Fico invernale nero

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I FRUTTI DIMENTICATI

A CURA DI ORLANDO SCULLI E ANTONINO SIGILLI

DOMENICA 08 GENNAIO 21

Ogni territorio vanta delle particolarità nel campo delle coltivazioni arboree ed in quelle ortive che naturalmente derivano da mondi lontani, ma per quelle dei fichi le perdite risultano notevoli ed irreparabili, in quanto molte varietà venivano coltivati nei vigneti, che abbandonati, furono sottoposti ad incendi devastanti.

Fico invernale nero Ficus carica L./ Famiglia moracee / Ficara i mbernu nigra Ogni territorio vanta delle particolarità nel campo delle coltivazioni arboree ed in quelle ortive che naturalmente derivano da mondi lontani, ma per quelle dei fichi le perdite risultano notevoli ed irreparabili,in quanto molte varietà venivano coltivati nei vigneti, che abbandonati, furono sottoposti ad incendi devastanti. Per quanto riguarda la varietà qui presentata, appartiene a quelle definite d’inverno o mbernitiche, ma ciò non è vero in quanto la loro produzione si articola nel mese di settembre fino alla prima decina di ottobre, collocandosi quindi nella parte finale dell’estate e all’inizio dell’autunno. Essa appartiene ad una serie di varietà consimili tutte dalla buccia che vira al marroncino che hanno in prevalenza una particolarità negativa consistente nel fatto che quando piove si aprono per cui poi possono inacidire, la presente invece resiste bene alle piogge per cui mantiene intatta la buccia che si fende appena , mostrando la “ cammisella “ ossia la parte candida sotto la buccia, che delimita la polpa rosea ; il suo sapore è buono, dolce al punto giusto. Tale varietà non è bifera ossia non produce due volte all’anno, con la prima produzione costituita dai fioroni e la seconda dai forniti, ossia i fichi veri e propri, ma solo da forniti. Generalmente i fichi cosiddetti invernali, che tali non erano, venivano innestati sui caprifichi ossia i fichi selvatici, perché avevano una resistenza maggiore ed anche perché qualora fossero stati riprodotti per talea avevano una durata di gran lunga minore e producevano

frutti più scadenti. Le altre varietà, tra cui il dottato, oppure lo Schiavo o Mulingiana, si preferiva riprodurle per talea e non attraverso i polloni che venivano emessi dalla pianta alla base del tronco in quanto le piante riprodotte per talea stentavano a crescere, per cui un proverbio popolare avvertiva: “ crisci prima nu figghjòlu ca na ficara cu nu pedaloru ( pollone )”.E naturalmente i contadini più accorti accoglievano i consigli, procedendo con due modalità differenti . Nell’area di Palizzi recidevano un ramo di fico alla fine di febbraio, spaccavano per la profondità di circa 5 cm il ramo dalla parte recisa, e v’infilavano una pietruzza piatta e poi mettevano a dimora il ramo stesso ad una profondità di circa mezzo metro. Dalla parte spaccata venivano fuori le radici e la piccola pietra ne impediva la chiusura . D’estate bisognava bagnare il ramo ogni quindici giorni e durante la bella stagione esso emetteva radici abbondanti . Nello spazio di pochi anni il ramo si trasformava in una pianta produttiva. Nel circondario di Bianco invece veniva scavata una fossa profonda quasi un metro , sempre alla fine di febbraio e vi veniva calato un ramo non piccolo, articolato in tanti rametti e di essi veniva lasciato fuoruscire solo uno. La terra sopra veniva pressata e poi irrigata non abbondantemente ; l’intervento d’irrigazione veniva ripetuta d’estate ogni quindici giorni, favorendo il radicamento del ramo che nello spazio di due o tre anni cresceva notevolmente e nello spazio di cinque o sei, diventava una pianta dalla grandezza notevole.

Una casa precaria PASQUALE GIURLEO PROBABILMENTE ARCHITETTO Un po’ di tempo fa scrissi una storia breve e stralunata che aveva per protagonista femminile Marilyn Monroe. Descrissi Marilyn giovane e bella, tenera e svampita, tanto sensuale quanto bisognosa di un affetto che gli uomini, troppo occupati a perdere la testa per le sue forme, non sapevano darle. In pratica la feci identica alla Marilyn che tutti conoscono. Tranne per un piccolo particolare. La Marilyn della mia storia non era un'attrice e viveva in una casa costruita sopra una cascata. Avete presente la Fallingwater di Frank Lloyd Wright? Quella costruita in Pennsylvania sul ruscello Bear Run? Ebbene, la casa in cui abitava la mia Marilyn era proprio quella. Ho una grande ammirazione per tutto ciò che ha progettato Wright, ma niente è paragonabile alla mia passione per la casa sulla cascata. Fra i miei sogni più grandi c'è quello di dormirci almeno per una notte cullato dal rumore dell'acqua che scorre sotto il pavimento. E per questa ragione che ne ho fatto la casa di Marilyn Monroe. Perché l’attrazione che provo per lei è fisica e irresistibile. Perché la vedo come un corpo da amare. In effetti, quando dico "dormirci" intendo proprio dormirci. Dormirci insieme, cioè. Ma siccome dietro a ogni nostra passione

sfrenata si nasconde un segreto che ci parla di noi stessi, mi sono domandato cosa ci trovi di così fatalmente attraente nella casa sulla cascata. Indubbiamente il fatto che sia immersa nella natura ha la sua importanza ma c'è anche dell'altro. Negli spigoli arrotondati dei suoi volumi essenziali, per esempio, c'è qualcosa che contraddice quel che essa dovrebbe sembrare. Quella casa è moderna e al tempo stesso non lo è. Ma la cosa più straordinaria è che la contraddizione non pregiudica affatto la sua precaria armonia. Avete letto bene, ho scritto proprio "precaria". Perchéè, a guardarla, quella casa è una costruzione impossibile. Spunta dagli alberi e se ne sta sospesa sull'acqua come niente fosse, come non avesse fondamenta. Quando i tecnici videro i disegni di Wright obiettarono che non si sarebbe mai retta. Non si può certo biasimarli, nessuno aveva mai visto niente di simile prima di allora. L'architetto andò su tutte le furie e si narra che fece avvolgere con bende i pareri dei tecnici affinché venissero seppelliti sotto la pietra angolare dell’edificio. Sembra che quei pareri siano ancora là, murati come mummie dentro una parete del soggiorno. Probabilmente ad affascinarmi tanto e proprio questa impossibilità. Del resto, cosa c'è di più duraturo e fatale di un amore impossibile? E non è di sicuro un caso se a un certo punto della mia storia la casa sulla cascata si dissolve nel nulla. Ho immaginato, infatti, che uno spasimante di Marilyn cominci a corteggiare la ragazza telefonandole in continuazione. Un bel

giorno Marilyn smette di rispondere. L'uomo seguita a comporre il numero ma l'apparecchio squilla a vuoto. Marilyn è sparita. Per comunicare la sensazione di vuoto e disperazione che assale lo spasimante mi venne l'idea di interrompere il flusso della scrittura con una vecchia foto

degli anni Trenta che ritrae lo scenario naturale di Fallingivater prima che si dessero inizio ai lavori di costruzione. Tutte le volte in cui l’immagine della casa mi capita sotto gli occhi, la sensazione che ne ricavo è la stessa che si prova risvegliandosi bruscamente da un sogno bellissimo. E

allora ripenso a quel tenebroso racconto di Edgar Allan Poe in cui un uomo solitario, dopo aver cavalcato per un intero giorno sotto un cielo di nuvole basse, giunge alla malinconica Casa degli Usher destinata a diventare un cumulo di macerie. Eh sì, perché ogni uomo ha una suo speciale destino. Il mio sembra essere quello di non poter mettere radici. Per ragioni che ancora mi sfuggono, mio padre non ha fatto altro che spostarsi da un posto all'altro e la mia giovinezza è stato un continuo viaggiare, dall’ Arabia Saudita, così si chiamava, all’Australia. Preso da una sorta di diaspora tutta mia continuo ancora adesso a viaggiare furiosamente. Ho sofferto a lungo per il fatto di dovere tenere molti oggetti chiusi nelle scatole, già pronti per il trasporto. Ma a questa precarietà mi sono abituato e, addirittura questa condizione, è diventata necessaria per la mia psiche. Per questo ho progettato una stanza tutta per me, che collocherò sulla terrazza della casa che abito a Locri, una scatola di legno e carta, di 4x4x4, sedici metri quadrati, dove c’è il minimo indispensabile per vivere, lo spazio sufficiente per accatastare i libri uno sull’altro e stipare quadri imballati con la plastica multi bolle. II che non significa che abbia rinunciato al mio amore impossibile. In fondo, la casa sulla cascata è ancora in piedi e non è escluso che riesca a dormirci, una notte o l’altra. Magari con Uma Thurman, visto che Marilyn non c’è più. Dovesse accadere, vi prego caldamente di non svegliarmi una volta tanto.


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