NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE PICCOLE E MEDIE INDUSTRIE
APINFORMA numero 21 30 novembre 2014
IN PRIMO PIANO ORGANIZZAZIONE
VEICOLI E TRASPORTI ECCEZIONALI. SCORTE TECNICHE
APINFORMA - Quindicinale di informazione dell’Associazione Piccole e Medie Industrie
FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO
LAVORO
SICUREZZA E AMBIENTE
EDILIZIA
EXPORT MARKETING
ORGANIZZAZIONE
NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE PICCOLE E MEDIE INDUSTRIE
APINFORMA
numero 21 30 novembre 2014
Sommario Il decreto sulle semplificazioni fiscali
FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO
6
Il versamento dell’acconto Iva
14
Il regime Iva dei beni venduti nell’ambito delle fiere in paesi UE
17
Expo 2015
20
Indice mensile rivalutazione t.f.r. ottobre 2014
22
Inail
24
Energia
25
Il Regolamento REACH (prima parte)
27
Autorità: pubblicati i primi bandi tipo (3a parte)
30
Nuove norme regionali per la costruzione in zona sismica
34
LAVORO
SICUREZZA E AMBIENTE
EDILIZIA
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EXPORT MARKETING
ORGANIZZAZIONE
Status d’impresa operante in economia di mercato
37
Piccola impresa e internazionalizzazione
40
La Shanghai Free Trade Zone, un anno dopo
44
La clausola risolutiva espressa in Italia e nel mondo
48
Veicoli e trasporti eccezionali. Scorte tecniche
53
Legislazione alimentare
54
CHIUSURA DEGLI UFFICI PER LE FESTIVITÀ NATALIZIE Vi comunichiamo che in occasione delle prossime festività l’Associazione sarà chiusa nel seguente periodo: dal 23 dicembre al 6 gennaio
Dateci il vostro indirizzo di posta elettronica per comunicare più facilmente, per fornirvi informazioni in tempo reale e per realizzare economie di scala. info@confapifvg.it
Editore Redazione Associazione Piccole e Medie Industrie del Friuli Venezia Giulia - Confapi FVG Viale Ungheria, 28 33100 Udine Tel. 0432 507377 www.confapifvg.it
Direttore Responsabile Lucia Cristina Piu Registrazione presso il Tribunale di Udine n. 404 del 27.08.1977
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Il decreto sulle semplificazioni fiscali È STATO PUBBLICATO IN GAZZETTA UFFICIALE ED ENTRA IN VIGORE IL 13 DICEMBRE 2014
visto di conformità “infedele” da parte del CAF o del professionista, pone a carico di questi l’obbligo di versamento non solo delle sanzioni ma anche delle imposte e degli interessi. Se però il visto infedele è stato indotto dal comportamento doloso o colposo del contribuente, imposte, sanzioni e interessi saranno richiesti solo a quest’ultimo.
PREMESSA
ADDIZIONALE COMUNALE E REGIONALE IRPEF (ART. 8)
Dopo un attesa di circa un mese dall’approvazione definitiva del Consiglio dei Ministri, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 277 del 28 novembre 2014 il decreto legislativo 21 novembre 2014 n. 175 (Decreto Semplificazioni). Numerosi gli interventi contenuti nel provvedimento che si pongono l’obiettivo di semplificare la vita amministrativa delle imprese. Di seguito ricordiamo sinteticamente i provvedimenti di maggior interesse, riservandoci di ritornare su alcuni di essi in successivi approfondimenti. L’entrata in vigore delle nuove semplificazioni decorre dal 13 dicembre 2014 (quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione) fatte salve decorrenze diverse per specifici provvedimenti.
MOD. 730 PRECOMPILATO (ART. DA 1 A 7) Entro il 15 aprile di ogni anno l’Agenzia delle entrate renderà disponibile il mod. 730 precompilato sulla base dei dati e informazioni a sua disposizione. Il contribuente potrà accettarlo, in questo caso non deve effettuare alcun ulteriore adempimento, oppure modificarlo o integrarlo. E’ in ogni caso consentito presentare una dichiarazione secondo le modalità ordinarie. Per agevolare il processo di caricamento dei dati nei sistemi informatici dell’amministrazione, è stato anticipato al 7 marzo il termine per la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate del nuovo modello CU (che sostituisce il CUD) da parte dei sostituti d’imposta. La norma prevede inoltre l’unificazione al 7 luglio del termine per la presentazione del mod. 730 al sostituto d’imposta, al CAF o ad un professionista nelle ipotesi in cui si voglia integrare o modificare il modello. Di rilievo la disposizione che in caso di rilascio del
Le regioni entro il 31 gennaio dell’anno di riferimento dovranno inviare al MEF i provvedimenti che adottano variazioni dell’addizionale regionale Irpef. Per domicilio fiscale, ai fini del versamento dell’addizionale regionale, si farà riferimento al domicilio fiscale al 1° gennaio in luogo del precedente 31 dicembre. Con riferimento all’acconto dell’addizionale comunale Irpef, questo deve essere versato facendo riferimento alle aliquote e alle soglie di esenzione previste per l’anno precedente. E’ stata, infatti, eliminata la previsione che faceva riferimento alle aliquote e alle detrazioni deliberate entro il 20 dicembre dell’anno precedente.
SPESE DI VITTO E ALLOGGIO LAVORATORI AUTONOMI (ART. 10) Le spese di vitto e alloggio sostenute direttamente dal committente del professionista, non costituiscono compensi in natura per il lavoratore autonomo. In questo modo il committente potrà dedurre le spese per competenza senza necessità di attendere la fattura del professionista e quest’ultimo non sarà tenuto a riaddebitare tali spese in fattura. Questa disposizione entrerà in vigore dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015.
DICHIARAZIONE DI SUCCESSIONE (ART. 11) Non è più richiesta la presentazione della dichiarazione di successione se il valore ereditario non supera i 100.000 euro e sia devoluta al coniuge o ai parenti in linea retta. L’esenzione opera a condizione che nell’asse ereditario non siano contenuti immobili o diritti reali immobiliari. Alla dichiarazione di successione non è più richiesta l’allegazione di copie originali bensì copie non
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autenticate, accompagnate da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Nei casi di rimborsi fiscali erogati successivamente alla presentazione della dichiarazione di successione, non sarà più necessario presentare una dichiarazione integrativa perché sarà lo stesso ufficio a riliquidare automaticamente l’imposta.
DETRAZIONE RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA (ART. 12) In caso di prosecuzione di lavori ammessi alla detrazione per la riqualificazione energetica che proseguono per più periodi d’imposta, non è più richiesta la presentazione del modello IRE. In pratica è stato eliminato l’obbligo di presentare questa dichiarazione nei casi in cui i lavori proseguano oltre l’anno in cui hanno avuto inizio.
RIMBORSO CREDITO IVA (ART. 13) Con riferimento al rimborso del credito Iva annuale e infrannuale le novità riguardano: - l’eliminazione dell’obbligo di presentazione della garanzia per i rimborsi di importo non superiore a 15.000 euro; - i rimborsi superiori a 15.000 euro richiesti da soggetti a rischio saranno erogato solo previa presentazione di idonea garanzia; - i rimborsi superiori a 15.000 euro richiesti da soggetti non a rischio sono erogati previa presentazione di garanzia ovvero senza la stessa presentando la dichiarazione annuale o infrannuale munita del visto di conformità o della sottoscrizione dell’organo di controllo. Alle richieste deve essere allegata una dichiarazione sostitutiva di atto notorio che attesti che rispetto alle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta: - il patrimonio netto non è diminuito di oltre il 40%; - la consistenza degli immobili non si è ridotta di oltre il 40% per cessioni effettuate nella normale gestione dell’attività; - l’attività non è cessata né si è ridotta per effetto di cessioni di rami aziendali; - non sono state cedute azioni o quote della società stessa per un ammontare superiore al 50% del capitale sociale; - sono stati regolarmente effettuati i versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi. Per “soggetti a rischio” s’intendono i contribuenti che: - esercitano l’attività da meno di due anni; - nei due anni precedenti la richiesta di rimborso sono stati oggetto di avvisi di accertamento o rettifica da cui risulti una differenza
tra importi accertati e importi dovuti superiore al 10% degli importi dichiarati se questi non superano 150.000 euro, 5% se superano 150.000 ma non 1.500.000 di euro, 1% se superano 1.500.000 di euro; - presentano a richiesta di rimborso senza il visto di conformità o non presentano la dichiarazione sostitutiva di atto notorio; - richiedono il rimborso a seguito della cessazione dell’attività. Uno specifico decreto ministeriale potrà individuare categorie di contribuenti nei confronti dei quali i rimborsi saranno eseguiti in via prioritaria.
RIMBORSI ERARIALI IN CONTO FISCALE (ART. 14) I rimborsi in conto fiscale dovranno essere eseguiti entro 60 giorni se la richiesta proviene dal contribuente ed entro 20 giorni se disposto dal competente ufficio. Saranno dovuti e in ogni caso rimborsati gli interessi maturati senza necessità di presentare alcuna specifica richiesta. Questa disposizione entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2015.
COMPENSAZIONE F24 E ASSISTENZA FISCALE (ART. 15) Da parte dei sostituti d’imposta è previsto l’obbligo, a partire dal prossimo anno, di utilizzare in compensazione tramite modello F24: - le somme rimborsate ai percipienti in base ai prospetti di liquidazione dei modelli 730; - le ritenute e le imposte sostitutive versate in eccedenza.
REGIMI SPECIALI (ART. 16) Per l’applicazione di specifici regimi speciali l’opzione non dovrà più essere esercitata preventivamente ma andrà comunicata a posteriori in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi o dell’Irap. I regimi interessati sono: - trasparenza fiscale di cui all’art. 115 comma 4 del TUIR; - consolidato fiscale di cui all’art. 119 comma 1 lett. d) del TUIR; - tonnage tax di cui all’art. 155 comma 1 del TUIR; - determinazione della base imponibile Irap con il metodo fiscale. Per questi regimi assumerà rilevanza il comportamento concludente mentre l’opzione andrà esercitata nella dichiarazione dei redditi presentata nel periodo d’imposta a decorrere dal quale l’opzione è esercitata.
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Questa disposizione sarà operativa a partire dal periodo d’imposta 2015.
Con riferimento ai termini di presentazione delle dichiarazioni alla presenza di operazioni straordinarie, viene esteso alle società di persone con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, l’obbligo di utilizzare i modelli dichiarativi approvati per l’anno recedente. Relativamente al versamento del saldo Irap, nel caso di operazioni straordinarie poste in essere da società di persone, il termine viene fissato al giorno 16 del mese successivo a quello di scadenza del termine di presentazione della dichiarazione. In precedenza il termine era il 16 giugno dell’anno in cui è presentata la dichiarazione.
ne delle fatture nei suoi confronti senza l’applicazione dell’Iva ai sensi dell’art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72. L’esportatore abituale dovrà consegnare al proprio fornitore o, in caso di importazioni, in Dogana, la dichiarazione d’intento unitamente alla ricevuta di presentazione all’Agenzia delle entrate. Il fornitore dovrà riepilogare i dati delle dichiarazioni d’intento ricevute nella dichiarazione annuale Iva. Queste regole saranno applicabili alle dichiarazioni d’intento relative ad operazioni effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2015. Si deve tuttavia segnalare che per l’effettiva operatività di questa disposizione si dovrà attendere uno specifico provvedimento da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto 175/2014, vale a dire entro il 12 marzo 2015.
SOCIETÀ IN PERDITA SISTEMATICA (ART. 18)
COMUNICAZIONE BLACK LIST (ART. 21)
Con riferimento alla disciplina delle società in perdita sistematica, è stato previsto che il monitoraggio rilevante ai fini delle condizioni per l’applicazione delle norme sulle società di comodo passa da 3 a 5 anni. Conseguentemente una società è considerata in perdita sistematica se: - risulta in perdita nei 5 periodi d’imposta precedenti; - nei 5 periodi d’imposta precedenti risulta in perdita per 4 periodi d’imposta e nel restante periodo dichiara un reddito inferiore a quello minimo determinato ai sensi dell’art. 30 della legge 724/1994. Questa disposizione è operativa dal periodo d’imposta in corso.
La comunicazione delle operazioni poste in essere nei confronti di soggetti domiciliati in paesi Black listi avrà scadenza annuale. Scompaiono conseguentemente le disposizioni che prevedono l’obbligo di trasmissione mensile o trimestrale perché queste operazioni andranno riepilogate nella comunicazione da presentate una sola volta all’anno. E’ stata poi incrementata da 500 a 10.000 euro la soglia delle operazioni oggetto di comunicazione. Questo limite deve essere considerano come importo complessivo annuo e non riferito ad una singola fornitura o acquisto. Queste disposizioni entrano in vigore dalle operazioni poste in essere nell’anno solare in corso alla data di entrata in vigore del decreto semplificazioni, vale a dire dal 2014.
SOCIETÀ ESTERE (ART. 19)
ISCRIZIONE VIES (ART. 22)
Le società e gli enti che hanno la sede legale in Italia non sono più tenute a indicare nella dichiarazione dei redditi l’indirizzo dell’eventuale stabile organizzazione nel territorio stesso e le generalità e l’indirizzo in Italia di un rappresentante per i rapporti tributari.
Con riferimento all’iscrizione al VIES, adempimento necessario per essere autorizzati a porre in essere operazioni attive e passive nei confronti di operatori comunitari, è stata adottata un’importante semplificazione. E’ previsto che i contribuenti siano abilitati a porre in essere operazioni con operatori Ue già dalla data di attribuzione della partita Iva, senza necessità di attendere il trentunesimo giorno successivo. Anche per i soggetti già in attività non è più richiesta l’attesa dei 30 giorni dalla presentazione dell’apposita istanza all’Agenzia delle entrate, ma le operazioni intracomunitarie potranno essere poste in essere subito dopo la presentazione della richiesta. I soggetti che non hanno presentato modelli Intra-
OPERAZIONI STRAORDINARIE (ART. 17)
DICHIARAZIONI D’INTENTO (ART. 20) E’ stato trasferito in capo all’esportatore abituale l’obbligo di comunicare i dati relativi alle dichiarazioni d’intento rilasciate ai propri fornitori. Non sarà più il fornitore a dover trasmettere telematicamente i dati delle dichiarazioni d’intento ricevute all’Agenzia delle entrate, ma tale obbligo viene posto a carico del soggetto che richiede l’emissio-
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stat per 4 trimestri consecutivi saranno cancellati dal VIES. Queste disposizioni sono operative dal 13 dicembre 2014.
MODELLI INTRASTAT (ART. 23) Con riferimento ai modelli Intrastat servizi l’Agenzia delle Dogane entro il 12 marzo 2015 dovrà adottare un provvedimento finalizzato alla loro semplificazione. In particolare il provvedimento dovrà ridurre il contenuto di questi modelli alle sole informazioni riguardanti il numero identificativo della controparte, il valore della transazione, il codice del tipo di prestazione e lo stato di pagamento.
SANZIONI DATI STATISTICI MODELLI INTRASTAT (ART. 25) Le sanzioni per l’omessa o inesatta indicazione dei dati statistici nei modelli Intrastat saranno applicabili esclusivamente alle imprese incluse nel programma statistico nazionale previsto da specifico decreto. Le sanzioni, che per le persone fisiche vanno da 206 a 2.065 euro e per le società da 516 a 5.164 euro, saranno irrogabili, per l’anno in corso, esclusivamente ai soggetti con volumi di scambi mensili pari o superiori a 750.000 euro. Le sanzioni sono applicabili una sola volta per ogni elenco mensile inesatto o incompleto, a prescindere dal numero di operazioni mancanti o errate.
RITENUTA RIDOTTA AGENTI (ART. 27) La disposizione contenuta nell’art. 25-bis del DPR 600/73 in base alla quale per beneficiare della ritenuta ridotta del 20% sulle provvigioni, gli agenti devono dichiarare di avvalersi in via continuativa di dipendenti viene resa permanente. La dichiarazione pertanto non dovrà più essere resa ogni anno qualora permangano i requisiti. Nell’ipotesi in cui vengano meno i requisiti per beneficiare dell’aliquota ridotta dovrà essere data tempestiva comunicazione, in difetto sarà irrogabile una sanzione da 258 e 2.056 euro. Quest’ultima comunicazione dovrà essere formalizzata sulla base delle indicazioni che dovranno essere fornite da apposito decreto.
RESPONSABILITÀ SOLIDALE APPALTI (ART. 28 COMMI 1 E 2) In caso di appalto di opere e servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di 2 anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le
quote di trattamento di fine rapporto e i contributi previdenziali dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto. E’ stata abolita la sanzione pecuniaria da 5.000 a 200.000 euro riguardante l’ipotesi n cui il committente effettui il pagamento del corrispettivo all’appaltatore senza aver ottenuto idonea comunicazione relativa alla correttezza del versamento all’erario delle ritenute sui dipendenti dovute dall’appaltatore e dal subappaltatore. Il secondo comma dell’art. 28 aggiunge l’obbligo di assolvere gli adempimenti propri del sostituto d’imposta, ove previsti, nel caso in cui sia il committente a eseguire il pagamento del trattamento retributivo e/o contributivo dei lavoratori. Committenti e appaltatori pertanto, per evitare di rispondere in solido dovranno continuare a richiedere il DURC per verificare la regolarità contributiva, ricordando, tuttavia, che il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire nella prima difesa il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori.
POSIZIONI CONTRIBUTIVE DIPENDENTI (ART. 28 COMMA 3) Al fine di contrastare il fenomeno del “missing trader”, ossia la pratica di alcune imprese di scomparire appropriandosi delle ritenute dei propri dipendenti, è stato reso strutturale un sistema di comunicazione specifico tra Agenzia delle entrate e Inps. E’ previsto che l’istituto comunichi mensilmente all’Agenzia i dati delle aziende e le posizioni contributive dei relativi dipendenti. Nel “missing trader”, infatti, l’assunzione e l’iscrizione dei dipendenti presso l’Inps avviene concretamente come anche i contributi previdenziali e assistenziali sono versati regolarmente, tuttavia l’impresa, sebbene abbia effettuato le ritenute sui salari corrisposti ai dipendenti, fa perdere le tracce prima di procedere al loro versamento all’erario. La disponibilità mensile dei dati dei versamenti dei contributi e delle posizioni attive dei dipendenti, dovrebbe consentire all’Agenzia delle entrate di verificare già nel corso dell’anno il corretto versamento delle ritenute delle imprese e, conseguentemente, di prendere tempestivamente provvedimenti cautelari.
CANCELLAZIONE SOCIETÀ DAL REGISTRO IMPRESE (ART. 28 COMMA 4) Per consentire all’amministrazione finanziaria di effettuare i controlli nella fase di liquidazione e cessazione dell’attività d’impresa sono stati
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prolungati i termini di efficacia dei relativi atti. L’art. 2495 comma 1 del C.C. prevede che una volta approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono provvedere alla cancellazione della società dal registro imprese. Ora ai soli fini dell’accertamento, del contenzioso e della riscossione dei tributi e contributi, la validità degli atti di liquidazione e scioglimento avranno efficacia decorsi 5 anni dalla richiesta di cancellazione della società dal Registro delle Imprese.
RESPONSABILITÀ LIQUIDATORI E SOCI (ART. 28 COMMI 5 E 7) Sempre al fine di evitare che la società faccia perdere le sue tracce prima di versare le ritenute operate sui dipendenti, sono state incrementate le responsabilità dei liquidatori delle società di capitali. Se questi hanno distribuito il capitale ai soci pur in presenza di debiti tributari ancora da onorare, saranno responsabili in proprio del versamento dei tributi. In particolare se i liquidatori non riescono a dimostrare di aver assolto tutti gli obblighi tributari, comprese le ritenute dei dipendenti, prima dell’assegnazione dei beni ai soci, dovranno rispondere in proprio del versamento dei tributi dovuti dalla società estinta. E’ stata inoltre riformulata la disciplina contenuta nell’art. 36 comma 3 del DPR 602/73 relativa alla responsabilità dei soci in caso di liquidazione. E’ ora previsto che il valore del denaro e dei beni sociali ricevuti in assegnazione nei 2 periodi d’imposta precedenti la liquidazione, ovvero durante la stessa, che rappresenta il limite entro il quale i soci sono responsabili per le imposte dovute dalla società, si presume equivalente in misura proporzionale, salvo prova contraria, alla quota di capitale detenuta dal socio. In pratica la responsabilità deve essere ripartita sulla base della corrispondente quota di partecipazione al capitale.
PRESTAZIONI DI SPONSORIZZAZIONE (ART. 29) E’ stato modificato l’art. 74 comma 6 del DPR 633/72 prevedendo l’applicazione della detrazione dell’Iva nella misura del 50% sulle prestazioni si sponsorizzazione. L’incremento della percentuale di detrazione, che in precedenza era del 10% riguarda esclusivamente le spese di sponsorizzazione effettuate all’interno di attività di intrattenimento, giochi e altre attività soggette all’imposta sugli intrattenimenti.
DETRAZIONE IVA SUGLI OMAGGI (ART. 30) E’ stato aumentato a 50 euro il limite per la de-
trazione dell’Iva sugli acquisti di omaggio o sulle spese di rappresentanza. In questo modo le spese di rappresentanza sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore a 50 euro, in luogo dei precedenti 25.82 euro, beneficeranno della detrazione totale dell’Iva. Si ritiene pertanto che per gli omaggi natalizi, ad esempio i cesti di natale, acquistati prima del 13 dicembre, la detrazione Iva spetta se il costo non supera i 25,82 euro, mentre per quelli successivi si potrà detrarre l’Iva fino al limite di costo di 50 euro. E’ stato simmetricamente aumentato a 50 euro, in luogo dei precedenti 25,82 euro, il limite per la rilevanza Iva delle cessioni gratuite di beni, ad esclusione di quelli rientranti nell’attività d’impresa e delle prestazioni di servizi gratuite.
RETTIFICA IVA CREDITI NON RISCOSSI (ART. 31) Modificando il 2° comma dell’art. 26 del DPR 633/72, è stato previsto che anche in caso di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, ovvero di un piano attestato di risanamento è consentito al creditore recuperare l’Iva. Tra le procedure concorsuali vengono quindi inclusi anche l’accordo di ristrutturazione e il piano attestato, consentendo in questo modo al creditore, attraverso l’emissione di una nota di accredito, di recuperare l’Iva non riscossa, ancorché in misura percentuale.
DEFINIZIONE “PRIMA CASA” (ART. 33) La definizione di “prima casa” viene unificata sia ai fini dell’applicazione dell’agevolazione in ambito Iva sia ai fini dell’imposta di registro. Anche ai fini Iva come per l’imposta di registro, le abitazioni di lusso non dovranno più seguire i criteri del decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969. L’aliquota ridotta del 4% troverà applicazione in relazione alle abitazioni classificate o classificabili nelle categorie catastali diverse da quelle A/1, A/8 e A/9, mentre quelle rientranti in tali categorie saranno considerate di lusso.
ATTESTATO PRESTAZIONE ENERGETICA APE (ART. 34) Negli atti di trasferimento di compravendite immobiliari a titolo oneroso e nei nuovi contratti di locazione immobiliari, la mancata dichiarazione o allegazione dell’APE è sanzionabile da 3.000 a 18.000 euro per le compravendite e da 1.000 a 4.000 euro per le locazioni. La sanzione è ridotta alla metà per le locazioni di durata non superiore a 3 anni.
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DEPOSITO COPIA APPELLO PROCESSO TRIBUTARIO (ART. 36) E’ stato abrogato il secondo periodo del comma 2 dell’art. 53 del D.Lgs. 546/92 e conseguentemente l’appellante non è più tenuto a depositare una
copia dell’appello presso la segreteria della Commissione Tributaria che ha emesso la sentenza oggetto di impugnazione.
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Il versamento dell’acconto Iva IL 29 DICEMBRE 2014 SCADE IL TERMINE PER IL VERSAMENTO SOGGETTI OBBLIGATI Entro il 27 dicembre i soggetti passivi Iva sono tenuti al versamento dell’acconto Iva, quest’anno tale termine cade di sabato e conseguentemente viene differito al 29 dicembre 2014. Interessati al versamento sono i soggetti che, con riferimento al mese di dicembre per i contribuenti mensili o al quarto trimestre per quelli trimestrali dello scorso anno, erano a debito d’imposta. L’importo versato a titolo di acconto potrà essere scomputato in sede di dichiarazione annuale.
SOGGETTI ESONERATI Sono esclusi dal versamento dell’acconto: - i contribuenti che hanno iniziato l’attività nel corso del 2014; - i soggetti che nel mese di dicembre 2013 (per i mensili) o nel quarto trimestre 2013 (per i trimestrali) erano a credito o avevano un debito inferiore a € 117,38; - i soggetti che hanno cessato l’attività entro il 30 novembre (per i mensili) oppure entro il 30 settembre (per i trimestrali); - i contribuenti che nel periodo d’imposta hanno posto in essere solo operazioni esenti o non imponibili; - i contribuenti il cui versamento, calcolato secondo le modalità di seguito esposte, sia d’importo inferiore a € 103,29; - i soggetti che in sede di dichiarazione annuale prevedono di chiudere l’anno in corso a credito o che nell’ultima liquidazione dell’anno in corso prevedono di chiudere l’ultima liquidazione con un debito d’imposta non superiore a € 117,36, (ciò perché l’88% di € 117,36 è pari a € 103,28 e quindi inferiore al minimo stabilito per l’acconto pari a € 103,29); - i soggetti che applicano il regime delle nuove
iniziative (art. 13 legge 388/2000) e dei nuovi minimi (art. 27 D.L. 98/2011), con decorrenza dal 2014; - i soggetti che sono usciti dal regime dei vecchi minimi con decorrenza 2014; - i produttori agricoli esonerati; - i soggetti esercenti attività d’intrattenimento.
DETERMINAZIONE DELL’ACCONTO Il versamento dell’acconto Iva può essere scelto liberamente tra uno dei seguenti tre criteri: metodo storico, metodo previsionale e metodo delle operazioni eseguite. - Metodo storico, l’acconto è pari all’88% dell’ammontare del tributo risultante a debito dalla liquidazione Iva relativa al mese di dicembre 2013 per i mensili e alla dichiarazione annuale relativa al 2013 per i trimestrali, per entrambi al lordo dell’acconto Iva precedente. Per i soggetti mensili, il rigo da considerare come base di riferimento è il VH12 del saldo a debito della liquidazione di dicembre 2013, mentre per i trimestrali il riferimento è dato da VL38 – VL 36 + VH13 del modello Iva 2014. - Metodo previsionale, l’acconto è pari all’88% dell’ammontare che si presume costituirà il debito d’imposta per il mese di dicembre dell’anno in corso per i mensili, o in sede di dichiarazione annuale per i trimestrali. - Metodo delle operazioni eseguite, si prende in considerazione il 100% dell’importo risultante da apposita liquidazione, da effettuarsi entro il termine di versamento dell’acconto, riferita al 20 dicembre. Le operazioni da considerare sono: - quelle annotate sul registro delle fatture emesse o dei corrispettivi dal 1° ottobre al 20 dicembre per i trimestrali e dal 1° dicembre al 20 dicembre per i mensili; - quelle effettuate fino al 20 dicembre ma non ancora registrate, perché i relativi termini di fatturazione non sono ancora scaduti; - quelle annotate sul registro degli acquisti dal 1° ottobre al 20 dicembre, per i trimestrali, oppure dal 1° al 20 dicembre per i mensili. Con riferimento ai soggetti mensili, le fatture differite emesse entro il 15 dicembre 2014 relative a
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consegne o spedizioni riferite al mese di novembre, non rilevano ai fini del calcolo dell’acconto, mentre per i trimestrali non rilevano le differite emesse entro il 15 ottobre e riferite alle consegne o spedizioni del mese di settembre. E’ consigliabile annotare nel registro delle fatture emesse o dei corrispettivi la liquidazione relativa alla determinazione dell’acconto con questa modalità. I contribuenti mensili che affidano la contabilità a terzi, possono determinare l’acconto in misura pari al 66% (2/3) dell’Iva dovuta per la liquidazione per il mese di dicembre.
VARIAZIONE DELLA PERIODICITÀ - Da trimestrale a mensile: il parametro su cui calcolare l’88% dovuto a titolo d’acconto è costituito da un terzo della somma versata nella dichiarazione annuale relativa all’anno precedente (saldo più acconto). - Da mensile a trimestrale: l’acconto dell’88% va calcolato sulla base dei versamenti effettuati negli ultimi tre mesi dell’anno precedente.
VERSAMENTO MINIMO Nessun versamento è dovuto se dai conteggi risulta un acconto d’importo inferiore a € 103,29.
CONTRIBUENTI TRIMESTRALI - INTERESSI Non sono dovuti gli interessi dell’1% a titolo di maggiorazione per i contribuenti trimestrali. Tale maggiorazione dovuta in sede di dichiarazione dello scorso anno, non deve essere considerata al fine della determinazione dell’acconto dell’anno in corso.
ADEGUAMENTO STUDI DI SETTORE E PARAMETRI Nel caso in cui per il 2013 si sia provveduto ad adeguarsi ai parametri o agli studi di settore, l’adeguamento non rileva ai fini dell’acconto in quanto non ha modificato la liquidazione dell’ultimo mese o trimestre dello scorso anno.
MODALITÀ DI VERSAMENTO Il versamento dell’acconto Iva non può essere rateizzato, ma può essere compensato e deve essere eseguito tramite modello F24. I codici tributo da utilizzare sono: - 6013 per i contribuenti mensili; - 6035 per i contribuenti trimestrali; - periodo di riferimento 2014. L’ammontare del versamento e gli estremi del pa-
gamento ancorché non obbligatorio, è opportuno annotarli nel registro Iva delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi. Va da se che trattandosi di acconto, l’importo versato sarà scomputato dall’Iva da versare per il mese di dicembre, per i mensili e dell’Iva annuale per i trimestrali.
AUTOTRASPORTATORI L’Articolo 74 del DPR 633/72 consente agli autotrasportatori di registrare le fatture emesse entro il trimestre successivo a quello di emissione. Nell’ipotesi in cui si utilizzi il metodo delle operazioni effettuate, si dovranno considerare le fatture emesse nel terzo trimestre 2014 e annotate nel periodo 1° ottobre – 20 dicembre nonché quelle emesse in tale periodo ancorché registrate nel primo trimestre 2015. Per questi soggetti la circolare n. 328/E del 20 dicembre 1995, ha consigliato di applicare il metodo previsionale perché consente di determinare con certezza l’Iva dovuta per il quarto trimestre 2014.
ACCONTO IVA IN PRESENZA DI CESSIONE D’AZIENDA In questa ipotesi se il cessionario ha iniziato l’attività nel corso del 2013, non è tenuto a versare l’acconto Iva, in quanto privo del riferimento o parametro storico. Qualora il cedente abbia cessato la propria attività di imprenditore nel corso del 2013, non sarà tenuto a versare l’acconto Iva se ha comunicato la cessazione dell’attività entro il 30 novembre 2013 se soggetto mensile ed entro il 30 settembre 2013, se soggetto trimestrale.
ACCONTO IVA IN PRESENZA DI SCISSIONE DI SOCIETÀ Per le operazioni di scissione di società avvenute nel corso del 2014, in relazione all’acconto Iva, determinano, come regola generale le seguenti situazioni: - la società beneficiaria che si è costituita a seguito della scissione non ha l’obbligo di versare l’acconto Iva, perché è assente il parametro storico di riferimento; - la società scissa, invece è tenuta al versamento dell’acconto. Qualora volesse utilizzare il metodo storico, non ha la possibilità di porre in essere alcuna riduzione in relazione all’operazione societaria attuata. Nelle operazioni di fusione e di scissione, gli obblighi di versamento, inclusi quelli inerenti gli acconti d’imposta, dei soggetti che si estinguono, devono essere attuati dagli stessi soggetti fino alla
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data di efficacia della fusione o scissione e successivamente a detta data dalla società incorporante, beneficiaria o comunque risultante dalla fusione o scissione. Conseguentemente nelle ipotesi di fusione per incorporazione e di scissione di tipo totale, gli obblighi di versamento dell’acconto Iva riferito ai soggetti che si estinguono si devono ritenere di competenza, dal momento in cui ha effetto l’operazione, del soggetto incorporante.
ACCONTO ALLA PRESENZA DI FUSIONE Alla presenza di operazioni di fusione, siccome la società risultante dalla fusione o l’incorporante assume tutti gli obblighi delle società fuse o incorporate, la situazione degli acconti Iva, oltre a tenere presente quanto precisato nel precedente paragrafo, può essere schematizzata come segue. - Fusioni con effetto dal 1° gennaio al 30 novembre 2014 o dal 1° gennaio al 30 settembre 2014, se le società estinte sono soggetti trimestrali: a) nel caso di fusione per incorporazione la società incorporata non deve versare l’acconto Iva perché il soggetto non è più esistente dal 30 novembre 2014, mentre la società incorporante è tenuta all’adempimento in relazione al proprio dato storico, senza considerare la società incorporata, oppure, nel caso di applicazione del metodo analitico, deve necessariamente comprendere anche le operazioni inerenti l’attività della società incorporata; b) nel caso di fusioni proprie, l’obbligo dell’acconto Iva non sussiste per la società fusa e per la società risultante dalla fusione perché vengono a mancare i requisiti soggettivi e oggettivi di riferimento. - Fusioni con effetto dal 1° dicembre al 27 dicembre 2014 o dal 1° ottobre al 27 dicembre 2014, se le società sono soggetti trimestrali: a) nel caso di fusione per incorporazione avente effetto dopo l’inizio del periodo inerente alla determinazione dell’acconto, l’obbligo dell’adempimento è già sorto anche per la società incorporata. Pertanto la società in-
corporata non deve eseguire l’acconto in quanto non più soggetto esistente, mentre, la società incorporante deve versare l’acconto tenendo presenti sia le risultanze proprie, sia quelle delle società fuse; b) anche nel caso di fusioni proprie, le società fuse non devono versare l’acconto in modo autonomo, perché compete alla società risultante dalla fusione, che vi provvederà tenendo conto dei dati delle società fuse. - Fusioni con effetto dal 28 dicembre 2014 al 31 dicembre 2014: a) nel caso di fusione per incorporazione, l’acconto d’imposta compete in modo autonomo sia alla società incorporata, sia alla società incorporante; b) nel caso di fusioni proprie, l’acconto Iva, se ne ricorrono le condizioni, non deve essere versato perché non esistente alla data di scadenza dello stesso.
OMESSO VERSAMENTO Nel caso di omesso o insufficiente versamento dell’acconto è dovuta una sanzione amministrativa nella misura del 30% dell’ammontare non versato, oltre agli interessi moratori. Qualora il versamento non sia stato effettuato nei termini, è possibile regolarizzare l’operazione, anche successivamente alla scadenza del 29 dicembre utilizzando l’istituto del ravvedimento operoso. In questo caso la sanzione è ridotta nella misura dello 0,2% per ogni giorno di ritardo e fino al 14° giorno dalla scadenza, del 3% qualora il versamento sia eseguito dal 15° giorno successivo alla scadenza ed entro il termine di trenta giorni e nella misura del 3,75% se la regolarizzazione avviene dopo i trenta giorni ma entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione. Naturalmente oltre al versamento dell’imposta e della sanzione, andranno versati anche gli interessi moratori dell’1% con maturazione giorno per giorno. Gli interessi da ravvedimento operoso devono essere versati distintamente rispetto all’imposta utilizzando il codice tributo 1991.
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(PZ)
Il regime IVA dei beni venduti nell’ambito delle fiere in paesi UE IL TRATTAMENTO FISCALE AI FINI IVA APPLICABILE AI BENI INTRODOTTI IN UN ALTRO PAESE MEMBRO DA PARTE DEL SOGGETTO NAZIONALE DIPENDE DALLA LEGISLAZIONE VIGENTE NEL SINGOLO STATO MEMBRO a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero La movimentazione intracomunitaria di beni in occasione di fiere ed esposizioni deve essere attentamente verificata, in quanto il trattamento fiscale ai fini IVA applicabile ai beni introdotti in un altro Paese membro da parte del soggetto nazionale dipende dalla legislazione vigente nel singolo Stato membro. In questo articolo viene esaminato il regime IVA dei beni inviati in altri paesi membri in occasione di fiere mercato ed esposizioni, e poi successivamente venduti da parte delle imprese italiane nello stesso paese membro che ospita l’evento. A livello comunitario, si ricorda come l’art. 17, par. 2, lett. h), della Direttiva 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE, non considera come acquisto intracomunitario il “trasferimento a destinazione di un altro Stato membro” se finalizzato: - alla temporanea utilizzazione del bene, - per una durata non superiore a ventiquattro mesi, - nel territorio di un altro Stato membro all’interno del quale l’importazione dello stesso bene in provenienza da un paese terzo ai fini di un’utilizzazione temporanea fruirebbe del regime dell’ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione. Ciò premesso, occorrerà pertanto far riferimento alla normativa vigente nel Paese comunitario ospitante l’evento per valutare come siano state recepite da detto Stato membro le disposizioni comunitarie.
NORMATIVA DOGANALE DEL PAESE OSPITANTE LA MANIFESTAZIONE PREVEDE L’ESONERO DEI DAZI IN CASO DI IMPORTAZIONI DI BENI ANALOGHI Nello specifico, ove la normativa doganale vigente in tale Paese prevedesse l’esonero totale dai dazi in caso di importazioni di beni analoghi, allora l’introduzione dei beni nel proprio territorio per esposizioni, fiere e mostre non darà luogo ad un acquisto comunitario, fin tanto che continuino a sussistere le condizioni per l’esonero (temporanea utilizzazione per una durata non superiore a 24 mesi). In tale ipotesi l’operatore italiano non sarà ivi tenuto ad identificarsi ai fini IVA, ma dovrà esclusivamente annotare il trasferimento dei beni, a titolo non traslativo della proprietà, nel “registro di carico e scarico” di cui all’art. 50, comma 5, del D.L. n. 331/1993, ovvero, secondo le indicazioni fornite nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 39/2005 in materia di “tentata vendita”, a prendere in “carico” i beni su un apposito documento, numerato e conservato ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 633/1972. Tanto le annotazioni sul registro di “carico e scarico”, quanto la “presa in carico”, sono indispensabili per superare le presunzioni di cessione, di cui al D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441. Se poi, nell’ambito della fiera a cui si partecipa, l’impresa italiana dovesse vendere i propri beni, allora tale cessione si considererà perfezionata, all’atto della stipula del contratto, nello Stato membro che ospita l’evento. In questo caso, venendo meno la sospensione d’imposta, il soggetto passivo italiano dovrà regolarizzare l’operazione, sicché previa identificazione diretta nel paese UE o per il tramite di un rappresentante fiscale, dovrà fatturare l’operazione in regime di non imponibilità IVA ex art. 41, comma 2, lett. c), del D.L. n. 331/1993 al proprio rappresentante fiscale il quale successivamente procederà alla corrispondente acquisizione intracomunitaria imponibile IVA. Riguardo al trattamento IVA delle cessioni, escluse da IVA in Italia per carenza del presupposto territoriale, ove gli acquirenti dovessero essere soggetti d’imposta ivi stabiliti e lo Stato membro prevedesse l’obbligo di reverse charge, l’impresa
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italiana dovrà emettere fattura indicando, in luogo dell’imposta, che si tratta di operazione soggetta ad “inversione contabile” ai sensi dell’art. 21, comma 6-bis, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972. Ai fini INTRASTAT, per i beni movimentati nell’ambito delle suddette manifestazioni, gli elenchi riepilogativi devono essere compilati, ai fini fiscali e statistici, solo in caso di cessione o acquisto dei beni e con riferimento al periodo di registrazione della relativa fattura.
NORMATIVA DOGANALE DEL PAESE OSPITANTE LA MANIFESTAZIONE NON PREVEDE L’ESONERO DEI DAZI IN CASO DI IMPORTAZIONI DI BENI ANALOGHI In caso contrario, cioè ove la normativa doganale vigente nel Paese UE ospitante la manifestazione non prevedesse l’esenzione totale da dazi (ammissione temporanea) in caso di importazione di beni analoghi proveniente da Paesi extraUE, allora è già all’atto dell’introduzione del bene nel territorio comunitario che si realizza un’operazione assimilata ad un acquisto intracomunitario, con l’obbligo da parte del soggetto passivo italiano di assolvere i relativi adempimenti ai fini Iva tramite identificazione diretta o mediante nomina di un rappresentante fiscale. In questa ipotesi il trasferimento dei beni inviato
nello Stato membro di destinazione darà luogo, in capo al soggetto passivo italiano, ad un trasferimento intracomunitario di beni a “se stesso”, con il conseguente obbligo di: - emissione della fattura in Italia in regime di non imponibilità IVA ex art. 41, comma 2, lett. c, del D.L. n. 331/1993; - acquisizione intracomunitaria nel medesimo Stato per il tramite del numero di partita IVA previamente acceso “in loco”, nella forma diretta o per mezzo di un rappresentante fiscale. La successiva vendita dei beni già introdotti nello Stato membro di destinazione si configurerà come una operazione “interna”, con obbligo di osservare le disposizioni ivi prescritte. Tali cessioni, territorialmente irrilevanti in Italia ai sensi dell’art. 7-bis, comma 1, del DPR n. 633/1972, dovranno essere assoggettate all’IVA locale per il tramite della propria posizione IVA se il cessionario è un privato consumatore o un soggetto passivo stabilito in un diverso Stato membro; se, invece, si tratta di un soggetto passivo stabilito nello stesso Stato membro ospitante la manifestazione in cui ove sia previsto l’obbligo di reverse charge, allora sarà il cessionario stesso che deve applicare l’imposta a fronte della fattura emessa dal cedente italiano ai sensi dell’art. 21, comma 6-bis, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972. Natale Galimi
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Expo 2015
ASPETTI FISCALI DELLA PARTECIPAZIONE
- partecipanti non ufficiali (amministrazioni pubbliche territoriali, imprese, organizzazioni ed in genere entità giuridiche, nazionali o estere, autorizzate dal Commissario Generale dell’Expo Milano 2015).
PARTECIPANTI UFFICIALI a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero
EXPO 2015, PARTECIPAZIONE A FIERE ED ESPOSIZIONI: ASPETTI FISCALI In vista di Expo 2015 l’Agenzia delle Entrate ha preso specifici provvedimenti e fornito importanti chiarimenti in merito agli aspetti fiscali per la partecipazione a fiere ed esposizioni. Sul fronte specifici provvedimenti l’Agenzia delle Entrate, attraverso la circolare n. 26/E del 7 agosto 2014, ha ribadito che: - con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 28 novembre 2013, è stato istituito un Desk appositamente dedicato all’evento (Expo2015@agenziaentrate.it) al quale i soggetti interessati possono rivolgersi, direttamente, tramite professionisti oppure tramite Expo 2015 S.p.A., per avere risposte a quesiti di natura fiscale; - una sezione del sito dell’Agenzia entrate è dedicata alle questioni di carattere fiscale riguardanti Expo Milano 2015; - verrà istituito un punto di contatto presso il “Centro Servizi per i Partecipanti” di Expo Milano 2015, che vedrà la presenza di funzionari dell’Agenzia, ai quali i partecipanti potranno rivolgersi per gli adempimenti fiscali. A tale proposito la circolare illustra le diverse tipologie di partecipanti coinvolti nella manifestazione. Si parla di: - partecipanti ufficiali (Stati e Organizzazioni internazionali intergovernative che hanno ricevuto e accettato l’invito ufficiale da parte del Governo italiano a partecipare all’Expo Milano 2015)
I primi godono di tutte le agevolazioni possibili in materia fiscale ed in particolare sono esentati, nell’ambito delle attività istituzionali espositive e non commerciali, da ogni imposizione diretta e, nei limiti previsti dal presente articolo, dalle imposte indirette, da parte dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni. Qualora tali soggetti svolgano attività diverse dalla propria “attività istituzionale” saranno assoggettati a normale tassazione in Italia secondo le disposizioni dell’articolo 23 del TUIR e delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, ove in vigore, da dichiarare nel Modello Unico Enti Non Commerciali. A queste agevolazioni occorre aggiungere che i beni e servizi acquistati o importati in Italia sono “non imponibili”.
PARTECIPANTI NON UFFICIALI I partecipanti non ufficiali sono esentati, nell’ambito delle attività non commerciali, svolte all’interno del proprio spazio espositivo, da ogni imposizione diretta (IRES, IRPEF, IRAP e relative addizionali). Ne consegue che lo svolgimento da parte dei Partecipanti Non Ufficiali di un’attività commerciale nel proprio spazio espositivo esula dalle finalità dell’Expo e quindi non può essere agevolato. Ciò comporta che qualora tali soggetti nel proprio spazio espositivo svolgano un’attività commerciale, il reddito ad essa relativo non gode di alcuna agevolazione ed è tassato in Italia secondo le disposizioni degli articoli 23, 151 e 152 del TUIR. Sul fronte IVA i Partecipanti Non Ufficiali non possono acquistare in regime di non imponibilità IVA beni e/o servizi, nonché importare con il medesimo regime beni di importo superiore a 300,00 euro. Tali acquisti sono, dunque, soggetti ad IVA secondo le normali disposizioni. E’ utile ricordare che solamente il 20% dello spazio espositivo può essere adibito allo svolgimento di un’attività commerciale, quale ad esempio,
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quella di vendita dei prodotti, dei gadget, nonché quella di ristorazione o l’organizzazione di spettacoli a pagamento.
INDICAZIONI PER IL SETTORE DELLE FIERE ED ESPOSIZIONI IN GENERALE Imposte dirette Sul fronte imposte dirette è stato chiarito che l’attività commerciale svolta durante eventi fieristici ed esposizione può configurarsi come stabile organizzazione e pertanto essere soggetta ad imposte dirette (IRES, IRAP, ecc.). A soccorso della tesi contraria (non esistenza della stabile organizzazione e quindi non soggettività fiscale diretta) si potrebbe ricorrere alla “temporaneità” e limitatezza temporale dell’evento che a livello indicativo le norme e la prassi la identificano in una durata inferiore/superiore ai sei mesi (per un normale evento fieristico la durata è di pochi giorni o settimane – per l’Expo è di sei mesi o meglio 184 giorni). Imposte indirette Per quanto riguarda le imposte indirette – IVA, premesso che l’attribuzione di una partita IVA non costituisce una prova sufficiente dell’esistenza in Italia di una stabile organizzazione/branch di un soggetto non residente, è stato ribadito che qualora sia svolta attività commerciale durante gli eventi fieristici il soggetto è tenuto in ogni caso ad identificarsi in Italia ai fini IVA (identificazione diretta o rappresentante fiscale), secondo quanto previsto dall’articolo 17, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, pur mantenendo lo status di operatore non residente. Ciò ovviamente a condizione che effettui operazioni per le quali è tenuto al versamento dell’imposta in Italia (vendita a privati). Servizi accessori Le prestazioni, quali interventi infrastrutturali e organizzativi necessari per la realizzazione dell’evento espositivo, ivi compresa la fornitura ai Partecipanti dei servizi generali - quali servizi di telecomunicazioni, idrici, elettricità, montaggio/ smontaggio e la gestione degli spazi espositivi comuni - sono da considerarsi servizi accessori ai più generali servizi fieristici (affitto o acquisizione area espositiva). Sotto il profilo della rilevanza
territoriale questi seguono criteri diversi a seconda dello status del committente e del luogo in cui questo soggetto è stabilito. Se il committente non è un soggetto passivo IVA, la territorialità delle prestazioni in esame è disciplinata dall’articolo 7-quinquies, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633 del 1972, ai sensi del quale, le prestazioni di servizi relative ad attività culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative e simili, ivi comprese fiere ed esposizioni, le prestazioni di servizi degli organizzatori di dette attività, nonché le prestazioni di servizi accessorie alle precedenti, si considerano effettuate in Italia a condizione che siano ivi materialmente svolte (B2C). Quando, invece, il committente è un soggetto passivo d’imposta, torna applicabile il criterio di territorialità di carattere generale previsto dall’articolo 7-ter, comma 1, lett. a del D.P.R. n. 633 del 1972. Pertanto le citate prestazioni si considerano effettuate in Italia quando sono rese a soggetti passivi IVA stabiliti in Italia (B2B). Ne consegue che se il committente è un soggetto passivo non stabilito in Italia, i servizi in esame non sono territorialmente rilevanti in Italia (c.d. fuori campo IVA). Diritti di accesso Ai fini dell’individuazione del luogo di rilevanza territoriale dei diritti di accesso (biglietti) trova applicazione il criterio derogatorio di cui all’articolo 7-quinquies del D.P.R. n. 633 del 1972, in base al quale il luogo impositivo delle prestazioni di servizi per l’accesso a manifestazioni culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative o affini, quali fiere ed esposizioni, nonché i servizi accessori connessi con l’accesso, coincide con quello in cui tali manifestazioni si svolgono effettivamente, a prescindere dallo status del committente (soggetto passivo o non soggetto passivo d’imposta). Ne consegue che i diritti di accesso relativi a fiere ed esposizioni in Italia sono prestazioni di servizi imponibili ad IVA e, in particolare, ai sensi dell’articolo 46-ter, comma 4, del decreto-legge n. 69 del 2013, devono essere assoggettati ad imposta in Italia con l’aliquota ridotta del 10 per cento.
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Gian Luca Giussani
Indice mensile rivalutazione t.f.r. ottobre 2014 RAPPORTI CESSATI MESE
DAL
AL
RIVAL. FISSA
INDICE
RIVALUTAZIONE
GENNAIO
15.01
14.02
0,125
107,3
0,265056
FEBBRAIO
15.02
14.03
0,250
107,2
0,320028
MARZO
15.03
14.04
0,375
107,2
0,445028
APRILE
15.04
14.05
0,500
107,4
0,710084
MAGGIO
15.05
14.06
0,625
107,3
0,765056
GIUGNO
15.06
14.07
0,750
107,4
0,960084
LUGLIO
15.07
14.08
0,875
107,3
1,015056
AGOSTO
15.08
14.09
1,000
107,5
1,280112
SETTEMBRE
15.09
14.10
1,125
107,1
1,125000
OTTOBRE
15.10
14.11
1,250
107,2
1,320028
NOVEMBRE
15.11
14.12
1,375
DICEMBRE
15.12
14.01
1,500
(C)
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www.vinoesapori.it
Inail RIDUZIONE DEL PREMIO PER L’AUTOLIQUIDAZIONE 2014/2015 E MODIFICA DEL TERMINE DI PRESENTAZIONE DELLE DENUNCE ANNUALI DI RETRIBUZIONE La Presidenza Inail ha adottato due delibere, rispettivamente in materia di riduzione dei premi per l’autoliquidazione 2014/2015 e di invio delle denunce annuali delle retribuzioni. In particolare: - con delibera n. 327 del 3 novembre u.s., la riduzione dei premi Inail a vantaggio delle imprese virtuose dal punto di vista infortunistico è stata fissata al 15,38% (in aumento rispetto all’autoliquidazione 2013/2014, quando la riduzione è risultata del 14,17%). Ricordiamo che questa riduzione si applica alle imprese di qualsiasi settore ed è stata prevista in via tran-
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sitoria dalla Legge di stabilità del 2014 (Legge 147/2013, art. 1, comma 128), nella misura complessiva di 1 mld per il 2014, 1,1 mld per il 2015 e 1,2 mld per il 2016, in attesa dell’aggiornamento delle tariffe dei premi Inail. - Con delibera n. 330 del 5 novembre, viene anticipato al 28 febbraio (29, in caso di anno bisestile) il termine per la presentazione all’Inail delle denunce retributive annuali, ferma restando la scadenza del 16 febbraio per il pagamento dei premi assicurativi. L’anticipazione rispetto al passato (quando la scadenza era fissata al 16 marzo) è stata motivata dall’Istituto con l’esigenza di acquisire le suddette denunce in tempi ravvicinati rispetto al pagamento del premio, per consentire un rapido aggiornamento annuale della base dati dell’Inail anche ai fini del rilascio del DURC in modo automatico e in tempo reale. I testi delle due delibere sono stati inviati al Ministero del Lavoro per l’adozione dei decreti interministeriali (Lavoro/Economia). (C)
Energia
NOTIZIE IN BREVE DALL’AUTORITÀ PER L’ENERGIA ELETTRICA IL GAS E IL SISTEMA IDRICO
ACQUA: APPROVATE LE TARIFFE PER 40 MILIONI DI ITALIANI Con un metodo per la prima volta omogeneo in tutta Italia sono state approvate le tariffe 2014/2015 per circa 40 milioni di italiani, con oltre 4,5 miliardi di euro di investimenti attivati nei prossimi 4 anni per nuove infrastrutture, tutela ambientale e miglioramento dei servizi, un valore pari a quello degli impianti finora realizzati; approvazioni che riguardano più di 1.600 gestioni, con un aggiornamento medio rispetto all’anno precedente del +3,9% nel 2014 e del +4,8% nel 2015, con quasi 6 milioni di consumatori che hanno avuto una riduzione del 10% della bolletta. Sono alcuni dei risultati dell’azione dell’Autorità per l’energia nel settore dei servizi idrici, presentati nel corso della III Conferenza nazionale sulla regolazione dei servizi idrici che si è svolta oggi a Milano. Un appuntamento promosso dall’Autorità per illustrare il bilancio di un anno di attività, delineare le future linee strategiche e confrontarsi con gli oltre 400 partecipanti che hanno preso parte alle audizioni in rappresentanza delle istituzioni coinvolte, degli operatori, dei consumatori e delle associazioni di categoria. “In questa prima fase dell’attività dell’Autorità ci siamo focalizzati nel realizzare e applicare un metodo tariffario unico per tutto il Paese, oltre che a completare le informazioni sul settore, e credo che i risultati raggiunti diano ragione a chi ha creduto nella coerenza delle nuove attribuzioni all’Autorità in un settore diverso da quelli iniziali - ha sottolineato il Presidente dell’Autorità per l’energia Guido Bortoni nella sua relazione - la prossima fase sarà ora indirizzata al completamento della regolazione, per consolidare ancor più le condizioni di realizzazione degli investimenti e individuare standard per i servizi capaci di incrementarne la
qualità, con particolare attenzione ai bisogni dei consumatori, specie in disagio economico, alla trasparenza della fatturazione e alla qualità ambientale”. Il Metodo Tariffario Idrico (MTI), con cui sono state approvate le tariffe 2014/2015 e che per la prima volta nel Paese ricomprende e assorbe tutte le regolazioni previgenti, rappresenta l’evoluzione del Metodo tariffario transitorio (MTT) utilizzato per il 2012/2013 e si basa su criteri innovativi, fondati sui principi della selettività e della responsabilizzazione, da attuare attraverso una regolazione asimmetrica, capace di adattarsi alle diverse esigenze di un settore molto differenziato a livello locale e nella governance. Nello specifico, sono previsti quattro diversi tipi di schemi tariffari, rispetto ai quali ciascun soggetto competente può individuare la soluzione più efficace a seconda dei propri obiettivi di sviluppo e delle peculiarità territoriali. Le determinazioni tariffarie fino ad oggi approvate sono il risultato delle proposte arrivate dagli Enti d’Ambito e deliberate dall’Autorità in quanto ritenute necessarie a favorire in modo efficiente gli investimenti prioritari per il settore, per raggiungere e mantenere obiettivi di qualità ambientale e della risorsa. Per quasi 6 milioni di consumatori di oltre 1.250 gestioni che non hanno inviato, in tutto o in parte, i dati richiesti ai fini tariffari è stata approvata una riduzione della tariffa del 10%. Il quadro regolatorio introdotto dall’Autorità nel corso del 2014 ha ricevuto importanti conferme anche da parte del Giudice Amministrativo di primo grado. Con oltre 20 sentenze il Tar Lombardia ha infatti respinto i ricorsi contro il metodo tariffario presentati da diversi soggetti che ne reclamavano l’illegittimità rispetto agli esiti del referendum del 2011 o rispetto ad alcuni aspetti strutturali. Sul fronte consumatori, l’Autorità ha aperto un procedimento per definire la regolazione contrattuale della qualità del servizio idrico, per garantire agli utenti stessi livelli qualitativi in tutto il Paese, superando l’attuale frammentazione. Per quanto riguarda la Carta dei Servizi - la cui pubblicazione è stata resa obbligatoria con la Direttiva per la trasparenza dei documenti di fatturazione - l’Auto-
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rità ha escluso dall’aggiornamento chi non l’aveva adottata. A tutela delle fasce in disagio economico è stata poi avviata un’indagine conoscitiva sui diversi sistemi di agevolazione esistenti per chi vive condizioni economiche svantaggiate, propedeutica all’introduzione di misure che assicurino agli utenti domestici a basso reddito l’accesso agevolato alla quantità di acqua necessaria ai bisogni fondamentali. A breve verranno poi definite le necessarie modifiche all’articolazione tariffaria per fasce di consumo o per uso, determinando anche i criteri e le modalità per il riconoscimento di eventuali bonus che saranno previsti dalla normative primaria per chi è in condizioni di disagio economico. Nel corso del 2014 si è inoltre concluso il procedimento per la restituzione agli utenti della componente tariffaria relativa alla remunerazione del capitale, abrogata in esito al referendum del 2011. Gli importi quantificati dagli Enti d’Ambito e verificati dall’Autorità hanno determinato un rimborso a favore di 14 milioni di utenti domestici, per un valore complessivo di 55 milioni di euro. Nel corso del 2014 anche nel settore idrico sono state avviate le prime ispezioni, con l’apertura dei primi procedimenti sanzionatori per non rispetto della regolazione.
ENERGIA: IN ARRIVO LA BOLLETTA 2.0, UN SOLO FOGLIO, PIÙ SEMPLICE E CHIARA Vecchia bolletta addio, arriva la bolletta 2.0: un solo foglio con tutti gli elementi essenziali di spesa e di fornitura ben evidenziati, format più semplice, snello, per renderla più chiara, moderna e comprensibile. La rivoluzione della bolletta, una novità che riguarda famiglie e piccole imprese, è stata approvata dall’Autorità per l’energia e arriverà “fisicamente” nelle nostre case o sui nostri computer-tablet-smartphone (per chi la riceverà on line) a partire da settembre 2015 per garantire i tempi tecnici necessari alle modifiche. La bolletta 2.0 è frutto di un ampio percorso di consultazione avviato lo scorso anno dall’Autorità coinvolgendo - anche attraverso specifici questionari e audizioni - imprese, consumatori e le loro associazioni e, per la prima volta, anche opinion maker, giornalisti ed esperti di comunicazione. La semplificazione riguarda in particolare i contenuti e i termini utilizzati nella bolletta sintetica, che sarà quella inviata a tutti, fondamentali per capire la spesa finale: ad esempio gli attuali servizi di vendita si chiameranno “spesa per la materia energia/gas naturale”, i servizi di rete “spesa per il trasporto e gestione del
contatore”. Nella prima pagina della bolletta sarà indicato anche il costo medio unitario del kilowattora/standard metro cubo, come rapporto tra la spesa totale e i consumi fatturati. Chi volesse approfondire le diverse voci di spesa, potrà comunque richiedere al proprio fornitore gli elementi di dettaglio, ovvero le diverse pagine con la descrizione analitica delle componenti che determinano la spesa complessiva. Gli elementi di dettaglio saranno sempre forniti in caso di risposta ai reclami. Nella bolletta 2.0, inoltre, verrà data evidenza anche alla “spesa oneri di sistema’’, una voce che oggi viene pagata all’interno dei servizi di rete ma non evidenziata nelle bollette. Nel settore elettrico sono, ad esempio, gli incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate e alle imprese manifatturiere energivore, i fondi necessari alla messa in sicurezza delle centrali nucleari o per la ricerca, tutte voci che incidono per oltre il 22% sulla spesa finale del cliente tipo servito in maggior tutela. Le nuove bollette garantiranno anche una maggiore chiarezza in caso di eventuali ricalcoli, ovvero i conguagli, che avranno particolare evidenza in un apposito box in caso di modifiche dei consumi misurati, ad esempio per errori di fatturazione. Novità anche per le modalità di invio della bolletta per i clienti “in tutela”, all’insegna della promozione delle modalità digitali di consegna. A regime infatti chi sceglierà il pagamento con domiciliazione su conto corrente bancario, postale o su carta di credito (per l’elettricità circa la metà dei clienti domestici e più di un terzo dei non domestici) avrà come metodo principale di emissione quello digitale/elettronico -, con la possibilità comunque di poter richiedere la forma cartacea. Tutti gli altri clienti finali, cioè coloro che non hanno l’addebito automatico, continueranno invece a ricevere il tradizionale formato cartaceo. Inoltre, chi richiederà il formato elettronico riceverà dall’operatore anche un piccolo sconto. L’operazione bolletta 2.0 prevede inoltre l’attivazione di strumenti di servizio, fra i quali una Guida interattiva della bolletta che verrà resa disponibile on-line sul sito dell’Autorità, con la spiegazione di tutte le voci di spesa (per un cliente servito in tutela) anche in base ai termini utilizzati nel Glossario della Bolletta. Un aspetto significativo della riforma è la maggiore flessibilità per il mercato libero, in modo da lasciare agli operatori la possibilità di sfruttare la bolletta come strumento di concorrenza, rispettando comunque le regole previste dall’Autorità in termini di trasparenza e contenuto minimo. La delibera 501/2014/R/com relativa alla “bolletta 2.0” è disponibile sul sito www.autorita.energia.it (C)
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Il Regolamento REACH (prima parte) HELPDESK
REGISTRAZIONE DELLE SOSTANZE PRODOTTE O IMPORTATE NELL’U.E. Abbiamo più volte, in questo notiziario, fornito indicazioni sulle sostanze chimiche e sulle norme che le disciplinano. Ora a distanza ormai di sette anni dall’entrata in vigore del Regolamento, proponiamo una sintesi della storia del regolamento REACH, riepilogandone in breve i passaggi fondamentali. Il Regolamento REACH (CE) n. 1907/2006 è entrato in vigore Il 1° giugno 2007. Attraverso un unico testo normativo, sostituisce buona parte della legislazione comunitaria fino allora in vigore in materia di sostanze chimiche e introduce un sistema integrato per la loro registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione. REACH è l’acronimo di Registration, Evaluation, Authorisation of Chemicals. Il Regolamento prevede, in particolare, la registrazione di tutte le sostanze prodotte o importate nel territorio dell’Unione in quantità pari o superiore ad una tonnellata all’anno. La registrazione delle sostanze comporta, per i fabbricanti e gli importatori di sostanze e preparati (miscele di due o più sostanze), l’obbligo di presentare all’Agenzia europea una serie di informazioni di base sulle caratteristiche delle sostanze. In base al principio NO DATA NO MARKET, senza la comunicazione dei dati richiesti all’Agenzia europea non sarà più possibile effettuare né l’importazione né la commercializzazione della sostanza chimica.
AUTORITÀ COINVOLTE L’Autorità competente per l’Italia per gli adempimenti previsti dal Regolamento è il Ministero della salute, che opera d’intesa con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello Sviluppo Economico e il Dipartimento per le Politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) è l’Autorità incaricata dell’attivazione e della gestione dell’Helpdesk nazionale REACH. Il servizio di supporto alle imprese è, quindi, pubblico e gratuito. Ai sensi dell’art. 124 del Regolamento, l’Helpdesk è il servizio nazionale designato a fornire informazioni e assistenza tecnica a tutti i soggetti coinvolti nell’applicazione del Regolamento in merito agli obblighi da adempiere, alle responsabilità in cui si incorre e alle procedure da seguire in caso di utilizzo, fabbricazione o importazione di sostanze chimiche. L’Helpdesk nazionale mette gratuitamente a disposizione dell’utente, attraverso il proprio sito web, le informazioni e novità riguardanti l’applicazione del Regolamento REACH e ha, inoltre, sviluppato una serie di strumenti per agevolare le imprese e tutti i soggetti interessati nella comprensione del Regolamento e dei relativi obblighi. Per poter accedere alle risposte ai quesiti più frequenti, elaborate dall’ECHA, (Agenzia Europea sulle sostanze chimiche) è possibile cliccare sulla voce FAQ (in italiano). In caso di quesiti specifici non già disponibili tra le FAQ, l’utente potrà fare apposita richiesta all’Helpdesk nazionale tramite la sezione Contatta l’Helpdesk, attraverso la compilazione di un apposito formulario. Infine è opportuno segnalare che l’Helpdesk nazionale REACH è venuto a conoscenza di soggetti che offrono i propri servizi di assistenza alle imprese a pagamento presentandosi come Helpdesk REACH. Vi invitiamo a prestare molta attenzione alle offerte ricevute, ricordandovi che l’Helpdesk nazionale REACH è un servizio pubblico e gratuito a servizio delle imprese.
FAQ Per agevolare le imprese nelle procedure di registrazione delle sostanze e nei loro obblighi rispetto al Regolamento REACH, l’ECHA ha pubblicato delle FAQ che vengono regolarmente aggiornate.
NAVIGATOR ECHA Al fine di consentire ai soggetti coinvolti di trovare una rapida risposta alle domande relative alle loro sostanze chimiche e di determinare rapidamente
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ciò che esse sono tenute a fare ai sensi del Regolamento REACH, si invitano gli utenti ad utilizzare lo strumento interattivo NAVIGATOR, dispo-
nibile anche in italiano, predisposto dall’ECHA. (continua)
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Autorità: pubblicati i primi bandi tipo (3a parte) APPALTI DI LAVORI: LA MANCATA EFFETTUAZIONE DEL SOPRALLUOGO DETERMINA L’ESCLUSIONE DALLA GARA L’ANAC ha pubblicato sul proprio sito in data 13 ottobre 2014 i primi bando-tipo denominati n. 2 del 2 settembre 2014 per l’affidamento di lavori pubblici nei settori ordinari: procedura aperta per appalto di sola esecuzione lavori, contratti di importo superiore a euro 150.000 euro, offerta al prezzo più basso. Il bando–tipo ha lo scopo di guidare e semplificare la complessa attività di predisposizione della documentazione di gara da parte delle stazioni appaltanti e di ridurre il contenzioso connesso, soprattutto, alla previsione nei bandi di cause di esclusione che non trovano fondamento normativo nell’art. 46, comma 1-bis, del Codice. Il modello, predisposto a seguito della consultazione pubblica degli operatori del mercato e previa acquisizione del parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, consiste in uno schema di disciplinare di gara contenente le norme integrative al bando per l’affidamento degli appalti di sola esecuzione, da aggiudicarsi mediante la procedura aperta e con il criterio del prezzo più basso, ai sensi degli artt. 53, comma 2, lett. a), 54, comma 2, e 82 del Codice. Il modello è accompagnato da una nota illustrativa in cui sono riportate le indicazioni operative per la corretta gestione della procedura di gara e sulle modalità di utilizzo del modello. Lo schema di disciplinare tiene conto delle modifiche normative apportate dal d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito con modificazioni dalla l. 23 maggio 2014, n. 80 alle modalità di partecipazione in RTI e al sistema di qualificazione, mediante il rinvio alla nuova elencazione delle categorie di lavorazioni a qualificazione obbligatoria e categorie super-specialistiche prevista dalla citata norma. Trascorsi 12 mesi, durante i quali le stazioni appaltanti potranno formulare osservazioni e commenti, il modello sarà sottoposto a verifica di imPAG. 30 - APINFORMA / Edilizia - numero 21 - 30 novembre 2014
patto della regolazione come previsto dall’apposito Regolamento dell’Autorità. L’articolo 64, comma 4-bis, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 prevede che “i bandi sono predisposti dalle stazioni appaltanti sulla base di modelli (bandi-tipo) approvati dall’Autorità, previo parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentite le categorie professionali interessate, con l’indicazione delle cause tassative di esclusione di cui all’articolo 46, comma 1-bis. Le stazioni appaltanti nella delibera a contrarre motivano espressamente in ordine alle deroghe al bando-tipo”. Con il presente atto l’Autorità intende dare attuazione alla citata disposizione mediante la pubblicazione del modello di disciplinare di gara per gli appalti aventi ad oggetto la sola esecuzione di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro nei settori ordinari, affidati con procedura aperta e con il criterio del prezzo più basso. Il modello è corredato dalla nota illustrativa e n. 2 allegati, che ne costituiscono parte integrante. Per l’ANAC il modello costituisce il quadro giuridico di riferimento sulla base del quale le stazioni appaltanti sono tenute a redigere la documentazione di gara per l’affidamento di appalti di sola esecuzione quanto alle parti individuate come vincolanti, nelle quali sono ricomprese le cause tassative di esclusione, salva la facoltà di derogare motivando, nei termini più oltre specificati. L’Autorità procederà ad approvare in via definitiva anche i restanti modelli relativi alla sola esecuzione lavori e quelli “integrati” di progettazione ed esecuzione dei lavori. Di seguito analizziamo gli aspetti più significativi di questo importante documento tra quali: verifica dei requisiti di partecipazione, Visione della documentazione di gara e sopralluogo, chiarimenti, modalità di presentazione della documentazione e comunicazioni, subappalto e ulteriori disposizioni.
VERIFICA DEI REQUISITI DI PARTECIPAZIONE Per la verifica del possesso dei requisiti si fa riferimento all’utilizzo del sistema AVCpass, reso disponibile dall’AVCP con la delibera attuativa n. 111 del 20 dicembre 2012 e ss.mm.ii, in applicazione dell’art. 6-bis, comma 3, del Codice.
Si evidenzia che per effetto del comma 15-ter, dell’art. 9 del d.l. 30 dicembre 2013 n.150 convertito in l. 7 febbraio 2014, n. 15, il regime di obbligatorietà dell’utilizzo del sistema AVCpass decorre dal 1° luglio 2014.
VISIONE DELLA DOCUMENTAZIONE DI GARA E SOPRALLUOGO Il disciplinare prevede che tutta la documentazione di gara sia messa a disposizione delle imprese sul profilo del committente, in applicazione dell’art. 32 della l. 18 giugno 2009, n. 69 e del comma 7-bis dell’art. 66 del Codice, introdotto dall’art. 26 del d.l. 24 aprile, 2014 n. 66, convertito in legge 23 giugno 2014, n. 89, a tenore del quale la pubblicazione di informazioni ulteriori, complementari o aggiuntive rispetto a quelle per le quali il Codice prevede forme di pubblicità legale deve avvenire esclusivamente in via telematica. In base al comma 1-bis, dell’art. 26, introdotto in sede di conversione, le nuove disposizioni si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2016. A far data dal 1 gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati. La pubblicazione è effettuata nel rispetto dei principi di eguaglianza e di non discriminazione, applicando i requisiti tecnici di accessibilità di cui all’art. 11 della l. 9 gennaio 2004, n. 4. Resta fermo che la stazione appaltante ha la facoltà di prevedere anche il ritiro della documentazione presso i propri uffici, secondo le modalità che dovranno essere specificate caso per caso. Come già chiarito dall’AVCP nella determinazione del 10 ottobre 2012, n. 4, per gli appalti di lavori la mancata effettuazione del sopralluogo determina l’esclusione dalla gara in quanto integra una violazione di una prescrizione del Regolamento (art. 106, comma 2) ed una carenza di un elemento essenziale dell’offerta. In materia di sopralluogo, il modello individua una serie di elementi che devono essere specificati dalla stazione appaltante per lo svolgimento delle relative operazioni (ad esempio, la descrizione dei luoghi oggetto del sopralluogo, degli orari di accesso alle aree, ecc.). Si evidenzia che il sopralluogo potrà essere effettuato da un rappresentante legale o da un direttore tecnico del concorrente o da soggetto diverso munito di delega, purché dipendente dell’operatore economico concorrente. PAG. 31 - APINFORMA / Edilizia - numero 21 - 30 novembre 2014
CHIARIMENTI, MODALITÀ DI PRESENTAZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE E COMUNICAZIONI Il paragrafo relativo ai chiarimenti fornisce gli elementi di base che le stazioni appaltanti devono considerare per disciplinare eventuali richieste di chiarimenti da parte degli operatori economici, con particolare riguardo alle modalità e ai termini per la presentazione degli stessi. Il successivo paragrafo del modello di disciplinare regolamenta le modalità di presentazione della documentazione da parte del concorrente mediante il richiamo alla disciplina prevista dal d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445. Ai sensi dell’art. 79, comma 5-quinquies, del Codice le stazioni appaltanti possono prevedere nei bandi l’obbligo per i candidati o concorrenti di indicare un indirizzo di posta elettronica o un numero di fax per le eventuali comunicazioni. A tale riguardo, come anche chiarito dall’AVCP e specificato nel modello di disciplinare, si ritiene che, seppur obbligatoria, tale indicazione non costituisca causa di esclusione, ma comporti solo l’esonero della responsabilità della stazione appaltante per le comunicazioni non effettuate o non correttamente pervenute (in tal senso, determinazione del 10 ottobre 2012, n. 4 e parere di precontenzioso del 9 febbraio 2011, n. 23). Si evidenzia che, ai sensi del d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82, le stazioni appaltanti che siano anche pubbliche amministrazioni, qualora intendano avvalersi per le comunicazioni la posta elettronica, devono utilizzare esclusivamente quella certificata.
SUBAPPALTO Il tema di subappalto si deve richiamare la disciplina dettata dall’art. 118 che impone, inter alia, l’indicazione, da parte del concorrente, dei lavori o delle parti di opere che intende subappaltare all’atto della presentazione dell’offerta (comma 2). Come precisato nell’atto di determinazione AVCP del 10 ottobre 2012, n. 4, tale adempimento costituisce un presupposto essenziale per la partecipazione alla gara nel solo caso in cui il concorrente sia sprovvisto, in proprio, della qualificazione necessaria per eseguire le lavorazioni oggetto della prestazione. Ciò comporta che, qualora il bando di gara preveda, fra le categorie scorporabili e subappaltabili, categorie a qualificazione obbligatoria e il concorrente non sia in possesso delle corrispondenti qualificazioni oppure, in alternativa, non abbia indicato nell’offerta l’intenzione di procedere al loro subappalto, la stazione appaltante deve disporre l’esclusione dalla gara in quanto,
in fase di esecuzione, lo stesso, qualora aggiudicatario, non potrebbe né eseguire direttamente le lavorazioni né essere autorizzato a subappaltarle. Di contro, la mancata espressione della volontà di ricorso al subappalto, per le categorie a qualificazione non obbligatoria, non comporta l’esclusione dalla gara, ma la mera impossibilità di ricorrere a tale istituto. Riguardo alla questione relativa alla necessità o meno che il concorrente debba indicare anche i nominativi dei subappaltatori, l’AVCP si è già espressa in senso negativo nella medesima determinazione n. 4/2012. Si rammenta che qualora nell’oggetto dell’appalto rientrino, oltre ai lavori prevalenti, opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica (quali strutture, impianti e opere speciali), appartenenti lavorazioni super-specialistiche e qualora una o più di tali opere superi in valore il 15% dell’importo totale dei lavori, se i soggetti affidatari non sono in grado di realizzare le predette componenti, possono utilizzare il subappalto nei limiti dettati dall’art. 118, comma 2, terzo periodo (ossia del 30%). In altre parole, la previsione in esame dispone che, con riferimento alle lavorazioni appartenenti alle categorie specialistiche indicate, dal momento che per esse (qualora superino il 15% del valore dell’appalto) vige il divieto di subappalto oltre il limite del 30% (al pari di quanto accade per la categoria prevalente), il concorrente deve possedere i requisiti per almeno il 70% della categoria (a differenza di quanto è previsto per la categoria prevalente, dove comunque il concorrente deve coprire integralmente i requisiti di tale categoria, salva poi la facoltà di subappaltarne il 30%); il restante 30% (relativo alle categorie super-specialistiche scorporabili oltre il 15%) può essere coperto dai requisiti richiesti per la categoria prevalente. Si rammenta che per l’individuazione delle categorie super-specialistiche, cui si applica la regola indicata, occorre fare riferimento all’elenco di cui all’art. 12, comma 1, del d.l. 47/2014. Ne deriva che, se il concorrente che partecipa alla gara per la categoria prevalente dovesse essere privo della qualificazione nella categoria relativa ad una delle lavorazioni di cui all’art. 12, comma 1, del citato decreto e qualora la stessa categoria superi l’anzidetta percentuale (15%), lo stesso concorrente dovrà associarsi in RTI comprendente un operatore in possesso di qualificazione in detta categoria. In ogni caso, essendo tutte le categorie di lavorazioni di cui trattasi a qualificazione obbligatoria, il soggetto che opererà in subappalto dovrà, comunque, essere in possesso di qualificazione adeguata alle lavorazioni da eseguire. PAG. 32 - APINFORMA / Edilizia - numero 21 - 30 novembre 2014
Da quanto riportato in tema di subappalto, l’aggiudicatario, pertanto, può: a) eseguire tutte le lavorazioni della categoria prevalente; b) eseguire direttamente, ancorché privo delle relative qualificazioni, tutte le lavorazioni delle categorie scorporabili che non siano a qualificazione obbligatoria; c) eseguire direttamente tutte le lavorazioni delle categorie scorporabili se in possesso delle specifiche qualificazioni; d) subappaltare a soggetti in possesso di adeguate qualificazioni le lavorazioni della categoria prevalente entro il limite del 30%. e) subappaltare, senza limiti d’importo, a soggetti in possesso di adeguata qualificazione, le lavorazioni delle categorie scorporabili ad eccezione delle categorie di cui all’art. 12, comma 1, del d.l. 28 marzo 2014, n. 47, il cui valore superi il 15% dell’importo totale dei lavori; Nel paragrafo dedicato al subappalto è stato inoltre previsto l’inserimento della prescrizione relativa al pagamento diretto del subappaltatore, obbligatorio nei casi in cui l’oggetto dell’appalto comprenda opere super specialistiche ai sensi dell’art. 37, comma 11, del Codice, facoltativo negli altri casi. In merito al pagamento diretto dei subappaltatori si rammenta che la legge 11 novembre 2011, n. 180, recante il c.d. “Statuto delle imprese”, ne propone l’applicazione preferenziale nel caso in cui il subcontraente sia una piccola e media impresa, mentre il d.l. 23 dicembre 2013 n. 145, convertito in legge 21 febbraio 2014, n. 9, ne prevede l’applicazione d’imperio da parte delle stazioni appaltanti, anche in deroga alle previsioni del bando di gara, ove si verifichino le condizioni indicate dal novellato art. 118, comma 3, ultimo periodo, del Codice riferite a condizioni di crisi di liquidità di finanziaria dell’affidatario.
ULTERIORI DISPOSIZIONI Nel sotto-paragrafo “Ulteriori disposizioni” sono da evidenziare i rinvii agli artt. 86 e 87 del Codice per la procedura di verifica di congruità delle offerte, nei casi in cui non è prevista l’esclusione automatica. Il modello, inoltre, tiene conto anche delle modifiche apportate dal d.l. 66/2014, convertito in legge 23 giugno 2014, n. 89, al regime di pubblicità legale degli avvisi e dei bandi di gara. In particolare l’art. 26 del citato decreto, modificando gli artt. 66 e 122 del Codice, ha eliminato l’obbligo di pubblicazione degli avvisi e dei bandi sui quotidiani ed ha previsto quale forma obbli-
gatoria di pubblicità legale la sola pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale o nell’albo pretorio, secondo il valore del contratto, alla quale si aggiunge la pubblicazione on line sul profilo del committente, sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sul sito dell’Osservatorio. Conseguentemente è stata riprodotta la prescrizione di cui
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al comma 7-bis dell’art. 66, introdotto dal citato decreto, relativa all’obbligo di rimborso a carico dell’aggiudicatario delle sole spese di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, a far data dal 1° gennaio 2016, come disposto dal comma 1-bis, del citato art. 26. (continua) (CS)
Nuove norme regionali per la costruzione in zona sismica INIZIO DEI LAVORI E VARIAZIONI STRUTTURALI DELLE OPERE SONO SUBORDINATI ALL’AUTORIZZAZIONE SCRITTA DA PARTE DEL COMUNE E’ stato pubblicato il D.P.Reg. 202/Pres. del 22 ottobre 2014 (BUR del 5 novembre 2014) che ha modificato la LR 16/2009 che disciplina la costruzione in zona sismica e la tutela fisica del territorio e ha modificato il suo regolamento di attuazione il D.P.Reg. 0176/Pres del 27 luglio 2011. In questo articolo, approfondiamo il nuovo testo della LR 16/2009.
AMBITO DI APPLICAZIONE Le norme per la costruzione in zona si applicano a chiunque esegua, con o senza titolo abilitativo, nelle zone del territorio della Regione soggette all’obbligo della progettazione antisismica, opere o interventi edilizi di manutenzione straordinaria, di restauro, di risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia, di nuova costruzione e di ristrutturazione urbanistica, che abbiano rilevanza strutturale, ovvero modifichi la destinazione d’uso di edifici e di opere, con o senza lavori edili.
COMPETENZE DELLA REGIONE La Regione provvede: a) alla classificazione delle zone sismiche del territorio regionale, sentiti le Province e i Comuni, i quali sono tenuti a esprimersi entro il termine di sessanta giorni dalla richiesta; decorso inutilmente tale termine, la classificazione proposta dalla Regione si intende assentita; b) alla gestione degli elenchi delle zone sismiche e all’aggiornamento dei valori differenziati attribuiti ai gradi di sismicità; c) all’indirizzo e al coordinamento delle funzioni dei Comuni nei casi in cui ricorra la specifica esigenza di assicurare unitarietà e uniformità di trattamento del territorio regionale.
COMPETENZE DEI COMUNI I Comuni con riferimento all’ambito territoriale di competenza, provvedono: PAG. 34 - APINFORMA / Edilizia - numero 21 - 30 novembre 2014
a) a esprimersi sulla classificazione delle zone sismiche; b) a svolgere le attività connesse al deposito dei progetti; c) a svolgere, le attività relative alla trasmissione dei progetti alla struttura regionale a livello provinciale competente in materia; d) a svolgere le attività connesse alla denuncia dei lavori; e) alla gestione e all’aggiornamento costante dei registri delle denunce dei progetti; f) al rilascio dell’autorizzazione all’inizio dei lavori; g) alla vigilanza sul rispetto, nelle zone del territorio regionale soggette all’obbligo della progettazione antisismica, delle norme tecniche per la costruzione in zona sismica. Per l’esercizio delle competenze relative al rilascio dell’autorizzazione all’inizio dei lavori, i Comuni si avvalgono di organismi tecnici, composti dai responsabili delle strutture regionali a livello provinciale competenti in materia e da esperti.
DISCIPLINA DELL’AUTORIZZAZIONE La realizzazione delle opere e degli interventi edilizi e delle eventuali variazioni strutturali delle opere previste dai progetti originari e soggetta al preavviso scritto e al contestuale deposito dei progetti presso il Comune competente per territorio. L’inizio dei lavori e le eventuali variazioni strutturali delle opere previste dai progetti originari e subordinato all’autorizzazione scritta da parte del Comune competente per territorio. L’osservanza delle norme tecniche per la costruzione in zona sismica, in relazione agli interventi definiti dal regolamento, fermo restando l’obbligo del preavviso scritto e del contestuale deposito dei progetti, e asseverata da una dichiarazione del progettista e, per i soli interventi di nuova costruzione che assolvono una funzione di limitata importanza statica, e anche accertata dal collaudatore. La Legge prevede che per la rispondenza dell’opera eseguita alle norme tecniche per la costruzione in zona sismica: a) è accertata dal collaudatore, in relazione agli interventi di nuova costruzione che assolvono una funzione di limitata importanza statica;
b) è asseverata dal direttore dei lavori, in relazione agli interventi su costruzioni esistenti che assolvono una funzione di limitata importanza statica; c) è accertata in sede di collaudo dell’intera opera, in relazione agli interventi di variante in corso d’opera che assolvono una funzione di limitata importanza statica. Queste disposizioni però non si applicano agli edifici e alle opere di interesse strategico nonché gli edifici e le opere, che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso. Le stazioni appaltanti i lavori pubblici presentano l’istanza di autorizzazione, prima di iniziare le procedure di affidamento dei lavori. Per gli interventi di natura privatistica, il preavviso e il contestuale deposito possono essere effettuati dal committente qualora il costruttore non risulti già individuato.
PROCEDIMENTO DI AUTORIZZAZIONE L’istanza intesa a ottenere l’autorizzazione, e presentata al Comune competente per territorio che, entro il termine di cinque giorni dal ricevimento, la trasmette alla struttura regionale a livello provinciale competente in materia, ai fini della verifica, entro cinquanta giorni, sull’osservanza delle norme tecniche per la costruzione in zona sismica da parte dell’organismo tecnico. Il Comune, all’esito della verifica tecnica, positivo o con prescrizioni, sull’osservanza delle norme tecniche per la costruzione in zona sismica, rilascia l’autorizzazione scritta all’inizio dei lavori relativi agli interventi che riguardano: a) gli edifici di interesse strategico e le opere, la cui funzionalità durante gli eventi sismici assuma rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, nonché gli edifici e le opere, che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso; b) gli edifici e le opere diversi da quelli previsti alla lettera a); Il rilascio ovvero il diniego dell’autorizzazione scritta sono comunicati al richiedente entro cin-
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que giorni dalla data di ricevimento dell’esito della verifica. L’eventuale richiesta di integrazioni documentali, da effettuarsi in un’unica soluzione, da parte dell’organismo tecnico, sospende il termine di cinquanta giorni fino alla data di ricezione, da parte dell’organismo tecnico medesimo, della documentazione richiesta. L’accertamento sul rispetto delle norme tecniche per la costruzione in zona sismica, relativamente alle opere e agli interventi è effettuato, altresì, da un collaudatore nominato anteriormente alla presentazione dell’istanza di autorizzazione, nell’ambito del collaudo in corso d’opera e della revisione dei calcoli di verifica e di stabilita. Il certificato di collaudo statico e depositato presso il Comune competente per territorio. Nel caso in cui una singola opera strutturale ricada sul territorio di più Comuni, il preavviso scritto e il deposito, nonché la presentazione dell’istanza di autorizzazione, sono effettuati in ogni caso presso il Comune ricadente nell’area a maggior grado di sismicità, cui compete il rilascio dei conseguenti provvedimenti. Il Comune competente informa gli altri Comuni interessati del rilascio dell’attestazione, nonché, da contestuale comunicazione ai medesimi delle attività svolte.
PROGETTI DI OPERE STRUTTURALI I progetti di opere strutturali sono soggetti alla denuncia dei lavori presso il Comune competente per territorio. Per i progetti delle opere e degli interventi edilizi e per le eventuali variazioni strutturali delle opere previste dai progetti originari, che interessano zone del territorio regionale soggette all’obbligo della progettazione antisismica, il deposito del progetto, produce gli effetti della denuncia dei lavori. La denuncia dei lavori, nonché il deposito del progetto, relativi a opere e a interventi edilizi, realizzati dalla Protezione civile della Regione, sono effettuati presso la sede della struttura direzionale stessa che provvede a darne comunicazione al Comune competente per territorio. (CS)
Status d’impresa operante in economia di mercato STRETTA UE PER LE IMPRESE CINESI
a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero
IL RICONOSCIMENTO DELLO STATUS D’IMPRESA OPERANTE IN ECONOMIA DI MERCATO: STRETTA UE PER LE IMPRESE CINESI L’Unione Europea, attraverso un’interpretazione estensiva delle disposizioni del Regolamento del Consiglio relativo alle importazioni oggetto di dumping da parte di Paesi non membri della Comunità europea (Regolamento 1225/2009 del Consiglio del 30 novembre 2009, in GUUE L343, 22-12-2009, Regolamento di base) e le modifiche apportate allo stesso, sembra andare verso una sempre maggior protezione delle aziende europee contro la concorrenza delle aziende cinesi. Alle Istituzioni dell’Unione è stato riconosciuto un termine maggiore per valutare la sussistenza in capo alle aziende cinesi dei requisiti che consentono l’ottenimento dello status di impresa operante in economia di mercato (SEM), che consentirebbe l’applicazione di un dazio anti-dumping inferiore. Inoltre, la Commissione ha facoltà di revocare la concessione del SEM anche nel corso dell’inchiesta: non più soltanto in presenza di nuovi elementi di fatto, ma anche sulla base di una nuova valutazione degli elementi esistenti a seguito delle osservazioni fornite dalle aziende europee, che hanno denunciato il dumping e degli Stati membri.
MODALITÀ DI CALCOLO DEL VALORE NORMALE DI UN PRODOTTO E DEL CONSEGUENTE MARGINE DI DUMPING Qualora l’immissione in libera pratica nell’Unione
Europea di un prodotto oggetto di dumping causi pregiudizio all’industria comunitaria, le Istituzioni dell’Unione possono imporre su quel prodotto un dazio anti-dumping. Il valore del dazio dipende dal valore del margine di dumping individuato. Quest’ultimo è determinato dalla differenza tra il valore normale ed il prezzo all’esportazione di un prodotto. Al fine di determinare il valore normale di un prodotto ed il conseguente margine di dumping la normativa dell’Unione distingue tra: - Paesi il cui sistema economico è considerato come un sistema fondato su un’economia di mercato - Paesi non sono considerati tali. Il metodo applicato ai Paesi non aventi un’economia di mercato si applica anche a Paesi che, come la Cina, il Vietnam ed il Kazakistan sono considerati “economie in transizione”, ossia Paesi non retti da un’economia di mercato, che siano membri dell’OMC alla data di apertura dell’inchiesta. Metodo per economie non di mercato e economie in transizione Questo metodo prevede che il valore normale di un prodotto proveniente da un Paese non avente un’economia di mercato sia calcolato facendo riferimento ad un Paese terzo a economia di mercato opportunamente selezionato dalla Commissione (art. 2(7)(a) del Regolamento di base). Tuttavia, il margine di dumping può essere calcolato sulla base dello specifico prezzo di esportazione di una singola impresa, qualora questa ne faccia richiesta e dimostri di avere i requisiti per l’applicazione del trattamento per i Paesi a economia di mercato relativamente alla produzione e alla vendita del prodotto simile (art. 2(7)(b) del Regolamento di base). Affinché possa esserle riconosciuto il SEM, l’impresa deve provare la sussistenza dei requisiti indicati all’art. 2(7)(c) del Regolamento di base, ossia che: - le decisioni in materia di prezzi, costi e fattori produttivi si basano sulle tendenze del mercato, senza significative interferenze statali e che i costi dei principali mezzi di produzione riflettono nel complesso i valori di mercato;
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- l’impresa è soggetta a revisione contabile indipendente in linea con le norme internazionali in materia di contabilità; - i costi di produzione e la situazione finanziaria dell’impresa non sono soggetti a distorsioni di rilievo (svalutazioni, commercio di scambio, pagamenti effettuati mediante compensazioni dei debiti); - l’impresa in questione è soggetta a leggi in materia fallimentare e di proprietà che garantiscano certezza del diritto e stabilità; - le conversioni dal tasso di cambio sono effettuate a tassi di mercato. Le istituzioni accertano se il produttore soddisfi i criteri menzionati entro un determinato termine dall’inizio dell’inchiesta, dopo aver sentito l’industria dell’Unione e dopo aver dato all’industria comunitaria la possibilità di presentare osservazioni. Questo accertamento resta valido durante l’inchiesta.
LA PRASSI DELL’UNIONE EUROPEA La prassi dell’Unione europea, attraverso un’interpretazione estensiva delle disposizioni del Regolamento di base, ha reso sempre più difficile per le imprese operanti in Paesi “in transizione”, come la Cina, l’ottenimento del riconoscimento del SEM. In un recente caso il Giudice dell’UE ha affermato che non costituisce violazione del Regolamento di base da parte delle Istituzioni il respingimento della domanda di concessione del SEM, a causa del fatto che l’impresa sottoposta ad inchiesta aveva negato alla Commissione la possibilità di effettuare una visita di verifica nei propri locali. Nello stesso caso, l’impresa aveva difeso il rifiuto ad acconsentire alla visita sostenendo che la Commissione aveva a disposizione delle informazioni acquisite nell’ambito di un’altra inchiesta. Tuttavia, il Giudice dell’UE ha escluso che le conclusioni tratte dalle istituzioni nell’ambito di un’inchiesta relativa a un prodotto specifico possano essere estese ad un altro prodotto. Termine per l’accertamento dei requisiti per l’ottenimento del SEM Quanto ai tempi entro cui le istituzioni devono accertare se in relazione ad un determinato prodotto l’impresa soddisfi i criteri per il riconoscimento del SEM, attualmente, l’art. 2(7)(c) secondo com-
ma del Regolamento di base prevede un termine di sette mesi, comunque non superiore ad otto mesi dall’avvio dell’inchiesta. Fino al 2013 tale termine era di tre mesi. In base ad un primo orientamento, il Giudice dell’UE aveva individuato la ratio legis della disposizione nella necessità di impedire alle istituzioni, dopo aver adottato una decisione sul SEM, di valutare nuovamente le informazioni di cui già disponevano in sede di accertamento iniziale del SEM. L’orientamento attuale, invece, sembra privilegiare la corretta applicazione dei criteri sostanziali fissati dall’articolo 2(7)(c) del Regolamento di base, piuttosto che l’esigenza di immutabilità di una decisione sul SEM o ancora la mancata conoscenza dell’effetto di una decisione sul SEM sul margine di dumping di un’impresa all’atto dell’adozione di una decisione simile. Quanto all’immutabilità dell’orientamento della Commissione nel corso dell’inchiesta, il Giudice dell’UE aveva già riconosciuto la possibilità per le istituzioni di sospendere il godimento del SEM qualora un cambiamento della situazione fattuale, sulla base della quale questo trattamento era stato concesso, consentisse di concludere che il produttore coinvolto non operava più in condizioni di economia di mercato. In base ad un più recente orientamento, invece, la Commissione anche in assenza di nuovi elementi di fatto e di diritto e semplicemente alla luce delle osservazioni sottopostele dalle società intervenienti e da alcuni Stati membri può tornare alla decisione iniziale con cui negava il SEM. Quanto al superamento del termine di tre mesi, il Giudice dell’UE ha affermato che il Regolamento di base non impone che la decisione sul SEM sia adottata in un momento in cui la Commissione non è a conoscenza di elementi che le permettano di valutare l’effetto di una decisione relativa al SEM sui margini di dumping di un’impresa. Inoltre, il superamento del termine di tre mesi può comportare l’annullamento del Regolamento del Consiglio che istituisce dazi anti-dumping definitivi soltanto se la ricorrente prova che in mancanza di questo superamento, il Consiglio avrebbe potuto adottare un Regolamento diverso e più favorevole ai suoi interessi rispetto al Regolamento impugnato.
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Matilde Recanati
Piccola impresa e internazionalizzazione UNA QUESTIONE ORGANIZZATIVA
a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero
PICCOLA IMPRESA E INTERNAZIONALIZZAZIONE: UNA QUESTIONE ORGANIZZATIVA Un’idea diffusa quando si affronta il binomio “piccola impresa ed internazionalizzazione” individua i maggiori ostacoli al loro sviluppo oltreconfine nei supposti limiti di queste realtà: dimensione, scarsa managerialità, proprietà familiare e presenza prevalente in settori maturi. Questa visione richiede di essere, almeno parzialmente, smentita, se si considera che buona parte delle PMI opera sui mercati esteri. Partendo dall’analisi dell’organizzazione di tali PMI questo articolo intende fornire utili spunti alle aziende che intendono aprirsi verso nuovi mercati. I numeri dell’attivo della bilancia commerciale con l’estero negli ultimi anni collegati alla caratteristica strutturale dell’economia italiana, costituita da circa 4,5 milioni di PMI, consentono, anche solo su base logica, di affermare che una buona parte delle imprese familiari di minori dimensioni siano già da tempo presenti sui mercati internazionali. Molto è già stato fatto, parecchie piccole imprese hanno capito in anticipo l’importanza di aprirsi all’estero e hanno saputo raccogliere la sfida. Sono quelle che ad oggi, nonostante il crollo della domanda interna, riescono a distinguersi con performance economiche sopra la media. E, allora, si impone una mozione di metodo: è da loro che si deve imparare, è dall’osservazione dei comportamenti strategici e organizzativi adottati da queste piccole “cittadine del mondo”, che conviene trarre utili spunti di azione da replicare anche in altre situazioni.
L’analisi approfondita di numerosi casi, anche di aziende davvero piccole (al di sotto dei 5 milioni di euro e dei venti dipendenti), i cui risultati all’estero superano di gran lunga il fatturato italiano può portare all’individuazione di comportamenti ricorrenti. Tali linee di azione possono essere spiegate e trasferite anche in altre realtà che, per motivi diversi, si sono un po’ attardate nell’indirizzare le loro produzioni oltre confine. Senza entrare nello specifico dei casi di successo, preme qui far risaltare le soluzioni organizzative che si sono rivelate particolarmente utili per supportare lo sviluppo all’estero e che poi, in una sorta circolo virtuoso, lo hanno alimentato. La tesi di fondo che sembra emergere è che, nelle piccole imprese, l’internazionalizzazione debba essere accompagnata necessariamente da cambiamenti organizzativi e che imponga il superamento di tutta una serie di resistenze di mentalità. L’internazionalizzazione che nasce nella piccola impresa come una questione di nuovo indirizzo strategico, per proporsi innanzitutto in nuovi mercati (per area geografica e canali distributivi) diventa poi un tema di cambiamento, di portata micro e macro: nel profilo delle persone, dei loro compiti e delle loro responsabilità e di variazione di alcuni equilibri di forze nell’assetto organizzativo. Sulla base delle tante esperienze seguite, di aziende a conduzione familiare, che per scelta o per necessità, hanno iniziato a perseguire strategie di vendita sui mercati esteri, è possibile individuare una serie di modifiche organizzative necessarie.
SPOSTAMENTO DI UNA O PIÙ FIGURE CHIAVE IN AZIENDA VERSO ATTIVITÀ COMMERCIALI ESTERE Nella maggioranza delle situazioni viste, la scelta di penetrare nei mercati esteri è accompagnata da un cambiamento di paradigma. L’azienda che per anni è stata forte del suo “saper fare” di natura tecnica/produttiva e che, proprio sulla base di questa riconosciuta reputazione si faceva comprare in ambito locale, decide di rendere visibile la sua eccellenza al di fuori dei confini domestici. Questa virata strategica è quasi sempre sostenuta
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di Bu gu r i
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da una persona (che può essere l’imprenditore o uno dei soci, un figlio piuttosto che un collaboratore di rilievo) che si dedica per una quota consistente del suo tempo all’attività commerciale in senso lato (marketing e vendite) rivolta all’estero. La partenza, un po’ da stereotipo, è quella del “prendere la valigia e provare a seminare”: l’inizio significa spesso investimenti di tempi e soldi in fiere di settore, viaggi e missioni commerciali di presentazione della propria offerta. Quale che sia la modalità di svolgimento, quello che preme qui sottolineare è la disciplina, la dedizione e la costanza con cui la persona deve svolgere queste attività, avendo anche la pazienza di attendere risultati che non arrivano immediatamente. L’estero implica quasi sempre spirito di sacrificio senza preclusioni relative al paese. Occorre essere disposti a lavorare di più e spesso in contesti meno agiati e agevoli del nostro. Bisogna avere l’energia fisica e motivazionale per affrontare i problemi che inevitabilmente si pongono, di adattamento e di adeguamento culturale. Serve essere pronti ad abbandonare le zone di confort cui si è abituati e misurarsi su terreni sconosciuti e impervi.
ACQUISIZIONE DI KNOW HOW MEDIANTE FORMAZIONE O CONSULENZA SPECIFICA PER LO SVILUPPO OLTRECONFINE La dedizione di una figura chiave allo sviluppo dei mercati esteri è condizione necessaria, ma non sufficiente, per ottenere risultati di successo. La disciplina e lo spirito di sacrificio fanno molto, ma possono essere potenziati dall’acquisizione di conoscenze e metodi per un approccio più razionale al business. Fondamentale risulta allora acquisire tali strumenti da quei soggetti, pubblici o privati, che negli anni hanno sviluppato servizi mirati al target delle piccole imprese, in grado di offrire un supporto alla portata di queste realtà per loro natura particolari. I momenti di formazione o consulenza, oltre ad essere validi in sé per sé per i contenuti che veicolano, possono essere utili perché costringono l’imprenditore a concentrarsi sul tema, a pensare allo sviluppo futuro dedicando del tempo che altrimenti verrebbe assorbito da attività operative, di breve periodo.
INSERIMENTO DI PROFILI PROFESSIONALI DEDICATI ALLO SVILUPPO DEI MERCATI ESTERI Un’ulteriore fase nella metamorfosi organizzativa riguarda il cambiamento del profilo professionale dell’organico. Se l’attenzione data all’estero da una figura chiave, adeguatamente formata, inizia
a generare i risultati sperati, il passaggio successivo è quello di avviare la costruzione di una funzione commerciale dedicata. Una scelta che si rivela ben funzionante è quella di selezionare personale straniero, ma residente in Italia, di nazionalità e cultura vicina a quella dei paesi target. Non occorre pensare a figure particolarmente competenti da un punto di vista tecnico o commerciale: si tratta di profili impiegatizi, volenterosi nel dedicarsi all’acquisizione dei potenziali clienti, capaci di relazionarsi in fase di vendita poiché in grado di capire culturalmente l’interlocutore. La possibilità di esercitare una sorta di mediazione culturale tra il cliente e la piccola impresa italiana che essi rappresentano diventa una abilità distintiva in fase di vendita.
ADEGUAMENTO DI TUTTE LE FUNZIONI ALLE ESIGENZE EMERGENTI NEI MERCATI STRANIERI Se le azioni precedenti sono state realizzate con determinazione si giunge, un po’ inevitabilmente, ad una fase di cambiamento molto delicata, che implica il superamento delle resistenze organizzative di gran parte delle funzioni aziendali. Quanto più si sviluppa il versante estero in chiave di marketing e vendite, quanto più si rende necessario un adattamento delle altre funzioni alle esigenze introdotte dallo sviluppo internazionale. Dalla progettazione alla produzione, alle certificazioni, alla logistica, alle pratiche doganali e amministrativo-contabili, sono molteplici le aree, anche di micro attività, che si devono “piegare” alle sollecitazioni che il processo di internazionalizzazione dei mercati di sbocco impone. Le specificità dettate dalle differenze paese, ma anche le esigenze di clienti nuovi, impongono che tutta la struttura sia capace di abbandonare le consuetudini di lavoro cumulate nel corso negli anni nel territorio nazionale. Per comodità, per timore del nuovo, per la difesa delle proprie posizioni, per mentalità un po’ chiusa, alcuni collaboratori potrebbero rallentare il processo di cambiamento entrando in conflitto, più o meno aperto, con gli altri colleghi assunti proprio per promuovere l’internazionalizzazione. E’ in questi casi che la direzione aziendale deve intervenire mantenendo fede al disegno strategico, anche a costo di un po’ di impopolarità presso i dipendenti. Tutte le attività aziendali, anche quelle più elementari e accessorie, ma soprattutto le persone che le svolgono, dovranno essere condotte ad agire secondo i nuovi standard, senza troppo spazio per compromessi e attendismi. Le resistenze individuali devono essere superate facendo leva sull’interesse
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superiore, sul bene comune rappresentato dalla continuità dell’azienda. L’effetto combinato di questi cambiamenti determina una vera e propria metamorfosi nella piccola impresa, che pur restando imprenditoriale e familiare, cambia pelle per adeguarsi allo sviluppo internazionale e, con questi nuovi connotati, può alimentare l’ulteriore crescita innescando un circuito virtuoso di allargamento progressivo della sfera di azione. Il cambiamento organizzativo causato, come lo-
gicamente deve essere, dalla scelta strategica di uscire dai confini nazionali, diventa propulsore di nuove opportunità di mercato. Dopo un’enorme fatica iniziale si assiste, in molti casi, ad una sorta di effetto domino e di conquista a macchia d’olio di spazi fino ad allora sconosciuti o insperati. Cambia la testa, il corpo si adegua e, in questo adattamento si potenzia, portando la testa ancora più lontano.
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Marina Puricelli Docente dell’Executive Master per l’Internazionalizzazione d’impresa
La Shanghai Free Trade Zone, un anno dopo GLI ULTIMI AGGIORNAMENTI SUGLI ATTUALI VANTAGGI FORNITI DALLA FREE TRADE ZONE a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero Il progetto pilota della Shanghai Free Trade Zone (SHFTZ) è stato lanciato a settembre 2013 con il sostegno del Primo Ministro della Repubblica Popolare Cinese. L’apertura di settori di servizi prima sottoposti a restrizioni per investimenti diretti stranieri, la complessiva semplificazione in termini di procedure e burocrazia, la riduzione delle tempistiche d’incorporazione costituiscono alcuni degli obiettivi principali della SHFTZ. Nelle ultime settimane, tuttavia, ad oltre un anno dall’apertura della SHFTZ, diversi osservatori internazionali, tra cui si annoverano testate di rilievo quali il “New York Times”, “The Economist” e il “South China Morning Post”, fanno notare quanto il quadro non sia di fatto così roseo come era stato inizialmente descritto. Quest’articolo fornisce gli ultimi aggiornamenti a tutti coloro interessati a entrare nel mercato cinese e che vogliano capire quali siano gli attuali vantaggi forniti della Free Trade Zone. La SHFTZ è stata costituita attorno a una cosiddetta “Negative List” che elenca i settori ancora limitati agli investimenti esteri. Questo è senz’altro un passo avanti rispetto alla pratica in uso nel resto della Cina dove gli stranieri devono confrontarsi con il cosidetto “Catalogue for the Guidance on Foreign Direct Investment”, molto più dettagliato e diviso in settori incoraggiati, limitati e proibiti. I progetti d’investimento estero riportati nella “Negative List” devono essere sottoposti a procedure di pre-approvazione, mentre gli investimenti stranieri non inclusi nella lista richiedono semplicemente procedure di registrazione e archiviazione. In seguito all’ultima modifica apportata a luglio 2014,
il numero di voci elencate nella “Negative List” è stato ridotto da 190 a 139, con un totale di 51 voci ora rimosse o riviste, creando così un clima di crescente libertà all’interno della Zona. La lista revisionata ha anche dissipato alcune incertezze riguardanti diverse restrizioni, portando a una maggiore trasparenza in merito alla regolamentazione degli investimenti stranieri. I principali settori a trarne vantaggio sono l’industria manifatturiera, il settore medico-sanitario, l’industria automobilistica, il settore finanziario e quello culturale.
INDUSTRIA MANIFATTURIERA L’industria manifatturiera ha subito i cambiamenti più evidenti. L’investimento straniero è ora permesso in molti settori che includono, tra gli altri, la produzione d’inchiostro e prodotti correlati, sostanze chimiche precedentemente sottoposte a restrizioni, materiali sintetici, attrezzatura edile e componenti elettronici per auto. L’abolizione delle suddette restrizioni rispecchia la linea economica cinese tracciata dal Dodicesimo Piano Quinquennale, il quale ha inaugurato una nuova era per il settore manifatturiero ad alta tecnologia.
SETTORE MEDICO-SANITARIO Le barriere all’ingresso sono state sensibilmente ridotte per il settore medico-sanitario. Fino al luglio scorso, la maggior parte dei medici stranieri era disincentivata ad avviare la propria attività a causa del requisito di capitale minimo richiesto pari a 20 milioni RMB (ca. 2,6 milioni di euro). L’ingente barriera all’ingresso implicava naturalmente che solo gli investitori di una certa grandezza fossero in grado di avventurarsi nel settore sanitario. Con la recente eliminazione del requisito di capitale minimo, professionisti del settore medico ora possono finalmente avviare la propria attività all’interno del progetto pilota della SHFTZ.
SETTORE FINANZIARIO Anche il settore finanziario ha compiuto notevoli passi in avanti da quando le restrizioni su investimenti in attività a esso correlate sono state lievemente allentate. Gli investitori stranieri sono ora
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And Now All You Need Is Christmas Time
liberi di operare con banche di credito finanziario di piccole dimensioni, aziende finanziarie e fiduciarie all’interno della Free Trade Zone, mentre le società di assicurazioni, di intermediazione mobiliare e altre attività di prestiti e finanziamenti di larga scala sono tuttora ristrette.
INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA Per quanto riguarda il settore automobilistico, le restrizioni rimangono in gran parte immutate, ma sì è fatta maggior chiarezza in merito agli obblighi di avere o meno un socio cinese. Sebbene la produzione di automobili finite non sia ancora permessa ad investimenti totalmente stranieri, adesso gli investitori stranieri sono autorizzati a importare, esportare, sviluppare, riparare e modificare auto e relativi componenti hardware anche senza un partner cinese.
SETTORE CULTURALE, ARTISTICO E D’INTRATTENIMENTO Sul fronte culturale, aprire e avviare cinema si è reso possibile per mezzo di investimenti attraverso Hong Kong e Macao. Tuttavia, è stato specificato il preciso divieto di importare, esportare, vendere e mettere all’asta oggetti culturali, rafforzando così la chiara presa di posizione contro la possibile perdita di patrimonio culturale.
NUOVE OPPORTUNITÀ Oltre a ridurre il numero di restrizioni, le ultime modifiche hanno anche garantito alle Regioni Amministrative Speciali (RAS) di Hong Kong e Macao condizioni preferenziali, in alcuni settori, per investimenti nella Free Trade Zone. Ciò permette ad aziende di tutto il mondo di accedere a settori con restrizioni, semplicemente costituendo una società intermediaria in una delle Regione Amministrative Speciali (RAS). Settori sottostanti a restrizioni che attualmente accettano investimenti tramite RAS includono servizi che spaziano dai cinema ai trasporti aerei, alla logistica. Inoltre, laddove le banche di credito di piccole dimensioni e società finanziarie sono state permesse nella Zona, gli investitori stranieri hanno la possibilità di aspirare a una maggiore convenienza in termini di accessibilità di capitale, se operanti all’interno della Zona. Infine, è stata appena annunciata una nuova circolare contenente ulteriori modifiche, con oltre 20 settori ora aperti all’investimento diretto estero. Per la prima volta, gli investitori stranieri potranno possedere quote di controllo in joint-venture di spedizioni con un tetto d’investimento aumentato dal 49 al 51 per cento.
FOREX CASH POOLING Un altro importante vantaggio offerto dalla Free Trade Zone e che potrebbe interessare notevolmente gli investitori stranieri è l’esclusiva possibilità di trasferire fondi tra entità onshore e offshore mediante un cash pooling bidirezionale. In breve, tali transazioni consistono in una sorta di finanziamenti infragruppo che permettono a imprese multinazionali di spostare capitale tra il quartier generale e la sussidiaria, i quali potrebbero trovarsi in paesi e giurisdizioni diversi. Il cash pooling spesso mira a ottenere una maggiore liquidità e una gestione più efficace delle risorse finanziarie interne ed è utilizzato di frequente per rimettere i uso gli utili non distribuiti. La Shanghai Free Trade Zone è attualmente l’unica area in Cina a permettere il forex cash pooling. Al fine di avviare un cash pool transfrontaliero, tutte le consociate coinvolte devono avere patrimonio netto positivo, sottostare alla stessa società madre e, nel caso di molteplici sussidiare presenti sul territorio cinese, l’intestataria del cash pool deve essere l’azienda registrata nella SHFTZ. In aggiunta a questi requisiti generali, il forex cash pooling richiede anche l’approvazione da parte della State Administration of Foreign Exchange (SAFE) e prevede un contratto con la banca designata lievemente più complicato rispetto a quello richiesto per il cash pooling in RMB.
PROCEDURE D’INCORPORAZIONE PER AZIENDE A CAPITALE STRANIERO In base alle attuali norme legislative, le procedure d’incorporazione di una società a capitale straniero (FIE), incluse le società a capitale interamente straniero (WFOE) nella SHFTZ, dovrebbero richiedere circa quattro giorni per essere completate, a differenza dei due mesi e mezzo necessari nel resto del paese. Inoltre, la SHFTZ permette di utilizzare come sede legale un ufficio virtuale, sebbene ciò non sia possibile nella Cina continentale. Un’azienda registrata nella SHFTZ può utilizzare l’indirizzo di un ufficio virtuale per 20.000 RMB l’anno. Premesso ciò, in base alla nostra esperienza sono ancora necessarie dalle quattro alle sei settimane per completare il processo d’incorporazione di un’azienda, poiché il carico di lavoro delle autorità è tale da impedire loro di completare le necessarie procedure in soli quattro giorni. Uno degli aspetti principali, spesso tralasciato dagli investitori stranieri, e che invece varrebbe la pena di porre in evidenza, riguarda le implicazioni pratiche per un’azienda registrata nella SHFTZ quando si tratta di prendere in considerazione
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le sue operazioni future e i relativi rapporti con clienti e fornitori al di fuori della Zona. Nonostante le restrizioni siano state gradualmente diminuite, persiste una notevole incertezza riguardante il livello di regolamentazione esercitato dalle autorità e l’interpretazione delle norme governanti la Shanghai Free Trade Zone a livello locale. In tal senso, sarebbe consigliabile per gli
investitori stranieri consultare e richiedere l’opinione di professionisti con profonda conoscenza del mercato cinese. Nonostante il nome, infine, la SHFTZ non fornisce nessun tipo di politica fiscale preferenziale agli investitori stranieri.
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Rosario Di Maggio
La clausola risolutiva espressa in Italia e nel mondo È UNO STRUMENTO CHE, NELL’AMBITO DI UN RAPPORTO CONTRATTUALE, MIRA A TUTELARE LA PARTE INTERESSATA ALLA CORRETTA ESECUZIONE DEL CONTRATTO a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero La clausola risolutiva espressa è uno strumento che, nell’ambito di un rapporto contrattuale, mira a tutelare la parte interessata alla corretta esecuzione del contratto. Analizziamo le differenze tra il sistema italiano e quelli di common law e alcuni principali ordinamenti nazionali maggiormente rappresentativi.
LA CLAUSOLA RISOLUTIVA ESPRESSA NELL’ORDINAMENTO ITALIANO La clausola risolutiva espressa è uno strumento che, nell’ambito di un rapporto contrattuale, mira a tutelare la parte interessata alla corretta esecuzione del contratto. Questo istituto, nell’ordinamento italiano, viene disciplinato espressamente all’art. 1456 c.c. in virtù del quale i contraenti possono pattuire nel contratto una clausola contenente in modo dettagliato e specifico tutte le forme di inadempimento, che generano la risoluzione di diritto del rapporto contrattuale. In tal senso, non può essere considerata clausola risolutiva espressa quella che si limita ad un generico richiamo a qualsiasi tipo di inadempienza che può sorgere durante lo svolgimento del contratto, trattandosi di una clausola di mero stile, normalmente priva di effetto. Come agisce la clausola risolutiva Nel momento in cui si verifica una delle fattispecie elencate nella clausola, la risoluzione del contratto non avviene immediatamente, ma dipende dalla dichiarazione della parte interessata di volersi avvalere di tale strumento. Con ciò si vuole inten-
dere che, con il realizzarsi dell’inadempimento, sorge in capo alla parte che ne ha diritto la facoltà di scegliere tra: - agire per ottenere l’esecuzione della prestazione - o terminare il contratto. Se la parte non inadempiente assume una condotta di tolleranza nei confronti della controparte, ciò non comporta necessariamente una rinuncia alla clausola risolutiva espressa. Nondimeno, una volta richiesta la risoluzione del rapporto contrattuale, non sarà più possibile per il contraente non inadempiente esigere l’esecuzione tardiva della prestazione. Preme altresì mettere in evidenza che, sulla base di numerose sentenze della Corte di Cassazione, il meccanismo giuridico in esame non costituirebbe una clausola vessatoria e quindi non sarebbe soggetto alla doppia sottoscrizione ex art. 1341 c.c.
ORDINAMENTI DI COMMON LAW Mentre nel sistema italiano la clausola risolutiva espressa riceve la propria legittimazione da norme di legge, negli ordinamenti di common law ciò generalmente non avviene e ai contraenti è riconosciuta ampia discrezionalità nella redazione del testo contrattuale. Pertanto, nelle giurisdizioni di common law, in sede di stipulazione contrattuale, le parti dovrebbero avere cura di regolare con diligenza l’istituto della clausola risolutiva espressa normalmente definita “express termination clause”. Material Breaches In generale, in tali ordinamenti, si fa dipendere la risoluzione dal verificarsi di casi di “material breaches” (violazioni di natura sostanziale) i quali, tuttavia, nella clausola in parola vengono meglio precisati e determinati nel contratto. Le parti, in ogni caso, hanno facoltà di indicare liberamente il contenuto della clausola. Va segnalato altresì che in tali sistemi si è affermata la prassi secondo la quale nella stesura di una “express termination clause” si può ricollegare la risoluzione del contratto non solo ai “material breaches”, ma anche al realizzarsi di determinate condizioni. In questo modo vengono sovrapposti due istituti
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che, invece, nel sistema italiano sono ben distinti e separati ossia la clausola risolutiva espressa e la condizione risolutiva. Principali difformità tra ordinamento italiano (clausola risolutiva espressa/condizione risolutiva) e common law In Italia: - il presupposto affinché si possa utilizzare la clausola risolutiva espressa è che un contraente ponga in essere uno tra gli inadempimenti previsti in suddetta clausola; - invece, la condizione risolutiva sottostà al realizzarsi di un qualsiasi accadimento, indipendente anche dalla condotta delle parti. Nondimeno, al contrario della clausola in esame, l’effetto risolutivo della condizione si produce immediatamente senza bisogno di una manifestazione di volontà della parte non inadempiente. - Gli effetti retroattivi, inoltre, nell’ambito della clausola risolutiva espressa operano solo nei confronti delle parti; viceversa, la condizione risolutiva esplica i suoi effetti retroattivi anche relativamente ai terzi. Nella prassi della common law: - realizzatosi uno dei casi individuati nella “express termination clause”, la parte interessata, che intenda richiedere la risoluzione del contratto, deve darne avviso alla controparte inadempiente. - Venuta a conoscenza di tale volontà quest’ultima, in linea generale, ha ancora la possibilità di porre rimedio entro un termine determinato, allo scadere del quale senza l’esito atteso il creditore della prestazione ha diritto a richiedere la risoluzione del contratto. In entrambi gli ordinamenti, il contratto - anche in assenza di una “disciplina autonoma” di provenienza negoziale - si risolve nei casi previsti dalla legge, anche se l’utilità della clausola risolutiva appare evidente, posto che è espressione diretta della volontà delle parti e vale a fugare eventuali interpretazioni poco chiare della legge stessa.
ANALISI DI ALCUNE DISCIPLINE LEGISLATIVE Esaminate, sia pure in via di sintesi, le principali differenze tra il sistema italiano e quello di common law, appare interessante “gettare lo sguardo” ad alcuni ordinamenti nazionali maggiormente rappresentativi delle varie aree geografiche di appartenenza. Spagna All’art. 1430 del Código Civil è espressamente sta-
tuita la facoltà delle parti di pattuire che, al verificarsi di determinati e specifici inadempimenti, il contratto si risolva di diritto (la c.d. “cláusula resolutoria expresa”). Come stabilito nell’ordinamento italiano, anche in Spagna la clausola trova effettiva attuazione solo nel momento in cui la parte che ne abbia interesse manifesti l’intenzione di volersene giovare. Francia In Francia, la clausola risolutiva espressa (o anche “clause de résolution de plein droit”) non è prevista dall’ordinamento legislativo; tuttavia la giurisprudenza francese riconosce ai contraenti la possibilità di inserire nel contratto tale strumento giuridico. Le parti possono quindi liberamente indicare per quali accadimenti il contratto si risolve “de plein droit”. Nel momento in cui si verifica una delle situazioni elencate nella clausola, la parte non inadempiente può promuovere la risoluzione di diritto del contratto e la controparte, normalmente, non ha alcuna facoltà di potersi opporre. Cina Benché la Contract Law cinese non faccia un riferimento esplicito all’istituto della clausola risolutiva espressa, tuttavia all’art. 93 si riconosce alle parti la facoltà di pattuire condizioni al verificarsi delle quali il contraente legittimato può richiedere la risoluzione del contratto. Inoltre, si segnala che all’art. 94 del suddetto testo di legge sono elencate una serie di fattispecie al verificarsi delle quali la parte non inadempiente ha facoltà di porre fine al contratto. In entrambi i casi, la normativa cinese stabilisce che il contraente, che intenda risolvere il contratto, dovrà rendere nota tale volontà alla controparte. Se quest’ultima non si oppone, il rapporto contrattuale cessa. Singapore Nella normativa di diritto commerciale di Singapore è sancito che le parti possono far dipendere la risoluzione del rapporto contrattuale dal verificarsi di determinati eventi, specificati ed individuati nella clausola risolutiva espressa. Nel caso in cui tale clausola non fosse prevista all’interno del contratto, alle parti è riconosciuta la possibilità di risolvere il rapporto contrattuale al realizzarsi di date situazioni, come nel caso in cui la parte inadempiente incorra in un “material breach”: ovvero sia incapace di eseguire la prestazione contrattuale o abbia informato la controparte di non voler adempiere a quanto disposto dal contratto.
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Colombia e Cile In Colombia e Cile non si fa alcuna differenza tra clausola risolutiva espressa e patto commissorio: istituti che, invece, nell’ordinamento italiano sono disciplinati separatamente. In ogni caso, i due ordinamenti sudamericani permettono alle parti di pattuire per quali inadempimenti il contratto si debba ritenere risolto. Cile e Colombia, inoltre, operano una distinzione tra patto commissorio “simple” e quello “calificado”: - il primo, nel momento in cui si verifica una delle situazioni prospettate dalle parti nel contratto, fa sorgere in capo alla parte adempiente la facoltà di scegliere tra esigere un’esecuzione forzata della prestazione oppure terminare il rapporto. - Il patto commissorio “calificado”, invece, genera direttamente la risoluzione di diritto. Paraguay Il Paraguay presenta una disciplina legislativa simile a quella prevista in Colombia ed in Cile. All’art. 725 del Código Civil paraguayano è statuito che, per il tramite dell’istituto del patto commissorio “expreso”, le parti possono indicare quali inadempimenti determinano la risoluzione del contratto. La parte interessata, al sorgere di una delle fattispecie elencate nel patto commissorio “expreso”, acquisisce la duplice facoltà di richiedere l’esecuzione della prestazione oppure la cessazione del rapporto contrattuale.
Nondimeno, non è consentito utilizzare lo strumento giuridico in questione in qualsiasi tipo di contratto. Invero, L’art. 725 del Código Civil sancisce, fra l’altro, che il patto commissorio “expreso” non può essere previsto in caso di ipoteca. Brasile La legislazione brasiliana all’art. 474 del Código Civil prevede, in linea generale, la possibilità per le parti di inserire nel testo contrattuale una clausola risolutiva espressa o anche tacita, senza però specificare le caratteristiche che tale strumento giuridico deve possedere. All’art. 475, inoltre, è statuito il diritto della parte danneggiata dall’inadempimento a richiedere la risoluzione del contratto. Qatar All’art. 184 del Codice Civile del Qatar è riconosciuta ai contraenti la facoltà di indicare espressamente nel contratto tutte quelle circostanze da cui discende una risoluzione automatica del rapporto contrattuale, senza bisogno di un intervento del giudice. Nell’ordinamento del Qatar tale fattispecie è definita come “un diritto” delle parti di risolvere il contratto al verificarsi di determinati eventi. Nell’eventualità in cui le parti non inseriscano una clausola di tale portata, la risoluzione del rapporto contrattuale può avvenire solo nei casi stabiliti dalla legge o in forza di una pronuncia giudiziale.
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Avv. Maurizio Gardenal
Veicoli e trasporti eccezionali. Scorte tecniche ISTRUZIONI DEL MINISTERO DELL’INTERNO SULLE RECENTI NOVITÀ NORMATIVE Con circolare prot. 300/A/7926/14/1101/21/2 del 5 novembre 2014 il Ministero dell’interno, Direzione centrale per la Polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato ha diramato le prime istruzioni in ordine alle disposizioni sulle scorte tecniche ai trasporti eccezionali, introdotte dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 27 agosto 2014 (v. Apinforma n. 18/2014, pp. 64-65), annunciando anche l’emanazione di successive istruzioni operative per il proprio personale. La circolare in esame si sofferma, invece, sulla rimodulazione della composizione della scorta tecnica riguardante la circolazione dei veicoli e dei trasporti eccezionali sulle strade a doppio senso con una corsia per senso di marcia, aventi le sottostanti caratteristiche: - larghezza nei limiti dell’art. 61 del codice della strada (c.d.s.) e lunghezza superiore a 29 m; - larghezza superiore a 2,70 m. e lunghezza non superiore a 21 m;
- larghezza non superiore a 3,20 m e lunghezza nei limiti dell’art. 61 del c.d.s. Per questi trasporti le nuove disposizioni prevedono che la scorta sia formata da un autoveicolo con a bordo il conducente e una persona abilitata alla scorta tecnica, mentre in precedenza bastava la presenza di un conducente abilitato. Per questa fattispecie la circolare precisa che: - come tutte le ipotesi in cui sono richieste due persone a bordo del veicolo di scorta, la persona che guida il veicolo non deve essere necessariamente abilitata; - la modifica interessa le autorizzazioni al trasporto rilasciate dopo l’entrata in vigore delle modifiche al disciplinare, quindi, a partire dal 2 ottobre 2014, data di pubblicazione sulla G.U. e di entrata in vigore del citato d.m. 27 agosto 2014. Per le autorizzazioni rilasciate fino al 1° ottobre 2014 o, comunque, per le autorizzazioni in cui l’istruttoria era stata completata a quella data, la presenza di una seconda persona sulla vettura di scorta non è richiesta fino alla naturale scadenza del titolo e, comunque, non oltre il 30 gennaio 2015. In tal caso sarà sufficiente, quindi, che alla guida del veicolo si trovi un conducente abilitato alla scorta. Copia della circolare, di ogni altra documentazione ed eventuali informazioni possono essere richieste all’ufficio trasporti dell’Associazione.
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(AdT)
Legislazione alimentare NOVITÀ NORMATIVE, NAZIONALI E COMUNITARIE, SPECIFICHE PER GLI OPERATORI DELL’INDUSTRIA ALIMENTARE Fonte: Unionalimentari
ETICHETTATURA Indicazione Allergeni La Commissione Europea ha avviato una consultazione pubblica, che terminerà il 4 gennaio 2015, sulle linee guida relative alla fornitura di informazioni sulle sostanze e prodotti che provocano allergie o intolleranze elencati nell’allegato II del Reg. (UE) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni alimentari ai consumatori. oOo
DATI DI MERCATO 48a SETTIMANA 2014 (DAL 24 AL 30 NOVEMBRE 2014) Sono disponibili i rapporti settimanali, suddivisi per i diversi comparti merceologici, contenenti informazioni e dati aggiornati sull’andamento dei prezzi dei prodotti monitorati e sulle principali variabili statistico-economiche, inclusi consumi e commercio con l’estero, per i seguenti settori: avicunicoli; bovini; frumento; frutta fresca e agrumi; lattiero caseario; mais ed alimenti per il bestiame; oli vegetali; ortaggi e patate; ittico; riso; suini; vini e alcolici.
I dati riportati sono gli ultimi disponibili e sono riferiti alle rilevazioni effettuate nel corso delle settimane sopra indicate. I rapporti possono essere richiesti all’Ufficio Ambiente Sicurezza ed Energia dell’Associazione. oOo
RASFF – RAPID ALERT SYSTEM FOR FOOD AND FEED Il meccanismo delle comunicazioni rapide è uno strumento essenziale per la valutazione di eventuali rischi e per la tutela del consumatore. Per notificare in tempo reale i rischi diretti o indiretti per la salute pubblica connessi al consumo di alimenti o mangimi è stato istituito il sistema rapido di allerta comunitario, sotto forma di rete, a cui partecipano la Commissione Europea, l’EFSA (Autorità per la sicurezza alimentare) e gli Stati membri dell’Unione. Dati relativi alla settimana n. 48, dal 24 al 30 novembre 2014. È stato pubblicato l’elenco riepilogativo delle 70 notifiche (di cui 12 allerte) effettuate tramite il Sistema di Allerta Rapido Comunitario. Due allerte avviate dall’Italia: presenza di quantità elevate di E. Coli in molluschi bivalvi di provenienza italiana, presenza di latte non dichiarato in etichetta in crackers provenienti dalla Germania. Significativo numero di respingimenti da parte dell’Olanda (14) per prodotti con caratteristiche organolettiche inadatte, in particolare per prodotti di diversa tipologia congelati ed alcune per prodotti decongelati.
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