#8 UTOPIA: «CHI SOGNA ANTICIPA CHI PENSA.[...]»

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UTOPIA

IUAV Dicembre 2015

ArchitetturaAdesso è una pubblicazione di architettura che opera come organo indipendente a carattere critico. Ogni numero è diretto da un editore invitato.

EDITORIALE #8

Di Cesare Benedetti Studente di pianificazione urbanistica e Presidente in Senato degli Studenti IUAV.

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UTOPIA: «CHI SOGNA ANTICIPA CHI PENSA.[...]» Sulla modernità. Dal Mundus novus di Amerigo Vespucci ai racconti del compagno di viaggio Raffaele Idotleo su Taprobana, l’Utopia di Tommaso Moro.

Sull’armonia umana. Dalla Questione Quarta sull’ottima Repubblica di Tommaso Campanella, alla nascita di Ea, il mondo tolkieniano.

«L’Utopia moderna nasce proprio nel momento in cui si tenta un aggancio allo spazio geografico del Nuovo Mondo. […] Mundus novus si impone come testo sottotraccia del discorso utopistico nelle scritture rinascimentali […] Questo probabilmente per più ragioni: Anzitutto, la coesistenza, nel dettato vespucciano, di realtà sperimentata e anticipazioni, o “pre-visioni” del nuovo; la modernità come abbandono della tradizione enciclopedica medievale; la priorità data dall’empirismo del vissuto e la conseguente deflagrazione tra conoscenze nuove e saperi pregressi. […] L’utopia è inestricabilmente legata a un progetto di “modernità”, al futuro, in un certo modo, alla sconfitta degli Antichi. In questo senso, è corretto dire che forse la modernità inizia da questo opuscolo di Vespucci, più che alla Scoperta colombiana; in quanto il nome America (connesso con il concetto di Nuovo Mondo) finisce per indicare non solo “nuovo” rispetto al passato, all’antico, quanto un processo che mette in rapporto passato presente e futuro in un complesso flusso di divenire che è causato più che dal fatto in se (la Scoperta), dalla concettualizzazione che ne determina limiti e proprietà. Ecco, dunque, forse il motivo del richiamo iniziale di Moro a Vespucci: far coincidere l’Utopia (il non-luogo) con il luogo concettualmente del nuovo.» 1

«Gli argomenti che Aristotele aggiunge contro la comunità, che ci sarebbe un’unità eccessiva, come se si componesse una poesia con un solo metro e un’armonia con una sola corda, sono puerili, in contrasto con la carità e con la repubblica dei monaci e degli Apostoli, che risulterebbe condannata, perché “avevano un solo cuore e una sola anima e non possedevano niente di proprio, ma ogni cosa era comune”. Questa unità non abolisce la pluralità, ma la rafforza proprio grazie all’unità. La mia repubblica non è composta da un solo uomo, ma da uomini di ogni stato e condizione, ciò che Aristotele non fa nella sua; e io compongo una armonica unica non da una sola corda, ma da molte.» 3

COMMENTI

Lettori di ArchitetturaAdesso

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«Chi sogna anticipa chi pensa. […] La prima fase del possibile è di essere l’impossibile. Quale quantità di follia c’è nel fatto? Ispessite tutti i sogni, avrete la verità.» Attraverso queste parole tratte dal saggio Parigi di Victor Hugo, introduciamo utopia attraverso la chiave interpretativa del sogno e del desiderio. Ci interessa perché parliamo di Ū-TŎPOS «non – luogo» e di urbanistica.

Nel xvi secolo Tommaso Moro racconta la storia di Raffaele Idotleo e di Utopia, la rappresentazione e il sogno di una nuova società moderna. Nel xvii secolo Tommaso Campanella scrive un dialogo a due voci sulla Città del Sole, città governata da un «comunismo illuminato» di ordine sociale assoluto. Fra il xix e il xx secolo si disegnano numerosi progetti urbanistici che unitamente alle arti e alle tecniche, alimenteranno un dibattito culturale intriso di utopia, sia nelle forme di evasione dal trambusto della metropoli moderna, che nel tema del progresso. Nel periodo fra le due guerre, parliamo di utopia come «Umanesimo di Stato». Dal ruolo dell’individuo americano del New Deal, all’ideologia di razza negli stati nazionalsocialisti e fascisti, fino a giungere all’individuo nel regime comunista, radicato nell’esperienza della Röte Wien e dell’Unione Sovietica.

Sono utopie che hanno provato a orientare l’individuo nel mondo, ma che hanno riscontrato nella realtà il loro inesorabile fallimento. Salutiamo Raffaele Idotleo sull’uscio di casa, consapevoli che utopia rimane un desiderio legittimo e vero, ma pur sempre un sogno. Di contro, facciamoci soggiogare ancora una volta da essa, per non rinunciare all’umana tentazione di immaginare e costruire nuovi modelli e visioni per una società futura.

Spilla C., Il Mundus novus di Amerigo Vespucci alle origini dell’Utopia rinascimentale, Sapienza Università di Roma. 2 Moro T., L’Utopia, Editori Laterza, Roma, 1993. 1

«Ma intanto, se non posso aderire a tutto ciò che ha detto un uomo, del resto indiscutibilmente assai colto, e insieme molto esperto delle cose umane, non ho difficoltà a riconoscere che molte cose si trovano nella repubblica di Utopia, che desidererei per nostri Stati, ma ho poca speranza di vederle attuate.» 2

Campanella T., La Città del Sole, Milano, RCS Libri S.p.A., 2009, a cura di Germana Ernst. 4 Tolkien J.R.R., Racconti Ritrovati, La Musica degli Ainur, Bompiani Editore, Milano, 2007 Ernst. 3

«Sappi che Ilùvatar era solo. Prima di tutte le cose egli, cantando, creò gli Ainur, ed essi sono superiori per gloria e potere a tutte le altre sue creature dentro e fuori di questo mondo. […] Egli parlava proponendo loro temi e canti e inni di gioia, rivelando molte delle cose grandi e meravigliose che sempre immaginava nell’animo e nel cuore; […] Allora i suonatori d’arpa, di liuto, di flauto e di zampogna, di organi e i cori innumerevoli degli Ainur cominciarono a plasmare la storia di Ilùvatar in grande musica; si levò il suono di melodie maestose che mutavano e si avvicendavano, mescolandosi e dissolvendosi in un rimbombare di armonie più profondo dei grandi mari […] Non era mai esistita, né vi fu mai più, una musica così, di immensità e splendore smisurati» 4

Tema attuale #Utopia

L’uomo è un essere malleabile: non si è creato, nel suo percorso evolutivo, un unico habitat, ma ha saputo adattarsi e in parte adattare alle sue necessità tutto ciò con cui ha interagito, determinando un ambiente sempre più antropizzato, ma mai abbastanza artificiale da soddisfare le esigenze dell’Umanità. Questo il punto: il fatto che non si sia riusciti a creare il «dove» ideale, non ci ha impedito di pensarlo. Nascono così, nel corso del xvi secolo, le prime teorizzazioni di quella realtà che non può avere luogo: l’utopia, appunto, allora come oggi, pensata nel presente, e parlata al futuro. Vi è però una differenza sostanziale nel contesto presente: la tendenza di ognuno all’incremento ed alla difesa della proprietà privata, a scapito di un benessere comunitario che poteva, in passato, rappresentarne un fine. Vien da chiedersi allora se abbia ancora senso parlare di Utopia, o se valga la pena ricalibrarci, pensando a qualcosa di più ristretto, particolarizzato? Chiara Nozza

Studentessa di Storia e gestione del patrimonio e bibliografico presso l’università Cà Foscari di Venezia.

L’utopia non è sempre stata una chiave interpretativa volta all’identificazione di un ideale di perfezione positivo e idilliaco per l’individuo. L’architettura può diventare un mezzo per esprimere situazioni conflittuali, l’architettura può quindi creare scenari che si avvicinano ad un’idea di utopia che non deve però essere vista solamente in modo benefico. L’architettura radicale stravolge le regole, rimette tutto in discussione e mette l’individuo nella condizione di riflettere su come sia possibile raggiungere un equilibrio prendendo però atto che questa realtà rappresenta un mondo assurdo e spesso corrotto. Utopie di paesi dove la speranza non c’è, dove la città nella sua perfezione raffigura solo negatività. Ritrovare la capacità di sognare e di credere in un domani migliore sarà il compito di chi riuscirà a leggere attraverso queste utopie negative e mediante la loro critica trovarne la chiave di soluzione. Alessandra Simonini

Studentessa di Architettura presso l’università Iuav di Venezia.

<< Nessuna parola, frase o pensiero può essere utilizzata per esprimere gli avvenimenti che sono succeduti in questo posto. Un posto così grande, un posto misterioso che fa sorridere, sognare, pensare. Un luogo immerso nel verde, da noi considerato come la diretta rappresentazione della speranza.>> Questa è Torino, una città non dissimile per le idee, le politiche, la conformazione urbanistica, il verde, da quella della città giardino. Un luogo impossibile, ove il tutto si unisce e convive pacificamente senza contrasti. Forse è la storia che ha reso possibile la creazione di questo luogo. <<La maglia, più o meno regolare, delle vie e degli isolati è interrotta dai vuoti costituiti dalle piazze sui quali si affacciano, solitamente, i fatti urbani rilevanti costituiti dagli elementi eccezionali, i monumenti.>> Monumenti che sono la diretta rappresentazione della storia della città, di quell’ utopia che è diventata. La Torino del mondo odierno si differisce in molti aspetti. Forse anche nell’utopia stessa? Ambrogio Sonego Studente di urbanistica presso l’università Iuav di Venezia.

Benedetti, Cesare. 2015. Utopia: «Chi Sogna anticipa chi pensa. [...]» Giornale Architettura Adesso nº8.

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