operazioni commerciali con privati consumatori domiciliati o residenti nella Comunità Europea, hanno la possibilità di iscriversi al MOSS per l’assolvimento degli obblighi Iva. In questi casi gli operatori devono presentare all’Agenzia delle entrate apposita richiesta di attribuzione del numero di identificazione, sulla base dell’allegato A al Provvedimento 23 aprile 2015. Lo stesso deve riportare i dati anagrafici del soggetto richiedente, gli indirizzi di posta elettronica, il codice fiscale attribuito dallo Stato di residenza e la dichiarazione della mancata identificazione ai fini Iva nella UE.
Gli operatori che utilizzano questo metodo, inserito all’interno dell’art. 74 - quinquies della legge Iva, non sono tenuti al rispetto degli obblighi documentali e dichiarativi quali la fatturazione, la registrazione, la dichiarazione ecc. Su questi operatori è tuttavia richiesto il rispetto dei seguenti adempimenti. In primo devono inviare all’Agenzia delle entrate una dichiarazione Iva trimestrale riguardante i servizi resi a privati in altri stati comunitari. Tale dichiarazione deve essere presentata anche nelle ipotesi in cui non si siano poste in essere operazioni nel trimestre di riferimento. La dichiarazione deve riportare il numero identificativo del soggetto, distintamente per ciascun paese di consumo, l’ammontare imponibile dei servizi resi dal soggetto passivo, con la specificazione delle aliquote, l’ammontare della relativa imposta spettante a ciascun paese. La dichiarazione va presentata entro il 20 del mese successivo alla scadenza del trimestre esclusivamente in forma elettronica. Come secondo adempimento è richiesto che entro lo stesso termine si proceda al versamento dell’imposta complessivamente risultante dalla dichiarazione. A questi soggetti è preclusa la possibilità di detrarre l’Iva sulle operazioni passive ma è riconosciuto il rimborso ex art. 38-ter, comma 1-bis del DPR 633/72. In pratica non è ammessa la detrazione dell’Iva pagata sugli acquisti di beni e servizi effettuati nei vari paesi, Italia compresa, ma tale imposta potrà essere recuperata, in ciascun paese, attraverso un’istanza di rimborso.
SOGGETTI PASSIVI UE Anche i soggetti comunitari che pongono in essere operazioni B2C in ambito comunitario, ai sensi dell’art. 74-sexies, hanno la possibilità di avvalersi del regime semplificato MOSS, in questo caso devono attivarlo presso lo stato nel quale hanno la sede o la stabile organizzazione (nel caso di soggetti extra–Ue). Questi soggetti opereranno con lo stesso numero di partita Iva già rilasciato dalle autorità finanziarie competenti per territorio. Il regime semplificato si applica soltanto ai servizi resi ai privati consumatori stabiliti in paesi Ue nei quali l’impresa non ha né una sede né una stabile organizzazione. Non assume invece rilevanza l’eventuale presenta di una posizione Iva assunta quale rappresentante fiscale. Se l’impresa nel paese in cui eroga il servizio dispone di una stabile organizzazione o di una sede, verserà l’imposta secondo le regole ordinarie. Così l’impresa che ha sede in Italia e dispone di una stabile organizzazione in Germania: - applicherà il regime semplificato (attivato ob-
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bligatoriamente in Italia) per le prestazioni di e-commerce, telecomunicazioni e teleradiodiffusioni rese, da essa stessa o dalla stabile organizzazione tedesca, a privati consumatori stabiliti in tutti i paesi comunitari, ad eccezione dell’Italia e della Germania; - applicherà il regime ordinario in Italia per le prestazioni suddette rese a consumatori privati in Italia; - applicherà il regime ordinario in Germania, attraverso la propria stabile organizzazione per le prestazioni suddette rese a consumatori privati in Germania. Conseguentemente l’impresa italiana: 1 - presenterà in Italia la dichiarazione del regime speciale, secondo lo schema di cui all’allegato D del Provvedimento 23 aprile 2015, comprendendo anche le eventuali prestazioni di servizi di e-commerce, telecomunicazioni e teleradiodiffusioni rese per il tramite della stabile organizzazione tedesca, ad eccezione di quelle rese a consumatori finali italiani e tedeschi; 2 - presenta in Italia la dichiarazione Iva ordinaria, in relazione alle operazioni diverse dalle prestazioni di e-commerce, telecomunicazioni
e teleradiodiffusioni, nonché a tali prestazioni rese a consumatori italiani; 3 - la stabile organizzazione presenterà in Germania la dichiarazione ordinaria delle proprie operazioni, comprensiva delle operazioni riguardanti servizi di e-commerce, telecomunicazioni e teleradiodiffusioni, resi da essa stessa alla casa madre italiana, a consumatori privati stabiliti in Germania, in relazione ai quali essa assume comunque la veste di debitore d’imposta. Anche nel regime comunitario è richiesta la presentazione della dichiarazione trimestrale entro il giorno 20 del mese successivo al relativo trimestre. Entro lo stesso termine si deve anche procedere al relativo versamento accedendo all’area riservata del portale e seguendo le istruzioni con addebito sul conto corrente bancario o postale. I soggetti privi di conto corrente in Italia, seguiranno le modalità previste per i soggetti extra – Ue. L’imposta a credito non può essere portata in detrazione sugli acquisti ma potrà essere recuperata dall’imposta dovuta in relazione alle operazioni escluse dal regime speciale.
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(PZ)
Riduzioni aliquote Irap regionali OPERATIVO UN NUOVO SISTEMA INFORMATICO PER L’INVIO DELLE DICHIARAZIONI “DE MINIMIS” A decorrere dal 14 aprile 2015 è operativo un nuovo sistema informatico per l’invio delle dichiarazioni “de minimis” da trasmettere alla Regione per beneficiare della riduzioni delle aliquote Irap con riferimento a particolari tipologie di attività. Alcune agevolazioni introdotte a livello regionale in materia di Irap, rientrando negli aiuti “de minimis”, richiedono la trasmissione esclusivamente con modalità telematiche della dichiarazione di cui all’art. 38 del DPR 445/2000. Attualmente i casi che richiedono l’obbligo di trasmissione della dichiarazione “de minimis” sono: - la riduzione dell’aliquota Irap a favore delle nuove imprese artigiane ex art. 1 L.R. 1/2004; - la riduzione dell’aliquota Irap a favore delle imprese operanti nelle zone di svantaggio socio-economico zone B e C del territorio montano ex art. 2 L.R. 1/2007; - la riduzione dell’aliquota Irap a favore delle imprese e professionisti di piccole dimensioni ex art. 2 L.R. 17/2008; - la riduzione dell’aliquota Irap a favore dei nuovi insediamenti di imprese e professionisti ex art. 7 L.R. 3/2015. Come accennato la nostra Regione, con decreto del Ragioniere generale n. 538/STAF del 26 marzo 2015, ha introdotto una nuova modalità di trasmissione di queste dichiarazioni. Il decreto prevede che a partire dal 14 aprile 2015 l’applicativo per l’invio telematico delle dichiarazioni “de minimis” per i casi sopra elencati, è sostituito da una nuova versione. Pertanto le dichiarazioni “de minimis” relative al periodo d’imposta 2014 e successivi saranno acquisite attraverso una versione aggiornata. Inoltre, le dichiarazioni inviate dopo il 14 aprile 2015 saranno acquisite sempre attraverso la versione aggiornata, ancorché riferite a periodi d’imposta precedenti al 2014.
La nuova versione presenta delle novità rispetto a quella precedente, in vigore dal 5 maggio 2014, che riguardano il contenuto della dichiarazione e le modalità di compilazione. Tali novità discendono dall’introduzione, ad opera della normativa europea in materia di aiuti di Stato prevista dai Reg. Ue n. 1407/2013, n. 1408/2013 e n. 717/2014, del concetto di “impresa unica” quale entità giuridica rilevante ai fini della verifica del rispetto della soglia massima di aiuti “de minimis”. In particolare per impresa unica s’intende l’insieme delle imprese fra le quali esiste almeno una delle relazioni seguenti: - un’impresa detiene la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di un’altra impresa; - un’impresa ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, direzione o sorveglianza di un’altra impresa; - un’impresa ha il diritto di esercitare un’influenza dominante su un’altra impresa in virtù di un contratto concluso con quest’ultima oppure in virtù di una clausola dello statuto di quest’ultima; - un’impresa azionista o socia di un’altra impresa controlla da sola, in virtù di un accordo stipulato con altri azionisti o soci dell’altra impresa, la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di quest’ultima. Le imprese interessate alla riduzione delle aliquote Irap dovranno acquisire le informazioni relative agli aiuti “de minimis” concessi a tutte le imprese costituenti l’impresa unica. Fortunatamente si tratta di ipotesi, considerate le dimensioni delle imprese beneficiarie, remote e che operativamente non troveranno molti riscontri nella realtà regionale. Il decreto prevede inoltre, e questo sarà il caso di generale applicazione, che qualora non sussistano la condizioni per ricadere nella definizione di impresa unica, si ricadrà nella definizione di “impresa singola” con conseguente facilitazione dell’invio. Ricordiamo che l’invio telematico della dichiarazione in argomento deve essere effettuato esclusivamente dal beneficiario, tramite l’utilizzo del proprio dispositivo di autenticazione.
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(PZ)
Prescrizione rimborsi Iva
SUPERATO IL LIMITE BIENNALE PER LA PRESENTAZIONE DEL MODELLO VR
In una “Question time” del 23 aprile 2015 in commissione Finanze alla Camera, il Governo ha modificato il proprio orientamento in merito al rimborso del credito Iva e alla mancata presentazione del modello VR. Il cambio di rotta si è reso necessario anche per il consolidamento giurisprudenziale che ha censurato il comportamento dell’amministrazione finanziaria. Va precisato che ci stiamo riferendo alla procedura in vigore fino allo scorso anno. Da allora, infatti, la richiesta di rimborso annuale dell’Iva non prevede più la presentazione del modello VR, perché la stessa è stata inserita all’interno della dichiarazione annuale. La questione riguarda pertanto le vecchie procedure nelle quali i contribuenti che volevano attivare la procedura di rimborso, oltre ad indicare l’ammontare dell’imposta a credito nella dichiarazione annuale erano tenuti a presentare, a pena di decadenza, anche il modello VR, entro il termine di due anni. Qualora quest’ultimo modello non fosse stato presentato, per l’amministrazione finanziaria il diritto al rimborso veniva meno. Per l’Agenzia l’omissione del modello VR pregiudicava il rimborso dell’imposta, a prescindere dalla circostanza che il credito fosse stato correttamente indicato nella dichiarazione annuale. La presentazione del modello VR doveva, inoltre, av-
venire al massimo entro il termine di due anni, a pena di decadenza. In assenza del VR gli uffici negavano pertanto il rimborso per assenza di requisiti formali ancorché, sotto il profilo sostanziale, il credito fosse pienamente legittimo. Molto opportunamente sull’argomento la Corte di Cassazione ha percorso una direzione diversa da quella dell’amministrazione finanziaria ritenendo, con diverse sentenze, che si debba distinguere la domanda di restituzione del credito maturato, rispetto all’adempimento richiesto per l’attivazione del procedimento di rimborso. Il diritto, infatti, sorge con la presentazione della dichiarazione annuale, dove al quadro RX viene indicato il relativo credito che costituisce il formale esercizio del diritto al rimborso. Il modello VR rappresenta il presupposto per l’esigibilità della somma e dunque l’adempimento per attivare la procedura di rimborso. Per la Suprema Corte una volta presentata la dichiarazione nei termini, la presentazione del modello VR non può essere condizionata ad un termine di decadenza biennale, come peraltro previsto dall’art. 21 del D.Lgs. 546/92. In questi casi l’unico termine da rispettare è quello previsto dall’articolo 2946 del codice civile il quale prevede un termine di prescrizione di dieci anni. Fortunatamente come abbiamo visto l’amministrazione finanziaria ha cambiato atteggiamento è ha riconosciuto il diritto al rimborso anche nei casi di presentazione del modello VR oltre il termine biennale, ma comunque entro quello decennale. Conseguentemente i contribuenti avranno la possibilità di attivare le procedura di rimborso sospese, mentre le liti pendenti saranno abbandonate.
PAG. 16 - APINFORMA / Fiscale Tributario Economico - numero 8 - 30 aprile 2015
(PZ)
CI.ESSE.TI srl CENTRO SOLLEVAMENTO TIRANTERIA Via G.B. Maddalena, 7 Zona Ind. Grions 33040 POVOLETTO (UD) Tel. 0432.664376 Fax 0432.664378 www.ciesseti.com - info@ciesseti.com
Accise sul gasolio
MODIFICATE LE ISTRUZIONI AL CODICE TRIBUTO “6740”
Con la risoluzione n. 39/E del 20 aprile u.s., l’Agenzia delle Entrate ha informato di aver introdotto alcune modifiche alle istruzioni sull’utilizzo, nel modello F24, del codice tributo “6740” che, com’è noto, permette alle imprese di autotrasporto di compensare il credito di imposta relativo ai rimborsi delle accise sul gasolio per autotrazione. Le modifiche erano state richieste dall’Agenzia delle Dogane per tener conto delle novità sul beneficio in vigore dal 2012, previste dal decreto legge n. 1 (convertito in Legge n. 27 del 24 marzo 2012) che, com’è noto, ha: - trasformato la misura da annuale a trimestrale; - fissato al 31 dicembre dell’anno solare succes-
sivo a quello di insorgenza del credito, il termine ultimo per l’utilizzo in compensazione. Pertanto, fermo restando che il codice tributo da utilizzare per la compensazione del credito in esame è sempre il 6740, l’Agenzia delle Entrate ha integrato le istruzioni originarie di compilazione del modello F24 (contenute nella risoluzione n. 133/E del 30 aprile 2002, istitutiva del suddetto codice), nel modo seguente: - nel campo “rateazione/regione/prov/mese – rif”, è indicato il numero della rata nel formato “NNRR”, dove “NN” rappresenta il trimestre solare di riferimento e “RR” indica l’anno di consumo di gasolio di riferimento (esempio 0315, individua il periodo luglio – settembre 2015); - nel campo “anno di riferimento”, è indicato l’anno di prenotazione della dichiarazione di riferimento, nel formato “AAAA”. Queste novità sono operative a partire dal quinto giorno successivo alla pubblicazione della risoluzione, quindi dal 25 aprile 2015.
PAG. 18 - APINFORMA / Fiscale Tributario Economico - numero 8 - 30 aprile 2015
(C)
Contributi all’imprenditoria femminile APERTI E SUBITO SOSPESI I TERMINI PER LA PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE Con avviso pubblicato il 27 aprile 2015 sul proprio sito web (www.fvg.camcom.it), Unioncamere del Friuli Venezia Giulia, alla quale è delegata la gestione degli incentivi regionali a sostegno all’imprenditoria femminile (ex legge regionale 11 agosto 2011, n. 11), aveva fissato dalle 09.15 del 28 maggio alle 16.30 del 10 luglio 2015 i termini per la presentazione delle domande, da inviare alle quattro CCIAA provinciali competenti per territorio.
Con successivo avviso apparso il 4 maggio 2015 sul medesimo sito, Unioncamere FVG ha dato notizia della sospensione di detti termini a seguito di una nota regionale del 30 aprile 2015 che segnala l’attuale indisponibilità delle risorse dei fondi europei del Piano di azione e coesione (PAC), destinate a finanziare detti incentivi, essendo in corso la riprogrammazione delle medesime, in applicazione della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità dello Stato per il 2015). Si ritornerà sull’argomento non appena le risorse PAC saranno state riprogrammate e i termini per la presentazione delle domande riaperti. Frattanto, per ogni altra informazione o aggiornamento gli interessati possono rivolgersi all’ufficio economico dell’Associazione.
PAG. 19 - APINFORMA / Fiscale Tributario Economico - numero 8 - 30 aprile 2015
(AdT)
Contributi per grandi progetti di ricerca e sviluppo AL VIA I BANDI PER PROGETTI NEL CAMPO DELL’ICT DELL’INDUSTRIA SOSTENIBILE Con decreto del Direttore generale per gli incentivi alle imprese del Ministero dello sviluppo economico 30 aprile 2015 sono stati definiti i termini di apertura, le modalità per la presentazione delle istanze preliminari e di quelle definitive del bando “ICT – Agenda digitale” e del bando “Industria sostenibile” diretti a promuovere grandi progetti di ricerca e sviluppo nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione elettroniche e nel settore della cosiddetta industria sostenibile. Il bando “ICT – Agenda digitale”, adottato con decreto del Ministro dello sviluppo economico 15 ottobre 2014 e pubblicato nella G.U. n. 282 del 4 dicembre 2014, ha lo scopo di sostenere progetti in grado di esercitare un significativo impatto sullo sviluppo del sistema produttivo e dell’economia del Paese, grazie a un mercato digitale unico basato su internet veloce e superveloce e su applicazioni interoperabili e sviluppando specifiche tecnologie abilitanti, nell’ambito di quelle definite dal Programma quadro comunitario “Orizzonte 2020”, con adeguate e concrete ricadute su determinati settori applicativi. Il bando “Industria sostenibile”, adottato con decreto del Ministro dello sviluppo economico 15 ottobre 2014 e pubblicato nella G.U. n. 283 del 5 dicembre 2014, riguarda progetti finalizzati a perseguire un obiettivo di crescita sostenibile sotto il profilo delle risorse e più competitiva, che utilizzi le cosiddette tecnologie abilitanti fondamentali, esse pure definite nel programma “Orizzonte 2020”. La dotazione finanziaria, a valere sul Fondo per la crescita sostenibile (ex lege 7 agosto 2012, n. 134,
art. 23, co. 3), è di 150 milioni di euro per il bando “ICT-Agenda digitale” e di 250 milioni di euro per il bando “Industria sostenibile”. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 marzo 2015, pubblicato sulla G.U. 9 aprile 2015, n. 82, sono state introdotte alcune modificazioni di identica natura a entrambi i decreti. Il d.d. 30 aprile 2015 definisce anche i modelli per la presentazione delle istanze preliminari e di quelle definitive e indica le modalità di applicazione dei criteri di valutazione previsti dai due bandi. Le imprese che intendono accedere alle agevolazioni sono chiamate a presentare un’istanza preliminare che, pena l’invalidità e l’irricevibilità della stessa, deve essere redatta e presentata in via esclusivamente telematica, selezionando una delle due procedure disponibili nel sito internet del Soggetto gestore, a cui è affidata la gestione dei bandi (fondocrescitasostenibile.mcc.it), a seconda che si intendano richiedere le agevolazioni a valere sul bando “ICT - Agenda digitale” o a valere sul bando “Industria sostenibile”. Le procedure di compilazione guidata saranno rese disponibili nel sito internet del citato Soggetto gestore per entrambi i bandi a partire dalle ore 10.00 del 22 giugno 2015. L’istanza preliminare può essere presentata dalle ore 10.00 alle ore 19.00 di tutti i giorni lavorativi, dal lunedì al venerdì, a partire dal 25 giugno 2015 per il bando “ICT - Agenda digitale”, e a partire dal 30 giugno 2015 per il bando “Industria sostenibile”. I progetti ammissibili devono prevedere una spesa minima di 5 milioni di euro e massima di 40 milioni di euro. In considerazione dell’elevata soglia di accesso si omette una descrizione dei bandi e di tutta la documentazione allegata, che possono, comunque, essere richiesti all’ufficio economico dell’Associazione unitamente ad altre informazioni.
PAG. 20 - APINFORMA / Fiscale Tributario Economico - numero 8 - 30 aprile 2015
(AdT)
Indice mensile rivalutazione t.f.r. marzo 2015 RAPPORTI CESSATI MESE
DAL
AL
RIVAL. FISSA
INDICE
RIVALUTAZIONE
GENNAIO
15.01
14.02
0,125
106,5
0,125000
FEBBRAIO
15.02
14.03
0,250
106,8
0,250000
MARZO
15.03
14.04
0,375
107,0
0,375000
APRILE
15.04
14.05
0,500
MAGGIO
15.05
14.06
0,625
GIUGNO
15.06
14.07
0,750
LUGLIO
15.07
14.08
0,875
AGOSTO
15.08
14.09
1,000
SETTEMBRE
15.09
14.10
1,125
OTTOBRE
15.10
14.11
1,250
NOVEMBRE
15.11
14.12
1,375
DICEMBRE
15.12
14.01
1,500
(C)
PAG. 21 - APINFORMA / Lavoro - numero 8 - 30 aprile 2015
Unionmeccanica: congedo parentale fruibile ad ore ACCORDO DEL 15 APRILE 2015
In data 15 aprile 2015 Unionmeccanica e la Fiom Cgil hanno sottoscritto un’intesa attuativa della nota all’articolo 53 del CCNL del 29 luglio 2013 di recepimento dell’articolo 1, c. 339 della legge 228/2012, relativa alla fruizione oraria del congedo parentale. In particolare nell’accordo si specifica che: 1) la fruizione dei periodi di congedo parentale è frazionabile fino a un minimo di due ore al giorno da riproporzionarsi per i rapporti di lavoro part-time e per un periodo comunque non inferiore a una giornata al mese; 2) il genitore è tenuto a presentare la domanda 15 giorni prima della fruizione (fatti salvi i casi di giustificato motivo in cui detto periodo può essere ridotto a due giornate) allegando il certificato di nascita ovvero la dichiarazione sostitutiva e indicando: a) la durata del periodo richiesto b) il numero di giornate equivalenti complessivamente alle ore richieste nel periodo; c) il calendario del frazionamento ore richieste nel periodo; 3) i criteri per il calcolo della retribuzione oraria e dell’equiparazione del monte ore utilizzabile alla singola giornata lavorativa sono i seguenti: a) i criteri restano i medesimi applicati ad oggi nel calcolo dell’indennità dovuta su giornata piena di 8 ore che rappresenta l’ordinaria prestazione lavorativa;
PAG. 22 - APINFORMA / Lavoro - numero 8 - 30 aprile 2015
b) il monte ore che rientra nella disponibilità dei genitori lavoratori e relativo a 6 mesi di congedo verrà effettuato come segue: giorni medi annui 365,25 : 7 giorni in una settimana = 52,18 settimane medie annue X 40 ore settimanali = 2087,20 ore annue : 12 mesi = 173,93 ore medie mese X 6 mesi = 1044 ore totali di congedo. Da detto monte ore verranno detratte le ore di congedo il cui valore economico equivale a 1/173 della retribuzione media globale mensile riferita alle percentuali di legge; 4) nel caso in cui per ragioni non prevedibili e indipendenti dalla volontà dei genitori e dell’azienda l’utilizzo delle ore programmate e comunicate all’Inps subisca modifiche tali che non permettono nel mese di utilizzo l’intero conguaglio delle ore in giornate equivalenti si realizzeranno le ipotesi seguenti: a) le ore residue saranno anticipare nel mese di utilizzo alla lavoratrice e/o al lavoratore e conguagliate dall’azienda all’Inps nel mese successivo al mese di fruizione; b) in caso di risoluzione del rapporto di lavoro le ore residue non conguagliabili all’Inps, perché frazioni di giornata equivalente, saranno coperte con l’utilizzo delle ore residue di ferie o Par. L’intesa è stata trasmessa all’Inps e siamo in attesa del documento di prassi che la recepisca, pertanto vi invitiamo ad attendere ulteriori indicazioni da parte nostra per l’applicazione. Si allega lo schema di domanda di congedo parentale frazionato ad ore. L’Ufficio Relazioni Industriali è a disposizione per ogni ulteriore chiarimento. (FT)
Spettabile Direzione Aziendale ............... ............... Spettabile Direzione Inps ............... ...............
Oggetto: Schema di domanda di congedo parentale frazionato a ore
La/Il sottoscritta/o .................................. dipendente dell’azienda in indirizzo chiede di poter usufruire nel periodo dal ......................... al ............................. del mese di ............................... del congedo parentale pari a (numero) ........................... giorni anche fruibili a ore.
Firma del dipendente
................................... Luogo e data ...............................
CALENDARIO CON FRAZIONAMENTO ANCHE A ORE DEL PERIODO RICHIESTO DATA...
DATA...
Dalle h ... alle h ...
Dalle h ... alle h ...
Dalle h ... alle h ...
Dalle h ... alle h ...
Dalle h ... alle h ...
Allegati: Certificato di nascita/dichiarazione sostitutiva
PAG. 23 - APINFORMA / Lavoro - numero 8 - 30 aprile 2015
DATA...
DATA...
DATA...
DATA...
DATA...
CCNL Uniontessile Confapi NUOVI MINIMI RETRIBUTIVI DAL 1° APRILE 2015 PER IL SETTORE TESSILE ABBIGLIAMENTO MODA E PER TUTTI I SETTORI TESSILI MINORI A decorrere dal 1° aprile 2015 deve essere erogata ai dipendenti delle piccole e medie imprese dei settori tessile-abbigliamento, moda, calzature, pelli e cuoio, penne, spazzole, pennelli, occhiali, giocattoli, l’ultima rata dell’aumento retributivo stabilito dall’accordo di rinnovo del CCNL sottoscritto il 7
ottobre 2013 da UNIONTESSILE CONFAPI e dai sindacati del settore Femca-Cisl, Filctem-Cgil, Uiltec-Uil, e successivamente integrato per la definizione della parte economica in data 26 novembre 2013. Nelle tabelle sottostanti sono riportati gli aumenti retributivi e i nuovi importi dei minimi tabellari rispettivamente per ciascun settore interessato. Si ricorda inoltre che la scadenza del contratto è prevista al 31 marzo 2016 per i settori abbigliamento tessile e moda, calzature, pelli e cuoio; diversamente per i settori giocattoli, occhiali e penne e spazzole la scadenza è prevista al 31 dicembre 2015. (C)
SETTORE TESSILE ABBIGLIAMENTO
SETTORE CALZATURE
LIVELLI
ERN 01/04/2014
AUMENTI 01/04/2015
ERN 1/04/2015
LIVELLI
ERN 01/04/2014
AUMENTI 01/04/2015
ERN 1/04/2015
8°
€ 2.039,19
€ 52,34
€ 2.091,53
8° Q
€ 2.049,23
€ 52,34
€ 2.101,57
7°
€ 1.927,29
€ 48,91
€ 1.976,20
7°
€ 1.903,67
€ 48,91
€ 1.952,58
6°
€ 1.806,03
€ 46,40
€ 1.852,43
6°
€ 1.756,45
€ 46,40
€ 1.802,85
5°
€ 1.691,80
€ 43,66
€ 1.735,46
5°
€ 1.669,64
€ 43,66
€ 1.713,30
4°
€ 1.602,01
€ 41,14
€ 1.643,15
4°
€ 1.602,26
€ 41,14
€ 1.643,40
3° bis
€ 1.566,29
€ 40,00
€ 1.606,29
3° BIS
€ 1.566,29
€ 40,00
€ 1.606,29
3°
€ 1.530,61
€ 38,86
€ 1.569,47
3°
€ 1.530,83
€ 38,86
€ 1.569,69
2° bis
€ 1.487,42
€ 37,26
€ 1.524,68
2° BIS
€ 1.487,48
€ 37,26
€ 1.524,74
2°
€ 1.451,66
€ 35,43
€ 1.487,09
2°
€ 1.451,84
€ 35,43
€ 1.487,27
1°
€ 1.168,55
€ 22,86
€ 1.191,41
1°
€ 1.168,10
€ 22,86
€ 1.190,96
SETTORE PELLI E CUOIO LIVELLI
MINIMI AL 01/04/2014
AUMENTI DAL 01/04/2015
SETTORE OCCHIALI MINIMI AL 01/04/2015
LIVELLI
MINIMI AL 01/04/2014
AUMENTI DAL 01/04/2015
MINIMI AL 01/04/2015
6Q
€ 1.987,73
€ 51,79
€ 2.039,52
6
€ 1.941,50
€ 51,79
€ 1.993,29
6
€ 1.987,73
€ 51,79
€ 2.039,52
5
€ 1.757,28
€ 48,09
€ 1.805,37
5
€ 1.811,83
€ 48,09
€ 1.859,92
4S
€ 1.643,94
€ 44,39
€ 1.688,33
4S
€ 1.678,29
€ 44,39
€ 1.722,68
4
€ 1.602,10
€ 41,39
€ 1.643,49
4
€ 1.606,30
€ 41,39
€ 1.647,69
3
€ 1.537,46
€ 40,00
€ 1.577,46
3
€ 1.534,01
€ 40,00
€ 1.574,01
2
€ 1.458,05
€ 36,99
€ 1.495,04
2
€ 1.450,07
€ 36,99
€ 1.487,06
1
€ 1.168,26
€ 23,12
€ 1.191,38
1
€ 1.167,15
€ 23,12
€ 1.190,27
PAG. 24 - APINFORMA / Lavoro - numero 8 - 30 aprile 2015
SETTORE PENNE SPAZZOLE PENNELLI
SETTORE GIOCATTOLI
LIVELLI
ERN DAL 01/04/2014
AUMENTI DAL 01/04/2015
ERN DAL 01/04/2015
LIVELLI
ERN DAL 01/04/2014
AUMENTI DAL 01/04/2015
ERN DAL 01/04/2015
8Q
€ 1.995,75
€ 53,88
€ 2.049,63
7° Q
€ 1.993,85
€ 53,88
€ 2.047,73
8
€ 1.995,75
€ 53,88
€ 2.049,63
7°
€ 1.993,85
€ 53,88
€ 2.047,73
7
€ 1.825,00
€ 50,35
€ 1.875,35
6°
€ 1.842,55
€ 50,35
€ 1.892,90
6
€ 1.733,12
€ 47,76
€ 1.780,88
5°
€ 1.750,81
€ 47,76
€ 1.798,57
5
€ 1.647,91
€ 44,94
€ 1.692,85
4° S
€ 1.653,99
€ 44,94
€ 1.698,93
4
€ 1.597,34
€ 42,35
€ 1.639,69
4°
€ 1.615,48
€ 42,35
€ 1.657,83
3
€ 1.521,69
€ 40,00
€ 1.561,69
3°
€ 1.545,61
€ 40,00
€ 1.585,61
2
€ 1.440,61
€ 36,47
€ 1.477,08
2°
€ 1.466,17
€ 36,47
€ 1.502,64
1
€ 1.167,48
€ 23,53
€ 1.191,01
1°
€ 1.180,90
€ 23,53
€ 1.204,43
PAG. 25 - APINFORMA / Lavoro - numero 8 - 30 aprile 2015
Inail
PUBBLICATE TRE NUOVE GUIDE
LA PROGETTAZIONE DELLA SICUREZZA IN CANTIERE La pubblicazione, curata dal DIT, affrontando le tematiche relative alla pianificazione dei lavori e all’organizzazione del cantiere, intende fornire una guida sull’applicazione della normativa vigente sui cantieri edili, proponendo una metodologia per la valutazione di tutti i rischi che possono essere presenti nei cantieri, compresi quelli dovuti a interferenza tra lavorazioni e degli esempi pratici di redazione di due documenti fondamentali per la sicurezza nei cantieri (PSC e POS). I destinatari del documento sono i soggetti che devono ottemperare agli obblighi previsti dal Titolo IV del D. Lgs. 81/08 e s.m.i. (es. lavoratori, datori di lavoro, Coordinatori per la Sicurezza). Completa l’opera un algoritmo per la valutazione dei rischi in formato Excel, scaricabile gratuitamente.
LA SICUREZZA NEI LAVORI SULLE COPERTURE Il volume, curato dalla Cte e dal Dit dell’Inail, raccoglie gli atti di due seminari svoltisi, il primo nell’ambito del Made il 4 ottobre 2013 (Fiera di Milano Rho, Milano) dal titolo “Un cantiere
sicuro per riqualificare l’esistente - lavori di copertura”, il secondo nell’ambito del Saie il 18 ottobre 2013 (Fiera di Bologna) dal titolo “Lavori su copertura: problematiche, approfondimenti, soluzioni e indirizzi”. L’insieme degli interventi che il volume raccoglie offre una panoramica delle diverse problematiche relative alla prevenzione e sicurezza nei lavori di manutenzione sulle coperture degli edifici. Particolare attenzione è dedicata ai sistemi di protezione contro le cadute dall’alto durante tali attività.
ASFALTATORI. I PROFILI DI RISCHIO NEI COMPARTI PRODUTTIVI Questo volume fa parte della raccolta “I profili di rischio nei comparti produttivi dell’artigianato, delle piccole e medie industrie e dei pubblici esercizi” ed è dedicato al comparto “Asfaltatori”, che rientra formalmente nel più vasto settore dei lavori edili. I lavoratori del comparto preso in esame sono potenzialmente esposti a una serie di fattori di rischio infortunistico e per la salute, tra i quali: infortuni dovuti a macchine e attrezzature di lavoro, movimentazione manuale di carichi, rumore e vibrazioni, incendi ed esplosioni, esposizione a sostanze chimiche (es. Idrocarburi Policiclici Aromatici, fumi di asfalto). Il documento consente un approfondimento delle conoscenze sui rischi identificati e sulle misure di prevenzione e/o protezione (compresi i DPI). Le guide sono scaricabili gratuitamente dal sito dell’INAIL alla voce: materiali informativi.
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(AB)
Idoneità all’impiego dei gas tossici NUOVA SESSIONE D’ESAMI PER L’ANNO 2015
È stata pubblicata sul BUR del 22 aprile 2015 la determinazione del Dipartimento di prevenzione dell’Azienda per l’Assistenza Sanitaria n. 1 “Triestina” 20 marzo 2015, n. 118, che indice la sessione d’esami per gli aspiranti al conseguimento del
certificato di idoneità all’impiego dei gas tossici per l’anno 2015. Gli interessati potranno inoltrare domanda di partecipazione, entro il 24 luglio 2015, al legale rappresentante dell’Azienda per l’Assistenza Sanitaria della Regione Friuli Venezia Giulia nel cui territorio è compreso il comune di residenza del richiedente. Copia della citata determinazione, così come copia del bando di partecipazione, potranno essere richieste sia alle rispettive Aziende Sanitarie competenti territorialmente che alla scrivente Associazione.
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(AB)
Rifiuti
SISTRI
Il 23 aprile scorso sono state diramate dal Ministero dell’Ambiente sul portale istituzionale del SISTRI www.sistri.it le istruzioni e le modalità per la cancellazione, ove dovuto, delle imprese e dei veicoli non più soggetti a mantenere l’adesione al SISTRI.
MODALITÀ DI CANCELLAZIONE Prima fase – richiesta cancellazione La richiesta di cancellazione di una o più unità locali, così come dell’Azienda dal SISTRI, deve essere effettuata in maniera autonoma dagli Utenti attraverso l’applicativo “Gestione Azienda” disponibile in area autenticata. Per effettuare la richiesta di cancellazione è dunque necessario disporre di almeno un dispositivo USB di un delegato dell’azienda (il dispositivo associato ai veicoli non è abilitato a tali operazioni) e aver verificato che non siano presenti movimentazioni in corso e/o giacenze di rifiuti. Nel caso non si disponga di almeno un dispositivo USB, necessario per richiedere la cancellazione mediante l’applicativo “Gestione Azienda”, a causa di smarrimento, furto o danneggiamento è necessario chiamare il Contact Center SISTRI al numero verde 800 00 38 36 per conoscere ed attivare le relative procedure di risoluzione. Per effettuare la richiesta di cancellazione di aziende che dispongano di veicoli dotati di Black Box, prima di effettuare le operazioni sopra riportate, è necessario recarsi preventivamente presso la Sezione dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali di competenza per richiedere la cancellazione del/i Veicolo/i dal SISTRI. La richiesta di disinstallazione delle Black Box deve essere effettuata secondo quanto stabilito dalla Circolare n. 250 del 28 febbraio 2011 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Albo Nazionale Gestori Ambientali.
La Sezione dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali di competenza provvede ad emettere dei voucher per la disinstallazione delle Black Box presso l’Officina Autorizzata prescelta dal richiedente e, contestualmente, a ritirare i dispositivi usb del/i veicolo/i, come previsto dalla Circolare n. 250 del 28 febbraio 2011 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Albo Nazionale Gestori Ambientali. L’Utente dovrà quindi recarsi presso l’officina prescelta con il/i voucher rilasciati dalle Sezioni regionali dell’Albo per provvedere alla corretta disinstallazione dell’apparato Black Box dal/i veicolo/i. I dispositivi Black Box saranno ritirati dalle Officine che hanno effettuato la disinstallazione. Solo successivamente all’effettiva disinstallazione di tutte le Black Box è possibile presentare la richiesta di cancellazione tramite l’applicativo presente in area autenticata “Gestione azienda”. Non appena la richiesta di cancellazione viene evasa, SISTRI invia conferma dell’avvenuta cancellazione all’indirizzo email indicato dal richiedente. Seconda fase - riconsegna dei dispositivi USB Successivamente alla ricezione della conferma di avvenuta cancellazione inviata dal SISTRI, è possibile procedere alla riconsegna dei dispositivi secondo le modalità di seguito descritte. I dispositivi USB delegato devono essere spediti entro 10 giorni lavorativi dall’avvenuta conferma di cancellazione con raccomandata A/R a: SISTRI Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Via Cristoforo Colombo 44, 00147 Roma allegando il “MODULO RESTITUZIONE USB”, scaricabile dal portale SISTRI, debitamente compilato. Per quanto concerne invece i Dispositivi USB dei veicoli, rilasciati dall’Albo Nazionale Gestori Ambientali, si ricorda che questi vengono ritirati contestualmente all’emissione dei voucher di disinstallazione delle Black Box dalla sezione dell’Albo di competenza. Per informazioni sull’utilizzo dell’applicativo “Gestione Azienda” si ricorda che lo stesso dispone di un sistema di help online. In alternativa è possibile consultare la GUIDA GESTIONE AZIENDA (Area Richieste) sempre del portale SISTRI. (C)
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Cassazione
RECENTISSIMA SENTENZA SUL DUVRI
Si segnala la recentissima sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 5857/2015, depositata il 9 febbraio u.s. in tema di sicurezza nei luoghi di lavoro ex d.lgs. 81/2008 e ss. mm. e ii. relativamente alla disciplina del cd. appalto interno. La Cassazione ha evidenziato che la previsione dell’art. 26 del citato decreto legislativo in base alla quale il datore di lavoro che affida un appalto interno deve fornire agli appaltatori informazioni dettagliate sui rischi esistenti nell’ambiente in cui sono chiamati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza che vanno adottate in relazione alla propria attività implica che la normativa vada, comunque, riferita all’intero ambiente di lavoro ed
all’intera attività del datore di lavoro committente. Ne consegue che l’obbligo informativo debba riguardare non solo l’organizzazione facente capo al datore di lavoro committente bensì ogni fattore di rischio presente nell’ambiente di lavoro e che l’appaltatore si troverà ad affrontare. Da qui, secondo la sentenza in esame, deriva, altresì, l’obbligo di considerare anche il fattore di rischio derivante dalla presenza nell’ambiente in cui dovrà essere eseguita la prestazione concordata da parte dell’appaltatore di un soggetto esterno che potrebbe essere rappresentata – ad esempio – da un lavoratore autonomo al quale sia affidato un diverso appalto interno o lavori edili. In sostanza, nel DUVRI si dovrà tener conto, valutare e regolare la presenza di rischi legati ad una siffatta presenza che per la Corte adita sarebbe, altresì, estensibile, pur in assenza di un obbligo espressamente previsto dal riferito articolo 26 del d.lgs. 81/2008, anche nel caso si tratti non di una persona fisica ma di una ditta terza comunque interferente nell’esecuzione dell’appalto. (C)
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Unionchimica Confapi DAL 1° GIUGNO 2015 IL REGOLAMENTO CLP UNICA LEGISLAZIONE PER CLASSIFICAZIONE ED ETICHETTATURA DI SOSTANZE E MISCELE A partire dal 1° giugno 2015, il Regolamento (CE) 1272/2008 relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio (CLP) sarà la sola normativa vigente per la classificazione e l’etichettatura sia delle sostanze sia delle miscele. Terminerà così la fase transitoria che dal 20 Gennaio 2009 ha consentito alle imprese di avvalersi ancora delle disposizioni della precedente legislazione, in particolare della direttiva 67/548/CEE sulle sostanze pericolose e della direttiva 1999/45/ CE sui preparati pericolosi. Il Regolamento CLP sostituirà integralmente la normativa precedente, con obblighi generalmente simili. In alcuni casi introduce tuttavia delle nuove disposizioni. In particolare il metodo di classificazione e di etichettatura delle sostanze chimiche introdotto fa riferimento al sistema mondiale armonizzato delle Nazioni Unite (GHS dell’ONU), al fine di assicurare un elevato livello di protezione della salute e dell’ambiente, oltre al libero movimento di sostanze, miscele e articoli. Il CLP richiede alle società di classificare, etichettare e imballare le loro sostanze chimiche pericolose in modo appropriato prima d’immetterle sul mercato, a garanzia della sicurezza di lavoratori e consumatori. Pur essendo gli obblighi previsti dal Regolamento CLP simili alla precedente legislazione dell’UE,
vi sono tuttavia alcune importanti differenze. Un elevatissimo numero di prodotti dev’essere rietichettato ai fini della conformità al CLP, compresi oggetti di consumo quali vernici o detergenti, oltre che miscele industriali. E’ necessario informarsi sui requisiti CLP e attuarli. Per (ri)classificare ed etichettare le miscele è possibile: - utilizzare le informazioni fornite dal fornitore nella scheda di dati di sicurezza (SDS) - verificare l’inventario delle classificazioni e delle etichettature dell’ECHA per scoprire come altri hanno classificato ed etichettato le sostanze pertinenti - fare uso della classificazione ed etichettature armonizzate per le sostanze chimiche più pericolose nel mercato dell’UE - fare uso delle informazioni di classificazione ed etichettatura fornite dai fornitori nei casi in cui non venga cambiata la composizione Per prepararsi alla scadenza del 1 giugno 2015, è utile consultare le informazioni disponibili sul sito dell’ECHA http://echa.europa.eu/regulations/clp ove sono disponibili informazioni chiave in 23 lingue ufficiali dell’UE: - l’inventario delle classificazioni e delle etichettature comprensivo delle traduzioni delle sostanze con classificazione armonizzata. - le indicazioni di pericolo e i consigli di prudenza in 23 lingue ufficiali dell’UE. - le pagine Web sulla classificazione delle miscele per un approccio graduale alla classificazione delle miscele. E’ inoltre possibile avvalersi dell’assistenza dell’Helpdesk nazionale CLP dell’Istituto Superiore di Sanità http://www.iss.it/hclp/index. php?lang=1&id=10&tipo=1
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(C)
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Prezzario regionale in fase di aggiornamento per il 2015 LA NOSTRA ASSOCIAZIONE PARTECIPA AL TAVOLO TECNICO
Nel 2003 la Regione ha avviato la formazione di un prezziario regionale in attuazione dell’articolo 40 della LR 14/2002 recante la “Disciplina organica dei lavori pubblici”, volto a promuovere la realizzazione di lavori pubblici d’interesse regionale e locale mediante una serie d’attività di supporto, quali la consulenza finalizzata all’approfondimento e all’uniformità degli indirizzi interpretativi e l’organizzazione di un prezzario regionale. L’ultima versione risale al 2013 e l’edizione 2011 del prezzario, adottata con deliberazione della Giunta regionale n. 2049 dd. 15 ottobre 2010, era il risultato di due successivi aggiornamenti della prima versione, edita nell’anno 2003, ed operati con le edizioni 2006 e 2011, limitatamente ai prezzi finali dei magisteri e delle cosiddette “opere compiute”. Gli aggiornamenti si erano infatti concretizzati nell’applicazione di indici di rivalutazione, differenziati per categorie o articoli. Con deliberazione n. 2049/2010, la Giunta regionale ha approvato l’aggiornamento definito dal “Gruppo costruzioni e territorio della provincia di Gorizia” e sottoposto al tavolo tecnico istituito con deliberazione della stessa G.r. n. 639/2010 e composto da Unioncamere, ANCI, UPI, ANCE, Ordini e Collegi professionali del FVG, in attesa di un aggiornamento organico del prezzario, ribadendo peraltro l’esigenza di un tavolo comune coordinato dal competente Ufficio regionale. Da un’analisi dei dati a disposizione e delle esigenze riscontrate, è maturata nell’ambito della Direzione centrale competente in materia di lavori pubblici, la nuova proposta metodologica, condivisa dal tavolo tecnico allargato al quale è stata chiamata la nostra Associazione Confapi FVG e la Confartigianato FVG. Il percorso metodologico individuato e avviato con l’edizione 2015, può così sintetizzarsi: PAG. 32 - APINFORMA / Edilizia - numero 8 - 30 aprile 2015
- creazione di una banca dati aggiornata e gestibile in via informatica; - individuazione delle singole voci di costo elementare e classificazione delle stesse in categorie omogenee; - individuazione di una serie di prezzi-campione; - monitoraggio dei prezzi-campione sul mercato; - analisi dei dati nell’ambito del gruppo tecnico e individuazione dei coefficienti di rivalutazione da applicare alle voci elementari; - rivalutazione delle voci elementari e conseguente aggiornamento dei valori di prezzo dei magisteri e delle opere compiute; - progressivo e contestuale aggiornamento dei magisteri e delle relative descrizioni tecniche. L’Amministrazione regionale, supportata dal gruppo di lavoro, lo scorso 21 aprile ha avviato l’attività di verifica e aggiornamento del prezzario regionale delle opere pubbliche del Friuli Venezia Giulia, attivando un monitoraggio permanente dei prezzi riferiti ad una selezione di prodotti-campione, al fine di rilevarne le variazioni periodiche. I prezzi-campione saranno acquisiti sul mercato regionale, coinvolgendo direttamente produttori e fornitori del Friuli Venezia Giulia delle componenti più rappresentative, desumendone quindi le variazioni annuali, andando inoltre a costituire una prima banca dati di riferimento per le successive rilevazioni. I prezzi dei lavori e delle opere compiute, nella presente edizione, saranno dunque il risultato dell’aggiornamento dei prezzi delle singole voci elementari che li compongono. Per quanto attiene alle opere stradali, il gruppo di lavoro si è avvalso della collaborazione di Autovie Venete s.p.a.
CODIFICA DEI MAGISTERI È stato utilizzato un sistema di codifica derivato dal Piano di Classificazione SfB (sigla dell’organizzazione svedese “Comitato di Coordinamento per i Problemi Edilizi”), ideato dall’architetto Lars Magnus Giertz nei tardi anni ’40 per risolvere i problemi di classificazione relativi all’aspetto tecnico della progettazione e della costruzione dei fabbricati.
Esso è ritenuto a livello internazionale una solida base per il coordinamento dell’informazione tecnica e commerciale nel processo edilizio grazie alla sua particolare struttura estremamente flessibile. In Italia il sistema SfB è stato introdotto nel 1983 dall’arch. Giuseppe Vetriani, professore di Tecnologia dell’Architettura dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, con la collaborazione dell’arch. Maria Cristina Marolda, attraverso la pubblicazione del Piano di Classificazione PC|SfB (ITEC editrice – Milano, prima edizione ottobre 1983). La classificazione proposta è un adattamento del sistema originario, che utilizza tre tavole attraverso le quali si definisce la singola voce del prezzario. I magisteri vengono identificati con una sigla alfanumerica composta da 8 o 9 caratteri.
INDIVIDUAZIONE DEGLI ONERI COMPRESI ED ESCLUSI E DEI COSTI DELLA SICUREZZA NEI CANTIERI La definizione della voce di prezzario, oltre alla puntuale descrizione di ciò che l’Appaltatore è tenuto contrattualmente a fornire o a realizzare, contiene l’indicazione degli oneri specifici compresi nel prezzo e quelli esclusi. È stata posta particolare cura nell’individuare tutti gli oneri che si riferiscono alla sicurezza dei cantieri; questi vengono autonomamente indicati in specifiche voci del prezzario. La definizione della voce di prezzario, oltre alla puntuale descrizione di ciò che l’Appaltatore è tenuto contrattualmente a fornire o a realizzare, contiene l’indicazione degli oneri specifici compresi nel prezzo e di quelli esclusi. Con riferimento ai contenuti delle singole voci i valori di prezzo pubblicati nel prezzario regionale rappresentano la somma delle componenti relative ai materiali, manodopera, noli, trasporti, necessari per la realizzazione delle quantità unitarie di ogni voce, nonché delle relative incidenze per utili e spese generali dell’Impresa. È stata posta particolare cura nell’individuare i magisteri che si riferiscono alla sicurezza dei cantieri, autonomamente indicati in specifiche voci del Prezzario nella classe 99 - impianti e attrezzature per la tutela della salute e la protezione dei lavoratori nel cantiere. Per un adeguato supporto agli operatori in ordine alle valutazioni dei costi in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, senza qui rappresentare il complesso quadro normativo vigente, si rammenta che i costi relativi alla sicurezza, nell’ambito di un contratto pubblico, si distinguono in: PAG. 33 - APINFORMA / Edilizia - numero 8 - 30 aprile 2015
- costi della sicurezza connessi al coordinamento delle attività nel cantiere, alla gestione delle interferenze o sovrapposizioni, nonché quelle degli apprestamenti, dei servizi e delle procedure necessarie per la sicurezza dello specifico cantiere, valutati nel Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) mediante la redazione di un preciso computo metrico estimativo (art. 100 del D.Lgs. 81/2008 s.m.i. e relativo allegato XV); per i magisteri non reperibili all’interno di questo prezzario regionale, l’indicazione di tali costi dovrà essere congrua, analitica (per singole voci a corpo o a misura), riferita ad elenchi prezzi standard o specializzati, calcolati tenendo conto dell’impiego nel luogo di lavoro interessato; questi costi, frutto delle scelte tecniche fatte dal committente dell’opera, ai quali l’impresa è vincolata contrattualmente, nel quadro economico, sono tenuti distinti dall’ammontare complessivo dei lavori in quanto rappresentano la quota sottratta al ribasso e non sono soggetti ad alcuna verifica di congruità essendo stati stimati a monte dalla Stazione Appaltante; - costi della sicurezza afferenti ai precisi obblighi normativi, relativi alla prevenzione ed alla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori che l’appaltatore è tenuto a rispettare per eseguire in sicurezza le singole lavorazioni, nell’ambito della specifica attività e della propria struttura organizzativa, svolta da ciascuna impresa (costi ex lege), non riconducibili agli oneri previsti al punto 4 dell’allegato XV del D.Lgs. 81/2008 s.m.i. (vedi D.P.I, sorveglianza sanitaria, formazione dei lavoratori etc.); tali costi, indipendenti dal rapporto contrattuale e quindi non ascrivibili a carico del committente, sono compresi nei relativi prezzi unitari quali quota-parte delle spese generali e dovranno essere indicati dal singolo operatore economico nella propria offerta per essere sottoposti alla verifica di congruità, rispetto all’entità e alle caratteristiche del lavoro, da parte della Stazione Appaltante.
CRITERI PER LA MISURAZIONE DEI MAGISTERI Le norme di misurazione, oltre alla definizione dell’unità di misura, sono normalmente incluse nelle specifiche tecniche. Per la predisposizione del prezzario sono state utilizzate le norme di misurazione correntemente in uso nei Capitolati Tipo.
ANALISI DEI COSTI DEL MAGISTERO L’analisi del prezzo di ogni singolo magistero è
stata effettuata utilizzando il costo dei materiali in fornitura a piè d’opera, il costo della manodopera e gli altri costi diretti per unità di misura, completati dalle spese generali e dall’utile d’impresa. I prezzi in fornitura a piè d’opera sono stati determinati aggiungendo al costo di fornitura i trasporti, la manodopera e gli altri costi diretti, oltre a spese generali e utile d’impresa. Per il costo della mano d’opera, sono state individuate le ore/uomo per l’unità di misura, a cui è stato applicato il costo orario medio della manodopera ricavato dalle Tabelle dei costi della manodopera edile predisposte dagli uffici del Genio Civile delle quattro Province della Regione. Relativamente a tutti i riferimenti legislativi e normativi inseriti nelle descrizioni delle varie voci, ai fini della formulazione del prezzo finale, essi sono stati riferiti alla loro ultima modifica e integrazione vigente alla data della pubblicazione del aggiornamento del prezzario.
NORME GENERALI PER L’APPLICAZIONE DEI PREZZI I materiali tutti dovranno corrispondere perfettamente alle prescrizioni di legge, del Capitolato Speciale e del progetto; essi dovranno essere della migliore qualità e perfettamente lavorati. Vengono richiamate, espressamente, le prescrizioni del Capitolato Generale d’appalto dei lavori pubblici, approvato con D.M. 19 aprile 2000, n. 145, le norme U.N.I., C.N.R., C.E.I., D.I.N. e le altre norme tecniche europee adottate nella vigente legislazione; qualora prescritto da disposizioni anche di carattere generale i materiali dovranno avere il marchio “CE” anche se ciò non risulta espressamente specificato nel prezzario. Tutti i materiali, i componenti e gli impianti dovranno essere conformi a leggi, sistemi di unificazione, ordinanze e regolamenti emanati dalle
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Autorità competenti e dovranno essere posti in opera e dati funzionanti come raccomandato dal produttore. La quantità dei lavori e delle provviste sarà determinata a misura o a corpo, in relazione a quanto previsto nel Capitolato d’Appalto. Nel corrispettivo per l’esecuzione dei lavori a misura o a corpo s’intende sempre compresa ogni spesa occorrente per dare l’opera compiuta sotto le condizioni stabilite dal capitolato speciale d’appalto e secondo i tipi indicati e previsti negli atti progettuali.
CLASSIFICAZIONE La classificazione delle voci del prezzario si basa sulle seguenti tre tavole, riferite rispettivamente alle classi e sottoclassi di opere (Tavola 1), alla forma di utilizzo del materiale (Tavola 2) e alle categorie dei materiali della costruzione (Tavola 3). In dette tavole la sequenza numerica risulta alle volte interrotta, consentendo così l’inserimento di eventuali gruppi, non contemplati nel prezzario, che si rivelassero necessari nello sviluppo dell’applicazione di questo strumento nell’ambito dei lavori pubblici regionali. In particolare possono risultare vacanti le classi e sottoclassi a completamento delle grandi categorie che vengono così definite: 0 - Opere provvisionali 1 - Suolo, strutture di fondazione 2 - Strutture di elevazione (al rustico) 3 - Strutture di elevazione (completamenti) 4 - Strutture di elevazione (finiture) 5 - Impianti tecnici canalizzati 6 - Impianti tecnici elettrificati 7 - Attrezzature fisse 8 - Arredi e attrezzature mobili 9 - Sicurezza (CS)
Autorità: effetti del concordato preventivo LA DETERMINAZIONE HA AFFRONTATO SPECIFICAMENTE I TEMI DEL REGIME DI QUALIFICAZIONE DELLE IMPRESE Con Determinazione n. 5 dell’8 aprile 2015 l’ANAC ha chiarito gli effetti della domanda di concordato preventivo ex art. 161, comma 6, del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e ss.mm.ii. (c.d. concordato “in bianco”) sulla disciplina degli appalti pubblici.
PREMESSE L’Autorità, già con determinazione n. 3 del 23 aprile 2014 ha fornito criteri interpretativi in ordine alle disposizioni contenute nell’art. 38, comma 1, lett. a) del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. n. (Codice dei contrati) afferenti alle procedure di concordato preventivo a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 186-bis della legge fallimentare (concordato con continuità aziendale). In sintesi, la citata determinazione ha affrontato il tema delle novità introdotte dall’art. 33 “Revisione della legge fallimentare per favorire la continuità aziendale” del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. Il richiamato articolo 33 ha introdotto, infatti, l’art. 186-bis al Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), prevedendo il concordato preventivo con continuità aziendale, e ha modificato l’art. 38, comma 1, lettera a) del Codice, facendo espresso rinvio alla previsione dell’art. 186-bis della legge fallimentare, quale eccezione alla regola dell’esclusione dalle procedure di gara e dalla conseguente possibilità di stipula del contratto, ivi compreso quello di subappalto, per coloro che si trovino in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo. Nel merito, per quanto concerne la disciplina della partecipazione alle gare, la determinazione ha dato atto della distinzione tra le imprese che abbiano presentato domanda di ammissione al conPAG. 35 - APINFORMA / Edilizia - numero 8 - 30 aprile 2015
cordato preventivo con continuità aziendale e non abbiano ancora ottenuto il decreto di ammissione e le imprese chi risultino invece già ammesse al predetto concordato. In entrambi i casi, come è noto, a precise condizioni indicate dal richiamato art. 186-bis, è consentita la partecipazione dell’impresa alla gara d’appalto. La determinazione, inoltre, ha affrontato specificamente i temi del regime di qualificazione delle imprese in ipotesi di: 1. concordato preventivo ordinario; 2. concordato preventivo “con continuità aziendale”; 3. concordato preventivo “in bianco”. Nella prima ipotesi l’Autorità ha evidenziato che alle imprese che non presentino domanda di ammissione al concordato preventivo con le caratteristiche proprie del concordato “con continuità aziendale” sono preclusi non solo la partecipazione alle gare ma anche il conseguimento ed il rinnovo dell’attestazione di qualificazione. Nella seconda, l’Autorità ha rilevato come la presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo con le caratteristiche proprie del concordato “con continuità aziendale” non comporta la decadenza dell’attestazione di qualificazione (sul presupposto che la norma di riferimento consente alle medesime imprese la partecipazione alle gare – di cui l’attestato di qualificazione costituisce presupposto necessario e sufficiente –, ciò anche in presenza della sola domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, qualora vi sia l’autorizzazione del Tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale). La presentazione della citata domanda non costituisce, altresì, elemento ostativo ai fini della verifica triennale o del rinnovo (per le imprese attestate) o del conseguimento dell’attestazione di qualificazione (per le imprese non attestate). In questi casi, è stato precisato, resta fermo l’obbligo della SOA di monitorare lo svolgimento della procedura concorsuale in atto e di verificare il mantenimento del requisito con l’intervenuta ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale. Con riferimento alla terza ipotesi, poiché l’art. 161, comma 6, della legge fallimentare prevede che l’imprenditore possa depositare il ricorso con-
tenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi (e all’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti), riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo del medesimo articolo entro un termine fissato dal giudice) la determinazione n. 3/2014 ha ritenuto tale fattispecie non idonea a consentire la continuità aziendale, stante l’assenza di un piano. Da ciò l’Autorità aveva desunto che tale ipotesi costituisse causa ostativa per la qualificazione nonché presupposto per la soggezione dell’impresa al procedimento ex art. 40, c. 9-ter del Codice (decadenza dell’attestazione) per perdita del corrispondente requisito. Da alcuni dati portati a conoscenza dell’Autorità è risultato, tuttavia, come sia prassi diffusa che le imprese, nel 99% dei casi, ricorrano alla domanda “in bianco”, seppur finalizzata ad un concordato preventivo “con continuità aziendale” ex art. 186bis della legge fallimentare. Per l’Autorità, da un’analisi accurata delle disposizioni di riferimento ed una lettura sistematica delle medesime inducono a ritenere possibile un’interpretazione che renda più facile il recupero della situazione di crisi da parte delle imprese; recupero da realizzarsi attraverso l’istituto del concordato preventivo con “continuità aziendale” anche nel caso di presentazione di ricorso “in bianco”, a condizione che l’istanza presenti chiari ed inconfutabili effetti prenotativi del concordato con continuità aziendale. Ciò, nel rispetto della piena legittimità dell’azione amministrativa in ordine alla persistenza della titolarità dei requisiti di qualificazione nonché alla partecipazione delle imprese alle gare d’appalto pubbliche.
CONCORDATO “IN BIANCO”: PARTECIPAZIONE A GARA E QUALIFICAZIONE La disposizione relativa al concordato con continuità aziendale di cui all’art. 186-bis, comma 4, della legge fallimentare, che ammette la partecipazione a procedure di gara, fa espresso riferimento al parere del commissario giudiziale, se nominato; l’unica ipotesi in cui il commissario giudiziale può essere nominato anticipatamente rispetto all’ipotesi classica del concordato preventivo – in cui la nomina avviene con il decreto di ammissione ex art. 163 comma 2, n. 3 della citata legge – è quella del c.d. concordato “in bianco” di cui all’art. 161, comma 6. Secondo quest’ultima previsione, con decreto motivato che fissa il termine di cui al primo periodo, il tribunale può nominare il commisPAG. 36 - APINFORMA / Edilizia - numero 8 - 30 aprile 2015
sario giudiziale di cui all’art. 163, comma 2, n. 3. Ne deriva che se la norma che consente il concordato con continuità aziendale, nella parte in cui disciplina l’autorizzazione per la partecipazione a gara, prevede che debba necessariamente essere acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato, essa, nel menzionare il citato parere non fa altro che riferirsi all’ipotesi in cui sia stata semplicemente presentata domanda di concordato (ai sensi dell’art. 161, comma 6, cit.), con riserva di produrre l’ulteriore documentazione, ivi compreso il piano di continuità aziendale, entro il termine stabilito dal giudice con decreto. In altri termini, intanto il riferimento al parere del commissario giudiziale, in quella fase, può avere un senso normativo, in quanto si ammetta che la norma sopra citata, interpretata sistematicamente, si riferisca, implicitamente, alla possibilità che le imprese siano autorizzate alla partecipazione alla gara non solo in caso di presentazione della domanda di concordato preventivo con “continuità aziendale” ma anche in caso di presentazione della domanda di concordato “in bianco”. È evidente, per l’Autorità, che in quest’ultima ipotesi sarà, in ogni caso, il giudice a valutare se autorizzare la suddetta partecipazione, sulla base dell’effetto prenotativo della domanda in ordine alla futura presentazione del piano e verificando che sussistano le condizioni per consentire intanto la partecipazione medesima. Ciò posto, per l’Autorità, tenuto conto che nei lavori condizione necessaria e sufficiente per partecipare a gare d’appalto, di importo superiore alla soglia dei 150.000 euro, è il possesso dell’attestazione di qualificazione, per l’ANAC, deve ritenersi che la medesima norma consenta all’impresa di mantenere, nelle more del termine intercorrente tra la presentazione della domanda e la presentazione del piano di continuità, la qualificazione posseduta (attestazione SOA); ciò, di fatto, sul presupposto che persiste il requisito generale di cui all’art. 38, comma 1, lett. a), del Codice dei contratti pubblici. D’altra parte, per l’Autorità, a dare atto della possibilità di presentare domanda di concordato con continuità aziendale ai sensi dell’art. 161, comma 6 (id est “in bianco”) è lo stesso art. 182-quinquies, seppur a diversi fini, vale a dire per ottenere autorizzazione al pagamento dei crediti anteriori. Ma ciò che avvalora la bontà dell’interpretazione appena prospettata dall’Autorità è la previsione dello stesso art. 38, comma 1, lett. a) del Codice che, facendo salva l’ipotesi di cui all’art. 186bis della legge fallimentare (“concordato con continuità”), considera ostativi alla partecipazione
alla gara e, per quanto di interesse in questa sede, alla conservazione dell’efficacia dell’attestato di qualificazione, la pendenza del procedimento per l’ammissione al concordato preventivo. Orbene, trattandosi di norma che produce importanti effetti limitativi all’esercizio dell’attività di impresa, la stessa non può che essere interpretata restrittivamente; ciò che induce a ritenere che, laddove venga presentata una domanda di concordato “in bianco” con effetti prenotativi di un concordato con continuità aziendale, non potrà ritenersi pendente un procedimento per l’ammissione al concordato liquidatorio tout court. In altre parole, per l’ANAC, argomentando a contrario rispetto alla previsione di cui all’art. 38, comma 1, lett. a), che identifica, tra le altre, esclusivamente nella pendenza del concordato liquidatorio la causa ostativa alla partecipazione a gara, e quindi al rilascio dell’attestazione di qualificazione (in forza del rinvio operato dall’art. 78 del d.p.r. 5 ottobre 2011, n. 207), laddove non si possa ravvisare la pendenza di un concordato liquidatorio, come nel caso in cui penda quello “in bianco” con effetti prenotativi di continuità aziendale, l’impresa non può ritenersi carente del requisito prescritto dalla lettera a) della citata disposizione. Peraltro, la stessa giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, 3 luglio 2014, n. 3344), più recente in materia, ha dato atto che laddove siano rispettate le condizioni e soddisfatti gli adempimenti previsti dal quarto comma dell’art. 186-bis cit. (in seno al quale, si ricorda, è prevista l’autorizzazione del Tribunale ed il parere del commissario giudiziale, che in questa fase può essere nominato solo in presenza di domanda di concordato “in bianco”), la domanda in sé non comporta né l’automatica decadenza dell’attestazione di qualificazione né la risoluzione di diritto dei contratti in corso, in quanto l’istituto ha la finalità di incentivare le imprese ad anticipare la denuncia della situazione di crisi, comunque prima di essere assoggettate a misure di controllo esterno. Certamente, la permanenza della validità e dell’efficacia dell’attestazione di qualificazione è risolutivamente condizionata alla decisione del giudice che dovesse dichiarare inammissibile la proposta
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di concordato con continuità aziendale. A presidio della legittima partecipazione dell’impresa alla gara, inoltre, l’ordinamento ha previsto l’emanazione di un provvedimento giurisdizionale ad hoc sotto forma di autorizzazione.
CONCORDATO “IN BIANCO”: CONTRATTI IN CORSO DI ESECUZIONE Coerentemente a quanto ritenuto dall’Autorità nel paragrafo precedente, per le stesse motivazioni estrapolate dalla formulazione letterale dell’art. 38, comma 1, lett. a), con riferimento alla quale l’Autorità ha ritenuto di non potersi ritenere pendente un procedimento per concordato ordinario o liquidatorio (che costituirebbe causa ostativa alla prosecuzione del rapporto contrattuale) laddove sia stata presentata domanda “in bianco” con riserva espressa di produrre un piano recante proposta di prosecuzione dell’attività d’impresa, deve ritenersi che quest’ultima non costituisca, inoltre, causa di risoluzione del contratto in quanto, non viene meno – durante la pendenza del termine per la presentazione del piano – il requisito di qualificazione che è necessario anche per l’esecuzione del contratto, come si evince dalla formulazione dell’art. 60, comma 2 del d.p.r. 5 ottobre 2010, n. 207. In base alle considerazioni svolte dall’Autorità, e considerate le importanti implicazioni che l’immediata decadenza dell’attestazione di qualificazione comporta per le imprese che abbiano presentato istanza di concordato “in bianco” con riserva di presentare un piano che rechi la continuità aziendale; alla luce del giusto contemperamento tra le esigenze di legittimità dell’azione amministrativa e la necessità di consentire, nel periodo di crisi attuale, l’effettivo recupero dell’attività alle imprese in difficoltà, determina di modificare la determinazione dell’Autorità n. 3/2014, secondo le considerazioni espresse, al fine di evitare che le imprese in crisi si vedano preclusa la possibilità della continuità aziendale proprio nel momento in cui preannunciano la presentazione del relativo piano. (CS)
Paesi esteri
AGGIORNAMENTO NORMATIVO A CURA DI IC&PARTNERS
LA CINA ISTITUISCE NUOVE ZONE DI LIBERO SCAMBIO. OPPORTUNITÀ PER LE IMPRESE CHE INVESTONO ALL’ESTERO CON IC&PARTNERS ASIA Dalla sede IC&Partners Asia Le Free trade zone - FTZ - sono delle Zone Economiche Speciali, cioè delle aree geografiche dotate di una specifica normativa differente dalla legislazione in atto nella nazione di appartenenza. Nel caso specifico delle Free trade zone - FTZ - in Cina, gli obiettivi della loro istituzione sono quelli di attrarre maggiori investimenti stranieri, introdurre regole meno rigide in alcuni settori, facilitare le operazioni doganali per import-export. Inoltre, il governo cinese sta utilizzando queste aree per testare importanti riforme in campo economico. Il Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese, seguendo il modello già sperimentato a Shanghai dal 2013, ha istituito quest’anno tre nuove zone di libero scambio a Tianjin e nelle province del Fujian e del Guangdong, in aree che includono zone di sviluppo economico già esistenti. In queste nuove aree di libero scambio, l’investitore straniero potrà beneficiare di incentivi fiscali e di procedure semplificate e più rapide per la costituzione di nuove società. Le nuove zone di libero scambio avranno procedure di controllo doganale molto più semplici, con un risparmio di tempi e costi nelle operazioni di sdoganamento delle merci. Normalmente in Cina la conversione della valuta straniera in valuta locale è sottoposta a una rigida regolamentazione; nelle zone di libero scambio, invece, si prevedono programmi di liberalizzazione riguardanti la conversione valutaria rendendo
più agevole il business per le aziende straniere. Infine, in queste zone di libero scambio sono previste riforme che liberalizzano e incentivano gli investimenti stranieri nel settore finanziario. IC&Partners Asia ha instaurato rapporti professionali con le autorità locali responsabili delle Zone di libero scambio ed è in grado di fornire risposte rapide alle imprese interessate a conoscere quali benefici possono ottenere per i loro investimenti in queste aree. La Shanghai Pilot Free Trade Zone, una pietra miliare della politica di riforma cinese, è stata inaugurata ufficialmente il 29 settembre 2013. La zona di libero scambio di Shanghai, comprendente la Yangshan Free Trade Port Area, la Waigaoqiao FTZ e la Shanghai Pudong Airport FTZ, copre una superficie totale di circa 28 chilometri quadrati ed oggi rappresenta un modello per altre realtà della Cina dove si stanno avviando analoghe riforme. La Free zone di Tianjin (città portuale a circa 115 Km dalla capitale Pechino) copre un’area di circa 120 kmq e si colloca nel distretto Binhai New Area. La zona di libero scambio comprende l’area vicino al porto e all’aeroporto di Tianjin ed avrà anche l’obietto di favorire lo sviluppo delle economie di Pechino e della confinante provincia dello Hebei. La zona di libero scambio nella provincia meridionale del Guangdong, confinante con Hong Kong e Macao, occupa un’area di circa 116 kmq includendo Nansha (zona di sviluppo economico di Guangzhou), Qianhai New Area (zona di sviluppo economico di Shenzhen, collegata con Hong Kong) e Hengqin New Area (zona di sviluppo economico di Zhuhai, collegata con Macao). L’area di libero scambio del Guangdong si propone di innovare l’economia regionale abbandonando il manifatturiero a basso costo e puntando verso il settore dell’hi-tech. La zona di libero scambio del Fujian si trova lungo la costa di fronte a Taiwan, copre un totale di circa 118 kmq ed include le aree di sviluppo economico delle città di Xiamen, Quanzhou e Fuzhou. Questa nuova area di libero scambio nel Fujian ha come obiettivo il rafforzamento dei rapporti tra il Fujian e Taiwan con la creazione di una piattaforma di cooperazione economica tra le due aree sullo Stretto di Taiwan.
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Transfer pricing
CODICE DI CONDOTTA UE E NORMATIVA NAZIONALE
a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero
TRANSFER PRICING: CODICE DI CONDOTTA UE E NORMATIVA NAZIONALE Il 27 giugno 2006 è stata deliberata l’approvazione di un codice di condotta dell’UE relativo alla documentazione in materia di prezzi di trasferimento. L’Italia ha adeguato la normativa nazionale alle guidelines dell’Ocse e della UE, introducendo nell’ordinamento un regime di oneri documentali a carico delle imprese in materia di prezzi di trasferimento. L’articolo 26 del D.L. 78/2010 ha introdotto il comma 2-ter nell’articolo 1 del D.lgs. 471/1997, il quale prevede che qualora il contribuente consegni all’Amministrazione Finanziaria la “TP documentation”, indicata in apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, lo stesso può beneficiare della cosiddetta “Penalty protection”. L’Agenzia delle Entrate infatti attraverso il Provvedimento del 29 settembre 2010 in attuazione dell’art. 26 del D.L. 78/2010 stabilisce lo schema della documentazione da produrre: il Master file e il Country file.
GLI OBIETTIVI DELLA “TP DOCUMENTATION” E LA PENALTY PROTECTION Gli obiettivi che sia l’Ocse sia il legislatore italiano vogliono perseguire sono chiari e possono essere riassunti in tre punti: - fornire alle Amministrazioni finanziarie le informazioni necessarie per effettuare una consapevole valutazione dei rischi sui prezzi di trasferimento;
- assicurare che i contribuenti abbiano tenuto conto delle condizioni richieste dalla disciplina sui prezzi di trasferimento; - fornire alle Amministrazioni finanziarie le informazioni necessarie per condurre in modo efficace le verifiche. La predisposizione della “TP documentation” consente di evitare l’applicazione delle eventuali sanzioni amministrative che possono variare dal 100% al 200% dell’imposta evasa in caso di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria. Le sanzioni possono comunque essere applicate qualora il Fisco dovesse riscontrare un utilizzo strumentale del regime, ad esempio nel caso di invio di comunicazione in dichiarazione dei redditi, come verrà specificato in seguito, in assenza di documentazione o con documentazione palesemente non idonea (se non addirittura fuorviante). Secondo quanto previsto dal Provvedimento: - la documentazione deve essere predisposta annualmente, ad eccezione per le piccole e medie imprese per le quali è prevista una cadenza triennale per l’aggiornamento di alcuni dati dell’analisi di comparabilità contenuta nella documentazione nazionale; - la comunicazione del possesso del set documentale va effettuata con la presentazione della dichiarazione dei redditi; - tale documentazione deve essere predisposta in formato elettronico; - deve essere redatta in lingua italiana (è consentito redigere il Masterfile in lingua inglese); - deve essere siglata in ogni pagina dal legale rappresentante; - in caso di controllo da parte dell’Amministrazione Finanziaria dovrà essere messa a disposizione entro 10 giorni dalla richiesta.
LA DOCUMENTAZIONE DA PREDISPORRE La documentazione necessaria al fine di godere della penalty protection prevista nel Provvedimento deve essere costituita: - da un “Masterfile”, che raccoglie in sostanza le informazioni relative al gruppo e a tutte le transazioni cross-border che avvengono al suo interno;
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- da un “Countryfile” o anche definita “Documentazione Nazionale”, che raccoglie le informazioni relative alla società di un determinato Paese e alle transazioni cross-border dalla medesima effettuate. La presentazione di uno o entrambi i documenti varia a seconda della posizione assunta dalla società residente all’interno del gruppo: - impresa controllata da altra società, residente o estera, che non controlla altre società estere: deve predisporre solo il Countryfile; - holding, ovvero società residente ai fini fiscali in Italia che controlla anche per il tramite di sub-holding, una o più società residenti all’estero: deve predisporre il Masterfile e il Countryfile (con la possibilità di predisporre un unico documento con tutte le informazioni richieste); - sub-holding, ovvero società residente ai fini fiscali in Italia che è controllata da altre società ovunque residenti, che controlla una o più società estere. Alle società sub-holding è consentito includere nel Masterfile informazioni riguardanti il solo sotto-gruppo al cui vertice è posta la sub-holding oppure il Masterfile relativo all’intero gruppo, anche se predisposto da un soggetto residente in altro Stato UE. Inoltre predispone il Countryfile; - stabile organizzazione (S.O.) in Italia di soggetti non residenti: per questa il contenuto è il medesimo dei soggetti precedenti e varia a seconda che il soggetto non residente di cui la S.O. è parte si qualifichi come holding, subholding o società partecipazione. Sia il Masterfile che la Documentazione Nazionale sono articolati in capitoli, paragrafi, sottoparagrafi, ciascuno contente informazioni desumibili dalla relativa titolazione e dalle eventuali indicazioni stabiliti analiticamente nell’art. 2 del Provvedimento.
MASTERFILE 1) Descrizione generale del gruppo multinazionale: descrizione del gruppo, della sua storia, dei settori in cui opera, dei prodotti e servizi offerti. 2) Struttura del gruppo (organizzativa e operativa). 3) Strategie generali perseguite dal gruppo, ed eventuali mutamenti di strategia rispetto al periodo d’imposta precedente. 4) Flussi delle operazioni: deve evidenziare un quadro dei flussi delle operazioni infragruppo rientranti nell’ambito di applicazione della norma di prezzi di trasferimento, che dovrà
essere sintetizzato mediante diagrammi o schemi. 5) Operazioni infragruppo: è a sua volta suddiviso in tre sottocapitoli: 5.1) Cessione di beni materiali o immateriali, prestazioni di servizi, prestazioni di servizi finanziari: bisogna fornire informazioni circa la natura e l’ammontare delle operazioni infragruppo suddividendo la descrizione per tipologia di operazione, indicando quali soggetti hanno preso parte ad ognuna. 5.2) Servizi funzionali allo svolgimento delle attività infragruppo: necessario suddividerli in tanti paragrafi quante sono le tipologie di servizi funzionali allo svolgimento dell’attività di gruppo. Esempio di tali servizi sono la gestione della tesoreria e il marketing. 5.3) Accordi per la ripartizione dei costi: bisogna evidenziare per ogni ripartizione di costo effettuata, l’oggetto, la durata dell’accordo, i soggetti partecipanti e il perimetro coperto. 6) Funzioni svolte, beni strumentali impiegati e rischi assunti 7) Beni immateriali: descrizione dei beni immateriali detenuti da ogni singola impresa associata. 8) Politica di determinazione dei prezzi di trasferimento: si deve evidenziare le ragioni per la quale i prezzi praticati sono ritenuti conformi al principio di libera concorrenza. 9) Rapporti con le Amministrazioni fiscali dei Paesi UE concernenti APA e Ruling: descrizioni di eventuali APA e Ruling conclusi con le Amministrazioni Fiscali dei diversi Paesi.
COUNTRYFILE Ha struttura e contenuti analoghi a quelli del Masterfile, con la differenza che si riferisce alla singola impresa, alla sua collocazione nell’ambito della multinazionale e alle singole operazioni che vengono poste in essere nell’ambito del gruppo. 1) Descrizione generale della società 2) Settori in cui opera (con un sottoparagrafo per ogni settore). 3) Struttura operativa: descrizione del ruolo che ogni unità organizzativa dell’impresa svolge nell’ambito dell’attività aziendale. 4) Strategie generali dell’impresa ed eventuali mutamenti di strategia rispetto al periodo d’imposta precedente. 5) Operazioni infragruppo 5.1) Descrizione delle operazioni: cessioni di
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beni materiali o immateriali, prestazioni di servizi, finanza 5.2) Analisi di comparabilità: si individuano cinque fattori della comparabilità, ossia quei fattori che possono assumere, in varia misura, rilevanza nel determinare la confrontabilità tra operazioni infragruppo rispetto a quelle intercorse tra parti indipendenti in condizioni similari: - caratteristiche dei beni e dei servizi - analisi delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni strumentali utilizzati - termini contrattuali - condizioni economiche - strategie d’impresa 5.3) Metodo adottato per la determinazione dei prezzi di trasferimento - enunciazione del metodo prescelto e delle ragioni della sua comparabilità al principio di libera concorrenza - criteri di applicazione del metodo scelto
- risultati derivati dall’applicazione del metodo adottato 6) Accordi per la ripartizione dei costi: descrizione dei Cost Contribution Arrangements a cui l’impresa partecipa.
CONCLUSIONI In Italia le disposizioni in materia di documentazione dei prezzi di trasferimento erano attese da tempo, al fine di adeguare la normativa nazionale alle linee guida dell’Ocse. A differenza di quanto previsto in altri Paesi, la normativa non introduce un obbligo a carico del contribuente, in quanto il sistema si basa su un regime premiale a favore di chi predispone la documentazione sopradescritta. Pertanto lo spirito che ha animato il legislatore è stato quello di agevolare un comportamento collaborativo dell’impresa con l’Amministrazione Finanziaria.
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Alberto Perani, Matteo Colla
Arbitrato internazionale
VANTAGGI E PERICOLI DELLE ESCALATION CLAUSES
a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero
VANTAGGI E PERICOLI DELLE ESCALATION CLAUSES NELL’ARBITRATO INTERNAZIONALE Una prassi abbastanza diffusa nella contrattualistica internazionale è quella di prevedere che le parti del contratto debbano ricercare un accordo amichevole o procedere ad una conciliazione o mediazione prima di instaurare un giudizio ordinario o arbitrale. Queste clausole, che introducono una serie di passaggi preliminari (escalation clauses) rispondono ad un esigenza molto sentita da parte degli esportatori che desiderano - ovviamente - evitare procedure giudiziarie o arbitrali lunghe e costose. Va però detto che la finalità, più che lodevole, perseguita dalle parti viene spesso tradita da clausole inadeguate che producono più danni che vantaggi. La presente nota intende appunto esaminare più da vicino questa problematica, con riferimento al caso di scelta dell’arbitrato come mezzo di risoluzione delle controversie, cercando di mettere in luce alcuni aspetti critici e proponendo soluzioni adeguate per evitarli.
EVENTUALI PASSAGGI PRELIMINARI ALL’INSTAURAZIONE DI UNA PROCEDURA ARBITRALE Nel redigere un contratto che preveda una clausola arbitrale per la risoluzione di future controversie, le parti possono prevedere dei passaggi preliminari, come in particolare: - un negoziato per una soluzione amichevole della controversia, se del caso attraverso il ricorso ad un livello superiore di management;
- una procedura di conciliazione/mediazione affidata ad un terzo. Vediamo separatamente queste due ipotesi. Previsione dell’obbligo di cercare una soluzione amichevole Questa soluzione, molto apprezzata dagli operatori, è in realtà di scarsa utilità e può creare problemi non indifferenti. Anzitutto, va considerato che dei contraenti responsabili valuteranno attentamente la possibilità di una soluzione transattiva della controversia insorta tra di loro, senza bisogno di una clausola contrattuale che preveda un obbligo in tal senso. Inoltre, una clausola che preveda un espresso obbligo di procedere ad un negoziato preventivo, rischia di diventare un ostacolo alla risoluzione della controversia piuttosto che uno strumento per evitarla. Infatti, quando una delle parti (o ambedue) non intende negoziare seriamente, la clausola in questione rischia di rimanere senza effetto e potrà anzi costituire uno strumento per impedire o ritardare il ricorso all’arbitrato o per contestare in seguito il lodo arbitrale. Anche ove si riesca a dimostrare che la negoziazione preventiva è stata resa impossibile dalla parte recalcitrante, resta il fatto che si rischia di complicare la procedura arbitrale inserendo nella stessa una questione preliminare in grado di incidere sulla durata e sui costi della stessa. Forme più sofisticate di negoziazione preventiva Se è vero che in circostanze normali non serve prevedere un obbligo di negoziazione preventiva, vi sono situazioni in cui, spostando la negoziazione della controversia ad un livello diverso della struttura societaria, si possono creare degli spazi per un accordo che non sarebbe realizzabile tra i diretti interessati. In particolare, non è infrequente il caso in cui la controversia con la controparte è frutto di contrasti personali tra i soggetti interessati che non consentono una valutazione equilibrata della posta in gioco. In queste circostanze soggetti meno coinvolti nella vicenda potranno avere maggiori possibilità di individuare soluzioni transattive in grado di evitare di portare la controversia davanti agli arbitri o all’autorità giudiziaria.
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Per questa ragione si prevede talvolta, nei contratti cui partecipano società più strutturate, che la controversia debba essere portata ad un livello superiore di management (servizi centrali, capogruppo) prima di iniziare una procedura giudiziaria o arbitrale.
CONCILIAZIONE/MEDIAZIONE AD OPERA DI UN TERZO Molto più interessante della soluzione precedente appare l’opzione di ricorrere a forme di conciliazione/mediazione prima della procedura arbitrale. In particolare, le forme più evolute di ADR (Alternative Dispute Resolution), come in particolare la mediazione, costituiscono degli strumenti molto validi che permettono di giungere, con l’aiuto del terzo, ad una risoluzione amichevole della controversia. La forma più diffusa di ADR è costituita dalla mediazione o conciliazione, rivitalizzata attraverso l’approfondimento e la messa a punto di particolari tecniche, volte a facilitare il raggiungimento di una soluzione transattiva. Il mediatore non è chiamato a decidere chi ha ragione e chi ha torto, ma piuttosto a ricercare insieme alle parti soluzioni, che permettano di comporre la controversia. Una caratteristica della moderna mediation è la piena libertà delle parti di poter rifiutare le proposte del mediatore senza subirne alcuno svantaggio nell’eventuale successiva procedura (arbitrale o giudiziaria); infatti, la totale volontarietà della procedura facilita la formazione di un clima di fiducia ed apertura tra ciascuna parte ed il mediatore. Normalmente il mediatore alterna riunioni congiunte con incontri separati con ciascuna parte, attraverso i quali cerca di capire le rispettive esigenze ed avvicinare le loro posizioni; in tale contesto, poi, si può ricorrere a tecniche differenti: così si distingue tra una - facilitative mediation in cui il mediatore si limita essenzialmente a facilitare la comunicazione tra le parti, aiutandole a trovare una soluzione di comune interesse - ed una evaluative mediation, in cui il mediatore esprime un giudizio sulle possibili alternative e tende quindi a guidare più attivamente le parti verso una specifica soluzione. La mediazione differisce in modo sostanziale dall’arbitrato. Il mediatore assiste le parti nella ricerca di una soluzione amichevole della controversia, ma non ha il potere di decidere alcunché: le sue proposte, sempre che ne faccia (si noti che nel contesto della mediazione «facilitativa», che costituisce attualmente il metodo utilizzato più frequentemente, il mediatore non formula alcuna
proposta, limitandosi a fornire suggerimenti che andranno poi sviluppati autonomamente dalle parti), non sono vincolanti e le parti rimangono sempre libere di non raggiungere un accordo. Al contrario, l’arbitro, ha il compito specifico di risolvere il caso attraverso una decisione che vincola le parti. La scelta di un mediatore competente La mediazione, per essere efficace, dev’essere condotta da un professionista esperto, in grado di aiutare le parti a superare i motivi di conflitto, portandole ad individuare delle soluzioni accettabili per entrambe. Dal momento che non sarà di regola possibile individuare il mediatore già al momento della stipulazione del contratto, sarà necessario rivolgersi ad un’istituzione specializzata che possa nominare un mediatore competente, in grado di fornire un aiuto concreto. Trovare un professionista che sappia gestire con successo una procedura internazionale di mediazione può non essere facile, dovendosi trattare di una persona che, oltre a conoscere le tecniche di mediazione, abbia la capacità di gestire i rapporti tra parti di diversi paesi, superando eventuali problemi legati a differenze di lingua e di cultura. La Camera di Commercio Internazionale (CCI) ha predisposto un regolamento di mediazione, entrato in vigore il 1° gennaio 2014. Con tale regolamento è stato istituito un Centro internazionale di mediazione della CCI che amministra i procedimenti di mediazione della CCI e che nomina il mediatore (salvo che le parti non concordino un nome, che dovrà comunque essere confermato dal Centro). La redazione della clausola di mediazione Nella redazione di una clausola di mediazione si scontrano due opposte esigenze. - Da un lato si desidera spingere le parti a considerare seriamente il ricorso alla mediazione, attraverso la previsione di un vero e proprio obbligo ad instaurare la procedura e a partecipare alla stessa. - Dall’altro, però, è necessario evitare che la previsione di una forma obbligatoria di mediazione possa favorire misure dilatorie, ostacolando il passaggio alla successiva procedura arbitrale. In particolare, occorre evitare che una parte possa “sabotare” la procedura di mediazione (non partecipando o prolungandone la durata) per poi impedire l’arbitrato adducendo la mancata effettuazione della mediazione. Un primo approccio, estremamente prudente, può
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essere quello di limitarsi a prevedere la possibilità di un ricorso alla mediazione, senza alcun obbligo per le parti, come la seguente clausola opzionale raccomandata dalla CCI: “Le parti possono in qualsiasi momento, senza pregiudizio per ogni altro procedimento, tentare di risolvere tutte le controversie derivanti dal presente contratto o in relazione con lo stesso in conformità al Regolamento di mediazione della CCI.” Questa clausola, come quella leggermente più “forte” che obbliga le parti a discutere l’opportunità di ricorrere ad una procedura di mediazione, non fa sorgere alcun obbligo, ma può avere un qualche peso, più che altro “psicologico”, per invogliare le parti a considerare questa via. All’altro estremo, troviamo la soluzione consistente nel prevedere in via obbligatoria la procedura di mediazione prima di iniziare l’arbitrato. Così, la clausola opzionale D raccomandata dalla CCI, prevede quanto segue: “Nel caso di controversie derivanti dal presente contratto o in relazione con lo stesso, le parti sottoporranno la controversia a un procedimento secondo il Regolamento di mediazione della CCI. Nel caso in cui la controversia non sia risolta in base a tale Regolamento entro [45] giorni dalla presentazione di una domanda di mediazione o entro il diverso periodo di tempo che le parti possono concordare per iscritto, tale controversia sarà risolta mediante arbitrato secondo il Regolamento di arbitrato della Camera di Commer-
cio Internazionale da uno o più arbitri nominati in conformità a tale Regolamento di arbitrato.” Questa clausola prevede un vero e proprio obbligo di partecipare alla procedura di mediazione, ma evita al tempo stesso il pericolo che ciò possa incidere negativamente sulla possibilità di iniziare la procedura arbitrale. Infatti, decorsi i 45 giorni (o altro termine concordato tra le parti) dall’inizio della procedura di mediazione (che può essere instaurata da una delle parti soltanto) si può attivare la procedura arbitrale, senza che la mancata conclusione della mediazione possa avere qualsiasi rilevanza. Si potrebbe obiettare che questa soluzione non è abbastanza efficace in quanto lascia la parte “recalcitrante” libera di non partecipare (seppure violando un obbligo contrattuale) o, partecipandovi, di ostacolarne il funzionamento. Va però considerato che, trattandosi di una procedura che richiede l’accordo delle parti in tutte le sue fasi, non avrebbe senso richiedere alla parte che non desidera la mediazione di andare oltre la disponibilità di presenziarvi. Sarà poi semmai il compito del mediatore convincere ambedue le parti ad aprirsi ed a considerare seriamente la possibilità di un accordo. Se però la mediazione non funziona, qualunque ne sia la ragione, deve essere possibile iniziare senza indugi la procedura arbitrale e ciò viene appunto garantito dalla clausola in questione. Avv. Fabio Bortolotti
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FAPI
FONDO FORMAZIONE PICCOLE E MEDIE IMPRESE PER FINANZIARE LA FORMAZIONE AZIENDALE “FAI CRESCERE LA TUA AZIENDA CON LA FORMAZIONE” Fin dall’avvio del Fondo ci siamo organizzati per assistere le nostre Imprese facendoci carico di tutti gli adempimenti inerenti al finanziamento dei loro progetti formativi, sollevandole così da ogni onere e incombenza. Il FAPI è stato istituito dalla legge 388/2000, al fine di promuovere lo sviluppo della Formazione Continua PMI in un’ottica di competitività delle imprese e di garanzia di occupabilità per i lavoratori. Il FAPI - Fondo Formazione PMI è un’associazione costituita da Confapi, CGIL, CISL, e UIL per promuovere le attività di Formazione Continua dei dipendenti delle PMI. Al Fondo afferiscono le risorse derivanti dal gettito del contributo dello 0,30% sul salario dei lavoratori che le Imprese già versano all’Inps secondo quanto stabilito dall’art. 25, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni. I finanziamenti possono essere richiesti in occasione dell’apertura dei diversi Bandi che più volte all’anno il FAPI mette a disposizione; le imprese interessate possono segnalarci le esigenze formative e insieme definiremo i corsi da presentare al FAPI per ottenere il finanziamento a copertura dei costi della docenza e dell’eventuale materiale informativo necessario. Provvediamo a gestire le pratiche: - della presentazione della richiesta di finanziamento (predisposizione progetti formativi con richiesta di finanziamento, condivisione obbligatoria con le parti sociali, invio telematico e cartaceo delle domande al Fondo); - della successiva realizzazione dei corsi (predisposizione registri, tutoraggio, incarichi ai docenti, predisposizione materiali per i cor-
sisti, definizione congiunta dei calendari ed orari, comunicazioni obbligatorie preventive al Fondo); - della gestione dei rapporti con il Fondo (convenzioni, comunicazioni preventive, in itinere e a chiusura corso); - della fase di rendicontazione (predisposizione moduli di rendicontazione, quietanze dei fornitori, revisione dei rendiconti con il Revisore Fapi); TUTTO QUESTO SENZA NESSUN ONERE AGGIUNTO A CARICO DELL’IMPRESA. Un ulteriore vantaggio è che sosterremo direttamente i costi delle docenze senza necessità di alcun anticipo da parte dell’impresa interessata; ovviamente questo non preclude assolutamente che i docenti/formatori possano essere indicati sulla base delle preferenze e delle richieste dirette dell’impresa. Il finanziamento FAPI permetterà all’azienda di usufruire delle attività formative sostenendo solo il costo pari alla quota corrispondente alle retribuzioni relative alle ore di formazione. I corsi che possono essere finanziati interessano i lavoratori dipendenti, si svolgono in orario di lavoro, possono avere una durata minima di 8 ore e massima di 80 ore e impegnano un numero di partecipanti che varia da un minimo di 4 ad un massimo di 20 per singolo corso. I partecipanti possono essere quadri, impiegati o operai assunti con contratto a tempo indeterminato, a tempo determinato e personale temporaneamente sospeso per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività. Inoltre, possono partecipare lavoratori con contratto a progetto a rischio di perdita del posto di lavoro e lavoratori assunti con qualifica di apprendisti, purché le ore di formazione risultino al di fuori di quelle obbligatorie per il contratto in essere. Come aderire: - aderire al FAPI non comporta nessun costo aggiuntivo per l’impresa: è sufficiente decidere di destinare al FAPI il contributo all’Inps per tale finalità, ovvero per usufruire dei fi-
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nanziamenti in oggetto è necessaria l’adesione gratuita al FAPI, destinando il contributo dello 0,30% al Fondo Formazione PMI, già attualmente versato all’INPS o ad altro fondo interprofessionale; - per aderire al Fondo Formazione PMI - FAPI - è sufficiente indicare nella “DenunciaAziendale” del flusso UNIEMENS aggregato, nell’ambito dell’elemento “FondoInterprof”, l’opzione “Adesione” selezionando il codice FAPI inserendo il numero dei dipendenti interessati all’obbligo contributivo. Se si aderisce già ad altro fondo c’è la necessità di effettuare contestualmente la “revoca”. L’effetto dell’adesione è immediato, l’azienda, potrà usufruire dei finanziamenti del Fondo Formazione PMI sin da subito.
- I versamenti al Fondo inizieranno a decorrere dal mese di competenza in cui è stato indicato il codice “FAPI”, l’adesione è unica e valida fino ad esplicita revoca. Con il FAPI le imprese associate finanziano le esigenze formative sulla base delle necessità indipendentemente dalla quota già versta al Fondo FAPI. In previsione della prossima uscita del primo Bando FAPI 2015 invitiamo le Imprese interessate a restituirci l’allegata scheda al fine di iniziare la programmazione dei piani formativi, o a prendere contatto con la dott.ssa Emanuela De Faccio, che è a disposizione per ogni ulteriore informazione allo 0432507377. (EDF)
SCHEDA DI MANIFESTAZIONE INTERESSE da restituire a CONFAPI FVG all’indirizzo e-mail: formazione@confapifvg.it
FAPI - FONDO FORMAZIONE PICCOLE E MEDIE IMPRESE per finanziare la formazione aziendale “FAI CRESCERE LA TUA AZIENDA CON LA FORMAZIONE”
Azienda
______________________________________________________________________________
Settore
______________________________________________ N° Addetti ______________________
Indirizzo
______________________________________________________________________________
________________________________ Referente ____________________________________
Azienda iscritta al FAPI - versamento dello 0,30 DM10 INPS:
si q
no q
N.B.: allegare copia del cassetto previdenziale con evidenza dell’adesione al fondo interprofessionale
TITOLO DEL CORSO O AREA DI INTERESSE PER LA FORMAZIONE
N. ORE CORSO
N. DIPENDENTI INTERESSATI
COSTO MEDIO ORARIO DEI PARTECIPANTI
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INQUADRAMENTO: DIRIGENTI, QUADRI, IMPIEGATI, OPERAI
N. DONNE
N. UOMINI
Disponibilità curricula aggiornati POSSIBILE ATTIVAZIONE TIROCINI PIPOL IN AMBITO CONTABILITÀ E AMMINISTRAZIONE Abbiamo la possibilità di inviarvi una ventina di curricula professionali di persone che attualmente stanno frequentando un corso di aggiornamento da noi organizzato sul tema “Analizzare il bilancio d’esercizio”. Il corso, della durata di 72 ore è iniziato ad aprile e terminerà il 28 maggio p.v., è frequentato da persone che attualmente non sono occupate e che hanno già avuto precedenti esperienze lavorative in ambito contabile, amministrativo e/o di segreteria amministrativa e commerciale, tutti risiedono in provincia di Udine e sono immediatamente disponibili. Il corso che stanno frequentando vede quali docenti/relatori il nostro dott. Paolo Zorzenone, la dott.
ssa Donatella Minen e il dott. Daniele Vidoni professionisti esperti operanti nella nostra provincia. Se di vostro interesse, con i diversi candidati si può valutare anche la possibilità di inserimento attraverso un periodo di tirocinio della durata massima di sei mesi; in questo caso si potrà attivare direttamente con noi la procedura di tirocinio PIPOL che vede la copertura, attraverso finanziamento pubblico, del 70 % del costo del compenso previsto per i tirocinanti - a titolo esemplificativo per un tirocinio che prevede un impegno settimanale di 40 ore l’indennità mensile minima sarà di 500 euro, dove 150 euro saranno a carico dell’impresa e 350 ero saranno finanziati direttamente al tirocinante dall’INPS; eventuali ulteriori importi, definiti ad integrazione e discrezionalmente dall’impresa, rimarranno a carico dell’impresa ospitante. Le imprese interessate a ricevere i profili, o ricevere informazioni, possono contattare direttamente la nostra dott.ssa Emanuela De Faccio al numero 0432.507377 o a mezzo mail formazione@confapifvg.it.
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(EDF)
Stampa 3D
POTENZIALITÀ COMMERCIALI E TUTELA DELLA PROPRIETÀ INTELLETTUALE a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero
ADDITIVE MANUFACTURING, STAMPA 3D: POTENZIALITÀ COMMERCIALI E TUTELA DELLA PROPRIETÀ INTELLETTUALE I recenti sviluppi legati alle nuove tecnologie di additive manufacturing (stampa 3D) hanno aperto nuovi ed interessanti scenari per la produzione e commercializzazione di prodotti di piccole dimensioni (e non solo), ma sollevano, nel contempo, numerose questioni in merito agli strumenti giuridici di tutela dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale e dei creatori di prodotti realizzati con tale tecnologia. L’utilizzo dell’additive manufacturing (utilizzato per la prima volta negli anni ’80) anche in settori non specificamente legati alla ricerca scientifica o alle lavorazioni ad alta tecnologia, oltre alla maggiore diffusione di tali strumenti di stampa anche presso i consumatori, sembra aprire nuovi ed interessanti scenari tanto per i produttori di beni di largo consumo, i cui prodotti potrebbero essere fabbricati mediante tale tecnologia, quanto per i consumatori.
SETTORI DI APPLICAZIONE L’additive manufacturing ha già trovato applicazione in numerosi ambiti che travalicano la categoria dei beni di largo consumo: in Cina e nei Paesi Bassi tale tecnologia è stata applicata alle costruzioni edili ed è, infatti, oggi possibile acquistare interi edifici prefabbricati realizzati mediante l’assemblaggio di componenti fabbricati mediante stampa 3D. Tale tecnologia è poi utilizzata, da tempo, nel settore biomedicale per la fab-
bricazione di protesi dentali ed articolari, di parti cartilaginee destinate alla chirurgia ricostruttiva, nonché per numerose altre applicazioni, ad esempio legate alla produzione di pezzi di ricambio, non solo più leggeri e performanti, ma che vengono prodotti direttamente dove servono (senza necessità di spedizione). Relativamente all’ambito dei prodotti di largo consumo, la tecnologia di additive manufacturing è già stata impiegata, per esempio, da note aziende produttrici di calzature sportive per la realizzazione di plantari e solette “su misura” e da alcuni stilisti di moda per la creazione di abiti od accessori utilizzando la medesima tecnologia. Recentemente sono stati realizzati mediante l’impiego di apposite stampanti tridimensionali prodotti alimentari (cioccolatini, pizza, ecc.), pur se tale tecnologia è ancora in fase di sperimentazione (seppure ad uno stadio molto avanzato). I componenti hardware per la fabbricazione di oggetti mediante tecnologia di additive manufacturing sono sempre più diffusi ed accessibili ad un vasto numero di potenziali utilizzatori: sono infatti oggi reperibili sul mercato stampanti tridimensionali per utilizzo domestico ad un prezzo compreso fra i 100 ed i 1.000 euro e ciò consente l’utilizzo di tale tecnologia ad un numero pressoché illimitato (anche) di utenti consumer.
GLI STRUMENTI GIURIDICI DI TUTELA: STAMPA 3D E DIRITTO DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE Le immense potenzialità della additive manufacturing e la rapida diffusione dei macchinari necessari per la produzione di oggetti sollevano non pochi dubbi in merito agli strumenti giuridici di tutela che potranno essere impiegati dai fabbricanti “tradizionali” di prodotti e beni di consumo per evitare abusi, nonché da parte dei nuovi produttori in grado di sfruttare le enormi potenzialità di tale tecnologia. L’additive manufacturing consente infatti di travalicare le usuali barriere fra ambiente digitale e quello fisico, consentendo una conversione diretta di un contenuto digitale in un oggetto fisico nonché, mediante l’utilizzo di un apparecchiatura di scansione tridimensionale (un apposito “scan-
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ner”), la riproduzione di oggetti fisici già esistenti (come è stato già fatto, per esempio, per la riproduzione di reperti fossili esistenti). A livello giuridico, non è facile immaginare cosa accadrà se un consumatore, per un uso personale o domestico, scansioni, crei ed utilizzi un oggetto che di fatto è una copia esatta (“clone”) di un altro oggetto tutelato dal diritto d’autore (ad esempio: una sedia di materia plastica ideata da un noto designer), da brevetto, da marchio od altra privativa. Senza contare che sarà estremamente facile per imprenditori che vogliano sfruttare la notorietà ed il design altrui apportare lievi modifiche ad un oggetto tutelato da diritti di proprietà intellettuale (diritto d’autore, marchio, brevetto, design, ecc.), in modo da evitare di essere sanzionato, sia penalmente che civilmente, come contraffattore. Inoltre, la realizzazione dell’oggetto fisico mediante la tecnologia di additive manufacturing presuppone la collaborazione attiva di almeno tre soggetti: - il creatore del design dell’oggetto - il creatore del software o file digitale, che consente alla stampante tridimensionale di riprodurre l’oggetto - il consumatore e/o il tecnico della stampante che, con l’utilizzo del proprio know-how, la configura correttamente e realizza l’oggetto desiderato. Infine non devono essere sottovalutate le responsabilità da danno da prodotto difettoso, che possono derivare dalla non corretta esecuzione, nelle vari fasi, del processo di realizzazione dell’oggetto. Gli operatori sono quindi chiamati a pronunciarsi in merito agli strumenti giuridici azionabili a tutela dei diritti (se riconosciuti) dei soggetti coinvolti nel processo creativo/produttivo degli oggetti fabbricati mediante la tecnologia di additive manufacturing. Non esiste infatti allo stato attuale alcuna specifica previsione normativa in proposito e non sempre gli strumenti di tutela ad oggi noti paiono adattarsi alla nuova realtà tecnologica. Le tradizionali protezioni accordate dall’ordinamento, ossia il diritto d’autore, il brevetto, il design, il marchio paiono a volte insufficienti a garantire un’adeguata tutela: il diritto d’autore consente la protezione delle opere originali (per esempio quelle dell’artista che crea una scultura e ne consente la riproduzione mediante stampa additiva), ma non la mera riproduzione di oggetti preesistenti (non sarà infatti tutelabile mediante copyright la riproduzione, per esempio, di un
vaso già esistente e che, di per se stesso, non sia proteggibile ai sensi delle disposizioni normative sul diritto d’autore). D’altro lato, la giurisprudenza statunitense ha: - negato la protezione del software che si limiti a fornire alla macchina (stampante tridimensionale) i dati necessari per riprodurre un oggetto non originale - mentre ha riconosciuto la proteggibilità dei software che consentono il funzionamento della macchina stessa (quindi sarebbe protetto il software che consente alla macchina di operare e non quello che fornisce alla macchina i dati per la stampa di uno specifico oggetto). La questione non è di poco conto se si vuole dare credito a coloro che ritengono che la stampa additiva rivoluzionerà, nel prossimo decennio, il mondo della produzione e della distribuzione dei prodotti di largo consumo (fra gli altri, Barack Obama) ed appare quindi necessario un intervento legislativo, a livello comunitario e nazionale, per consentire alle aziende che vorranno affacciarsi sul nuovo mercato dei prodotti realizzati e distribuiti mediante tecnologia di “additive manufacturing” di ottenere la legittima tutela dei loro diritti di proprietà industriale nonché favorire lo sviluppo armonioso di tale mercato. Sono al momento allo studio da parte del Congresso statunitense delle proposte per implementare delle modifiche legislative volte a conferire una tutela più certa ed effettiva agli operatori del settore dell’additive manufacturing; sul fronte europeo, la Commissione ha dichiarato più volte di voler dare ampio sostegno alla ricerca tecnologica in questo settore, ma non pare che, ad oggi, siano allo studio proposte legislative in merito alla, invero assi complessa, questione qui brevemente accennata. In ambito comunitario si segnala il report CCMI/131, attualmente in fase di studio, del Comitato Economico e Sociale Europeo (), che pare sarà pubblicato a breve. La speranza è che i tempi, spesso eccessivamente lunghi, necessari al legislatore per adottare misure efficaci relative a questo nuovo settore tecnologico e di mercato non ne pregiudichino lo sviluppo e non impediscano la piena realizzazione delle innumerevoli potenzialità offerte da questa dirompente tecnologia, nel rispetto dei diritti di proprietà intellettuale di vecchi e nuovi operatori.
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Avv. Andrea Antognini Dott. Emilio Paolo Villano
Legislazione alimentare NOVITÀ NORMATIVE, NAZIONALI E COMUNITARIE, SPECIFICHE PER GLI OPERATORI DELL’INDUSTRIA ALIMENTARE Fonte: Unionalimentari
ADDITIVI, AROMI ED ENZIMI Additivi E 551 e E 1209 La Commissione Europea ha pubblicato il regolamento 2015/639 che modifica l’allegato III del regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’uso di biossido di silicio (E 551) nel copolimero a innesto di alcole polivinilico-polietilenglicole (E 1209). Additivi La Commissione Europea ha pubblicato il reg. 2015/647 che modifica e rettifica gli allegati II e III del regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’uso di determinati additivi alimentari. Sostanza aromatizzante La Commissione Europea ha pubblicato il reg. 2015/648 recante modifica dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1334/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne l’eliminazione dall’elenco dell’Unione della sostanza aromatizzante (2E,6Z)-nonadienammide di N-etile. Edulcoranti La Commissione Europea ha pubblicato il reg. 2015/649 che modifica l’allegato II del regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e l’allegato del regolamento (UE) n. 231/2012 della Commissione per quanto riguarda l’impiego di L-leucina come eccipiente per edulcoranti da tavola in compresse.
2015/608 che modifica il regolamento (CE) n. 798/2008 per quanto riguarda le voci relative all’Ucraina e a Israele nell’elenco di paesi terzi, l’approvazione del programma dell’Ucraina di controllo della salmonella nelle galline ovaiole, le condizioni di certificazione veterinaria per quanto riguarda la malattia di Newcastle e le condizioni di trasformazione degli ovoprodotti. Carni Bovine Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e forestali ha pubblicato altri chiarimenti in merito D.M. 16 gennaio 2015 recante “Nuove indicazioni e modalità applicative del Regolamento (CE) n. 1760/2000 per quanto riguarda il Titolo II relativo all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine a seguito delle modifiche introdotte dal Regolamento (UE) n. 653/2014”. Chiarimenti sull’etichettatura facoltativa delle carni bovine. Certificati esportazione Algeria Il Ministero della Salute ha pubblicato nota del 2 aprile 2015 concernente il certificato veterinario per l’esportazione di carne ovina fresca, refrigerata o surgelata verso l’Algeria. Repubblica Popolare di Cina Il Ministero della Salute ha pubblicato la nota 12242 concernente l’esportazione di prodotti a base di carne suina verso la Repubblica Popolare di Cina. Lumache destinate al consumo umano Il Ministero della Salute ha pubblicato la nota 9011 del 7 aprile 2015 concernente gli stabilimenti autorizzati all’esportazione in Italia di lumache destinate al consumo umano dall’Algeria. Certificato Sanitario verso il Marocco Il Ministero della Salute ha pubblicato nota 140245 del 2 aprile 2015 concernente l’aggiornamento del certificato sanitario relativo a latte e derivati del latte esportati dall’Italia verso il Marocco.
ALIMENTI DI ORIGINE ANIMALE
PRODOTTI TIPICI E LORO SEGNI DISTINTIVI
Certificazione veterinaria La Commissione Europea ha pubblicato il reg.
Elenco DOP e IGP Il Ministero delle Politiche Agricole alimentari e
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forestali ha pubblicato l’elenco delle denominazioni italiane, iscritte nel Registro delle denominazioni di origine protette, delle indicazioni geografiche protette e delle specialità tradizionali garantite (Regolamento UE n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012) (aggiornato al 22 aprile 2015).
RESIDUI FITOSANITARI, METALLI, MICOTOSSINE Livelli massimi di residui La Commissione Europea ha pubblicato il reg. 2015/603 che modifica gli allegati II, III e V del regolamento (CE) n. 396/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i livelli massimi di residui di acido 2-naftilossiacetico, acetocloro, cloropicrin, diflufenican, flurprimidolo, flutolanil e spinosad in o su determinati prodotti.
VIGILANZA E ISPEZIONE IGIENICO-SANITARIA Modelli certificati Veterinari BOV-X e BOV-Y La Commissione Europea ha pubblicato il reg. 2015/604 che modifica gli allegati I e II del regolamento (UE) n. 206/2010 per quanto riguarda le condizioni di polizia sanitaria per la tubercolosi bovina nei modelli di certificati veterinari BOV-X e BOV-Y e le voci relative a Israele, Nuova Zelanda e Paraguay negli elenchi di paesi terzi, territori o loro parti autorizzati a introdurre nell’Unione europea animali vivi e carni fresche. Procedura AGCM L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha pubblicato il regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, violazione dei diritti dei consumatori nei contratti, violazione del divieto di discriminazioni e clausole vessatorie. Report attività 2014 Il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali ha pubblicato il report concernente l’attività dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari riferito al 2014. oOo
DATI DI MERCATO 15a E 16a SETTIMANA 2015 (DAL 6 AL 12 E DAL 13 AL 16 APRILE 2015) Sono disponibili i rapporti settimanali, suddivisi per i diversi comparti merceologici, contenenti informazioni e dati aggiornati sull’andamento dei prezzi dei prodotti monitorati e sulle principali variabili statistico-economiche, inclusi consumi e commercio con l’estero, per i seguenti settori: avicunicoli; bovini; frumento; frutta fresca e agrumi; lattiero caseario; mais ed alimenti per il bestiame; oli vegetali; ortaggi e patate; ittico; riso; semi oleosi; vini e alcolici. I dati riportati sono gli ultimi disponibili e sono riferiti alle rilevazioni effettuate nel corso delle settimane sopra indicate. oOo
RASFF – RAPID ALERT SYSTEM FOR FOOD AND FEED Il meccanismo delle comunicazioni rapide è uno strumento essenziale per la valutazione di eventuali rischi e per la tutela del consumatore. Per notificare in tempo reale i rischi diretti o indiretti per la salute pubblica connessi al consumo di alimenti o mangimi è stato istituito il sistema rapido di allerta comunitario, sotto forma di rete, a cui partecipano la Commissione Europea, l’EFSA (Autorità per la sicurezza alimentare) e gli Stati membri dell’Unione. Dati relativi alla settimana n. 16, dal 13 al 19 aprile 2015. È disponibile l’elenco riepilogativo delle 63 notifiche (di cui 11 allerte) effettuate tramite il Sistema di Allerta Rapido Comunitario. Una sola allerta avviata dall’Italia relativa a presenza di Salmonella typhimurium in carne di pollo separata meccanicamente e congelata, proveniente dalla Germania. oOo Per ogni ulteriore informazione le Imprese interessate possono rivolgersi all’Ufficio Ambiente Sicurezza ed Energia dell’Associazione.
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Privacy e lavoro
PUBBLICATO UN VADEMECUM DA PARTE DEL GARANTE
In data 24 aprile u.s., il Garante per la protezione dei dati personali ha divulgato un vademecum riassuntivo delle principali regole per il corretto trattamento dei dati personali dei lavoratori, da parte di soggetti pubblici e privati. Tra le tematiche affrontate nel documento segnaliamo le seguenti.
PRINCIPI GENERALI Il datore di lavoro può trattare informazioni personali del lavoratore, solo se strettamente indispensabili all’esecuzione del rapporto di lavoro. Il trattamento può riguardare, oltre all’attività lavorativa, anche la sfera personale e la vita privata dei lavoratori (ad esempio, i dati sulla residenza e i recapiti telefonici) e dei terzi (ad esempio i dati sul nucleo familiare per garantire determinati benefici).
CARTELLINI IDENTIFICATIVI Il lavoratore può essere dotato di un cartellino di riconoscimento che, al posto delle generalità, può riportare un codice identificativo oppure soltanto il nome o il ruolo professionale.
COMUNICAZIONI La comunicazione di informazioni sul lavoratore anche ad ex dipendenti o conoscenti, familiari e parenti, richiede il consenso dell’interessato.
BACHECHE AZIENDALI Nelle bacheche aziendali possono essere affissi ordini di servizio, turni lavorativi o feriali. E’ vietata, invece, l’affissione di documenti contenenti gli emolumenti percepiti, le sanzioni disciplinari, le motivazioni delle assenze (malattie, permessi, ecc.) e l’eventuale adesione a sindacati o ad altre associazioni.
PUBBLICAZIONE DI DATI DEL LAVORATORE SUI SITI WEB E SULLE RETI INTERNE La pubblicazione di informazioni personali (foto, curricula) nella rete intranet aziendale e, a maggior ragione, in internet, richiede il consenso dell’interessato. E’ vietata la pubblicazione di qualsiasi informazione da cui possano desumersi malattie o patologie del lavoratore, compreso qualsiasi riferimento alle condizioni di invalidità, disabilità o handicap fisici e/o psichici.
DATI SANITARI I dati sanitari devono essere conservati in fascicoli separati. Il lavoratore assente per malattia è tenuto a consegnare al proprio ufficio un certificato senza diagnosi, con la sola indicazione dell’inizio e della durata presunta dell’infermità.
DATI BIOMETRICI Nel rispetto delle indicazioni del Garante sulla privacy, è possibile utilizzare le impronte digitali o della topografia della mano per presidiare gli accessi ad aree sensibili (es locali dove vengono custoditi documenti riservati).
USO DI INTERNET/INTRANET E DELLA POSTA ELETTRONICA AZIENDALE Il datore di lavoro deve informare i dipendenti su quali siano le corrette modalità di utilizzo della rete internet/intranet e sugli eventuali controlli, eseguiti anche in accordo con le organizzazioni sindacali; a tal fine può essere utilizzato un disciplinare affiancato da un’idonea informativa che, tra le altre cose, dovrebbe specificare anche se sia consentito il download di software o di file musicali o, comunque, la navigazione per finalità extra lavorative. Quanto alla posta elettronica, in caso di assenze prolungate dal lavoro, il lavoratore può delegare un altro lavoratore (fiduciario) a leggerne i messaggi e ad inoltrare, al titolare del trattamento, quelli ritenuti rilevanti per il lavoro; di questa attività andrebbe redatto un apposito verbale ed informato il lavoratore interessato.
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CONTROLLO A DISTANZA DEI LAVORATORI Il controllo a distanza non è permesso se è diretto a verificare il rispetto, da parte del lavoratore, dei doveri di diligenza stabiliti per il rispetto dell’orario di lavoro e la correttezza nell’esecuzione della prestazione lavorativa (es, orientando la telecamera sul badge). E’ possibile avvalersi di sistemi di videosorveglianza e di geolocalizzazione, osservando le garanzie previste in materia di lavoro, se rispondono ad esigenze organizzative o produttive o per garantire la sicurezza sul lavoro. A questo
proposito, il vademecum richiama l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (L. 300/1970), il quale prevede l’installazione dei predetti strumenti previo accordo con le RSA o, in assenza, con la commissione interna; in mancanza di accordo, su istanza del datore di lavoro provvedono le Direzioni territoriali del lavoro, che ne dettano le modalità d’uso. Alle condizioni stabilite nella delibera del Garante sulla privacy del 9 ottobre 2014 è consentito adottare dei sistemi di geolocalizzazione del lavoratore tramite app attivata sul suo smartphone. (C)
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Autorità di regolazione dei trasporti. Contributo 2015 DIFFERITO AL 29 MAGGIO 2015 IL PAGAMENTO DEL CONTRIBUTO PER LE IMPRESE ASSOGGETTATE PREMESSA La legge 22 dicembre 2011, n. 2014, all’art. 37, co. 6, lett b) ha introdotto un contributo per gli oneri di funzionamento dell’Autorità di regolazione dei trasporti (di seguito Autorità), a carico dei “gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati”, comprese le attività di trasporto di merci su strada ricadenti nel codice ISTAT Ateco 2007 49.41.00. Con deliberazione dell’Autorità n° 78/2014, approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 aprile 2015, sono state determinate le formalità del versamento di questo contributo, per l’anno 2015. Occorre subito precisare che la scadenza per il pagamento dei primi 2/3 dell’importo è stata posticipata al 29 maggio 2015 rispetto alla scadenza originaria del 30 aprile 2015, in considerazione del ritardo della ratifica del d.P.C.M. sopra citato; per il versamento del saldo, invece, resta ferma la scadenza del 30 novembre 2015. Rispetto al 2014, sono state apportate delle modifiche nella determinazione del contributo e, inoltre, sono stati introdotti dei nuovi obblighi di comunicazione successivi al versamento.
MISURA DEL CONTRIBUTO E IMPRESE TENUTE A VERSARLO Per le imprese operanti nel settore del trasporto e della logistica, il contributo ammonta allo 0,2 per mille del fatturato risultante dall’ultimo bilancio approvato (per tutti gli altri soggetti, la misura è dello 0,4 per mille). Occorre ricordare che sull’inclusione delle imprese di trasporto fra gli obbligati al pagamento di questo discutibile balzello è in corso un contenzioso con l’Autorità, di cui la Presidenza del Consiglio dei ministri ha preso atto nelle premesse del d.P.C.M e che la stessa Presidenza prossimamente dovrà risolvere. A differenza del 2014, non è più prevista l’esen-
zione per le imprese con fatturato inferiore a 80.000.000 euro; al suo posto, è stato prevista una nuova esenzione per gli importi contributivi non superiori a 6.000 euro, corrispondenti a una soglia di fatturato di 30.000.000 euro, di conseguenza se la somma da versare non supera questa soglia, l’impresa non deve pagare nulla.
TERMINI E MODALITÀ DI VERSAMENTO Come anticipato, per il 2015 il versamento dei primi 2/3 deve avvenire entro il 29 maggio 2015, mentre per il versamento del saldo la scadenza è fissata al 30 novembre 2015. Il pagamento deve avvenire tramite bonifico bancario su conto corrente intestato all’Autorità di Regolazione dei Trasporti presso Banca Nazionale del Lavoro, Agenzia n. 4, Piazza Carducci 161/A, 10126, Torino, codice IBAN: IT09M0100501004000000000621. Nella causale del versamento devono essere specificati: a) l’anno di riferimento e la causale (“CONTRIBUTO TRASPORTI ANNO 2015”); b) la ragione sociale e la partita IVA/codice fiscale del soggetto obbligato. Si fa presente che forse per un refuso l’art. 3 della deliberazione del 27 novembre 2014 riporta delle coordinate bancarie e un’Agenzia diversa. Tuttavia, lo stesso articolo prevede che l’Autorità, attraverso il proprio sito internet, possa fornire ulteriori istruzioni sulle modalità di versamento; poiché le coordinate bancarie prima indicate sono state riportate dalle stessa Autorità sul suo internet (http://www. autorita-trasporti.it/2015-contributo-per-il-funzionamento-dellautorita/), si reputa ragionevolmente che si debba far riferimento a queste ultime. Il mancato o parziale pagamento del contributo entro i termini del 29 maggio 2015 per l’acconto e del 30 novembre 2015 per il saldo finale comporta l’avvio della procedura di riscossione e l’applicazione degli interessi di mora, nella misura legale, a partire dalla data di scadenza dei termini per il pagamento. E’ fatta salva ogni competenza dell’Autorità in merito alle attività di controllo, oltre che di escussione dei versamenti omessi, parziali o tardivi, anche con riferimento all’applicazione dell’interesse legale dovuto.
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COMUNICAZIONI Un’altra novità consiste nell’introduzione di alcuni adempimenti successivi al versamento del contributo, ma sempre entro i termini del medesimo, come appresso specificato. 1. Entro il 29 maggio 2015 i soggetti tenuti al contributo devono accedere all’area riservata del sito internet dell’Autorità per comunicare: - l’avvenuto pagamento dei 2/3 del dovuto; - i dati anagrafici ed economici, integrando la dichiarazione di versamento predisposta dall’Autorità attraverso il servizio disponibile all’indirizzo https://secure.autorita-trasporti.it/default.aspx, accessibile tramite le credenziali assegnate dall’Autorità stessa ovvero ottenute in fase di registrazione. Nella dichiarazione deve essere indicato il soggetto obbligato al versamento, gli estremi, la misura e la data di pagamento, i contatti interni, il valore del fatturato risultante dall’ultimo bilancio approvato alla data della delibera n. 78/2014 e utilizzato per il calcolo del contributo. La dichiarazione dovrà essere firmata: a) dal legale rappresentante del soggetto; b) dal revisore legale dei conti ovvero dalla società di revisione legale o, in mancanza, dal collegio sindacale della società per
attestare i dati economici dichiarati ed inviata all’indirizzo PEC dell’Autorità pec@ pec.autorita-trasporti.it. Le istruzioni per la compilazione della dichiarazione di versamento sono disponibili sul sito dell’Autorità nella sezione Area riservata. In caso di mancata o tardiva comunicazione, nonché nel caso in cui nel modello telematico vengano dichiarati dati non rispondenti al vero, l’Autorità esperirà le azioni previste dalla normativa vigente. 2. Entro il 30 novembre 2015 occorre comunicare all’Autorità il versamento del saldo. In considerazione del contenzioso pendente circa l’individuazione fra i soggetti obbligati al contributo delle imprese di autotrasporto di cose su strada, si suggerisce a queste ultime di attendere gli ultimi giorni utili di pagamento prima di effettuarlo. Per altre informazioni, è possibile consultare la sezione dedicata al versamento del contributo del sito internet dell’Autorità dei Trasporti www.autoritatrasporti.it/2015-contributo-per-il-funzionamento-dellautorita o prendere contatto con l’ufficio economico dell’Associazione, a cui ci si può rivolgere anche per i testi della delibera dell’Autorità n. 78/2014 e del d.P.C.M 2 aprile 2015.
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(AdT)
Autotrasporti internazionali. Autorizzazioni CEMT RELAZIONI DI TRAFFICO PER LE QUALI È PREVISTO IL RILASCIO DEL CERTIFICATO ECOLOGICO TIPO CEMT Con circolare prot. 0003093 del 10 febbraio 2015 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, DiviPAESE
sione 3a (Autotrasporto internazionale di merci) ha riepilogato le autorizzazioni al trasporto internazionale di merci valide per il 2015, scambiate o in fase di scambio, con Paesi non aderenti all’Unione europea, alcuni anche non europei. Con l’occasione, il Ministero ha dettagliatamente elencato i Paesi e le eventuali tipologie di autorizzazioni (di destinazione e transito), il cui rilascio deve essere accompagnato dal certificato tipo CEMT relativo alle emissioni inquinanti del veicolo a motore, c.d. annex. Nella sottostante tabella se ne riporta un sommario.
TIPOLOGIE DI AUTORIZZAZIONI CON RILASCIO DELL’ANNEX TIPO CEMT
Albania
destinazione, veicoli Euro III e IV
Bielorussia
destinazione/transito, veicoli Euro III, IV, V
Bosnia-Erzegovina
destinazione, veicoli Euro III ed Euro
Georgia
destinazione, veicoli Euro III, IV e V
Iran
destinazione, nessuna prescrizione
Kazakhstan
destinazione/transito, veicoli Euro III, IV, V
Kosovo
destinazione/transito, veicoli Euro III, IV, V
Kyrgyzstan
destinazione/transito, nessuna prescrizione
Macedonia
destinazione, veicoli Euro III, IV, V
Marocco
Destinazione/transito, nessuna prescrizione
Moldavia
destinazione/transito, veicoli Euro III, IV, V
Montenegro
destinazione/transito, veicoli minimo Euro III
Principato di Monaco
autorizzazione a tempo, destinazione valida anche per scarico e carico in Francia
Russia
destinazione/transito, veicoli Euro V
Serbia
destinazione/transito veicoli Euro III, Euro IV, Euro V
Svizzera
autorizzazione Svizzera
Tunisia
destinazione/transito, nessuna prescrizione
Turchia
destinazione/transito, veicoli Euro III
Ucraina
destinazione transito, veicoli Euro III, IV, V
Uzbekistan
destinazione, nessuna prescrizione
La circolare con il preciso dettaglio delle autorizzazioni e dell’annex nonché altre informazioni pos-
sono essere richieste all’ufficio trasporti dell’Associazione. (AdT)
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Divieti di circolazione sul ponte di Dignano I DIVIETI OPERANO PER I VEICOLI INDUSTRIALI SULLA SOLA DIRETTRICE DIGNANO-MANIAGO Con ordinanza 0006009 del 20 marzo 2015 Friuli Venezia Giulia Strade spa ha introdotto un divieto di transito per i soli veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 7,5 t lungo la S.R. 464 “di Spilimbergo” dal km 24 + 910 in corrispondenza del ramo della rotatoria che conduce al centro abitato di Dignano e solamente per la direzione Maniago. L’itinerario per tali veicoli viene deviato sulla S.R. n. 463 “del Tagliamento” sino al km 39 + 000 (rotonda Coseat), per poi proseguire sulla S.S. 13 “Pontebbana” in direzione Pordenone. L’ordinanza è entrata in vigore il giorno stesso della sua emanazione, ma è divenuta operativa qualche tempo dopo, una volta apposta la necessaria segnaletica stradale. Dal divieto di transito sono escluse le seguenti categorie di operazioni, di imprese e di veicoli: - carico e scarico all’interno del tratto stradale interessato dal divieto di transito nonché nel
territorio dei seguenti comuni: Spilimbergo, Maniago, Sequals, Meduno, Tramonti di Sotto, Tramonti di Sopra, Travesio, Pinzano al Tagliamento, Castelnuovo del Friuli, Clauzetto, Vito d’Asio, San Giorgio della Richinvelda, Andrei, Arba, Barcis, Cavasso Nuovo, Cimolais, Claut, Erto e Casso, Fanna, Frisanco, Montereale Valcellina, Vajont Vivaro; - frontisti e attività industriali, artigianali e commerciali coinvolti logisticamente, in quanto le loro attività ricadono all’interno del comune di Dignano; - veicoli di soccorso, di emergenza, forze dell’ordine e militari; - veicoli abilitati alla manutenzione stradale; - veicoli autorizzati dall’Amministrazione comunale di Dignano; - scuolabus e autobus adibiti al trasporto pubblico locale. Il divieto, dettato dall’intento di alleggerire il traffico pesante all’interno del centro abitato di Dignano, preclude il transito dei veicoli interessati anche sul ponte di Dignano che collega le due sponde del Tagliamento, sia pure nella sola direttrice Est-Ovest. Il testo dell’ordinanza può essere richiesta all’ufficio trasporti dell’Associazione, al quale ci si può rivolgere per qualsiasi altra necessità.
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(AdT)
Autotrasporto c/t. Costi indicativi di riferimento PUBBLICATI I COSTI INDICATIVI DI RIFERIMENTO DEL GASOLIO PER IL MARZO 2015
Si fa seguito a quanto riportato su Apinforma n. 5/2014, p. 53 per segnalare che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (di seguito Ministero) ha pubblicato sul proprio sito (www.mit.gov. it) l’aggiornamento della voce “costo per litro del gasolio” per il mese di marzo 2015, voce che rientra fra i valori indicativi di riferimento dei costi di esercizio dell’impresa di autotrasporto di cose per conto di terzi. In particolare, tenuto conto del prezzo al consumo accertato dal Ministero dello sviluppo economico
nel marzo 2015 (pari a 1.462,26 euro per 1.000 litri di gasolio), il valore mensile di riferimento del costo del gasolio risulta essere di: - 1,198 euro/l per i veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 7,5 t (al netto dell’IVA); - 0,984 euro/l per i veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 7,5 t (al netto di IVA e rimborso delle accise). Si rammenta che gli altri valori indicativi di riferimento individuati dal Ministero nella sua nota del 24 febbraio 2015 (v. Apinforma n. 4/2015, p. 59), verranno aggiornati su base annuale a meno che, nel frattempo, non insorgano novità che inducano il Ministero a rivedere la metodologia seguita per elaborare questi valori. La documentazione indicata e altre informazioni possono essere richieste all’ufficio trasporti dell’Associazione.
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(AdT)
Autotrasporto. Tempi di guida pausa e riposo MODALITÀ DI FRUIZIONE DEL RIPOSO SETTIMANALE. CHIARIMENTI MINISTERIALI
Con la circolare prot. 37/0007136 del 29 aprile 2015, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (di seguito Ministero) è intervenuto in materia di tempi di guida, di pausa e di riposo nell’attività di trasporto su strada, fornendo alcuni chiarimenti interpretativi sul regolamento (CE) del Parlamento e del Consiglio europeo n. 561/2006, del 15 marzo 2006 (di seguito regolamento), che disciplina la materia. E’ intervenuto, in particolare, sull’art. 8, par. 6 del regolamento per chiarire della versione in lingua italiana rispetto alle versioni della quasi totalità delle altre lingue ufficiali europee. La norma in esame, secondo il testo italiano, prevede che: “Nel corso di due settimane consecutive i conducenti effettuano almeno: - due periodi di riposo settimanale regolare, oppure - un periodo di riposo settimanale regolare ed un periodo di riposo settimanale ridotto di almeno 24 ore. La riduzione è tuttavia compensata da un tempo di riposo equivalente preso entro la fine della terza settimana successiva alla settimana in questione.” Alcune interpretazioni avvallavano la possibilità di frazionarne il godimento nell’arco delle tre settimane dalla riduzione del riposo settimanale, sfruttando, appunto, il testo italiano della disposizione n cui, a differenza dei testi ufficiali in lingua inglese e francese, non si fa espresso riferimento all’obbligo di fruire del tempo di riposo in blocco. Nel testo in lingua francese si ha, invece, che: “Toutefois, la reduction est compenséé par une période de répos équivalente prise en bloc avant la fin de la troisième semaine suivant la semaine en question” e, analogamente, in quello in lingua inglese che: “However, the reduction shall be compensated by
an equivalent period of rest taken en bloc before the end of the third week, following the week in question.” A giudizio del Ministero, l’omissione “in blocco” nel testo italiano non può giustificare un’applicazione della norma diversa da quella in vigore nella maggior parte dei Paesi dell’Unione europea (Francia e Inghilterra su tutti) e ha precisato che il riposo compensativo non possa essere frazionato nell’arco di tre settimane, bensì vada fruito in blocco e, quindi, in una sola volta, agganciandolo – come prescrive l’art. 8, par. 7 del citato regolamento – ad un periodo di riposo di almeno 9 ore. A sostegno di questa conclusione, il Ministero cita la giurisprudenza costante della Corte europea di Giustizia che, chiamata a decidere su questioni simili, ha affermato che il testo di una disposizione non può considerarsi isolatamente, ma va “interpretato e applicato alla luce dei testi redatti nelle altre lingue ufficiali”. D’altro canto, prosegue il Ministero, la precedente normativa sui tempi di guida e di riposo (il regolamento (CE) 3820/1985) prevedeva espressamente, all’art. 8, par .3, che il riposo compensativo dovesse essere “continuo”, e l’art. 8.6 del reg. (CE) 561/2006, il quale, com’è noto, ha abrogato il 3820/1985) non si discosta da questa impostazione. In conclusione, il Ministero ha invitato gli uffici ispettivi ad uniformarsi a questa interpretazione, e di sanzionare la compensazione non integrale del riposo settimanale ridotto ai sensi dell’art. 174, co. 7, secondo periodo del codice della strada, il quale stabilisce che “Il conducente che non rispetta per oltre il 10 per cento il limite minimo dei periodi di riposo settimanale prescritti dal predetto regolamento è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 369 a euro 1.476. Se i limiti di cui ai periodi precedenti non sono rispettati per oltre il 20 per cento, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 422 a euro 1.686.” Qualora, poi, sia accertata anche la violazione dei periodi massimi di guida settimanale si applica la sanzione di cui al primo periodo della medesima disposizione, il quale prevede che: “Il conducente che non rispetta per oltre il 10 per cento il limite massimo di durata dei periodi di guida settima-
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nale prescritti dal regolamento (CE) n. 561/2006 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma’ da euro 264 a euro 1.054.” Il testo della nota ministeriale e altre informa-
zioni possono essere richiesti all’ufficio trasporti dell’Associazione.
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(AdT)
Canone di locazione immobili urbani Gli indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, senza tabacchi, relativi ai singoli mesi 2014 e 2015 e le loro variazioni rispetto agli indici relativi al corrispondente mese dell’anno precedente e di due anni precedenti sono riportati nella tabella sottostante.
INDICE ISTAT MESE DI MARZO 2015
(C)
ANNI E MESI
2014
2015
INDICI (BASE 2010 = 100)
VARIAZIONI PERCENTUALI RISPETTO AL CORRISPONDENTE PERIODO DELL’ANNO PRECEDENTE
DI DUE ANNI PRECEDENTI
PUBBLICAZIONE GAZZETTA UFFICIALE
Marzo
107,2
0,3
1,9
n. 94 del 23 aprile 2014
Aprile
107,4
0,5
1,6
n. 133 dell’11 giugno 2014
Maggio
107,3
0,4
1,6
n. 142 del 21 giugno 2014
Giugno
107,4
0,3
1,5
n. 171 del 25 luglio 2014
Luglio
107,3
0,1
1,3
n. 194 del 22 agosto 2014
Agosto
107,5
-0,1
1,0
n. 220 del 22 settembre 2014
Settembre
107,1
-0,1
0,7
n. 248 del 24 ottobre 2014
Ottobre
107,2
0,1
0,8
n. 276 del 27 novembre 2014
Novembre
107,0
0,2
0,8
n. 297 del 23 dicembre 2014
Dicembre
107,0
-0,1
0,5
n. 20 del 26 gennaio 2015
Media
107,2
Gennaio
106,5
-0,7
-0,2
Febbraio
106,8
-0,4
0,1
n. 72 del 27 marzo 2015
Marzo
107,0
-0,2
0,1
n. 94 del 23 aprile 2015
PAG. 64 - APINFORMA / Organizzazione - numero 8 - 30 aprile 2015