USI TEMPORANEI

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USI TEMPORANEI

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IUAV Agosto 2016

ArchitetturaAdesso è una pubblicazione di Architettura che opera come organo indipendente a carattere critico. Ogni numero è pubblicato da un editore invitato.

EDITORIALE #11

Di Paula Monroy

SPAZI IN CONFLITTO: USI URBANI TEMPORANEI Le città contemporanee, in particolare nella zona sud globale, stanno sperimentando un cambiamento paradigmatico in relazione alla loro evoluzione, occupazione e relazione con coloro che la abitano. Il dialogo con il territorio comincia a basarsi su dinamiche di appropriazione dello spazio pubblico, sperimentazione di nuovi usi urbani e interventi temporanei, caratteristiche proprie di ciò che Rahul Mehrotra definisce come città cinetiche. Riferendosi concretamente a Bombay, l’architetto indiano afferma che questa città si regge sulla dimensione temporale e sui meccanismi ciclici attraverso l’uso di strutture effimere, materiali di scarto e sulla pura organicità del suo dispiegarsi attraverso trame formali o statiche. Nella città cinetica la prospettiva non conta; i ritmi del mezzo urbano circondano il transeunte in una continua reinvezione della metropoli1. Parallelamente, le nostre città si confrontano oggi con una popolazione dagli interessi multipli, la cui volontà di esercitare i propri diritti di cittadini si traduce nel continuo sorgere di movimenti di occupazione, i quali, mediante criteri di collaborazione, spontaneità e flessibilità2, tentano di mettere in discussione i processi e gli amministratori che definiscono il destino della città.

si evidenziano l’apparizione di infrastrutture urbane sotto-utilizzate e una crescita della popolazione che tende a trasformare le città in megalopoli.

COMMENTI

Tema attuale: #Usi Temporanei

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Architetto, docente Universidad Mayor (Cile), Facoltà di Architettura. Ricercatrice praticante FAU USP (Brasile).

A partire dalla seconda decade del xxi secolo, le città contemporanee sono state lo scenario di un’ondata di movimenti sociali che non solo hanno tentato di chiarire e legittimare i propri diritti di cittadinanza, ma anche di rompere con quell’assopimento della coscienza che colpisce la popolazione in modo generalizzato. Queste iniziative si trovano riflesse nella sperimentazione di nuovi usi, interventi temporanei e pratiche di appropriazione dello spazio pubblico.

I cosiddetti Paesi del terzo mondo si sono mostrati terreno fertile per tali dinamiche, grazie alla loro natura di luoghi in continua costruzione/ demolizione* infrastrutturale e al clima di lotta per lo spazio all’interno di un suolo urbano che si espande in modo incontrollato. Mappare e registrare il temporaneo risulta quindi fondamentale per l’identificazione non solo dei fattori che contribuiscono alla sua genesi, ma anche dell’impatto che questi possono generare a livello di paesaggio, comunicazione e comportamenti sociali. Applicando distinte forme grafiche di analisi, la rappresentazione diviene strumento utile per tradurre la forma in cui questi fattori vengono interpretati dai loro utenti e i possibili caratteri materiali e immateriali che potrebbero generarsi in quei frammenti di megalopoli * Alberto Sato nel definire le Chiusure Urbane «Una città contemporanea viva è quella che si trova in permanente stato di demolizione e costruzione, fatto naturale per le città Latinoamericane».

I tentativi di democratizzare il disegno urbano e l’idea di spazio transitorio prendono forma nella cornice di un sistema neoliberale globale che favorisce l’effetto blasé 3, un’alta mobilità umana e una stringente nostalgia per la «vita di quartiere», uno scenario che Guilherme Wisnik, critico brasiliano d’arte e di architettura, suggerisce come distintivo dei nuovi nomadi. Wisnik, G (2009) in «Estado Crítico: À deriva nas cidades» (Stato Critico: La deriva delle città) mostra che il crescente aumento di mobilità, in opposizione alle distanze statiche e tradizionali della famiglia o del luogo di origine, ci inducono a abitare il mondo in modo ogni volta più fugace e individualizzato, in modo parallelo alla mobilità del capitale nel territorio. Da un punto di vista fisico o tangibile,

Nella città di São Paulo, una delle più dense ed estese città latinoamericane in cui la domanda di spazio per uso comune e universale è diventata urgente, è possibile analizzare due fenomeni di occupazione temporanea che permettono di comprendere quei processi di trasformazione che agiscono su alcune aree in forma immediata o effimera e la cui genesi è legata a gruppi di persone interessate alla riconversione degli spazi urbani degradati in spazi pubblici per il tempo libero e la cultura.

Il Largo da batata, primo caso, è una zona storica di scambio commerciale di 20.000 m2 rimasta vuota fino al 2013, prodotto di una riforma urbana incompleta. Il secondo, un viadotto per uso veicolare di 3,4 km/l chiamato Minhocão, il quale, a cinquant’anni dalla sua inaugurazione, continua ad essere percepito come limite fisico e visivo che attraversa un agglomerato di edifici residenziali, oltre a nascondere sotto la sua struttura problemi associati a droghe e prostituzione. Nonostante questi spazi fossero bersaglio di interventi temporanei, esisteva una traccia di quella transitorietà che ha infuenzato in modo prolungato non solo il paesaggio nella sua configurazione fisica, ma anche la mobilità e i mezzi di trasporto; le reti di comunicazione e la loro efficacia di richiamo; le relazioni interpersonali, che hanno favorito l’empatia tra sconosciuti e il conflitto quale attivatore del dibattito; e la memoria collettiva, come testimone della gentrificazione. Il porsi domande ci permette di generare proposte per ridare valore o tornare a mettere in discussione aree urbane obsolete le quali, nel divenire collettive, si volgono attive e universali, mostrandoci come il processo in sé possa essere interessante tanto quanto il risultato Di_Paula Monroy Articolo realizzato a partire dalla ricerca: —Sistemas de representación para el estudio de usos urbanos en la ciudad de São Paulo* — MONROY, P (2016) Ricerca sviluppata nella Faculdade de Arquitetura de la Universidade de São Paulo (fau usp). *

ROMAN, S. (2011) «Doblando y desdoblando la trama urbana en la India contemporánea» citando. Mehrotra, R, «Negotiating the Static and the Kinetic: The emergent urbanism of Mumbai», in Huyssen, Andreas (ed.), Other cities, other worlds: Urban imaginaries in a Globalizing Age, Durham/ London, Duke University Press, 2008, p. 206. 1

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Criteri base dell’ urbanistica bottom up o da sotto in su. Secondo Georg Simmel «le città erano spazi in cui i sensi erano bombardati da stimoli visuali e uditivi. La reazione sociale di fronte a ciò fu un’attitudine riservata e in qualche modo insensibile all’intorno». 2

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Il tema dell’appropriazione degli spazi pubblici nella metropoli di São Paulo si è reso sempre più complesso durante gli ultimi vent’anni, a causa degli effetti della politica urbanistica e degli usi spontanei degli spazi che, qualche volta, si intrecciano in forma armonica, altre in forma conflittuale. Nel presente editoriale scritto da Paula Monroy, si distinguono due importanti luoghi del periodo Paulista —l’esteso viadotto Minhocão e il Largo da Batata— che, nonostante siano associati a periodi e processi urbani differenti, hanno in comune il fatto di essere, attualmente, fulcri di pratiche culturali, artistiche e di ricreazione che li hanno riqualificati in modo significativo. Il Minhocão, che consiste in una delle più gravi ferite urbane derivate dal modello “rodoviarista” degli anni Settanta, si è trasformato alcuni anni fa in un’immensa ed esclusiva strada pedonale durante i fine settimana. Il Largo da Batata, frutto di un recente progetto di ridisegno urbano e di gentrificazione che ha distrutto gran parte della propria memoria locale, si è convertito in un importante luogo di proteste politiche e di incontri culturali, nell’intento di porsi come punto di riferimento urbano.

Vera Pallamin

Dottoressa in architettura e docente fau usp. Post-doc University of California, Berkeley e Università degli Studi di Firenze nella sfera pubblica e arte urbana.

Modellando le città. Negli ultimi anni sono sorte discussioni intorno al carattere top-down della pianificazione urbana, all’interno di un movimento che alcuni hanno definito Urbanistica Doit-Yourself o urbanistica open source. La premessa è che il tessuto sociale della città può essere ampliato a partire da pratiche di appropriazione della città da parte della comunità, riformulando i significati, gli usi e le proiezioni dello spazio pubblico. Il principale valore del progetto di Paula Monroy risiede nell’offrire un repertorio di documentazione e analisi di questo tipo di interventi a São Paulo. Il carattere transitorio e in versione beta dei progetti analizzati può essere oggettivizzato e valorizzato grazie alle strategie di analisi e mediazione definiti dalla Monroy, i quali rendono intellegibili i processi performativi di reinvenzione del tema urbano a partire da pratiche locali messe in atto dai cittadini coinvolti. In sintesi, questo lavoro consente di rendere effettiva l’idea di una città «a codice aperto», ossia di una città che si sta modellando in modo permanente, una città che si sta costruendo a partire dalle azioni e dalla materialità, dagli affetti e dalle possibilità che la costituiscono.

Martín Tironi

Sociologo uc. Ricercatore e professore Escuela Diseño uc. Master in Sociologia all’ Université Paris-Sorbonne V, PhD nel Centre de Sociologie de l’Innovation.

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