Pero Spinella

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CULTURA E SOCIETÀ

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I FRUTTI DIMENTICATI

A CURA DI ORLANDO SCULLI E ANTONINO SIGILLI

DOMENICA 12 MARZO 20

In Calabria le varietà di pero sono numerosissime e ogni territorio vanta specificità che non appartengono ad altri, talvolta vicini, e probabilmente ciò è dovuto al fatto che tante comunità siano provenienti da mondi lontani da cui avranno portato nella nuova sede le essenze dei paesi d’origine.

Pero Spinella Pirus communis L.

pero è una delle poche specie di piante che sono state presenti in Europa e nell’Africa settentrionale prima che in altri contesti e di conseguenza in millenni ha potuto differenziarsi in numerosissime varietà, specie nei paesi del bacino del Mediteranneo. In Calabria le varietà di pero sono numerosissime e ogni territorio vanta specificità che non appartengono ad altri, talvolta vicini, e probabilmente ciò è dovuto al fatto che tante comunità siano provenienti da mondi lontani da cui avranno portato nella nuova sede le essenze dei paesi d’origine. I peri offrono, di tutti gli alberi da frutta (forse tranne che per gli agrumi), l’arco di tempo più ampio per la produzione che comincia ai primissimi giorni di giugno, per alcune varietà, fino a superare la prima quindicina di ottobre; addirittura esiste la varietà Castiglione che raggiunge agevolmente la fine di dicembre. La varietà qui presentata, nonostante non offra frutti eccezionali, è ampiamente diffusa in buona parte della provincia di Reggio, specie sulle costa ionica e probabilmente sarà presente nelle altre province calabresi. L’unico motivo che possa spiegare tale diffusione e di conseguenza il successo è dovuto al fatto che tale varietà era quasi l’ultima ad arrivare a maturazione. L’altra varietà della provincia di Reggio, che produceva dei frutti che venivano raccolti al tempo della vendemmia era quella denominata Lisciarduni o più banalmente Pero d’Inverno. I giudici più esigenti e più imparziali erano come al solito i ragazzini che non organizzavano delle spedizioni verso gli alberi di Spinella, che producevano delle pere alla vista allettanti, belle da vedere, ma in questo periodo essi erano attratti da altri frutti più invitanti, quali potevano essere i grappoli delle ultime vigne ancora non vendemmiate, le sorbe, i fichi tardivi, le melegrane, le mele invernali, i fichi d’India fuori stagione, le uve “serbevoli” che erano pronte a maturare e cominciavano a essere appese sotto i balconi. Naturalmente in questo periodo non erano ancora maturi le arance e i man-

Il

Credo che osservare le forme e i processi della natura possa aiutare gli architetti a supplire alla decadenza di quelle regole linguistiche che per tanti secoli hanno informato il costruire architettonico. Il tema delle affinità tra le forme dei regni minerale, vegetale e animale può dare luogo a un nuovo linguaggio architettonico. La produzione architettonica contemporanea in effetti sempre più spesso ricorre all’immagine naturale che va dallo zoomorfismo (forme simili agli animali), al geomorfismo (forme di rocce), fino alle diverse declinazioni della cosiddetta architettura bioecologica .Tuttavia è evidente che spesso si tratta escusivamente di manifestazioni del complesso di colpa verso la natura sempre più aggredita dalla civiltà consumistica e tecnologica e si esprime miseramente e superficialmente con la fatuità dei rampicanti davanti alla facciate, nella moda di alberi benignamenente appoggiati sui tetti, nella decorazione fitomorfica dei pannelli serigrafati nelle facciate o nell’inserimento di dinosauri nella composizione architettonica.

darini, ma già erano allettanti le arance dolci e poi, sulle incannicciate nei bassi o ancora per terra, erano mature le pere Liscaiarduni. Per parlare dell’uso che si faceva delle pere qui presentate è stato necessario recarsi in contrada Stabile del comune di Staiti, dove sono state fotografate su una pietra nel podere di Benedetto Tuscano, detto Nato, il quale ha cominciato a parlare con rimpianto del periodo in cui anche le pere Spinelle erano oggetto di attenzione. Erano dolci e croccanti e a ben pensare erano poi buone e quando si lasciavano anch’esse sulle incannicciate o tra la paglia diventavano migliori di quanto non se ne dicesse. Esse però non erano adatte per ricavare delle pere secche, anche perché in ottobre il sole era ormai troppo debole, ma del resto quelle in esubero veni-

vano date ai maiali che le gradivano moltissimo, intervallandole con le ghiande dei farnetti che in verità tanto dolci non erano. Erano ancora utilissime per le mucche sfinite dall’aratura dei maggesi e impegnate fino ai primi di novembre e oltre per lo “sporo”, ossia la semina del grano, dell’orzo, delle fave e delle favette. Ogni tanto il vigile contadino, attento alla loro salute, porgeva loro nel palmo della mano una pera Spinella oppure una manciata di fave, per dar loro la forza per continuare nel loro lavoro defatigante. Un riguardo maggiore era riservato alle mucche gravide che non erano esentate dalla fatica, ma ogni tanto venivano sottoposte a un periodo meno lungo di lavoro, per evitare che “sporchiassero”, ossia che abortissero. E, ancora, le pere Spinelle non avevano esaurito le loro potenzialità in quanto ormai con i primi freddi essi potevano essere usate come componenti per i decotti utili per espettorare. Assieme alle pere fresche, Spinelle, si mettevano a bollire in circa tre litri d’acqua le pere secche (cortea, cottia ecc.), i fichi secchi, le radici di liquirizia, di altea, i fiori di malva, i fiori di cardo santo, un limone con tutta la buccia, un mandarino intero anche se poco maturo, una mela spaccata a metà e, i meno poveri ci aggiungevano, qualora lo avessero avuto, del miele o in alternativa un bicchiere di vin cotto; il tutto era ridotto a un terzo, dopo una lunga bollitura. Naturalmente le pere potevano essere usate fresche perché dolci e croccanti, ma diventavano deliziose quando venivano bollite, perché rimanevano sode e i non poveri ci aggiungevano sopra una spolverata di zucchero. Per conservare più a lungo questi frutti, a quanto pare, non disprezzabili, venivano intrecciate con cordicelle dei contenitori retati a forma rotondeggiante e lì dentro venivano riposti quelli più sani e alla fine appesi sotto i balconi, dove si sarebbero conservati per due tre mesi ancora.

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Gentile signora osservando i suoi fiori che tanto ama e cura ho pensato per lei a una casa con la pianta a forma di fiore. Il fiore prescelto a modello è quello della margherita selvatica, la Bellis perennis, quella dai bellissimi capolini a linguette bianche. Il luogo che le consiglio è quello della vostra proprietà a mare. Ho pensato di collocarla dietro le dune, un po’ interrata. Al centro della corolla le ho collocato un grande oblò da cui la luce naturale del sole e della luna potrà entrare nel cuore della casa. La copertura dei petali sarà fatta di sale marino che rifletterà l’accecante sole di giorno e brillerà fosforescente di notte. All’interno dei cinque petali saranno collocate le tradizionali stanze della casa: ingresso, cucina, studio per lettura, camera da letto e bagno; nella zona centrale (corolla) con la grande finestra apribile sul cielo, il soggiorno che si configura come uno spazio aperto, circolare, attorno al quale gravitano le cinque stanze. Gli ambienti hanno ciascuno un colore e un odore diverso e i loro oggetti sono pensati in riferimento alle forme della natura: animali, fiori e piante. Naturale e artificiale, analogia e astrazione, sono le tematiche principali attraverso le quali questo progetto si è sviluppato. SOGGIORNO. Il soggiorno di questa casa si trova al centro del fiore, una stanza circolare in cui si accede da tutte le stanze indipendentemente e serve viceversa di passaggio per tutte le altre. Tutt’attorno si trova il corridoio, dal quale è separata solo dal diverso colore del pavimento che la delimita. All’interno un pavimento colorato, fatto

di resina vegetale rosso carminio, di piccoli ciottoli bianchi di mare e di granelli di vetro azzurro, suddivide ulteriormente in due zone: una che comprende il centro della stanza e una “concentrica” attorno a questa. Al centro della stanza vi è una grande aiuola di argilla dove si pianterà la menta della corsica, con i minuscoli fiori color malva, la menta citrata, la menta puleggio, la menta verde. Quando la finestra sul soffitto è aperta potrà entrare anche la pioggia e il vento. In quella delimitata dal pavimento colorato si trovano alcuni divani a forma di ameba e di diverse dimensioni disposti senza un andamento direzionato, come isole che emergono dal mare; i tavolini, piccola popolazione di oggetti in forma morbida che ricordano il ricettacolo di un fiore di loto; l’insenatura del pavimento porta ancora verso il centro della stanza, punto in cui convogliano gli sguardi di chi accede al soggiorno. L’odore della menta anche se leggermente pepato, non stordisce, non dà alla testa. CAMERA DA LETTO. Questa stanza come molti fiori racchiude gli attributi dei due sessi umani, il maschile e il femminile. Ha il colore del cioccolato e profuma di mirto che è simile alla mirra. Il letto, su di una base a forma di pistillo sezionato, curvata secondo una superficie convessa, è al centro della stanza. Attorno a quest’ultimo, in semicerchio,

un paravento, un armadio a forma di stame con dentro cassetti pieni di polline e una specchiera. Qui una parete è un grande muro verde fatto esclusivamente di basilico. Non temete, l’abuso di basilico e l’abuso d’amore non nuocciono alla salute. BAGNO. Il bagno di colore blu violetto come i fiori di borragine e il profumo di coriandolo si sviluppa secondo un percorso che si avvolge su se stesso a spirale. Seguendo tale percorso incontriamo in successione una sequenza di impronte antropomorfe scavate nel muro secondo la forma delle diverse parti del corpo. Le impronte delle mani, dei piedi, del volto o dell’intera figura umana individueranno le zone in cui quelle determinate parti del corpo potranno essere inserite per i relativi servizi. Nell’area centrale in cui termina la spirale è collocata una vasca che è scavata nel pavimento seguendo la forma del corpo umano. Ai lati della stanza sono situate la sauna e la doccia contrassegnate rispettivamente dalle finestre a nuvolette e a goccia. STUDIO. Lo studio lettura è un ambiente monocromo verde cetriolo con odore di lavanda che rilassa e stimola la creatività, in cui i mobili sono radicati al suolo come le piante superiori. Come in un bosco sono disposti in maniera pressoché casuale, i loro colori derivano dalla sintesi clorofilliana. La

scrivania è come un pistillo appesantito e accoglie una sola persona. I libri da leggere sono appesi con tanti fili trasparenti di nailon. INGRESSO. Giallo lacca dell’acetosella con odore di limone. Due colonne centrali segnano l’ingresso; al loro interno sono collocati il telefono e il video citofono, nell’altro il guardaroba. La tessitura e i colori del tappeto che separa le due colonne derivano dalla visione ingrandita delle spore di una felce. Le mensole portano oggetti e sono illuminate da punti luce a forma di piccoli fiori. Al centro, sul fondo, la cassettiera. CUCINA. Di tenero colore albicocca con odore di timo e peperoncino, il piano di cottura, il lavandino e gli elettrodomestici compreso il tavolo, sono collocati in un unico elemento, con i rispettivi sgabelli, al centro della stanza. Due armadi identici sono posti simmetricamente in fondo alla cucina, con un’unica maniglia che ricorda vagamente una stella marina, uno di essi è trasparente e contiene la serra delle carote che dà il colore alla stanza. Segnano l’ingresso alla stanza due lavandini uguali, per gli ospiti, a forma di cuore. P.s. Potrà sembrare un progetto favolistico e inverosimile costruire un tetto di sale di Cervia, ma vi assicuro che non lo è. I dettagli tecnici e costruttivi li fornirò la prossima volta.


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