Pera Moscatello

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CULTURA E SOCIETÀ

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I FRUTTI DIMENTICATI

A CURA DI ORLANDO SCULLI E ANTONINO SIGILLI

DOMENICA 26 FEBBRAIO 20

In passato e stupende piccole pere del Moscatello, che sembrano di marzapane o espressione immaginaria di qualche bravo pittore, non erano per i poveri, ma semmai arricchivano le tenute dei ricchi proprietari terrieri, mentre i contadini manco ci pensavano a immetterli nei loro piccoli campi.

Moscatello Pirus communis L. / Fam. Rosacee

Tale varietà di pero in Calabria si “avvista” come un’Araba Fenice solo in qualche raro esemplare, talvolta molto vecchio, in posti distanti tra di loro, in provincia di Reggio e in quella di Catanzaro; sicuramente esiste anche nelle altre province calabresi. In provincia di Reggio, dove è stato individuato, a Motticella di Bruzzano, viene indicato da qualcuno che mantiene il ricordo, come Garoffalo e Cannella, mentre nel territorio di Gioiosa Jonica esso è chiamato Moscatello. In provincia di Catanzaro le deliziose piccole pere qui rappresentate, a partire da Guardavalle, dove sono state offerte 4 anni addietro durante una “festa del grano”, organizzata dalla cooperativa Punta Stilo, guidata dal dott. Francesco Quaranta, vengono denominate con sicurezza dalle persone anziane come Moscatelle. Ancora nel Soveratese le persone anziane indicano la varietà ancora con tale nome, mentre la loro presenza nel territorio di Caraffa di Catanzaro è molto consistente e Moscatella è la denominazione che le viene attribuita con sicurezza. Di conseguenza essa è la denominazione giusta, mentre a Motticella e a Gerace sono indicate come Moscatelle due varietà di peri molto interessanti, ma diverse tra di loro. Molti non si riescono a comprendere il motivo per cui tale varietà abbia avuto una scarsa diffusione

nonostante la sublimità dei suoi frutti, ma a questo punto bisogna ricordare che fino agli inizi degli anni 50 del Novecento, quando di colpo venne meno la civiltà contadina, ogni cosa che veniva prodotta non doveva avere la caratteristica di prodotto voluttuario, ma semmai doveva appartenere al settore del duro valore dell’essenzialità. E le deliziose pere della varietà Moscatello erano troppo appetibili, troppo gustose, fragilissime e tanto desiderate da grandi e piccini, per cui venivano subito mangiate e non potevano concorrere a costituire le riserve alimentari invernali per uomini e animali. Nella Locride e nella Bovesia erano diffusissime e utilizzate per le pere secche (cottia, cortea, ecc.) le varietà rustiche e molto produttive delle varietà Campanella o Muntagnisi, Gentile, Gentile di S. Agata, Gentile di S. Anna, Colicissarica ecc., che davano frutti aspri e mangiati non con sommo piacere e di conseguenza, in agosto venivano spaccate a metà e poste a essiccare al sole su incannicciate o su grandi rocce. D’inverno poi venivano mangiati come i fichi secchi o bolliti, mentre costituivano un elemento fondamentale d’ingrasso per i maiali, assieme alle ghiande e alle castagne, e di nutrimento aggiuntivo per le mucche durante “lo Sporo” (semina), l’aratura faticosissima per la semina, quando le povere bestie con piaghe sanguinanti al collo sotto il

Ventuno sensi

La luce rossa

PASQUALE GIURLEO PROBABILMENTE ARCHITETTO È tramontato per sempre l’antico schema di derivazione aristotelica che limitava a cinque il numero dei sensi con cui esploriamo il mondo esterno vista, udito, tatto, gusto e olfatto, il numero giusto è diventato 21. Non si parla più di vista, perché la percezione della luce è ben distinta rispetto a quella del colore. Mentre il gusto si divide in quattro, riconoscendo autonomia ai quattro gusti fondamentali: dolce, salato, acido, amaro. E se il tatto resta un senso a se, gli si affiancano altri sensi collegati ma autonomi, come la percezione del dolore, del caldo, del freddo. Per arrivare a 21 basta aggiungere il senso dell’equilibrio e la propriocezione che ci consente di valutare, anche a occhi chiusi, attraverso una serie di recettori posti nei muscoli e nelle articolazioni, la nostra posizione nello spazio e i nostri movimenti. Femminile e maschile vivono una stagione di interrelazione stretta, all’interno della quale prendono forma nuove dinamiche di realizzazione, attraverso una condivisione che scavalca la propria appartenenza di genere. La relazione dei sessi avviene attraverso lo scambio di compiti e ruoli dove le caratteristiche più salienti di uno vengono reinterpretate dall’altro. La dimensione della famiglia si allarga a quella della coppia etero, omo, trans, ma anche del gruppo di amici appassionati. In termini creativi e progettuali questi fenomeni sono colti e sviluppati dalla nuova cultura del progetto. Il design ha fornito negli ultimi tempi esempi emblematici in questa direzione realizzando oggetti e architetture che prestano attenzione allo stato d’animo degli abitanti della casa. Lampade emozionali interattive che si illuminano a seconda dell’umore, strutture a scomparsa che seguono i movimenti del pensiero, mobili che cambiano destinazione d’uso e di identità con l’aumento della temperatura o con il tocco di una persona. Gli spazi della casa e della città diventano nervosi e umorali metafore oniriche e cangianti che giocano sul contrasto e sull’illusione.

giogo, tiravano l’aratro di legno dalle sette del mattino fino all’imbrunire. Le stupende piccole pere del Moscatello, che sembrano di marzapane o espressione immaginaria di qualche bravo pittore, non erano per i poveri, ma semmai arricchivano le tenute dei ricchi proprietari terrieri, mentre i contadini manco ci pensavano a immetterli nei loro piccoli campi. I bambini dei poveri le guardavano però con ardente desiderio e si organizzavano in piccoli gruppi e talvolta preparavano delle scorribande e potevano soddisfare i loro desideri, rubando i frutti; era del resto consentito dalla morale contadina, ristretta però ai bambini, in quanto se l’appropriazione indebita fosse stata effettuata a opera degli adulti, tale atto era considerato giustamente furto. Non moltissime erano le varietà di peri che erano considerati sublimi al pari del Moscatello, che fra l’altro produce a grappoli dei frutti rigorosamente immuni da malattie, che tranquillamente si può fare a meno di sottoporre a trattamenti anticrittogamici. Essi cominciano a maturare dalla seconda decina di giugno e sforano di qualche giorno la prima di luglio; la loro polpa candida risulta soda, leggermente aromatica e moderatamente croccante e vengono mangiati interamente, dopo che vengono privati dei peduncoli.

La luce del mattino aveva un colore grigio chiaro luminoso, quasi inerte, non faceva né caldo né freddo, non era né umido né secco, sapeva solo che era sabato mattina e che il turno di notte era stato sufficientemente noioso. Si lasciò posteggiare di fronte al residence per Transfamiliari nel quale abitava con altri da qualche anno; l’edificio, di medie dimensioni, era liscio e opaco, ricco di minuscole finestre che lo facevano sembrare più grande, finestre che naturalmente non si aprivano, ma questo non gli dispiaceva, gli era indifferente. Prima di lasciare il lavoro aveva telefonato a «casa» e istruito con fischietti modulati il computer perché gli preparasse l’acqua per gli spaghetti e il notiziario a colori del giorno precedente. Mentre saliva in ascensore ripensò a queste elementari operazioni che gli garantivano, in mancanza d’altri, un’accoglienza decente; d’altronde, da quando il vivere in coppia o in famiglia non era più praticato, questi accorgimenti, insieme a molti altri, sostituivano l’arcaico focolare e davano indubbiamente un senso di appartenenza alla comunità. Lui viveva solo perché l’aveva scelto ma, esclusa la coppia, c’erano diverse combinazioni transfamiliari possibili: coppie omosessuali, terzetti etero, gruppetti ideologici, microcominità artigiane complementari con cuoco, sarto, elettricista, poeta, oppure: notaio, cartolaio, elettricista, infermiera… Data la complessa struttura elettrica dei servizi, l’elettricista non doveva mancare mai; lui, che viveva solo, aveva risolto il problema usando in comune quello del gruppo transfamiliare che abitava al suo stesso livello; era ancora permesso. Entrò nella sua «stanza», attraverso la soglia si accese la luce sopra la porta, debolmente; l’impianto di illuminazione non aveva interruttori, l’accensione era programmata in funzione dell’avvicinarsi di corpi caldi e l’intensità era regolata in funzione dello stato psichico; «illuminazione emozionale» l’avevano chiamata. Una bella invenzione con qualche inconveniente trascurabile. Se c’era una festa o lui riceveva ospiti le luci diventavano fortissime e cangianti, se due litigavano erano lampeggianti, durante le conversazioni colte assumevano toni azzurrati, questa volta che era solo e senza umore le luci erano fioche e con uno strano tremolio. Non aveva più fame, «devo avere l’influenza», pensò,

meglio andare a dormire. Approdò a letto, le luci negli altri angoli della stanza si spensero automaticamente; solo quando fu sotto le coperte si accorse della luce rossa. Il solito inconveniente: solo facendo all’amore il calore e l’umidità dei corpi inserivano la luce rossa; «chissà perché rossa?». Si ricordò dei racconti dello zio sui cine-porno, «quelli con la luce rossa», gli diceva con aria complice; rosso/pericolo/toro/semaforo, associava liberamente cercando di spegnere la luce; «devo avere la febbre, il computer invece pensa al sesso», ed era solo a letto; il computer aveva certamente delle opinioni, avrebbe immaginato dell’erotismo solitario, e allora?, tanto non era peccato, anche se un po’ lui sentiva che lo era; «che luce avrà il senso del peccato e che forma il suo interno?»: questo il sistema di «illuminazione emozionale» non lo sapeva, forse rosso anche lui. Pensava a quando erano gli ambienti a provocare le emozioni, ora erano le emozioni a modificare gli ambienti. Vibrò il telefono, «vestiti, si va in week-end ai villini»: era un’amica abbastanza antipatica di un gruppo transfamiliare vicino. Da qualche tempo era di moda e anche istruttivo visitare alcune zone periferiche dove, come in riserve, sopravvivevano protette forme di vita familiare arcaiche, con il villino, i figli, il barbecue, l’auto, la camera matrimoniale, la cucina per tutta la famiglia, il campanello, lo zerbino, il multicanali, le aiuole, le tendine, il cane, le lampade a pulsante… Vivevano in aree recintate a ingresso limitato ma erano ancora abbastanza amichevoli ed ospitali. Esitò un poco, richiese sul display l’entità del suo

conto in banca, era a zero; ai villini ci era già stato e aveva provato uno strato senso di catastrofe; non capiva bene chi dei due osservasse l’altro, e poi non stava bene; declinò l’invito e facendo accendere e spegnere le luci al suo passaggio si rimise a letto. La luce rossa rimase spenta, forse non aveva più febbre. •È tramontato per sempre l’antico schema di derivazione aristotelica che limitava a cinque il numero dei sensi con cui esploriamo il mondo esterno vista, udito, tatto, gusto e olfatto, il numero giusto è diventato 21. Non si parla più di vista, perché la percezione della luce è ben distinta rispetto a quella del colore. Mentre il gusto si divide in quattro, riconoscendo autonomia ai quattro gusti fondamentali: dolce, salato, acido, amaro. E se il tatto resta un senso a se, gli si affiancano altri sensi collegati ma autonomi, come la percezione del dolore, del caldo, del freddo. Per arrivare a 21 basta aggiungere il senso dell’equilibrio e la propriocezione che ci consente di valutare, anche a occhi chiusi, attraverso una serie di recettori posti nei muscoli e nelle articolazioni, la nostra posizione nello spazio e i nostri movimenti. • Femminile e maschile vivono una stagione di interrelazione stretta, all’interno della quale prendono forma nuove dinamiche di realizzazione, attraverso una condivisione che scavalca la propria appartenenza di genere. La relazione dei sessi avviene attraverso lo scambio di compiti e ruoli dove le caratteristiche più salienti di uno vengono reinterpretate dall’altro. La dimensione della famiglia si allarga a quella della coppia etero, omo, trans, ma anche del gruppo di amici appassionati. •In termini creativi e progettuali questi fenomeni sono colti e sviluppati dalla nuova cultura del progetto. Il design ha fornito negli ultimi tempi esempi emblematici in questa direzione realizzando oggetti e architetture che prestano attenzione allo stato d’animo degli abitanti della casa. Lampade emozionali interattive che si illuminano a seconda dell’umore, strutture a scomparsa che seguono i movimenti del pensiero, mobili che cambiano destinazione d’uso e di identità con l’aumento della temperatura o con il tocco di una persona. Gli spazi della casa e della città diventano nervosi e umorali metafore oniriche e cangianti che giocano sul contrasto e sull’illusione. P.G.


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