Numero 19/2013

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NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE PICCOLE E MEDIE INDUSTRIE

APINFORMA numero 19 31 ottobre 2013

IN PRIMO PIANO LAVORO

COLLABORAZIONI A PROGETTO

APINFORMA - Quindicinale di informazione dell’Associazione Piccole e Medie Industrie

FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO

LAVORO

SICUREZZA E AMBIENTE

EDILIZIA

EXPORT MARKETING

ORGANIZZAZIONE


NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE PICCOLE E MEDIE INDUSTRIE

APINFORMA

numero 19 31 ottobre 2013

Sommario Imposte 2013: seconda rata di acconto

FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO

6

Scheda carburante

10

Sdoganamento in mare

15

Beni a soci e familiari

16

Report legislativo dal 21/10 al 25/10/2013

20

Approvata dal CdM la Legge di Stabilità

21

Contributi camerali per le reti d’imprese nel 2013

24

Autotrasporto c/t. Contributi agli investimenti

25

Collaborazioni a progetto

26

Il lavoro nella giurisprudenza

30

Trasporto rifiuti. SISTRI

32

Scadenziario ambiente-sicurezza

33

Sicurezza alimentare

34

Chimica

36

Ambiente e sicurezza in breve

38

Costo della manodopera edile

39

SOA: rinnovo per la Calor srl

40

Escluse le offerte difformi alle specifiche tecniche

41

Report legislativo dal 21/10 al 25/10/2013

45

Note informative

46

LAVORO

SICUREZZA E AMBIENTE

EDILIZIA


Friuli Antincendi srl - via Fratelli Savoia, 24 - Z.A. Piccola di Moro 2 - 33033 Codroipo (UD) tel 0432.904342 - fax 0432.913612 - info@friuliantincendi.it - www.friuliantincendi.it


EXPORT MARKETING

Investire in Cina attraverso Hong Kong

50

Il Transfer Pricing in India

54

Importazione legname dalla Federazione Russa

56

Sanzioni doganali

57

Il ruolo della banca avvisante

60

Nuova convenzione euroShell

63

C.d.s. Riduzione del pagamento delle sanzioni

66

Circolazione su strada dei carrelli elevatori

68

Spedizionieri. Iscrizione al Registro Imprese

69

ORGANIZZAZIONE

Dateci il vostro indirizzo di posta elettronica per comunicare più facilmente, per fornirvi informazioni in tempo reale e per realizzare economie di scala. info@confapifvg.it

Editore Redazione Associazione Piccole e Medie Industrie del Friuli Venezia Giulia - Confapi FVG Viale Ungheria, 28 33100 Udine Tel. 0432 507377 www.confapifvg.it

Direttore Responsabile Lucia Cristina Piu Registrazione presso il Tribunale di Udine n. 404 del 27.08.1977

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Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana



Imposte 2013: seconda rata di acconto IRPEF

VERSAMENTO DA EFFETTUARSI ENTRO IL 2 DICEMBRE

PREMESSA Entro la fine del mese di novembre scade il termine per effettuare il versamento della seconda rata di acconto delle imposte relative al 2013. In realtà il 30 novembre quest’anno cade di sabato, conseguentemente il termine è differito a lunedì 2 dicembre. In sede di versamento della seconda rata di acconto, è necessario considerare l’incremento disposto dal D.l. 76/2013 (Decreto Lavoro) in base al quale gli acconti sono stati incrementati, a decorrere dal 2013, nella misura del 100% per i soggetti IRPEF e del 101% per i soggetti IRES. L’acconto IRAP rimane ancorato alle aliquote previste per le imposte dirette, conseguentemente l’acconto IRAP per soggetti IRPEF sarà del 100% e quello per i soggetti IRES del 101%. Riepilogando le misure degli acconti sono le seguenti: - IRPEF 100%; - IRES 101%; - IRAP per le persone fisiche e società di persone 100%; - IRAP per società di capitali, enti commerciali ed enti non commerciali 101%. L’acconto di novembre è pari al 60% dell’acconto complessivo dovuto, qualora risulti dovuta la prima rata di acconto. Le maggiorazioni degli acconti sono applicabili in sede di versamento della seconda rata di acconto da determinarsi quale differenza tra l’acconto complessivamente dovuto applicando la nuova misura e quanto versato per la prima rata. Ricordiamo che le imposte su cui calcolare gli acconti devono spesso essere ricalcolate in applicazione di specifiche norme di legge, come ad esempio la riduzione al 20% della deducibilità dei costi auto per imprese e professionisti e al 70% per quelle in uso promiscuo ai dipendenti.

L’acconto è pari al 100% del tributo relativo al periodo d’imposta precedente al netto di detrazioni, crediti d’imposta, ritenute alla fonte. Il dato da considerare al fine di verificare se è dovuto o meno l’acconto, è l’importo indicato nel rigo RN 33 “Differenza” del modello Unico 2013. Qualora l’imposta complessivamente dovuta per il periodo precedente: - non superi € 51,65 non è dovuto l’acconto; - superi € 51,65 si rende dovuto l’acconto nella misura del 100% del suo ammontare. L’acconto così determinato deve essere versato: - in unica soluzione entro il 2 dicembre 2013, se l’importo dell’acconto da versare è inferiore a € 260,11; - in due rate, se l’importo dovuto è pari o superiore a € 260,11, di cui la prima, nella misura del 40%, entro i termini previsti per il versamento del saldo del modello Unico 2013, la seconda entro il 2 dicembre 2013 nella restante misura del 60%. Il versamento di novembre deve essere effettuato con il modello F24 utilizzando il codice tributo 4034 - IRPEF acconto - seconda rata o acconto in unica soluzione, indicando come periodo di riferimento il 2013.

IRES L’acconto relativo all’IRES, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare deve essere determinato nella misura del 101% dell’imposta relativa al periodo d’imposta precedente, al netto dei crediti d’imposta e delle ritenute alla fonte. Qualora l’ammontare d’imposta complessivamente dovuta per il periodo d’imposta precedente risulti: - pari o inferiore a € 20,66 l’acconto per il periodo d’imposta 2013 non è dovuto; - superiore a € 20,66 ma inferiore a € 257,5 l’acconto per il periodo d’imposta è dovuto in unica rata da versare entro il 2 dicembre 2013; - superiore a € 257,5 l’acconto è dovuto in due rate. Il rigo da considerate al fine di verificare se è dovuto o meno l’acconto è l’importo indicato al rigo

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RN 17 di Unico 2013 SC o RN 28 di Unico 2013 ENC. L’acconto relativo alla seconda o unica rata si deve versare: - entro il 2 dicembre 2013 per i soggetti aventi esercizio sociale o il periodo d’imposta coincidente con l’anno solare; - nel corso dell’undicesimo mese del periodo d’imposta per i soggetti con esercizio sociale non coincidente con l’anno solare. Il versamento deve essere eseguito esclusivamente tramite modello F24 telematico indicando il codice tributo 2002 - IRES acconto seconda rata o acconto in unica soluzione, indicando come periodo di riferimento il 2013. I soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, devono barrare l’apposita casella, posta in alto a destra del modello F24, e indicare nella colonna “anno di riferimento” il primo dei due anni solari interessati.

IRAP L’acconto IRAP deve essere effettuato seguendo le stesse regole previste per le imposte sui redditi. Persone fisiche, se l’ammontare dell’imposta dovuta per il 2012 risultava: - pari o inferiore a € 51,65 non è dovuto acconto; - superiore a € 51,65 ma inferiore a € 260,11 l’acconto è dovuto in unica soluzione entro il 2 dicembre 2013; - superiore a € 260,11 l’acconto è dovuto in due rate, la prima pari al 40% e la seconda pari al 60% del 100% del tributo relativo al periodo precedente. Il dato da considerare al fine della determinazione dell’acconto è il rigo IR21 del modello IRAP 2013. Società personali e soggetti equiparati, se l’ammontare d’imposta dovuta per l’anno 2012 risultava: - pari o inferiore a € 51,65 l’acconto non è dovuto; - superiore a € 51,65 ma inferiore a € 260,11 l’acconto è dovuto in unica soluzione entro il 2 dicembre 2013; - superiore a € 260,11 l’acconto è dovuto in due rate, la prima pari al 40% e la seconda pari al 60% del 100% del tributo relativo al periodo precedente. Il dato da considerare al fine della determinazione dell’acconto è il rigo IR21 del modello IRAP 2013. Società di capitali, enti commerciali ed enti non commerciali, in questo caso il periodo d’imposta

può anche non coincidere con l’anno solare, se l’ammontare dell’imposta dovuta per il periodo precedente è: - pari o inferiore a € 20,66 l’acconto non è dovuto; - superiore a € 20,66 ma inferiore a € 257,5 l’acconto per il periodo d’imposta è dovuto in unica rata da versare entro il 2 dicembre 2013; - superiore a € 257,5 l’acconto è dovuto in due rate, la prima pari al 40% la seconda pari al 60% del 101% del tributo relativo al periodo precedente. Il dato da considerare al fine della determinazione dell’acconto è il rigo IR21 del modello IRAP 2013. Il versamento in tutti i casi deve essere fatto tramite il modello F24 utilizzando il codice tributo 3813 - IRAP acconto - seconda rata o acconto in unica soluzione, indicando come periodo di riferimento il 2013.

CALCOLO DELL’ACCONTO CON IL METODO PREVISIONALE Oltre alle modalità sopra descritte, è possibile determinare l’acconto in base all’ammontare del tributo presumibilmente dovuto per l’anno in corso, sempre al netto delle detrazioni, dei crediti d’imposta e delle ritenute alla fonte. In questo caso il contribuente, qualora ritenga che l’imposta dovuta per il periodo in corso sarà inferiore o nullo, può: - eseguire un versamento d’acconto inferiore a quello dovuto, calcolandone l’importo in funzione della minore imposta dovuta; - non effettuare alcun versamento, qualora ritenga di non dover versare alcuna imposta per il periodo d’imposta in corso. La scelta del metodo riguarda la singola imposta, pertanto lo stesso contribuente potrà utilizzare il metodo storico per l’IRAP e quello previsionale per l’IRES. L’acconto da versare, a consuntivo dovrà corrispondere almeno alle percentuali di acconto previste per l’anno in corso. Se si utilizza il metodo previsionale, è necessario procedere con la massima cautela perché l’eventuale minor versamento comporterà l’applicazione della sanzione amministrativa e il versamento degli interessi.

CONSOLIDATO E TRASPARENZA L’articolo 6 del decreto 9 giugno 2004, relativo alle modalità attuative del consolidato nazionale, prevede il trasferimento al consolidante degli obblighi di versamento degli acconti. La disciplina transitoria contenuta nell’articolo 4, comma 1, lettera l) del decreto legislativo 344/2003, prevede che in caso di versamento degli acconti con

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il metodo previsionale, ciascun partecipante alla tassazione di gruppo, dovrà determinare il dovuto senza considerare l’opzione per il consolidato. In pratica se l’opzione è già stata esercitata, il versamento farà capo alla consolidante, la quale dovrà considerare come imposta del periodo precedente, la sommatoria di quella indicata nelle dichiarazioni dalle società stesse. Per quanto riguarda il regime della trasparenza, per il primo periodo d’imposta di efficacia dell’opzione, gli obblighi di acconto permangono anche in capo alla società partecipata. Se si sceglie il metodo previsionale, si dovrà considerare l’imposta che si sarebbe determinata in assenza dell’opzione. Gli acconti versati dalla società trasparente saranno poi scomputati dai soci, in base alle rispettive percentuali di partecipazione agli utili. Per quanto riguarda i soci della società trasparente, potranno prendere in considerazione gli effetti della trasparenza, come ad esempio l’imputazione delle perdite della società controllata.

CEDOLARE SECCA I contribuenti che nel 2012 hanno optato per il versamento dell’imposta sostitutiva sui redditi di locazione di fabbricati ad uso abitativo “cedolare secca” sono tenuti al versamento del relativo acconto. L’acconto per la cedolare secca è unitario, vale a dire che si rende necessario sommare tutti gli importi della cedolare secca dovuta per ogni contratto di locazione per il quale sia stata esercitata la relativa opzione nel periodo di riferimento. Ricordiamo che il D.L. 102/2013 è intervenuto a rendere più attrattiva la cedolare secca prevedendo, con effetto dal 2013 l’abbassamento dal 19% al 15% dell’aliquota applicabile sui contratti a canone concordato. L’altra aliquota, quella per i canoni liberi, non ha subito variazioni restando fissata al 21%. Nel caso in cui l’anno di prima applicazione della cedolare secca sia anche il primo anno di possesso dell’immobile, non è dovuto acconto, considerato che il relativo reddito nel precedente periodo d’imposta non è stato assoggettato a tassazione. In questi casi è possibile ricorrere al metodo previsionale in considerazione del fatto che nell’anno successivo i redditi da locazione di tali immobili non concorreranno alla formazione del reddito imponibile IRPEF. Qualora nel 2013 il contribuente utilizzi la cedolare secca solo per una parte dell’anno, per il calcolo dell’acconto IRPEF non si deve considerare il reddito fondiario dei relativi immobili nella corrispondente parte del 2013. La misura dell’acconto della cedolare secca è del

95% e il versamento deve essere determinato utilizzando le solite regole previste per l’IRPEF, vale a dire che se l’imposta sostitutiva: - è pari o inferiore a € 51,65 non si versa l’acconto; - superiore a € 51,65 ma inferiore a € 279, l’acconto, pari al 95%, è dovuto in unica soluzione entro il 2 dicembre 2013; - superiore a € 279, l’acconto è dovuto in due rate, la prima pari al 40% e la seconda pari al 60% dell’95%.

SOCIETÀ DI COMODO Con riferimento alle società di comodo, dal 2012 opera una maggiorazione dell’IRES del 10,50%. Ai fine della determinazione dell’acconto per il 2013 le imprese interessate a questa disciplina dovranno tener conto anche di tale maggiorazione utilizzando il codice tributo 2019.

COMPENSAZIONE E’ possibile compensare gli importi dovuti come acconti, sia con crediti IRPEF, IRAP e Iva risultanti dalla dichiarazione unificata dell’anno precedente sia con crediti contributivi ammessi in compensazione. In questi casi, qualora si proceda attraverso la compensazione orizzontale, sarà necessario presentare il modello F24 anche nel caso non sia dovuta, a seguito della compensazione, alcuna imposta. Si ricorda che il limite massimo di compensazione è pari a € 516.456,90 per ogni anno (dal 2014 tale importo sarà portato a € 700.000). Sono esclusi da tale limite le compensazioni verticali e i crediti d’imposta riconosciuti a seguito di specifiche agevolazioni. Per le imprese sub – appaltatrici che realizzano operazioni rientranti nel reverse charge per almeno l’80% del volume d’affari, il limite di cui sopra è elevato a un milione di euro.

OMESSO E INSUFFICIENTE VERSAMENTO Nel caso di omesso o insufficiente versamento dell’acconto è dovuta una sanzione amministrativa nella misura del 30% dell’ammontare non versato, oltre agli interessi moratori. Qualora non si siano effettuati i versamenti nei termini, è possibile regolarizzare l’operazione, anche successivamente alla scadenza del termine ordinario utilizzando l’istituto del ravvedimento operoso. In questo caso la sanzione è ridotta nella misura dello 0,2% per ogni giorno di ritardo e fino al 14° giorno dalla scadenza, del 3% qualora il versamento sia eseguito dal 15° giorno successivo alla

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scadenza ed entro il termine di trenta giorni e nella misura del 3,75% se la regolarizzazione avviene dopo i trenta giorni ma entro il termine per la presentazione della dichiarazione concernente l’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione. Naturalmente oltre al versamento dell’imposta e della sanzione, andranno versati, anche gli inte-

ressi moratori del 2,5% con maturazione giorno per giorno.

RATEIZZAZIONE Si ricorda che l’acconto del 2 dicembre 2013 non è rateizzabile. (PZ)

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Scheda carburante

LE REGOLE PER LA CORRETTA COMPILAZIONE E CONTABILIZZAZIONE

Gli acquisti di carburante e lubrificanti per autotrazione effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione da parte dei contribuenti titolari di partita Iva devono risultare da apposite annotazioni eseguite in un documento definito “scheda carburante”. La scheda carburante rappresenta il documento idoneo a: - certificare gli acquisti di carburante per autotrazione (benzina, miscela di carburante e lubrificante, gasolio, gas metano, GPL), - effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione, - dai soggetti passivi Iva nell’esercizio di impresa, arte o professione. Essendo lo strumento necessario per poter documentare la spesa al fine di beneficiare tanto della deducibilità del relativo costo ai fini delle imposte dirette quanto per usufruire del diritto alla detrazione dell’Iva assolta all’acquisto, nei casi in cui viene utilizzata la scheda carburante è vietata l’emissione della fattura di vendita da parte dell’esercente la stazione di servizio in quanto le annotazioni sulle schede carburanti sono sostitutive di tale documento. La scheda carburante, per essere documento valido per la protocollazione ai fini fiscali, deve avere una periodicità mensile o trimestrale, ed essere riferita ai veicoli intestati ovvero utilizzati (ad esempio, a titolo di leasing, noleggio o comodato) dal soggetto passivo d’imposta. Il contenuto della scheda carburante, combinando disposizioni normative e pronunce giurisprudenziali, può essere così riepilogato: - gli estremi di identificazione del veicolo (casa costruttrice, modello, targa o numero telaio); - gli estremi di identificazione del soggetto Iva che acquista il carburante; - il numero dei chilometri rilevabile, alla fine del mese o del trimestre, dall’apposito dispositivo

- -

-

-

contachilometri esistente nel veicolo (indicazione non necessaria per i professionisti); la data del rifornimento; l’ammontare del corrispettivo totale corrisposto dal cliente (al lordo dell’Iva) per ogni singolo rifornimento; gli estremi identificativi e l’ubicazione dell’impianto di distribuzione (anche mediante timbro); la firma di convalida della regolarità dell’operazione di acquisto da parte del gestore.

LE CASISTICHE IN CUI LA FATTURA È OBBLIGATORIA Vi sono casi di acquisti di carburanti e lubrificanti che devono essere documentati obbligatoriamente con fattura e che, pertanto, non possono essere documentati mediante l’utilizzo della scheda carburante. Si tratta di: - acquisti di carburante per autotrazione non effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione; - acquisti di carburante non per autotrazione effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione (ad esempio motori fissi); - acquisti di carburante per autotrazione effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione per i quali non può essere verificata la destinazione; - rifornimenti durante l’orario di chiusura (selfservice); - procedura di “netting” in uso nel settore petrolifero; - cessioni nei confronti dello Stato, degli Enti pubblici territoriali, degli istituti universitari e degli enti ospedalieri, di assistenza e beneficenza; - cessioni di gasolio effettuate nei confronti di autotrasportatori di cose per conto terzi; - acquisti di carburante per carrelli elevatori, macchine operatrici come trattori, escavatori, mezzi di spurgo pozzi, che non circolano su strada.

L’INDICAZIONE DEL DATO DEI CHILOMETRI FINALI SULLA SCHEDA CARBURANTE È importante ricordare che per i soggetti esercenti

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attività di impresa non va indicato il numero dei chilometri percorsi nel periodo bensì il dato puntuale riscontrabile dal contachilometri alla fine del periodo (mese o trimestre) considerato. Il dato dei chilometri percorsi nel periodo è comunque ricavabile dalla differenza tra il dato di una scheda e quello indicato in quella del periodo precedente. La scheda carburante che non riporta il numero dei chilometri percorsi alla fine del mese o del trimestre comporta l’indeducibilità dei relativi costi (sentenza n. 3947 della Corte di Cassazione del 18 febbraio 2011). Occorre ricordare che per quanto riguarda gli esercenti arti e professioni non vi è obbligo di inSITUAZIONE DELL’AUTO

dicazione del numero dei chilometri e ciò in quanto tale obbligo viene espressamente previsto per i soli esercenti attività d’impresa. Uno degli aspetti più problematici che si riscontrano nella disciplina della scheda carburante riguarda l’indicazione del dato chilometrico risultante alla fine del periodo di riferimento. Tale dato, infatti, non deve essere indicato sempre e comunque ma la sua indicazione nella scheda è in funzione della diversa modalità di utilizzo dell’autovettura. Si riporta di seguito una tabella dalla quale si evince - nelle diverse situazioni esaminate - l’obbligatorietà o meno della indicazione nella scheda carburante del dato chilometrico.

DATO KM

ADEMPIMENTI RICHIESTI

Automezzo utilizzato nell’esercizio dell’impresa

SI

Annotazione sulla scheda, a fine periodo, del numero dei chilometri dall’apposito dispositivo contachilometri

Automezzo utilizzato nell’esercizio dell’arte o della professione

NO

--

Imprese di noleggio

SI

Scheda unica per l’intera stazione noleggiante con indicazione dei chilometri

Leasing

SI

La scheda è intestata all’utilizzatore che al termine del periodo annota su di essa i chilometri dell’autovettura

Autovetture nuove non immatricolate o usate per il rifornimento di dotazione iniziale o di consegna

NO

--

Veicoli nuovi o usati, muniti della targa di prova, affidati per la riparazione o per la vendita a concessionari o ad altri operatori del settore

NO

--

Veicoli usati adibiti all’esecuzione di prove tecniche o dimostrative per la clientela

NO

--

Auto propria del dipendente utilizzata per conto del datore di lavoro

SI

Scheda cointestata al proprietario dell’autovettura e al datore di lavoro. Annotazione sulla scheda dei soli chilometri percorsi afferenti esclusivamente l’attività d’impresa

Auto aziendale munita, in luogo della scheda, di un blocco di buoni dal valore predeterminato

SI

L’utilizzatore dell’autovettura annota, al termine del periodo, su un apposito documento diverso dai buoni, i chilometri percorsi

SI

L’utilizzatore dell’autovettura annota, al termine del periodo, su un apposito documento diverso dai buoni, i chilometri percorsi (a meno che l’indicazione chilometrica non sia già presente in fattura) - sentenza CTR Firenze n.53/9/13

SI

Scheda intestata contestualmente all’assegnatario e all’impresa. Chilometri annotati, a fine periodo, da parte dell’assegnatario

Operazione di netting: rifornimento effettuato con carte aziendali collegate a contratti di somministrazione di carburante

Auto aziendale assegnata ad un dipendente

Qualora un’impresa stipuli un contratto di netting, i gestori degli impianti di distribuzione si impegnano ad eseguire a favore della compagnia petrolifera cessioni continuative di carburante direttamente alle imprese aderenti. La compagnia petrolifera, pertanto, provvede alla fatturazione

del corrispettivo dovuto alle imprese convenzionate che hanno beneficiato delle somministrazioni. Con la recente sentenza n. 53/9/13 la Commissione Tributaria Regionale di Firenze ha previsto l’indetraibilità dell’Iva da parte dell’impresa aderente ad un contratto di netting in quanto non si

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aziendale e documenta le spese inerenti l’acquisto di carburanti per autotrazione mediante l’emissione di schede carburanti trimestrali. In data 30 settembre 2013 contabilizza la scheda carburante del terzo trimestre, per un ammontare complessivo pari a € 1.050, comprensivo di Iva. Il pagamento dei singoli rifornimenti viene sempre effettuato per contanti. Trattandosi di contabilità ordinaria (peraltro obbligatoria nel caso della Srl), il primo passaggio contabile inerente gli acquisti di carburante per autotrazione consiste nell’apertura del credito per i pagamenti effettuati dalla Delta Srl ogni volta che viene effettuato un rifornimento con la contropartita dell’uscita di contante a titolo di pagamento. Si tratta di una movimentazione finanziaria non rilevante ai fini Iva:

era allegato alla fattura emessa dalla società petrolifera un documento con l’indicazione per i singoli veicoli dei chilometri percorsi. Pertanto: - se le fatture emesse dalle società petrolifere prevedono l’indicazione dei chilometri effettuati da ciascun veicolo non è necessario allegare alcun documento; - se le fatture emesse dalle società petrolifere non prevedono l’indicazione dei chilometri effettuati da ciascun veicolo è necessario predisporre un prospetto contenente l’indicazione dei chilometri effettuati da allegare ad ogni singola fattura ricevuta.

LA CONTABILIZZAZIONE DELLA SCHEDA CARBURANTE La società Delta Srl possiede una sola autovettura 22/07/13

Anticipi verso fornitori (sp)

a

Cassa contanti (sp)

110,00

07/08/13

Anticipi verso fornitori (sp)

a

Cassa contanti (sp)

120,00

Il conto “anticipi verso fornitori” viene movimentato alla data di effettuazione di ciascun rifornimento, fino ad avere un saldo contabile alla data del 30 settembre 2013 pari a € 1.050. Il passo successivo riguarda la protocollazione ai fini Iva della scheda carburante del terzo trimestre, con lo scorporo dell’Iva al 21% e la contabilizzazione dell’imposta detraibile al 40%. Dapprima va scomputato dall’importo totale della 30/09/13

Diversi

scheda carburante l’importo dell’imponibile (pari a € 867,77) e dell’Iva (pari a € 182,23): l’imposta risulta detraibile solamente per il 40%, (pari a € 72,89), cosicché il 60% corrispondente all’Iva indetraibile (pari a € 109,34) deve essere contabilizzato ad incremento del costo di acquisto del carburante. La descrizione del movimento contabile è “prot. n. 356/2013 registro Iva acquisti, scheda carburante 3° trimestre 2013”:

a

Scheda Carburante (sp)

Carburanti auto aziendali (ce)

977,11

Iva detraibile al 40% (sp)

72,89

Dopo aver rilevato la scheda carburante si procede allo storno delle anticipazioni corrispon30/09/13

Scheda Carburante (sp)

Le schede carburanti vanno registrate sul registro Iva acquisti entro gli ordinari termini di registrazione delle fatture di acquisto. Dalla registrazione devono risultare: - il numero progressivo di registrazione (protocollo); - il mese o trimestre a cui si riferisce la scheda; - l’imponibile e l’Iva, ottenuta mediante la procedura di scorporo. Salvo casi particolari (quali ad esempio, le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti e le auto utilizzate da agenti e rappresentanti di commer-

1.050,00

denti ai pagamenti eseguiti con la seguente scrittura: a

Anticipi verso Fornitori (sp)

1.050,00

cio, le auto utilizzate in via esclusivamente strumentale), la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto che riguarda i costi di acquisizione e le spese di impiego relative ai veicoli a motore, avviene nella misura del 40% del costo sostenuto e, pertanto, tale percentuale risulta applicabile anche agli acquisti di carburante per autotrazione.

GLI ACQUISTI DI CARBURANTE ATTRAVERSO STRUMENTI DI PAGAMENTO ELETTRONICI Dal 14 maggio 2011 viene prevista la possibilità di

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e


evitare la compilazione della scheda carburante nel caso in cui il carburante sia acquistato sempre attraverso strumenti di pagamento elettronici, in particolare carte di credito, carte di debito (bancomat) e prepagate: in tali casi è possibile documentare la spesa mediante copia dell’estratto conto dal quale risultino i rifornimenti effettuati con carte di credito, carte di debito o carte prepagate. Va segnalato che l’adozione della nuova modalità di certificazione non richiede: - i dati e la firma dell’esercente; - l’indicazione del numero di targa o del telaio del veicolo; - per le imprese l’indicazione del dato risultante dal contachilometri a fine periodo. I due sistemi di certificazione (scheda carburante e estratto conto) risultano tra loro alternativi e, quindi, la modalità di documentazione delle operazioni di acquisto di carburanti per autotrazione riferite al medesimo soggetto d’imposta deve essere unica, essendo a tale fine irrilevante l’eventuale presenza di più veicoli utilizzati nello svolgimento dell’attività. È stato chiarito dall’Agenzia delle Entrate che i soggetti che effettuano i pagamenti con sistemi promiscui (alternativamente a volte con carta di credito e a volte in contanti ovvero per un automezzo in contanti e per un altro automezzo con carta di credito) sono tenuti all’adozione obbligatoria della scheda carburante per tutti gli acquisti di carburante effettuati nel periodo di imposta. Posto che la documentazione utilizzata (estratti conto dai quali estrapolare le transazioni rilevanti) potrebbe suscitare qualche perplessità circa la

sua idoneità a consentire l’esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva su tali acquisti di carburante, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che: - il mezzo di pagamento deve essere intestato al soggetto che esercita l’attività economica, l’arte o la professione; - dall’estratto conto rilasciato dall’emittente della carta emergano tutti gli elementi necessari per l’individuazione dell’acquisto, quali, ad esempio: * la data del rifornimento, * il soggetto presso il quale è effettuato il rifornimento, * l’ammontare del relativo corrispettivo. Si invitano, tuttavia, i soggetti interessati ad evitare eccessive strumentalizzazioni di questa nuova opportunità di semplificazione, anche alla luce del monito che arriva dalla stessa Agenzia delle Entrate (Circolare n.42/E del 9 novembre 2012) e che di seguito si riporta: “Va da sé che la documentazione dalla quale risultino ulteriori dettagli che valgano ad associare ogni singola transazione ad uno specifico veicolo consentirebbe un più agevole esercizio del potere di controllo. Ad esempio, gli strumenti di pagamento dedicati alle aziende emessi da diversi operatori del settore - dai quali emerge la rendicontazione distinta per ciascun autoveicolo utilizzato dal dipendente anche ai fini del controllo interno di gestione - possono considerarsi idonei a garantire tale più ampia e dettagliata certificazione degli acquisti di carburante per autotrazione”. (C)

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Sdoganamento in mare NUOVA PROCEDURA PREVISTA DALLE DOGANE

L’Agenzia delle Dogane, con la nota prot. n. 121784/RU del 25 ottobre 2013, ha dettato le istruzioni per il cosiddetto “sdoganamento in mare” che consente di anticipare l’invio dei Manifesti Merci in Arrivo in modo da consentire il rapido deflusso dal porto delle merci che non vengono sottoposte ai controlli di sdoganamento. Rispetto al “pre-clearing”, attivo in via sperimentale da alcuni anni in alcuni porti, lo sdoganamento in mare può iniziare prima che la nave sia arrivata nella rada; inoltre riguarda anche le mer-

ci soggette ai controlli sanitari effettuati tramite l’interoperabilità Dogane-Usmaf nell’ambito dello Sportello Unico Doganale. La nuova procedura sarà consentita solo previa approvazione da parte dell’Agenzia delle Dogane di un apposito Disciplinare che ciascuna Direzione Territoriale interessata dovrà predisporre per garantire il rispetto di tutti i passaggi procedurali richiesti. In particolare, per lo sdoganamento in mare è necessario che la nave proceda verso il porto con rotte dirette e senza scali e sia monitorata dalla Capitaneria di Porto; che i terminalisti gestori delle operazioni di sbarco e della movimentazione dei container utilizzino le procedure telematiche per la gestione della Temporanea Custodia; infine, che nel porto sia attivo lo Sportello Unico Doganale. Ad oggi lo Sportello Unico è operativo solo nei porti di Civitavecchia, Ravenna, Venezia e Napoli. (C)

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Beni a soci e familiari LA COMUNICAZIONE DA INVIARE A DICEMBRE

LA COMUNICAZIONE DEI BENI UTILIZZATI DA SOCI E FAMILIARI Il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 94902/2013 del 2 agosto 2013 ha approvato la comunicazione relativa ai beni in uso ai soci. La comunicazione deve essere effettuata: - per i beni concessi in godimento dalla società ai soci; - per i beni concessi in godimento dalla società ai familiari dei soci; - per i beni concessi dalla società in godimento a soci o familiari di altra società appartenente al medesimo gruppo; - per i beni utilizzati dai familiari dell’imprenditore. Secondo quanto chiarito dalla C.M. n.24/E/12, i familiari dell’imprenditore e dei soci vanno individuati, ai sensi dell’art.5, co.5, del Tuir, pertanto, sono tali “il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado”.

BENI OGGETTO DI COMUNICAZIONE Per quanto attiene all’oggetto della comunicazione, appare immediatamente una semplificazione nell’articolo 2 punto 1, laddove sono escluse le operazioni compiute ante 2012. Quindi la prima comunicazione sarà quella in scadenza il 12 dicembre 2013 riferita al periodo d’imposta 2012. Viene quindi eliminata la comunicazione relativa a 2011 che aveva introdotto il provvedimento del novembre 2011, richiesta che comunque pareva esorbitare i confini previsti dalla norma istitutiva. Da notare però che il bene può essere stato concesso in godimento anche prima del 2012: infatti, se perdura il godimento nel 2012 scatta l’obbligo di comunicazione. Nel modello occorre indicare:

- la tipologia di bene concesso in utilizzo - i dati relativi al bene (es. codice telaio per le autovetture, codice catastale per l’immobile) - il valore normale di utilizzo (per le vetture si deve far riferimento al benefit convenzionale previsto dall’art.51 Tuir) - il corrispettivo eventualmente pagato per l’utilizzo. Esempio Es.: Mario Rossi, socio e dipendente della società Alfa Srl, utilizza una vettura intestata alla società a fronte di nessun corrispettivo. Valore dell’utilizzo € 4.000. La vettura era stata concessa a Mario Rossi sin dal 2010. Poiché l’utilizzo permane nel 2012, tale utilizzo va comunicato. Nel rigo BG 04 Va barrata la casella 1 autovettura ed indicato alla casella 3 il numero di telaio. Nel rigo BG 09 alla casella 2 va indicato il valore di mercato. È poi richiesto di dare indicazioni circa: - l’utilizzo che viene fatto del bene (al rigo BG02 barrare la casella 1 se l’ utilizzo è esclusivo); - la durata della concessione (data di inizio e fine). E’ confermato che non sussiste l’obbligo di comunicazione quando i beni concessi in godimento privato soddisfano congiuntamente due requisiti: - hanno un valore non superiore ad € 3.000, al netto dell’Iva (da notare che il riferimento è al valore del bene, non al valore annuo dell’utilizzo); - sono compresi nella categoria residuale “altro” prevista dal decreto (ovvero sono diversi da autovetture, unità da diporto, aeromobili, immobili). Questo esclude che debba essere monitorato un utilizzo privato di beni di scarsa importanza (es. un martello pneumatico o una piccola betoniera, ovvero un PC o un tablet della Snc edile, utilizzati da uno dei soci).

COMPILAZIONE DEI DATI DELLA SOCIETÀ E DEL SOCIO L’art.1 del Provvedimento n. 94902/2013 chiarisce quali siano i soggetti obbligati alla comuni-

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cazione dei beni dati in uso ai soci, individuandoli tra coloro che realizzano reddito d’impresa in forma individuale o collettiva, oppure, in via alternativa, dal socio o dal familiare dell’imprenditore. Dalla lettura delle istruzioni alla compilazione emerge che: - se chi compila il modello è la società (o l’impresa concedente) vanno segnalati nel modulo relativo al bene dato in uso i dati anagrafici dell’utilizzatore; - se chi compila è l’utilizzatore vanno segnalati i dati della società concedente. Ciò emerge dal contenuto di dati di tipo “C “, dove in relazione al rigo BG 01 (dati del soggetto che utilizza o concede il bene) si segnala che il codice fiscale non può essere uguale a quello indicato nel campo 2 del record “B”, in cui viene segnalato il codice fiscale del dichiarante.

ESONERI Il paragrafo 2.1 del provvedimento prevede un esonero molto importante dall’obbligo di presentazione della comunicazione: “A decorrere dall’anno 2012 i soggetti di cui al precedente punto 1 comunicano all’anagrafe tributaria i dati dei soci - comprese le persone fisiche che direttamente o indirettamente detengono partecipazioni nell’impresa concedente - e dei familiari dell’imprenditore che hanno ricevuto in godimento beni dell’impresa, qualora sussista una differenza tra il corrispettivo annuo relativo al godimento del bene ed il valore di mercato del diritto di godimento.” In pratica, la comunicazione si rende necessaria quando il socio utilizza il bene senza pagare un congruo corrispettivo e quindi si forma un reddito diverso (ex art.67 del Tuir) da tassare in capo all’utilizzatore. Se invece viene pattuito un congruo corrispettivo, la comunicazione non è dovuta. Nel paragrafo 3 sono poi individuate delle esclusioni oggettive: - i beni concessi in godimento agli amministratori (qui pare senza alcuna specificazione, quindi in ogni caso il socio/ amministratore risulterebbe essere esonerato,indipendentemente dal fatto che paghi o meno per tale utilizzo. Sul punto arriveranno probabilmente chiarimenti futuri da parte dell’Amministrazione finanziaria); - i beni concessi in godimento al socio dipendente o lavoratore autonomo, qualora detti beni costituiscano fringe benefit assoggettati alla disciplina prevista dagli articoli 51 e 54 del citato Testo unico delle imposte sui redditi (in altre parole, se per il dipendente socio o pro-

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fessionista socio è stato gestito correttamente il benefit, nessuna comunicazione risulta dovuta); i beni concessi in godimento all’imprenditore individuale (quindi l’imprenditore individuale non deve comunicare nulla se usa a fini privati i beni intestati alla propria partita Iva); i beni di società e di enti privati di tipo associativo che svolgono attività commerciale, residenti o non residenti, concessi in godimento a enti non commerciali soci che utilizzano gli stessi beni per fini esclusivamente istituzionali; gli alloggi delle società cooperative edilizie di abitazione a proprietà indivisa concessi ai propri soci; i beni ad uso pubblico per i quali è prevista l’integrale deducibilità dei relativi costi nonostante l’utilizzo privatistico riconosciuto per legge (ad esempio i taxi).

LA COMUNICAZIONE DEI FINANZIAMENTI Va segnalato che, il prossimo 12 dicembre, oltre alla comunicazione dei beni dati in uso gratuito ai soci, si dovranno anche segnalare eventuali finanziamenti e/o capitalizzazioni che gli stessi soggetti (o loro familiari) hanno effettuato a favore della società. A prescindere da qualsiasi considerazione, va rimarcato che tale segnalazione ha lo scopo di evidenziare eventuali posizioni non congrue del soggetto finanziatore ai fini del redditometro. Si consideri il seguente esempio: - il sig. Rossi ha effettuato un finanziamento di € 50.000 alla società da lui partecipata; - il reddito dichiarato dal sig. Rossi è pari a € 20.000; - l’Agenzia delle entrate potrebbe richiedere al contribuente dove sia riuscito a reperire la provvista necessaria per effettuare il prestito alla società e, in caso di assenza di giustificazioni, potrebbe fare un accertamento da redditometro. La comunicazione deve essere effettuata solo da parte della società e, diversamente da quanto previsto in tema di concessione gratuita dei beni, non è possibile l’invio da parte del singolo soggetto. Non è previsto l’obbligo di comunicazione ove il valore dei finanziamenti e delle capitalizzazioni, autonomamente considerati, non superino il valore di € 3.600. Per finanziamenti, si intendono le somme a qualsiasi titolo prestate alla società, sia con applicazione di interessi che infruttifere. Per capitalizzazioni o apporti si intendono le

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somme versate alla società non a titolo di prestito, bensì a titolo di rafforzamento del patrimonio (sottoscrizione e aumenti di capitale,versamenti a copertura perdite, in conto aumento capitale, in conto futuro aumento capitale, le rinunce alla restituzione dei finanziamenti in precedenza erogati, ecc.). A livello sanzionatorio, non sembra che l’omissione o l’errata compilazione possa subire altra sanzione se non quella residuale di € 258. Nell’attesa di conoscere ulteriori precisazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, si ritiene comunque imprescindibile ribadire alle Aziende Associate che non è più sostenibile il comportamento che abbina le seguenti circostanze: - reddito dichiarato dal socio di importo modesto; - effettuazione di finanziamenti alla società. Ovviamente, la cautela è di natura generale, poiché un soggetto potrebbe disporre di risorse proprie accumulate nelle annualità pregresse che gli consentono di effettuare i versamenti.

I SOGGETTI TENUTI ALL’EFFETTUAZIONE DELLE COMUNICAZIONI Con due provvedimenti datati 2 agosto 2013 l’Agenzia delle Entrate ha individuato i soggetti tenuti alla presentazione telematica all’Anagrafe tributaria dei dati relativi ai beni concessi in godimento ai soci o familiari e dei dati relativi ai soci o familiari dell’imprenditore che effettuano finanziamenti o capitalizzazioni nei confronti dell’impresa. L’ambito soggettivo che interessa le due comunicazioni relative al periodo di imposta 2012, da effettuare entro il 12 dicembre 2013, è diverso: - nel modello dei beni in uso ai soci l’invio è indifferentemente eseguito sia dalla società concedente sia dall’effettivo beneficiario; - nel caso dei finanziamenti e degli apporti l’obbligo è posto esclusivamente a carico del soggetto che svolge attività d’impresa, cioè chi ha ricevuto il finanziamento o la capitalizzazione.

LA COMUNICAZIONE DEI BENI AZIENDALI CONCESSI IN GODIMENTO AI SOCI O AI FAMILIARI I soggetti che esercitano attività di impresa devono comunicare annualmente gli elementi per individuare i beni concessi in uso e i dati anagrafici degli utilizzatori: tale obbligo può essere assolto, in via alternativa, dal socio (o familiare dell’imprenditore) o dalla società, nei soli casi in cui la società o l’impresa individuale non addebiti al socio o al

familiare il giusto valore di mercato del bene concesso in godimento. Nel caso in cui il valore normale del diritto di godimento del bene venga addebitato tra le parti, la comunicazione telematica non deve essere effettuata. I soggetti residenti interessati all’obbligo sono: - imprese individuali; - società di persone; - società di capitali; - società cooperative; - stabile organizzazioni di società non residenti; - enti privati di tipo associativo limitatamente ai beni utilizzati nella sfera commerciale. Sono escluse dall’obbligo di comunicazione telematica le società semplici. Non sono interessati da tale norma, inoltre, gli esercenti arti e professioni (anche in forma associata) in quanto il provvedimento parla esclusivamente di soggetti che esercitano attività di impresa. I soggetti privati (persone fisiche) interessati all’obbligo si possono così schematizzare: - soci che hanno ricevuto nel corso dell’anno beni in godimento dalla società; - soci di società che detengono partecipazioni nella società concedente il bene (che viene utilizzato dalla persona fisica); - familiari dei suddetti soci o dell’imprenditore individuale. Non è soggetto all’obbligo di comunicazione l’utilizzo dei beni aziendali da parte dell’imprenditore individuale (va comunicato solo l’utilizzo da parte dei familiari dell’imprenditore). Deve essere comunicato, invece, l’utilizzo del bene da parte della persona fisica che detiene indirettamente la partecipazione nella società concedente (ad esempio in presenza di società fiduciaria o di trust).

LA COMUNICAZIONE DEI SOCI O FAMILIARI DELL’IMPRENDITORE CHE EFFETTUANO FINANZIAMENTI O CAPITALIZZAZIONI Il modello approvato per i beni concessi in godimento ai soci deve essere utilizzato dalla società o dall’impresa individuale per comunicare i finanziamenti o le capitalizzazioni ricevuti. Vanno comunicati solo i dati dei finanziatori persone fisiche o familiari dell’imprenditore. Diversamente da quanto avviene per la comunicazione dei beni in godimento, non è prevista la possibilità che l’adempimento possa essere effettuato dal socio che effettua il finanziamento o la capitalizzazione ma solo dall’impresa, che è tenuta alla presentazione telematica del modello.

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Non sono, pertanto, oggetto di comunicazione: - i finanziamenti eseguiti dalla società al socio; - i finanziamenti eseguiti dal socio alla società quando il socio non è persona fisica; - i finanziamenti eseguiti dai familiari dei soci (l’apporto del familiare è rilevante solo se effettuato nella impresa individuale). Al fine di semplificare l’adempimento, è stato previsto che l’obbligo di comunicazione dei finanziamenti e delle capitalizzazioni sussiste qualora nell’anno di riferimento (nel caso in questione nel 2012, non rilevando gli apporti e i finanziamenti effettuati in anni precedenti) l’ammontare complessivo dei versamenti effettuati sia pari o superiore ad € 3.600, distintamente assunti. Se, ad esempio, il socio ha sottoscritto un aumento

di capitale per € 10.000 e ha effettuato un finanziamento per € 3.000, è oggetto di monitoraggio per la sola capitalizzazione e non per il finanziamento, che non va inserito nella comunicazione. Inoltre, la norma prevede che vada monitorata la singola movimentazione finanziaria rilevante, indipendentemente dalla restituzione del finanziamento entro la fine del periodo di imposta. Le operazioni già in possesso dell’Amministrazione finanziaria, quali gli atti di finanziamento o capitalizzazione sottoposti a registrazione, sono esclusi dall’obbligo di comunicazione telematica. Trattasi, ad esempio, di versamenti in conto capitale ovvero di contratti di finanziamento registrati presso l’Agenzia delle Entrate. (C)

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Report legislativo dal 21/10 al 25/10/2013 PROVVEDIMENTO

DDL 1542: “Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni”

Camera - sede referente I° Affari Costituzionali Rel. Calabria Annagrazia - PDL e Gasparini Daniela - PD Mercoledì 23 ottobre Audizione informale esperti ed enti associazioni

DDL Stabilità e DDL Bilancio

Senato - sede consultiva I° - Affari costituzionali Rapporto alla Bilancio. Se assegnato.

Comunicazioni del Presidente del Consiglio, ai sensi dell’art. 126, comma 3 e 4, del Regolamento, sul contenuto del disegno di legge di stabilità.

Senato Subito dopo le comunicazioni del Presidente i disegni di legge di stabilità e di bilancio saranno assegnati alla 5ª Commissione permanente in sede referente e alle altre Commissioni in sede consultiva. Da quel momento avrà inizio la sessione di bilancio. Le Commissioni trasmetteranno i propri rapporti alla Commissione Bilancio entro martedì 29 ottobre. Il prosieguo dei tempi di discussione dei documenti finanziari sarà stabilito da una successiva Conferenza dei Capigruppo.

DDL 1058 - Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita

DDL 1107 “Conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici”

ARTICOLI D’INTERESSE PER IL SETTORE / VARIE

STATO AVANZAMENTO

Senato - sede referente VI - Finanze Relatori Sen. Mauro Maria Marino - PD Sen. Salvatore Sciascia - PDL

Senato - sede referente V Bilancio Ceroni Remigio - PDL VI: Finanza - Federico Fornaro -PD VIII - Lavori Pubblici - Cardinali Daniela - PD Scadenza 30 ottobre per la conversione in legge

Gli obiettivi del DDL: 1) istituire le città metropolitane; 2) predisporre una nuova disciplina delle province; 3) definire una nuova disciplina organica delle unioni dei Comuni che a seguito dei numerosi interventi legislativi di questi anni ha subìto continue mutazioni.

Il provvedimento si compone di 16 articoli concernenti alcuni principi generali e le procedure di delega; la revisione del catasto dei fabbricati, nonché norme in materia di evasione ed erosione fiscale; la disciplina dell’abuso del diritto e dell’elusione fiscale; norme in materia di tutoraggio, semplificazione fiscale e revisione del sistema sanzionatorio, la revisione del contenzioso e della riscossione degli enti locali; la delega per la revisione dell’imposizione sui redditi di impresa e la previsione di regimi forfetari per i contribuenti di minori dimensioni, nonché per la razionalizzazione della determinazione del reddito d’impresa e di imposte indirette e in materia di giochi pubblici; la delega ad introdurre nuove forme di fiscalità ambientale. art. 1: Abolizione IMU 2013 art. 2: Altre disposizioni su IMU art. 4: Riduzione aliquote cedolare secca per contratti di locazione canone concordato art. 6: Misure di sostegno all’abitazione e al settore immobiliare art. 10: Cassa integrazione guadagni

(C) PAG. 20 - APINFORMA / Fiscale Tributario Economico - numero 19 - 31 ottobre 2013


Approvata dal CdM la Legge di Stabilità LA LEGGE DI STABILITÀ PER IL 2014 SEGNA UNA SVOLTA NELLA PROGRAMMAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA DEGLI ULTIMI ANNI Il Consiglio dei Ministri, riunitosi in data 15 ottobre, ha approvato, su proposta del ministro dell’Economia e delle Finanze, Fabrizio Saccomanni, due disegni di legge: il primo contenente disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2014); il secondo riguardante il bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2014 e il bilancio pluriennale per il triennio 2014-2016. La Legge di Stabilità per il 2014 segna una svolta nella programmazione economico-finanziaria degli ultimi anni, realizzando le due priorità di politica economica del Governo: favorire la crescita e promuovere l’occupazione. Nel dettaglio, il DDL sulla Stabilità prevede interventi per 27,3 miliardi di euro nel triennio 20142016, di cui 11,6 nel solo 2014, così suddivisi: - 14,6 miliardi nel triennio per sgravi fiscali (rispettivamente 9 per le famiglie e 5,6 per le imprese); - i 3,7 miliardi del 2014 sono destinati per 2,5 miliardi alle famiglie (1,5 riguardano l’IRPEF) e per 1,2 miliardi alle imprese; - 11,2 miliardi nel triennio per azioni sociali, progetti di investimento, impegni internazionali, di cui 6,2 in conto capitale; per il 2014 si prevedono 6,4 miliardi; - 1,5 miliardi per investimenti a livello locale e la restituzione di debiti commerciali di parte capitale. La Legge di Stabilità va quindi ad interessare cinque macro aree. Di seguito un sintetico elenco dei principali interventi:

INTERVENTI PER PERSONE, FAMIGLIE E SOCIETÀ - Riduzione dell’IRPEF per i lavoratori

- Disposizioni in favore degli esodati - Rifinanziamento della Cassa Integrazione Guadagni - Potenziamento della Protezione Civile e Piano per la difesa del suolo

INTERVENTI PER LE IMPRESE - Riduzione del costo del lavoro per le imprese - Detrazione dell’IRAP per i nuovi assunti - Potenziamento dell’ACE (Aiuto alla Crescita Economica) - Rivalutazione dei beni di impresa e delle partecipazioni - Incremento del Fondo di garanzia per le PMI - Incremento del Fondo di sviluppo e coesione - Stop all’aumento IVA per le imprese sociali - Rifinanziamento del Fondo per i contratti di sviluppo - Rifinanziamento del Fondo per la crescita sostenibile

INVESTIMENTI - Allentamento dei vincoli del Patto di Stabilità per i Comuni - Completamento del sistema MOSE di Venezia - Fondi ANAS per le Infrastrutture e SalernoReggio Calabria - Manutenzione straordinaria delle Ferrovie e velocizzazione del Corridoio Adriatico - Ricostruzione dell’Aquila - Trasporto pubblico locale - Ecobonus e ristrutturazioni edilizie Per quanto riguarda questo ultimo aspetto, la Legge di Stabilità conferma la stabilizzazione delle agevolazioni per interventi di ristrutturazione ed efficienza energetica, rispettivamente al 50% e 65%: le detrazioni fiscali sono prorogate per il 2014, per poi discendere gradualmente (per necessità di bilancio). Ristrutturazioni Il Bonus Ristrutturazioni è al 50% fino al 31 dicembre 2013, con un tetto di spesa pari a 96mila euro per singola unità immobiliare. Queste condizioni sono valide per i lavori dal 26 giugno 2012 (fino a fine 2013), in quanto previste dal decreto sviluppo dell’estate scorsa (dl 83/2012).

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Per il 2014 si mantengono gli incentivi agli attuali livelli, per poi tornare gradualmente al livello strutturale di questa agevolazione (resa stabile dal Salva Italia di fine 2011), quindi al 36% su un tetto di spesa di 48mila euro. Efficienza energetica L’Eco bonus è al 65% dallo scorso 6 giugno 2013 e fino al 31 dicembre 2013, al 30 giugno 2014 nel caso di lavori sulle parti comuni degli edifici. Il tetto di spesa cambia a seconda della tipologia di interventi (ad esempio, sulla riqualificazione degli edifici è a 100mila euro, per i pannelli solari è a 60mila euro). Ad elevare l’agevolazione è stato il Dl 63/2013 sulle prestazioni energetiche in edilizia. Anche per l’Ecobonus c’è una proroga dell’attuale agevolazione, mentre poi ci sarà una progressiva discesa nel tempo. Incerte invece le sorti della detrazione per interventi antisismici oggi al 65% per una spesa massima di 96mila euro fino al 31 dicembre 2013: attualmente in esame il suo rinnovo fino al 2014.

LA NUOVA SERVICE TAX Con la Legge di Stabilità 2013 arriva il riordino del sistema di tassazione locale che pone l’Italia in linea con gli standard europei. Al posto di IMU e TARES si istituisce una tassa sui servizi municipali il cui gettito andrà interamente ai Comuni. La nuova Service Tax comprenderà si chiamerà Trise e si comporrà di due elementi fiscali: la Tari e, appunto, la Tasi. Trise è l’acronimo di Tributo sui Servizi Comunali. La Trise si articolerà in due parti. La prima riguarderà la gestione dei rifiuti urbani (Tari), la seconda coprirà i costi relativi ai «servizi indivisibili» dei comuni (Tasi) che sarà dovuta «da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo le unità immobiliari, con vincolo di solidarietà tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che usano in comune le unità stesse». Il versamento è effettuato, per l’anno di riferimento, in quattro rate trimestrali, scadenti entro il 16 gennaio, 16 aprile, 16 luglio e 16 ottobre. I comuni possono variare la scadenza e il numero delle rate di versamento. È consentito il pagamento in unica soluzione entro il 16 giugno di ciascun anno. La Tari, si legge nella bozza della legge di stabilità, è dovuta «da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a

qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani con vincolo di solidarietà tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che usano in comune i locali o le aree stesse». Analoghi i presupposti della Tasi. Spetta ai Comuni la disciplina tariffaria della Tari e le aliquote della Tasi. L’aliquota di base della Tasi (cioè della tassa sui servizi indivisibili della casa) dovrebbe essere fissata all’1 per mille.

IL COFINANZIAMENTO DEI FONDI STRUTTURALI EUROPEI 2014-2020 La Legge di Stabilità stanzia significative risorse per il nuovo ciclo di programmazione dei Fondi europei e nazionali per le politiche di coesione territoriale, impegnando il governo a fare la propria parte per i prossimi anni in modo strutturato con il concorso di Ue e regioni. In particolare, si stanziano: - 24 miliardi di euro di quota di compartecipazione nazionale (che si aggiungono ai quasi 30 miliardi di fondi strutturali UE); - ulteriori 55 miliardi per il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (ex Fondo Fas), di cui l’80% in favore del Mezzogiorno. In totale si arriva quindi a circa 110 miliardi di euro nei prossimi sette anni per le politiche di coesione territoriale. Si ricorda che la legge di bilancio è lo strumento previsto dall’art. 81 della Costituzione attraverso il quale il Governo, con un documento contabile di tipo preventivo, comunica al Parlamento le spese pubbliche e le entrate previste per l’anno successivo in base alle leggi vigenti. La legge finanziaria deve essere presentata dal Governo al Parlamento. Il Parlamento ha tempo di esaminarla ed emendarla fino al 31 dicembre. Oltre la scadenza di fine anno, la Costituzione, all’art. 81 c. 2, prevede il limite del successivo 30 aprile, da autorizzare con legge apposita che conceda l’esercizio provvisorio del bilancio (contenendosi per ciascun mese nel limite di un dodicesimo della spesa dell’anno precedente). A seguito dell’approvazione da parte del Parlamento, la legge finanziaria regola la vita economica del Paese nell’arco di un anno solare. Gli obiettivi economici di più lungo periodo sono invece definiti dal Governo nel Documento di economia e finanza (DEF). (C)

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Contributi camerali per le reti d’imprese nel 2013 PROROGATI AL 31 DICEMBRE 2013 I TERMINI PER LA PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE Su Apinforma n. 12/2013, pp. 18-22 è stata data notizia e illustrazione del bando della CCIAA di Udine per la concessione di contributi secondo il regime “de minimis” per la costituzione e gestione di reti d’imprese relativamente all’anno 2013.

Il termine per la presentazione delle domande era fissato per il 31 ottobre 2013. Ora, in considerazione della buona disponibilità residua delle risorse stanziate, la Giunta camerale con deliberazione n. 149 del 15 ottobre 2013, riportata sul sito camerale (www.ud.camcom.it), ha prorogato detto termine al 31 dicembre 2013. Le imprese interessate possono trovare una dettagliata illustrazione del bando sul citato numero di Apinforma, mentre per tutta la documentazione a esso relativa e ogni altra informazione possono rivolgersi all’ufficio economico dell’Associazione.

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(AdT)


Autotrasporto c/t. Contributi agli investimenti ESAURIMENTO DELLE RISORSE DISPONIBILI

Si fa seguito alle precedenti comunicazioni sui contributi agli investimenti delle imprese di autotrasporto di cose in conto terzi (v. da ultimo Apinforma n. 18/2003, p. 28), per segnalare che il 29 ottobre 2013 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha dato notizia mediante avviso sul proprio sito web (www.mit.gov.it) dell’esaurimento delle risorse disponibili (24.000.000 Euro) sulla base delle domande pervenute a tutto il 29 ottobre 2013. Pertanto, tale data è stata l’ultimo giorno utile per la presentazione delle domande. “Conseguentemente – recita ancora l’avviso – tutte le

domande presentate in data successiva, sia attraverso il servizio postale che attraverso la presentazione brevi manu non potranno essere prese in considerazione.” L’afflusso delle domande si è, dunque, rivelato assai più spedito di quanto non si fosse in un primo tempo previsto, quando si calcolava che l’esaurimento dei fondi si sarebbe avuto solo entro la prima decade del novembre 2013. Con il che è da considerarsi conclusa la prima delle fasi applicative del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 21 marzo 2013 in materia di incentivi alle imprese del settore. Per le successive fasi, consistenti nella realizzazione degli investimenti, nel perfezionamento delle relative pratiche e nella presentazione del rendiconto, le imprese possono attingere le informazioni dai precedenti testi di Apinforma, come pure rivolgersi all’ufficio economico dell’Associazione.

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(AdT)


Collaborazioni a progetto IL PUNTO DOPO GLI ULTIMI INTERVENTI LEGISLATIVI

Il contratto di collaborazione a progetto nel corso di questo biennio è stato oggetto di profonde modifiche, operate dal legislatore allo scopo di disincentivare l’utilizzo di questo istituto per dissimulare vere e proprie prestazioni di lavoro subordinato. In ordine di tempo, l’intervento più incisivo è stato operato dalla legge di riforma Fornero, che ha introdotto condizioni rigorose di utilizzo, tali da comprimere forse eccessivamente il ricorso a questo contratto, anche a fattispecie che invece avrebbero potuto rientrare a pieno titolo nel suo campo di applicazione. In ultimo invece il “pacchetto lavoro”, il D.L. 76/2013, pur cercando di mitigare il rigore “sostanziale” della precedente riforma, ha a sua volta inasprito i requisiti di carattere formale di questa fattispecie contrattuale.

IL PROGETTO Con riferimento alla prestazione, L. 92/2012, riformulando la norma dell’art.61 del D.Lgs. 276/2003, ne ha ribadito la natura di obbligazione di risultato: “Il progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale e non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente, avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa. Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi e ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.” Il progetto dunque non può più riguardare un programma di lavoro o una fase di esso, non può riproporre l’oggetto sociale del committente, deve necessariamente individuare un “risultato finale”, e non può comportare lo svolgimento di compiti PAG. 26 - APINFORMA / Lavoro - numero 19 - 31 ottobre 2013

meramente esecutivi “e” ripetitivi. La congiunzione “e” in luogo della disgiuntiva “o” è una correzione operata dal “pacchetto lavoro”, poiché la formulazione previgente restringeva eccessivamente il campo di applicazione dell’istituto. La prestazione non può dunque risolversi nella mera attuazione di quanto impartito dal committente, poiché al collaboratore non residuerebbe alcuna possibilità di autodeterminazione, o in attività elementari, tali da non dover neppure necessitare di specifiche indicazioni di carattere operativo. La prestazione del contratto a progetto consiste in una prestazione d’opera, coordinata con l’organizzazione del committente e continuativa, a carattere prevalentemente personale, non subordinata e gestita autonomamente dal collaboratore, riconducibile a uno o più progetti specifici, ed eseguita in funzione del risultato ed indipendentemente dal tempo impiegato. Il Ministero del Lavoro si è più volte prodigato a chiarire i contorni della prestazione oggetto del contratto a progetto, ed in particolare si ricordano gli ultimi interventi con la circolare n. 29/2012, con i chiarimenti contenuti nel Vademecum sulla Riforma Fornero…, e con la circolare n. 35/2013 relativa alle recenti modifiche apportate dal D.L. 76/2013. Un particolare riferimento è la circolare n. 29/2012, in cui il Ministero elenca una serie di figure difficilmente riconducibili in un genuino rapporto di collaborazione, ed in presenza delle quali gli ispettori sono invitati a ricondurre il contratto nell’alveo della subordinazione; tra quelle indicate, che in ogni caso sono citate nella circolare a titolo puramente esemplificativo e non esaustivo, ricordiamo gli addetti alle pulizie, gli autisti ed auto trasportatori, i baristi e camerieri, i commessi, i facchini, i magazzinieri, i manutentori, i muratori e le qualifiche operaie dell’edilizia, gli addetti alle attività di segreteria e terminalisti. Sul giudizio di genuinità del contratto incidono inoltre le modalità di esecuzione della prestazione del collaboratore. La Legge Fornero infatti, al secondo comma dell’art.69 D.L. 276/2003, ha introdotto una presunzione relativa, suscettibile dunque di prova contraria a carico del committente, in forza della quale il rapporto si considera lavoro subordinato a tempo interminato dal momento della costituzione del rapporto quando “l’attività


del collaboratore sia svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente, fatte salve le prestazioni di elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.” A tal proposito il dicastero ha precisato che il collaboratore può svolgere le medesime attività dei lavoratori dipendenti, purché queste siano svolte con modalità organizzative radicalmente diverse; per converso le attività svolte dal collaboratore, diverse da quelle dei lavoratori dipendenti ma con modalità analoghe a questi, per esempio rispettando un orario di lavoro o restando assoggettati ad un potere direttivo del datore, in via presuntiva sono considerate prestazione di lavoro subordinato.

LA FORMA SCRITTA Rafforzativa dell’obbligazione di risultato è la modifica apportata alla disciplina dalla L.92/2012, che ha abrogato la richiesta dell’”indicazione” del progetto, per sostituirla con la “descrizione del progetto con individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire”. La descrizione del progetto diviene dunque uno degli elementi essenziali del contratto. Anche il D.L. 76/2013 interviene in merito alla forma del contratto, irrigidendo maggiormente la normativa, poiché eliminando l’inciso “ai fini della prova”, richiede la forma scritta del contratto ad substantiam, come elemento di legittimità dello stesso: se il contratto non risulta da atto scritto la sussistenza dello stesso non può più essere provata per via indiretta, per esempio attraverso testimoni, e il contratto è da considerarsi nullo. La formazione, sottoscrizione ed elencazione degli elementi essenziali del contratto divengono dunque tassativi. Il legislatore tace però sulle conseguenze della nullità e la dottrina non è unanime nell’interpretazione della disciplina: per alcuni la nullità comporterebbe la conversione del contratto a progetto in rapporto di lavoro subordinato, per altri comporterebbe una “riqualificazione” del contratto, qualificandolo quale lavoro subordinato o autonomo solo dopo un’attenta ricostruzione della volontà delle parti.

IL COMPENSO Secondo la riformulazione dell’art. 63 d.Lgs. 276/2013 operato dalla L. 92/2012, il corrispettivo per la collaborazione a progetto deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito, e tuttavia non è libero: la normativa prevede infatti una sorta di diritto del collaboratoPAG. 27 - APINFORMA / Lavoro - numero 19 - 31 ottobre 2013

re al riconoscimento di un differenziale economico, senza incidere sulla natura del rapporto posto in essere, per cui il corrispettivo non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, sulla base dei minimi salariali applicati nello stesso settore alle mansioni equiparabili, svolte dai lavoratori subordinati. Il legislatore ha voluto riferirsi ai minimi tabellari stabiliti dai contratti collettivi, e non a tutto il complesso delle voci retributive previste da questi.

RISOLUZIONE DEL CONTRATTO E NECESSITÀ DELLA CONVALIDA Il contratto di collaborazione a progetto è pacificamente ricondotto nell’alveo del lavoro autonomo, tuttavia gli ultimi interventi legislativi non consentono la libera recedibilità delle parti contraenti dal rapporto. La legge Fornero ha previsto che il contratto in oggetto si risolva al momento della realizzazione del progetto; le parti mantengono però la possibilità di recedere dal contratto per giusta causa, cioè per un motivo grave ed irreparabile. Il committente può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, cioè della realizzazione del progetto, unicamente qualora siano emersi “oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto”, mentre il collaboratore può recedere anticipatamente dal contratto unicamente quando tale facoltà sia prevista nel contratto individuale di lavoro, e comunque dandone sempre il preavviso. Le parti inoltre possono porre termine al rapporto di collaborazione per mutuo consenso, cioè quando venga meno il reciproco interesse a proseguire il rapporto di lavoro. Il decreto occupazione è intervenuto estendendo alle ipotesi di recesso ante tempus del collaboratore e di risoluzione per mutuo consenso la necessità di convalidare detto recesso alla direzione territoriale competente oppure tramite sottoscrizione della comunicazione di cessazione con modello UniLav, imponendo un ulteriore onere burocratico a carico delle imprese con riferimento ad un contratto il cui campo di applicazione è stato drasticamente ridotto. Posto che i suddetti interventi normativi non sono che ulteriori tappe della assimilazione progressiva dei rapporti di parasubordinazione alla subordinazione, della parasubordinazione, della natura autonoma e della libertà negoziale delle parti che dovrebbero caratterizzare queste fattispecie non resta nulla. Come correttamente osservato da alcuni operatori del settore, questi inasprimenti della disciplina non giovano certo al lavoratore; mentre infatti nel lavoro subordinato il recesso


condizionato dal contratto di lavoro è assistito da una copertura retributiva e contributiva, nella collaborazione a progetto il corrispettivo viene erogato solo in caso di realizzazione del risultato, e conseguentemente la copertura previdenziale matura solo alla liquidazione del corrispettivo, poichÊ la Gestione Separata opera con il principio di cassa e non di competenza. La disgregazione di questo istituto nei suoi contenuti caratteristici

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in un periodo caratterizzato da una elevatissima percentuale di disoccupazione risulta anacronistica: sarebbe forse stato auspicabile, in termini di semplificazione, abrogare questa fattispecie contrattuale o, meglio, contrastarne gli usi elusivi rafforzandone le tutele previdenziali fino a renderle pari a quelle dei lavoratori dipendenti. (BA)


REGALI AZIENDALI NATALE 2013

TRASFORMA I CESTI VUOTI IN REGALI PER OGNI ESIGENZA CONSEGNE IN TUTTA LA REGIONE RICHIEDI UN PREVENTIVO PRESSO LE NOSTRE SEDI: Casanova di Martignacco (UD) - via Spilimbergo, 110 Tel. 0432/407115/16 - Fax 0432/407126 - e-mail: info@vivo-online.it - dal lunedì al venerdì: 08.00 - 19.00 sabato: 08.00 - 19.00 Gorizia - via III Armata, 7 Tel. 0481/536775 - Fax 0481/536565 - e-mail: gorizia@vivo-online.it - dal lunedì al venerdì: 08.00 - 19.00 sabato: 08.30 - 12.30 Udine - via Verona, 26 - laterale viale Palmanova Tel. 0432/521630 - Fax 0432/521719 - e-mail: udine@vivo-online.it - dal lunedì al venerdì: 08.00 - 18.30 sabato: 08.00 - 12.00 Montebelluna (TV) - via G. Ferraris, 54 - Tel. 0423/302351 Fax 0423/603102 - e-mail: montebelluna@vivo-online.it - dal lunedì al venerdì: 08.00 - 19.00 sabato: 08.30 - 12.30 Lignano Sabbiadoro (UD) via Lungolaguna Trento, 59 Tel. 0431/722136 - Fax 0431/722173 - e-mail: lignano@vivo-online.it - lunedì, mercoledì, venerdì: 08.30 - 12.30 / 15.00 - 18.30 martedi, giovedì, sabato: 08.30 - 12.30 Pordenone via Lino Zanussi 4b, - fronte via Nuova di Corva Tel 0434/924203 - Fax 0434/924211 - e-mail: pordenone@vivo-online.it - dal lunedì al venerdì : 08.00 – 18.30 sabato 08.00 – 12.30 Aperti le domeniche 8-15-22-29 dicembre, a Martignacco orario continuato dalle 09:00-19:00, Udine-Gorizia-Montebelluna-Pordenone dalle 09:00-13:00


Il lavoro nella giurisprudenza LE ULTIME SENTENZE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

LICENZIAMENTO. ILLEGITTIMITÀ SE CAUSATO DA PATOLOGIE NON INVALIDANTI Con sentenza n. 23068 del 10 ottobre u.s., la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore affetto da una patologia che, comunque, non gli impediva di svolgere le sue mansioni previa adozione, da parte del datore, delle opportune cautele richieste dalla Legge per evitare rischi alla salute. Nella stessa sentenza, la Corte ha affermato che l’eventuale inidoneità fisica a ricoprire una certa mansione, accertata dal medico competente ai sensi dell’art. 5 dello Statuto dei lavoratori (Legge 300/1970 e ss modifiche), non ha il carattere dell’insindacabilità; pertanto, tale accertamento non impedisce al Giudice né di ordinare una consulenza tecnica d’ufficio, né di decidere nel senso di ritenere compatibile lo svolgimento della mansione con la malattia che affligge il lavoratore (previa adozione, come detto, di eventuali accorgimenti imposti dalle norme), sulla base del parere tecnico espresso dal CTU. Nel caso affrontato dalla Corte, il CTU, smentendo il pronunciamento medico, aveva ritenuto compatibile con una patologia alla schiena, un’attività di movimentazione manuale dei carichi con frequenti spostamenti sul piano di lavoro di p esi superiori ai 10 Kg, a condizione che il datore di lavoro avesse adottato le cautele impostegli dagli artt. 167 ss del D.lgs. 81/2008 (T.U. sulla salute e sicurezza sul lavoro).

LICENZIAMENTO PER ASSENZA DEL LAVORATORE – ILLEGITTIMITÀ SE DOVUTA A MOBBING Con sentenza n. 22538 del 2 ottobre u.s., la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimato al dipendente a causa delle troppe assenze PAG. 30 - APINFORMA / Lavoro - numero 19 - 31 ottobre 2013

per malattia, quando appaia anche semplicemente probabile che quest’ultima sia stata causata dall’azione di mobbing intrapresa nei suoi confronti dal datore. Nel caso di specie, la c.t.u. medico legale aveva accertato che, con ogni probabilità, le ripetute assenze per malattia del lavoratore nell’ambito di un periodo complessivo di 7 mesi, erano state provocate dalla condotta osservata nei suoi confronti dall’azienda; quest’ultima, ad esempio, aveva commissionato ben 15 visite mediche di controllo in un arco di due mesi, nonché comminato una serie di sanzioni disciplinari (dalla multa alla sospensione) che, in seguito, erano state ritenute illegittime dal Tribunale competente. Il licenziamento era stato intimato sostenendo, da parte datoriale, che le assenze per malattia maturate dal soggetto avevano superato abbondantemente il periodo di comporto stabilito dal CCNL; argomentazione, questa, rifiutata dai giudici di merito in quanto le assenze dal lavoro causate dal mobbing non sono computabili ai fini del calcolo del periodo di comporto.

LICENZIAMENTO PER RITARDO REITERATO A LAVORO E FALSIFICAZIONE DELLA PRESENZA Con sentenza n. 21203 del 17 settembre 2013, la Suprema Corte ha ritenuto legittimo il licenziamento intimato al lavoratore senza fornire il preavviso ai sensi dell’art. 2119 del codice civile, quando questi abbia ripetutamente osservato comportamenti tali da ledere irrimediabilmente il nesso di fiducia alla base del rapporto di lavoro (quali timbrature false dell’orario di entrata e l’allontanamento ingiustificato dal luogo di lavoro). Ciò vale anche se i fatti si sono svolti qualche mese prima rispetto alla contestazione al dipendente; infatti, come sottolinea la Corte, “non si può pretendere dal datore di lavoro che questi informi il lavoratore dell’illiceità della condotta tenuta, quando ancora i suoi contorni non sono chiari e non è sintomatico di una volontà abdicativa il tempo trascorso per accertare i fatti”. Nel caso di specie, gli accertamenti sulla condotta del lavoratore erano avvenuti nel dicembre del 2007, in modo da fugare ogni dubbio circa l’occasionalità del comportamento che si era ripetuto, identico, nei mesi di settembre e novembre dello stesso anno.


DEMANSIONAMENTO DEL LAVORATORE Con sentenza n. 21356 del 18 settembre 2013, la Corte di Cassazione ha affermato che il demansionamento del lavoratore non può essere giustificato dalla volontà di impedirne il licenziamento, tenuto conto che questi non è obbligato ad accettare il nuovo incarico. La Cassazione afferma che è certamente nei poteri dell’imprenditore quello di operare una ristrutturazione aziendale con la soppressione di alcune figure professionali; tuttavia, al lavoratore andavano affidate mansioni compatibili con il livello di inquadramento e con la professionalità acquisita, il che non è avvenuto nel caso concreto visto che le nuove mansioni proposte, a differenza delle precedenti, erano prive di autonomia e responsabilità.

ILLEGITTIMITÀ DEL LICENZIAMENTO DEL LAVORATORE IN MALATTIA, SORPRESO A SVOLGERE ALTRA ATTIVITÀ SALTUARIA Con sentenza n. 23365 del 15 ottobre u.s., la Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento comminato ad un dipendente che, nel periodo in cui si trovava in malattia, era stato sorpreso a svolgere un’attività lavorativa presso l’impresa di un parente. In particolare, la Corte ha accolto le ragioni del lavoratore ricorrente, affermando che l’attività prestata durante la malattia era stata saltuaria ed episodica sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, non potendo quindi qualificarsi come lavorativa. Inoltre, il lavoratore non aveva violato i canoni di correttezza e buona fede alla base del rapporto con il datore, in quanto il suo stato di malattia era indubitabile e l’attività svolta sporadicamente nell’impresa del parente era del tutto compatibile con la sua condizione, non ostacolandone la guarigione.

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RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO IN TEMA DI FORMAZIONE DEL PERSONALE Con sentenza n. 40065 del 1° ottobre 2013, la Cassazione ha stabilito che il datore di lavoro deve fornire una formazione adeguata rispetto ai rischi offerti dall’attività svolta dal lavoratore. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che due soli incontri di 15 min. ciascuno fossero insufficienti per istruire adeguatamente il lavoratore sui rischi dell’attività e sulle cautele da adottare; non solo, ma il datore avrebbe dovuto accertarsi che i lavoratori avessero compreso i comportamenti da adottare, cosa che invece non era avvenuta. Per questo motivo, la Suprema Corte ha confermato la condanna del datore di lavoro per inosservanza dell’art. 22, comma 1, del d.lgs. 626/1994 (ora art. 37 del d.lgs. 81/2008).

VERSAMENTO DELLE RITENUTE D’ACCONTO DA PARTE DEL DATORE DI LAVORO – RESPONSABILITÀ IN SOLIDO DEL DIPENDENTE Con sentenza n. 23121 dell’11 ottobre u.s., la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento inviato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un dipendente, per il mancato versamento delle ritenute di acconto IRPEF indebitamente trattenute dal suo datore di lavoro. Secondo la Suprema Corte, l’art. 35 del testo unico sulle imposte sui redditi sancisce la responsabilità in solido del lavoratore con il suo datore in merito al versamento di queste ritenute, che l’Agenzia delle Entrate può attivare da subito senza dover attendere l’iscrizione a ruolo del debito dovuto al rifiuto, da parte del datore di lavoro, di aderire all’avviso di accertamento. Pertanto, l’Agenzia delle entrate può rivolgere le sue pretese indifferentemente al lavoratore o al datore di lavoro; dopodiché il primo potrà rivalersi verso il secondo per il fatto di non aver versato al fisco le somme trattenute a titolo di ritenuta. (C)


Trasporto rifiuti. SISTRI APPROVAZIONE EMENDAMENTI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI

In data 24 ottobre 2013 la Camera dei Deputati, nell’approvare il decreto legge sulla pubblica amministrazione (D.L. 101/2013) ha approvato ulteriori emendamenti all’articolo 11 per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti – SISTRI. Detti emendamenti accolgono alcune delle nostre richieste, tra le quali: a) quella di non applicare le sanzioni relative al SISTRI per i dieci mesi successivi alla data del 1° ottobre 2013 (di entrata in vigore del sistema) e quindi fino al 31 luglio 2014); b) quella di prevedere ancora un sistema del dop-

pio binario (formulario e scheda SISTRI), fino a quando le procedure operative non saranno chiare ed efficaci; c) quella di chiarire in maniera inequivocabile che sono tenuti ad aderire al SISTRI, in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto (anche se le modalità di applicazione del SISTRI al trasporto intermodale saranno definite con decreto entro 60 giorni dall’approvazione della legge); d) quella che il tavolo tecnico di monitoraggio sul SISTRI, costituito presso il Ministero dell’Ambiente, invii ogni sei mesi al Parlamento una relazione sul proprio operato; e) quella sulla possibile restituzione o utilizzo in compensazione delle somme versate negli anni 2010, 2011 e 2012 a titolo di contributo al SISTRI. (C)

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Scadenziario ambiente-sicurezza MERCOLEDÌ 20

LE SCADENZE PER IL MESE DI NOVEMBRE 2013

VENERDÌ 15 Denuncia degli infortuni settore estrattivo Entro tale data il direttore responsabile dei lavori deve trasmettere all’autorità competente della vigilanza un prospetto (anche se in assenza) degli infortuni accaduti nel mese precedente e che abbiano comportato almeno tre giorni di assenza. [rif. art. 25, c.8 D.Lgs. 624/96]

Contributo CONAI: denuncia imballaggi mensile Termine per produttori o utilizzatori di imballaggi iscritti al CONAI per presentare la denuncia MENSILE del Contributo Ambientale CONAI, calcolando, sulla base delle fatture emesse o dei documenti ricevuti, il contributo prelevato o dovuto nel MESE precedente, distinguendo gli importi relativi a ciascuna tipologia di materiali e indicando il relativo Consorzio di appartenenza. Gli importi relativi alla dichiarazione presentata dovranno essere versati al CONAI entro i successivi 90 giorni su uno o più dei sei conti correnti bancari, ognuno relativo a una tipologia dei materiali (acciaio, alluminio, carta, legno plastica e vetro). [rif. Regolamento CONAI] (C)

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Sicurezza alimentare

UNI ADOTTA LE SPECIFICHE DELLA SERIE ISO TS 22002

Si è appena conclusa la fase di inchiesta pubblica

preliminare relativa all’adozione delle parti 2 e 3 della ISO TS 22002 sul tema della sicurezza alimentare. In particolare le due specifiche tecniche – che saranno a breve adottate dall’UNI – trattano i programmi di prerequisiti sulla sicurezza alimentare e si applicano rispettivamente al settore della ristorazione e a quello dell’agricoltura. (fonte UNI: http://www.uni.com/ - mercoledì 2 ottobre 2013) (C)

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Chimica

AGGIORNAMENTI SULLE SOSTANZE

REACH - NUOVA CONSULTAZIONE PUBBLICA SULLA PROPOSTA DI RESTRIZIONE DEI NONILFENOLI (NPS) E NONILFENOLI ETOSSILATI (NPES) NEGLI ARTICOLI TESSILI La fase di consultazione pubblica sulla proposta di restrizione è stata avviata il 18 settembre 2013 e si concluderà il 18 marzo 2014. Al fine di avviare in tempi brevi le prime discussioni su tale proposta è auspicabile che i primi commenti possano essere trasmessi entro il 29 novembre 2013. I nonilfenoli (NPs) sono usati come intermedi nella produzione di vari derivati, principalmente i nonilfenoli etossilati (NPEs) i quali possono decomporsi nell’ambiente generando i NPs. I NPEs sono a loro volta utilizzati per esempio nei detergenti e nella fabbricazione di articoli tessili soprattutto extra-UE. Il lavaggio di questi articoli tessili rilascia NPs e NPEs nell’ambiente attraverso le acque reflue. La proposta è stata fatta perché esiste una preoccupazione per l’ambiente acquatico. La proposta di restrizione introduce un limite per i NPs e NPEs pari a 100 mg/kg (0,01% in totale) per gli articoli tessili lavabili in acqua inclusi gli articoli con stampe. Tale restrizione dovrebbe applicarsi 5 anni dopo la sua pubblicazione nel Regolamento che andrà a modificare l’allegato XVII del REACH. Alcuni standard volontari e marchi ecologici hanno già posto un limite per i NPs pari a 100 mg/kg (0,01%) e pari a 1000 mg/kg (0,1%) per i NPEs negli articoli tessili. NPs e NPEs sono state identificate come SVHCs ed inserite in Candidate List rispettivamente il 19 dicembre 2012 ed il 20 giugno 2013 come sostanze di livello di preoccupazione equivalente aventi probabili effetti gravi per l’ambiente (articolo 57 f).

Si ricorda che in conformità a quanto previsto dal REACH, il fornitore di un articolo è tenuto a soddisfare i requisiti previsti dall’Art.33 (1), relativi all’obbligo di comunicare l’eventuale presenza di sostanze altamente preoccupanti (SVHC - Substances of Very High Concern) presenti negli stessi oltre la soglia dello 0,1% peso/peso articolo.

CLP VI ATP Regolamento (UE) N. 944/2013 del 2 ottobre 2013 recante modifica, ai fini dell’adeguamento al progresso tecnico e scientifico, del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele. Le modifiche apportate all’allegato IV (elenco dei consigli di prudenza) del Reg. (CE) n. 1272/2008 dall’allegato I del presente Regolamento si applicano alle sostanze a decorrere dal 1° dicembre 2014 e alle miscele a decorrere dal 1° giugno 2015 mentre le modifiche alla parte 3 dell’allegato VI del Reg. (CE) n. 1272/2008 si applica a decorrere dal 1° gennaio 2015 per tutte le voci ad eccezione della voce «pece, catrame di carbone, alta temperatura» (pitch, coal tar, high-temp.; numero CE 266-028-2), per la quale le modifiche si applicano a decorrere dal 1° aprile 2016. Fino al 1° dicembre 2016 non sussiste l’obbligo di etichettare o imballare nuovamente in conformità del presente regolamento le sostanze classificate, etichettate e imballate in conformità del regolamento (CE) n. 1272/2008 e immesse sul mercato prima del 1° dicembre 2014. Fino al 1° giugno 2017 non sussiste l’obbligo di etichettare e imballare nuovamente in conformità del presente regolamento le miscele classificate, etichettate e imballate in conformità della direttiva 1999/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio o del regolamento (CE) n. 1272/2008 e immesse sul mercato prima del 1° giugno 2015. Segnaliamo alcune modifiche tra quelle apportate: - Allegato I modifica dell’allegato IV Reg. (CE) n. 1272/2008 Modificato il consiglio di prudenza con codice P210 - Allegato II modifica dell’allegato VI, parte 3 del Reg. (CE) n. 1272/2008

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1) vinil acetato CAS 108-05-4 Classificazione: Flam. Liq. 2, Carc. 2, Acute Tox. 4, STOT SE 3 (precedente Flam. Liq. 2) 2) diesile ftalato CAS 84-75-3 Classificazione: Repr. 1B, H360FD 3) cloroformio, triclorometano CAS 67-663 Classificazione: Carc. 2, Repr. 2, Acute Tox. 3, Acute Tox. 4,STOT RE 1, Eye Irrit. 2, Skin Irrit. 2 4) octadecilammina o stearammina CAS 12430-1 Classificazione: Asp. Tox.1, STOT RE 2, Skin Irrit. 2, Eye Dam. 1, Aquatic Acute 1, Aquatic Chronic 1

BIOCIDI - REG. DI ESECUZIONE (UE) N. 945/2013 DEL 2 OTTOBRE 2013 (G.U.C.E. DEL 3 OTTOBRE 2013 SERIE L 261/23) Ai fini dell’approvazione della Cipermetrina come principio attivo esistente destinato ad essere utilizzato nei biocidi del tipo di prodotto 8 G.U.C.E. del 3 ottobre 2013 (Serie L 261/23). A partire dal 1° giugno 2015 i biocidi del tipo di prodotto 8 (preservanti del legno) potranno essere in commercio solo se regolarmente autorizzati secondo le disposizioni previste dal nuovo regolamento biocidi (Reg. (UE) n. 528/2012). Le autorizzazioni di tali prodotti hanno una validità decennale. La data di scadenza è stata quindi fissata al 31 maggio 2025.

BIOCIDI - REG. DI ESECUZIONE (UE) N. 955/2013 DEL 4 OTTOBRE 2013 (G.U.C.E. DEL 4 OTTOBRE 2013 SERIE L 263/7) Ai fini dell’approvazione del Propiconazolo come principio attivo esistente destinato ad essere utilizzato nei biocidi del tipo di prodotto 9. A partire dal 1° giugno 2015 i biocidi del tipo di prodotto 9 (preservanti per fibre, cuoio, gomma e materiali polimerizzati) potranno essere in commercio solo se regolarmente autorizzati secondo le disposizioni previste dal nuovo regolamento biocidi (Reg. (UE) n.528/2012). Le autorizzazioni di tali prodotti hanno una validità decennale. La data di scadenza è stata quindi fissata al 31 maggio 2025.

FOOD CONTACT MATERIALS MONITORAGGIO DELLO STAGNO NEGLI ALIMENTI Nel 2012, la Direction Générale de la Concurrence, de la Consommation et de la Répression des Fraudes (DGCCRF) ha condotto un piano per monitorare la contaminazione da stagno inorganico

degli alimenti e bevande confezionate in lattine in banda stagnata. Questo studio ha lo scopo di verificare la conformità di alimenti e bevande importate, introdotte o prodotte in Francia per quanto riguarda il loro contenuto in stagno inorganico. Lo stagno è utilizzato nella fabbricazione di lattine per le sue proprietà anti-corrosive. L’acidità del cibo, la mancanza di un rivestimento interno (coating) e lo stoccaggio ad alta temperatura sono fattori che possono aumentare il contenuto di stagno nei prodotti alimentari confezionati in tale modo. Al fine di tutelare la salute pubblica, i livelli massimi di stagno inorganico sono stati stabiliti dal Reg. (CE) n. 1881/2006 e s.m.i. che fissa i livelli massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari. Questi livelli sono: - 200 mg / kg di peso fresco nei prodotti alimentari in scatola diversi dalle bevande; - 100 mg / kg di peso fresco nelle bibite in lattina, ivi compresi i succhi di frutta e gli ortaggi. 40 campioni sono stati raccolti da 26 istituti. Non è stata trovata alcuna non conformità. Tuttavia, un campione di fondo di carciofo in scatola è stato indicato da “sorvegliare” a causa di un contenuto di stagno di 202 +/- 40 mg / kg (incertezza analitica).

SEGNALAZIONI DAL RAPEX (RAPID ALERT SYSTEM PER I PRODOTTI NON-FOOD) GIOCATTOLI - ITALIA notifica al RAPEX bolle di sapone in confezione giocattolo a forma di utensili Il prodotto è stato notificato al RAPEX il 4 ottobre 2013 per rischio microbiologico. L’articolo (quantitativo totale 1440 pezzi) non è stato ammesso all’importazione, assoggettato a sequestro penale probatorio per violazione art. 31-1 del D.Lgs. n. 54/2011. L’articolo (tappo a forma di utensile) è risultato anche contenere ftalati in restrizione oltre il limite, superiore allo 0,1% in peso. Si ricorda che l’inosservanza delle restrizioni previste dall’Allegato XVII del Regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH) al di fuori dei casi di cui all’articolo 67 del regolamento, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 40.000 a 150.000 euro. (fonte: Newsletter n°31, Anno 2013 di NORMACHEM Srl)

PAG. 37 - APINFORMA / Sicurezza e Ambiente - numero 19 - 31 ottobre 2013

(C)


Ambiente e sicurezza in breve FLASH IN MATERIA DI SICUREZZA ED AMBIENTE

NON È REATO VENDERE UNA MACCHINA PER “METTERLA A NORMA” AL FINE DI RIUTILIZZARLA Si segnala che nella sentenza n. 40590 della Cassazione Penale, Sezione III, 1° ottobre 2013, la Corte Suprema si è occupata di una interessante questione vertente sulla configurabilità del reato previsto dall’art. 23 del D.Lgs. n. 81/2008 in caso di vendita di macchine “irregolari”. La questione è particolare – e costituisce un inedito precedente giurisprudenziale – in quanto la Corte, nell’affermare il principio che è legittimo vendere una macchina se la vendita è finalizzata alla riparazione per metterla a norma e consentirne la sua riutilizzazione, da ragione all’imputato che era stato condannato per il fatto stesso di averla venduta nonostante fosse non a norma.

AGGIORNATO A SETTEMBRE 2013 IL MODELLO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO CHIMICO Dal momento della sua prima apparizione, nonostante si tratti di un modello nato a livello regionale (da parte dei gruppi tecnici delle Regioni Emilia-Romagna, Toscana e Lombardia in applicazione alle Linee Guida del Titolo VII-bis D.Lgs. 626/94, ora Titolo IX Capo I Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81), il MoVaRisCh (Modello di Valutazione del Rischio Chimico) costituisce un valido sistema a supporto delle aziende per la valutazione del rischio chimico.

Si tratta di una modalità di analisi che, attraverso un percorso informatico semplice, consente di effettuare la valutazione del rischio chimico per la salute dei lavoratori secondo quanto previsto dall’articolo 223 del D.Lgs. 81/08. Nel modello è prevista l’identificazione e il peso da assegnare ai parametri indicati dall’articolo di legge, e dai quali non è possibile prescindere, per effettuare la valutazione del rischio chimico per la salute da parte delle imprese Artigiane, Industriali, del Commercio e dei Servizi. Del modello, è ora disponibile una versione aggiornata allo scorso Settembre 2013 cui si rimanda direttamente.

CONSUMI DI ENERGIA ELETTRICA IN ITALIA IN CALO DEL 2,6% A SETTEMBRE Secondo il rapporto mensile sul sistema elettrico, pubblicato da Terna, nel mese di settembre 2013 la richiesta di energia elettrica ha subito una flessione del 2,6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. In forte crescita, invece, le fonti rinnovabili che a fine settembre hanno coperto il 39,8% della produzione di elettricità e il 35,1% del fabbisogno di corrente.

NUOVO REGOLAMENTO DELL’ALBO GESTORI RIFIUTI Si informa che con delibera 11 settembre 2013, n. 2 è stato approvato il nuovo regolamento per la gestione telematica delle domande e delle comunicazioni relative all’iscrizione all’Albo Gestori Rifiuti. Il nuovo regolamento disciplina le modalità di trasmissione e gestione telematica delle domande e delle comunicazioni all’Albo nazionale gestori ambientali, delle visure, degli elenchi e delle certificazioni relative alle imprese iscritte all’Albo. (C)

PAG. 38 - APINFORMA / Sicurezza e Ambiente - numero 19 - 31 ottobre 2013


Costo della manodopera edile Riportiamo di seguito i costi della manodopera delle imprese edili elaborati in base alla Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici 28 febbraio 1948, n. 663, in vigore nella provincia di Trieste a partire dal 1° settembre 2013. La tabella non tiene conto delle spese generali (13-15%) e degli utili d’impresa (10%) determinati con l’art. 34 DPR 21 dicembre 1999, n. 554. (C)

LA TABELLA VALIDA PER LA PROVINCIA DI TRIESTE

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI Provveditorato Interregionale alle OO.PP. Veneto - Trentino Alto Adige - Friuli Venezia Giulia Ufficio del Genio Civile di Trieste Tabella dei costi della manodopera edile in vigore nella provincia di Trieste dal 1° settembre 2013 Tabella n. 1/2013 N. di ord.

Operaio comune (1° livello)

Elementi di costo

Operaio qualificato (2° livello)

Operaio specializzato (3° livello)

Operaio di (4° livello)

RETRIBUZIONI IMMEDIATE 1

Paga base minima oraria dal 01.01.2012 (Accordo € 19.04.10)

4,63000

5,41000

6,01000

6,48000

2

Indennità territoriale di settore dal 01.01.2011

1,13000

1,32000

1,48000

1,57000

3

Indennità di contingenza dal 1° novembre 1991

2,96000

2,99000

3,00000

3,01000

4

E.D.R. dal 1° gennaio 1993

0,06000

0,06000

0,06000

0,06000

A) Retribuzione base €

8,78000

9,78000

10,55000

11,12000

5

Retribuzione delle festività residue: 7,12% su A)

0,62514

0,69634

0,75116

0,79174

6

Gratifica natalizia, ferie (18,50%) e riposi annui € (4,95%), per un totale di 23,45% su (A+5)

2,20551

2,45670

2,65012

2,79330

7

Indennità di trasporto

0,53904

0,53904

0,53904

0,53904

8

Integrazioni salariali per periodi di malattia ed infor€ tunio 6,36% su A)

0,55841

0,62201

0,67098

0,70723

B) Retribuzione imponibile €

12,70810

14,09409

15,16130

15,95131

0,30000

0,30000

0,30000

0,30000

0,60000

0,60000

0,60000

0,60000

1,27236

1,40195

1,50173

1,57560

0,97616

1,08692

1,17221

1,23534

6,56041

7,27391

7,82331

8,23001

RETRIBUZIONI AGGIUNTIVE

9 10

Indennità mensa/Buono pasto: (all’ora 0,75000 cor€ risposte al 40,00% dei lavoratori) Costo del pasto caldo all’80%: (all’ora 1,00000 ri€ chiesto dal 60,00% dei lavoratori) INDENNITÀ DILAZIONATE

11

Trattamento di fine rapporto: 9,35% (su B + 9 + 10) € ONERI DI GESTIONE

12 13

Contributi A - Cassa Edile: 10,34% su (A + 5 + Imp. € di 9) Contributi B - Previdenziali: 51,48% su (B + Imp. € di 9)

14

Contributi B - 51,48% su 15,00% di voce 12)

0,07538

0,08393

0,09052

0,09539

15

Oneri di legge, contrattuali: 33,50% su (A + 5 + 6)

3,88957

4,33257

4,67368

4,92619

16

Incidenza IRAP 3,90% su imp. cuneo fiscale

0,64722

0,72793

0,79007

0,83607

Complessivamente €

27,02920

29,90130

32,11282

33,74991

27,03

29,90

32,11

33,75

17

Costo orario arrot. da applicare

Totale €

PAG. 39 - APINFORMA / Edilizia - numero 19 - 31 ottobre 2013


SOA: rinnovo per la Calor srl LA CATEGORIA OG11 PERMETTE DI ESEGUIRE LE OPERE SPECIALIZZATE OS3, OS28 E OS30 Rinnovo quinquennale per la Calor srl, con sede in Pasian di Prato (UD), via Marano n. 44 che ha ottenuto l’attestazione per la categoria OG11 la classifica III bis pari a 1.500.000 Euro. L’azienda che precedentemente era qualificata anche per le categorie OS3 (impianti idrico-sanitari, cucine e lavanderie) e OS28 (impianti termici e di condizionamento), al fine di ottimizzare la propria qualificazione, ha provveduto ad attestarsi solo per la OG11, in considerazione della disposizione contenuta nel DPR 207/2010 articolo 79 comma 16 prevede che “l’impresa qualificata nella categoria OG11 può eseguire i lavori in ciascuna delle categorie OS3, OS28 e OS30 per la classifica corrispondente a quella posseduta”.

PAG. 40 - APINFORMA / Edilizia - numero 19 - 31 ottobre 2013

Dunque, con la qualificazione nella categoria OG11 potrà eseguire anche tutte le opere specialistiche relative agli impianti quali: OS3 (impianti idrico-sanitari, cucine e lavanderie), OS28 (impianti termici e di condizionamento) e OS30 (impianti interni elettrici, telefonici, radio-telefonici, e televisivi). La categoria OG11 classifica III bis le permetterà di eseguire fino ad un importo di euro 1.800.000 gli impianti tecnologici, categoria che riguarda, l’installazione, la gestione e la manutenzione di un insieme di impianti tecnologici tra loro coordinati ed interconnessi funzionalmente, non eseguibili separatamente, di cui alle categorie di opere specializzate individuate con l’acronimo OS3, OS28 e OS30. Ricordiamo che l’attestazione SOA costituisce condizione indispensabile per la partecipazione alle procedure d’aggiudicazione dei lavori d’importo superiore ai 150.000 euro. Al fine d’assistere gli imprenditori, l’Associazione ha predisposto un servizio d’informazione ed assistenza alle proprie imprese sui requisiti e sulla documentazione richiesti per la qualificazione. (CS)


Escluse le offerte difformi alle specifiche tecniche SCHEDE TECNICHE DELLA FORNITURA DIVERGENTI DA QUELLE RICHIESTE NEGLI ALLEGATI TECNICI L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha espresso un interessante parere n. 100 del 5 giugno 2013 per la soluzione delle controversie in merito all’esperimento di una licitazione privata per la fornitura di articoli di abbigliamento, nella specie divise e cappotti destinati al personale ausiliario della Presidenza, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Unitamente all’offerta, la lettera di invito prescriveva di produrre, a pena di esclusione, le campionature e le schede tecniche dei prodotti ricompresi nell’offerta medesima, conformemente alle specifiche tecniche indicate negli appositi allegati, con la testuale precisazione che “(…) pena l’esclusione delle ditte concorrenti, tutti gli articoli offerti dovranno soddisfare i requisiti minimi indicati negli allegati. Ne consegue che anche un solo prodotto giudicato insufficiente dalla Commissione esaminatrice comporterà l’esclusione dalla gara in oggetto”. In sede di esame delle offerte tecniche, espletato in seduta pubblica, la Commissione di gara ha riscontrato nelle campionature prodotte da tutte le ditte in gara e nelle relative schede tecniche caratteristiche della fornitura divergenti da quelle richieste ed espressamente previste negli allegati tecnici acclusi alle lettere di invito. Più in dettaglio, le difformità tecniche riscontrate nei prodotti offerti da parte di tutte e tre le ditte vertevano nello specifico sui seguenti elementi: a) composizione delle fibre dei gilet 50% lana e 50% acrilico anziché 55% lana e 45% acrilico; b) bottoni offerti in corozo anziché in madre perla; c) giacche adesivate anziché intelate. La stazione appaltante precisa nell’istanza che, con specifico riferimento alla difformità concerPAG. 41 - APINFORMA / Edilizia - numero 19 - 31 ottobre 2013

nente la composizione tessile di cui alla lett. a), una delle ditte ha eccepito che ai sensi dell’art. 20 del regolamento UE n. 1007/2011, deve considerarsi ammissibile un margine di tolleranza del 5%. La Commissione, pertanto, preso atto delle difformità rilevate in tutte e tre le offerte ammesse, e prima di formalizzare l’esclusione delle stesse, ha ritenuto opportuno sospendere la gara per gli approfondimenti tecnici del caso, e conseguentemente la stazione appaltante si è rivolta all’Autorità al fine di acquisire apposito parere in ordine alla applicabilità nel caso di specie della norma sopra citata o se, invece, la stessa sia riconducibile solo agli obblighi di etichettatura e di contrassegno delle composizioni fibrose. Con ulteriore quesito, inoltre, l’istante ha integrato chiedendo, per il caso in cui la norma comunitaria sul margine di tolleranza fosse applicabile, se effettivamente la diversa composizione delle fibre (50% lana e 50% acrilico, anziché 55% lana e 45% acrilico) rientri nel suddetto margine di tolleranza del 5%, occorrendo a tal fine determinare, ai sensi della normativa richiamata, il valore da prendere in considerazione agli effetti del calcolo della tolleranza (valore sul totale delle fibre indicate in etichetta o su quello delle singole fibre). A seguito dell’istruttoria procedimentale, formalmente avviata, una ditta, relativamente ai bottoni in corozo anziché in madreperla, si è dichiarata disponibile a rettificare le caratteristiche tecniche della fornitura offerta ad invarianza di prezzo, evidenziando come la tipologia del bottone non sia elemento accessorio determinante a giudicare insufficiente il prodotto nella sua totalità. Un’altra ditta, invece, avendo offerto un prodotto con tela termo applicata, ha evidenziato come la dicitura “intelate” del capitolato tecnico non consentisse chiaramente se la tela dovesse essere cucita o termo applicata. Il quesito sottoposto all’attenzione dell’Autorità verte sui limiti della discrezionalità concessa alle stazioni appaltanti in sede di valutazione di offerte tecniche che presentino parziali difformità rispetto alle specifiche tecniche prescritte dalla lex di gara. In particolare, nel caso di specie, le tre ditte partecipanti alla gara hanno presentato tutte offerte con caratteristiche parzial-


mente difformi da quelle previste in capitolato. Tuttavia, uno solo degli offerenti ha proposto una fornitura che presentava difformità in relazione alla composizione fibrosa del tessuto per un margine complessivo del 5% rispetto alla composizione indicata nelle specifiche tecniche a pena di esclusione. Conseguentemente, la stazione appaltante, sollecitata dalla ditta in argomento, prima di procedere all’esclusione, ha ritenuto di valutare la possibilità di giudicare ammissibile la detta offerta ipotizzando l’applicabilità del margine di tolleranza previsto dall’art. 20 del regolamento CE n. 1007/2011 nella misura del 5%. Ad avviso dell’Autorità non ricorrono nel caso di specie sufficienti elementi per procedere ulteriormente nella gara, difettando in tutte le offerte ammesse, nei limiti accertati dalla Commissione di gara, le caratteristiche tecniche necessarie e sufficienti prescritte dalla lex specialis ai fini dell’ammissibilità della fornitura offerta e della conseguente possibilità di aggiudicazione del relativo contratto. Il margine di tolleranza del 5% previsto dall’art. 20 del Regolamento UE n. 1007/2011 del 27 settembre 2011, in forza del quale la stazione appaltante ipotizza la possibilità di salvare almeno un’offerta, non è applicabile nella fattispecie perché si riferisce alla etichettatura dei prodotti tessili a tutela dei consumatori, allo scopo di migliorare il funzionamento del mercato, e non anche alla possibilità di deroghe alle disposizioni vigenti in materia di contrattualistica pubblica. Il detto regolamento, infatti, precisa lo scopo delle disposizioni ivi contenute, individuandolo nel fine di “(…) eliminare i potenziali ostacoli al buon funzionamento del mercato interno causati da disposizioni divergenti degli Stati membri per quanto riguarda le denominazioni delle fibre tessili e l’etichettatura e il contrassegno della composizione fibrosa dei prodotti tessili…”. L’art. 20 del regolamento, peraltro, individua il margine di tolleranza in argomento “Al fine di stabilire la composizione fibrosa dei prodotti tessili (…)”, non potendosi quindi dedurre dalla disposizione in esame alcuna possibilità di deroga applicabile in materia di appalti, disciplinata questa da una articolata e specifica normativa di settore, sia a livello europeo (direttive 2004/17/CE e 2004/18/ CE), sia a livello interno (d.lgs. n. 163/2006). Ne deriva che la questione va esaminata alla luce del principio di equivalenza sancito dall’art. 68 comma 4 del Codice dei contratti pubblici (cfr. Parere Avcp n. 71/2013), ai sensi del quale “(…) le stazioni appaltanti non possono respingere PAG. 42 - APINFORMA / Edilizia - numero 19 - 31 ottobre 2013

un’offerta per il motivo che i prodotti e i servizi offerti non sono conformi alle specifiche alle quali hanno fatto riferimento, se nella propria offerta l’offerente prova in modo ritenuto soddisfacente dalle stazioni appaltanti, con qualsiasi mezzo appropriato, che le soluzioni da lui proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche”. Al riguardo l’Autorità ritiene di aderire alla posizione consolidata della giurisprudenza secondo cui le valutazioni tecniche relative alle offerte presentate nelle gare d’appalto sono caratterizzate dalla complessità delle discipline specialistiche di riferimento e dalla opinabilità dell’esito della valutazione; pertanto, gli apprezzamenti in ordine all’inidoneità tecnica delle offerte, in quanto espressione di un potere di natura tecnico-discrezionale a carattere complesso, non possono essere sostituiti da valutazioni di parte circa la insussistenza delle prescritte qualità, trattandosi di questioni afferenti al merito delle dette valutazioni tecnico-discrezionali e il giudice, parimenti, può sindacare tali apprezzamenti solo se affetti da macroscopici vizi logici, disparità di trattamento, errore manifesto, contraddittorietà ictu oculi rilevabile (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. III, 13 marzo 2012 n. 1409; T.A.R. Friuli Venezia Giulia 16 gennaio 2012 n. 18; T.A.R. Lecce, Sez. III, 21 aprile 2011 n. 723). La Commissione di gara ha apprezzato in modo non irragionevole le difformità palesate dal campione prodotto dalle ditte partecipanti, né è dato evincere un macroscopico vizio logico o altre contraddittorietà nel giudizio formulato da quest’ultima. Ne consegue che la valutazione della Commissione di gara deve ritenersi senz’altro corretta e insuscettibile di critiche, in disparte la considerazione che, trattandosi di giudizio tecnico-discrezionale, ove non sussistano profili di palese irragionevolezza, essa non è suscettibile di censure neanche in un eventuale giudizio di legittimità. In ossequio al principio di concorrenzialità di matrice europea e nel rispetto della disciplina di gara, la stazione appaltante, una volta riscontrate nelle offerte pervenute oggettive difformità nei prodotti offerti rispetto alle specifiche tecniche prescritte a pena di esclusione, deve procedere alla loro esclusione. Nemmeno, secondo l’Autorità, soccorre, nella fattispecie, la possibilità per i concorrenti di offrire prodotti equivalenti ex art. 68 cit., poiché la stessa dovrebbe essere sempre accompagnata da chiarimenti indicati esclusivamente in sede di offerta e non già in sede successiva, dovendo pur sempre il principio di equivalenza contemperarsi con il ri-


FORMAZIONE AZIENDALE E FINANZA AGEVOLATA DAL VOLTO NUOVO Consorzio ZeroCento conosce le esigenze delle imprese: percorsi formativi e interventi di finanza agevolata ritagliati ad hoc Le aziende hanno sempre più bisogno di aiuti per continuare ad essere competitive.

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Nei prossimi mesi prenderà il via il nuovo periodo di programmazione dei fondi UE 2014-2020, con importanti novità e molte opportunità per le imprese; “siamo pronti a rispondere alle richieste delle Aziende nostre clienti offrendo, come sempre, un supporto a 360° nel reperimento di fondi e agevolazioni per promuovere progetti sia di formazione che di ricerca” - afferma Dania De Cecco, direttore del Consorzio. Proprio su quest’ultima tematica a gennaio 2014, nella sede di Confapi FVG, si organizzerà un incontro sui fondi europei 2014-2020. L’incontro evidenzierà come l’uso strategico dei fondi possa contribuire e abbia contribuito allo sviluppo competitivo delle aziende. Esempio lampante sarà il case history basato su ben due importanti progetti realizzati e finanziati proprio grazie al supporto professionale continuativo di Pratika e del Consorzio ZeroCento, che ha permesso ad uno spin off universitario di crescere nel tempo diventando una azienda di eccellenza nel settore delle nano tecnologie.

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spetto del principio comunitario di parità di trattamento. Nel caso di specie, nessuna delle tre ditte ammesse ha invocato, né tantomeno provato in sede di offerta, e neppure successivamente, l’equivalenza del prodotto offerto, con la conseguenza che deve ritenersi inapplicabile l’art. 68 cit. Il principio di equivalenza, espresso dall’art. 68 comma 4, del d.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006, deve pur sempre contemperarsi con i principi che governano l’attività contrattuale delle amministrazioni pubbliche (art. 2 d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163) tra cui la parità di trattamento e la non discriminazione. Inoltre, il successivo comma 6 dell’art. 68 del D.lgs. n. 163/2006, stabilisce che “l’operatore economico che propone soluzioni equivalenti ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche equivalenti lo segnala con separata dichiarazione che allega all’offerta”. Trattasi all’evidenza di norma finalizzata alla tutela della par condicio tra i concorrenti e della trasparenza delle operazioni di gara, non essendo configurabile una giustificazione postuma in merito all’equivalenza delle specifiche tecniche offerte, dovendo le offerte dei concorrenti soddisfare tali specifiche, a pena di inammissibilità. L’amministrazione aggiudicatrice non può, di conseguenza, chiedere chiarimenti a un candidato, la cui offerta essa ritiene imprecisa o non conforme alle specifiche tecniche del capitolato d’oneri, senza in questo modo far sembrare, qualora tale offerta venisse accolta, che essa abbia negoziato in via riservata a danno degli altri candidati ed in violazione del principio di parità di trattamento (Corte Giustizia U.E., Sez. IV, 29 marzo 2012, n. 599). Né dal menzionato art. 2 del Codice dei contratti, né da nessun’altra disposizione della direttiva n. 2004/18, né dal principio di parità di trattamento, e nemmeno dall’obbligo di trasparenza, risulta che l’amministrazione aggiudicatrice sarebbe tenuta a contattare i candidati interessati in presenza di un’offerta imprecisa o non conforme; la mancanza

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di chiarezza dell’offerta integra, infatti, un inadempimento dell’obbligo di diligenza nella redazione delle offerte, che grava su tutti i candidati (Corte Giustizia U.E., Sez. IV, 29 marzo 2012, n. 599). La Commissione di gara, nello svolgimento dei suoi compiti, può fornire anche chiarimenti sulle eventuali clausole ambigue contenute nelle disposizioni di gara e può anche valutare la possibile equivalenza delle soluzioni tecniche proposte dalle imprese partecipanti, ai sensi dell’art. 68 del Codice dei contratti pubblici, ma non può modificare le disposizioni dettate per lo svolgimento della gara e non può quindi ammettere alla gara imprese che hanno proposto soluzioni tecniche che non rispettano i requisiti minimi che erano stati richiesti dalla lex specialis della gara. In conclusione, l’Autorità ritiene che non è invocabile nel caso di specie il principio di equivalenza sancito dall’art. 68 del Codice dei contratti pubblici, che consente di salvare offerte difformi dalle specifiche tecnica per equivalenza sostanziale del prodotto offerto, né tantomeno il margine di tolleranza del 5% previsto dall’art. 20 del Regolamento UE n. 1007/2011 del 27 settembre 2011, trattandosi di disposizioni sulla etichettatura dei prodotti tessili a tutela dei consumatori, allo scopo di migliorare il funzionamento del mercato. In base a tutto quanto sopra considerato, pertanto, il Consiglio dell’Autorità ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che - le offerte pervenute, in quanto difformi nelle caratteristiche della fornitura, dalle specifiche tecniche previste dalla lex specialis di gara, debbano essere escluse; - non sia applicabile nella specie il margine di tolleranza del 5% previsto dall’art. 20 del Regolamento UE n. 1007/2011 del 27 settembre 2011, trattandosi di disposizioni sulla etichettatura dei prodotti tessili a tutela dei consumatori allo scopo di migliorare il funzionamento del mercato. (CS)


Report legislativo dal 21/10 al 25/10/2013 PROVVEDIMENTO

DDL 219: “Modifiche all’articolo 17 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in materia di contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza”

STATO AVANZAMENTO

ARTICOLI D’INTERESSE PER IL SETTORE / VARIE

Camera - sede referente - I° Affari Costituzionali e VIII° Lavori Pubblici Rel. per la I° - Mazziotti Di Celso - SCPI Rel. per la VIII° - Mariani Raffaella - PD

La disciplina dei contratti segretati o che richiedono particolari misure di sicurezza è contenuta nell’art. 17 del D.Lgs. 163/2006 L’articolo 1 modifica l’art. 17, con l’introduzione, quale condizione ulteriore per l’esclusione delle procedure di affidamento ordinarie, del requisito dell’eccezionalità espressamente motivata. Inoltre si prevede che i contratti secretati posti in essere dalle amministrazioni statali ex art. 17, già soggetti al controllo successivo della Corte dei conti, sono sottoposti anche al controllo preventivo della Corte dei conti, la quale si pronuncia sulla legittimità e sulla regolarità dell’atto di segretazione, entro quarantacinque giorni dalla richiesta. Inoltre, la novella introduce una ipotesi di silenzio-assenso prevedendo che, decorso inutilmente il termine di 45gg., la pronuncia relativa al controllo preventivo s’intende espressa in senso positivo.

(C)

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Note informative

LE NOVITÀ NORMATIVE NAZIONALI

AGGIORNATA LA DELIBERA SU AVCPASS L’AVCP con il Comunicato del 12 giugno 2013, ha reso disponibile, sul proprio sito istituzionale, una nuova formulazione della Deliberazione n. 111 del 20 dicembre 2012, http://www.autoritalavoripubblici.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=5283 che ha istituito il sistema informatico di verifica dei requisiti dei concorrenti alle procedure di gara, denominato AVCpass. La Banca dati nazionale dei contratti pubblici, in attuazione all’art. 6-bis del Codice Appalti necessitava di una rivisitazione in seguito alle modificazioni intervenute inerenti le decisioni assunte dalla stessa Autorità nelle adunanze dell’8 maggio e del 5 giugno 2013.

ISTAT. COSTO COSTRUZIONE FABBRICATO RESIDENZIALE AGOSTO Nel mese di agosto 2013 l’indice del costo di costruzione di un fabbricato residenziale aumenta dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,9% nei confronti di agosto 2012. I contributi maggiori alla crescita tendenziale dell’indice derivano dal gruppo di costo della mano d’opera (+0,5 punti percentuali) e dai materiali (+0,4 punti percentuali).

CERTIFICAZIONE CREDITI E RILASCIO DURC La Direzione generale per l’Attività Ispettiva, con circolare n. 40/2013 http://www.lavoro.gov.it/Strumenti/normativa/Documents/2013/20131021_ Circ_40.pdf d’intesa con gli Istituti previdenziali, fornisce prime importanti indicazioni per la corretta applicazione dell’art. 13 bis, comma 5, del D.L. PAG. 46 - APINFORMA / Edilizia - numero 19 - 31 ottobre 2013

n. 52/2012 e del D.M. 13 marzo 2013, che prevedono il rilascio del Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) “in presenza di una certificazione (…) che attesti la sussistenza e l’importo di crediti certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni di importo almeno pari agli oneri contributivi accertati e non ancora versati da parte di un medesimo soggetto”. Il meccanismo chiarito dalla circolare vuole superare quelle problematiche che non consentivano alle imprese di ottenere un DURC attestante la regolarità – in quanto debitrici nei confronti degli Istituti e/o delle Casse edili – sebbene fossero a loro volta creditrici nei confronti delle pubbliche amministrazioni. In sintesi le indicazioni ministeriali: - gli Istituti previdenziali e le Casse edili sono tenuti a rilasciare il DURC alle imprese che hanno ottenuto la certificazione di uno o più crediti nei confronti della pubblica amministrazione· detti crediti, vantati nei confronti delle amministrazioni statali, degli enti pubblici nazionali, delle Regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, devono essere certi, liquidi ed esigibili e “di importo almeno pari agli oneri contributivi accertati e non ancora versati da parte del soggetto titolare dei crediti certificati” (per la loro certificazione si rinvia ai contenuti delle circolari già emanate dal Ministero dell’economia e delle finanze); - è previsto il rilascio di un DURC attestante la regolarità pur in presenza di mancati versamenti di contributi e/o premi e/o relativi accessori, a condizione della sussistenza di crediti certificati di importo almeno pari alle somme non versate agli Istituti e/o Casse. Il Documento è rilasciato “su richiesta del soggetto titolare dei crediti certificati”: pertanto, qualora il DURC debba essere richiesto d’ufficio da parte di una P.A., il soggetto interessato, nella fase di avvio del singolo procedimento all’interno del quale è prevista tale acquisizione d’ufficio, dovrà dichiarare di vantare crediti nei confronti della pubblica amministrazione per i quali ha ottenuto la certificazione tramite Piattaforma informatica e che conseguente-


mente il DURC dovrà essere acquisito “ex art. 13 bis, comma 5, D.L. n. 52/2012”· Tale certificazione potrà essere esibita direttamente agli Istituti e/o Casse edili, fino alla scadenza del termine assegnato al titolare del credito certificato per sanare una irregolarità contributiva; in questa ipotesi gli Istituti e/o le Casse edili rilasceranno, ove ne ricorrano le condizioni, un DURC ex art. 13 bis, comma 5, D.L. n. 52/2012 ancorché non sia stato richiesto esplicitamente dalle stazioni appaltanti. In entrambi i predetti casi, il soggetto titolare dei crediti certificati deve comunicare gli estremi delle certificazioni di credito (amministrazione che le ha rilasciate, data di rilascio della certificazione, numero di protocollo, importo a credito disponibile, eventuale data del pagamento) ed il codice attraverso il quale potrà essere verificata la certificazione nella Piattaforma informatica (si tratta di un codice, con validità temporanea, rilasciato al titolare del credito per consentire l’accesso alla Piattaforma); - gli Istituti previdenziali e Casse edili, ai fini del rilascio del Documento, potranno verificare, per mezzo della predetta Piattaforma e attraverso il codice acquisito, l’esistenza di tali certificazioni di credito. La Piattaforma consentirà infatti di produrre un documento informatico attestante l’esistenza del credito certificato nonché la sua effettiva disponibilità al momento della richiesta e dell’emissione del DURC. Analogo procedimento trova applicazione nell’ipotesi di richiesta di DURC effettuata direttamente dall’interessato, nei casi espressamente previsti per legge, ossia per la verifica dell’idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle funzioni o ai lavori da affidare e per la dichiarazione dell’organico medio annuo in attesa dell’avvio della descritta procedura, la verifica verrà effettuata sulla base delle certificazioni rilasciate dalla Piattaforma informatica trasmesse via PEC o esibite ai fini del rilascio del DURC, sotto la responsabilità anche penale del soggetto titolare del credito certificato, agli Istituti e/o alle Casse edili nel termine assegnato per la regolarizzazione ai sensi dell’art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007; questi ultimi acquisiranno, tramite PEC, direttamente dall’amministrazione certificatrice, la conferma dell’esistenza e della validità della certificazione. Circa le modalità di utilizzo del DURC si evidenzia che “può essere utilizzato per le finalità previste dalle vigenti disposizioni di legge”, ivi PAG. 47 - APINFORMA / Edilizia - numero 19 - 31 ottobre 2013

compresa pertanto la verifica della dichiarazione sostitutiva relativa al requisito di cui all’art. 38, comma 1 lett. i), del D.Lgs. n. 163/2006 Inoltre, viene messo in evidenza che il Legislatore ha voluto fissare, in modo positivo, il principio per il quale la pubblica amministrazione, ove tenuta ad effettuare un pagamento a favore di un terzo, è obbligata previamente a garantire la copertura del debito evidenziato nel DURC. In tal modo, dunque, l’operatività dell’istituto cessa di essere limitata alle somme dovute come corrispettivo di lavori e prestazioni nell’ambito della contrattualistica pubblica. A ciò si aggiunge che in sede legislativa (d.l. n. 69 cit.) si è stabilita l’applicazione dell’istituto dell’intervento sostitutivo in caso di irregolarità accertata con il DURC acquisito al fine dell’effettuazione di erogazioni a titolo di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici di qualunque genere, compresi quelli di cui all’art. 1, comma 553, della L. n. 266/2005. Gli Istituti previdenziali e le Casse Edili, con proprie determinazioni definiranno il procedimento amministrativo in base al quale le predette disposizioni dovranno trovare applicazione. Inoltre, si specifica che la possibilità di utilizzare la certificazione del credito per effettuarne una cessione ovvero ottenerne una anticipazione è comunque subordinata alla preventiva soddisfazione di un eventuale debito contributivo, comprovata dall’esibizione, a cura del titolare della certificazione, di un DURC aggiornato che attesti la reale situazione nei confronti degli Istituti previdenziali e delle Casse edili. Operativamente questo significa che in caso di cessione o anticipazione il soggetto titolare dei crediti certificati deve richiedere comunque un nuovo DURC da esibire obbligatoriamente alla banca o all’intermediario finanziario e nel quale gli Enti tenuti al rilascio attesteranno la situazione contributiva alla data di conclusione dell’istruttoria per il rilascio del DURC stesso. Nel caso in cui persista l’irregolarità contributiva, la legge stabilisce che l’impresa o il datore di lavoro, contestualmente alla cessione o all’anticipazione, devono sottoscrivere apposita delegazione di pagamento alla banca o all’intermediario finanziario ai sensi dell’art. 1269 c.c. “per provvedere al pagamento del predetto debito contributivo”, eventualmente anche ai fini dell’estinzione parziale di quest’ultimo qualora l’importo riconosciuto risulti inferiore al debito contributivo.

PUBBLICATO L’ELENCO DELLE OPERE INCOMPIUTE Il Ministero delle Infrastrutture con comunicato


del 21 ottobre scorso ha pubblicato l’elenco-anagrafe delle opere incompiute delle amministrazioni statali, regionali, locali https://www.serviziocontrattipubblici.it/simoi.aspx di competenza, rispettivamente, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e delle Regioni e delle Provincie Autonome, ai sensi del D.M. 13 marzo 2013, n. 42 disciplinante il “regolamento recante modalità di redazione dell’elenco anagrafe delle opere pubbliche incompiute, di cui all’art. 44bis del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”. Dopo anni di discussioni ed iniziative, vede finalmente luce la banca dati nazionale delle opere pubbliche incompiute che, ancorché in fase sperimentale fotografa la situazione di centinaia di investimenti in opere pubbliche attivati dalle amministrazioni che per cause diverse sono rimaste incomplete e quindi non fruibili dalla collettività, rappresentando un gravissimo spreco di risorse pubbliche ed il mancato soddisfacimento dei bisogni della collettività a cui sono state destinate. La banca dati rappresenta anche uno strumento conoscitivo per una corretta programmazione degli interventi sia a livello nazionale che territoriale. L’elenco ha la finalità di coordinare, a livello informativo e statistico, i dati sulle opere pubbliche incompiute in possesso delle amministrazioni statali, regionali e locali, così da attivare uno strumento conoscitivo volto ad individuare, in modo razionale ed efficiente, le soluzioni ottimali per l’utilizzo di tali opere attraverso il completamento ovvero il riutilizzo ridimensionato delle stesse, anche con diversa destinazione rispetto a quella originariamente prevista. L’elenco è ripartito in due sezioni, relative, rispettivamente, alle opere di interesse nazionale e alle opere di interesse regionale e degli enti locali.

APPROFONDIMENTI TEMATICI Ammesso l’avvalimento plurimo (Corte UE – C 94/12 del 10 ottobre 2013) I limiti imposti dal Codice Appalti all’avvalimento che impongono a chi partecipa a una gara pubblica di avvalersi dei requisiti posseduti da una sola impresa per ciascuna categoria di qualificazione contrastano con la direttiva europea sugli appalti (2004/18/Ce). Lo ha stabilito la Corte di Giustizia europea con sentenza del 10 ottobre 2013 decidendo sul caso sottoposto dal Tar Marche, in relazione al ricorso di una società esclusa da una gara d’appalto perché aveva utilizzato in gara più di un impresa ausiliaria per la dimostrazione dei requisiti. Rispetto alle indicazioni molto rigorose previste PAG. 48 - APINFORMA / Edilizia - numero 19 - 31 ottobre 2013

dall’articolo 49, comma 6, del codice che vietano esplicitamente di ricorrere ai mezzi di più di un’impresa “garante” per eseguire le lavorazioni previste da un appalto, le norme europee mantengono un’impostazione molto più “aperta”. E infatti, ricorda la Corte Ue, «la direttiva non vieta ai candidati di fare riferimento alle capacità di più soggetti terzi per comprovare che soddisfano un livello minimo di capacità o i criteri fissati da un’amministrazione aggiudicatrice». Dunque, il divieto di avvalimento plurimo imposto dal codice contrasta con le norme europee e va disapplicato. L’appaltatore va pagato anche se sbaglia (Corte di Cassazione – sentenza n. 20707 del 10 settembre 2013) Se in un appalto i lavori non sono stati eseguiti correttamente e il committente non chiede l’eliminazione dei difetti, ma solo un risarcimento, l’appaltatore dovrà essere pagato comunque. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 20707/2013. La Cassazione ha chiarito che l’appaltatore ha l’obbligo di fornire una garanzia per le eventuali difformità dell’opera realizzata. L’obbligo viene meno se il committente accetta l’opera e conosce i vizi che la caratterizzano, tranne nel caso in cui l’appaltatore non abbia nascosto i difetti in mala fede. Una volta presa visione dei difetti nell’opera consegnata, il committente può esigere la riparazione a spese dell’appaltatore, chiedere uno sconto sul prezzo pattuito o pretendere la risoluzione del contratto. Al contrario, se il committente conosce i vizi, ma chiede solo un risarcimento, dovrà comunque pagare all’appaltatore il corrispettivo previsto. La pronuncia della Cassazione si è basata sul ricorso con cui un committente aveva chiesto il risarcimento dei danni riscontrati a seguito di alcuni lavori. Il committente, però, non aveva pagato l’appaltatore né gli aveva chiesto di eliminare i difetti dall’opera. La Cassazione ha concluso che la domanda di risarcimento dei danni è autonoma rispetto a quella per l’eliminazione dei difetti. Presentando richiesta di risarcimento, il committente non può quindi ottenere l’eliminazione dei danni e deve comunque pagare la prestazione. Le canne fumarie non necessitano dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale (TAR Campania, Sez. I, sentenza n. 1985 del 27 settembre 2013) Il T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, con la senten-


za del 27 settembre 2013 n. 1985, afferma che le canne fumarie realizzate nel muro comune del condominio non necessitino dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale. Nello specifico si tratta di interventi che ogni condomino può realizzare da solo ex art. 1102 c.c. secondo cui: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso”. Il Comune paga i danni da ritardo (Consiglio di Stato n. 4968 del 9 ottobre 2013) Con il proprio comportamento colposo un Comune arresta il rilascio di concessione edilizia per la costruzione di un magazzino, pertanto il Consiglio di Stato, con la decisione 4968 del 9 ottobre 2013, lo condanna al pagamento di un risarcimento di 293.998 euro. Allo stesso tempo però, Palazzo Spada sancisce anche una corresponsabilità (ex art 1227 cc) dello stesso ricorrente per inerzia nel sollecitare l’ente ad adottare il provvedimento. In conseguenza il danno riconosciuto viene ridotto al 50 per cento. Per quanto concerne la responsabilità del Comune, i giudici di Palazzo Spada infatti ritengono che sussistano gli elementi costitutivi della fattispecie dell’illecito aquiliano, sia sotto il profilo oggettivo, sia sotto quello soggettivo, sussistendo effettiva-

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mente il ritardo con cui è stato assentito (l’11 ottobre 1996) al ricorrente il titolo edilizio (richiesto il 23 febbraio 1989). Ma nemmeno il ricorrente è esente da colpa in quanto un diverso, e sicuramente esigibile, suo comportamento, improntato a salvaguardare anche gli altrui interessi, senza alcun diretto pregiudizio per i propri, avrebbe limitato considerevolmente il ritardo del rilascio del titolo edilizio. Autorizzazione paesaggistica nelle Regioni a statuto speciale (Consiglio di Stato n. 4968 del 9 ottobre 2013) In tema di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, di irrogazione delle sanzioni in caso di illeciti e abusi edilizi in zone sottoposte a vincolo paesaggistico la legge statale prevale sulle norme regionali, anche quelle a statuto speciale. A ribadirlo è la Corte Costituzionale con la sentenza n. 238/2013, nella quale i giudici della Consulta hanno dichiarato incostituzionali le norme riguardanti la tutela dei beni paesaggistici emanate dalla Valle d’Aosta che entravano in contrasto con le competenze legislative statali inserite nel d.lgs. n. 42/2004 (c.d. Codice dei beni culturali e del paesaggio). Nella premessa, la Corte Costituzionale ha ricordato che le recenti modifiche apportate alla legge della Regione autonoma Valle d’Aosta 27 maggio 1994, n. 18 (Deleghe ai Comuni della Valle d’Aosta di funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio), si porrebbero in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettere m) e s), della Costituzione. (C)


Investire in Cina attraverso Hong Kong PER DISCIPLINARE I FLUSSI DI REDDITO TRA LA CASA MADRE E LA SUB-HOLDING È NECESSARIO RIFARSI ALL’ART. 167 DEL T.U.I.R. E ALLA SUA EVENTUALE DISAPPLICAZIONE a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero

TAX PLANNING: HONG KONG, BASE STRATEGICA PER ENTRARE NELL’AREA ASIATICA Molti investitori stranieri preferiscono operare nel mercato cinese mediante la costituzione di una sub-holding residente in Hong Kong e, tramite la stessa, effettuare successivamente l’acquisto dell’intera partecipazione sociale nella target cinese. Le principali ragioni che possono suggerire la scelta di Hong Kong come piattaforma strategica per effettuare l’investimento in Cina sono: 1. possibilità di operare in un sistema economico aperto, dotato di una rete infrastrutturale adeguata e di un contesto finanziario all’avanguardia 2. giurisdizione fiscale, legale e finanziaria in linea con i principi fondamentali che si ritrovano nei sistemi anglosassoni, con regole e normative differenti rispetto alla madre patria cinese (Hong Kong era una colonia britannica) 3. in virtù della Convenzione contro le doppie imposizioni di recente stipulata dal paese con l’Italia, si potrebbero aprire interessanti scenari nel caso in cui Hong Kong venisse inserita nell’elenco dei Paesi “virtuosi” (c.d. “white list”), nei confronti dei quali non trovano applicazione le disposizioni antievasive ed antielusive vigenti nel sistema tributario nazionale. Con riferimento a questa specifica modalità di insediamento nel mercato asiatico, forniamo un

quadro riassuntivo del trattamento tributario (ai fini delle imposte dirette) del reddito prodotto in Cina e dei successivi flussi reddituali di dividendi (Cina - Hong Kong - Italia) successivamente distribuiti al socio italiano.

COSTITUZIONE DI UNA SUB-HOLDING RESIDENTE A HONG KONG CHE, A SUA VOLTA, DETERRÀ LA PARTECIPAZIONE DELLA SUSSIDIARIA CINESE E’ doveroso premettere che, non essendo stata ancora emanata la nuova “white list”, per disciplinare i flussi di reddito tra la casa madre e la subholding è necessario rifarsi all’art. 167 del T.U.I.R. e alla sua eventuale disapplicazione.

IN CINA Il reddito prodotto in Cina dalla sussidiaria cinese sarà ivi assoggettato all’imposta sul reddito delle società con aliquota del 25% e il dividendo, al momento della sua erogazione al socio non residente, potrà subire una ritenuta alla fonte a titolo di imposta.

A HONG KONG In presenza di una sub-holding costituita in Hong Kong, i dividendi successivamente distribuiti dalla sussidiaria cinese a favore della casa madre residente ad Hong Kong (che dovrà detenere almeno il 25% del capitale della società cinese) subiranno una ritenuta alla fonte nella misura ridotta del 5%, così come previsto dalla convenzione per evitare le doppie imposizioni in vigore tra Cina e Hong Kong. Per ciò che concerne la tassazione in capo alla società di Hong Kong, la normativa fiscale locale prevede l’esenzione totale per i redditi prodotti al di fuori del territorio della stessa, quindi il dividendo proveniente dalla controllata cinese: - non essendo considerato territorialmente prodotto in Hong Kong, non sarà soggetto ad alcuna imposizione ai fini dell’imposta sul reddito - non soggiacerà ad alcuna ritenuta alla fonte al momento del pagamento al socio italiano.

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IN ITALIA Per quanto riguarda l’imposizione in Italia, è fondamentale tenere in considerazione che, ai sensi del decreto ministeriale del 4 maggio 1999, Hong Kong, allo stato attuale, è ancora considerata dal nostro legislatore Paese a fiscalità privilegiata (c.d. paradiso fiscale) e pertanto sarà necessario fare riferimento alla disciplina delle Controlled Foreign Companies di cui all’art. 167 del T.U.I.R. Sulla base di tale disciplina i redditi prodotti dalla sub-holding residente in Hong Kong dovranno essere imputati “per trasparenza” in capo al soggetto italiano, a prescindere dalla loro distribuzione, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili. Inoltre le imposte pagate all’estero potranno essere ammesse in deduzione a titolo definitivo, mentre i dividendi successivamente distribuiti dalla società di Hong Kong alla società italiana non concorreranno a formare il reddito di quest’ultima fino a concorrenza dei redditi precedentemente imputati per trasparenza. La società italiana può evitare l’imputazione automatica (“per trasparenza”) del reddito prodotto dalla propria sub-holding residente in Hong Kong qualora presenti un interpello preventivo all’Amministrazione finanziaria italiana e riesca a dimostrare alternativamente che: - la società di Hong Kong svolge un’effettiva attività industriale o commerciale nello Stato o nel territorio in cui ha sede, o - dalla partecipazione nella società di Hong Kong non consegua l’effetto di localizzare redditi in un territorio a fiscalità privilegiata, ossia che i redditi da essa conseguiti siano prodotti in misura non inferiore al 75% in altri Paesi non inclusi in black list e ivi sottoposti a tassazione ordinaria. Alcune recenti prese di posizione dell’Amministrazione finanziaria italiana sembrerebbero delineare questa opportunità. In particolare, la Risoluzione n. 191/E del 27 luglio 2007 ha esaminato il caso di un soggetto italiano che controlla una subholding in Hong Kong, la quale a sua volta detiene la totalità delle partecipazioni in una società operativa localizzata in Cina. In tale occasione, l’Agenzia ha conferma che il reddito della (sub)holding imputato alla società controllante per trasparenza segue le ordinarie regole di determinazione del reddito di impresa, con la conseguenza che, qualora vi concorrano dividendi provenienti da Paesi diversi da quelli a fiscalità privilegiata, essi sono soggetti a tassazione nella misura del 5% del loro ammontare ai sensi dell’art. 89, comma 2, TUIR. Pertanto, qualora i redditi derivanti dalla società di

Hong Kong siano stati prodotti in un paese a fiscalità ordinaria (come ad esempio la Cina) e ivi siano stati soggetti ad imposizione, il contribuente può ottenere in sede di interpello un parere favorevole in merito alla disapplicazione della disciplina Cfc a patto che dimostri, in tale sede, che la detenzione della partecipazione nella sub-holding di Hong Kong non ha una finalità elusiva, ossia che i redditi da essa conseguiti siano prodotti in misura non inferiore al 75% in altri Paesi non inclusi in black list e ivi sottoposti a tassazione ordinaria. La prova della sussistenza di tale condizione (utili del soggetto residente in Hong Kong assoggettati ad una effettiva e congrua tassazione all’estero) permetterà alla controllante italiana di non applicare sui redditi prodotti dalla sub-holding residente in Hong Kong la tassazione per trasparenza e, al momento dell’eventuale successiva distribuzione di dividendi soltanto il 5% dell’ammontare degli stessi sarà incluso nella base imponibile della società italiana e sarà assoggettato ad imposta sul reddito con aliquota ordinaria IRES pari al 27,5%. Sulla base di quanto sopra riportato, nell’ipotesi in cui il contribuente ottenga in sede di interpello un parere favorevole in merito alla disapplicazione della disciplina Cfc, così come in caso del probabile inserimento di Hong Kong nell’elenco dei Paesi “virtuosi” (nei confronti dei quali non verranno applicate le disposizioni antievasive ed antielusive), in un ottica di pianificazione fiscale, risulterà sicuramente più conveniente la costituzione di una sub-holding a Hong Kong, che a sua volta deterrà la partecipazione della sussidiaria cinese, rispetto ad un investimento diretto in Cina tramite una propria sussidiaria. Natale Galimi

INVESTIMENTO DIRETTO - - - - - - - - - - -

Utile lordo Cina 100 Income Tax (25%) -25 Utile netto Cina = 75 Dividendo lordo a ITA 75 Ritenuta alla fonte Cina (10%) -7,5 Dividendo netto a ITA 67,5 Imponibile ITA 75 Imposta ITA (1,375%) 1,03 Credito d’imposta 0,38 Netto ITA 66,85 TAX RATE 33,2

INVESTIMENTO TRAMITE HK - Utile lordo Cina 100 - Income Tax (25%) -25 - Utile netto Cina = 75

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Dividendo lordo a HK 75 Ritenuta alla fonte Cina (5%) -3,75 Dividendo netto a HK 71,25 Imposta Hong Kong 0

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Dividendo distribuito a ITA 71,25 Imposta ITA (1,375%) -0,98 Netto ITA 70,27 TAX RATE 29,73.

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Il Transfer Pricing in India ANCHE IN INDIA SI REGISTRA UN FORTE AUMENTO DELLE CONTROVERSIE IN MATERIA DI TRANSFER PRICING a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero La legislazione indiana sul transfer pricing definisce le norme che regolano l’applicazione delle modalità di scelta dei prezzi di trasferimento. Attraverso il Transfer Pricing, imprese associate facenti parte dello stesso gruppo e residenti in Stati diversi determinano i prezzi delle transazioni commerciali internazionali effettuate tra loro. Tale tematica, che investe vari ambiti tra cui normative fiscali e societarie, è sempre più oggetto delle attenzioni dei gruppi transnazionali e delle autorità fiscali nazionali ed internazionali. Anche in India, che negli ultimi 10-15 anni è diventata un hub per numerose subsidiary internazionali, si registra un forte aumento delle controversie in materia di Transfer Pricing. Il Finance Act, 2001 ha introdotto la legge del Transfer Pricing aggiungendo all’Indian Income Tax Act, 1961 le sezioni che vanno dalla 92A alla 92F, che guidano il calcolo dei prezzi di trasferimento e suggeriscono procedure dettagliate. Le regole sul transfer pricing sono applicabili a tutte le aziende che prendono parte ad una transazione internazionale con una “azienda associata” (anche se le transazioni non hanno un impatto finanziario, ma movimentano solo saldi contabili). L’obiettivo è quello di calcolare un prezzo comparabile a quello che sarebbe stato pagato da una parte non correlata in condizioni di mercato aperto, nota anche come arm’s length price. I criteri basilari per determinare se una azienda è associata o meno riguardano la partecipazione al management e il controllo o il possesso di quote di capitale di rischio di una azienda da parte di un’altra. La partecipazione può essere diretta o indi-

retta oppure attraverso uno o più intermediari. Per transazione internazionale si intende essenzialmente una transazione non effettuata all’interno dello Stato tra aziende associate. Almeno una delle parti coinvolta deve essere “non residente” e prendere parte ad una o più delle seguenti transazioni: - acquisto, vendita o prestito di proprietà tangibile e intangibile - fornitura di servizi - prestito di fondi - qualsiasi transazione che abbia conseguenze su profitti, reddito, perdite o assets - accordi tra le aziende associate per la distribuzione di costi, contributi o spese. Coerentemente con i principi utilizzati a livello internazionale, le legge prevede che qualsiasi reddito derivante da una transazione internazionale tra aziende associate debba essere calcolato facendo attenzione al prezzo di mercato (arm’s length price) che può essere calcolato con uno dei metodi prescritti: - comparable uncontrolled price method (CUPM) - resale price method (RPM) - cost plus method (CPM) - profit split method (PSM) - transactional net margin method (TNMM). Il contribuente può scegliere il metodo più appropriato da applicare in qualsiasi transazione, ma la selezione deve essere fatta tenendo in considerazione i fattori prescritti dalla legge sul Transfer Pricing. Le disposizioni contenute nella normativa indiana sono molto esaustive per quanto concerne la conservazione della documentazione necessaria. Tali documenti includono: - le informazioni generali sul contesto commerciale nel quale la transazione è stata effettuata - informazioni riguardanti la transazione internazionale effettuata - le analisi condotte per la determinazione del metodo più appropriato - il processo con il quale il prezzo di mercato è stato calcolato - il report di un esperto contabile che certifichi che il prezzo di mercato è stato calcolato coe-

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rentemente con la legge e che la documentazione necessaria è stata mantenuta. La documentazione deve essere conservata per un periodo minimo di 8 anni. Nel caso in cui la transazione internazionale sia inferiore al valore di 10 milioni di INR (al cambio attuale circa 115.000 Euro), è sufficiente che il contribuente conservi i documenti e le informazioni riguardati il prezzo di mercato. L’onere della prova, sia per la determinazione del prezzo di mercato in coerenza con quanto prescritto dalla legge, sia per la dimostrazione e il supporto dello stesso con la documentazione sopra descritta, è a carico del contribuente. Quando il contribuente adempie ai propri doveri e i dati per la determinazione del prezzo di mercato sono giudicati affidabili e corretti non ci può essere nessun tipo di intervento da parte dell’autorità fiscale. Negli altri casi, cioè quando: - l’autorità fiscale ritiene che il prezzo di mercato della transazione internazionale non è stato determinato in modo coerente con la legge - le informazioni e la documentazione relativa alla transazione internazionale non sono state conservate dal contribuente come prescritto dalla legge - l’informazione o i dati utilizzati nel calcolo del prezzo di mercato non sono affidabili o corretti - il contribuente non è riuscito a fornire alle autorità fiscali la documentazione che la stessa aveva richiesto

- l’autorità fiscale può rigettare il prezzo di mercato scelto dal contribuente e determinare un altro prezzo di mercato in coerenza con la legge. Per questo motivo, egli si rivolgerà ad un Transfer Pricing Officer (TPO) che determinerà il prezzo di mercato una volta sentite le ragioni del contribuente. Nel caso in cui il prezzo di mercato determinato dal Transfer Pricing Officer indicasse una dichiarazione infedele e inferiore del reddito, il contribuente sarà sottoposto alla modifica del reddito dichiarato e/o ad una multa. L’autorità fiscale è obbligata a modificare il reddito dichiarato dal contribuente in seguito all’aggiustamento proposto dal Transfer Pricing Officer. Ciò avrà l’effetto di accrescere il reddito o alternativamente decrescere le perdite registrate. Le sanzioni sono previste come disincentivo per dichiarazioni infedeli: - sanzione per dichiarazione inferiore del reddito: dal 100 al 300% della tassa evasa - sanzione per la mancata conservazione della documentazione prevista: 2% del valore della transazione internazionale - sanzione per non aver consegnato il report dell’esperto contabile: 100.000 INR (al cambio attuale circa 1.150 Euro). Tali sanzioni possono essere evitate se il contribuente è in grado di dimostrare che vi sia stata una causa ragionevole per tali mancanze. Alessandro Fichera

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Importazione legname dalla Federazione Russa Dal 1° ottobre sono aperti i contingenti tariffari sulle esportazioni di legname dalla Federazione russa verso l’Unione Europea per l’anno 2014. I massimali per il suddetto anno sono i seguenti:

DEFINITI I CONTINGENTI TARIFFARI PER IL 2014

MASSIMALI PRODOTTO

QUOTA PER GLI IMPORTATORI TRADIZIONALI

QUOTA PER I NUOVI IMPORTATORI

Abete

4.172.420 m³

1.788.180 m³

Pino

2.552.130 m³

1.093.770 m³

Durante la prima parte del periodo contingentale (1° gennaio – 31 luglio) il 70% di ciascun contingente tariffario per gruppo di prodotti è assegnato agli importatori tradizionali, il 30% di ciascun contingente tariffario è assegnato ai nuovi importatori. In questa parte del periodo contingentale ciascun importatore tradizionale può chiedere autorizzazioni contingentate fino al raggiungimento del massimale attribuitogli in base al comma 2, art. 6 del Reg. 498/2012 del 12 giugno 2012. Ad ogni nuovo importatore, invece, è assegnata una quota massima dell’1,5% del contingente tariffario per ciascun gruppo di prodotti, in base

all’ordine cronologico di ricezione delle domande di autorizzazioni. Nella seconda parte del periodo contingentale (1° agosto – 31 dicembre) i contingenti tariffari rimanenti per ciascun gruppo di prodotti, saranno assegnati a tutti gli importatori, in base all’ordine cronologico di ricezione delle domande di autorizzazioni. In questa parte del periodo contingentale a tutti gli importatori sarà assegnata una quota massima del 5%. Fonte: Camera di Commercio I.A.A. di Udine

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(C)


Sanzioni doganali

L’APPROCCIO DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE ITALIANA a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero

SANZIONI DOGANALI: L’APPROCCIO DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE ITALIANA La recente giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione italiana è portatrice di nuovi dubbi sulla conformità del sistema sanzionatorio italiano ai principi doganali del diritto dell’UE. Si alimenta il dibattito circa la necessità di creare un sistema doganale sanzionatorio armonizzato a livello comunitario che sia in grado di risolvere ogni tipo di contrasto normativo. La sentenza n° 1397/2013 della Suprema Corte, ha nuovamente posto in risalto l’annoso contrasto tra sistema sanzionatorio doganale nazionale (previsto dal TULD) e normativa comunitaria in materia doganale. L’interpretazione non conforme ai principi generali del diritto comunitario del regime sanzionatorio doganale di uno Stato membro dell’Unione europea, può avere gravi conseguenze a livello internazionale per l’UE. Sentenze come quella che stiamo commentando, rischiano di ripercuotersi su tutta la UE in termini di violazione dell’art. X del GATT 1994 (Accordo Generale sulle Tariffe e il Commercio) conseguente al venir meno degli impegni assunti in sede internazionale circa l’amministrazione uniforme, imparziale e ragionevole del diritto doganale da parte della UE. Passiamo brevemente in rassegna il regime sanzionatorio UE e la normativa nazionale in materia di sanzioni doganali alla luce della più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia.

SANZIONI DOGANALI A LIVELLO COMUNITARIO Non esiste, a livello UE, un sistema armonizzato

di sanzioni doganali. Ogni Stato membro dell’UE è quindi libero di contrastare le violazioni alle norme doganali applicando il regime sanzionatorio che ritiene più appropriato. La Corte di giustizia dell’Unione europea (anche “CGUE”) si è pronunciata diverse volte sulla conformità al diritto comunitario delle sanzioni doganali adottate degli Stati membri. Dalla lettura di tali pronunce emerge chiaramente che gli Stati membri devono vigilare affinché le sanzioni applicabili al proprio interno siano uniformi a quelle applicabili all’interno degli altri stati membri e, soprattutto, devono fare in modo che tali sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive in conformità ai principi generali del diritto comunitario.

SANZIONI DOGANALI IN ITALIA Il sistema di sanzioni applicabili in Italia alle violazioni della normativa doganale è regolamentato dal DPR n. 43 del 21.01.1943 “Testo Unico delle Disposizioni legislative in materia doganale”. Per ragioni di completezza, va sottolineato che vi sono una serie di sanzioni penali che vengono regolarmente applicate anche in ambito doganale. Nel presente contributo ci concentreremo esclusivamente sulle sanzioni amministrative previste dal TULD ed in particolare sull’articolo 303 del TULD, che è stato recentemente oggetto di interpretazione dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza No. 1397/2013. L’articolo 303 del TULD dispone che al momento dell’importazione, se le dichiarazioni riguardanti la qualità, la quantità e il valore delle merci importate, di deposito doganale o di spedizione, non corrispondono alla dichiarazione doganale, l’importatore è punito con la multa da euro 10.000 a Euro 25.000. Se l’importo totale dei dazi doganali dovuti a seguito dell’accertamento da parte dell’autorità doganale è superiore a quelli calcolati sulla base della dichiarazione originaria e la differenza è superiore al 5%, salvo che il fatto non costituisca più reato grave, la sanzione è applicata in misura non minore dalla differenza dovuta per tale scostamento e non maggiore al decuplo di esse. Vale la pena ricordare che, nel 2012, il testo dell’ar-

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ticolo 303 del TULD è stato modificato (vedi Decreto legge 2 marzo 2012, n . 16). Tale disposizione ora prevede che, nel caso in cui le dichiarazioni fatte al momento dell’importazione riguardanti la qualità, la quantità e il valore delle merci importate, non corrispondono a quanto effettivamente accertato dalle autorità doganali, l’importatore è punito con la multa da € 103 a € 516. Il nuovo testo dell’art 303 del TULD prevede, inoltre, che se l’importo dazi doganali da pagare a seguito dell’accertamento effettuato dalle autorità doganali è maggiore di quello calcolato dall’importatore e la differenza supera il 5 per cento (e il fatto non costituisca più grave reato) è applicata: - per i dazi doganali fino a € 500 la sanzione amministrativa da € 103 a € 500 - per i dazi doganali fino a € 500,1 a € 1.000 la sanzione amministrativa è da € 1.000 a € 5.000 - per i dazi doganali fino a € 1.000,1 a € 2.000 la sanzione amministrativa è da € 5.000 a € 15.000 - per i dazi doganali fino a € 2.000,1 a € 3.999,99 la sanzione amministrativa è da € 15.000 a € 30.000 - per i dazi doganali più di 4.000 € la sanzione amministrativa applicabile è da 30.000 € a dieci volte l’ importo dei dazi doganali.

L’INTERPRETAZIONE ESTENSIVA DELL’ART. 303 DEL TULD DA PARTE DELLE AUTORITÀ DOGANALI E DELLA SUPREMA CORTE L’articolo 303 del TULD viene applicato dalle autorità doganali italiane sia alle violazioni rientranti nella fattispecie in esso prevista sia alle violazioni che esulano da tale fattispecie. Ciò accade, in particolare, quando le autorità doganali riscontrano violazioni alla normativa sull’origine delle merci importate. In Italia, c’è la tendenza ad applicare sistematicamente l’articolo 303 del TULD nei casi in cui si riscontrino violazioni circa l’origine delle merci importate, nonostante il testo della norma, sia nella vecchia versione sia nel testo così come modificato dal Decreto legge 2 marzo 2012, n. 16 non menzioni l’origine tra le fattispecie che comportano l’applicazione delle sanzioni in esso previste. Tale interpretazione estensiva dell’art. 303 del TULD, da un lato è stata oggetto di numerose obiezioni mosse dalla dottrina e da diversi operatori doganali, dall’altro è stata in una certa misura avallata da numerose sentenze emesse dalle Commissioni Tributarie e dalla Suprema Corte di Cassazione.

SENTENZA N 1397/2013 DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE In questo caso la Corte di Cassazione italiana si è occupata di una questione relativa all’origine preferenziale attribuita ad alcuni prodotti tessili dalla Giamaica che erano accompagnati da una dichiarazione di origine non corretta e da certificato di origine inesatti. La Suprema Corte ha stabilito che l’articolo 303 del TULD possa applicarsi anche alle dichiarazioni errate e falsi di origine basandosi sull’assunto che i termini qualità, quantità e valore adoperati dal legislatore nel testo di tale norma, costituirebbero una mera “esemplificazione dell’elemento oggettivo destinato all’importazione e specificamente considerato ai fini del pagamento del dazio e vogliono sottintendere la relazione di necessaria corrispondenza sostanziale che deve sussistere tra l’oggetto della dichiarazione doganale e l’oggetto dell’accertamento.” Non è chiaro in base a quale criterio la Suprema Corte abbia ritenuto che il concetto di “qualità” contenuto nell’art. 303 TULD possa includere il concetto di origine preferenziale o non preferenziale. Nel diritto doganale i termini “origine” e “qualità” assumono significati completamente diversi. Il primo, indica la provenienza dei prodotti importati, il secondo si riferisce alle caratteristiche chimico-fisiche dei prodotti importati. Con la summenzionata pronuncia la Suprema Corte ha inteso sopperire, sostituendosi al legislatore, al vuoto normativo presente nel TULD. Tale testo, infatti, non reca alcuna disposizione che sanzioni in via amministrativa la violazione delle norme che regolano origine (preferenziale o meno) delle merci. Nel testo dell’art. 303 del TULD, infatti, il legislatore non fa alcun riferimento al concetto di origine. L’interpretazione fornita dalla Corte Suprema, tuttavia, finisce col rendere meno chiaro il sistema sanzionatorio e lo pone, a nostro avviso, in contrasto con il principio generale di diritto comunitario della certezza del diritto e con le norme che regolano l’origine delle merci contenute nell’ordinamento comunitario. Solo l’intervento del legislatore può porre fine all’annosa diatriba circa la possibilità o meno di applicare tale articolo di legge anche in materia di origine, rendendo il sistema sanzionatorio doganale interno conforme al principio generale del diritto comunitario della certezza del diritto.

CONCLUSIONI Questo esempio italiano dimostra che:

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- uno Stato membro non dovrebbe cercare di interpretare una norma interna in maniera autonoma (senza richiedere attraverso una domanda pregiudiziale l’ausilio della CGEU) ma alla luce dei principi fondamentali del diritto comunitario - l’interpretazione delle norme doganali, nonostante l’esistenza di un Codice Doganale Comunitario, in alcuni Stati membri è a volte incerta (nel caso dell’Italia, tale incertezza è mitigata dal fatto che il codice penale prevede norme che sanzionano le dichiarazioni fuorvianti e/o inesatte) - solo la creazione di un sistema di sanzioni in materia doganale a livello europeo e una più costante consultazione da parte delle giurisdizioni nazionali della Corte di Giustizia UE, contribuirebbe a dare uniformità al regime

sanzionatorio adottato da ogni singolo stato membro. Il testo dell’articolo 303 del TULD non sembra essere in linea con le norme e con i principi fondamentali del Codice doganale comunitario ed è di difficile interpretazione. Inoltre i cambi di orientamento della giurisprudenza, sia di merito che della Suprema Corte, finiscono col rendere ancora più incerta l’interpretazione del sistema sanzionatorio contenuto nel TULD e non consentono di individuare la corretta strategia logisticodoganale in caso di importazione di merci nel territorio italiano.

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Laura Carola Beretta, Vincenzo Villante, Maurizio Gambardella e Davide Rovetta Docenti del corso NIBI di “Strategie Doganali e Commercio Internazionale”


Il ruolo della banca avvisante LA BANCA AVVISANTE, CHE NON SIA CONFERMANTE, È SOLO TENUTA A VERIFICARE L’AUTENTICITÀ DEL CREDITO O DELLA MODIFICA SENZA AVERE ALCUN IMPEGNO AD ONORARE O NEGOZIARE a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero Al fine di comprendere obblighi e responsabilità della banca avvisante nell’ambito di un credito documentario è necessario analizzare le disposizioni delle UCP 600 ICC. Le UCP 600 ICC, che disciplinano le operazioni di credito documentario, definiscono, all’art. 2, la banca avvisante come la banca che avvisa il credito su richiesta della banca emittente (“Advising bank means the bank that advises the credit at the request of the issuing bank”). L’art. 9 UCP 600 ICC (Advising of Credits and Amendments), stabilisce che “a credit and any amendment may be advised to a beneficiary through an advising bank”. Dunque, teoricamente, un credito potrebbe essere avvisato direttamente dalla banca emittente, senza l’intervento della banca avvisante. Il credito, ovviamente, sarebbe del tutto valido, sebbene il beneficiario dovrebbe accertarsi dell’autenticità del mittente e del relativo contenuto. Lo stesso articolo chiarisce che “by advising the credit or amendment, the advising bank signifies that it has satisfied itself as to the apparent authenticity of the credit or amendment and that the advice accurately reflects the terms and conditions of the credit or amendment received.” Dunque, avvisando il credito o una modifica, la banca avvisante ne conferma la relativa autenticità e assicura che l’avviso ne riflette accuratamente i termini e le condizioni.

Se la banca avvisante non è soddisfatta dell’apparente autenticità del credito o della modifica, è tenuta ad informare, senza ritardo “the bank from which the instructions appear to have been received”. Se, comunque, la banca avvisante decidesse di avvisare il credito o la modifica tale banca è tenuta a informare il beneficiario (o la seconda banca avvisante) “that it has not been able to satisfy itself as to the apparent authenticity of the credit, the amendment or the advice.” Si tenga conto che una banca avvisante può rifiutarsi di avvisare un credito o una modifica. In tal caso è tenuta, senza ritardo, a informare la banca da cui ha ricevuto il credito o la modifica. Sempre l’art. 9 stabilisce che “An advising bank that is not a confirming bank advises the credit and any amendment without any undertaking to honour or negotiate.“ Pertanto, la banca avvisante, che non sia confermante, è solo tenuta a verificare l’autenticità del credito o della modifica senza avere alcun impegno ad onorare o negoziare. L’art. 9, al punto c, segnala che una banca avvisante può utilizzare i servizi di una ulteriore banca (“second advising bank”) per avvisare il credito o modifiche al beneficiario. La seconda banca avvisante, avvisando il credito o la modifica, ne conferma la relativa autenticità e garantisce che l’avviso ne riflette accuratamente i termini e le condizioni. Si precisa che una banca che utilizza i servizi di una banca avvisante o di una seconda banca avvisante per avvisare un credito è tenuta ad utilizzare la stessa banca per avvisare eventuali modifiche al credito. L’art. 37 UCP 600 ICC (Disclaimer for Acts of an Instructed Party), stabilisce che una banca che utilizza i servizi di un’altra banca per dare seguito a istruzioni impartite dall’applicant, lo fa per conto e a rischio di quest’ultimo, e che una banca avvisante non assume alcuna responsabilità qualora le istruzioni inviate ad un’altra banca non vengano inoltrate e ciò anche se la banca ha preso l’iniziativa di scegliere l’altra banca. Sempre l’art. 37 stabilisce che una banca che istruisce un’altra banca di svolgere dei servizi è responsabile di commissioni, fees, costi e spese (charges) sostenute dalla banca incaricata in riferimento ai

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servizi richiesti. Inoltre, se il credito riporta che tali spese sono a carico del beneficiario e le spese non possono essere incassate o dedotte dall’incasso, la banca emittente rimane responsabile per il pagamento di tali spese. L’art. 37 stabilisce, infine, che un credito o una modifica non dovrebbero riportare che il loro relativo avviso è condizionato all’incasso delle relative spese della banca avvisante o della seconda banca avvisante.

CONCLUSIONI Dalla lettura e dall’analisi degli articoli della UCP 600 ICC appare evidente l’importante ruolo svolto dalla banca avvisante nell’ambito delle operazioni di credito documentario. In particolare, tale banca ha il ruolo chiave di autenticare i messaggi rice-

vuti dalla banca emittente, in modo che il beneficiario abbia certezze, di non trascurabile valore, in merito al soggetto emittente e al relativo contenuto di un credito o di una modifica. Si tenga altresì conto che, in caso di crediti emessi da soggetti non bancari, la banca avvisante, al fine di evitare ogni responsabilità, è tenuta a effettuare un corretto avviso, segnalando al beneficiario la natura del soggetto emittente e indicando “the advising bank’s limited role.” La banca avvisante, infine, svolge solitamente anche il servizio di inoltrare i documenti prodotti dal beneficiario alla banca designata/emittente in modo da consentire a queste ultime di onorare i propri impegni verso il reale beneficiario del credito. Domenico Del Sorbo

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Nuova convenzione euroShell SERVIZI DI RIFORNIMENTO CARBURANTI A MEZZO FUEL CARDS Abbiamo rinnovato ed arricchito con sconti all’estero l’accordo con la compagnia Shell Italia S.p.A. per mettere a disposizione di tutti i nostri Associati, con almeno un anno di attività, il servizio di rifornimento di carburanti a mezzo fuel cards, per tutti gli automezzi aziendali, senza limite di numero di mezzi e di quantità di litri erogati a condizioni particolari. Di seguito troverete la descrizione della proposta e le condizioni economiche. - Nessun costo iniziale e futuro per l’emissione e la gestione delle Carte; - Possibilità di avere la carta euroShell anche per un solo veicolo; - I tempi di consegna delle cards per la prima emissione sono di circa 30 gg.; i tempi di consegna per le successive richieste sono di circa 7 gg.; - Possibilità di utilizzo della Carta sugli impianti della rete Shell, api, Esso, IP, Tamoil per un totale che attualmente conta 4.600 P.V.; il numero di impianti autostradali che offrono il servizio euroShell è attualmente di 157; - Possibilità di attivare più matricole per Società, ricevendo più fatture anche con partita iva identica (es. fatture diverse per centri di costo differenti); - Possibilità di inserire il centro di costo per ogni mezzo (6 campi alfanumerici); - Scadenza carte: 48 mesi; - Possibilità di utilizzo della Carta in Europa in più di 20.000 impianti e possibilità di poter limitare l’uso della card al solo territorio nazionale; - Possibilità di utilizzo della Carta su tutti gli impianti dotati di attrezzatura self 24 ore abilitati; - Possibilità di richiedere nuove carte o chiudere carte in uso, tramite la persona dedicata del Customer Service Center con un semplice e-mail;

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Firma e Timbro _______________________________________

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C.d.s. Riduzione del pagamento delle sanzioni CHIARIMENTI MINISTERIALI SULL’APPLICAZIONE DELLA RIDUZIONE DEL 30% DELLE SANZIONI PREMESSA Su Apinforma n. 15/2013, pp. 59-60 è stata data notizia delle estese modificazioni apportate all’art. 202 del codice della strada (c.d.s.) dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 sui pagamenti in misura ridotta e delle prime istruzioni diramate dal Ministero dell’interno per la loro applicazione. Una delle modificazioni apportate ha introdotto in via generale la riduzione del 30% del minimo edittale delle sanzioni per violazioni del c.d.s., qualora questo intervenga entro 5 giorni dalla contestazione dell’infrazione su strada o, se successiva, dalla notificazione del verbale d’infrazione (art. 202, co. 1 del c.d.s.). Più volte, il Ministero dell’interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, Servizio Polizia stradale (di seguito Ministero) è intervenuto sull’argomento per fornire nuove istruzioni operative in merito all’applicazione di questa nuova norma ed ha anche adottato le relative integrazioni ai modelli di verbale e di notificazione ancora in possesso degli organi di controllo, in attesa che vengano integralmente ristampati. Anche di questo è stata notizia su Apinforma (n. 16/2013, pp. 59-60). Ora, il Ministero è intervenuto nuovamente sulla materia con altre due note: la circolare prot. 300/A/7065/13/101/20/21/1 del 16 settembre 2013 e la risposta a un quesito protocollata 300/A/7332/13/127/1 del 7 ottobre 2013. Di entrambe si dà di seguito conto, suddividendole per i temi affrontati.

PAGAMENTO RIDOTTO IN MANCANZA DI COPERTURA ASSICURATIVA Il Ministero precisa che, in caso di circolazione senza copertura assicurativa del veicolo, il cui obbligo è posto dall’art. 193, co. 2 del c.d.s. il paga-

mento con la riduzione del 30% è sempre ammesso. Tuttavia, tale pagamento ha efficacia solo nel caso in cui il trasgressore nel termine di 60 giorni dall’accertamento della violazione dimostri di aver stipulato una valida polizza assicurativa. In caso contrario, la sanzione scontata non ha effetto sull’estinzione dell’obbligo di pagamento della sanzione pecuniaria e l’importo ridotto già versato viene trattenuto a titolo di acconto e il veicolo viene assoggettato a confisca amministrativa. Altre fattispecie esaminate riguardano: a) la copertura assicurativa scaduta da meno di 30 giorni dall’accertamento e b) la demolizione e radiazione del veicolo eseguita nei 30 giorni successivi all’accertamento stesso. Occorre premettere che in entrambi i casi l’art. 193, co. 3 del c.d.s. prevede una riduzione ad ¼ quando l’assicurazione sia resa operante entro i 30 giorni successivi alla scadenza della copertura. Per entrambe le fattispecie il Ministero chiarisce che la riduzione del 30% opera anche sulla sanzione nella misura ridotta ad1/4 , ma con le seguente precisazioni: a) nel caso di copertura assicurativa scaduta da meno di 30 giorni, il pagamento ridotto entro 5 giorni ne estingue l’obbligo, purché la copertura assicurativa sia riattivata entro 30 giorni dalla scadenza; b) nel caso di demolizione e radiazione del veicolo entro 30 giorni, il trasgressore dovrà versare l’intero importo della sanzione a titolo di cauzione al momento della richiesta di rottamazione; per poter poi accedere al beneficio della riduzione ulteriore del 30% della sanzione, dovrà essere versata entro i 5 giorni successivi all’accertamento della violazione; nel rispetto di questi termini e a rottamazione avvenuta, l’ufficio restituisce la cauzione che ha in deposito al trasgressore, trattenendo una somma pari a ¼ della medesima ulteriormente ridotta del 30%.

PAGAMENTO RIDOTTO IN CASO DI SOSPENSIONE DELLA PATENTE Il pagamento ridotto del 30% non è ammesso per la violazione di norme che prevedono la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, di cui all’art. 216 del c.d.s.

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Tuttavia – precisa il Ministero – la riduzione può operare quando la sospensione venga decisa dal Prefetto non a titolo di sanzione accessoria, bensì come misura cautelare ai sensi dell’art. 223, co. 2 (sospensione provvisoria della patente in conseguenza di ipotesi di reato) della del c.d.s., per una sanzione che “in astratto” non la preveda. La riduzione opera anche nel caso in cui la norma del c.d.s. violata preveda la misura accessoria della sospensione della patente solo in caso di recidiva; in questa eventualità la riduzione del 30% può essere esclusa soltanto se, al momento di compilare il verbale, l’operatore che effettua l’accertamento su strada è a conoscenza che in capo allo stesso soggetto è già stata accertata in via definitiva la violazione della stessa norma. In caso dubbio per il Ministero il trasgressore deve essere sempre ammesso al beneficio.

PAGAMENTO RIDOTTO IN CASO DI CONFISCA DEL VEICOLO Il pagamento ridotto del 30% non è ammesso per le sanzioni che prevedono la confisca del veicolo. Per il Ministero l’esclusione si applica anche quando, in concreto, questa misura non possa operare, come ad esempio, nel caso in cui il veicolo appartenga a persona estranea all’illecito.

PAGAMENTO RIDOTTO IN CASO DI RATEIZZAZIONE

strativa prevista dall’art. 202 bis del c.d.s., dal momento che non è oggettivamente compatibile entro il termine di 5 giorni, presupposto per l’applicazione del beneficio.

PAGAMENTO RIDOTTO IN CASO DI PREAVVISO DI ACCERTAMENTO Il Corpo della polizia municipale di Torino ha domandato al Ministero se il pagamento ridotto del 30% sia applicabile anche ai preavvisi di accertamento che, di solito, vengono emessi in assenza del presunto trasgressore prima della notifica del verbale di accertamento, onde consentire a quest’ultimo di pagare la sanzione in termini ravvicinati, senza sostenere i costi di notifica. Si tratta del classico caso di sanzioni per divieti di sosta. Premesso che il preavviso di accertamento non è previsto dal c.d.s., ma viene regolamentato in maniera autonoma da ciascun ufficio o corpo di Polizia, afferma l’opportunità di estendere il beneficio in oggetto anche ad esso per ragioni di semplificazione e di equità. Aggiunge anche, per quanto detto, che la decisione di estendere o meno il beneficio resta in capo alle singole amministrazioni locali, anche se, molte di queste hanno già deciso di applicarlo. Copia delle note ministeriali, così come ogni altra informazione sull’argomento, possono essere richieste all’ufficio trasporti dell’Associazione.

Il Ministero esclude il pagamento ridotto del 30% in caso di rateizzazione della sanzione ammini-

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(AdT)


Circolazione su strada dei carrelli elevatori LE PRESCRIZIONI MINISTERIALI AI FINI DELLA CIRCOLAZIONE STRADALE DEI “MULETTI” Si fa seguito a quanto pubblicato su Apinforma n. 10/2013, p. 78 per segnalare che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Direzione generale della motorizzazione (di seguito Ministero) con nota prot. 26363/DIV3/C del 25 ottobre 2013 è ritornato sul tema della circolazione stradale dei carrelli elevatori, trasportatori o trattori, dopo aver esplicitato il divieto posto dall’art. 231 del codice della strada (c.d.s.) con la precedente nota del 10 giugno 2013. Con quella nota il Ministero aveva, infatti, preso atto che il citato articolo del c.d.s. ha abrogato la disciplina, che consentiva a questa tipologia di mezzi non immatricolati di circolare occasionalmente su strade pubbliche a fronte di una specifica autorizzazione annuale rilasciata dall’ufficio provinciale della Motorizzazione civile (o il precedente ufficio provinciale MCTC), competente per territorio (legge 10 febbraio 1982, n. 38 e decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 28 dicembre 1989). Fermo restando questo divieto generale, nella seconda nota il Ministero ha, da un lato, fissato le procedure per i Centri prova autoveicoli (CPA) ai fini della verifica dell’idoneità alla circolazione su strada dei carrelli elevatori, propedeutica all’immatricolazione degli stessi, dall’altro, ha introdotto delle semplificazioni per i carrelli in esame muniti di autorizzazione di data successiva al 31 dicembre 2007, ancorché scaduta. Nel primo caso i carrelli che si volessero immettere alla circolazione stradale devono essere assoggettati integralmente alle procedure poste dal c.d.s., che prevedono la verifica di idoneità alla

circolazione da parte di un CPA su richiesta della ditta costruttrice; nel secondo caso, invece, il proprietario del mezzo può direttamente presentare un’istanza di collaudo al CPA competente per territorio con allegata una serie di documenti, fra i quali, appunto, l’autorizzazione alla circolazione precedentemente posseduta e la scheda informativa rilasciata dal costruttore con le eventuali prescrizioni per la circolazione stradale; in questo secondo caso, verificata la regolarità della documentazione, il CPA procederà a eseguire le visite e le prove che il c.d.s. stabilisce per le macchine operatrici – alle quali, di fatto, questi mezzi sono assimilati – nel rispetto di alcune specificità tecniche indicate dalla nota ministeriale in commento, le quali tengono conto che si tratta di veicoli già circolanti. In sede di commento occorre ricordare che la scrivente Associazione, assieme ad altre a livello nazionale, è direttamente e formalmente intervenuta nella scorsa estate nei confronti del Ministero per favorire fin dove possibile la saltuaria circolazione stradale di questa categoria di mezzi, anche alla luce delle suddette autorizzazioni rilasciate dagli uffici periferici del Ministero, talune delle quali non ancora scadute. Il risultato ottenuto risiede nella parziale semplificazione di cui alla nota in commento. Qui serve solo aggiungere che la distinzione fra chi abbia ottenuto e chi no in data successiva al 31 dicembre 2007 l’autorizzazione in parola, ai fini del godimento della procedura semplificata, è frutto di una mera supposizione, che testualmente recita “per i documenti di autorizzazione, non più rinnovati e con scadenza entro il 31/12/2007, deve ritenersi che non vi sia più l’interesse alla circolazione stradale”, come se detto interesse possa essere stabilito una volta per tutte e non variare con il mutare delle esigenze logistiche di una stessa impresa. Copia delle citate note ministeriali e ogni altra informazione possono essere richieste all’ufficio economico dell’Associazione. (AdT)

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Spedizionieri. Iscrizione al Registro Imprese ISTRUZIONI MINISTERIALI SUI TARDIVI AGGIORNAMENTI AL REGISTRO DELLE IMPRESE Su Apinforma n. 16/2013, pp. 61-64 era stata data notizia dell’operatività delle nuove procedure per l’iscrizione e l’aggiornamento dell’imprese di spedizione nel Registro delle imprese e nel Repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) a seguito della soppressione dell’Elenco degli spedizionieri. Nell’occasione si era, una volta di più, ricordato, che le suddette imprese iscritte al Registro delle imprese alla data del 12 maggio 2012, data di entrata in vigore del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 recante la nuova disciplina in materia, erano tenute ad aggiornare la propria iscrizione al Registro entro la scadenza del 30 settembre 2013. Ora, il Ministero dello sviluppo economico, Divisione XXI – Registro delle imprese è ritornato sull’argomento con la circolare n. 3662/C del 10 ottobre 2013 (di seguito circolare), con la quale vengono dettate istruzioni alle CCIAA sul trattamento delle imprese che non hanno ancora provveduto all’aggiornamento. L’argomento è stato anticipato con circolare associativa prot. n. 123/LCP-PZ/mcs del 28 ottobre 2013. Ciò premesso, la nota ministeriale ricorda che le imprese in attività alla data del 12 maggio 2012 e che non hanno provveduto ad aggiornare la loro posizione al Registro delle imprese e al REA entro il 30 settembre 2013 commettono un’inadempienza a una disposizione di legge, volta alla tutela di uno specifico interesse pubblico. Ciò, però, non determina da subito l’inibizione dell’attività, bensì l’avvio di un procedimento di inibizione alla prosecuzione dell’attività mediante provvedimento del Conservatore del Registro. Con tale atto il Conservatore assegnerà all’impresa di spedizioni

un congruo termine di non meno di 30 giorni per conformarsi, vale a dire, per provvedere all’aggiornamento telematico. Solo scaduto tale termine in assenza di adeguamento, si comminerà all’impresa inadempiente il divieto di proseguire l’attività; divieto che, ove venisse successivamente disatteso, comporterà l’applicazione delle sanzioni per esercizio abusivo dell’attività. Se, invece, l’impresa vi si conformerà, la sua regolarizzazione, seppur tardiva, sarà accettata, ma con le seguenti sanzioni pecuniarie: - 10,00 Euro per ciascun legale rappresentante, se l’aggiornamento telematico è inviato entro il 30 ottobre 2013; - 51,33 Euro per ciascun legale rappresentante, se l’aggiornamento telematico è successivo al 30 ottobre 2013. La “conformazione” è ovviamente soggetta al pagamento dei diritti di segreteria ordinariamente previsti per un’istanza rivolta al REA. Analoga è l’ipotesi per la quale l’impresa di spedizioni ritardataria presenti “spontaneamente” dopo il 30 settembre 2013 il proprio aggiornamento, prima però dell’avvio del procedimento inibitorio da parte del Conservatore del Registro. Anche in questo caso le istanze di aggiornamento verranno accettate, ma le imprese saranno ugualmente soggette al pagamento delle sanzioni del REA e, naturalmente, dei diritti di segreteria esattamente come sopra indicato. La circolare precisa, poi, che le disposizioni indicate non trovino applicazione per le imprese che, pur formalmente iscritte al Registro alla data del 12 maggio 2012, si trovino in liquidazione, anche coatta, o in stato di fallimento, sempre che non sia stata autorizzata la prosecuzione di attività La circolare detta anche disposizioni specifiche per le persone fisiche iscritte al ruolo dei mediatori o degli agenti e rappresentanti di commercio, sulle quali qui non ci si sofferma. Copia della nota ministeriale, unitamente a eventuali informazioni, può essere richiesta all’ufficio trasporti dell’Associazione.

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(AdT)


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